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Sommario del 21/02/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Esercizi spirituali. Il cardinale Ravasi: indifferenza e superficialità, veri mali della cultura odierna
  • Padre Lombardi: non c'è data di inizio Conclave, Motu Proprio nelle mani del Papa
  • Il sindaco di Castel Gandolfo: pronti per accogliere Benedetto XVI
  • Benedetto XVI e l'amore per Maria, Madre di Dio nel silenzio e nell'umiltà
  • Il nunzio in Libano: Benedetto XVI, artefice di pace per il Medio Oriente
  • Nomine episcopali
  • Il Papa crea in Colombia il Vicariato apostolico di Puerto Leguízamo-Solano
  • Mons. Antoniazzi nuovo arcivescovo di Tunisi: portare la pace, ma anche i diritti
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Nuova strage a Damasco. Intervista al commissario Ue Georgieva: profughi sono milioni
  • Bulgaria: dopo due settimane di proteste popolari cade il governo
  • Elezioni: un quarto dei giovani indeciso su chi votare. Rosina: programmi generici
  • Gioco d'azzardo. Il Moige: migliaia i casi di minorenni coinvolti
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Giordania: il card. Sarah tra i profughi siriani. L'incontro con il Re Abdallah II
  • Siria: il nunzio mons. Zenari è scosso dagli attentato a Damasco
  • Autoimmolazioni in Tibet: due adolescenti muoiono bruciati vivi
  • Camerun: liberati in Nigeria i francesi rapiti
  • Centrafrica: appello dei vescovi a mettere fine alla sofferenza della popolazione
  • Sudan: continuano gli scontri nel Nilo Blu
  • Kenya: attacco armato nella moschea di Liboi. Vittime tra i fedeli
  • Sri Lanka: appello di vescovi e religiosi all'Onu per i profughi tamil
  • India. Madhya Pradesh: ancora attacchi dei fondamentalisti indù contro i cristiani
  • Pakistan: contro terrorismo e settarismo, il governo cerca l’appoggio degli ulema
  • Caritas Europa: cresce l'esclusione sociale nell'Ue
  • Panama: no della Chiesa a modifiche al Patto Etico Elettorale
  • Honduras. Violenza contro le donne: nel 2012 ne sono state uccise 520
  • Il Papa e la Santa Sede



    Esercizi spirituali. Il cardinale Ravasi: indifferenza e superficialità, veri mali della cultura odierna

    ◊   Riconciliazione e penitenza, l’assenza di Dio e il nulla. Su questi temi si è sviluppata la meditazione odierna del cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, incaricato di predicare gli Esercizi spirituali per la Quaresima al Papa e alla Curia Romana. Ce ne parla Benedetta Capelli:

    Dopo aver visto il limite che portiamo a Dio, il dolore nella forma fisica e morale, il cardinale Ravasi propone la meditazione sul delitto, il castigo e il perdono. “Il peccato – evidenzia il porporato – è un atto personale e nasce dalla libertà umana”. E’ ribellione, rivolta, un deviare la meta ma soprattutto un allontanarsi da Dio:

    “Il peccato è una realtà, prima di tutto, e soprattutto, teologica; può avere anche risvolti psicologici, ma è teologica. Per cui, non potrà mai essere equiparato - il Sacramento della Riconciliazione - ad una seduta psicanalitica, perché è assolutamente fondamentale la consapevolezza di Dio che il peccatore ha”.

    E’ nella conversione che si trova la via giusta, nel cambiare la rotta e dunque nel cambiare mentalità – come predicava Gesù - lasciando alle spalle le cose alle quali siamo aggrappati. Un percorso che inevitabilmente implica la fatica. E qui il cardinale Ravasi rilegge la seconda Lettera ai Corinzi di San Paolo, evidenziando un punto sottinteso, un termine giuridico che esprime il legame tra l’uomo e Dio:

    “Catallasso, catallaghè: questo verbo, tecnicamente parlando, è il verbo che indica l’atto del giudice che tenta di far riconciliare due sposi in disaccordo tra loro. È quel gesto che ormai è diventato famoso - c’è anche nella nostra giurisprudenza ed in molti Paesi - nei casi di separazione e di divorzio: il giudice, di solito, in maniera puramente formale, dice se si vuole giungere ancora ad un accordo. Paolo usa questo verbo, quasi della riconciliazione giuridica; per cui è un verbo che però ha alle spalle la dimensione nuziale - appunto, quel legame che noi avevamo con Dio - legame nuziale che si è infranto con il peccato”.

    Nel percorso faticoso verso il perdono non manca la tensione, l’attesa, il “fremito profondo”, dice il cardinale Ravasi, per giungere ad essere uomini nuovi:

    “Nella società non sempre si dà la possibilità di ricominciare: alcuni sono ormai bollati, anche se è vero che nella legislazione ci sono tentativi di ricomporre e riproporre ancora alla società uno che ha sbagliato. Però, rimane sempre questa sorta di timbro sulla persona che è stata - magari a ragione - giudicata peccatrice. Questo invece nella Bibbia non esiste; nel Profeta Isaia, soprattutto, c’è quell’immagine che Dio getta alle spalle i tuoi peccati, in modo che non li guarda più, quindi non ci sono più. È la cancellazione vera”.

    L’assenza e il nulla: l’uomo senza Dio è la seconda meditazione del cardinale Ravasi. Un tema – sottolinea il porporato - che nel Salterio è presente in modo ripetuto nel Salmo 14 e nel Salmo 53. Si entra così nel mondo dell’ateismo pratico. Assenza e nulla: due termini che non sono sinonimi; semplicisticamente la prima è nostalgia di Dio mentre il nulla è il vero male della cultura odierna:

    “E’ l’indifferenza, è la superficialità è la banalità. E’ per questo che io continuo a pensare come si può incidere in qualche modo in questa sorta di nebbia, in questa sorta di mucillagine; è una cosa molle che però non ha nessuna nostalgia, è proprio il vuoto, il nulla, non il vuoto con l’attesa. Ecco, noi, pastoralmente, incontriamo più spesso purtroppo questa seconda forma di ateismo”.

    Poi, sul silenzio di Dio, il porporato ricorda le tante volte che un credente avverte questo orizzonte:

    “Pensiamo anche a noi stessi, tutte le volte che abbiamo provato, magari attraverso la tiepidezza, attraverso lo scoraggiamento, il silenzio di Dio, l’assenza. Per noi non era del tutto scomparso dall’orizzonte però non Lo sentivamo più. Vorrei che noi tutti, che siamo vescovi, la maggior parte di noi, pensassimo un po’ al clero, a molti preti che vivono questa esperienza e magari non hanno quella capacità di elaborazione che dovrebbero avere, che noi dovemmo dare loro. Credo che soprattutto quanti tra di voi sono stati vescovi di Chiese, pastori di Chiese, questa testimonianza la potete dare voi”.

    Eppure il salmista, dopo aver provato il silenzio di Dio, riesce - in conclusione del Salmo 22 - ad esclamare: “Tu mi hai risposto!”. Così la preghiera diventa un inno di ringraziamento che è segno di fiducia dopo le ore vuote, perché le nostre suppliche non cadono mai nel nulla. Infine, al termine della sua meditazione, il cardinale Ravasi offre un nuovo spunto di riflessione riportando le ultime parole del drammaturgo dell’assurdo Eugene Ionesco, un ateo che prima di morire scrisse queste frasi:

    “Pregare. Non so chi. Spero Gesù Cristo ”.

    Dolore e isolamento sono, invece, i nuclei attorno ai quali si è snodata la meditazione tenuta ieri pomeriggio. "La società contemporanea – ha detto il porporato - ha creato nelle nostre città una folla di solitudini. Il cardinale ha quindi trattato la visione cristiana del dolore, una visione che desta scandalo: Dio in Cristo si china sull’uomo – ha detto - e ne assume la sofferenza, il limite. Gesù attraversa tutta la gamma oscura del dolore: paura, solitudine, isolamento, tradimento, sofferenza fisica, silenzio di Dio, morte.

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    Padre Lombardi: non c'è data di inizio Conclave, Motu Proprio nelle mani del Papa

    ◊   Non si conosce ancora la data di inizio del Conclave. Sarà stabilita dalla Congregazione dei cardinali in Sede vacante. Lo ha affermato padre Federico Lombardi durante il briefing per i giornalisti questa mattina in Sala Stampa Vaticana. “Il Motu proprio – ha aggiunto – è attualmente nelle mani del Papa, ma non è possibile anticiparne i contenuti". Il servizio di Paolo Ondarza:

    Non un briefing straordinario, ma un appuntamento consueto con la stampa. Padre Lombardi presenta così l’intervento odierno in Sala Stampa Vaticana. Nessuna data è stata stabilita per l’inizio del Conclave – spiega – sarà stabilita dalla Congregazione dei cardinali in Sede vacante:

    “Non c’è nessuno adesso in Vaticano, pur autorevolissimo, che possa dire: comincerà il giorno tale”.

    Il Motu Proprio – prosegue padre Lombardi – è attualmente nelle mani del Santo Padre e non è possibile anticiparne i contenuti, ma verosimilmente non stravolgerà la sostanza della Costituzione del Conclave, né comprenderà nomine di nuovi cardinali. Proprio la Costituzione riguardante le norme del Conclave sarà oggetto del briefing convocato per domani in Sala Stampa, al quale parteciperà mons. Arrieta, segretario del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi.

    ''I rapporti con la Fraternità sacerdotale San Pio X – ha poi aggiunto il direttore della Sala Stampa Vaticana – sono stati affidati dal Santo Padre al prossimo Papa”.

    Nessun commento nel merito degli articoli diffusi dalla stampa circa il rapporto sullo scandalo "Vatileaks", redatto su incarico del Santo Padre dai tre cardinali, Herranz, De Giorgi, Tomko. Solo una chiarificazione: è errato che il Papa riceverà in udienza privata i tre porporati nell’ultimo giorno di Pontificato, così come falsa è la notizia dell’udienza pubblica il 27 febbraio ai fedeli e vescovi slovacchi in Santa Maria Maggiore:

    “Non dovete aspettarvi commenti, non dovete aspettarvi smentite, non dovete aspettarvi conferme di quanto venga detto, perché la Commissione ha fatto il suo lavoro, ha redatto il suo rapporto, l’ha confidato nelle mani del Santo Padre da cui aveva il mandato. Non stiamo a correre dietro a tutte le illazioni”.

    “Prevedibile che si parli di conflitti, tensioni, organizzazioni di gruppi”, commenta padre Lombardi, invitando però a non scadere in considerazioni lontane dallo spirito con cui il Santo Padre e la Chiesa vivono questi giorni.

    Infine, il direttore della Sala Stampa Vaticana ha passato in rassegna i prossimi impegni del Papa: Benedetto XVI proseguirà fino a sabato mattina gli esercizi spirituali in Vaticano, quando verosimilmente prenderà la parola. Subito dopo, riceverà in udienza privata il presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano. Domenica 24, l’ultimo Angelus in piazza San Pietro. Mercoledì 27, alle 10.30, l’ultima udienza generale: già prenotate oltre 30 mila persone che vorranno salutare il Successore di Pietro al passaggio in papamobile:

    “E’ un’udienza che vivremo con grandissima emozione e partecipazione, ma non avrà una struttura particolare o complessa”.

    Giovedì 28, ultimo giorno del Pontificato, alle 11 in Sala Clementina avrà luogo il saluto personale ai cardinali presenti in Roma:

    “Non è che ci sia stata una convocazione: dovete arrivare tutti per questa occasione. Quindi, quelli che sono a Roma salutano il Santo Padre”.

    Alle 17, infine, la partenza in elicottero dal Vaticano e l’accoglienza a Castel Gandolfo da parte del presidente e del segretario del Governatorato, del sindaco e del parroco di Castel Gandolfo. In serata , il Papa saluterà i fedeli radunati davanti all’ingresso del Palazzo Apostolico.

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    Il sindaco di Castel Gandolfo: pronti per accogliere Benedetto XVI

    ◊   Castel Gandolfo si appresta ad accogliere Benedetto XVI il prossimo 28 febbraio, ultimo giorno del suo Pontificato. Gian Giacomo Martinetti ha intervistato il sindaco della cittadina laziale, Milvia Monachesi:

    R. – Castel Gandolfo è conosciuta in tutto il mondo per la presenza del Santo Padre. Questo ci dà un grande onore, ma anche un grande onere: dobbiamo essere all’altezza dell’accoglienza sia nei confronti del Papa, sia anche dei tanti pellegrini che vengono.

    D. – Il 28 febbraio sarà, quindi, un giorno eccezionale sia a livello mondiale che per tutta Castel Gandolfo…

    R. – Castel Gandolfo è una cittadina molto credente e tutti si stanno preparando per accogliere il Papa: ci sono incontri in diocesi, in parrocchia, ma anche in Comune. Ieri io mi sono vista con il parroco, con il comandante delle guardie municipali per organizzare i pullman, per organizzare il suo arrivo, per fare in modo che sia accolto nel migliore dei modi.

    D. – E’ possibile immaginare il gran fermento che accompagna la vita di Castel Gandolfo in questi giorni. Come vi state organizzando a livello istituzionale per il 28 febbraio?

    R. – C’è una grande collaborazione, in particolare per quanto riguarda la Messa nella chiesa parrocchiale. Noi ci rapportiamo, insieme anche alla Polizia di Stato, per organizzare tutta la sicurezza: i negozi sulla piazza – ad esempio – devono tenere dentro tutte le cose, devono togliere tutto. C’è una grande organizzazione, anche riguardo al servizio sanitario… Sono giorni impegnativi.

    D. – Come hanno risposto emotivamente i suoi concittadini alla notizia della rinuncia di Papa Benedetto XVI?

    R. – Le reazioni di noi castellani sono state diverse. Noi ci ponevamo più dalla parte umana del Papa: eravamo più preoccupati per lui. C’è un affetto filiale e noi siamo felicissimi del fatto che il Papa voglia venire qui il 28 febbraio. Lo consideriamo davvero un grande onore e lo consideriamo un suo tornare a casa: la nostra è più una presenza e una vicinanza di affetto filiale.

    D. – Lei cosa ricorda del suo primo incontro con Benedetto XVI?

    R. – Ero emozionatissima per la figura alta che rappresenta: mi sono sentita davvero accolta. Avevo una tensione molto, molto alta, poi quando lo ho incontrato, si è sciolta. C’era un po’ l’immaginario di una persona severa… Anche la sua grandissima formazione teologica: una persona così preparata intellettualmente, ci si aspetta sia un po’ fredda, un po’ più sulle sue, un po’ severo forse. Invece ha dimostrato tutto il contrario: ha dimostrato un’umanità, una semplicità, una capacità di entrare in relazione con le persone. Questo mi ha colpito tantissimo!

    D. – Che cosa può, invece, raccontare del vostro ultimo colloquio?

    R. – Quello che mi ha colpito l’ultima volta è stato lo sguardo, uno sguardo penetrante: non era il saluto scontato di chi dà la mano e basta… Ti guarda dentro. Mi ha detto: “Pregate per me”. Io ho risposto: “Tutto Castel Gandolfo le è vicino, tutto Castel Gandolfo l’accoglie, tutto Castel Gandolfo la saluta”. E lui mi ha detto nuovamente: “Pregate per me”. Questa cosa mi è rimasta dentro.

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    Benedetto XVI e l'amore per Maria, Madre di Dio nel silenzio e nell'umiltà

    ◊   “Seguiamo ed imitiamo Maria” e “tutta la nostra vita diventerà un Magnificat”. E’ l’amore per la Madre di Dio uno dei tratti distintivi della dimensione spirituale del Pontificato di Benedetto XVI. Un Papa mariano, proprio come il suo amato predecessore Giovanni Paolo II. Un amore filiale che nasce da lontano. Se, infatti, nella vita e nel Pontificato di Karol Wojtyla ha avuto un grande ruolo il Santuario mariano di Częstochowa, altrettanto si può dire per Joseph Ratzinger e il Santuario di Altötting, cuore mariano della Baviera. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Lasciamoci guidare da Maria all’incontro con Gesù. In ogni udienza, discorso, omelia Benedetto XVI affida sempre i fedeli alla Vergine. E’ Lei con la sua umiltà, ripete in mille occasioni, ad indicarci la via per raggiungere il cuore di Suo Figlio. Sono Maria e il suo Bambino, con la loro “indifesa potenza”, sottolinea, a vincere il “rumore delle potenze del mondo”:

    “La gloria di Dio non si manifesta nel trionfo e nel potere di un re, non risplende in una città famosa, in un sontuoso palazzo, ma prende dimora nel grembo di una vergine, si rivela nella povertà di un bambino. L’onnipotenza di Dio, anche nella nostra vita, agisce con la forza, spesso silenziosa, della verità e dell’amore”. (Udienza generale, 19 dicembre 2012)

    Benedetto XVI si reca pellegrino nei principali Santuari mariani del mondo. Da quello a lui familiare di Altötting ai Santuari di Lourdes, Fatima, Częstochowa e ancora Mariazell in Austria e Aparecida in Brasile. Prega la Vergine a Pompei e a Loreto. Il Papa rileva che questi Santuari non sono “cattedrali nel deserto”, ma oasi dello spirito inserite nel loro territorio quale esempio di “una civiltà dell’amore”. Maria, ci ricorda il Papa, è la prima ad aver accolto Cristo e vive anche una relazione speciale con lo Spirito Santo e la Chiesa:

    “Nella Pentecoste, la Vergine Madre appare nuovamente come Sposa dello Spirito, per una maternità universale nei confronti di tutti coloro che sono generati da Dio per la fede in Cristo. Ecco perché Maria è per tutte le generazioni immagine e modello della Chiesa, che insieme allo Spirito cammina nel tempo invocando il ritorno glorioso di Cristo: ‘Vieni Signore Gesù’” (Chiusura del mese mariano, 31 maggio 2009)

    Benedetto XVI invita tutti i fedeli, specie i giovani, a pregare Maria, in particolare con il Rosario che, sottolinea, “ci fa ripercorrere gli eventi della vita del Signore in compagnia della Beata Vergine, conservandoli, come Lei, nel nostro cuore”. Rammenta dunque che il “sì” di Maria ha sconfitto il male. Ecco perché anche nelle prove della vita che ci fanno vacillare possiamo trovare in Lei un sostegno sicuro:

    “Cari amici, che gioia immensa avere per madre Maria Immacolata! Ogni volta che sperimentiamo la nostra fragilità e la suggestione del male, possiamo rivolgerci a Lei, e il nostro cuore riceve luce e conforto”. (Angelus, 8 dicembre 2009)

    Alla Vergine Maria affida l’Anno della Fede, nel 50.mo dell’inizio del Concilio Vaticano II. Significativo, poi, che il suo ultimo viaggio pastorale in Italia sia proprio ad un Santuario mariano, quello di Loreto. La tradizione vuole che il cuore di questo luogo sia la casa in cui ha vissuto Maria. Ma Papa Benedetto parla di un’altra casa, che va ben oltre le pietre di un edificio. E’ Maria la “casa vivente” che accoglie Gesù:

    “Dove abita Dio, dobbiamo riconoscere che tutti siamo ‘a casa’: dove abita Cristo, i suoi fratelli e le sue sorelle non sono più stranieri. Maria, che è madre di Cristo è anche nostra madre, ci apre la porta della sua Casa, ci guida ad entrare nella volontà del Figlio”. (Visita a Loreto, 4 ottobre 2012)

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    Il nunzio in Libano: Benedetto XVI, artefice di pace per il Medio Oriente

    ◊   Il Libano ha appreso con stupore, ma anche con stima e rispetto, la notizia della rinuncia del Papa. Il Paese dei Cedri ha accolto nel settembre scorso Benedetto XVI per quello che è stato il suo ultimo viaggio apostolico internazionale. Tracey McLure ne ha parlato col nunzio in Libano, mons. Gabriele Caccia:

    R. – Quando abbiamo vissuto i giorni fantastici e indimenticabili della presenza del Santo Padre in Libano, nessuno di noi avrebbe mai pensato a una decisione così improvvisa, come quella che abbiamo ascoltato nei giorni scorsi. Ma in un certo senso tutto ciò rende ancora più preziosi le parole e il dono che il Santo Padre ha fatto, il dono dell’Esortazione apostolica, che sarà visto quasi come un testamento per questa regione del mondo. Le sue parole, a tutti i livelli, a livello istituzionali, con il presidente della Repubblica, con gli uomini impegnati nelle istituzioni e i centri di cultura, nel servizio diplomatico, i discorsi indimenticabili pieni di entusiasmo con i giovani, l’incontro con le realtà della Chiesa, delle Chiese del Medio Oriente, con i patriarchi, i vescovi, con i confratelli cristiani ma non cattolici, gli incontri personali con i capi musulmani che qui vivono e con il mondo musulmano. Tutto questo assume un valore ancora più importante e quasi profetico. Il futuro della Chiesa trova sempre la sua possibilità nelle radici della Chiesa e il Medio Oriente è il luogo dove tutto è nato. Quindi è anche una responsabilità per tutti noi per vivere all’altezza del messaggio che il Santo Padre ci ha lasciato e sulle strade che egli ci ha indicato per i prossimi anni.

    D. – Che cosa vorrebbe dire attraverso la Radio Vaticana a Papa Benedetto XVI?

    R. – Vorrei ripetere le parole che ho avuto modo di dire salutandolo qui in nunziatura. Innanzitutto un grande grazie per la sua generosità a rispondere alla chiamata del Signore, per la fatica con la quale ha affrontato il peso del ministero petrino, per il coraggio che l’ha guidato in tutte le sue scelte, anche quella di visitare una regione come la nostra, percorsa da guerre e violenze. E insieme vorrei anche ripetere al Santo Padre: si senta riconfortato nel suo ministero perché lei ha potuto vedere quanto la gente la stima, la ama e soprattutto quanto prega per lei. E’ significativo per me che l’ultimo incontro fuori programma, prima di raggiungere l’aeroporto, sia stato proprio una sosta a un monastero di vita di clausura contemplativa presso le carmelitane di Harissa. E’ stato un momento di grande emozione e di grande fede. E vorrei dire che il Santo Padre ora condurrà una vita simile in un luogo di preghiera, in un clima di raccoglimento. Noi sappiamo come è importante tutto ciò e quindi vogliamo dire al Santo Padre: noi nella preghiera le staremo sempre uniti, l’accompagneremo sempre, ma anche chiediamo che lei continui a intercedere per la pace e a pregare per tutti noi, in modo particolare per i cristiani del Medio Oriente, che tanto la amano e che hanno apprezzato il suo ultimo viaggio tra di loro.

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    Nomine episcopali

    ◊   In Argentina, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Resistencia, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Fabriciano Sigampa. Al suo posto, il Papa ha nominato mons. Ramón Alfredo Dus, finora vescovo di Reconquista. Mons. Ramón Alfredo Dus è nato il 22 maggio 1956 a San Lorenzo, arcidiocesi di Corrientes. Dopo aver seguito gli studi filosofici e teologici nel Seminario di Paraná, è stato ordinato sacerdote l’8 dicembre 1980. Nel 1999 ha conseguito il Dottorato in Sacra Scrittura presso il Pontificio Istituto Biblico. È stato professore nel Seminario di Santa Fe, in quello di Paraná, dove ha ricoperto anche l’incarico di Rettore, ed in vari Istituti teologici. Nella diocesi di Paraná è stato anche Delegato per l’Ecumenismo. Nominato Vescovo titolare di Tibica ed Ausiliare di Reconquista il 5 agosto 2005, ha ricevuto la consacrazioen episcopale il 17 settembre dello stesso anno. Il 26 marzo 2008 è stato nominato Vescovo di Reconquista.

    Sempre in Argentina, il Papa ha nominato vescovo di Río Gallegos mons. Miguel Ángel D’Annibale, finora Vescovo titolare di Nasai ed Ausiliare di Río Gallegos. Mons. Miguel Ángel D’Annibale è nato a Buenos Aires il 27 marzo 1959. Entrato nel Seminario di San Isidro, è stato ordinato sacerdote il 6 dicembre 1985. Nel 1995 ha ottenuto la Licenza in Teologia Dogmatica presso la Pontificia Università Cattolica di Buenos Aires. Nominato nel 1986 Vicario parrocchiale di Nuestra Señora del Carmen a Benavides, nel 1989 ha assunto l’ufficio di Cancelliere e Segretario generale della diocesi di San Isidro. Nel 1990 è stato nominato Prefetto del Seminario diocesano; nel 1994 Vicario parrocchiale della Cattedrale di San Isidro; nel 1996, Notaio del tribunale diocesano; nel 1999, incaricato dell’Equipe diocesana di Liturgia; nel 2001, Vicario Generale di San Isidro. È stato anche membro della Commissione per la formazione permanente del clero, ha collaborato in varie cappelle nella zona del Delta, ed è stato Amministratore parrocchiale a Santa Rita, in Nuestra Señora de Carupá, nel Niño Jesús de Praga ed i San Juan Bautista. Dal 1994 al 2001 è stato Assistente dell’Equipe diocesana di Comunicazione Sociale. È stato Presidente della Società Argentina di Liturgia (S.A.L.), professore di Liturgia e Catechesi in Scuole e Centri di Formazione liturgica e presso l’ITEPAL (Istituto Teologico Pastoral para América Latina), ed ha collaborato con la CELAM nella redazione di manuali liturgici. Nominato Vescovo titolare di Nasai ed Ausiliare di Río Gallegos il 19 febbraio 2011, è stato consacrato il 29 aprile successivo. Nella Conferenza Episcopale Argentina è membro della Commissione per la Liturgia.

    In Brasile, il Pontefice ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Itabira-Fabriciano, presentata da mons. Odilon Guimarães Moreira, in conformità al can. 401 – par. 2 del Codice di Diritto Canonico. Al suo posto il Papa ha nominato il sacerdote Marco Aurélio Gubiotti, del clero dell’arcidiocesi di Pouso Alegre, finora Professore di Teologia e Parroco della parrocchia diNossa Senhora de Fátima. Mons. Marco Aurélio Gubiotti è nato il 21 ottobre 1963 nella località di Ouro Fino, nell’arcidiocesi di Pouso Alegre. Ha compiuto gli studi medi (1979-1982) e di Filosofia nel Seminario arcivescovile di Pouso Alegre (1983-1985) e quelli di Teologia presso l’Istituto Teologico Sacro Cuore di Gesù dei Padri Dehoniani, a Taubaté (1986-1989). Ha poi ottenuto la Licenza in Teologia Biblica presso la FacoltàNossa Senhora da Assunção a São Paulo (1997-1999). Il 14 dicembre 1989 ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale ed è stato incardinato nell’arcidiocesi di Pouso Alegre, nella quale ha svolto gli incarichi di Vicario parrocchiale e Parroco di diverse parrocchie, Rettore dell’Istituto Teologico Interdiocesano di Pouso Alegre (2000 al 2006), Rettore della Facoltà Cattolica di Pouso Alegre (2006 al 2010). Attualmente è Professore di Teologia, Parroco della parrocchia Nossa Senhora de Fátima a Pouso Alegre e Membro del Consiglio Presbiterale arcidiocesano.

    Sempre in Brasile, Benedetto XVI Il ha nominato vescovo di Floresta il sacerdote Gabriele Marchesi, del clero di Fiesole, sacerdote fidei donum nella diocesi di Viana, finora parroco, Coordinatore per la Pastorale e vicario episcopale. Mons. Gabriele Marchesi è nato il 16 settembre 1953 a Incisa Valdarno, diocesi di Fiesole (Italia). Ha compiuto gli studi di Filosofia presso il Seminario diocesano di Fiesole (1972-1975) e quelli di Teologia presso lo Studio Teologico Fiorentino (1975-1978). Il 6 luglio 1978 ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale per la diocesi di Fiesole, nella quale ha svolto gli incarichi di Vicario parrocchiale (1978-1986) e di Parroco della parrocchia Santa Maria del Giglio a Montevarchi (1986-1997), Parroco della parrocchia San Giovanni Battista a Contea (1997-2003), Direttore dell’Ufficio Missionario Diocesano, Membro del Consiglio Presbiterale e del Collegio dei Consultori. Dal 2003 opera come sacerdote fidei donum in Brasile, nella diocesi di Viana, nello Stato di Maranhão, nella quale svolge attualmente l’incarico di Parroco della Parrocchia São Pedro Apóstolo e Nossa Senhora do Rosário, Coordinatore per la Pastorale e Vicario Episcopale.

    In Tunisia, Benedetto XVI ha nominato arcivescovo di Tunisi il sacerdote Ilario Antoniazzi, del clero del Patriarcato di Gerusalemme, finora Parroco di Rameh in Galilea (Israele).Mons. Ilario Antoniazzi è nato il 23 aprile 1948 a Rai, diocesi di Vittorio Veneto, provincia di Treviso (Italia). Dopo aver frequentato le scuole elementari della sua città è entrato nell’Istituto MissionarioSan Pio X di Oderzo, frequentando le scuole medie presso la Scuola Apostolica. Nel 1962 è entrato nel Seminario minore della diocesi del Patriarcato di Gerusalemme a Beit Jala e nel 1965 nel Seminario maggiore. Il 24 giugno 1972 è stato ordinato sacerdote a Gerusalemme ed incardinato nella diocesi del Patriarcato di Gerusalemme dei Latini. Per venti anni ha svolto il servizio pastorale presso diverse sedi della Giordania: dal 1972 al 1975 come Vicario Parrocchiale a San Pio a Zerqa; dal 1975 al 1976 come parroco " in solidum" di Fuheis; dal 1976 al 1980 come Vicario Parrocchiale a Marqa e dal 1980 al 1992 è stato Parroco di Smakieh. Nel 1992 è stato inviato a Roma per studiare presso l’Istituto Teresiano, conseguendo nel 1995 la Licenza in Teologia Spirituale. Tornato nei territori del Patriarcato, dal 1995 al 2005 è stato Parroco di Rameh (Galilea-Israele); dal 2005 al 2007 Parroco di Reneh. Dal 2007 ricopre nuovamente l’incarico di parroco di Rameh.

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    Il Papa crea in Colombia il Vicariato apostolico di Puerto Leguízamo-Solano

    ◊   In Colombia, Benedetto XVI ha eretto il nuovo Vicariato Apostolico di Puerto Leguízamo-Solano per dismembramento del Vicariato Apostolico di San Vicente-Puerto Leguízamo, e ha nominato primo Vicario Apostolico di Puerto Leguízamo-Solano il Rev.do P. Joaquím Humberto Pinzón Güiza, I.M.C., Superiore Regionale dei Padri della Consolata in Colombia-Ecuador, assegnandogli la sede titolare vescovile di Ottocio. Il Rev.do P. Joaquím Humberto Pinzón Güiza, I.M.C., è nato il 3 luglio 1969 a Berbeo (Santander), diocesi di Vélez, Colombia. Dopo le scuole primarie e secondarie nella sua città natale, è entrato nell’Istituto Missioni Consolata, svolgendo gli studi di Filosofia nel Centro Pastoral de Filosofia CEPAF) a Bogotà (1987-1989). Nel 1990, ha completato il noviziato a Bucaramanga, emettendo la prima professione religiosa il 6 gennaio 1991. Dal 1991 al 1994 è stato inviato al Teologato Internacional de los Missioneros de la Consolata a Madrid, dove ha svolto gli studi di Teologia presso la Pontificia Università di Comillas; dal 1994 al 1996 ha vissuto in Mozambico, per un’esperienza missionaria; dal 1996 al 1999, ha conseguito la Licenza in Sacra Scrittura presso il Pontificio Istituto Biblico, a Roma. Ha emesso la professione perpetua il 5 luglio 1997 ed è stato ordinato sacerdote il 7 agosto 1999. Dopo l’ordinazione sacerdotale ha ricoperto i seguenti incarichi: 1999-2003: Missionario a Puerto Leguízamo e Vicario parrocchiale di Nuestra Señora del Carmen (2001-2003); 2003-2005: Vice Rettore del Seminario Internazionale dei Missionari della Consolata a Bogotá; 2005-2009: Rettore del Seminario Teologico dei Missionari della Consolata a Bogotá; 2007-2009: Professore di Sacra Scrittura nellaFundación Universitaria San Alfonso a Bogotá; 2008-2011:Consigliere Regionale dell’Istituto in Colombia – Ecuador; dal 2011:Superiore Regionale dell’Istituto in Colombia - Ecuador.

    Il nuovo Vicariato Apostolico di Puerto Leguízamo-Solano, comprende i municipi di Leguízamo (Dipartimento del Putumayo) e di Solano (Dipartimento di Caquetá), la località di Puerto Alegría (Dipartimento dell’Amazonas), che attualmente appartiene al Vicariato Apostolico di Leticia, e un tratto di 5 kmq, partendo da Guaquirá (punto di divisione tra i dipartimenti d Putumayo e Amazonas) fino ad Angostura (Amazonas). Si estende su una superficie di 64 mila Kmq, con 96 mila abitanti, 84 mila dei quali cattolici, distribuiti in 12 parrocchie rette da 8 sacerdoti diocesani e 16 sacerdoti religiosi. Nel territorio sono presenti anche 16 religiose e 12 seminaristi maggiori. La Chiesa parrocchiale di Nuestra Señora del Carmen diviene la Cattedrale del nuovo Vicariato Apostolico.

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    Mons. Antoniazzi nuovo arcivescovo di Tunisi: portare la pace, ma anche i diritti

    ◊   Il Papa ha nominato arcivescovo di Tunisi mons. Ilario Antoniazzi, del clero del Patriarcato di Gerusalemme, finora parroco di Rameh in Galilea (Israele). Mons. Antoniazzi è nato in Italia il 23 aprile 1948 a Rai, diocesi di Vittorio Veneto, provincia di Treviso. Dopo aver frequentato le scuole elementari della sua città è entrato nell’Istituto Missionario San Pio X di Oderzo, frequentando le scuole medie presso la Scuola Apostolica. E’, quindi, entrato nel Seminario Minore della diocesi del Patriarcato di Gerusalemme a Beit Jala nel 1962 e nel 1965 in quello Maggiore. Il 24 giugno 1972 è stato ordinato sacerdote a Gerusalemme ed incardinato nella Diocesi del Patriarcato di Gerusalemme dei Latini. Per venti anni ha svolto il servizio pastorale presso diverse sedi della Giordania: dal 1972 al 1975 come vicario parrocchiale a San Pio in Zerqa; dal 1975 al 1976 come parroco “ in solidum” di Fuheis; dal 1976 al 1980 come vicario parrocchiale a Marqa e dal 1980 al 1992 è stato parroco di Smakieh. Nel 1992 è stato inviato a Roma per studiare presso l’Istituto Teresiano, conseguendo nel 1995 la Licenza in Teologia Spirituale. Tornato nei territori del Patriarcato dal 1995 al 2005 è stato parroco di Rameh (Galilea-Israele), mentre dal 2005 al 2007 di Reneh e, infine dal 2007 ricopre nuovamente l’incarico di parroco di Rameh. Sergio Centofanti lo ha raggiunto telefonicamente a Rameh, chiedendogli come abbia accolto questa nomina:

    R. - All’inizio per me è stata un po’ una sorpresa. Ho accolto questo, con un sentimento di rispetto per la fiducia che il Papa ha riposto in me, in un momento anche così difficile per la diocesi di Tunisi. Ho accettato volentieri. Dopo tutto, è un segno di riconoscenza anche per il Papa, per un servizio che mi ha chiesto e che spero di compiere proprio con tutte le mie forze, facendo il più possibile il mio dovere con l’aiuto del Signore.

    D. - Lei è stato nominato da Benedetto XVI pochi giorni prima della fine del Pontificato. Quali sono i suoi sentimenti?

    R. - Papa Benedetto XVI è sempre stato un punto di riferimento per me, per il suo insegnamento e per la sua umiltà. La sua rinuncia ha fatto aumentare in me il rispetto verso di lui, perché ha mostrato davanti al mondo intero una dimensione di libertà interiore e soprattutto un’umiltà che è di esempio per molte persone. Io sono fiero di questo.

    D. - Come vede la situazione in Tunisia?

    R. - Spero di essere un portatore di pace. Credo che la Chiesa, quando si parla di pace, di amore, di perdono - ed è proprio questo forse quello di cui i tunisini hanno più bisogno – abbia molto da insegnare basandosi sul Vangelo. Ed è per questo che - credo - prima di tutto bisogna insistere sul ritorno al Vangelo per i cristiani che sono presenti, affinché lo vivano, lo mettano in pratica, soprattutto per ciò che riguarda l’amore, il rispetto e il perdono. Nello stesso tempo è importante chiedere - con strumenti di pace - che ognuno veda rispettati i propri diritti, per vivere tranquilli in pace, soprattutto tra i cristiani e i musulmani che vivono là. Dunque, da una parte l’amore, il perdono, e dall’altra, con questi, chiedere i propri diritti.

    D. - Come vede il rapporto con l’islam in un momento in cui stanno risorgendo anche alcuni fondamentalismi?

    R. – Conosco molto bene l’islam perché vivo in mezzo a loro da sempre. A parte certe persone estremiste, i semplici musulmani sono buoni e ci si può capire facilmente con loro. Ho avuto anche io i miei problemi sia in Israele, che in Giordania, però quando si ritorna al Corano per loro, ed al Vangelo per noi, credo che ci siano molti punti comuni sui quali ci si può mettere d’accordo. E se ci sono delle difficoltà, credo, che in base al Vangelo e al Corano si possa arrivare ad un accordo e vivere serenamente. Non mi fa paura la situazione, anche se da lontano, forse, mi impressiona un po’, non posso negarlo. Però quello che ho è un piccolo timore, non è per niente paura. E soprattutto con la fiducia nel Signore e con la sua grazia credo che si possa fare molto.

    D. - Quali sono le sue speranze?

    R. - Che io possa essere prima di tutto un portatore di pace, e presentare al mondo islamico nel quale vivo, e dove loro sono la maggioranza, un Cristo che attira, un Cristo che è vicino non solo ai cristiani, ma anche ai musulmani che vivono là. Che il Signore mi dia la forza e la luce per questo!

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Benedetto XVI è un esempio di fede anche per i luterani: Jens-Martin Kruse, pastore della Comunità evangelica luterana di Roma, ricorda - tra i gesti ecumenici più significativi - la visita alla Christuskirche di Roma e i discorsi a Erfurt.

    Le ragioni della fede: i cardinali sulla scelta di Benedetto XVI.

    Monsignor Georg Ratzinger parla della decisione del fratello.

    Umile davanti alla verità: rispetto e stima dei buddisti per il Papa.

    La bellezza ai tempi dell'Ipad: l'arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, sulla necessità, da parte del mondo contemporaneo, di saper contemplare.

    Non è l'irrazionale la nostra origine: Fiorenzo Facchini su Benedetto XVI e la ricerca di una ragione prima della natura.

    Nel deserto senza fretta: Gaetano Vallini recensisce la mostra, a Lugano, sulle foto in Africa dello svizzero Peter Werner Haberlin, nel centenario della nascita.

    Silvia Guidi su D'Annunzio postmoderno: 150 anni fa nasceva l'Immaginifico.

    La dottoressa che insegnò al mondo ad ascoltare le donne: Giulia Galeotti ricorda Evelyn Billings, autrice con il marito John del "Billings Ovulation Method".

    In rilievo, nell'informazione internazionale, la Siria, dove la Russia e la Lega araba stanno tentando un rilancio dell'azione diplomatica.

    Alla scoperta della sacralità perduta: intervista di Mario Ponzi, al vescovo Ignacio Carrasco de Paula, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, che illustra i temi della ventunesima assemblea generale.

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    Oggi in Primo Piano



    Nuova strage a Damasco. Intervista al commissario Ue Georgieva: profughi sono milioni

    ◊   Ennesima giornata di sangue in Siria. Un'autobomba è esplosa poco prima di mezzogiorno nella centralissima via al-Thawra, a Damasco. Pesantissimo il bilancio: almeno 35 morti e 237 feriti. Ma non è l’unico fatto di sangue avvenuto nella capitale. Il servizio di Salvatore Sabatino:

    La guerra siriana non guarda in faccia a nessuno. E anche oggi consegna alla cronaca una strage di bambini. Tra le vittime dell’autobomba nel centro di Damasco, ne sarebbero morti almeno sette. Scempio di un conflitto senza esclusioni di colpi, che ha concentrato la propria potenza di fuoco soprattutto a Damasco. Un'altra esplosione si era verificata, infatti, nello stesso quartiere non lontano dalla sede centrale del partito Baath, al governo in Siria. Altre hanno insanguinato – in rapida successione – il quartiere di Barzeh, in cui sono seguiti cannoneggiamenti e colpi di mortaio sulle abitazioni civili, ma anche Baramkeh e al-Adawi. I ribelli puntano il dito contro il regime, facendo salire ulteriormente la tensione, già alta in realtà, in tutta la regione, a causa delle minacce piovute da parte del Libero Esercito Siriano contro le postazione delle milizie sciite di Hezbollah, alleate del regime di Assad, in territorio libanese, accusate di aver aperto il fuoco contro i ribelli in Siria. Minacciato, insomma, un attacco in Libano, che sarebbe fortemente destabilizzante per tutto il Medio Oriente.

    Sul rischio che la guerra civile siriana coinvolga il confinante Libano, Salvatore Sabatino ha intervistato il collega Camille Eid, della redazione Esteri di Avvenire:

    R. – Lo sta già coinvolgendo da parecchi mesi, nel senso che Hezbollah ha ammesso che alcuni suoi militanti – senza, però, ricevere ordini specifici del partito e quindi per iniziativa privata – combattono in Siria, perché dicono che ci sono i villaggi sciiti popolati da libanesi all’interno del territorio siriano. La novità sta nel fatto che da questi 7-8 villaggi sciiti c’è ora un’offensiva da parte di Hezbollah contro quattro villaggi sunniti.

    D. – Ed è anche la prima volta che si minaccia di portare la guerra in territorio libanese...

    R. – Questo è vero. Il capo di Stato maggiore dell’Esercito Libero ha detto che bombarderanno i territori libanesi, da cui partono questi missili. Adesso lì non c’è una vera delimitazione delle frontiere tra Libano e Siria e c’è, quindi, un via vai di cittadini. Teniamo presente, però, che i posti di frontiera siriani sul confine con il Libano sono gli unici a non essere caduti in mano all’Esercito Libero: la maggior parte di quelli che si trovano sul confine con la Turchia, con l’Iraq e con la Giordania sono ormai da tempo caduti. Questo dimostra l’efficacia dell’intervento Hezbollah al fianco del regime siriano.

    D. - Il governo di Beirut ha preso posizione nelle ultime ore rispetto a questo rischio concreto?

    R. – Non in maniera pubblica, perché abbiamo gli Hezbollah, con due ministri, nell’attuale governo e ufficialmente la politica nei confronti della Siria è quella del "tenersi lontano dalla mischia", la chiamano proprio così. Ma adesso il coinvolgimento di Hezbollah in maniera così sfacciata rischia di mettere fine a questa politica di neutralità.

    D. – Il Libano, che è uno dei Paesi maggiormente coinvolti dall’ondata di profughi provenienti dalla Siria, fino a qualche tempo fa non li riconosceva come tali. Ora le cose stanno cambiando?

    R. – Stanno cambiando anche perché il Libano se non facesse così, rischierebbe di non ricevere gli aiuti dell’Unione Europea o di altri Stati.

    D. – Quanto la comunità cristiana libanese, importantissima per gli equilibri regionali, può aiutare la tenuta della pace?

    R. – Moltissimo, anche perché i cristiani sono divisi nei due campi politici: quindi abbiamo i cristiani del generale Aoun, che sono nel governo, e i cristiani degli altri partiti che sono nel fronte opposto del “14 marzo”. Questo aiuta, quindi, a controbilanciare un po’, a non dare un aspetto confessionale al conflitto attualmente in atto. Mentre vediamo, invece, che la stragrande maggioranza degli sciiti è schierata nell’attuale governo e la stragrande maggioranza dei sunniti è schierata nel campo di Hariri. Quindi, la posizione moderata o divisa dei cristiani aiuta, quantomeno, a non dare un aspetto confessionale a quanto succede attualmente nella regione.

    A livello internazionale, l'Europa continua a interrogarsi su una possibile via d'uscita alla crisi siriana, che alle decine di migliaia di morti causati finora assomma un numero ernorme di profughi. Fausta Speranza ha domandato alla commissaria europea per la gestione delle crisi, Kristalina Georgieva, in che modo l'Unione consideri l'eventualità di un negoziato risolutivo:

    R. – Unfortunately very bad...
    Sfortunatamente molto male. Non vediamo segni di una soluzione politica che possa mettere fine alla sofferenza della gente. Le associazioni umanitarie, con grande difficoltà, stanno portando aiuto, all’interno della Siria, a quasi due milioni di persone. Ma quelli che hanno bisogno di aiuto sono più di quattro milioni. Voglio elogiare il sistema delle Nazioni Unite, così risoluto nel portare aiuto attraverso le linee di combattimento, così che le persone, bloccate nei territori controllati dai ribelli, possano anche loro ricevere cibo, tende e coperte. Vediamo come nei Paesi vicini il numero dei rifugiati salga sempre di più e questo è un segno di quanto siano terribili le condizioni in Siria. Abbiamo adesso superato le 800 mila persone e 830 mila sono in Libano, in Giordania, in Turchia e in Iraq. Non vediamo la fine di questo flusso di rifugiati, incredibilmente difficile per i Paesi vicini. E’ un grande sforzo per loro. Noi, in Europa, ci siamo focalizzati molto su questa crisi: siamo il più grande donatore umanitario. In Kuwait, durante la Conferenza per la raccolta di fondi, abbiamo raccolto 370 milioni di dollari, assieme ai 460 milioni di dollari che l’Europa ha già stabilito. Quindi, 830 milioni di dollari, ma io le posso dire oggi che dovremo fare ancora di più.

    D. – Secondo la gente comune, la comunità internazionale sostanzialmente resta a guardare di fronte alla tragedia che si consuma in Siria...

    R. – I would not agree...
    Io non sarei d’accordo perché, come ho detto, noi siamo in prima linea: europei stanno rischiando la loro vita per salvare la vita di altri. La Siria è molto bene armata: possiede armi chimiche e ha il supporto di Paesi potenti, due di loro sono nel Consiglio di Sicurezza – Cina e Russia – ha l’appoggio dell’Iran ed è anche un Paese, etnicamente, di tale varietà che è molto difficile internamente, per i siriani stessi, trovare una via che porti al tavolo dei negoziati. Quindi, noi dobbiamo riconoscere che l’Europa instancabilmente sta facendo molto per cercare di trovare una soluzione, per cercare di portare su una piattaforma comune il Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Ma non è il luogo per cui l’Europa possa decidere che sia il momento per un intervento militare, perché un intervento militare può rappresentare un enorme rischio per l’intera regione: non solo l’uso di armi chimiche contro i siriani, ma forse anche che il conflitto arrivi oltre i confini del Libano, della Giordania ed anche della Turchia. Dobbiamo prendere tutte le misure possibili – per esempio appoggiare la Turchia – per essere più sicuri in questo conflitto. La questione fondamentale qui per il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite è trovare un cammino verso una posizione unitaria sulla Siria per mettere fine al conflitto.

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    Bulgaria: dopo due settimane di proteste popolari cade il governo

    ◊   Sotto la pressione della protesta popolare, il governo conservatore bulgaro di Boyko Borissov si è dimesso ieri, aprendo la strada a elezioni anticipate in primavera. La fine della legislatura sarebbe stata prevista a luglio. Da quasi due settimane, si registravano ogni giorno dimostrazioni di piazza, iniziate a seguito dell’aumento vertiginoso del prezzo delle bollette di elettricità. Della crisi politica e della situazione economica della Bulgaria, Fausta Speranza ha parlato con la docente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano Serena Giusti, che si occupa in particolare di Europa dell'Est:

    R. – Il crollo del governo in Bulgaria ripropone un po’ la questione aperta della crisi economica europea che poi naturalmente ha effetti più devastanti nei Paesi più deboli dell’Unione europea. E’ stata adottata una politica fiscale abbastanza rigida per rispettare vincoli di bilancio che la Bulgaria vuole rispettare, nonostante ancora non faccia parte dell’euro. Quindi sono stati congelati i salari, sono state congelate le pensioni, sono aumentate le tasse e per di più la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato l’aumento delle tariffe elettriche, abbastanza grave in un Paese colpito dal freddo di questo inverno abbastanza rigido.

    D. – Non sono colpite solo le fasce più deboli…

    R. – Le fasce più coinvolte sono le fasce più deboli, quindi quelle dei pensionati, ma anche la classe media viene colpita da questa crisi e questo è un tratto che ritroviamo un po’ in tutti i Paesi europei, soprattutto quelli anche del Mediterraneo, come Italia, Spagna e Grecia. Laddove si va a colpire la classe media, si colpisce l’intero Pese, si colpisce in fondo il futuro del Paese. Questo fa sì che le persone scendano in piazza. La Bulgaria è uno dei Paesi più poveri dell’Unione Europea, il salario medio si aggira sull’equivalente di 480 dollari al mese, quindi c’è uno strato della popolazione che rischia la povertà.

    D. – Parliamo anche di corruzione perché sappiamo che questo è un problema di questo Paese, stando alle statistiche…

    R. – Sì, la corruzione è un problema che riguarda sia la Bulgaria che la Romania. L’Unione Europea era ben consapevole che questa era una questione aperta anche nel momento dell’adesione, tuttavia la scelta politica è stata quella di far sì che non passassero troppi anni tra il primo e il secondo allargamento ad Est. Sappiamo che una volta entrati nell’Unione Europea, il potere anche di controllo di Bruxelles si indebolisce inevitabilmente rispetto alla fase di esame in vista dell’ingresso. I governi bulgari non sono stati in grado di combattere la corruzione, anche questo governo è caduto su scandali di corruzione. Ma direi che anche qui si ripropone a livello europeo un problema dell’importanza di una buona governance su cui i governi europei devono veramente lavorare e insistere.

    D. - Però tutti questi problemi c’erano anche prima della crisi…

    R. - Sulla questione della crisi economica bisogna distinguere da Paese a Paese. I Paesi che già nel momento dell’adesione stavano risalendo anche da un punto di vista economico sono quelli che hanno sostenuto meglio la crisi. La Polonia è un esempio, un esempio di un Paese che addirittura ha reagito meglio alla crisi degli altri Paesi europei. Ma certamente dove c’erano maggiori difficoltà, la crisi è stata ancora più grave. Penso soprattutto alla Bulgaria e alla Romania.

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    Elezioni: un quarto dei giovani indeciso su chi votare. Rosina: programmi generici

    ◊   L’offerta politica attuale convince solo il 41% dei giovani. Ad affermarlo è una recente indagine dell’Istituto Toniolo, che mette in luce un sempre maggiore distacco da parte dei ragazzi dai partiti. Proprio in questi giorni, le formazioni politiche stanno intensificando i messaggi elettorali rivolti verso chi vota per la prima volta. Il servizio di Alessandro Guarasci:

    E’ forse nei giovani la fascia più alta di indecisi. A oggi, almeno il 25% di loro ancora non sa se andare a votare e per chi. Una quota comunque in calo rispetto ai primi di febbraio. Il 32% di chi andrà alle urne per la prima volta chiede ai partiti maggiore attenzione per la crescita e l’innovazione. La disoccupazione è un vero spettro visto che tra i 15 e i 24 anni sono almeno 600mila i ragazzi senza un lavoro. In questo senso, "Scelta Civica" di Monti propone la creazione di un Fondo d’Opportunità per i giovani meritevoli e svantaggiati. Il Pd punta sulla formazione, rafforzando quella tecnica e per le nuove professioni. Il Pdl pensa a uno sgravio fiscale per i nuovi assunti per i primi 5 anni. Alessandro Rosina, demografo della Cattolica.

    R. - Un po’ di elementi legati alle difficoltà del mercato del lavoro, ad incentivare l’imprenditoria giovanile, ad aiutare il loro percorso in autonomia, ci sono, ma sono molto generici e questo è un po’ il limite. Quindi, rischiano di essere percepiti solo come delle vaghe promesse.

    D. - Questo favorisce, in qualche modo il disinteresse, il disimpegno di chi va a votare per la prima volta?

    R. - Sì, perché si sono succeduti vari governi negli ultimi dieci anni, ma la capacità del Paese di crescere e di rendere protagonisti i giovani in questo processo di crescita, migliorare i propri percorsi, è stata fallimentare. Questo porta molti giovani ad essere indecisi, se votare e chi votare - anche con elementi di protesta - favorendo alcuni movimenti che colgono questa insoddisfazione.

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    Gioco d'azzardo. Il Moige: migliaia i casi di minorenni coinvolti

    ◊   Si diffonde sempre più fra i minorenni l’abitudine di spendere la "paghetta" con i giochi d’azzardo: dalle scommesse ai giochi online. Questo nonostante l’azione di controllo si sia intensificata dopo l’entrata in vigore del decreto Balduzzi, che vieta ai minori di 18 anni l’accesso nelle aree destinate al gioco con vincita in denaro interne alle sale bingo. Sono invece migliaia i casi di minorenni che giocano “a soldi”, denuncia Antonio Affinita, il direttore del Moige, il Movimento italiano genitori. La sua opinione nell’intervista di Debora Donnini:

    R. – Siamo molto allarmati da questa questione. Ci sentiamo soli nel nostro progetto didattico-educativo verso i nostri figli, nell’educarli a comportamenti corretti, perché il più delle volte vi è un comportamento scorretto da parte di chi li fa giocare: ad esempio, non c’è un’adeguata vigilanza da parte del rivenditore del gioco, che spesso non effettua una selezione significativa in termini di età.

    D. – Su Avvenire vengono forniti i dati della Guardia di Finanza, che nel 2012 ha accertato circa 61 violazioni delle norme su gioco e minori...

    R. – Si contano più di 100 mila punti-gioco esistenti, ai quali si possono aggiungere i giochi che vengono venduti anche dai supermercati, che sono comunque giochi con vincite in denaro e vietati ai minori. Ci troviamo davanti a una diffusione molto ampia ed è quindi necessaria un’attenzione fortissima da parte di coloro che vendono questi prodotti: devono venderli con grande responsabilità, facendo sì che il minore non possa accedervi. A fronte dei circa 60 casi “analizzati”, ce ne sono migliaia di altri che non emergono, che non vengono rilevati, perché il fenomeno è ampio.

    D. – Poi, c’è un altro problema: quello del gioco on line. Da una ricerca recente di Telefono azzurro ed Eurispes, emerge che l’8% dei bambini tra i 7e gli 11 anni e il 12% dei ragazzi tra i 12 e i 18 anni gioca a soldi on line.

    R. – Sulla questione dell’on line - che è un altro fronte - abbiamo di recente, insieme con la Polizia, portato avanti un’iniziativa molto importante e significativa sul web sicuro. La tematica è molto più acuta e riguarda il mondo web. La prima raccomandazione che facciamo ai genitori è di utilizzare filtri per garantire una navigazione più controllata per i propri figli e tenere il computer in una zona centrale della casa. L’altro aspetto fondamentale è quello di non dare loro il portafoglio, perché dare una carta di credito a un minore è un gesto di un’irresponsabilità inaccettabile. Quindi, questa è una problematica che può essere risolta molto tranquillamente, anzitutto – ripeto – non dando la carta di credito ai propri figli.

    D. – Secondo lei, l’aumento della tassazione su questi giochi d’azzardo aiuterebbe in generale a far desistere le persone, i bambini e i ragazzi dal giocare?

    R. – Per far sì che ci sia una regolamentazione del sistema, è necessario agire su tanti fronti. Il primo è quello di riversare una parte significativa della raccolta per attività e politiche sul corretto uso di questi strumenti, per una corretta attività di prevenzione per evitare i fenomeni di dipendenza. Il secondo è quello di una riduzione più significativa dei cosiddetti punti di offerta, che non possono moltiplicarsi a dismisura. Ricordiamoci il motivo per cui è nata l’ipotesi di legalizzare il gioco, che era quello di liberarlo dalla malavita organizzata che lo gestiva clandestinamente. Siamo invece passati a un eccesso diverso: dal fatto di toglierlo alla malavita legalizzandolo – e quindi mantenendoli su livelli accettabili – siamo arrivati invece ben oltre quello che poteva essere un discorso di legalizzazione per semplice finalità, facendolo diventare un qualcosa di diffuso e pericoloso, di cui stiamo iniziando a raccogliere i danni velenosi che sta producendo.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Giordania: il card. Sarah tra i profughi siriani. L'incontro con il Re Abdallah II

    ◊   Centinaia di profughi siriani hanno accolto martedì pomeriggio il card. Robert Sarah, presidente del Pontificio consiglio Cor Unum, in visita al campo profughi di Zarqa, in Giordania, in questi mesi divenuto uno dei principali luoghi di rifugio della popolazione in fuga dalla guerra. La visita è avvenuta a margine del Forum regionale delle Caritas in Medio Oriente e Nord Africa, iniziato ieri mattina ad Amman. A confermarlo all'agenzia AsiaNews è padre Rifat Bader, sacerdote giordano del Centro cattolico di studi e comunicazione della capitale giordana. Per l'occasione il card. Sarah ha consegnato di persona ai profughi pacchi con beni di prima necessità e fondi per il funzionamento del campo. La visita è stata anche un'occasione per incontrare i rappresentanti della Chiesa locale, impegnati nel lavoro di aiuto agli sfollati e nell'educazione dei bambini attraverso gli istituti scolastici del Patriarcato latino di Gerusalemme. Ieri mattina il porporato aprendo ad Amman i lavori dell'Assemblea annuale dell'organismo regionale di collegamento tra le 17 agenzie nazionali Caritas del Medio Oriente e del Nord Africa (Caritas Mona), ha proposto alcune riflessioni relative al Motu proprio "Intima Ecclesiae natura", il documento pontificio sul servizio della carità pubblicato lo scorso 1° dicembre. Quest'anno, al summit delle Caritas del Medio Oriente e del Nord Africa sono presenti più di 40 tra vescovi, sacerdoti e responsabili laici e religiosi delle diverse strutture nazionali. All'incontro partecipano anche il vescovo caldeo di Aleppo Antoine Audo, presidente di Caritas Siria, e del vescovo caldeo ausiliare di Baghdad Shlemon Wardouni, presidente di Caritas Iraq. “Le famiglie hanno difficoltà a reperire il cibo. - ha raccontato il vescovo caldeo di Aleppo mons. Audo - A soffrire, oltre alle fasce più deboli, sono anche le persone della classe media, “che hanno difficoltà e vergogna di chiedere aiuto alle istituzioni caritatevoli” sottolinea il vescovo della seconda città del Paese, teatro di duri scontri che hanno portato alla chiusura di oltre l’80% delle attività lavorative esistenti prima del conflitto. Ieri pomeriggio i lavori dell'Assemblea si sono concentrati sull'emergenza siriana, cercando di definire strategie coordinate davanti alle urgenze umanitarie e assistenziali collegate al conflitto. Ieri mattina tutti i partecipanti al summit hanno incontrato il Re Abdallah II di Giordania il quale ha affrontato la situazione dei profughi siriani. “La Giordania sta facendo fronte a un afflusso di persone senza precedenti e con pochi mezzi a disposizione”, ha detto all’agenzia Misna mons. Giorgio Bertin, vescovo di Gibuti e presidente di Caritas Somalia, anche lui ad Amman per l’incontro delle Caritas della regione. “La gente in fuga dal conflitto e dalle violenze ha fame. Stiamo parlando di 380.000 persone tra cui numerosi donne e bambini solo in Giordania, a cui si aggiungono altrettanti in Libano e circa 15.000 in Turchia. In questi giorni – afferma mons. Bertin - stiamo discutendo su come coordinare gli aiuti e i progetti per sostenere i campi rifugiati sorti a ridosso delle frontiere del Paese” senza contare che per chi resta in Siria la situazione è “altrettanto se non più difficile”. Per questo motivo, il sovrano giordano ha chiesto l’apertura di corridoi umanitari nel Paese che migliorino le condizioni di vita della popolazione siriana e rallentino l’afflusso di rifugiati diretti verso la monarchia hashemita. (R.P.)

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    Siria: il nunzio mons. Zenari è scosso dagli attentato a Damasco

    ◊   Il nunzio vaticano in Siria mons. Mario Zenari è ancora scosso dalle notizie e dalle immagini sugli attentati che stamattina hanno colpito il centro di Damasco, a partire da quello di piazza al-Shahbandar, dove si trovano, oltre al quartier generale del Baath, anche il ministero delle Finanze e quello dell'Istruzione e, poco lontano, la sede della Banca centrale: “E’ una carneficina. Corpi carbonizzati e dilaniati, brandelli di carne umana, vigili del fuoco che spegono le fiamme”, racconta il rappresentante pontificio all'agenzia Fides. Le esplosioni hanno fatto tremare le mura e i vetri della nunziatura. Davanti all'ennesima strage, l'arcivescovo Zenari conferma le impressioni espresse in recenti dichiarazioni: “Continuiamo a camminare sui morti. Ormai anche a Damasco, quando si gira per le strade, ci si imbatte dovunque in luoghi dove è stato sparso sangue umano innocente: civili, donne, bambini. La cifra di 70mila vittime del conflitto fa ancora più impressione se si pensa a come muore questa gente. Non muoiono nel loro letto. I loro corpi vengono dilaniati e a volte si fa fatica a raccogliere i brandelli per fare i funerali”. Secondo il nunzio Zenari, davanti al sacrificio del popolo siriano “la comunità internazionale continua a fare la parte di Ponzio Pilato”, mentre l'unica via per fermare la spirale di morte e distruzione è “costringere i contendenti a una uscita negoziata e pacifica del conflitto”. Il nunzio Zenari si dichiara sorpreso delle indiscrezioni – rilanciate dall'agenzia “Alef” – su un possibile attentato contro di lui che sarebbe stato progettato in ambienti militari siriani, come rappresaglia contro i suoi recenti pronunciamenti sul conflitto: “Non so quale credibilità attribuire a queste voci. Di solito, chi progetta un attentato non lascia trapelare prima sulla stampa le sue intenzioni. I miei appelli nascono soltanto dal vedere le sofferenze inferte alla popolazione siriana dal conflitto. Sofferenze che si perpetuano nella indifferenza di buona parte della comunità internazionale”. Mons. Zenari invita anche a evitare allarmismi sulle notizie che riguardano la condizione dei cristiani: “I cristiani” sottolinea il Rappresentante pontificio “in questa situazione tragica soffrono come tutti gli altri”. (R.P.)

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    Autoimmolazioni in Tibet: due adolescenti muoiono bruciati vivi

    ◊   Due giovani tibetani si sono dati fuoco e sono morti a Ngaba (provincia del Sichuan), invocando la fine del regime cinese e il ritorno del Dalai Lama in Tibet. Rinchen e Sonam Dargye - questi i loro nomi - avevano 17 e 18 anni e vivevano nella città di Kyantsa. Come riferisce Radio Free Asia (Rfa) ripresa dall'agenzia AsiaNews, il fatto è avvenuto nel pomeriggio di ieri. Le vittime sono decedute sul posto e i loro corpi sono stati portati subito dalle loro famiglie. Su 104 tibetani che dal 2008 a oggi si sono autoimmolati, sono almeno 20 i giovani di 18 anni o minorenni. Secondo Dicki Chhoyang, ministro dell'Informazione e delle relazioni internazionali del governo tibetano in esilio a Dharamsala, "le autoimmolazioni compiute dalle nuove generazioni mandano un messaggio inequivocabile al mondo circa la gravità della situazione in Tibet". Nel corso di un incontro a Ginevra in vista della nuova sessione del Consiglio Onu per i diritti umani, il ministro ha letto una lettera lasciata da Nangdrol, un tibetano di 18 anni che è morto dopo essersi dato fuoco il 19 febbraio 2012: "Non possiamo più sottostare a queste leggi draconiane, tollerare questo tormento che non lascia cicatrici, perché il dolore nel non godere di alcun diritto umano è molto più grande di quello di un'autoimmolazione". Dato l'alto numero di giovani e adolescenti che hanno scelto di autoimmolarsi per la causa del Tibet, la Commissione Onu per i Diritti del bambino sta valutando la possibilità di inserire le autoimmolazioni di minorenni tibetani nella lista degli abusi ai diritti dei bambini, e di interrogare la Cina a riguardo. (R.P.)

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    Camerun: liberati in Nigeria i francesi rapiti

    ◊   Sono stati ritrovati in una casa abbandonata nel nord della Nigeria i sette cittadini francesi rapiti martedì in Camerun: la notizia della loro liberazione, diffusa oggi da diversi mezzi di informazione, è stata confermata da ufficiali dell’esercito di Yaoundé ed esponenti del governo di Parigi. Secondo le notizie diffuse da agenzie di stampa ed emittenti radiotelevisive francesi, gli ostaggi sono stati ritrovati nella località di Dikwa, a un centinaio di chilometri di distanza dal confine con il Niger. I sette, un collaboratore della società energetica parigina Gdf e la sua famiglia, erano stati sequestrati martedì mentre ritornavano da un’escursione turistica in un parco naturale nell’area del Lago Ciad. La liberazione degli ostaggi è stata confermata oggi durante una sessione del parlamento francese dal ministro per gli ex combattenti Kader Arif. Il presidente francese François Hollande aveva ipotizzato che il rapimento fosse stato compiuto dal gruppo nigeriano Boko Haram, forse in rappresaglia per l’intervento armato di Parigi contro i gruppi tuareg e islamisti nel nord del Mali. (R.P.)

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    Centrafrica: appello dei vescovi a mettere fine alla sofferenza della popolazione

    ◊   Mettere fine alle sofferenze della popolazione applicando interamente gli accordi di Libreville dell’11 gennaio. È l’appello lanciato dai vescovi del Centrafrica nel loro messaggio intitolato “Rompiamo i legami mortali e salviamo il popolo centrafricano dall’asfissia”, inviato all’agenzia Fides. Gli accordi di Libreville sottoscritti dal governo e dalla coalizione ribelle Seleka prevedono tra l’altro, il cessate il fuoco, la costituzione di un governo di unità nazionale e il ritiro dei ribelli dalle zona da loro occupate. I vescovi denunciano invece che “gran parte delle regioni del Centrafrica è ancora occupata dalla ribellione armata. Le popolazioni vivono nella paura, sono disperse nella foresta e non possono dedicarsi liberamente alle proprie attività: i campi sono abbandonati”. Anche scuole e ospedali sono stati distrutti o sono inoperanti, di conseguenza sottolinea il messaggio “non è rispettato il diritto inviolabile all’integrità fisica della persona umana, in particolare di donne e ragazze che sono continuamente fatte oggetto di stupri”. Anche gli edifici statali e quelli della Chiesa “sono saccheggiati, distrutti e profanati”. Per far fronte a questa situazione i vescovi centrafricani lanciano un appello alla comunità internazionale e agli attori coinvolti nella risoluzione della crisi perché siano aperte le strade per far giungere cibo e medicine alle popolazioni stremate e siano ristabilite le comunicazioni telefoniche. Si chiede inoltre al governo di “assumersi la propria responsabilità e garantire la sicurezza dei religiosi, delle religiose e dei cittadini centrafricani” e ai ribelli perché mettano fine alle violenze e ai saccheggi contro i civili e le infrastrutture pubbliche e religiose. (R.P.)

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    Sudan: continuano gli scontri nel Nilo Blu

    ◊   Continuano gli scontri nel Nilo Blu, Stato sudanese al confine con il Sud Sudan, tra le forze di Khartoum e quelle del Spla-N (Esercito di Liberazione del Popolo Sudanese-Nord). Un portavoce dell’Spla-N ha dichiarato al Catholic Radio Network (Cnr) che 86 militari sudanesi hanno perso la vita in combattimenti a 15 km dalla località di Mufu. Il portavoce - riferisce l'agenzia Fides - ha aggiunto che gli scontri sono scoppiati una settimana fa dopo che le forze governative avevano bombardato l’area con aerei e missili, costringendo alla fuga migliaia di civili. Secondo l’esponente della guerriglia gli scontri sono ancora in corso ma non ha rilasciato cifre sulle perdite subite dalla ribellione. Il Cnr non ha però potuto verificare le affermazioni del portavoce tramite fonti indipendenti. Nel frattempo il governo americano si è dichiarato preoccupato per le tensioni tra Sudan e Sud Sudan, divisi, tra l’altro, da diversi contenziosi confinari. Nelle ultime settimane Juba ha accusato Khartoum di sconfinamenti militari e di bombardamenti di località di frontiera, mentre il Sudan ribatte che i sud sudanesi forniscono sostegno logistico all’Spla-N e ad altri movimenti di guerriglia che operano nel suo territorio. (R.P.)

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    Kenya: attacco armato nella moschea di Liboi. Vittime tra i fedeli

    ◊   Almeno sette persone sarebbero morte nell’attacco da parte di un gruppo di uomini armati contro una moschea nella cittadina di Liboi, non lontano dalla frontiera con la Somalia. Lo riferisce il quotidiano The Standard secondo cui l’episodio risale a ieri mattina, durante le preghiere nel luogo di culto, nella zona di Malele, a circa 25 chilometri dal campo profughi di Daaadab. I testimoni hanno riferito che durante la celebrazione, otto uomini armati di fucili Ak47 hanno fatto irruzione nella moschea sparando sui fedeli. Tra le vittime ci sono cinque uomini e due donne. I bilanci sono tuttora parziali, ha avvertito la polizia, poiché diverse persone risultano ufficialmente disperse. Prima di darsi alla fuga, gli assalitori hanno appiccato il fuoco alle capanne nelle vicinanze, scatenando il panico tra gli abitanti della piccola comunità. La situazione nella provincia di Garissa – principale centro della zona, che ospita una folta comunità somala – è peggiorata dopo l’avvio di un’offensiva dell’esercito keniano nel sud della vicina Somalia. I miliziani antigovernativi Al Shabaab, messi in rotta dai soldati di Nairobi a Kismayo e nelle provincie meridionali, hanno minacciato attacchi tutto il territorio keniano. (R.P.)

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    Sri Lanka: appello di vescovi e religiosi all'Onu per i profughi tamil

    ◊   Riportare gli ultimi profughi della guerra civile nei loro luoghi d'origine, demilitarizzare il nordest dello Sri Lanka e indagare su omicidi sommari e sparizioni forzate avvenuti durante e dopo il conflitto. Sono alcune delle richieste che mons. Rayappu Joseph, vescovo di Mannar, e 133 religiosi tamil cristiani vogliono presentare al Consiglio delle Nazioni Unite per i Diritti umani (Unhrc). Il comitato si riunirà la prossima settimana a Ginevra, e tra le questioni sul tavolo vi sarà anche la risoluzione Onu sui presunti crimini di guerra commessi dalle forze armate nel conflitto con le Tigri Tamil. "Anzitutto - si legge nella lettera ripresa dall'agenzia AsiaNews - vi sono ancora 52 campi profughi a Jaffna e nella zona settentrionale. Terreni dove gli Idp (Internally Displaced People, sfollati interni) potrebbero far ritorno e ricominciare la propria vita, ma che invece sono occupati dall'esercito per motivi di 'sicurezza e sviluppo'". I firmatari della lettera operano tutti del nordest dell'isola, l'area a maggioranza tamil più colpita dalla guerra civile. Il vescovo e i religiosi esortano l'Unhrc a riprendere in mano la risoluzione approvata lo scorso anno e verificare il comportamento del governo del Paese. "Siamo preoccupati - sottolineano - per l'autoritarismo dilagante in tutto lo Sri Lanka, che sta provocando attacchi immotivati e minacce a operatori di pace, studenti, giornalisti, sindacalisti e sacerdoti che criticano il governo". (R.P.)

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    India. Madhya Pradesh: ancora attacchi dei fondamentalisti indù contro i cristiani

    ◊   Due nuovi incidenti anticristiani in Madhya Pradesh mostrano l'ultima "tendenza" tra i fondamentalisti indù: oltre a portare false accuse di conversioni forzate, gli aggressori attaccano i fedeli nell'intimità di una casa privata. Eppure, come nota all'agenzia AsiaNews Sajan George, presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic), "per il nostro Codice penale pregare in casa non è un reato". Gli attacchi sono avvenuti il 16 e il 18 febbraio scorsi contro due diverse comunità pentecostali. Tre giorni fa membri del Bajrang Dal (gruppo ultranazionalista indù) sono piombati nell'abitazione del cristiano Hiralal (villaggio di Roshni). Gli attivisti hanno pestato il rev. Iliyas Buck, che conduceva una lettura biblica, e hanno chiamato la polizia. Gli agenti lo hanno condotto in centrale per registrare un'accusa di conversioni forzate, lasciandolo andare qualche ora dopo. Il 16 febbraio, nel villaggio di Gulai, nazionalisti indù del Bajrang Dal e della Rashtriya Swayamsevak Sangh (Rss) hanno interrotto un incontro di preghiera e picchiato il rev. Isaac. Nella notte lo hanno portato a Khalwa, dove è ripreso il pestaggio. Alla fine gli aggressori lo hanno consegnato alla polizia, che lo ha tenuto in cella per una notte. Sebbene la Costituzione indiana garantisca piena libertà di culto, episodi del genere sono molto frequenti. Secondo Sajan George quanto accaduto in Madhya Pradesh "riflette una mancanza di volontà politica di fermare i responsabili di simili attacchi". Al contrario, "bisognerebbe indagare sulle attività di gruppi militanti armati come il Bajrang Dal, la Rss e il Vhp (Vishwa Hindu Parishad), secondo l'Unlawful Activities (prevention) Act 1967". Questa legge mira a fermare tutte le associazioni impegnate in attività illegali che rappresentano una minaccia diretta all'integrità e alla sovranità dell'India. (R.P.)

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    Pakistan: contro terrorismo e settarismo, il governo cerca l’appoggio degli ulema

    ◊   L’elogio va a quegli ulema (capi religiosi islamici) che “sono stati fedeli nel dare e vivere il messaggio di unità, di amore e di pace e nel condannare ogni atto di violenza in questo Paese”. All’indomani della strage di sciiti in Beluchistan – ultima di una lunga serie che in dieci anni ha causato in Pakistan, secondo stime ufficiali, 30mila vittime – il governo pakistano, tramite le parole di Paul Bhatti, il Ministro per l’Armonia Nazionale, sancisce l’alleanza con i leader religiosi, in primis quelli islamici, nella lotta contro “terrorismo, violenza settaria, estremismo e discriminazione che hanno toccato il picco massimo della nostra storia”, causando la perdita di “migliaia di preziose vite innocenti”. Come riferito a Fides, alla conferenza nazionale intitolata “Vivere insieme con la diversità”, tenutasi ieri a Islamabad, hanno partecipato Raja Pervaiz Ashraf, Primo Ministro del Pakistan, ministri federali, parlamentari, senatori, numerosi leader e rappresentanti delel comunità religiose. L’assemblea ha ribadito la volontà di promuovere il dialogo interreligioso e interculturale come mezzo per creare una corrente pacifica e armoniosa in Pakistan e a combattere “le forze della violenza e dell’intolleranza che continuano ad essere alimentate dalla povertà e analfabetismo”. Bhatti ha rimarcato nel suo discorso, inviato all’agenzia Fides, l’esistenza di “una mentalità che fomenta l’odio”, una mentalità che è “anti-religiosa, anti-islamica, anti-umana, contraria a quanto immaginava il Padre Fondatore Muhammad Ali Jinnah, che sognava un Paese dove persone di tutte le tradizioni religiose possono vivere insieme, pacificamente, senza discriminazione e paura”. Notando l’urgenza del momento, Bhatti chiede a tutte le forze sane del Paese, nella politica, nella società , nelle comunità religiose, di “lottare insieme contro questa mentalità, che per troppo tempo ha indebolito la nostra società”, impedendone lo sviluppo anche sul piano economico. E’ la sfida cruciale che oggi il Pakistan affronta – nota il Ministro – che richiede “pensieri attenti, nervi saldi, uno sforzo collettivo e un'azione risoluta, nel presente e nel futuro”. Per garantire pace, stabilità, democrazia, uguaglianza, giustizia, unità a tutta la popolazione pakistana, conclude, è necessario elaborare una “roadmap” che accolga le proposte dei leader religiosi, studiosi, accademici, politici, rappresentanti della società civile. (R.P.)

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    Caritas Europa: cresce l'esclusione sociale nell'Ue

    ◊   I governi del 27 Paesi Ue che hanno sottoscritto la strategia comune Europa 2020 per contrastare povertà, disoccupazione ed esclusione sociale sono inadempienti su questo versante e non fanno abbastanza per andare incontro alle necessità dei cittadini che si trovano a rischio povertà o ai margini della società. È la denuncia che emerge dalla giornata di studio in corso a Bruxelles, presso il Comitato economico e sociale, promossa da Caritas Europa. L’organismo ecclesiale - riporta l'agenzia Sir - presenta una serie di rapporti sui differenti aspetti della povertà - mancanza di lavoro e di reddito adeguato, emarginazione, scarso livello di istruzione, altre forme di necessità individuali come la salute o la casa - e segnala “che la situazione va peggiorando” e che “non si intravvedono misure adeguate nei singoli Paesi” per far fronte alle necessità che la crisi economica ha imposto. Intervenendo durante i lavori, José Manuel Fresno, dopo aver delineato un quadro della situazione, ha enucleato una serie di “raccomandazioni” (approccio inclusivo nel mercato del lavoro, lotta a povertà infantile, coinvolgimento delle ong…) in relazione alla stessa Europa 2020 e al semestre europeo, processo che l’Ue ha avviato per una migliore governance economica. Fresno ha parlato di “impegno limitato degli Stati”, del peso della dimensione fiscale che tende “ad accrescere la povertà”, del “rischio delle diminuzione dei diritti”. (R.P.)

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    Panama: no della Chiesa a modifiche al Patto Etico Elettorale

    ◊   La Chiesa cattolica panamense, che ha proposto un "Patto Etico Elettorale" per prevenire frodi, aggressioni e cattivo uso delle risorse nella campagna elettorale, ha opposto il suo rifiuto alla modifica del testo, nonostante le pressioni di diversi gruppi politici. La posizione della Chiesa è stata motivata dall'insistenza del partito Cambio Democratico (Cd) per consentire la pubblicità negativa, presentato come diritto del cittadino per conoscere la verità sui candidati. Si tratta di una condizione posta dal Cd per la firma del Patto. Tuttavia, secondo una nota inviata all'agenzia Fides da Prensa Latina, mons. José Domingo Ulloa, uno dei principali promotori del Patto Etico Elettorale, ha riferito che solo un filo sottile separa la campagna negativa da quella sporca, per cui appare opportuno non consentirla per non irritare nessuno né creare tensioni. La Commissione episcopale “Giustizia e Pace”, la principale responsabile della campagna per la firma del Patto, ha proposto di chiudere la firma il 10 marzo. Questa iniziativa è un evento storico per il Paese ed ha già portato ad un cambiamento del comportamento dei gruppi politici. (R.P.)

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    Honduras. Violenza contro le donne: nel 2012 ne sono state uccise 520

    ◊   "In base ad un conteggio basato sulle notizie riportate dalla stampa 417 donne sono state uccise nel corso del 2012, una cifra che però può difettare di un 20%, che significa circa altri 100 omicidi, quindi le donne uccise sono circa 520”, ha affermato la coordinatrice dell’Osservatorio dei Diritti Umani, Neesa Medina nel presentare la mappa della violenza contro le donne in Honduras nel 2012. Una nota del settimanale cattolico Fides sottolinea che l’iniziativa è volta ad elaborare e definire politiche e azioni preventive contro la violenza da parte dell’istituzioni e della Chiesa Cattolica. Durante la presentazione - riporta l'agenzia Fides - la signora Medina ha detto: "Un altro fatto da sottolineare è che la metà delle notizie dei media sulla violenza contro le donne concerne gli omicidi e l'altra metà riguarda la violenza sessuale". Secondo lei, la violenza contro le donne è aumentata drammaticamente ogni anno: "Se prendiamo in considerazione il periodo 2005-2012 gli omicidi di donne sono aumentati del 300%”. Secondo la mappa, le zone urbane delle città di San Pedro Sula, Tegucigalpa e La Ceiba sono quelle che registrano la più alta incidenza di violenza contro le donne. La maggior parte degli omicidi riguarda donne di età compresa tra 25 a 30 anni. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 52

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.