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Sommario del 16/02/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Card. Scola: il Papa chiede alla Lombardia di essere cuore credente d'Europa
  • Dal Papa il presidente del Guatemala: lotta a povertà e narcotraffico
  • Ior: il Papa rinnova per 5 anni la Commissione cardinalizia di vigilanza
  • Udienza e nomine
  • P. Lombardi: forse Conclave prima di metà marzo, Papa a Castel Gandolfo per due mesi
  • Card. Wuerl: l’eredità del Papa, aver riproposto il Vangelo nell’epoca dell’eclissi di Dio
  • Una suora di clausura del "Mater Ecclesiae": Benedetto, Papa della preghiera
  • Il Papa ai vescovi liguri: la figura di Pietro non tramonta. Il card. Bagnasco: è nel nostro cuore
  • Padre Lombardi: il Papa non ha esercitato un potere ma svolto una missione
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria: l’Europa discute della possibilità di fornire armi ai ribelli proposta da Londra
  • Tunisia, gli islamisti di Ennahda in piazza. Rinviata la formazione del governo tecnico
  • Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • La rinuncia del Papa: per ordinari cattolici di Terra Santa "atto di fede e coraggio"
  • Elezioni in Ecuador: i vescovi invitano a votare per un'autentica democrazia
  • Siria: al via una Campagna per riscattare i cristiani sequestrati
  • Egitto: estremisti salafiti attaccano una chiesa copta
  • Centrafrica: l’appello dei vescovi contro la violenza
  • Congo: contrasti tra Paesi africani e Onu sulla forza neutra nei Grandi Laghi
  • Cina: si è spento mons. Giovanni Battista Liu Jingshan
  • Indonesia: attacco contro tre chiese protestanti, il governo invita alla calma
  • India: in 10 anni 1.455 condanne a morte. La società civile: abolire pena capitale
  • India: danneggiata e deturpata da vandali una statua della Madonna di Vailankanni
  • Laos: coniugi cacciati da casa perché convertiti al cristianesimo
  • Francia. Nozze gay: consegnate 690 mila firme per il ricorso
  • Il Papa e la Santa Sede



    Card. Scola: il Papa chiede alla Lombardia di essere cuore credente d'Europa

    ◊   “La Lombardia deve essere il cuore credente dell’Europa”. È questo il concetto di fondo che Benedetto XVI ha affidato ai presuli della Regione italiana, ricevuti questa mattina in Vaticano in visita ad Limina. Subito dopo l’udienza, Luca Collodi ha incontrato il capo della Chiesa ambrosiana, il cardinale Angelo Scola, e gli ha chiesto anzitutto quale realtà di Chiesa sia stata presentata a Benedetto XVI:

    R. – Abbiamo presentato al Papa, con realismo, le tante luci che ci sono nella Chiesa lombarda. Vale a dire una base di cattolicesimo di popolo ancora notevolmente robusta, che in questi anni, grazie al Concilio, ha imparato, per esempio, una partecipazione alla Santa Messa fatta di una vigilanza, di una serietà, che impressionano. Quando visito le parrocchie a Milano, mi colpisce vedere, contrariamente a quanto si dice tante volte in modo superficiale, una grande partecipazione, gente che resta in piedi anche per due ore e con grande intensità. A partire da lì, nasce la domanda, per esempio, che i genitori ancora fanno per i Sacramenti dei bambini, la quasi totalità. Come pure la stessa scelta, che a Milano quest’anno è aumentata, dei ragazzi delle scuole anche superiori di partecipare all’ora di religione. O gli straordinari segni della carità, per cui in tutta la Lombardia è imponente l’azione delle Chiese, attraverso le Caritas e mille altri strumenti, al punto tale che sicuramente le istituzioni dello Stato non reggerebbero senza questo aiuto. Più delicata, come l’abbiamo presentata, è stata invece la situazione della cultura, intesa in senso forte non libresco: cioè, della capacità di portare l’esperienza profonda dell’incontro col Signore nella comunità, dentro le situazioni concrete della vita personale – gli affetti, il matrimonio, la famiglia la vita, la giustizia, la costruzione civile, sociale, politica, l’economia, il mondo del lavoro – la difficoltà a comunicare questo con semplicità a tutti gli ambienti. Il Papa ha insistito moltissimo – ma è il tema di questo grande Pontificato – sulla gioia della fede che era stata sottolineata anche da tutti i vescovi che sono intervenuti nel dialogo col Santo Padre. Tutti e 13 noi, presenti, qui sentiamo un pochino di più la difficoltà. Abbiamo messo in evidenza anche il grande lavoro con gli immigrati, l’aspetto del dialogo interreligioso, l’ecumenismo, il rapporto con gli ebrei. Molto tempo dell’udienza, che è durata più di un’ora, è stato preso dalle riflessioni sul nostro clero, sull’aiuto di accompagnamento del clero giovane, la prima destinazione di inserimento nella vita pastorale, l’unità del presbiterio. E mi sembra che questo, nella sostanza, sia stato sinteticamente detto. E’ questo il contenuto dello scambio, molto familiare, che il Santo Padre sedendosi con noi ha introdotto, con poche parole, dicendoci che voleva ascoltare uno ad uno, mostrando una memoria impressionante delle sue visite nelle nostre diocesi.

    D. – In particolare, che indicazioni pastorali vi ha dato il Papa?

    R. – C’è n’è una che si impone su tutte e voglio dire solo questa: che a un certo momento, pensando alla Lombardia, alla centralità della Lombardia, ha detto che la Lombardia deve essere il cuore credente dell’Europa. A me sembra che questo sia più che un programma pastorale per le nostre diocesi.

    D. – Eminenza, la Conferenza episcopale della Lombardia è l’ultima che incontra Papa Benedetto prima del 28 febbraio. Con quali sentimenti vi siete lasciati?

    R. – Eravamo tutti molto commossi: tutti i vescovi, uno ad uno. Il Papa ci ha salutato di fatto due volte, all’inizio e poi alla fine, ci ha regalato una croce pettorale e tutti i vescovi hanno detto il bene personale loro e dei loro fedeli per il Santo Padre. C’era un tasso di commozione abbastanza marcato tra noi. Direi che tra tutti il più sereno era il Papa. E’ stato molto bello, però, anche questo aspetto di familiarità. Noi abbiamo ricordato alla fine che sentiamo la responsabilità di essere stati gli ultimi ricevuti nella visita ad Limina, e lui ci ha detto: “Questa responsabilità significa che dovete diventare una luce per tutti”. Speriamo di essere capaci.

    D. – Cardinale Scola, alla notizia della rinuncia del Papa al Pontificato lei ha parlato di “un pugno nello stomaco” ai giovani lombardi. Molte persone amano il Papa, ma c’è anche disorientamento tra la gente. Lei, su questo, ha rivolto una lettera alla Chiesa ambrosiana…

    R. – Sì, nel senso che ho detto ai giovani che per me la reazione è stata un po’ paradossale. Da una parte, un pugno allo stomaco ti fa reclinare, no? Invece questo è un pugno allo stomaco che ci ha fatto alzare la testa, perché ci ha fatto vedere cos’è la fede, cos’è la vita di fede. Il Papa non ha testimoniato attaccamento alle cose di questo mondo, tanto meno al potere, ma un abbandono totale alla volontà di Dio, a ciò che lo Spirito detta. Allora abbiamo tirato su la faccia e forse, questo evento, nel suo misterioso significato, è come un’occasione che lo Spirito prenderà per riaprire noi cristiani alla speranza e alla gioia e per farci parlare, perché ci si assuma una responsabilità più energica, quasi un soprassalto di energia di fede. Lo penso soprattutto per l’Europa, ma non solo. Ed Europa vuol dire anche la mia diocesi, le nostre terre e così via. Il mondo ha bisogno dell’Europa e l’Europa ha bisogno di un soprassalto di fede.

    D. – Ai sacerdoti romani il Papa è tornato a parlare del Concilio. Lo ha fatto molte volte nel corso del Pontificato. Il Concilio è la chiave di lettura, che può caratterizzare questo periodo storico della vita della Chiesa?

    R. – Penso di sì, a due condizioni. La prima, che non si separi il grande evento conciliare: nella Chiesa la presenza vitale dello Spirito produce degli eventi ed è attraverso l’evento, che mette in relazione le persone, che la prima riforma della Chiesa avviene. Non si può, però, separare l’evento dal corpo dottrinale che il Concilio ci ha fornito, che però – come ha detto il Santo Padre – va letto in unità, a partire dalle quattro Costituzioni, che allora riveleranno una freschezza, un’attualità e un compito di attuazione che ci sta ancora davanti. Io credo che questo 50.mo del Concilio, nell’Anno della Fede, e questo evento di magistero supremo, che è la rinuncia del Papa, possano realmente rappresentare un’occasione di grande rilancio della bellezza, della verità, della bontà, dell’avvenimento di Cristo per il cuore dell’uomo di oggi. Io sono convinto di questo. Senza contare il fatto che – se prendiamo per esempio il documento sulla libertà religiosa o quello sul rapporto con i nostri fratelli ebrei – vediamo come sia ancora tutto da approfondire, da attuare, da esperire. Pensiamo al nostro Paese, l’Italia: quando è nato, il problema dell’immigrazione non esisteva, adesso stiamo assistendo a un mescolamento di popoli, che produrranno il nuovo cittadino europeo, assolutamente inedito. Io credo, quindi, che questi tre fatti insieme – il 50.mo del Concilio, l’Anno della Fede e questo gesto del Santo Padre – ridiano al Vaticano II tutto il suo spessore e ne mostrino tutta l’attualità. A noi di assumerlo responsabilmente.

    Tra i vescovi lombardi che oggi hanno partecipato all'udienza del Papa, in Vaticano, c'è anche il vescovo di Lodi, mons. Giuseppe Merisi. Al microfono di Alessandro Gisotti, il presule racconta l'emozione dell'ultimo incontro con Benedetto XVI:

    R. - Sentimenti di commozione e di emozione. Ci siamo tanto commossi nel vedere e nel sentire, nel salutare e nel ringraziare il Santo Padre. In questa ultima udienza, gli siamo stati vicini, ci siamo stretti a lui per ringraziarlo del suo grande dono. Ci parlava innanzitutto dell’Anno della Fede e del rapporto tra fede e carità... Ha concluso l’incontro invitando tutti noi a rileggere, a riprendere in considerazione, a valutare, a meditare e a pregare sia con il messaggio ultimo della Quaresima sia anche con il precedente Motu proprio sul segno della carità.

    D. - C’è qualche parola che in particolare l’ha colpita tra quelle pronunciate oggi dal Papa in questa ultima udienza?

    R. - Questo appello al tema della carità dove la carità è la verità della Fede, quindi questo invito a considerare l’impegno di dedizione - che per noi nasce dal dono del Signore, del suo Spirito, dall’Eucarestia - alle persone con cui viviamo, a cominciare dagli ultimi, dagli emarginati, da coloro che più degli altri hanno diritto alla nostra attenzione.

    D. - Cosa dirà ai suoi fedeli nella sua diocesi?

    R. - Dirò che il Papa ci ha pregato di sentire la nostra vita come spesa al servizio - in conseguenza della chiamata, del dono del Signore - della gente cui siamo affidati, assegnati e che lui si sentirà sempre vicino a ciascuno di noi, a ciascuna delle nostre realtà, a ciascuna delle nostre chiese.

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    Dal Papa il presidente del Guatemala: lotta a povertà e narcotraffico

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto, stamani, in udienza il presidente della Repubblica di Guatemala, Otto Fernando Pérez Molina. Durante l’incontro, informa una nota della Sala Stampa Vaticana, si è espressa “soddisfazione per le cordiali relazioni esistenti fra la Santa Sede e lo Stato guatemalteco”. Si è quindi “apprezzato il particolare contributo che la Chiesa offre allo sviluppo del Paese, specie nell’ambito dell’educazione, della promozione dei valori umani e spirituali, e con le attività sociali e caritative, tra l’altro durante il recente terremoto che ha colpito la popolazione”.

    Nel prosieguo della conversazione, aggiunge il comunicato, “si è convenuto sulla necessità di continuare a collaborare nella risoluzione dei drammi sociali della povertà, del narcotraffico, della criminalità organizzata e dell’emigrazione”. Infine, ci si è “soffermati sull’importanza della difesa della vita umana, fin dal momento del concepimento”.

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    Ior: il Papa rinnova per 5 anni la Commissione cardinalizia di vigilanza

    ◊   Benedetto XVI ha rinnovato per cinque anni la Commissione cardinalizia di Vigilanza dello Ior, l’Istituto per le Opere di Religione. La presidenza è affidata al cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, e ne fanno parte i cardinali Jean-Louis Tauran, presidente del Pontifico Consiglio per il Dialogo Interreligioso, Odilo P. Scherer, arcivescovo di São Paulo, Telesphore P. Toppo, Arcivescovo di Ranchi, e Domenico Calcagno, presidente dell'A.P.S.A, che subentra al cardinale Attilio Nicora, presidente dell'A.I.F.

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    Udienza e nomine

    ◊   Il Papa riceverà questo pomeriggio in Udienza il Senatore Mario Monti, Presidente del Consiglio dei Ministri d’Italia.

    In Canada, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Churchill-Baie d’Hudson, presentata da S.E. Mons. Reynald Rouleau, O.M.I., in conformità al can. 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico. Il Papa ha nominato Vescovo di Churchill-Baie d’Hudson il Rev.do P. Wiesław Krótki, O.M.I., Missionario a Igloolik, nel Grande Nord del Canada.

    In Tanzania, il Santo Padre ha nominato Vescovo Ausiliare dell’arcidiocesi di Dar-es-Salaam il Rev.do Titus Joseph Mdoe, del clero di Tanga, Vice Preside della St. Augustine University-Stella Maris College, nella diocesi di Mtwara, assegnandogli la sede titolare vescovile di Baanna.

    Il Papa ha nominato Nunzio Apostolico a Malta S.E. Mons. Aldo Cavalli, Arcivescovo titolare di Vibo Valentia, finora Nunzio Apostolico in Colombia.

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    P. Lombardi: forse Conclave prima di metà marzo, Papa a Castel Gandolfo per due mesi

    ◊   E’ portando il saluto del Papa ai giornalisti che padre Federico Lombardi ha aperto l’odierno briefing. Confermato l’incontro privato, nel pomeriggio, tra Benedetto XVI e il premier Mario Monti. Domani, in Piazza San Pietro all’Angelus, ci sarà anche il sindaco di Roma, Alemanno, con la Giunta ed il gonfalone della città. Il direttore della Sala Stampa Vaticana ha ipotizzato che il Conclave potrebbe svolgersi prima di metà marzo, se tutti i cardinali saranno giunti in Vaticano. Il Santo Padre, dal 28 febbraio, risiederà nell’alloggio abituale a Castel Gandolfo e probabilmente vi resterà per due mesi. Il servizio di Massimiliano Menichetti:

    Il Papa, dal 28 febbraio, sarà nell’alloggio abituale nel Palazzo Apostolico, a Castel Gandolfo, che non avrà i sigilli poiché non ci sono documenti particolari. Lo ha detto padre Federico Lombardi, parlando nel consueto briefing con i giornalisti e precisando che Benedetto XVI resterà probabilmente in questa residenza per due mesi, il tempo necessario per il restauro del monastero di clausura, in Vaticano, dove poi si ritrasferirà. Una decisone quella di tornare vicino alla Basilica Vaticana, ha nuovamente ribadito, per motivi di carattere “logistico organizzativo, di comunione, di sostegno di continuità spirituale con il suo successore”.

    Guardando agli Esercizi spirituali, che inizieranno domani alle ore 18, ha spiegato che il Pontefice non avrà attività pubbliche e che mons. Georg Gaenswein avrà con lui, come di prassi, un breve appuntamento per le “incombenze urgenti”. Sabato 23, nella mattinata, ci sarà la conclusione della settimana di ritiro e preghiera. Le tre meditazioni giornaliere del cardinale Gianfranco Ravasi saranno diffuse dalla Radio Vaticana tramite podcast: una, ogni sera, verrà messa in onda e tutte saranno sunteggiate sulla newsletter della Radio Vaticana. Successivamente, saranno pubblicate in versione integrale. Al temine degli Esercizi confermato l’incontro, da stabilire se pubblico o privato, con il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano. E guardando ai prossimi 27 e 28 febbraio ha aggiunto:

    "Secondo la Prefettura della Casa Pontificia, per l’Udienza Generale del 27 in Piazza San Pietro, ci sono già 35 mila presenze annunciate e naturalmente la cifra andrà ad aumentare. I fedeli e le autorità potranno salutare il Santo Padre in questa ultima occasione di presenza pubblica del Pontefice. Il 28, invece, come abbiamo detto ci sarà l’incontro con il Collegio dei cardinali e la partenza nel pomeriggio".

    Padre Lombardi ha detto anche che a Castel Gandolfo, nel pomeriggio del 28 febbraio, dove il Papa arriverà in elicottero, ci sarà verosimilmente un momento di saluto con “affaccio sulla piazza”.

    Ha quindi parlato delle notizie, diffuse a mezzo stampa, relative ai colloqui tra Benedetto XVI e Peter Seewald, il biografo che realizzò il libro-intervista proprio con il Papa “Luce del mondo”. Il direttore della Sala Stampa vaticana ha affermato che si tratta di informazioni non particolarmente nuove, relative a due colloqui, l’ultimo tra novembre e dicembre scorso, avuti con il Santo Padre in prospettiva di una biografia.

    Tornando ai temi del Conclave è stato spiegato che potrebbe iniziare, se tutti i cardinali saranno giunti in Vaticano, prima del 15-20 marzo; termine questo successivo all’inizio della "Sede Vacante", stabilito nel caso di morte di un Pontefice:

    "Nella Costituzione si dice tra i 15 e i 20 giorni: però, il termine è 'per attendere', cioè per dare a coloro che avessero bisogno il tempo necessario per arrivare in Vaticano. Nell’eventualità che i cardinali fossero già tutti qui, si potrebbe interpretare la Costituzione in un modo differente".

    Sollecitato sulla rinuncia del Papa e sulla nota editoriale per la Radio Vaticana in cui lo stesso padre Lombardi, oggi, ha parlato di “atto di governo del Santo Padre”, ha specificato:

    "Perché si pone in una prospettiva, come lui ha detto ripetutamente, in cui la Chiesa va avanti, in cui la Chiesa ha delle sue energie. Il Papa guarda all’elezione di un successore che abbia - come lui ha detto - vigore nel corpo e nell’animo, e una personalità che possa affrontare le sfide del nostro tempo nel modo adeguato, cosa che egli sentiva più difficile con il passare del tempo e con il diminuire delle forze".

    Infine, chiamato a rispondere sulla recente nomina di vertice dello Ior, padre Lombardi ha detto che il nuovo presidente dell’Istituto e il Consiglio di Sovrintendenza, nel quale Ernst von Freyberg è entrato a far parte, scadranno nel 2015.

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    Card. Wuerl: l’eredità del Papa, aver riproposto il Vangelo nell’epoca dell’eclissi di Dio

    ◊   Portare il mondo secolarizzato a un nuovo incontro con Dio. È in questo sforzo pastorale che brilla – e che resterà come eredità alla Chiesa – l’impegno profuso in questi anni da Benedetto XVI. Ad affermarlo è l’arcivescovo di Washington, il cardinale Donald Wuerl. La collega Susy Hodges della nostra redazione inglese gli ha chiesto quali momenti-simbolo del Pontificato conservi nel cuore:

    R. – I have two. One is an actual moment in time…
    Ne ho due. Uno è un momento concreto nel tempo, e come può immaginare, essendo io arcivescovo di Washington, include la sua visita negli Stati Uniti, circa cinque anni fa, e come egli abbia catturato il cuore delle persone, non solo dei cattolici, ma di tutto il Paese. La sua eccezionale omelia al Nationals Park ha posto a noi tutti la sfida di portare la nostra fede in quella che lui ha chiamato una “nuova Pentecoste” per fronteggiare il secolarismo crescente. Il secondo, probabilmente è il suo Sinodo per la Nuova evangelizzazione, che in un certo modo rappresenta il culmine di tutto quello che ha predicato nel corso del suo Pontificato: che questo è un momento nuovo nella vita della Chiesa, rigenerato del manifestarsi dello Spirito, e che il nostro compito è quello di rivolgerci a tutte quelle persone che si sono allontanate dalla pratica della fede: tutte quelle persone, specialmente quei giovani adulti, che pensano che la Chiesa non abbia niente da portare loro e quindi reintrodurre, riproporre loro il Vangelo di Cristo. Penso che questa sarà la sua perdurante eredità. Lui ha chiamato l’intera Chiesa universale a incentrare la sua attenzione su quello che potrà essere la missione della Chiesa nel futuro: portare questa generazione, questo mondo secolarizzato, a riconoscere di nuovo che Gesù è quella risposta a tutte quelle sconcertanti preoccupazioni del cuore umano, che non s’incontra altrove.

    D. – Cosa cambia con la rinuncia di Benedetto XVI al suo ministero?

    R. – I think that as he has related...
    Penso che, come lui ha detto nell’incontro con gli altri cardinali, abbia vagliato le esigenze del Papato contemporaneo. Ci sono due elementi nuovi nel Papato contemporaneo. Primo, la necessità di viaggiare, che ormai è diventata un’esigenza. Il ministero della presenza: il Papa deve essere presente per il suo gregge nel mondo. Questo, in sé è straordinariamente impegnativo. Secondo, il fatto che viviamo in un’epoca di comunicazione istantanea. Questa è un’epoca in cui le persone traggono la maggior parte delle loro informazioni da fonti differenti da quelle tradizionali, siamo nel mondo dei social media. Penso che abbia fatto un lavoro straordinario: ha viaggiato e allo stesso tempo ha iniziato a utilizzare i nuovi mezzi di comunicazione per rivolgersi al mondo. Ma sembra che ora lui stia dicendo che non ha più le energie per fare questo e che sia venuto il tempo che un'altra persona venga a continuare in quella direzione, andando avanti.

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    Una suora di clausura del "Mater Ecclesiae": Benedetto, Papa della preghiera

    ◊   In questi giorni è stato reso noto che il Papa, al termine del suo ministero petrino e dopo un periodo di soggiorno a Castel Gandolfo, risiederà nel monastero “Mater Ecclesiae” in Vaticano. Proprio lì, fino ad ottobre scorso, si trovavano sette suore di clausura Visitandine, in maggioranza spagnole. L’unica italiana tra di loro era suor Maria Francesca. A lei Benedetta Capelli ha chiesto un ricordo di quel periodo e di Benedetto XVI:

    R. – E’ stata un’esperienza unica, ed è un’esperienza di quelle per cui uno comincia a misurare la vita da “prima” di questo e “dopo” questo. Quello che l’ha caratterizzata è stata essenzialmente la presenza del Santo Padre, cioè questa vita data e offerta per lui con una vicinanza, tra l’altro, fisica: la posizione del monastero è dentro i Giardini Vaticani. Proprio questa vicinanza implicava dei contatti con il Santo Padre ed il primo, il più importante in assoluto, è quello della preghiera. Noi eravamo lì essenzialmente per lui, per la Chiesa, per i suoi collaboratori della Curia. Tutte le mattine, aprendo le finestre della nostra casa, vedevamo il Palazzo Apostolico ed era un modo per mandare la preghiera quasi “fisicamente” verso di lui. Personalmente, l’abbiamo incontrato due volte: è venuto a celebrare la Messa al monastero il 14 dicembre 2010, perché nel 2010 l’Ordine della Visitazione ha celebrato il IV centenario della fondazione; poi l’abbiamo rivisto anche il 14 ottobre 2012, una settimana prima di lasciare il Vaticano: in questo caso siamo andate noi a casa sua, al Palazzo Apostolico, e l’abbiamo incontrato. Quello che colpisce sempre è la sua grandissima capacità di contatto, diretto e profondo, con la persona che ha davanti. Si dice della sua dolcezza, della sua vicinanza: tutte cose bellissime e verissime. Ma quello che a noi – e non parlo solo per me, in questo caso – ha toccato di più, è stata proprio questa sua apertura alla persona che ha davanti. E questo ha una radice profonda che è quella della preghiera, per portare lo sguardo di Dio anche nell’incontro personale di un momento.

    D. – Suor Maria Francesca, lei che sentimenti ha provato quando ha saputo della rinuncia al ministero petrino da parte di Benedetto XVI?

    R. – In un primo momento, quasi non ci volevo credere, perché mi sembrava impossibile. Però, è stata una questione di una frazione di secondo. Il secondo sentimento, è stato proprio quello di vedere in questo la santità e la grandezza di questo Papa che ha saputo portare avanti un ministero, oggettivamente molto difficile e molto pesante, sempre con il sorriso, sempre nella volontà di Dio, sempre cercando di capire quale fosse il disegno di Dio su di lui. E quando ha capito - come lui stesso ha detto - che non poteva più farlo con la stessa energia di cui c’era bisogno, semplicemente ha visto in questo la volontà di Dio e si è ritirato. Quindi, direi che per me è stato una conferma, quasi un ulteriore sobbalzo d’amore nei suoi confronti.

    D. – In questi ultimi giorni, Benedetto XVI ha ribadito più volte la necessità della preghiera, anche per affrontare questo momento particolare per la Chiesa universale…

    R. – E’ chiaro per me e soprattutto per noi che abbiamo vissuto lì e che abbiamo potuto vivere la dimensione della preghiera, cioè la dimensione fondante della nostra vocazione. E’ questo aprirsi… perché la preghiera, in effetti, è un aprirsi al mistero di Dio che vuole comunicarsi all’uomo e un portare tutta l’umanità a Dio. Il valore della preghiera è proprio questo, ed è per questo che il ministero del Papa – lo diceva anche Giovanni Paolo II – è la preghiera. Benedetto XVI scegliendo questo passaggio nella sua vita, scegliendo non di tornare – ad esempio – in una istituzione accademica, ma di ritirarsi in un luogo che è nato come luogo di preghiera, da a tutti questo messaggio, dice: la Chiesa, prima di tutto, ha bisogno di aprirsi a Dio; la persona che prega e che lo fa per vocazione, come siamo noi, come è lui, non fa altro che essere questo testimone e questo portare Dio all’uomo e l’uomo a Dio. E’ per questo che il Santo, cioè la persona che è in relazione con Dio, la persona che prega è una persona luminosa, come è luminoso lui, come lo è sempre stato.

    D. – Benedetto XVI ha dedicato molte catechesi proprio alla preghiera, la definisce “un modo per aiutare chi ci è vicino ad entrare nel raggio luminoso della presenza di Dio” …

    R. – E’ esattamente così. Infatti, quando una persona vive a contatto con il Signore, non è mai solo per se stesso. Il Signore prende possesso di questa persona, e ne prende possesso – tra l’altro – in tutte le dimensioni: non solo quella spirituale, ma anche nella dimensione umana. Ed è questo che fa sì che la luce si irradia all’intorno. La persona che prega attrae, nella luce di Dio, e trasmette la luce di Dio: diventa un punto luminoso.

    D. – A nome delle sue consorelle, vorrebbe lasciare un messaggio, dire qualcosa in questo particolare momento, a Papa Benedetto XVI?

    R. – Lo amiamo tanto. Lo abbiamo amato tanto e lo amiamo tanto.

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    Il Papa ai vescovi liguri: la figura di Pietro non tramonta. Il card. Bagnasco: è nel nostro cuore

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto ieri mattina i vescovi della Conferenza episcopale della Liguria, in vista “ad Limina”, guidati dall'arcivescovo di Genova e presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco. Alessandro Guarasci lo ha intervistato chiedendogli in quale clima si sia svolto l'incontro:

    R. – Un clima cordialissimo, affettuoso e commosso. Eravamo molto commossi tutti e non per modo di dire. Parlando con il Santo Padre, la voce si è incrinata più di una volta: questa è una cosa bella, che esprime quanto il Papa sia entrato nel cuore di noi vescovi e del popolo di Dio. Quindi, questo velo di tristezza, di malinconia è naturale, è umanissimo. Credo sia bello anche se non rimane chiuso in se stesso, perché dev’essere vissuto ed è vissuto da tutti noi nell’orizzonte della fede, per cui il Signore guida la Chiesa, è il Pastore dei pastori, e la Chiesa è solida perché è nelle mani del suo Signore.

    D. – La figura di Pietro, quindi, non tramonta…

    R. – Assolutamente no! Non tramonta la figura di Papa Benedetto, nel senso che rimane nel cuore di tutti. Non tramonta la presenza – grazie a Dio – della persona di Joseph Ratzinger.

    D. – Quali indicazioni vi ha dato?

    R. – Ci ha molto incoraggiato nel proseguire l’opera, il ministero pastorale nelle nostre diocesi. Ci ha invitato a non scoraggiarci mai, perché anche se le sfide sono grandi, evidentemente, Dio è più grande. Secondo, più di una volta, interloquendo con qualche vescovo che raccontava della sua diocesi, sottolineava il fatto di certi elementi positivi che venivano messi in luce, anche in mezzo a delle problematiche, ovviamente, e su questo egli insisteva: "Ecco, questi sono segni che Dio è presente, che non ci abbandona mai, che è Lui che poi guida la Sua Chiesa attraverso noi pastori", e noi dobbiamo partire sempre dai segni della presenza di Dio e da qui guardare la realtà intera, anche negli aspetti problematici che ci sono. Ma sempre, però, a partire dal positivo perché il Signore è con noi. E’ un atto di giustizia, di fede e di giustizia verso l’azione di Dio.

    D. – Il Papa è da sempre attento ai problemi del lavoro. In Liguria, in questo momento, vi sono diverse vertenze aperte. Lei è preoccupato?

    R. – Come sempre. E’ mio dovere di arcivescovo di Genova e poi, in termini più ampi, come presidente della Cei, seguire anche – insieme ai miei confratelli vescovi – queste problematiche che oggi sono estremamente acute e diffuse. Nello stesso tempo, insieme alla preghiera, cercare di sostenere, di esortare, di incoraggiare attraverso le parrocchie tante necessità, vecchie e nuove, che si sono aperte. Ma nello stesso tempo – terzo elemento – percorrere tutte le vie possibili per portare il nostro contributo – da pastori, certo, non da esperti, da tecnici o da politici – perché le vertenze, i problemi legati all’occupazione, specialmente dei giovani ma non solo, possano essere risolte al più presto. La gente questo lo sa, i lavoratori lo sanno – sia a Genova sia nelle altre diocesi – e direi che riconoscono questa vicinanza dei Pastori e della Chiesa alle loro preoccupazioni.

    All'incontro con il Papa, c’era anche il vescovo di Ventimiglia-San Remo, mons. Alberto Maria Careggio. Ascoltiamolo al microfono di Sergio Centofanti:

    “L’incontro è stato molto emozionante. Eravamo tutti particolarmente in attesa di poter vedere il Santo Padre, il quale ci ha accolto con la stessa amabilità delle altre volte. È stato attentissimo ai problemi delle nostre diocesi, interessandosi proprio nei dettagli. Per questo motivo, questo incontro è stato molto carico sia di emozione che di attenzione da parte del Santo Padre. Noi l’abbiamo trovato molto tranquillo, molto sereno. Ci ha ovviamente invitato a pregare per lui. Non solo, ha affermato che la figura di Pietro non tramonta, e quindi ci ha esortato ad essere tanto uniti alla Chiesa e di saper pregare, perché la promessa di Gesù a Pietro è una promessa che non viene meno”.

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    Padre Lombardi: il Papa non ha esercitato un potere ma svolto una missione

    ◊   Per chi lo conosceva bene era chiaro che stava "svolgendo una missione ricevuta piuttosto che esercitare un potere posseduto". Nel suo editoriale per la Radio Vaticana, il direttore generale padre Federico Lombardi torna con queste parole sulla rinuncia di Benedetto XVI al ministero petrino. Con il Papa, scrive padre Lombardi, resterà "una comunione intensa in una libertà assoluta":

    La dichiarazione della rinuncia al Pontificato da parte di Benedetto XVI lunedì scorso ha scosso il mondo, tanto era inaspettata ed inusuale per i più, dentro e fuori la Chiesa e il Vaticano. Tutti ne siamo stati profondamente toccati e stiamo ancora cercando di mettere a fuoco la sua portata e il suo significato.

    Ma, per essere sinceri, è una decisione che ha stupito più chi non lo conosceva, che chi lo conosceva bene e lo seguiva con attenzione. Aveva parlato chiaramente di questa eventualità in tempi non sospetti, nel libro-intervista “Luce del mondo”; aveva un modo sempre discreto e prudente di parlare degli impegni futuri del suo pontificato; era assolutamente chiaro che stava svolgendo una missione ricevuta piuttosto che esercitare un potere posseduto. Davvero non era stata falsa umiltà quella con cui si era qualificato all’esatto inizio del pontificato come “un umile lavoratore nella vigna del Signore”, sempre attento ad impiegare con saggezza le sue forze fisiche non esuberanti, per poter svolgere al meglio il compito immenso affidatogli, in modo per lui inaspettato, in un’età già piuttosto avanzata.

    Mirabile saggezza umana e cristiana di chi vive davanti a Dio nella fede in libertà di spirito, conosce le sue responsabilità e le sue forze, e indica con la sua rinuncia una prospettiva di rinnovato impegno e di speranza. Un grande atto di governo della Chiesa, non tanto, come qualcuno pensa, perché Papa Benedetto non sentisse più le forze per guidare la Curia romana, quanto perché affrontare oggi i grandi problemi della Chiesa e del mondo, di cui egli è più che consapevole, richiede forte vigore e un orizzonte di tempo di governo proporzionato a imprese pastorali di ampio respiro e non piccola durata.

    Benedetto non ci abbandona nel tempo della difficoltà, con fiducia invita la Chiesa ad affidarsi allo Spirito e ad un nuovo Successore di Pietro. In questi giorni ha detto di sentire quasi fisicamente l’intensità della preghiera e dell’affetto che lo accompagna. Noi sentiremo a nostra volta l’intensità unica della sua preghiera e del suo affetto per il Successore e per noi. Probabilmente questo rapporto spirituale sarà ancora più profondo e più forte di prima. Comunione intensa in una libertà assoluta.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Il tempo del silenzio: dopo l'appuntamento con i fedeli per l'Angelus il Papa inizia in Vaticano gli esercizi spirituali quaresimali con la Curia romana.

    L'arte della preghiera: nell'informazione vaticana, intervista di Nicola Cori al cardinale - Gianfranco Ravasi che illustra i temi delle meditazioni che proporrà al Papa e alla Curia romana durante gli esercizi spirituali.

    Grande lezione di vita: i cardinali sulla decisione di Benedetto XVI. In un'intervista, l'arcivescovo Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato, definisce la scelta del Papa "un esempio di trasparenza".

    La famiglia risorsa vitale della società: l'arcivescovo Vincenzo Paglia alle Nazioni Unite.

    Comunità rurali e lotta alla fame: nell'informazione internazionale, l'appello del Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo a rafforzare i partenariati locali.

    Mille e un incontro: in cultura, Isabella Farinelli recensisce una mostra, a Roma, sulle vie della seta tra Oriente e Occidente.

    Costretta a crescere in fretta: Gaetano Vallini sul film "Re della terra selvaggia" che ha per protagonista una bambina.

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    Oggi in Primo Piano



    Siria: l’Europa discute della possibilità di fornire armi ai ribelli proposta da Londra

    ◊   In Siria, prosegue senza sosta l’esodo dei civili in seguito agli scontri tra esercito e ribelli in varie zone del Paese. La situazione sarà al centro del Consiglio dei ministri degli Esteri europei, in programma lunedì prossimo a Bruxelles. In cima all’agenda, c’è il rinnovo del pacchetto di sanzioni deciso a novembre, che scade a fine mese. Tuttavia, secondo fonti diplomatiche, si discuterà anche della proposta britannica di modificare l’embargo delle armi in modo da poter rifornire l’opposizione. Sulla questione, Eugenio Bonanata ha raccolto il parere di Maria Grazia Enardu, docente di Storia delle relazioni internazionali all’Università di Firenze:

    R. - Gli europei, e in questo caso gli inglesi, hanno finalmente preso atto del fatto che non solo in Siria arrivano armi - e tante - ma che l’unico modo che hanno per favorire quei gruppi con cui domani l’Europa o gli occidentali possono avere rapporti è fare in modo che le armi arrivino anche a loro, e non a gruppi legati invece a movimenti fondamentalisti o comunque considerati eversivi.

    D. - Pare che la reazione della Francia sia stata tiepida...

    R. - Noi parliamo sempre di Siria. Però, quando si parla di Francia o di Europa bisogna anche pensare al Libano. Da parte di tutti c’è estrema prudenza, perché il destino della Siria rischia poi di influenzare quello del Libano e la Francia - che è stata potenza mandataria nei due Paesi - conosce benissimo le complicazioni, la frammentazione di quella società, e quindi è prudente con perfetta nozione di causa.

    D. - Secondo lei, questa situazione in Europa può acuire le spaccature in Siria?

    R. - Tutta l’opposizione siriana è estremamente frammentata: non solo i movimenti di ideologie contrastanti, ma anche e soprattutto tra chi sta dentro il Paese e combatte - teniamo presente che c’è largo spazio per i comandanti militari - e chi sta fuori, da esule, e poi spera di tornare e in qualche modo governare la situazione. Come tutte le situazioni sul campo, questa si evolve con una sua dinamica.

    D. - Tra l’altro, l’opposizione proprio in queste ore ha lanciato un appello ai dissidenti all’estero, chiedendo di tornare per amministrare le zone liberate…

    R. - Si spera che tornino in modo migliore di quanto non abbiano fatto gli esuli, che rientrarono in Iraq senza conoscere più il Paese da cui erano partiti.

    D. - A livello internazionale, la Russia ha ribadito che non è più in grado di dialogare con Assad. Quali saranno le conseguenze?

    R. - La Russia ormai da settimane - se non addirittura da mesi - se ne è praticamente lavata le mani. Però, ha anche uomini e corposi interessi e sta cercando letteralmente una via d’uscita. È possibile che nelle prossime settimane Russia, Unione Europea o comunque Paesi occidentali, collaborino in questo senso anche senza farlo sapere troppo.

    D. - Intanto, sul terreno i profughi aumentano ogni giorno: 180 mila quelli registrati ufficialmente solo in Turchia…

    R. - I profughi sono una marea e stanno mettendo in crisi Paesi deboli come la Giordania. Sarebbe interessante, ma non se ne parla, qual è la composizione etnica dei profughi: se quelli a partire sono in maggioranza alawiti, sciiti, sunniti o cristiani o altri ancora, perché si sta operando nel Paese una sorta di pulizia etnica che domani diventerà la nuova Siria.

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    Tunisia, gli islamisti di Ennahda in piazza. Rinviata la formazione del governo tecnico

    ◊   È cominciata, a Tunisi, la manifestazione convocata dal partito islamista di maggioranza, Ennahda. Già da metà mattinata, gruppi di militanti hanno percorso le strade del centro città, scandendo slogan a favore del partito e contro il suo stesso "numero due", il premier Hamadi Jebali, che vorrebbe formare un governo tecnico. Il servizio di Davide Maggiore:

    Sono ore cruciali per la Tunisia, che attraversa la crisi più importante dai giorni della ‘rivoluzione dei gelsomini’ nel gennaio 2011. Ennahda, partito guidato da Rachid Ghannouci, vuole portare in piazza un milione di persone contro il progetto di Jebali, che molti consideravano un candidato alla successione del leader. Il premier, da parte sua, ha rinviato l’annuncio della composizione del governo, inizialmente previsto per oggi: altre consultazioni dovrebbero svolgersi lunedì, e non è stata fissata una nuova data per la formazione dell’esecutivo. Secondo alcune analisi Jebali, che ha il sostegno di molti partiti laici ma anche di una parte di Ennahda, potrebbe tornare sulla sua decisione iniziale e includere tra i ministri, oltre ai tecnici, anche qualche personalità politica: una mossa che potrebbe ricompattare il partito islamista. Si svolgono oggi, invece, altre due manifestazioni in memoria di Chokri Belaid, l’esponente dell’opposizione di sinistra ucciso il 6 febbraio scorso a Tunisi: secondo la famiglia, i responsabili sarebbero parte di una milizia vicina ad Ennahda, che tuttavia ha respinto le accuse.

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    Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica

    ◊   Nella prima Domenica di Quaresima, la liturgia ci presenta il Vangelo delle tentazioni di Gesù nel deserto. Gesù, “pieno di Spirito Santo” vince il tentatore e ribatte alle sue insinuazioni, dicendo:

    “Sta scritto: 'Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto'”.

    Su questo brano evangelico ascoltiamo una breve riflessione di don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma:

    Il popolo cristiano, convocato dal profeta Gioele già il Mercoledì delle Ceneri, per iniziare un cammino di vera conversione, è consapevole che per affrontare vittoriosamente il combattimento contro lo spirito del male, ha bisogno delle armi della penitenza. Ha già sperimentato durante la sua iniziazione alla vita cristiana che non può resistere alle seduzioni del mondo, ai desideri della carne e alle menzogne del demonio senza amare Dio con tutto il cuore, con un digiuno che gli ricordi che non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio; senza amare Dio con tutta la mente e con tutta l’anima in una preghiera che rimettendo Dio al suo posto di Creatore e l’uomo in quello di creatura, riconosca che solo nella volontà del Padre avrà la vita; e senza amare Dio con tutte le forze con un’elemosina che, rinnovando la rinuncia che un giorno ha fatto agli idoli, in particolare al denaro, per servire il Dio vivente, gli apra il cuore alle necessità dei fratelli e di tutti i bisognosi. Davanti a noi – e insieme a noi – già vittorioso, sta il nostro Signore Gesù. Entriamo con gioiosa libertà in questo tempo di combattimento e di grazia, accompagnati dalla Vergine Maria, per prepararci alle celebrazioni della Pasqua e confessare la vittoria di Cristo sopra la morte e la sua risurrezione, come garanzia della nostra vittoria sopra la morte e della nostra risurrezione.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    La rinuncia del Papa: per ordinari cattolici di Terra Santa "atto di fede e coraggio"

    ◊   “Un atto di coraggio e di fede” così gli Ordinari cattolici di Terra Santa salutano la decisione di Benedetto XVI di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma. In un messaggio indirizzato al Papa gli ordinari cattolici, nella persona del loro presidente, il patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, esprimono “la riconoscenza di tutti gli abitanti di Israele, Palestina, Giordania e Cipro, di tutti i fedeli che vi vivono, ebrei, cristiani, musulmani, drusi”. I presuli - riferisce l'agenzia Sir - ricordano i due viaggi compiuti dal Papa in Terra Santa e Cipro, nel maggio 2009 e nel giugno 2010, nei quali “ci ha invitato a non avere paura di camminare nella libertà e nella verità sui cammini che conducono ad una cultura di pace che si costruisce con dei gesti reali di perdono reciproco e di riconciliazione dei cuori". "Santo Padre - concludono gli Ordinari cattolici - ci sarà difficile dimenticare la sua fede autentica, il suo ‘sentire cum Ecclesia’, il suo senso del dovere realizzato nella fedeltà e nella dedizione, il suo esempio di onestà intellettuale e la sua grande semplicità e profonda umiltà”. (R.P.)

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    Elezioni in Ecuador: i vescovi invitano a votare per un'autentica democrazia

    ◊   Domani, circa dodici milioni di ecuadoregni sono chiamati alle urne per eleggere un nuovo presidente della Repubblica, il vicepresidente, e i membri del Parlamento. Otto i candidati tra cui l’attuale capo del governo Rafael Correa che dovrà superare il 40% dei voti con almeno dieci punti percentuale di vantaggio rispetto agli altri aspiranti: l’ex- banchiere Guillermo Lasso; l’ex presidente Lucio Gutiérrez, gli ex-alleati di Correa, Alberto Acosta e Norman Wray, il magnate delle banane Álvaro Noboa, il pastore evangélico Nelon Zavala, e il giovane indipendente Mauricio Rodas. Dopo un decennio di destituzioni, colpi di stato, rinunce e sostituzioni che caratterizzarono la sedia presidenziale, nel 2006, con l’elezione di Correa, l’Ecuador è entrato in un periodo di stabilità politica e soprattutto, economica dovuta in gran parte alla sostenuta crescita dei prezzi del petrolio la principale risorsa del Paese, e la fluidità delle rimesse provenienti dai tre milioni di ecuadoriani residenti all’estero, calcolate in tre miliardi e mezzo di dollari annui. La riforma costituzionale, finita con l’approvazione della nuova Carta Magna nel 2008, e la ratificazione del Presidente nel 2009, è stata seguita da una serie di politiche all’insegna del socialismo del XXI secolo propugnato del vicino presidente venezuelano Hugo Chávez. Infatti, l’Ecuador fedele alleato delle politiche integrazioniste dell’America Latina, fa parte dell’Alleanza Bolivariana delle Americhe (Alba) controproposta al sistema di alleanza commerciale introdotta dagli Stati Uniti (Alca), la Comunità degli Stati Latinoamericani e Caribici (Celac) e l’Unione delle Nazioni Sudamericane (Unasur), ma ha pure intrapreso rapporti con Paesi come la Cina, Iran e Russia. Nonostante, la stabilità e la popolarità acquisita in questi anni con l’investimento in infrastrutture, educazione e salute, l’attuale governo è accusato di presidenzialismo e personalismo, di trasgressione all’indipendenza dei poteri dello Stato, di violazione alla libertà di espressione e alcuni casi di corruzione ancora latenti. I vescovi dell’Ecuador, in un messaggio pubblicato a gennaio, in apertura della campagna elettorale, hanno sottolineato che in una società democratica è il cittadino che delega il potere ai propri governanti, e quindi ricorda al potere politico che “non si tratta un popolo come una moltitudine amorfa che si può manipolare o strumentalizzare”. In questo senso, i vescovi hanno esortato il governo a rispettare l’ordinamento giuridico come anche la divisione e l'autonomia tra i poteri dello Stato. L’episcopato ha chiamato gli elettori ad esercitare il proprio diritto e dovere di votare con coerenza in favore della difesa della vita dal concepimento alla fine naturale, della famiglia costituita da un uomo e una donna, della libera scelta dei padri alla educazione dei figli. Il documento dei presuli ricorda inoltre, che i laici cristiani hanno l’obbligo morale di discernere circa la compatibilità delle proposte politiche con la fede e la morale di vita cristiana e, pertanto, non devono aderire a sistemi ideologici che si oppongano a essa. Più di 320 osservatori internazionali partecipano all’elezioni, in maggioranza da organizzazioni del continente americano, come l’Organizzazione di Stati Americani (Oea) e l’Unione delle Nazioni Sudamericane (Unasur), ma anche l’Unione Africana, la Lega Araba e l’Associazione dei Paesi del Sudest Asiatico (Asean). L’Unione Europea che non è stata invitata. (A cura di Alina Tufani)

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    Siria: al via una Campagna per riscattare i cristiani sequestrati

    ◊   Si chiama “Riscatta un cristiano” ed è una campagna di preghiera e solidarietà concreta per salvare i sequestrati in Siria: come riferito all’agenzia Fides, gli ordini religiosi presenti in Siria, come le suore Trappiste e i Missionari del Verbo Incarnato, in piena sintonia con le Chiese locali, chiedono, in occasione della Quaresima, una mobilitazione internazionale per intervenire sul preoccupante fenomeno dei sequestri. In Siria i rapimenti a scopo di estorsione colpiscono in modo sempre più diffuso cristiani e, nel complesso, si è giunti a contare oltre 1.800 vittime, di diversi gruppi e religione. L’ultimo caso che ha allarmato le Chiese siriane riguarda due sacerdoti di Aleppo: Michel Kayyal (armeno cattolico) e Maher Mahfouz (greco ortodosso), rapiti il 9 febbraio da un gruppo di ribelli armati sulla strada che da Aleppo conduce a Damasco. Nonostante i tentativi e le ricerche dei fedeli locali, non si hanno ancora notizie dei due rapiti, né si conosce il gruppo dei sequestratori. La campagna “Riscatta un cristiano” ricorda l’opera che sorse nel 1200 ad opera di S. Pietro Nolasco, fondatore dell’Ordine religioso dei frati Mercedari. I frati si occupavano fattivamente del riscatto degli schiavi e dei prigionieri, avviando contatti e trattative che portavano alle cosiddette “redenzioni”. “Oggi chiediamo di unirvi a questa opera di misericordia, la nuova Mercede, per la liberazione dei nostri fratelli cristiani e per ottenere la liberazione della Siria dal dolore e dalla disgrazia che oggi imperversa: solo un reale percorso di dialogo interno e la volontà delle potenze internazionali potrà portare la pace, il dono più grande per il Medio Oriente e per il mondo intero”, recita l’appello che lancia la Campagna, inviato all’agenzia Fides dalle suore Trappiste che quotidianamente aggiornano il blog “Ora pro Siria”. La raccolta di fondi sarà convogliata ai Missionari del Verbo Incarnato di Aleppo, impegnati attivamente nell’opera di riscatto. L’iniziativa trova il favore dell’Ordine della Mercede: interpellato da Fides, padre Emilio Santamaría Fernández, vicario dell’Ordine e direttore per le vocazioni e la formazione, dichiara: “E’ una iniziativa lodevole, che rientra nel nostro carisma. E’ una autentica opera di misericordia. Oggi come Mercedari, siamo impegnati più con i carcerati e con i minori abbandonanti, ma siamo sempre vicini ai cristiani perseguitati”. Un aumento esponenziale dei rapimenti di civili si registra anche nella provincia di Jazira, nell'alta Mesopotamia siriana: come riferisce a Fides Jacques Behnan Hindo, arcivescovo siro-cattolico del capoluogo Hassaké, nelle ultime settimane, in città si sono registrati almeno 50 sequestri, circa la metà di cristiani. Le comunità civile ha organizzato marce e manifestazioni pubbliche di protesta. Secondo fonti locali di Fides, la piaga dei sequestri nel conflitto siriano ha fatto oltre 1.800 vittime, quasi tutti civili, uomini e donne di diversi gruppi e comunità religiose. I rapimenti sono utilizzati da gruppi armati presenti sul terreno per ottenere riscatti, per vendette, o per lo scambio di prigionieri. Fra le altre storie di sequestrati, segnalate a Fides, vi è quella dei due fratelli di padre Naïm Garbi, rettore del seminario greco-cattolico di Raboueh, rapiti dal loro villaggio di Dmeineh Sharkieh, vicino Qusayr, a giugno 2012. Nel caso dei sette cristiani armeni rapiti da un gruppo armato a novembre 2012, mentre si recavano in autobus da Aleppo a Beirut, i rapitori hanno chiesto, in cambio del loro rilascio, la liberazione di 150 fra soldati e militanti dell’opposizione siriana, fatti prigionieri dall’esercito regolare. (R.P.)

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    Egitto: estremisti salafiti attaccano una chiesa copta

    ◊   Grave episodio di violenza contro una chiesa copta, ieri, in Egitto. A finire nel mirino della frangia estremista salafita, la chiesa di San Giorgio nel villaggio di Sarsena, nel distretto di Tamiya, dalla metà degli anni Ottanta punto di riferimento per la comunità copta locale che conta circa 200 famiglie. I fatti sono avvenuti nella provincia di Fayoum, a un centinaio di km a sud-ovest del Cairo. Questa la dinamica dei fatti, secondo quanto riportato dall'agenzia AsiaNews: un gruppo di salafiti ha aizzato la violenza dei musulmani contro l’edificio definendolo “illegale” perché vicino a una zona abitata da musulmani. Nel chiederne, dunque, la distruzione, si è passati al lancio di pietre contro la chiesa, che hanno causato danni alla croce e alla cupola, nonché il ferimento lieve di un sacerdote, padre Domadios, che è stato tratto in salvo da una famiglia islamica. Già tre mesi fa gli estremisti avevano fatto un buco nel muro del luogo di culto per tenere sotto controllo le attività dei cristiani. (R.B.)

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    Centrafrica: l’appello dei vescovi contro la violenza

    ◊   Un appello affinché venga aperta un’inchiesta per punire i responsabili dei crimini e delle atrocità commesse è stato rivolto alla comunità internazionale da un gruppo di vescovi centrafricani in un messaggio inviato al ritorno da una missione nelle regioni centrosettentrionali occupate dai ribelli, in cui hanno potuto osservare il susseguirsi di saccheggi, atti di vandalismo, stupri, omicidi e incendi di interi villaggi. Tra i presuli che l’hanno firmato – precisa Misna - il vescovo di Bambari e presidente della Conferenza episcopale locale, mons. Edouard Mathos, e l’arcivescovo di Bangui, mons. Dieudonné Nzapailinga, che parlano di “sofferenze inutili e distruttrici convenienti soltanto a quelli che hanno preso le armi e pretendono di difendere l’interesse del popolo”. Dal 10 dicembre scorso la Repubblica Centrafricana è tornata a sprofondare nella violenza: in pochi giorni la coalizione di Seleka, che riunisce diversi elementi dissidenti di vecchie ribellioni, è riuscita a conquistare importanti località del centro-nord, in aperto contrasto con il presidente Francois Bozize, al potere dal 2003 in seguito a un colpo di Stato, ma poi riconfermato nel 2011. Nonostante l’ingresso nel governo di Seleka, cui sono stati affidati i ministeri della Difesa, della Comunicazione e delle Foreste, la formazione non ha fermato l’offensiva verso Dekoa e accusa il Presidente di aver violato gli accordi di pace di Libreville, firmati l’11 gennaio scorso. Gli scontri finora hanno causato la fuga verso il Congo di circa 8.500 persone. In base all’intesa siglata, comunque, la transizione durerà un anno, durante il quale il Presidente non potrà destituire il capo del governo, e al termine del quale si svolgeranno le elezioni legislative. Il capo dello Stato, inoltre, si è impegnato a non candidarsi per un nuovo mandato nel 2016. (R.B.)

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    Congo: contrasti tra Paesi africani e Onu sulla forza neutra nei Grandi Laghi

    ◊   Contrasti e polemiche impediscono la costituzione della forza internazionale neutra incaricata di dare la caccia alle “forze negative” (gruppi di guerriglia) nella Regione dei Grandi Laghi e in particolare nel Nord Kivu (est della Repubblica Democratica del Congo). La creazione della forza era stata decisa nel corso di un Vertice ad Addis Abeba della Conferenza Internazionale sulla Regione dei Grandi Laghi. I contrasti sono nati tra la Sadc (Comunità degli Stati dell’Africa Australe), sotto la cui responsabilità dovrebbe essere costituita la forza, e l’Onu. Quest’ultima, appoggiata da Francia e Stati Uniti, vuole che i 4.000 militari da inviare nella regione siano posti sotto la sua egida. La Sadc (con Sudafrica e Tanzania in testa e sembra con l’appoggio di Londra) invece vuole che la forza sia un’operazione interamente africana senza il coinvolgimento dell’Onu, che ha già sul terreno i Caschi Blu della Monusco. L’invio di nuovi soldati nella Rdc non ha inoltre incontrato l’unanimità in Sudafrica. I militari sudafricani fanno già parte della Monusco e altre truppe sudafricane sono state inviate in Centrafrica. L’esercito sudafricano secondo la stampa locale potrà contribuire alla nuova forza con un massimo di un centinaio di soldati. Troppo pochi per un Paese che non vede di buon occhio le ingerenze militari di potenze extra africane nel continente, ma che non è in grado da solo di gestire le emergenze che si presentano sui diversi fronti aperti in Africa. (R.P.)

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    Cina: si è spento mons. Giovanni Battista Liu Jingshan

    ◊   Il 4 febbraio corrente è deceduto mons. Giovanni Battista Liu Jingshan, vescovo emerito della diocesi di Yinchuan (Ningsia), nella Regione Autonoma di Ningxia (Cina Continentale). Il presule aveva quasi 100 anni. Era nato il 24 ottobre 1913 da una famiglia cattolica, nell’attuale diocesi di Bameng, nella Mongolia Interna. A sedici anni cominciò il suo percorso vocazionale nel seminario minore, proseguendolo con la formazione filosofica e teologica presso il seminario maggiore dal 1935 al 1942, durante l’occupazione giapponese. Ordinato sacerdote nel 1942, lavorò dapprima come parroco e, successivamente, presso il seminario minore. Nel 1951 fu imprigionato ed inviato a un campo di lavoro, dove rimase, pascolando i porci, per quasi venti anni. Liberato nel 1970, per diversi anni si mantenne lavorando come fattore nella sua casa di campagna. Nel 1979 riprese il lavoro pastorale e l’insegnamento. Considerato un “criminale politico”, nel 1983, all’età di settant’anni, venne inviato ad occuparsi della diocesi di Yinchuan, dove spesso diceva: “Devo fare ancora qualcosa per il Signore: trovare la strada per costruire la chiesa”. In tre anni portò a termine la costruzione della cattedrale. Il 1° agosto 1993 fu ordinato vescovo. Il 21 dicembre 2007 partecipò all’ordinazione del suo coadiutore, mons. Giuseppe Li Jing. Mons. Liu, vero padre della Chiesa nella Regione Autonoma di Ningxia, è ricordato per la tenace opera di ricostruzione della Chiesa dopo gli anni duri della Rivoluzione Culturale, in una regione vastissima e di ampia presenza musulmana, con clima rigido e disagiato. L’anziano presule diceva spesso ai suoi interlocutori: “Nonostante che abbia trascorso 19 anni di prigionia, amo la mia Patria. E non solo la Patria: io amo anche la mia Chiesa”. Spendendosi come gli era permesso, anche viaggiando per lunghi chilometri in bicicletta per servire i fedeli e raccogliere le poche risorse, mons. Liu ha permesso la rinascita spirituale e materiale della Chiesa in una regione nella quale il cattolicesimo era stato quasi completamente distrutto. Al momento del suo arrivo, la diocesi di Yinchuan contava solamente due sacerdoti e un piccolo pezzo di terra edificabile: oggi ha 15.000 cattolici, assistiti da 12 sacerdoti in 14 chiese e da una ventina di suore di due congregazioni religiose. I funerali sono stati celebrati l’8 febbraio nella cattedrale di Yinchuan, e la salma è stata tumulata nella chiesa di Xuhezhuang, Helan. Mons. Liu, uno degli ultimi sacerdoti ordinati prima dell’avvento del comunismo in Cina, è rimasto esemplare testimone non solo di un’epoca nella quale i cattolici potevano professare liberamente la loro lealtà al Santo Padre, ma anche dei momenti della dura prova. (R.P.)

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    Indonesia: attacco contro tre chiese protestanti, il governo invita alla calma

    ◊   Nuovo attacco contro i luoghi di culto cristiani a Makassar, capoluogo delle South Sulawesi, in Indonesia. Secondo quanto riportato dall'agenzia AsiaNews, un paio di giorni fa alcuni assalitori anonimi hanno gettato bombe molotov contro tre chiese protestanti nel centro della città, provocando lievi danni agli edifici. Il raid è durato circa un’ora e ha colpito le chiese di Gki a Samiun road, la Toraja Church in Ap Petterani II road e una terza a Gatot. Il portavoce della polizia di Jakarta riferisce che dietro gli attacchi ci sarebbe la volontà della frangia estremista musulmana di alimentare l’odio interreligioso. I cittadini sono stati invitati a “non rispondere” e a mantenere la calma. Fino a un anno fa l’area urbana di Makassar aveva sempre goduto di tranquillità, tuttavia, nel novembre scorso, una fazione estremista islamica ha lanciato un ordigno rudimentale contro il governatore delle South Sulawesi, Sahrul Yasril Limpo. Agli inizi di gennaio, poi, uno scontro a fuoco ha avuto luogo in una moschea del posto tra le forze dell’ordine e due fondamentalisti. L’11 febbraio, infine, un’altra chiesa protestante, la Toraja Mamassa, è stata attaccata, ma ha subito solo danni superficiali. Le isole Sulawesi sono state protagoniste, inoltre, di un conflitto islamo-cristiano con le vicine Molucche, tra il 1997 e il 2001, che ha generato quasi mezzo milione di profughi. Proprio nel 2001, i due fronti hanno sottoscritto una tregua, che però non è servita a fermare gli sporadici episodi di violenza. Nel 2005 uno dei più drammatici: mentre si recavano a scuola, tre ragazze cristiane furono decapitate da un gruppo di estremisti islamici. (V.C.)

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    India: in 10 anni 1.455 condanne a morte. La società civile: abolire pena capitale

    ◊   In India, tra il 2001 e il 2011, 1.455 persone sono state condannate a morte, al ritmo di una ogni tre giorni. L’agenzia Fides riferisce che la società civile ha lanciato un appello per “fermare il boia” nel Paese. L’Ong indiana Asian Centre for Human Rights ha denunciato la situazione nel nuovo rapporto 2013 “Lo stato della pena di morte in India”. Stando ai dati forniti dal Ministero degli Interni, in media, nel periodo di tempo considerato, la pena capitale è stata inflitta ogni anno a 132 detenuti, mentre – nei dieci anni considerati - per 4321 la pena è stata commutata in ergastolo. L’Ong ha lanciato una campagna nazionale per abolire la condanna a morte in India, cui hanno aderito numerose associazioni della società civile indiana nonché comunità religiose, associazioni e movimenti laicali cristiani. Si legge nel rapporto che “non vi è alcuna base scientifica o empirica per suggerire che la pena di morte agisca come deterrente contro il crimine”. L’Ong, infine, chiede che il Paese segua i propri valori di civiltà, abolendo questa pratica. (V.C.)

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    India: danneggiata e deturpata da vandali una statua della Madonna di Vailankanni

    ◊   Una statua della nota Vergine di Vailankanni è stata danneggiata e deturpa da vandali venerdì nell’area di Nikamwadi, a Mumbai. Come riferiscono a Fides fonti locali, la statua è copia di quella esistente nel Santuario di Vailankanni, in Tamil Nadu, definito la “Lourdes d’Oriente”. Nei giorni scorsi a Vailankanni di è recato il card. Fernando Filoni, prefetto del dicastero di Propaganda Fide, per il 50° anniversario dell’erezione a Basilica minore del Santuario dedicato a “Nostra Signora della Buona Salute”. Fra le organizzazioni laicali cattoliche, il “Catholic Secular Forum” (Csf) ha condannato gli atti vandalici sulla statua definendoli “un tentativo di turbare la pace comune nella zona”. In una nota invita all'agenzia Fides, il Csf esorta i cattolici a mantenere la calma, riferendo però che, secondo la polizia, “si è trattato di un tentativo di furto e la statua sarebbe caduta accidentalmente”. I laici cattolici interpretano l’atto come una provocazione in vista delle elezioni, che può rientrare nel la strategia di “polarizzare gli elettori fra maggioranza e minoranze, trovando nei cristiani un comodo bersaglio”. Il Csf invita dunque al polizia a cercare i colpevoli che hanno dissacrato la statua, dando un segnale alle forze estremiste, e chiede di aumentare la sorveglianza della polizia intorno a luoghi di culto. (R.P.)

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    Laos: coniugi cacciati da casa perché convertiti al cristianesimo

    ◊   Sono stati cacciati dalla loro casa, nel villaggio dove vivevano, Chumpoy, provincia di Attapeu, nel Laos meridionale, una coppia di coniugi laotiani “colpevoli” di essersi convertiti al cristianesimo. La denuncia del fatto - riferito dall’agenzia Fides - che viola la Costituzione del Laos, la quale tutela il diritto dei cittadini di scegliere liberamente il proprio credo religioso, viene dalla Ong “Human Rights Watch for Lao Religious Freedom” che sottolinea proprio l’illegalità della vicenda. La coppia, in un momento di malattia, si è avvicinata alla religione cristiana grazie alla testimonianza di alcuni amici che vivono nel vicino villaggio di Intee, dove risiede una piccola comunità cristiana e si sta costruendo una chiesa. La coppia ora è ospitata provvisoriamente proprio a Intee, in attesa che sia fatta giustizia. (R.B.)

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    Francia. Nozze gay: consegnate 690 mila firme per il ricorso

    ◊   Ieri mattina, le associazioni che aderiscono a “La manif pour tous” hanno depositato al Consiglio economico, sociale e ambientale di Francia (Cese) le “prime” 694.428 firme alla petizione che chiede il ricorso del progetto di legge Taubira (“mariage pour tous”) approvato martedì scorso in prima lettura dall’Assemblea Nazionale. Ma - assicurano le 34 associazioni che si oppongono al progetto di legge - “non ci si ferma qui”. L’obiettivo - riferisce l'agenzia Sir - è quello di raggiungere un milione di firme. Ed aggiungono che “mai nel passato una petizione è riuscita a raccogliere così tante firme”. Per essere ascolti dalle autorità del Paese, i cittadini francesi che si oppongono alla legge possono ricorrere al Consiglio economico e sociale, terza Assemblea costituzionale della Repubblica e “alto luogo di dialogo e di incontro”. Si ha tempo per il ricorso fino al 28 febbraio e sebbene siano sufficienti 500 mila firme, la mobilitazione continua. Le associazioni parlano comunque già di “un incredibile successo: 640 mila firme controllate e vidimate arrivate da tutta la Francia e anche dai francesi all’estero, in meno di tre settimane. Questo sostegno massivo traduce l’inquietudine dei francesi per il progetto di legge Toubira che causerebbe profondi travolgimenti e una minaccia alla pace sociale”. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 47

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