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Sommario del 24/02/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Oltre centomila all'ultimo Angelus. Il Papa: mi ritiro sul monte a pregare per la Chiesa
  • Il tweet del Papa: "Pregate per me e per la Chiesa, confidando sempre nella Provvidenza di Dio"
  • Le voci in Piazza San Pietro: "Un grande Papa che resterà nel cuore"
  • L'abbraccio delle famiglie a Benedetto XVI
  • Il direttore di Avvenire: il gioco sporco delle fonti anonime, pessimo servizio alla verità
  • Oggi in Primo Piano

  • RD Congo: firmato accordo per fermare il conflitto nell’est del Paese
  • Teheran: abbattuto drone straniero. Domani ripresa dialogo sul nucleare
  • Centrafrica, appello dei vescovi: serve aiuto per salvare il Paese dall'"asfissia"
  • Giovani e legalità: l'iniziativa della Cooperativa "Valle del Marro" a Gioia Tauro
  • La scomparsa di Evelyn Billings, "madre" del Metodo di regolazione della fertilità
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • L'Arcivescovo di Westminster presiede la Messa di rigraziamento per il Pontificato
  • Celebrazioni nelle diocesi italiane per ringraziare Benedetto XVI
  • Spagna. Al via la 226.ma riunione della Commissione episcopale permanente
  • Mali, proseguono combattimenti. Oltre 100 morti tra ribelli ed esercito
  • Mali, piano aiuti della Caritas: "Servono 3-4 milioni di euro"
  • La Chiesa peruviana indica solidarietà e sobrietà come risposte alla crisi
  • Corea del Sud. I vescovi al neopresidente: rispettare le promesse elettorali
  • Darfur: 60 morti negli scontri tribali per il controllo di una miniera
  • Afghanistan: scia di attacchi terroristici. Morti almeno due militari afghani
  • Italia al voto per il rinnovo del parlamento. Affluenza in calo
  • Cipro al voto con un occhio ai programmi di austerity chiesti dalla troika
  • Il Papa e la Santa Sede



    Oltre centomila all'ultimo Angelus. Il Papa: mi ritiro sul monte a pregare per la Chiesa

    ◊   Mi ritiro in preghiera per continuare a servire la Chiesa “con la stessa dedizione e lo stesso amore con cui l’ho fatto fino ad ora”. Sono queste le parole con le quali Benedetto XVI si è congedato questa mattina dalle oltre 100 mila persone che hanno gremito Piazza San Pietro e l’inizio di Via della Conciliazione, nell’ultimo Angelus del Pontificato. In sette lingue, il Papa ha ringraziato tutti i fedeli “per l’affetto e la condivisione” dimostratigli in questo “momento particolare” per lui e per la Chiesa. La cronaca nel servizio di Alessandro De Carolis:

    Un bagno di folla, il penultimo sullo sfondo del Vaticano, prima di salire su un angolo del Tabor come gli Apostoli, e a differenza di loro rimanervi per essere, lontano dagli occhi del mondo, ogni giorno vicino al cuore della Chiesa, con le residue energie spese per servirla nella preghiera. Al suo ultimo affacciarsi dalla finestra che lo ha visto benedire per otto anni le folle della domenica, il Papa regala un nuovo squarcio su ciò che sarà per lui tra 72 ore. E il Vangelo della seconda domenica di Quaresima – la trasfigurazione di Gesù davanti a Pietro, Giacomo e Giovanni – gli offre l’immagine per la similitudine più suggestiva. Questo brano "particolarmente bello", dice, è una "parola di Dio che sento in modo particolare rivolta a me, in questo momento della mia vita”:

    “Il Signore mi chiama a ‘salire sul monte’, a dedicarmi ancora di più alla preghiera e alla meditazione. Ma questo non significa abbandonare la Chiesa, anzi, se Dio mi chiede questo è proprio perché io possa continuare a servirla con la stessa dedizione e lo stesso amore con cui l’ho fatto fino ad ora, ma in un modo più adatto alla mia età e alle mie forze”.

    Gli applausi ripetuti danno calore ai deboli sprazzi di sole che si accendono e spengono sugli oltre 100 mila che si sono dati appuntamento per guardare un ultima volta il Papa alla sua finestra. I quattro maxischermi nella piazza rinviano il volto di Benedetto XVI in ogni sua espressione e qualche volta anche quella dei presenti, più d’una venata di commozione. Ma c’è un mondo di centinaia di milioni di telespettatori collegato in mondovisione, che non vuole perdersi questo momento. A chiunque lo ascolti, Benedetto XVI affida un nuovo pensiero, uno degli ultimi di un magistero che chi lo ha seguito con attenzione e puntualità, credenti e non, sa già che è entrato nella storia. Non a caso il Papa parla ancora di preghiera. Anzi dice…

    “…il primato della preghiera, senza la quale tutto l’impegno dell’apostolato e della carità si riduce ad attivismo. Nella Quaresima impariamo a dare il giusto tempo alla preghiera, personale e comunitaria, che dà respiro alla nostra vita spirituale. Inoltre, la preghiera non è un isolarsi dal mondo e dalle sue contraddizioni, come sul Tabor avrebbe voluto fare Pietro, ma l’orazione riconduce al cammino, all’azione”.

    Sguardo in alto, a decine di migliaia annuiscono e applaudono. Moltissime delle persone in Piazza San Pietro appartengono a movimenti e associazioni cattoliche, che sanno – per vita vissuta – che lo stare in raccoglimento è il preludio al rimboccarsi le maniche per trasformare la carità in fatti. Molti gli striscioni, in tante lingue, testimoniano il loro affetto al “Cristo in terra”. Uno, cubitale, dice “Noi ti abbiamo capito e continueremo ad amarti”. E a quel mondo in una piazza, tutto lì per lui, Benedetto XVI esprime la sua gratitudine. “Grazie” è la sua prima parola, grazie è la sua ultima:

    “Vi ringrazio per l’affetto e la condivisione, specialmente nella preghiera, di questo momento particolare per la mia persona e per la Chiesa. A tutti auguro una buona domenica e una buona settimana. Grazie, nella preghiera siamo sempre vicini!”.

    Un ultimo saluto, braccia protese verso la folla, poi Benedetto XVI si ritira e la finestra si chiude. Ma passano pochi istanti e la sua parola torna a "correre" sugli smartphone, i tablet, i social media. Un tweet che è insieme richiesta e certezza: "In questo momento particolare, vi chiedo di pregare per me e per la Chiesa, confidando come sempre nella Provvidenza di Dio".

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    Il tweet del Papa: "Pregate per me e per la Chiesa, confidando sempre nella Provvidenza di Dio"

    ◊   Al termine dell’Angelus, dunque, Benedetto XVI ha lanciato un nuovo tweet: “In questo momento particolare, vi chiedo di pregare per me e per la Chiesa, confidando come sempre nella Provvidenza di Dio”. Nelle nove lingue dell'account @pontifex, Benedetto XVI è vicino ai 3 milioni di follower. L’account – ha reso noto mons. Paul Tighe, segretario del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali - “resterà sospeso per tutto il periodo di Sede vacante”, dunque “dalla fine del Pontificato di Benedetto XVI, il 28 febbraio 2013 alle 20.00” e “fino all’elezione del nuovo Pontefice”. “Quest’ultimo – precisa mons. Tighe – ne farà l’uso che ritiene opportuno”.

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    Le voci in Piazza San Pietro: "Un grande Papa che resterà nel cuore"

    ◊   Grande la vicinanza e l’affetto dei fedeli che hanno affollato Piazza San Pietro per l’ultimo Angelus del Papa. Famiglie, giovani e anziani hanno voluto salutare con la loro presenza Benedetto XVI. Ascoltiamo alcune testimonianze raccolte da Benedetta Capelli:

    R. - Profondo affetto per un uomo che ha preso una decisione difficilissima e gratitudine per averci insegnato che la cosa più importante è pregare. Credo che questo sia un grande, grandissimo insegnamento, anche e soprattutto in questo momento storico.

    R. - È bellissimo essere qui, ci tenevo molto. Sono venuta da Milano. È una gioia!

    R. - Ce l’abbiamo nel cuore. Siamo venuti con tanto entusiasmo per pregare con lui e speriamo che il Signore lo accompagni sempre. A me questo Papa è sempre piaciuto: per la sua umiltà, per la sua chiarezza nell’esposizione delle più difficili verità. Lui l’ha sempre fatto con un’enorme facilità e quindi ci ha aiutato molto. Ne sentiremo la mancanza, veramente tanto.

    R. - Lui non è che ci ha lasciato. Lui comunque starà "dietro le quinte", vicino a noi, forse ancora di più con la preghiera.

    R. - Io personalmente, assieme ai miei amici, siamo grati a questa grande testimonianza sulla ragionevolezza della fede: è una cosa che a noi, all’uomo moderno, credo interessi tanto.

    R. - Perché lui sappia che saremo con lui anche dopo, nella preghiera e nel silenzio che ha scelto. Sappia che c'è una reciprocità.

    D. - Lei ricorderà Benedetto XVI per che cosa?

    R. - Per le Encicliche e per questa sua capacità, anche culturale, di parlare al cuore dell’uomo, per questa sua capacità di dimostrare che la fede non è solo una cosa di “pancia” ma anche una cosa di “testa”.

    R. - Per me, è una grandissima testimonianza. In questo periodo, bisogna pensare a lui come a un grande esempio di grandezza della Chiesa.

    R. - Volevo soltanto dire al Santo Padre che siamo con lui, che gli vogliamo bene e preghiamo tantissimo.

    R. - Il Papa adesso continuerà con la sua preghiera ad accompagnare la Chiesa. La Chiesa ha bisogno di tanta preghiera e la preghiera fa tanto bene. Il Papa è una testimonianza di grande umiltà, di saggezza. Un esempio per tutti noi. Quando uno prega, la vita è diversa, è gioiosa, è più piacevole. Lo ringrazio di cuore.

    R. - Chi lavora per il Regno di Dio fa molto, chi prega fa di più e chi soffre fa tutto. Penso che adesso il Papa offra le sue sofferenze e soprattutto preghi per la Chiesa: lui fa di più e fa tutto. Quando ero studente, seminarista qui a Roma, ho incontrato un paio di volte per strada il Papa - quando era ancora cardinale - era sempre molto umile, molto attento, si fermava e parlava. Credo che questa sua umiltà si sia tradotta in una brillantezza di pensiero. Dottore della Chiesa subito! Ha lasciato veramente una grande profondità di pensiero.

    R. - Tanta gratitudine per tutto quello che ci ha dato.

    R. - Rimarrà sempre una luce nella Chiesa, perché il servizio continua. Penso che anche il Papa che verrà avrà un sostegno, perché l’umiltà è la forza di tutto.

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    L'abbraccio delle famiglie a Benedetto XVI

    ◊   In Piazza San Pietro, per l’Angelus del Papa, c’erano tante famiglie e anche tante realtà ecclesiali. Era presente anche il Movimento dell’Amore Familiare con il suo fondatore, don Stefano Tardani. Sergio Centofanti lo ha intervistato:

    R. - Qui a Piazza San Pietro abbiamo sentito un grande abbraccio di amore: l’amore di Benedetto XVI verso la Chiesa e verso tutti, e l’affetto sincero e grato della folla, che è stato un omaggio alla sua persona ed al suo magistero. Un momento molto forte e di grande commozione, anche nelle sue parole così importanti. Ci ha di nuovo affidato il primato, l’impegno e l’importanza della preghiera come incontro con Dio, che procura una carità operosa.

    D. - Il Papa ha detto che si dedicherà alla preghiera ma che questo non significa abbandonare la Chiesa, anzi …

    R. - Ha ribadito il suo grande amore e servizio alla Chiesa in questo modo, perché il suo gesto di dimettersi è un gesto di grande amore alla Chiesa, che ha bisogno di nuove forze che il Santo Padre sente di non avere in questo momento per affrontare i tempi molto difficili di oggi. È un grande esempio quello che ci dà, di grande umiltà e sapienza.

    D. - Il Papa ha ringraziato i fedeli, le parrocchie e i movimenti. Voi come Movimento dell’Amore Familiare eravate presenti in Piazza San Pietro: come state vivendo questo particolare periodo?

    R. - Di grande vicinanza a tutte le famiglie. Sono dieci anni che facciamo veglie a Piazza San Pietro, come quella della pace nelle famiglie, sempre con il saluto del Santo Padre a quelle famiglie che si impegnano proprio nella preghiera e nell’impegno fattivo della pace e dell’unità familiare. Poi ricordo anche le veglie che abbiamo fatto, sempre da dieci anni, per il Ministero del Santo Padre. E’ veramente preziosa ed importante la vicinanza delle famiglie al Magistero ed alla persona del Santo Padre, perché bisogna dire che il Santo Padre lascia questo in eredità: l’importanza di avere una “fede ragionata” nella vita delle famiglie. “Fede ragionata” vuol dire che è capace di ragionare sulle cose di Dio e di affrontare con Dio i problemi della vita e del mondo. La presenza oggi di tantissime famiglie dimostra proprio il desiderio di essere vicine al Papa in questo momento importante, difficile e delicato, in cui lui ha voluto sottolineare di continuare il suo servizio amorevole alla Chiesa, in modo particolare con la preghiera.

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    Il direttore di Avvenire: il gioco sporco delle fonti anonime, pessimo servizio alla verità

    ◊   Sull’ultimo Angelus di Benedetto XVI e su come i mass media stanno affrontando questo delicato periodo della Chiesa, Sergio Centofanti ha sentito il direttore del quotidiano Avvenire, Marco Tarquinio:

    R. – E’ un’altra tappa di questo straordinario percorso che il Papa ci sta proponendo per entrare in profondità del suo gesto. Oggi ci ha fatto capire quanto ci sia qualcosa che lo supera, anche in quello che vive: la chiamata e la richiesta del Signore, che interpella la sua vita e ci interpella tutti, perché è un gesto di Pietro.

    D. – La Segreteria di Stato ha denunciato tentativi di condizionare il Conclave con notizie false o non verificabili. Qual è il tuo commento?

    R. – Io credo che, mentre il Papa ci spiega qual è la parte nascosta della Chiesa, che è la parte orante, la parte della preghiera, la parte che si consegna al suo Signore con totale dedizione, in forma diversa da quella che il mondo vede, qualcuno continua a pensare che il lato nascosto della Chiesa sia un lato romanzesco. Mi pare che ci siano, in questo momento, delle forzature davvero inaccettabili nell’interpretare questa straordinaria vicenda nella vita della Chiesa cattolica. Penso che nella nostra categoria, quella dei giornalisti, serva una riflessione. Non mi faccio molte illusioni sulla capacità di cogliere la profondità e il richiamo che è arrivato. Ci saranno piccole polemiche e non si capirà quanto di grande ci sia in ballo. Tuttavia, proviamo ad avere un po’ di speranza.

    D. – Si nota su alcuni giornali soprattutto un uso eccessivo e sospetto di fonti anonime...

    R. – Questa è una delle derive dell’informazione del nostro tempo. Io la trovo insopportabile, sempre. Lo scrivo, lo testimonio insieme ad altri colleghi, per fortuna, che lavorano anche in diversi giornali. Una delle regole fondamentali del mestiere di chi è chiamato ad informare, quindi a dare tutti gli elementi di valutazione ad un’opinione pubblica vasta, è quello di verificare le fonti e di dichiararle con grande trasparenza. Il gioco delle fonti anonime è un gioco sporco, non è un gioco che aiuta la consapevolezza vera, ma costruisce – come dicevo prima – un’aurea romanzesca intorno alla realtà e a volte la trasforma in qualcosa di sordido. Questo credo che sia un pessimo servizio alla verità e al diritto delle persone di essere informate; oltre che uno stravolgimento dei fatti per quello che sono, è un segno gravissimo di non rispetto.

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    Oggi in Primo Piano



    RD Congo: firmato accordo per fermare il conflitto nell’est del Paese

    ◊   Un Accordo di pace per porre fine a due decenni di conflitto nella parte orientale del Repubblica Democratica del Congo è stato firmato dai leader di Paesi della regione nella capitale etiope Addis Abeba. Presente anche il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon. Il servizio di Marco Guerra:

    Un impegno maggiore da parte della Forza di pace delle Nazioni Unite (Monusco) e dei Paesi limitrofi a non “sostenere, finanziare o ospitare qualsiasi gruppo o individuo armato che a destabilizza il paese”. È il punto saliente dell’accordo per la fine delle violenze nella turbolenta parte orientale del Congo, firmato dai rappresentanti di 11 Paesi della regione, fra cui Repubblica Democratica del Congo, Rwanda, Uganda, Burundi, Angola, Congo, Sud Africa, Tanzania, Sud Sudan e Mozambico. “Si tratta solo dell'inizio di un percorso, di un approccio globale che ha bisogno di un impegno costante da parte di tutti gli attori della regione", ha spiegato Ban Ki-moon.

    Nella fattispecie, è previsto l’invio di una brigata d’intervento composta da 2.500 caschi blu impegnati a contrastare i ribelli del movimento 23 Marzo (M23) che, dallo scorso novembre, hanno il pieno controllo della città di Goma, nella provincia del nord Kivu. L’avanzata degli insorti finora ha causato circa 800 mila profughi. Intanto, il governo congolese mira a raggiungere un accordo anche con i ribelli su una serie di questioni economiche e politiche fra cui un’amnistia per i crimini di guerra e il rilascio di prigionieri politici.

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    Teheran: abbattuto drone straniero. Domani ripresa dialogo sul nucleare

    ◊   Un drone straniero è stato abbattuto nei cieli sopra l’Iran, nel corso di un’esercitazione dei pasdaran. È quanto reso noto da un portavoce dei Guardiani della Rivoluzione. Sull’accaduto non sono stati forniti ulteriori dettagli e non è stato detto a quale nazione appartenga il velivolo senza pilota colpito. Nelle scorse settimane, gli Stati Uniti hanno smentito un analogo annuncio. Intanto riprende il dialogo sul nucleare iraniano: domani ad Almaty, in Kazakhstan, l’Iran incontrerà il gruppo dei Cinque+1, composto dai membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (Cina, Gran Bretagna, Francia, Russia, Stati Uniti) più la Germania. Nel corso dell’ultimo anno, ci sono stati colloqui a Istanbul, Bagdad e Mosca ma senza segnare passi in avanti sulla questione dello sviluppo del programma nucleare iraniano. Fausta Speranza ha parlato delle aspettative e del nuovo quadro geopolitico dell’area con Paolo Quercia, del Centro militare studi strategici:

    R. - Sì, dopo un anno di stallo, che ha visto tre incontri - a Istanbul, a Baghdad e a Mosca - che di fatto non hanno mosso la situazione tecnica dei negoziati.

    D. - Dunque, quali sono le aspettative per questi colloqui in Kazakistan?

    R. - Già il fatto che sia stata scelta una data… Ricordiamo che a Mosca, quando si chiuse l’ultimo incontro del 5+1 non è stata fissata una data di un nuovo incontro: cosa che, invece, è stata fatta recentemente, a margine dell’incontro sulla sicurezza di Monaco. Da lì, si è offerta questa opportunità: quindi, un moderato ottimismo deve esserci, che in parte è legato alla disponibilità - per lo meno cosi fatta filtrare dagli americani - di potenziali colloqui bilaterali diretti con Teheran. Questo, ovviamente, è un elemento che può modificare molto la situazione. L’altro elemento, ovviamente, è l’andamento del conflitto siriano, dove due membri importanti del 5+1 - Russia ed Iran - stanno mano a mano concordando una posizione di uscita "soft", di disimpegno dal supporto ad Assad e spingono per una mediazione diplomatica. Ovviamente, questo è qualcosa che può influenzare la posizione iraniana sul 5+1.

    D. - Vogliamo spiegare le posizioni?

    R. - Gli sforzi che si fanno sono quelli per alterare la posizione di Teheran sul nucleare e in particolare sulla dimensione militare, che ovviamente Teheran nega, mentre altri Paesi sostengono che vi siano programmi di nucleare miliare. Questo è un aspetto molto delicato. Ovviamente, ci sono dei tecnicismi che possono essere letti in maniera molto discordante. Per qanto riguarda la posizione del 5+1, i Paesi del Consiglio di Sicurezza ambiscono a contenere queste ambizioni iraniane, che tutto sommato vengono viste da Teheran sia da un punto di vista di potenza, ma anche da un punto di vista di un potenziale diritto che loro invocano, di poter perseguire il nucleare a qualsiasi fine. Quindi, i dossier che si incrociano sono un misto di rapporti politici tra questi Paesi ed aspetti tecnici legati all’arricchimento e, eventualmente, a come si possono soddisfare i bisogni energetici o di ricerca nucleare iraniani, senza che ci possa essere il rischio della proliferazione nucleare militare.

    D. - In definitiva, possiamo dire che questa fase così drammatica per la Siria, ma anche per l’intera regione, in qualche modo sta rafforzando la posizione dell’Iran?

    R. - Questa è una grossa partita, è molto da vedere: l’Iran, così come la Russia, hanno a lungo sostenuto il regime di Assad, ma pian piano stanno vedendo la situazione di stallo e l’impossibilità, probabilmente, di un successo definitivo di Assad. Abbiamo visto anche l’attentato di pochi giorni fa e la grande offensiva che i ribelli stanno portando avanti alla periferia di Damasco. Quindi, è interessante questo "asse" russo-iraniano per cercare un dialogo tra l’opposizione e un regime che però non comprenda, ovviamente, Assad e alcune persone del regime di Assad. Da questo, è nato anche un piano in più punti, che si potrebbe dire di pace o comunque di post-Assad e che sicuramente rafforza il rapporto tra Mosca e Teheran. Questo ovviamente ha delle conseguenze anche per il dossier nucleare e per il 5+1. Non necessariamente doveva essere questo lo sviluppo: Russia e Teheran potevano anche avere un diverso approccio alla caduta o alla crisi del regime di Assad, invece stanno rafforzando, e ovviamente modificando entrambi, le proprie posizioni.

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    Centrafrica, appello dei vescovi: serve aiuto per salvare il Paese dall'"asfissia"

    ◊   È difficile la situazione del Centrafrica, nonostante gli accordi di pace tra il governo e i ribelli della coalizione Seleka, firmati l’11 gennaio scorso. Le organizzazioni internazionali parlano di gravi rischi umanitari e un appello a salvare il Paese dall’"asfissia" è arrivato, nei giorni scorsi, anche dalla Conferenza episcopale locale. Quanto è lontano il Paese da una vera pace? Davide Maggiore lo ha chiesto al sacerdote centrafricano, don Mathieu Fabrice Evrard Bondobo:

    R. – Bisogna essere realistici, perché c’è la speranza di arrivare a una vera pace. Ma c’è anche molto da fare: bisogna coltivare la pace e lavorare per far sì che questa vera pace possa realizzarsi. Il governo di unione nazionale è stato formato recentemente e questo è già un passo molto importante. Adesso il governo, il presidente della Repubblica e tutti gli attori politici coinvolti stanno lavorando. Bisogna però lavorare anche sul tempo, ovviamente.

    D. – A preoccupare, però, è anche la situazione umanitaria: le strade sono ancora chiuse e gli aiuti non possono raggiungere chi ne ha bisogno. Quali conseguenze può avere questo sulle popolazioni?

    R. – I vescovi, nel loro messaggio, hanno presentato la realtà attuale, soprattutto nelle zone occupate dalla coalizione Seleka. In queste zone occupate, c’è la paura della popolazione, ci sono i campi agricoli abbandonati, persone malate senza cure perché gli ospedali sono chiusi o distrutti, le scuole sono chiuse e lo stato di diritto non esiste quasi più... E’ una situazione allarmante, con conseguenze veramente terribili sulla popolazione. Bisogna che tutti lavorino per uscire da questa situazione e vivere nella pace, ricominciando a lavorare ciascuno nella propria occupazione. E’ necessario riprendere una vita sociale normale.

    D. – Abbiamo accennato al fatto che il conflitto ha anche impedito il lavoro nei campi: la fame è un rischio?

    R. – E’ un rischio veramente alto. Secondo alcuni analisi condotte dal Programma alimentare mondiale, i prezzi dei viveri sono aumentati veramente molto in queste zone occupate dai ribelli. Non c’è una libera circolazione delle persone perché alcune zone sono ancora chiuse e quindi non ci sono viveri. La popolazione soffre, perché già la situazione economica del Paese è difficile: chi ha già pochi soldi in tasca, fa fatica a comprare viveri. Quindi, il rischio fame è molto alto in queste zone.

    D. – I vescovi, nel loro messaggio, si rivolgono anche alle persone di buona volontà: noi, in Europa, possiamo fare qualcosa? C’è un appello che vuole lanciare?

    R. – Il mio appello è quello di riprendere il messaggio dei vescovi, soprattutto il secondo momento, quando i vescovi chiedono di agire e di fare qualcosa: non possiamo rimanere a guardare la situazione nella quale la popolazione sta vivendo. I vescovi chiedono di liberare rapidamente questo popolo, compiendo opere concrete, come la libera circolazione nelle zone occupate, l’apertura di un corridoio umanitario. In queste zone, le linee telefoniche sono chiuse e il popolo non può comunicare: questa è una cosa gravissima. Necessaria anche l’apertura di una inchiesta internazionale per chi ha violato i diritti umani. Quindi, il mio appello è questo: che l’Europa ci possa aiutare ad affrontare questa situazione così terribile e così drammatica, in modo da poter arrivare ad una pace vera.

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    Giovani e legalità: l'iniziativa della Cooperativa "Valle del Marro" a Gioia Tauro

    ◊   Un futuro per i giovani in Calabria. Questo è uno degli obiettivi della Cooperativa "Valle del Marro-Libera terra", nella piana di Gioia Tauro, nata nei territori confiscati alla mafia. Non solo si occupa di agricoltura, ma anche di progetti educativi sulla legalità per i giovani delle scuole e delle loro famiglie. a spieare il porgetto, al microfono di Maria Cristina Montagnaro, è uno dei fondatori, don Pino De Masi, sacerdote di Polistèna e referente di Libera per la piana di Gioia Tauro:

    R. – C’è una Calabria che spara, ma c’è una Calabria che spera. Una Calabria che ostenta i segni del potere, ma c’è anche una Calabria che cerca di opporre ai segni del potere della mafia, il potere dei segni. Uno di questi disegni è appunto la Cooperativa "Valle del Marro-Libera terra": un gruppo di giovani, da diversi anni, ha cercato di creare i presupposti per un cambiamento totale che partisse innanzitutto dal cambiamento di mentalità. Con lo slogan “cambiare per restare e restare per cambiare”, 15 ragazzi si mettono insieme, chiedono ai Comuni interessati la possibilità di utilizzare – così come prevede la legge – diversi ettari di terreno e nasce così, nel 2004, la Cooperativa. All’inizio, nessuno ci credeva. I ragazzi venivano definiti pazzi e più pazzo il prete che li guidava. Oggi, a distanza di tanti anni, possiamo dire di avere vinto tante scommesse.

    D. – Quali, ad esempio?

    R. – La prima scommessa, quella di esserci messi in cooperativa in una terra dal forte individualismo. Seconda scommessa, essere andati a lavorare sui terreni confiscati alle potenti cosche mafiose. Terza scommessa, la "Valle del Marro" oggi produce tutto in modo biologico: olio d’oliva, pesto di peperoncino, filetti di melanzane e altri prodotti che sul mercato vengono acquistati volentieri.

    D. – Quali sono gli altri progetti sui temi della legalità?

    R. – Intorno a questa Cooperativa, si è sviluppata tutta una nuova mentalità, anche nelle persone, grazie all’esperienza bellissima dei campi d’estate liberi. Durante l’estate, dal 20 giugno al 10 settembre, Polistèna è il territorio della piana di Gioia Tauro: sono 140 ettari di terreno che la cooperativa gestisce. Sono popolati, questi territori,da giovani che vengono da tutta Italia per fare un’esperienza forte sia sui terreni confiscati, ma anche un’esperienza forte di conoscenza del territorio, delle dinamiche del territorio e anche delle contraddizioni del territorio.

    D. – Che aria si respira ora a Gioia Tauro?

    R. – A Gioia Tauro, l’aria che si respira rispetto a tanti anni fa è un’aria buona, nel senso che questi ragazzi – e tutto ciò che è nato attorno a questi ragazzi – sono riusciti ad aiutare la gente a ritrovare il coraggio del cambiamento. Guardando questi ragazzi dicono: il cambiamento è possibile, "sporchiamoci" le mani.

    D. – Quali insegnamenti da ai suoi giovani?

    R. – Questi ragazzi sono cresciuti con me e dicono di essere cresciuti a Vangelo e "vitamina L", la vitamina della legalità. L’obiettivo che mi sono proposto come parroco è stato sempre quello della massima di San Giovanni Bosco: buoni cristiani e onesti cittadini. Cerchiamo di fare andare insieme Vangelo e Costituzione.

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    La scomparsa di Evelyn Billings, "madre" del Metodo di regolazione della fertilità

    ◊   Evelyn Billings – che assieme al marito John ha girato per oltre mezzo secolo il mondo intero per insegnare il metodo di regolazione naturale della fertilità che porta il loro nome – si è spenta nei giorni scorsi, a 95 anni, in Australia. Per il loro lavoro, i Billings hanno guadagnato titoli accademici e onorificenze, ma anche critiche e diffidenza. Nella sola Cina, i due coniugi hanno istruito migliaia di insegnanti e la diffusione del metodo è stata tale da attribuire a loro il merito di un significativo calo del tasso di aborti. Adriana Masotti ha ricordato questa figura con Paola Pellicanò, medico del Centro di regolazione naturale della fertilità dell’Università Cattolica di Roma e presidente dell’Associazione nazionale per il metodo Billings, che ha conosciuto personalmente i due coniugi australiani:

    R. – Lei era un medico, una pediatra, ma innanzitutto era una sposa, una madre, una persona che riusciva, anche molto, ad entrare in relazione, che aveva una grande attenzione a chi le stava innanzi. Evelyn è stata accanto a John per tutta una vita, condividendo un lavoro che li ha portati ad essere attenti ai più piccoli, perché erano attenti al valore della vita sin dalle sue sorgenti. Evelyn è una donna che ha insegnato a valorizzare il carisma della femminilità e della maternità.

    D. – Il Metodo che ha preso il nome dei Billings ha iniziato a diffondersi nel mondo e a vedere riconosciuta la sua scientificità negli anni ’70 del secolo scorso. Qual è stato l’impatto di questa proposta nel mondo di allora?

    R. – Gli studi sul metodo in realtà sono iniziati molto tempo prima, nel 1953. Iniziarono in maniera clinica, ascoltando le coppie, ascoltando le donne, per capire se esse trovassero qualche segnale di fertilità. Poi, si sono arricchiti di grandi conferme scientifiche. L’apporto di Evelyn in questo senso è stato importante, perché essendo una donna riusciva a percepire, quindi ad insegnare meglio, i sintomi di fertilità alle donne stesse. Siamo in un tempo in cui, dal punto di vista dei metodi naturali, esisteva soltanto il metodo di Ogino-Knaus. Ma siamo nel tempo in cui c’era una grande diffusione della cultura contraccettiva, c’era il boom della pillola. Invece, loro riuscirono a portare una voce diversa, portando una proposta assolutamente controcorrente, in quel momento, ma direi anche oggi, fondata sul rispetto della fertilità come valore, ma anche come conoscenza, che può essere data alla coppia. Quindi una proposta veramente rivoluzionaria.

    D. – Spesso, si è identificato il Metodo Billings come un metodo "cattolico". Si può dire che oggi si sia sfatata questa idea e che è un metodo per tutti?

    R. – Assolutamente, questo lo dicono i fatti. In realtà il metodo è diffuso in tutte le culture, in tutte le religioni e in popoli senza religione. Pensiamo alla Cina, dove c’è un’enorme diffusione e dove anche tanti studi documentano una diminuzione del tasso di abortività nelle coppie, che possono ricorrere all’uso dei metodo naturali, ma anche in Paesi poveri, in Paesi in via di sviluppo.

    D. – Una critica che spesso è stata rivolta ai Billings è la scarsa sicurezza del loro metodo per evitare le nascite...

    R. – Su questo direi che si conoscono molti studi. L’Organizzazione mondiale della sanità volle validare questo metodo, raccogliendo dati del suo utilizzo, del suo insegnamento, e riportò un elevato tasso di efficacia, del 97,8%. Ma studi successivi hanno dimostrato un’efficacia maggiore. Il criterio importante è che il metodo vada appreso in centri specializzati per questo.

    D. – Un metodo da utilizzare, non solo nei casi in cui si voglia distanziare le nascite, ma anche nei casi di infertilità...

    R. – Oggi, questa è una problematica in grande aumento. Per l’infertilità, il Metodo Billings dà un aiuto enorme. Intanto, aiuta la coppia a riconoscere il valore della fertilità, il momento della fertilità. Aiuta, però, anche il medico: aiuta a comprendere meglio le diagnosi relative alle problematiche di infertilità. Oggi, siamo davanti a una realtà, nella nostra cultura, attraverso la diffusione di tutte le tecniche di fecondazione artificiale, che ha saltato totalmente la tappa della diagnosi e della cura della sterilità.

    D. – Qual è il contributo del metodo Billings per l’educazione all’amore, al rispetto per la vita di cui oggi si sente tanto il bisogno?

    R. – Oggi, noi siamo in una cultura che decisamente frammenta il significato della sessualità, del matrimonio, della trasmissione della vita, del valore del figlio. I metodi naturali, in realtà, sono una chiave di conoscenza, che apre alla consapevolezza che la vita è un dono e che il dono della vita inizia ancora prima, con questo splendido dono della fertilità umana. Un dono che si può conoscere e che solo se si conosce viene gestito con libertà, con responsabilità, con amore e anche con una grande generosità: la generosità, in fondo, che Evelyn Billings ha dimostrato, raccolta da tante persone. Una generosità che aveva intuito Madre Teresa, ad esempio, quando una volta incontrò John e Evelyn Billings e disse loro che avrebbero portato il metodo in giro per il mondo. La coppia, che doveva fare i conti con il lavoro, con i figli, con le preoccupazioni, si stupì e disse: “Ma com’è possibile?” E lei rispose: “Questo è un segreto che è e resterà nel cuore di Dio”.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    L'Arcivescovo di Westminster presiede la Messa di rigraziamento per il Pontificato

    ◊   I cattolici britannici hanno espresso il loro ringraziamento per il Pontificato di Benedetto XVI con una messa offerta per le intenzioni del Papa, celebrata questa mattina presso la Cattedrale di Westminster. “Preghiamo soprattutto per Papa Benedetto XVI mentre si prepara a scendere dalla Cattedra di San Pietro con sorprendente coraggio e umiltà”, ha detto nella sua omelia l’arcivescovo di Westminster e presidente della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles, Vincent Nichols. “Egli – ha proseguito – ha sempre ricordato che il nostro rapporto personale con il Signore è al centro della nostra vita di fede e che questa relazione è vissuta e modellata all'interno della comunità della Chiesa”. Nel ricordare l’instancabile servizio del Pontefice, l’arcivescovo di Westminster si è soffermato sulla visita papale nel Regno Unito del settembre del 2010, che “aveva come unico scopo” quello di ricordare che la Chiesa è al servizio degli altri e non di se stessa e di “proclamare la forza dell’amore che viene sempre dalla presenza di Gesù Cristo”. “Per me – ha affermato mons. Nichols – l'immagine costante e potente del ministero di Papa Benedetto sarà quella di lui in preghiera davanti al Santissimo Sacramento con 90 mila persone sotto il cielo notturno in Hyde Park. Lì, in quel silenzio profondo e notevole, ci ha portato al Signore”. Il primate di Inghilterra ha poi concluso la sua omelia ringraziando Benedetto XVI “per tutto quello che ha dato” e lodando Dio “per le benedizioni del suo Pontificato”. “Che il Signore benedica e lo preservi. Che il Signore benedica la sua santa Chiesa”. (M.G.)

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    Celebrazioni nelle diocesi italiane per ringraziare Benedetto XVI

    ◊   E’ prevista nel pomeriggio di oggi a Genova, nella Cattedrale di San Lorenzo, una Messa di ringraziamento per il Pontificato di Benedetto XVI. A presiederla sarà il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana. Stamani su Avvenire, che dedica un inserto agli otto anni di ministero petrino del Papa, il porporato ricorda la libertà interiore di Joseph Ratzinger. “Una libertà – sottolinea il cardinale Bagnasco – possibile solo quando il cuore batte con quello di Dio”. In conclusione, l’arcivescovo di Genova porta al Papa l’abbraccio di tutti i vescovi italiani e delle loro comunità che, in questi ultimi giorni, stanno partecipando a numerose iniziative di preghiera. Venerdì scorso, mons. Antonio Lanfranchi, arcivescovo della diocesi di Modena-Nonantola, ha presieduto una celebrazione di ringraziamento nella quale ha ricordato l’ultima udienza con il Papa, lo scorso 4 febbraio, in occasione della visita ad limina dei vescovi dell’Emilia Romagna. Un incontro nel quale Benedetto XVI aveva esortato i presuli a non perdere la speranza. Intanto, le diocesi del Friuli Venezia Giulia hanno organizzato per il prossimo 28 febbraio un incontro di preghiera presieduto dall’arcivescovo di Trieste, monsignor Giampaolo Crepaldi. Le chiese d'Abruzzo e Molise si stanno attivando con veglie di preghiera: all’Aquila sarà mons. Giuseppe Molinari, arcivescovo metropolita, ad accompagnare la preghiera, mentre mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto, presiederà una solenne celebrazione. In Molise, a Campobasso, mons. Giancarlo Bregantini, vescovo di Campobasso-Bojano, ha chiamato a raccolta i fedeli per una preghiera serale per il Papa, ma sono moltissime le diocesi e le parrocchie dove nei prossimi giorni si terranno preghiere e celebrazioni in vista della fine del Pontificato di Benedetto XVI.(B.C.)

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    Spagna. Al via la 226.ma riunione della Commissione episcopale permanente

    ◊   Si apre domani a Madrid la 226.ma riunione della Commissione permanente della Conferenza episcopale spagnola. Come informa una nota, in precedenza l’incontro era stato fissato per il 27 febbraio; la data è stata però anticipata poiché mercoledì molti presuli spagnoli saranno in piazza San Pietro per partecipare all’ultima udienza generale di Benedetto XVI. Tra i punti all’ordine del giorno, la presentazione, da parte della Commissione episcopale del Clero, delle “norme basilari per la formazione dei diaconi permanenti nelle diocesi spagnole”. Il settore per la Pastorale sociale, invece, riferirà in merito all’attuazione del Motu Proprio Intima Ecclesiae Natura, promulgato da Benedetto XVI il primo dicembre 2012 e dedicato al servizio della carità. Infine, la Commissione permanente approverà i temi della prossima Assemblea plenaria che si terrà dal 15 al 19 aprile, con particolare attenzione allo sviluppo del piano pastorale da parte delle singole commissioni episcopali. (I.P.)

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    Mali, proseguono combattimenti. Oltre 100 morti tra ribelli ed esercito

    ◊   Almeno 93 miliziani integralisti e 23 soldati malini sono rimasti uccisi negli scontri delle ultime 48 ore nel nord del Mali. Nonostante la conquista di tutte le principali roccaforti dei ribelli Tuareg, proseguono infatti i combattimenti tra gli insorti e l’esercito governativo coadiuvato dalle truppe francesi. (M.G.)

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    Mali, piano aiuti della Caritas: "Servono 3-4 milioni di euro"

    ◊   La rete Caritas, che già ha messo a disposizione 13 milioni di euro per aiutare oltre un milione di persone coinvolte nella terribile crisi alimentare che lo scorso anno ha colpito il Sahel, lancia un appello per gli sfollati del Mali. L’acuirsi del conflitto nella parte nord del Paese, infatti, ha causato circa mezzo milione di sfollati tra gli interni e coloro che si sono rifugiati oltre confine, in Mauritania, Burkina Faso e Niger. Per queste persone, secondo la Caritas occorre raccogliere 3-4 milioni di euro di fondi con cui finanziare la fornitura di aiuti alimentari, tende, coperte, kit igienici e attività educative. In proposito, l’agenzia Sir ha intervistato la coordinatrice regionale per l’Africa occidentale di Caritas italiana, Moira Monacelli, che ha descritto una situazione ancora molto difficile nel nord del Paese, dove molte zone restano inaccessibili e non esistono corridoi umanitari. “La diocesi di Bamako ha messo a disposizione una struttura che accoglie 2-300 sfollati – ha detto – a Mopti c’è un centro d’accoglienza e la Caritas locale ha effettuato alcune missioni nelle diocesi maggiormente coinvolte nel conflitto”. La crisi, inoltre, viene gestita in una prospettiva regionale perché le conseguenze di quanto sta accadendo nel Mali ricadono sui Paesi limitrofi, tanto che presto Caritas Internationalis lancerà un appello di emergenza regionale. La coordinatrice riferisce anche dell’umore della popolazione: “La gente vede favorevolmente l’intervento francese perché lo considera liberatorio, ma si chiede se il conflitto terminerà a breve o meno – ha raccontato – tra gli sfollati accolti a Bamako, in maggioranza musulmani, il sentimento generale è di sollievo per la liberazione dagli estremisti, ma non ci si sente ancora sicuri e c’è bisogno di azioni a lungo termine”. “Nei villaggi del nord invece – ha concluso – gli estremisti hanno fatto presa su parte della popolazione”. (R.B.)

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    La Chiesa peruviana indica solidarietà e sobrietà come risposte alla crisi

    ◊   Nel tempo della Quaresima, Cristo ci invita alla conversione e alla pratica della carità, che testimonia l’autenticità della nostra fede. Così l’arcivescovo peruviano di Huancayo, mons. Pedro Barreto Jimeno, ha parlato in una conferenza organizzata in Canada dall’agenzia per lo Sviluppo e la Pace, promotrice di progetti di solidarietà e cooperazione con le chiese dell’America Latina, dell’Africa e dell’Asia, sul tema “Sviluppo e pace: maggiore è la crisi, più solidarietà”. Come riporta la Fides, il presule ha indicato come antidoto alla crisi anche una maggiore sobrietà di vita, in concordanza con una nota già emessa dalla Conferenza episcopale peruviana che metteva in guardia dal panico e dalla confusione che può facilmente afferrare in un’epoca di incertezza, facendo dimenticare gli altri. “Occorre lasciare le cose superflue e imparare a vivere con maggiore austerità – ha detto mons. Barreto – condividendo ciò che siamo e ciò che abbiamo”. (R.B.)

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    Corea del Sud. I vescovi al neopresidente: rispettare le promesse elettorali

    ◊   Si terrà domani la cerimonia di insediamento ufficiale del nuovo presidente della Corea del Sud, Juliana Park Geun-hye, vincitrice alle elezioni presidenziali del dicembre 2012. In vista di questo evento, la Commissione Giustizia e pace dei vescovi di Seoul ha lanciato un appello affinché il nuovo capo di Stato rispetti le promesse fatte durante la campagna elettorale, ovvero di risollevare il settore lavorativo e sociale. In particolare, i presuli ricordano i tanti suicidi seguiti ai licenziamenti abusivi, le discriminazioni che avvengono all’interno delle imprese e le pressioni subite dai sindacalisti. “Dal dicembre 2012 – sottolinea mons. Matthias Ri long-hoon, presidente di Giustizia e Pace – sette sindacalisti si sono suicidati, convinti del fatto che i loro problemi lavorativi non avrebbero trovato una soluzione”. Ulteriore attenzione viene richiesta dai presuli per le famiglie degli impiegati suicidi, per le quali la Commissione ha già iniziato a raccogliere fondi necessari al loro sostentamento. (I.P.)

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    Darfur: 60 morti negli scontri tribali per il controllo di una miniera

    ◊   Circa sessanta persone sono morte e ottanta sono rimaste ferite in scontri tribali nella regione sudanese Darfur. Testimoni riferiscono all'agenzia Suna, che uomini armati della tribù dei Rizaugat hanno attaccato la tribù di Beni Hussein in seguito ad una disputa per il controllo di una locale miniera d'oro. Le autorità locali, scrive l'agenzia, sono poi riuscite a riportare la calma nella zona.(M.G.)

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    Afghanistan: scia di attacchi terroristici. Morti almeno due militari afghani

    ◊   Afghanistan di nuovo scosso da una serie di attacchi terroristi. Gli insorti hanno condotto tre distinti attentati suicidi nell’est del Paese: due agenti dei servizi segreti afghani sono stati uccisi a Jalalabad da un uomo alla guida di un'autobomba, mentre un'altra autobomba è esplosa nella provincia orientale di Logar, ferendo due militari. La polizia afghana ha poi ucciso un attentatore alla guida di un'auto imbottita d'esplosivo a Sherpur, quartiere di Kabul dove si trovano le sedi diplomatiche. Due di questi episodi sono stati rivendicati dai talebani.(M.G.)

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    Italia al voto per il rinnovo del parlamento. Affluenza in calo

    ◊   Affluenza in calo nei seggi italiani aperti da questa mattina per il rinnovo del parlamento e dei consigli regionali di Lombardia, Lazio e Molise. Secondo i dati provvisori diffusi dal Ministero dell’interno alle 12 ha votato il 14,9% degli aventi diritto contro il 16,40% registrato alla stessa ora nelle precedenti consultazioni. Le abbondati nevicate cadute sul nord Italia non stanno ostacolando le operazioni di voto che si concluderanno domani alle ore 15. (M.G.)

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    Cipro al voto con un occhio ai programmi di austerity chiesti dalla troika

    ◊   Domenica di voto a Cipro per il ballottaggio delle presidenziali. I quasi 520 mila elettori greco-ciprioti della parte sud dell’isola devono scegliere tra Nikos Anastasiades, leader del partito Unione Democratica (di centro-destra) che i sondaggi danno per favorito, e Stavros Malas, ex ministro della Salute nel governo del presidente uscente, il comunista Demetris Christofias, e appoggiato dal suo partito. Al centro della campagna elettorale e dei programmi delle forze politiche, la questione degli aiuti economici concordato con la troika. Anastasiades è disponibile a mettere in atto le riforme chieste dai partner internazionali per la concessione di prestiti. Malas non è contrario a un accordo con la troika, ma si opporrebbe a misure di estremo rigore. Misure che i sindacati locali hanno definito “una macelleria sociale” contro la quale si mobiliteranno. (M.G.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 55

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.