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Sommario del 20/02/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Esercizi spirituali. Il card. Ravasi: vera libertà è l'abbandono fiducioso in Dio non la superbia
  • Benedetto XVI e la crisi economica: cambiare modello di sviluppo, non erodere diritti sociali
  • Le campane di Roma e Albano suoneranno per il Papa in volo verso Castel Gandolfo
  • P. Lombardi: il Papa studia un "Motu proprio" per chiarire punti del Conclave
  • Briefing in Sala Stampa sulla storia dei Conclavi
  • Nomine episcopali in Canada e Brasile
  • Mons. Tomasi: nessuna volontà politica di fermare la guerra in Siria, è dramma umanitario
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Egitto e Tunisia, due Paesi alla ricerca di stabilità
  • Pam: crisi grave in Sahel, arrivano profughi dal Mali. Bilancio di un anno di aiuti
  • "Io corro per la famiglia": il Forum chiede conto alla politica
  • Val di Fiemme: via ai mondiali di sci nordico ecocompatibili con il territorio
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Siria: un cristiano armeno ucciso in "odium fidei". Continuano violenze e sequestri
  • Siria: per il patriarca Gregorios III le sanzioni Ue non toccano il regime ma il popolo
  • Burkina Faso: Meeting delle Caritas del Sahel sulla crisi umanitaria in Mali
  • Belgio: in Senato l'ampliamento della legge sull'eutanasia su minori e malati di Alzheimer
  • Germania: alla Plenaria dei vescovi la collaborazione tra uomini e donne
  • Libano: è polemica per la legge elettorale su base confessionale
  • Arabia Saudita: arrestati 53 etiopi cristiani che pregavano in una casa privata
  • Tanzania: i funerali del sacerdote ucciso domenica scorsa
  • Myanmar: la Chiesa chiede una pace duratura per i Kachin
  • Messico: 1.800 lettere dei bambini per dire “Grazie” al Papa
  • Gmg Rio: al via i lavori a Guaratiba, sito della Veglia e della Messa finale
  • Il Papa e la Santa Sede



    Esercizi spirituali. Il card. Ravasi: vera libertà è l'abbandono fiducioso in Dio non la superbia

    ◊   La Fede come adesione cosciente, libera e appassionata e l’incontro dell’uomo con il limite. Su questi due grandi temi si sono sviluppate le meditazioni di oggi del cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, incaricato di predicare gli Esercizi spirituali alla presenza del Papa e della Curia Romana. Ce ne parla Benedetta Capelli:

    E’ sul Salmo 30 che si concentra la prima meditazione del cardinale Gianfranco Ravasi. Salmo brevissimo, “una sorta di simbolo – precisa il porporato - di una spiritualità dell’infanzia” e nel quale trovare le peculiarità del credente, colui che “ha in pienezza la sua fedeltà a Dio”. Salmo però che si apre proprio con l’antipodo della fede:

    “La superbia, l’orgoglio, l’autosufficienza assoluta, il collocarsi nella stessa posizione di Dio. È il peccato originale: ‘Sarete come Dio, conoscitori del bene e del male’, cioè arbitri della morale; ed è ciò che l’uomo nella sua libertà tenterà di fare”.

    Libertà, l’altra parola chiave per il cristiano. Ed è nell’immagine del “bambino svezzato”, tipica della simbologia orientale, che il salmista celebra una fede che è adesione e allo stesso tempo scelta. Un bimbo ormai già grande, non più imboccato dalla madre che lo nutre, ma staccato attraverso un atto di amore e libertà:

    “La fede che è adesione, ma adesione cosciente, adesione libera, adesione intensa, appassionata. Indubbiamente, non per nulla, si ripete due volte ‘come un bimbo svezzato’ e l’ultimo versetto poi è l’invito a tutto Israele a sperare, quindi ad avere fiducia nel Signore. Dobbiamo imparare anche noi dalla grande storia della spiritualità, dobbiamo impararla soprattutto noi, quando siamo arrivati magari ad un livello di responsabilità, di dignità anche nell’interno della Chiesa, oppure a funzioni di un certo rilievo, da cui dipendono, tante volte, anche scelte che riguardano le persone. Probabilmente la tentazione si ramifica in noi, lieve e sottile, la tentazione di essere quelli che guardano dall’alto”.

    Ed è nel restare bambini che si connota la fede: l’essere piccola di Santa Teresa di Lisieux – ricorda il cardinale Ravasi – ma è tutto l’insegnamento di Gesù che si sviluppa in questo senso. Bambini dai quali imparare sì la purezza ma soprattutto la fiducia:

    “Loro mettono la mano con fiducia nell’adulto; è questo il grande dramma. La vergogna della pedofilia è anche lì, perché il bambino, di sua fiducia, spontaneamente si abbandona all’adulto, al padre. Spontaneamente mette la sua manina in quella dell’altro, ma è interessante anche scoprire proprio il suo perché. Lui ha una visione - come ben sappiamo - simbolica della realtà, non analitica, per cui riesce ad intuire di più certe verità. Ed è per questo che stare certe volte ad ascoltarli è veramente, anche per noi, una lezione perché ti riportano le cose essenziali, ti pongono quei famosi perché ai quali non sappiamo come rispondere e che pure sono perché importanti. Quindi anche dal punto di vista umano è importante scoprire, seguire, ascoltare questa infanzia, ma lo è soprattutto, dalla limpidità interiore della Fede, della fiducia, dell’abbandono”.

    Nella seconda meditazione, il cardinale Ravasi si è soffermato sull’uomo creatura fragile, provato dal male di vivere, angosciato, che sperimenta il limite e la finitudine della sua persona. “Ombra”, “soffio” – si prega nel Salmo 39 - e grido per chiedere “la misura dei giorni”. Parole dure e di grande attualità in un mondo dove vige un’atmosfera superficiale, una sorta di “narcosi che elimina le grandi domande”:

    “Pensiamo soltanto alla televisione, che è la vera e grande Moloch all’interno delle case. Ormai sappiamo tutto sulle mode, su ciò che dobbiamo mangiare, vestire, scegliere ecc, ma non abbiamo più - tante volte - una voce che ci indica la rotta e quindi il senso di questa vita soprattutto quando questa è così fragile, così misera. Ecco perché è importante ritornare ancora ai grandi temi. Avere il coraggio di proporre le grandi riflessioni, credo sia uno dei grandi problemi dei giovani di oggi che non riescono più a trovare risposte di senso e allora si abbandonano a questo flusso che è la deriva della società contemporanea”.

    Dunque avere il senso del limite per superare la superficialità, ma il cardinale Ravasi sottolinea pure la necessità di tornare alla “preghiera povera, nuda, semplice” e invita ad interrogarsi sulla sofferenza con “parole non solo consolatorie, di seconda mano e fredde”. Colui che soffre, toccando da vicino il senso del limite, scopre di essere in crisi:

    “Alcuni che non erano credenti, forse cominciano a lanciare un grido. Esiste, quindi, una sorta di ‘paideia’, anche di pedagogia che viene realizzata nel dolore. Però, ed è questo il tema sul quale poi dovremo ancora ritornare, alla fine il dolore è un elemento di crisi profonda: ci mette in crisi con il mondo e ci mette in crisi con Dio”.

    Ma – conclude il porporato – nonostante le tenebre, l’esperienza cristiana apre sempre ad un orizzonte di luce per cui il buio non ha mai l’ultima parola.

    Ieri la meditazione del cardinale Ravasi aveva riguardato l’uomo e lo sguardo di Dio su di lui. La creatura umana – aveva sottolineato il presidente del Pontificio Consiglio della Cultura – diventa “il luogo in cui intercettare la presenza di Dio”, già nell’embrione Dio vede “gli splendori e le miserie”. Compito dell’uomo che ha “un’alleanza con Dio” è “rappresentare il suo Signore”.

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    Benedetto XVI e la crisi economica: cambiare modello di sviluppo, non erodere diritti sociali

    ◊   “La crisi ci obbliga a riprogettare il nostro cammino, a darci nuove regole e a trovare nuove forme di impegno”: è uno dei passaggi chiave dell’Enciclica Caritas in veritate di Benedetto XVI. Lo sviluppo umano integrale della persona e dei popoli, in un tempo di grave crisi economica, è stato proprio uno dei temi caratterizzanti del Pontificato di Joseph Ratzinger. Nel servizio di Alessandro Gisotti ricordiamo alcuni interventi e documenti del Magistero sociale di Benedetto XVI:

    “Non bisogna rassegnarsi allo spread del benessere sociale, mentre si combatte quello della finanza”. E’ questa, sicuramente, una delle affermazioni di Benedetto XVI che resteranno nella memoria collettiva. Nel solco della Dottrina sociale della Chiesa, Papa Ratzinger ha offerto la sua originale visione per un autentico sviluppo dei popoli. Una sfida resa ancor più urgente dalla crisi economica più grave che il mondo stia affrontando dopo la Grande Depressione del ’29. Fin dai primi passi del suo ministero, Benedetto XVI chiede a tutti il “coraggio della fraternità” e il cambiamento degli stili di vita e dei modelli di sviluppo nella direzione della sobrietà. Serve, è il suo monito, “una nuova sintesi tra bene e mercato, tra capitale e lavoro”:

    “Per superare la crisi economica e sociale che stiamo vivendo, sappiamo che occorre uno sforzo libero e responsabile da parte di tutti; è necessario, cioè, superare gli interessi particolaristici e di settore, così da affrontare insieme ed uniti le difficoltà che investono ogni ambito della società, in modo speciale il mondo del lavoro”. (Udienza alla Cisl, 31 gennaio 2009)

    Per uscire dalla crisi mondiale, ne è convinto il Papa, c’è bisogno di “una nuova cultura della solidarietà e della partecipazione responsabile, condizioni indispensabili per costruire insieme” l’avvenire del pianeta. La summa del suo Magistero sociale è contenuta nella Caritas in veritate. L’Enciclica, pubblicata nel 2009 in piena crisi globale, diventa un best seller che carpisce l’attenzione anche degli operatori di Wall Street. Il Papa invoca un’economia al servizio della persona e, a 40 anni dalla Populorum progressio di Paolo VI, ribadisce che lo sviluppo dei popoli deve essere integrale. In tale contesto, osserva che all’origine della crisi economica c’è una crisi etica, antropologica:

    “Si conferma nella crisi attuale economica quanto è già apparso nella precedente grande crisi, che la dimensione etica non è una cosa esteriore ai problemi economici, ma una dimensione interiore e fondamentale. L’economia non funziona solo con una autoregolamentazione mercantile, ma ha bisogno di una ragione etica per funzionare”. (Colloquio con i giornalisti, volo verso Madrid, 18 luglio 2011)

    Troppo spesso, avverte parlando al Corpo diplomatico nel gennaio scorso, “è stato assolutizzato il profitto, a scapito del lavoro” e ci si è “avventurati senza freni sulle strade dell’economia finanziaria, piuttosto che di quella reale”. Occorre allora “recuperare il senso del lavoro”, resistere “alle tentazioni degli interessi particolari” per “orientarsi in direzione del bene comune”. Del resto, più volte Benedetto XVI ha sottolineato durante il suo Pontificato che il cambiamento di rotta è ineludibile:

    “Siamo disposti a fare insieme una revisione profonda del modello di sviluppo dominante per correggerlo in modo concertato e lungimirante? Lo esigono, in realtà, più ancora che le difficoltà finanziarie immediate lo stato di salute ecologica del pianeta e, soprattutto, la crisi culturale e morale”. (Omelia 1 gennaio 2009)

    Le parole più forti sulla necessità di cambiare modello di sviluppo, il Papa le scrive probabilmente nell’ultimo Messaggio per la Giornata della Pace. Benedetto XVI critica con forza “le ideologie del liberismo radicale e della tecnocrazia” secondo le quali “la crescita economica sia da conseguire anche a prezzo dell’erosione della funzione sociale dello Stato” e dei diritti sociali, tra cui il più minacciato è il lavoro. Il Papa chiede una “strutturazione etica dei mercati monetari e finanziari”. E al mondo sviluppato rammenta che per quanto grave sia la crisi finanziaria ben più drammatica è la crisi alimentare che affama interi popoli. I cristiani, ad ogni livello, sono chiamati a rispondere a questa sfida. Come Giovanni Paolo II, dunque, anche Benedetto XVI auspica una “globalizzazione della solidarietà”, sottolineando l’unità della famiglia umana:

    “I cristiani hanno il dovere di denunciare i mali, di testimoniare e tenere vivi i valori su cui si fonda la dignità della persona e di promuovere forme di solidarietà che favoriscono il bene comune, affinché l’umanità diventi sempre più famiglia di Dio” (Discorso alla Fondazione Centesimus Annus, 15 ottobre 2011)

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    Le campane di Roma e Albano suoneranno per il Papa in volo verso Castel Gandolfo

    ◊   Tra otto giorni, Benedetto XVI si recherà nella residenza di Castel Gandolfo, poco prima della fine del Pontificato. La cittadina laziale si sta già preparando a riceverlo. Luca Collodi ha intervistato il vescovo di Albano, mons. Marcello Semeraro:

    R. – So che la diocesi di Roma - ne parlavo con il cardinale Vallini - farà suonare le campane nel momento in cui il Santo Padre partirà dall’eliporto del Vaticano; noi faremo altrettanto a Castel Gandolfo al momento dell’arrivo. Intanto le comunità della diocesi si sono già organizzate. Stiamo preparando una veglia di preghiera che avrà inizio alle ore 16.30 circa. Dalle città vicine le comunità si raduneranno ad Albano per andare in pellegrinaggio a piedi verso Castel Gandolfo; si ritroveranno nella piazza in preghiera e accoglieranno il Santo Padre con la recita del Santo Rosario e con altri momenti di canti, di riflessioni sul suo magistero. Prevedibilmente, se partirà alle ore 17, egli dovrebbe giungere all’eliporto di Castel Gandolfo intorno alle 17.15 e poi entrare nel Palazzo Apostolico, da dove - mi è stato confermato dalla Prefettura della Casa Pontificia - si affaccerà per salutare la diocesi di Albano e i fedeli. Questo per noi è davvero un grande privilegio. Dopo di che ho chiesto alla diocesi di stringersi attorno al Papa nel silenzio dell’amore e della preghiera.

    D. - Nei giorni successivi voi accompagnerete con la preghiera la presenza del Papa a Castel Gandolfo…

    R. – Intanto, ho già dato disposizioni in tutte le parrocchie. Da domenica prossima ci saranno particolari intercessioni sia per il Santo Padre Benedetto XVI, sia preghiere di ringraziamento per la sua presenza, per il suo magistero. D’altra parte, noi non possiamo dimenticare che negli ultimi anni in particolare Benedetto XVI ha mostrato di prediligere e di gradire molto il soggiorno a Castel Gandolfo. Nel luglio del 2011, durante il primo incontro, egli usò un’espressione che poi è stata trascritta e murata sulla piazza centrale della cittadina castellana. Diceva: “Io qui trovo tutto. Vedo i monti, vedo il mare, vedo il lago e gente buona. Vi benedico nel Nome del Signore”. Questa è una frase che ci è rimasta impressa, tanto che noi nei giorni successivi, nelle nostre comunità, nelle parrocchie - soprattutto la Domenica - non soltanto pregheremo per il Papa, ma ringrazieremo il Signore per il dono della sua presenza, per il dono della sua Parola, per il dono del suo servizio.

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    P. Lombardi: il Papa studia un "Motu proprio" per chiarire punti del Conclave

    ◊   “Il Papa sta prendendo in considerazione la pubblicazione di un Motu proprio, nei prossimi giorni, ovviamente prima dell’inizio della Sede vacante, per precisare alcuni punti particolari della Costituzione apostolica sul Conclave, che nel corso degli ultimi anni gli erano stati presentati”. È quanto dichiarato questa mattina dal direttore della Sala Stampa Vaticana, padre Federico Lombardi, in un colloquio con i giornalisti.

    Padre Lombardi ha poi soggiunto di non sapere se il Pontefice “riterrà necessario od opportuno fare una precisazione sulla questione del tempo dell’inizio del Conclave”. “Se e quando il documento verrà pubblicato – ha detto – lo vedremo. A me – ha proseguito padre Lombardi – risultava, ad esempio, lo studio di qualche punto di dettaglio per la piena armonizzazione con un altro documento che riguarda il Conclave, cioè l’Ordo Rituum Conclavis. In ogni caso – ha concluso il direttore della Sala Stampa Vaticana – la questione dipende dalla valutazione del Papa e se vi sarà questo documento verrà reso noto nel modo opportuno”.

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    Briefing in Sala Stampa sulla storia dei Conclavi

    ◊   I Conclavi, in particolare quelli a partire dal 1900, sono stati oggi al centro del briefing con i giornalisti, nella Sala Stampa della Santa Sede, tenuto del viceprefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana, Ambrogio Piazzoni. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Il briefing si è snodato attraverso un affascinante percorso con l’analisi di documenti che ancora oggi, a distanza di secoli, sono delle pietre miliari per l’elezione del Pontefice. In particolare, nel 1059 il decreto di Niccolò II limita il corpo elettorale solo ai cardinali, in quanto rappresentanti della Chiesa di Roma. Con un altro decreto, nel 1179 di Alessandro III, viene fissata la maggioranza dei due terzi dei voti per una valida elezione. Per evitare il prolungarsi del periodo di Sede Vacante, nel 1274 Gregorio X istituisce il Conclave come momento dell’elezione del Pontefice. Il primo Conclave della storia è quello di Arezzo nel 1276 con l’elezione di Innocenzo V. Nel 1621, viene introdotto da Gregorio XV l’obbligo del voto segreto e scritto.

    Dopo aver ricordato questi passaggi cruciali, il vice prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana, Ambrogio Piazzoni, si è soffermato sugli ultimi conclavi. Il primo del '900 è stato quello del 1903 con l’elezione di Pio X, che introduce una novità: l’obbligo di conservare in archivio la documentazione, a disposizione soltanto del Santo Padre, sul Conclave e sui vari scrutini. Nel 1914 viene eletto, alla decima votazione, Benedetto XV:

    “Fu l’unica volta in cui si procedette alla verifica delle schede, perché il numero di voti che aveva raggiunto Papa Benedetto XV era esattamente quello dei due terzi dei partecipanti e siccome era ritenuto invalido il voto dato da un cardinale a se stesso, si doveva controllare che Benedetto XV non avesse votato se stesso”.

    Nel 1922, Pio XI decide di estendere da 10 a 15 giorni il periodo di attesa dei cardinali non presenti a Roma per dare la possibilità anche ai porporati più lontani di partecipare al Conclave. Nel 1939 il Conclave vede la presenza, per la prima volta dopo molti secoli, di tutti i cardinali.

    “Erano 62 ed erano tutti presenti. Era il 1939 e in due giorni e in tre votazioni venne eletto Eugenio Pacelli, Papa Pio XII”.

    Dopo la guerra, nel 1945, viene promulgata da Pio XII la Costituzione Vacantis Apostolicae Sedis che presenta alcune novità:

    “Ai due terzi dei voti previsti per l’elezione valida, venne aggiunto – per prudenza, dice la Costituzione – un voto: quindi divenne due terzi più uno. Questo significava che non sarebbe stato più necessario alcun controllo di schede, perché se anche uno avesse votato se stesso, sarebbe stato quel voto in più. Altra cosa molto importante fu che - dal momento dell’inizio della Sede vacante tutti i cardinali – compreso il segretario di Stato, compresi tutti i prefetti delle Congregazioni, eccetera – cessano dal loro incarico, salvo tre: il Camerlengo, il Penitenzieri e il Vicario di Roma”.

    Nel 1958, viene eletto Giovanni XXIII che, con il Motu proprio Summi Pontificis electio, prevede tra l’altro la possibilità di conservare anche appunti e note dei cardinali. Nella stufa vengono bruciate solo le schede. Nel 1970, un altro importante documento:

    Ingravescentem Aetatem, il Motu proprio con cui Paolo VI stabilì che in Conclave i cardinali potevano essere elettori soltanto fino al compimento dell’ottantesimo anno di età”.

    Nel 1978, muore Paolo VI e ci fu un conclave molto numeroso di 111 cardinali, con tre assenti:

    “Ci furono quattro votazioni e venne eletto Albino Luciani, Giovanni Paolo I, il quale morì soltanto 33 giorni più tardi e ovviamente non fece in tempo a fare nessuna legislazione relativa al Conclave. Secondo Conclave del 1978: ci furono 8 votazioni e alla fine venne eletto Carol Wojtyla. Anch’egli fece una legislazione che è quella in vigore oggi - siamo nel 1996 - e che si chiama Universi Dominici Gregis”.

    La Costituzione Universi Dominici Gregis introduce alcune novità:

    “Una delle cose interessanti e nuove riguarda il fatto che viene fissato il luogo in cui si tiene il conclave: la Cappella Sistina. Altra cosa interessante è che si stabilisce anche il posto in cui i cardinali devono risiedere, la casa "Santa Marta". Una cosa interessante dal punto di vista delle procedure è che vengono soppressi i due modi di elezione - per ispirazione o acclamazione - e quello per compromesso”.

    Nel 2005, muore Giovanni Paolo II e viene eletto Benedetto XVI:

    “Fa un cambiamento soltanto su un punto specifico, che era il numero 75 della Costituzione di Giovanni Paolo II, con un Motu proprio che viene pubblicato sull’Osservatore Romano e che si chiama De aliquibus mutationibus in normis de electione Romani Pontificis, in cui lascia, dopo i famosi 34 scrutini, la possibilità che i cardinali possano decidere altro tipo di votazione. Questo altro tipo di votazione può essere il fatto che sono votabili soltanto i cardinali che hanno ricevuto il maggior numero di voti nella precedente elezione, ma non sarà chi ha più voti ad essere eletto ma chi ha, in ogni caso, i due terzi dei voti”.

    Le norme vigenti prescrivono che i cardinali debbano "attendere gli assenti" per 15 giorni, prima di iniziare il Conclave. Dunque, se tutti i cardinali si trovassero a Roma prima di questa, scadenza – ha spiegato Ambrogio Piazzoni – si può ritenere che l'apertura anticipata del Conclave sarebbe possibile". I cardinali ''ritardatari'' – ha aggiunto – sono ammessi al conclave anche dopo l'inizio dei lavori.

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    Nomine episcopali in Canada e Brasile

    ◊   In Canada, Benedetto XVI ha nominato ausiliare dell’Arcidiocesi di Hamilton, isacerdote Daniel Miehm, parroco di St. Benedict, Milton, nella medesima arcidiocesi, assegnandogli la sede titolare di Gor. Mons. Daniel Miehm è nato a Kitchner il 27 agosto 1960. Dopo gli studi primari alla scuola St. Leo di Kitchner, ha compiuto quelli secondari alla St. Jerome’s High School. Poi si è iscritto ai corsi di filosofia della St. Jerome’s University di Waterloo, Ontario, ed in seguito ha frequentato i corsi di teologia del Seminario St.Augustine di Toronto. Dal 1994 al 1996 è stato studente a Roma ed ha ottenuto la Licenza in Diritto Canonico alla Pontificia Università di San Tommaso. E’ stato ordinato sacerdote il 6 maggio 1989. Dopo la sua ordinazione è stato nominato Vicario parrocchiale della parrocchia St Francis Xavier di Stoney Creek (1989-1992) e successivamente della Cattedrale Christ the King di Hamilton (1992-1994). Tornato a Hamilton dopo gli studi a Roma, ha ricoperto i seguenti incarichi: Vicario della Cattedrale Christ the King; Difensore del Vincolo nel Tribunale ecclesiastico di Hamilton; Parroco di Our Lady of Lourdes di Hamilton (1998-2004), ed in seguito di St. Ann di Ancaster (2004-2012). Dal 2010 è Parroco della nuova parrocchia di St. Benedict di Milton e Assistente spirituale della St. Thomas More Lawyer’s Guild.

    In Brasile, il Papa ha nominato ausiliare dell’arcidiocesi di Curitiba il sacerdote José Mário Angonese, del clero dell’arcidiocesi di Santa Maria, finora Rettore del Seminario maggiore e Parroco, assegnandogli la sede titolare vescovile di Giufi. Mons. Angonese è nato il 1° giugno 1960 nella località di Unistalda, diocesi di Uruguaiana, nello Stato di Rio Grande do Sul. Ha compiuto gli studi di Filosofia e di Teologia presso il Seminario Maggiore di Viamão, nell’arcidiocesi di Porto Alegre (1983-1989). Ha poi conseguito la Licenza in Filosofia con specializzazione in Psicopedagogia presso la Facoltà di Filosofia di Canoas. Il 16 dicembre 1989, ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale ed è stato incardinato nella diocesi di Santa Maria, nella quale ha svolto gli incarichi seguenti: Assistente del Seminario Minore “São José” e Promotore della Pastorale Vocazionale (1990-2002), Direttore Spirituale (1991-1998) e poi Rettore del Seminario Minore “São José” (1999-2001), Parroco della Parrocchia “Santíssima Trindade” a Nova Palma (2002-2010). Dal 2011 è Parroco della Parrocchia “Ressurreição” e Rettore del Seminario Arcidiocesano Maggiore “São João Maria Vianney”.

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    Mons. Tomasi: nessuna volontà politica di fermare la guerra in Siria, è dramma umanitario

    ◊   Si continua a combattere in Siria: un missile Scud è stato lanciato oggi in una zona a nord di Damasco controllata dai ribelli. Ieri, colpi di mortaio erano stati esplosi contro il Palazzo presidenziale nella capitale. Ad Aleppo, invece, sempre ieri, un bombardamento aveva causato la morte di oltre 40 persone, tra cui molti bambini. Migliaia di civili, intanto, continuano a fuggire in Giordania: secondo l’Onu, sono oltre 4 milioni le persone che hanno bisogno di aiuti umanitari. Sulla situazione, Sergio Centofanti ha sentito mons. Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio Onu di Ginevra:

    R. - Ieri, presso la sede delle Nazioni Unite a Ginevra, c’è stata una riunione riguardo la situazione umanitaria in Siria. 44 Paesi hanno firmato un appello comune in cui si domanda soprattutto che ci sia rispetto per i civili che hanno bisogno di protezione e di assistenza umanitaria, e che si tenga conto, che le strutture mediche, come ospedali e cliniche, il personale medico, non possono essere utilizzati come obiettivi di guerra. Infatti, si vede che in Siria, in questo momento, il 55 percento degli ospedali pubblici sono danneggiati e un terzo sono fuori servizio. Questa situazione crea delle difficoltà molto specifiche per la gente, perché manca l’accesso alle cure mediche necessarie specialmente nelle emergenze. Quindi l’appello che gli Stati fanno in questi giorni è soprattutto quello di rispettare in tutto il territorio l’accesso di aiuti umanitari e di rispettare le strutture sanitarie. Però, oltre a questa esigenza urgente, c’è il fatto che i rifugiati - purtroppo - continuano a crescere. Globalmente, secondo le Nazioni Unite, sono circa 800mila i rifugiati siriani scappati dall’inizio del 2012, e 300mila nuovi rifugiati sono stati identificati dall’inizio del 2013. Si dirigono soprattutto nei Paesi vicini: Libano, Giordania, Iraq, Turchia ed alcuni sono arrivati anche in Egitto. Ma quello che fa più tristezza, in qualche modo, è il fatto che la grande maggioranza - quasi l’80 percento - dei rifugiati sono donne e bambini. Quindi, queste persone si trovano particolarmente esposte a difficoltà - l’inverno è molto rigido in quella regione - e al rischio di violenze personali. Quindi, l’appello che si fa ai Paesi, è di vedere se questi riescono a mettere disposizione i necessari aiuti finanziari per rispondere a questa massa di gente che ha bisogno. Ma a parte l’urgenza dell’aiuto umanitario, bisogna farsi una domanda più in profondità: perché non c’è la volontà politica di agire per fermare questa violenza che continua ormai da due anni?

    D. - Che cosa può fare la Comunità internazionale che non sta ancora facendo?

    R. - Deve creare le premesse politiche per un dialogo con tutte le parti coinvolte, in modo da fermare questa conflittualità che ormai va avanti da due anni, tanto più che se continua questa violenza, i gruppi dell’opposizione al governo più fondamentalisti prenderanno sempre più potere, con il rischio che la soluzione che tutti sperano - di un futuro democratico per la Siria dove possano partecipare tutte le minoranze in particolare, anche la minoranza cristiana - diventa un obbiettivo più difficile. Quindi è urgente che la Comunità internazionale, specialmente le potenze che hanno interessi immediati nella regione, si mettano a tavolino, possano arrivare a fermare la violenza e trovare almeno un inizio di soluzione politica.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In rilievo, nell'informazione internazionale, l'attacco, a colpi di mortaio, contro il palazzo presidenziale di Damasco.

    Come pensare la fede: in cultura, l'arcivescovo Gerhard Ludwig Muller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, sulla Chiesa e la riflessione teologica in rapporto dinamico con il mondo, con l'intera umanità e la sua storia.

    Antonio Paolucci, Pablo Colino e Sara Magister ricordano il cinquecentesimo anniversario della morte di Giulio II (21 febbraio 1513), il Papa che portò Bramante, Michelangelo e Raffaello in Vaticano.

    Ecco cosa qualifica l'identità cattolica degli organismi caritativi: nell'informazione religiosa, l'arcivescovo di Digione, Roland Minnerath, sul motu proprio "Intima Ecclesiae natura"e il cardinale Antonio Maria Rouco Varela, arcivescovo di Madrid, sul ruolo e la responsabilità del vescovo.

    Per il bene degli Stati Uniti: nuovo intervento dell'episcopato cattolico contro le unioni omosessuali.

    Coerenza e autenticità: nell'informazione vaticana, la visita in India del cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli.

    Un atto di servizio: l'apprezzamento di leader religiosi musulmani per la decisione del Papa.

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    Oggi in Primo Piano



    Egitto e Tunisia, due Paesi alla ricerca di stabilità

    ◊   “L'Unione Europea esorta tutte le parti politiche in Tunisia a trovare un accordo". E' quanto si legge in una nota giunta da Bruxelles all'indomani delle dimissioni del premier tunisino, Jebali. Il capo del governo aveva tentato, senza successo, di costituire un governo tecnico, con il quale affrontare la crisi che soffoca il Paese in campi come l'economia, la sicurezza e la stessa politica. La Tunisia vive, dunque, un momento di transizione particolarmente delicato, non del tutto dissimile rispetto a quanto sta avvenendo in Egitto: entrambi i Paesi due anni fa sono stati percorsi dai sommovimenti popolari della "primavera "araba ed entrambi oggi sono alla ricerca di un futuro di stabilità. Ma c’è effettivamente un filo invisibile che unisce queste due importanti realtà che si affacciano sul bacino del Mediterraneo? Salvatore Sabatino lo ha chiesto ad Alberto Ventura, docente di Storia dei Paesi islamici all’Università della Calabria:

    R. – Il filo c’è, forse neanche troppo invisibile proprio perché, com’è noto, le rivolte di un paio di anni fa sono nate a cascata: si sono così riprodotte, in un certo senso, per imitazione l’una con l’altra e riflettevano un’esigenza di fondo, comune a molti di questi Paesi, di liberarsi da regimi dispotici, non democratici, che soffocavano le libertà individuali, le possibilità di espressione. Insomma, sono state soprattutto rivolte civili che hanno avuto questo filo comune. Il filo, invece, si fa un po’ meno comune per quanto riguarda il dopo rivoluzione e infatti vediamo che nei vari Paesi le problematiche sono diverse. Gli stessi Egitto e Tunisia – che adesso sono accomunati da una situazione di instabilità – non sono del tutto assimilabili l’uno all’altro. E vediamo, ad esempio, come la Libia o la vicinissima Algeria stiano vivendo una fase completamente diversa. Bisogna quindi esaminare da una parte il tessuto complessivo di queste rivolte e di quello che sta succedendo e, dall’altra, più specificatamente entrare nel dettaglio di ogni singolo Paese.

    D. – C’è anche il problema delle due Costituzioni di questi Paesi, entrambe legate a doppio filo alla sharia, la legge islamica...

    R. – Direi che la differenza è notevole, perché in Tunisia, nonostante il partito Ennahda, che ha vinto le elezioni e che costituisce la maggioranza di governo, sia un partito islamista fondamentalmente, le componenti laiche che hanno partecipato al governo e la stessa Assemblea costituente, quella presieduta da Ben Jafar, hanno più volte garantito – e direi non soltanto a parole, mi sembra – la difesa di alcuni principi di laicità sostanziale. Anche se è evidente che un qualche elemento, qui e lì, si possa introdurre nelle Costituzioni che riporti i Paesi ad un’osservanza islamica, però direi più in termini di valori generali che non di normative precise. In Egitto, la situazione è un po’ più complessa perché lì, da tempo, alcune istanze islamiste erano state accolte già dal precedente regime, per tacitare appunto le opposizioni, e mi sembra che forse il rischio di un qualche passo indietro possa essere più evidente.

    D. – Tra l’altro, proprio in Egitto viviamo una situazione abbastanza particolare. Morsi, il presidente, è molto criticato all’interno del Paese mentre è abbastanza apprezzato dalle cancellerie internazionali per il ruolo di mediazione che può avere con i Fratelli musulmani, il suo partito...

    R. – La situazione è da analizzare. Però, anche lì dobbiamo tener conto delle esperienze passate, nel senso che molto spesso l’Occidente ha favorito, comunque non ha sfavorito, alcuni regimi, tendenzialmente radicali, nella speranza che tali regimi potessero in qualche misura costituire un elemento di equilibrio e di stabilità. Bisogna però essere un po’ meno "miopi" e vedere nelle mani di chi ci si affida. Ora – per quanto indubbiamente il governo egiziano sia un governo non terrorista, o se vogliamo non di un fondamentalismo troppo spinto – comunque appartiene a quell’ambito di un islam puritano, rigorista e così via che in me suscita qualche preoccupazione. Non possiamo escludere che poi la "deriva islamista", come viene definita, non si affermi in una misura o nell’altra.

    D. – Le dimissioni del premier Jebali, in Tunisia, gettano un’ombra sul già difficile percorso di normalizzazione del Paese. Le divisioni interne al partito Ennahda potranno bloccare questo processo già difficile?

    R. – Direi di sì, perché indubbiamente anche quando parliamo di questi movimenti islamisti, noi tendiamo a essere un po’ generici e a pensare che siano dei "monoliti", dei corpi abbastanza unici. In realtà, c’è una dialettica piuttosto serrata all’interno di questi partiti di ispirazione islamica. Sembrerebbe proprio che le dimissioni di Jebali siano in sostanza un atto di rottura, di forte rottura, all’interno di Ennahda e quindi testimoniano uno stato di tensione all’interno di questi partiti islamisti, che secondo me riflette quello che dicevo prima, a proposito dell’Egitto, cioè che gli stessi partiti islamisti si trovino stretti tra due esigenze: da una parte, una certa credibilità internazionale, quindi un atteggiamento moderato, dialogante, e così via, mentre dall’altra le pressioni degli elementi più radicali al loro interno e anche le pressioni esterne a certi partiti di governo, come quelle dei movimenti salafiti, che quantitativamente non sono particolarmente importanti, ma che dal punto di vista però delle pressioni sui movimenti di governo tentano di contestare il primato islamico ai partiti di governo.

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    Pam: crisi grave in Sahel, arrivano profughi dal Mali. Bilancio di un anno di aiuti

    ◊   Sahel, un anno dopo: questa mattina, presso la sede di Roma del Programma alimentare mondiale (Pam), gli organismi Onu interessati, la Commissaria europea per la gestione delle crisi, insieme con altre agenzie umanitarie, hanno fatto il punto dell’intervento internazionale attuato nel corso dell’ultimo anno nella regione africana. C’era noi, Fausta Speranza:

    “En effet, un an plus tard, nous pouvons nous féliciter d’avoir éviter une catastrophe humanitaire major…”

    Jean-Baptiste Mathieu, del Ministero degli esteri francese, sottolinea che “è stata evitata la catastrofe. Oltre 10 milioni di persone sono state assistite nel Sahel nel corso del 2012, con un impegno pari ad oltre un miliardo di dollari. Ma un anno dopo, la situazione nel Sahel rimane preoccupante. Lo sottolinea in particolare la commissaria europea, Kristalina Georgieva:

    “First we need to continue to support these countries, for us…“

    Circa 10 milioni di persone ancora soffrono gli effetti della siccità e quasi un milione e mezzo di bambini sotto i cinque anni restano a rischio di malnutrizione acuta. La crisi non è stata superata e il recente conflitto in Mali ha provocato un vasto movimento di sfollati nella regione, sradicando mezzo milione di persone e mettendo sotto pressione le comunità ospitanti, ancora estremamente vulnerabili.

    Quando parliamo di Sahel, parliamo di Burkina Faso, Camerun, Ciad, Mauritania, Mali, Niger, Senegal e Zambia. La regione africana che continua ad avere tra i livelli più alti d’insicurezza alimentare, di malnutrizione nel mondo. Un bambino su cinque, nel Sahel, muore prima dei cinque anni: la malnutrizione è una concausa nel 30% di questi morti. Questi tassi semplicemente aumentano notevolmente durante le crisi alimentari e nutrizionali.

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    "Io corro per la famiglia": il Forum chiede conto alla politica

    ◊   Nei prossimi cinque anni, di legislatura un punto di Pil per la famiglia: lo ha chiesto il Forum delle Associazioni Familiari che dall'inizio della campagna elettorale ha raccolto 237 adesioni di politici al proprio manifesto. Una piattaforma essenzialmente fiscale ma che dice anche no all’equiparazione unioni civili-matrimonio. Alessandro Guarasci:

    “Io corro per la famiglia” è il titolo del manifesto-appello che il Forum ha lanciato in vista delle politiche di domenica e lunedi prossimi. Tra i punti fondamentali, l’applicazione del Fattore Famiglia, che propone di alleggerire il carico fiscale sui nuclei attraverso una "no tax area", ma anche un piano nazionale per i giovani e il rafforzamento del welfare attraverso il fondo per la non autosufficienza. Su questi punti c’è stato massimo appoggio da Pdl, Pd e Lista Monti, seppur ognuno con qualche distinguo. Dopo le elezioni bisognerà passare ai fatti, dice il presidente Francesco Belletti:

    "Un’attenta valutazione e verifica dei reali impegni. Noi abbiamo già fatto questo con le elezioni regionali: nell'ottobre del 2012 abbiamo fatto una valutazione di metà mandato, abbiamo letto oltre mille provvedimenti legislativi delle Regioni e abbiamo chiesto conto a quelli che avevano firmato la nostra piattaforma, se avevano onorato questo loro impegno. Lo faremo, a maggior ragione, con questo nuovo parlamento”.

    E poi piena cittadinanza alla famiglia, rafforzando l’articolo 29 della Costituzione. In sostanza un "no" alle unioni di fatto, senza discriminare alcuno. Ancora Belletti:

    “Tutelare in una coppia di fatto il membro debole, che magari viene estromesso da alcuni accessi patrimoniali, è un conto e si custodisce con aggiustamenti del diritto civile. Immaginare 'para-matrimoni' o registri delle unioni civili o albi con delle condizioni parafamiliari, questo, invece, ci troverà sempre contrari”.

    Da non sottovalutare nemmeno una reale parità scolastica.

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    Val di Fiemme: via ai mondiali di sci nordico ecocompatibili con il territorio

    ◊   Partono oggi, in Trentino, nella zona della Val di Fiemme, i Campionati mondiali di sci nordico. Questo evento sarà per la prima volta totalmente ecologico e sostenibile, in quanto è stato usato solo legname proveniente da foreste locali certificate Pefc, l’Organizzazione non governativa per il sistema di certificazione forestale più diffuso al mondo. Il Servizio di Marina Tomarro:

    Promuovere ambiente e territorio anche attraverso i mondiali di sci, usando solo legni provenienti da foreste certificate e cercando di inquinare l’ambiente il meno possibile. E’ tra gli obiettivi dei campionati di sci nordico Fiemme 2013. Ma come nasce questa scelta? Pietro De Godez, presidente del comitato organizzatore della manifestazione:

    “Noi viviamo il nostro oro: l’oro verde per la stagione estiva e l’oro bianco per la stagione invernale. L’oro bianco dipende tutto dal cielo, l’oro verde dobbiamo invece mantenerlo noi e il nostro legno è quindi una parte fondamentale di questa scelta. Quindi le mostre, le esposizioni, i trofei che diamo a tutti i vincitori saranno in legno; il simbolo del Campionato del mondo, in tutti i comuni, è il legno; così come le costruzioni negli stadi sono in legno. A questo si è affiancata, tra l’altro, una sensibilità importante anche riguardo alla mobilità e quindi con mezzi certificati, con i primi pullman a idrogeno. Siamo felici di aver partecipato e di aver aderito a questo progetto, assieme a Pefc, proprio perché volevamo lavorare con una mentalità di edilizia a chilometri zero”.

    A questo proposito ascoltiamo Francesco Dellagiacoma, vicepresidente del Pefc Italia:

    R. - Questo è un po’ il suggello di un percorso che è iniziato alcuni anni con la certificazione delle foreste, che ha portato a una certificazione di tre quarti delle foreste trentine e addirittura del 90 per cento di quelle della Val di Fiemme. Questi Campionati del mondo sono stati l’occasione di presentare e di far vedere al pubblico – siamo quindi stati grati a Fiemme 2013, che ha deciso di valorizzare l’uso del legname – che questa volta si è scelto di fare un percorso coerente e quindi di utilizzare il legno locale, attraverso la sua filiera. Naturalmente questa è un po’ la “mission” di Pefc e quindi abbiamo collaborato molto volentieri e siamo stati contenti che ci sia stata offerta questa possibilità per far vedere anche il lavoro che è stato fatto nei dieci anni precedenti.

    D. – Cosa vuol dire quando si parla di foreste certificate?

    R. – L’utilizzazione deve essere inferiore alla crescita della foresta: questo è il primo concetto di sostenibilità che è nato in ambito forestale. Poi, via via, questo concetto si è affinato ed è andato a comprendere anche gli usi non commerciali, gli usi non produttivi della foresta e a mantenere quei servizi che vengono chiamati i servizi eco sistemici e questo vuol dire l’influenza positiva sul ciclo dell’acqua, l’aspetto paesaggistico. Non dimentichiamo la conservazione della natura e l’importanza che hanno le foreste: sono un ambito di territorio naturale e quindi oggi albergano una quota importante della biodiversità, che non c’è più invece in gran parte del territorio soggetto ad un utilizzo diverso, che siano infrastrutture, agricollture, etc.

    E la realizzazione di questi mondiali è stata possibile anche grazie alla disponibilità di circa 2.000 volontari del luogo, che in questi giorni saranno impegnati nella manifestazione. Mauro Dezulian, responsabile dei volontari per Fiemme 2013:

    R. - In Val di Fiemme c’è effettivamente una cultura del volontariato: la popolazione ci tiene ad esserci, a collaborare con un evento così importante. Tante volte quando facciamo le riunioni, alla fine dico sempre: ragazzi, siate gli ambasciatori del nostro territorio, della Val di Fiemme, del Trentino e dell’Italia stessa e in questo caso dei mondiali. Quindi, comportatevi bene e fate vedere bene quello che sapete fare. Loro sono molto, molto contenti e fieri di dare questa collaborazione.

    D. – Cosa fa un volontario?

    R. – Abbiamo circa un centinaio di settori e ogni settore ha il suo caposervizio. Si va dall’ufficio stampa alla gente che lavora sulle piste; dal parcheggiatore ai trampolini, dove c’è il battitore, il misuratore… Ci sono una infinità di servizi, quindi con delle turnazioni. L’unica cosa che chiediamo è che diano una collaborazione di almeno cinque-sei giorni per tutto il periodo. Gestiamo questo esercito e la serietà ci deve essere.

    D. – Secondo lei, cosa spinge un ragazzo a offrirsi come volontario e qual è la loro gratificazione?

    R. – Questa volta siamo riusciti a coinvolgere le scuole e questo è un dato molto importante: circa 300 ragazzi delle scuole sono stati coinvolti ed è la prima volta che riusciamo a farlo. Il giovane, una volta che è inserito, vede la bellezza dell’azione del volontariato. Poi, come dicevo prima, culturalmente in Val di Fiemme è così. Faccio un esempio: in casa mia siamo in quattro e siamo tutti e quattro volontari e questo può succedere anche nelle altre famiglie. E’ proprio una cultura!

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Siria: un cristiano armeno ucciso in "odium fidei". Continuano violenze e sequestri

    ◊   Un cristiano della comunità armena apostolica è stato ucciso a bruciapelo da terroristi in preda a furore religioso. L'uomo - di cui l'agenzia Fides preferisce non diffondere le generalità per motivi di sicurezza della sua famiglia - secondo la comunità armena locale, è “un martire del conflitto siriano, perché ucciso in odium fidei”. L’uomo si trovava in un convoglio diretto ad Aleppo. Il pulmino su cui trovava è stato fermato per strada da un gruppo di miliziani islamisti che hanno chiesto le carte di identità dei viaggiatori. Avendo notato che il cognome dell'uomo terminava con il suffisso “ian”, lo hanno identificato come un armeno. Lo hanno dunque fermato e perquisito, scoprendo che portava una grande croce al collo. A quel punto uno dei terroristi ha sparato sulla croce, dilaniando il petto dell'uomo. Secondo una fonte di Fides nella comunità armena, i “terroristi erano esaltati, erano fuori di sè, come sotto l'effetto di droghe”. La modalità utilizzata da questi posti di blocco, disseminati sulle strade siriane, è comune alle varie bande. Gli autobus sono fermati da posti di blocco, i viaggiatori subiscono ruberie o vengono selezionati per sequestri mirati, come è accaduto ai due sacerdoti Michel Kayyal (armeno cattolico) e Maher Mahfouz (greco ortodosso) rapiti il 9 febbraio e ancora in mano ai sequestratori. In un altro episodio, segnalato a Fides, un gruppo di cristiani si stava recando da Qamishli a Beirut, per fuggire dalla drammatica situazione locale. Il bus è stato centrato da un razzo che ha ucciso due persone: un uomo di nome Boutros e una 22enne di nome Naraya, prossima al matrimonio. I banditi hanno rubato tutto. Il gruppo ha preferito tornare indietro a Qamishli, piuttosto che affrontare un viaggio con pericolo mortale. (R.P.)

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    Siria: per il patriarca Gregorios III le sanzioni Ue non toccano il regime ma il popolo

    ◊   La proroga delle sanzioni “non fa che peggiorare le condizioni del popolo e non tocca il Governo ed il presidente. La vita in Siria è ogni giorno più costosa, le famiglie hanno difficoltà ad acquistare i generi di prima necessità, moltissime hanno avuto le proprie case distrutte. Tante hanno lasciato il Paese”. La scelta dell’Ue, lunedì a Bruxelles, di prorogare per tre mesi le sanzioni contro il regime di Damasco, non trova d’accordo il patriarca di Antiochia e di tutto l’Oriente, di Alessandria e di Gerusalemme, per i greco cattolici di Siria, Gregorios III Laham. In un'intervista all'agenzia Sir il più alto esponente della gerarchia cattolica siriana ricorda che nel Paese “la situazione è insostenibile, la violenza e l’instabilità minano l’economia, ormai al collasso, impediscono ogni dialogo e la ricerca di una soluzione politica negoziata che è quella che tutti auspichiamo. L’Ue invece di aiutare la riconciliazione interna, lottando contro il fondamentalismo di tante fazioni in campo, proroga di tre mesi le sanzioni. Non è questa l’Ue che vogliamo”. Gregorios III ribadisce che “la Siria non ha bisogno di armi ma che la comunità internazionale si dia da fare per il negoziato, il dialogo e la riconciliazione. La Siria vuole stabilità e sicurezza”. Sulla richiesta di Carla Del Ponte, magistrato dell’Onu che si occupa di diritti umani, di portare i crimini di guerra della Siria davanti alla Corte Penale Internazionale (Cpi), il patriarca non usa mezzi termini: “oggi in Siria siamo tutti criminali, siamo tutti da processare, ma anche l’Europa. Questa è anche la guerra dell’ipocrisia e della bugia. La gente chiede solo la fine della violenza, di uscire dal caos in cui vive, di ritrovare sicurezza e stabilità. Aiutateci a dialogare allontanando tutte quelle forze straniere e fondamentaliste che combattono dentro la Siria e che minano la convivenza del popolo e la rinascita del Paese”. (R.P.)

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    Burkina Faso: Meeting delle Caritas del Sahel sulla crisi umanitaria in Mali

    ◊   Unire gli sforzi delle Caritas del Sahel per far fronte alle crisi alimentari e socio politiche della regione. È questo lo scopo dell’incontro che si è aperto ieri a Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, al quale partecipano le Caritas di Burkina Faso, Mali, Niger e Senegal, che dal 2007 hanno elaborato la “piattaforma delle Caritas del Sahel”. Secondo un comunicato inviato all’agenzia Fides, il meeting che si concluderà il 23 febbraio, vede la partecipazione dei responsabili delle comunicazioni e delle operazioni di urgenza al fine di creare un sistema di comunicazione regionale tra le diverse organizzazioni di assistenza cattolica. L’incontro si inserisce nel quadro del progetto Appello di Urgenza” 38/2012 intitolato “Progetto di rafforzamento delle capacità per la preparazione e la risposta globale della Caritas alle emergenze umanitarie provocate dalla crisi in Mali”. Secondo don Isidore Ouédraogo, segretario esecutivo di Caritas Burkina, la riunione mira in concreto alla creazione di un quadro di lavoro comune per gli incaricati della comunicazione e le emergenze delle Caritas del Sahel, in modo da migliorare la loro capacità di intervento. Secondo stime prudenti sono circa 300.000 i rifugiati maliani accolti nei Paesi limitrofi. (R.P.)

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    Belgio: in Senato l'ampliamento della legge sull'eutanasia su minori e malati di Alzheimer

    ◊   Inizia oggi in Belgio la riapertura in Senato dei dibattiti volti a modificare la legge sulle richieste di eutanasia ampliando questa possibilità ai minori di 15 anni e ai malati di Alzheimer. A rilanciare la notizia oggi è anche il sito della Conferenza episcopale belga (info.catho.be). Raggiunto telefonicamente dall'agenzia Sir Europa, padre Tommy Scholtes, addetto stampa della Conferenza episcopale, ha detto che sull’argomento i vescovi pubblicheranno a giorni una dichiarazione che verrà presentata in conferenza stampa. Im questi giorni, i senatori accoglieranno in audizione una quarantina di specialisti. I primi ad esprimersi saranno Bernard De Vos, delegato generale ai diritti del bambino e Dominique Biarent, capo delle cure intensive all’Ospedale pediatrico universitario Regina Fabiola. Ma per il momento - fa sapere padre Scholtes - non è stato richiesto ancora il parere della Chiesa cattolica, per cui nessun vescovo sarà ascoltato. All’inizio di febbraio, la Commissione federale di controllo e valutazione dell’eutanasia ha registrato nel 2012 1.432 dichiarazioni di eutanasia, con un aumento del 25% rispetto al 2011. Le dichiarazioni di eutanasia registrate lo scorso anno rappresentano il 2% dell’insieme dei decessi registrati nel Paese. È in questo contesto, che sarà lanciata questa mattina in Senato una revisione della legge adottata in Belgio nel 2002. Numerose proposte sono state depositate da parlamentari di differenti schieramenti politici, alcuni volti ad estendere la possibilità di eutanasia ai minori di 15 anni, considerati come “persone capaci di discernimento”, altri addirittura finalizzati ad abolire ogni limite di età. Sarà oggetto di dibattito anche la possibilità di estendere la legge alle persone affette da malattie mentali degenerative, con una procedura di dichiarazione anticipata che permette ad un paziente ancora capace di esprimere la sua volontà di chiedere in maniera esplicita che sia praticata l’eutanasia. In discussione anche il miglioramento di formazione dei medici. Ad oggi, la legge del 2002 si applica solo su persone affette da malattie incurabili o da sofferenza incurabile, a condizione che siano maggiori di 18 anni e dispongano di tutte le facoltà mentali. (R.P.)

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    Germania: alla Plenaria dei vescovi la collaborazione tra uomini e donne

    ◊   Si è aperta a Treviri, in Germania, la terza giornata dell’assemblea plenaria di primavera della conferenza episcopale tedesca (Dbk). I lavori sono dedicati “all’approfondimento e alla continuazione della riflessione sulla cooperazione tra uomini e donne nella vita della Chiesa” ha detto il cardinale Karl Lehmann, vescovo di Magonza, nella celebrazione di stamattina. La riflessione è stata introdotta da una relazione del cardinale Walter Kasper, già presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani. Il card. Lehmann, invece, prendendo spunto dal racconto della Genesi sulla creazione del mondo, ha sottolineato come “la somiglianza con Dio non sia semplicemente una parte o un segno distintivo, ma è data all’essere umano in quanto creatura di Dio” indipendentemente “dal rango sociale, dalla razza o dal sesso” e per questo “non può essere tolta”. Sempre riferendosi alla Genesi, il cardinale ha affermato che “fin dall’origine, l’umano esiste nella manifestazione come uomo e come donna” e la differenziazione sessuale non è semplicemente “espressione di un’impronta sociale o di una forma storica”. E tuttavia “non si percepisce la benché minima diversità nella valutazione sui sessi: uomo e donna sono pienamente uguali nella loro dignità”, senza per questo affermare “un’astratta parità”. La donna è “aiuto” per l’uomo “nel senso più ampio della parola, in tutti gli ambiti della vita”. “Non si deve leggere troppo, ma nemmeno troppo poco nel corto messaggio” della Genesi (“Maschio e femmina li creò”): il testo non fonda “l’istituzione del matrimonio, come concepito oggi”, ma “nemmeno lo si può leggere in contrasto con il matrimonio”, ha spiegato il cardinale Lehmann durante l’omelia, di fronte ai 66 membri della Dbk. “Esso parla certamente di ciò che è anche a fondamento del matrimonio, e cioè la forza sovrastante che può legare appassionatamente un uomo e una donna”, la forza elementare dell’amore che “può rompere le solide relazioni tradizionali”. Per il card. Lehmann, sull’omossesualità “qualsiasi discriminazione, come invece spesso è avvenuto, non è consentita”. Ed ha concluso: “Non è però neppure consentito ricusare o addirittura disconoscere l’originaria impronta del maschile e femminile; questo è il motivo fondamentale per cui lo Stato deve specialmente difendere il matrimonio e la famiglia”. (R.P.)

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    Libano: è polemica per la legge elettorale su base confessionale

    ◊   Le commissioni parlamentari congiunte del Parlamento libanese hanno approvato ieri a maggioranza l'articolo 2 della legge elettorale suggerita dal cosiddetto “raggruppamento ortodosso”. L'articolo consacra il principio secondo cui ogni cittadino vota solo per deputati appartenenti alla propria confessione religiosa, sulla base di un modello proporzionale che trasforma il Libano in un'unica circoscrizione lettorale. A favore di tale sistema si sono schierati i rappresentanti sciiti di Hezbollah e quelli di formazioni politiche cristiane solitamente in contrasto tra di loro, come la Corrente Patriottica Libera (che fa capo al generale Michel Aoun), le Forze Libanesi di Samir Geagea e il partito Kataëb. Nel dibattito in corso da mesi, stroncature radicali della proposta “ortodossa” erano venute dal Partito sunnita “Futuro” di Saad Hariri, da parlamentari cristiani indipendenti e dallo stesso Presidente libanese, il cristiano maronita Michel Sleiman. “Il consenso raccolto dalla proposta 'ortodossa' spiega all'agenzia Fides mons. Francois Eid, Procuratore patriarcale maronita presso la Santa Sede ”va in qualche modo interpretato. La legge in se stessa sembra contraddire lo spirito di pluralismo e di convivenza tra diverse comunità religiose su cui si fonda la vita civile e politica libanese. Per questo potrebbe essere respinta dal Presidente della Repubblica come anti-costituzionale. In Libano ogni legge che contraddice il principio di convivenza tra cristiani e musulmani è da considerare nulla. Credo che buona parte dei consensi ottenuti dalla proposta di legge siano di carattere strumentale: molti vogliono usarla come strumento per seppellire la legge elettorale che riprende il modello in vigore negli anni Sessanta e che è considerata ingiusta e inadeguata all'attuale società libanese da tutti, con la sola eccezione del Partito del druso Walid Jumblatt”. (R.P.)

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    Arabia Saudita: arrestati 53 etiopi cristiani che pregavano in una casa privata

    ◊   L'Arabia Saudita ha arrestato 53 etiopi cristiani - 46 donne e sei uomini - mentre svolgevano un incontro di preghiera in una casa privata. Funzionari della polizia sono piombati nell'abitazione e hanno portato via i fedeli, accusando i tre leader religiosi presenti di convertire musulmani al cristianesimo. Il fatto è avvenuto a Damman, capitale della provincia orientale del Regno, e risale all'8 febbraio scorso, ma fonti locali, legate alla World Evangelical Alliance's Religious Liberty Commission (Wea-Rlc) hanno diffuso la notizia solo in questi giorni. Secondo la Wea-Rlc, le autorità saudite dovrebbero rilasciare due cristiani, perché dotati di permesso di soggiorno. Con ogni probabilità, tutti gli altri verranno deportati. L'Arabia Saudita non riconosce, né protegge, alcuna espressione religiosa diversa dall'islam. La polizia religiosa (muttawa) vigila per eliminare ogni Bibbia, rosario, croce o assemblea cristiana. E anche se i reali permettono pratiche religiose diverse dall'islam almeno in privato, gli agenti della muttawa non fanno distinzioni. Non si tratta del primo episodio di persecuzione religiosa nei confronti della comunità etiope. Nel dicembre 2011 le autorità saudite hanno arrestato 35 etiopi cristiani, 29 dei quali donne, per "socializzazione illecita". Anche in questo caso, i fedeli sono stati prelevati nel bel mezzo di un incontro di preghiera in una casa privata, a Jeddah. Secondo Human Rights Watch (Hrw), in carcere le donne hanno subito "ispezioni mediche" arbitrarie. La città di Dammam, dove è avvenuto l'incidente dell'8 febbraio scorso, è un importante centro industriale e portuale, ricco di giacimenti petroliferi e di gas naturale. (R.P.)

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    Tanzania: i funerali del sacerdote ucciso domenica scorsa

    ◊   Si sono svolti oggi i funerali di padre Evarist Mushi, il sacerdote cattolico ucciso domenica scorsa nell’isola di Zanzibar. “I funerali di padre Evarist sono stati trasmessi in diretta da Radio Maria Tanzania” dicono all’agenzia Fides fonti locali. “La Messa è stata presieduta dal cardinale Polycarp Pengo, arcivescovo di Dar es Salaam. Nella sua omelia il presidente della Conferenza episcopale, mons. Tarsisius Ngalalekumtwa, vescovo di Iringa, ha ricordato ai fedeli che i cristiani sono invitati a perdonare anche le offese più gravi, come l’omicidio”. Nel frattempo continuano le minacce e le intimidazioni contro i cristiani che vivono nell’isola. Proprio ieri ignoti hanno dato alle fiamme una chiesa evangelica in costruzione. A Natale, era stato gravemente ferito padre Ambrose Mkenda. In riferimento a questo episodio il cardinale Pengo ha criticato l’inazione delle Forze di polizia. Secondo quanto riporta un dispaccio dell’Afp, il cardinale ha ricordato che in concomitanza con il ferimento di padre Ambrose, erano stati distribuiti dei volantini che incitavano ad attaccare le chiese. “Le Forze dell’ordine avrebbero dovuto condurre delle inchieste appropriate per prevenire gli atti di violenza” ha dichiarato il cardinale Pengo. (R.P.)

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    Myanmar: la Chiesa chiede una pace duratura per i Kachin

    ◊   Nel conflitto sanguinoso che vede contrapposti l'esercito birmano e le milizie etniche Kachin, nell'omonimo Stato a nord del Myanmar, lungo il confine con la Cina, interviene il vescovo di Myitkyina che lancia un appello alla pace e al federalismo. Se la fine delle violenze è la premessa necessaria per intavolare le trattative, avverte il prelato in una nota diffusa nei giorni scorsi, per una soluzione di lungo periodo è necessario rilanciare un cammino riformista; e in una nazione composta da oltre cento gruppi etnici, esso deve avere una chiave federalista, basato sull'accordo di Panglong promosso da Aung San (padre di Suu Kyi) e rappresentanze di gruppi etnici nel 1947, ma che non ha trovato effettiva applicazione. Tuttavia, i punti cardine dell'accordo restano il punto iniziale per poter ricostruire l'unità nazionale dopo decenni di divisioni, pur nel rispetto delle autonomie locali. Oggi a Chiang Mai, in Thailandia, sono in programma nuovi incontri fra rappresentanti Kachin ed esponenti del governo, dopo un primo round di colloqui il 4 febbraio scorso. Le trattative sono frutto della pressione diplomatica della Cina e della comunità internazionale, mentre l'inviato speciale Onu Tomas Quintana conferma la "perdurante pratica di arresti arbitrari e abusi" su civili, sospettati di legami con le milizie ribelli. L'iniziativa di Pechino ha portato a un cessate il fuoco temporaneo, ma non si può parlare di tregua stabile. Secondo fonti cristiane, la ripresa delle ostilità nel giugno 2011 ha causato la devastazione di almeno 66 luoghi di culto, oltre che numerose vittime civili. Mons. Francis Daw Tang, della diocesi di Myitkyina, è intervenuto lo scorso 8 febbraio con un comunicato che riprende l'appello per la fine delle violenze già lanciato il 17 gennaio dai vertici della Chiesa - cattolica e protestante - birmana. Il 66enne prelato sottolinea le terribili sofferenze causate "allo Stato Kachin e alla sua popolazione dai combattimenti degli ultimi mesi". Il vescovo ricorda che la Chiesa non ha ruoli politici, ma opera per la pace e chiede a tutti di "ritornare al tavolo dei negoziati, perché la pace è possibile". Mons. Francis ricorda le sofferenze dei profughi e le sofferenze imposte ai Kachin, un popolo a larga maggioranza cristiano che percepisce "l'invasione" dei buddisti birmani come tentativo di dominazione (anche) linguistica e religiosa. Per questo è necessario "tornare al consenso raggiungo a Panglong", per dare nuova linfa al principio di "unità nella diversità". "Le preferenze mostrate per una determinata razza, religione e lingua - conclude il prelato - hanno infettato una ferita al cuore dell'identità culturale di molte comunità, che non potrà essere sanata se non con la nascita di un vero federalismo". La Conferenza di Panglong, del febbraio 1947, è uno storico incontro che ha avuto luogo nell'omonima cittadina dello Stato Shan, tra rappresentanti del governo guidati da Aung San e leader delle minoranze etniche Shan, Chin e Kachin; Karen e Karenni hanno preso parte solo in qualità di osservatori, mentre Mon e Arakan erano considerati già parte integrante della Birmania. L'accordo ha dato il via alla nascita di uno Stato indipendente - dal 4 gennaio 1948 - e ha stabilito proprio nel 12 febbraio (giorno dell'accordo) la giornata di festa nazionale. Tuttavia, nel corso degli anni sono divampate numerose insurrezioni di Arakan, Karen, Mon, Kachin (tuttora in corso), Chin e Shan, che hanno ostacolato la realizzazione di un Paese federale e rispettoso dele autonomie; anzi, il regime militare al potere fino al 2011 ha sempre promosso la centralizzazione del potere. (R.P.)

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    Messico: 1.800 lettere dei bambini per dire “Grazie” al Papa

    ◊   1.800 lettere per dire grazie a Benedetto XVI e chiedergli di pregare per i bambini del mondo sono state inviate dai partecipanti al primo Congresso Regionale dell'Infanzia e Adolescenza Missionaria (Coriam) a Hermosillo, Sonora (Messico). “Non avevamo dove mettere tutte queste lettere indirizzate al Papa, non bastavano i pochi scatoloni che c'erano lì in quel momento. E ci siamo pure impegnati a spedirli subito a Benedetto XVI, a Roma, prima del 28 febbraio” ha affermato padre Aldo Israel Estrella Garcia, segretario della Santa Infanzia del Messico (Iam). Secondo un comunicato inviato all’agenzia Fides, all’incontro che si è tenuto dal 15 al 17 febbraio hanno partecipato più di 1.800 bambini e adolescenti della Iam delle tre province ecclesiastiche Baja California, Chihuahua e Hermosillo, nel nord del Messico. L’iniziativa ha visto la partecipazione dell'arcivescovo di Hermosillo, mons. José Ulises Macías Salcedo, di padre Guillermo Alberto Morales Martinez, direttore nazionale delle Pom. I bambini hanno effettuato anche una Marcia missionaria dalla cattedrale al Palasport della città. Durante il percorso i bambini hanno cantato e pregato per i missionari del mondo, per poi chiedere la fine della violenza in Messico in un momento di forte emozione e di silenzio totale, davanti alle croci collocate dove era scoppiato un incendio nel 2009 che aveva provocato la morte di 49 bambini di un asilo infantile. (R.P.)

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    Gmg Rio: al via i lavori a Guaratiba, sito della Veglia e della Messa finale

    ◊   Con una benedizione iniziale sono cominciati ieri pomeriggio nel quartiere di Guaratiba, situato nella zona Ovest di Rio de Janeiro, i lavori di sistemazione dell’area, detta “Campo della fede”, che dovrà ospitare i due eventi maggiori della prossima Giornata mondiale della gioventù, la veglia del sabato 27 e la messa finale di domenica 28 luglio, entrambi presieduti dal Papa. Dopo la breve cerimonia, l’arcivescovo di Rio de Janeiro, dom Orani João Tempesta, secondo quanto riferito dal Comitato organizzatore locale, ha fatto visita alla comunità parrocchiale di san Pietro Apostolo, la più vicina al Campo della Fede, guidata da padre Marcos Vinicius. Quest’ultimo - riporta l'agenzia Sir - ha espresso l’auspicio che dalla presenza dei pellegrini e del prossimo Papa la sua comunità possa “crescere spiritualmente” ma, al tempo stesso, che il quartiere tragga beneficio da questi lavori soprattutto per quello che riguarda le infrastrutture e l’urbanistica. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 51

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