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Sommario del 02/02/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Tweet del Papa ai religiosi: siate seguaci poveri, casti e obbedienti di Gesù
  • Il Papa ai vescovi dell’Emilia: il male sembra più forte, ma è il bene che vince
  • Il Papa: aiuto a madri migranti in difficoltà. Il segretario Cisl: accoglienza conta più dello spread
  • Cordoglio del Papa per le vittime dell’esplosione in un grattacielo a Città del Messico
  • Udienze e nomine
  • Padre Lombardi: con la fede e la carità il mondo diventa nuovo
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Egitto: aspre polemiche sulle violenze delle forze dell’ordine contro i dimostranti
  • Crisi siriana al centro della Conferenza per la sicurezza di Monaco. Cresce l'allarme profughi
  • Sudan, quando la "merce" del crimine è un essere umano
  • Mali, Hollande in visita. I vescovi per la riconciliazione nazionale
  • Celebrazioni in Russia per il 70.mo della battaglia di Stalingrado
  • Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • India. Nuovo episodio di violenza anticristiana in Orissa
  • Los Angeles. Precisazioni di mons. Gomez sul card. Mahony e mons. Curry
  • Inondazioni in Mozambico, almeno 70 morti, 180 mila sfollati
  • Egitto: l’Università di Al-Azhar esorta alla pace e al dialogo
  • Nigeria: a marzo, convegno dei vescovi su pace e riconciliazione
  • Brasile: incontro tra leader religiosi per parlare di rispetto e stima reciproca
  • Francia: “Senza carne, né pesce”, iniziativa ecumenica per la Quaresima
  • Cina: a Le Qing l’Anno della Fede sulle orme di San Giovanni Bosco
  • Anno della Fede: a Milano corso di formazione “Arte, fede e cultura”
  • Università europea di Roma: oggi a Trastevere la notte missionaria dei giovani
  • Insediamento del nuovo segretario della Comece, padre Patrick Daly
  • Padre Cellucci nuovo direttore di Signis a Roma
  • Sean Lovett, responsabile sezione inglese Radio Vaticana, insignito dall’Università di Dayton
  • Il Papa e la Santa Sede



    Tweet del Papa ai religiosi: siate seguaci poveri, casti e obbedienti di Gesù

    ◊   “Un mio pensiero affettuoso va oggi a ogni religiosa e religioso: possano sempre seguire Cristo fedelmente nella povertà castità e obbedienza”. Con questo tweet, pubblicato nella tarda mattina di oggi, Benedetto XVI ha offerto un “assaggio” della sua riflessione per l’odierna Giornata mondiale della Vita consacrata. Giornata che vivrà il culmine oggi pomeriggio con la Messa solenne che il Papa presiederà in San Pietro alle 17.30. Alessandro De Carolis ricorda nel suo servizio alcuni pensieri del Pontefice rivolti in questi anni ai religiosi e alle religiose del mondo:

    La si può vedere come si vuole, ma il mondo che oggi non vedesse lungo le sue strade e le sue città – nelle scuole, negli ospedali, tra camper e favelas, fra vecchi e nuovi poveri, immigrati di ieri e di oggi – la gratuità dei francescani, o l’antica saggezza dei benedettini, o non avesse mai visto nascere, e visto vivere e agire, un Filippo Neri e un Giovanni Bosco, una Teresa d’Avila e una Teresa di Lisieux, o chi oggi, ricevendo aiuto nelle strutture da loro fondate, dovesse immaginarsi privo del sorriso di un Luigi Orione o una Teresa di Calcutta – e mille altri nomi si potrebbero fare – sarebbe un mondo di una miseria infinita, animato certo dalla generosità di qualche filantropo ma più probabilmente schiacciato da un dilagante egoismo. Perché la carità e la dedizione cristiane, e la mole di bene che esse producono ogni giorno, sono cosa ben al di là delle più ben disposte intenzioni umane. A meno che quelle intenzioni non siano animate da Cristo stesso. E questo sono da sempre i religiosi nel mondo, portatori sani di quell’amore che sembra scaturire direttamente da una pagina di Vangelo, come tante volte ricordato da Benedetto XVI:

    “Al di là delle superficiali valutazioni di funzionalità, la vita consacrata è importante proprio per il suo essere segno di gratuità e d’amore, e ciò tanto più in una società che rischia di essere soffocata nel vortice dell’effimero e dell’utile. La vita consacrata, invece, testimonia la sovrabbondanza d’amore che spinge a perdere la propria vita, come risposta alla sovrabbondanza di amore del Signore, che per primo ha perduto la sua vita per noi”. (Omelia Festa Vita consacrata, 2 febbraio 2010)

    Si può essere di Cristo in molti modi. E si può imitare Cristo radicalmente, ha affermato il Papa, in una “totale sequela di Lui”:

    “Con il loro esempio proclamano a un mondo spesso disorientato, ma in realtà sempre più alla ricerca d'un senso, che Dio è il Signore dell'esistenza. Scegliendo l’obbedienza, la povertà e la castità per il Regno dei cieli, mostrano che ogni attaccamento ed amore alle cose e alle persone è incapace di saziare definitivamente il cuore”. (Omelia Festa Vita consacrata, 2 febbraio 2007)

    Per certo mondo di oggi, che guarda come a un folle chi sceglie di essere volontariamente povero, che ironizza su chi vuole essere casto e disprezza la scelta di voler obbedire, la vita religiosa è fonte di provocazione. E, come sempre, di grande fascino. Perché se le vocazioni calano in Occidente non è così ad altre latitudini. È come dire che, in un mondo che vorrebbe fare a meno delle regole, ci sono Regole scritte magari mille anni fa che continuano a essere un “format” ineguagliato:

    “Sappiate orientare con la sapienza della vostra vita, e con la fiducia nelle possibilità inesauste della vera educazione, l’intelligenza e il cuore degli uomini e delle donne del nostro tempo verso la ‘vita buona del Vangelo’”. (Omelia Festa Vita consacrata, 2 febbraio 2011)

    Sull’importanza dell’annuale incontro dei religiosi con il Papa, la collega della redazione brasiliana della nostra emittente, Cristiane Murray, ha sentito il cardinale João Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica:

    R. – Noi sentiamo che in questo momento i carismi che vengono dalla storia della Chiesa – alcuni di questi risalgono a circa un millennio, un millennio e mezzo, come nel caso della vita monastica – sono doni preziosi. Anche i nuovi carismi sono doni preziosi della Chiesa e sono anche manifestazioni dello Spirito. Naturalmente, per tanti Ordini, per tante famiglie religiose, c’è l’accumulo di molti elementi storici o elementi della tradizione della cultura, che alle volte non servono più, e che a volte nascondono anche la freschezza dello Spirito, la novità e bellezza della vita cristiana. E in questo senso, queste giornate della vita consacrata, aiutano moltissimo. La vita consacrata è anche uno dei cammini che i giovani cercano: c’è però bisogno che trovino qualcosa di vero, di profondo, di autentico. Quante volte oggi i giovani pensano di avere una di queste vocazioni, vanno e dopo non trovano quella luce che si aspettavano? Non parlo di un sogno, ma di una luce vera della quale bisogna che quella tale famiglia, quel tale carisma religioso sappia donare. Sono veramente contento allora che questi momenti per noi siano sempre momenti di esame di coscienza. Tante cose che già sono più purificate esercitano ancora un’attrazione forte sui giovani. Quest’anno, anche la Giornata mondiale della gioventù a Rio de Janeiro con il Santo Padre richiama all’esperienza della fede. Per noi, nella vita consacrata, tutto questo è importantissimo, perché è un richiamo a vivere la nostra vocazione di discepoli di Gesù attraverso i consigli evangelici di povertà, castità e obbedienza, che devono essere sempre più veri e trasparenti. Mi auguro che sia veramente uno stimolo per tutti.


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    Il Papa ai vescovi dell’Emilia: il male sembra più forte, ma è il bene che vince

    ◊   Il Papa ha ricevuto oggi il primo gruppo di presuli della Conferenza episcopale dell’Emilia-Romagna, in visita “ad Limina”, guidati dal cardinale arcivescovo di Bologna Carlo Caffarra. Tra i presenti, anche mons. Francesco Cavina, vescovo di Carpi. Sergio Centofanti lo ha intervistato:

    R. – Devo dire che come sempre, l’incontro con il Santo Padre è un momento di grazia. Si respira sempre con lui un’aria di estrema familiarità, di grande attenzione. Il Santo Padre ha interloquito soprattutto su alcune questioni: i giovani, la famiglia, la cultura e l’attenzione al mondo del lavoro, offrendo consigli, sollecitazioni di riflessione, apprezzando anche il lavoro, le iniziative che si stanno operando nelle diverse diocesi per questi settori della vita pastorale.

    D. – Quali indicazioni ha dato, in particolare?

    R. – In particolare, il Santo Padre ci ha raccomandato la cura delle vocazioni e la preparazione dei futuri sacerdoti; ci ha raccomandato, come indicazione concreta, il mondo della cultura per fare fronte alla realtà drammatica del relativismo e dell’indifferentismo che dilagano sempre di più nella nostra società, e poi ha chiesto a ciascuno di noi di non spaventarsi di fronte alle difficoltà. A volte il male – ha usato proprio questa espressione – sembra più forte del bene che è Gesù, ma in realtà non è così. E nella vita di tutti i giorni – ha sottolineato – ognuno di noi può vedere come il bene, pur nel silenzio, opera ed agisce in maniera concreta. Quindi, è stato proprio un messaggio di grande speranza e di grande consolazione.

    D. – Il Papa ha avuto un pensiero anche per i terremotati…

    R. – Ah sì, certo! Quando mi ha visto ha detto subito: “Ma lei è il vescovo della diocesi più terremotata!”, senza che io nemmeno mi presentassi: quindi, si ricordava molto bene. Ha chiesto come stiano andando le cose, e io lo ho informato…

    D. – Qual è la situazione della ricostruzione, oggi, in riferimento alla Chiesa?

    R. – La diocesi è messa in questi termini: per il 2013, sono stati approvati dalla Regione 13 progetti di ricostruzione dei danni del terremoto, quindi 13 chiese dovrebbero essere riaperte, e tra queste chiese quasi sicuramente dovrebbe esserci anche la Cattedrale. Poi, nelle zone più pesantemente segnate dal terremoto stiamo costruendo tre chiese prefabbricate, ma comunque molto belle: naturalmente, sarà una provvisorietà che andrà avanti nel tempo. Inoltre, ad ogni comunità parrocchiale è stato assicurato un centro comunitario proprio per poter continuare a svolgere le attività pastorali indispensabili. Questo non vuol dire che tutto sia risolto, per carità! Ci sono infatti tante questioni che rimangono aperte, e una delle più gravi e qui io – se mi permette – rivolgo un appello attraverso Radio Vaticana: abbiamo un bisogno estremo di sacerdoti. Se ci fosse qualcuno disposto, con un’esperienza fidei donum, a venire a Carpi, sarebbe accolto veramente a braccia aperte, perché il clero – anche se di una fedeltà e di uno zelo pastorale ammirevoli – è anziano e noi abbiamo bisogno di forze giovani e le esigenze del terremoto hanno segnato in particolar modo la realtà giovanile. Ho bisogno proprio di sacerdoti ancora relativamente giovani che si impegnino in questo ambito, in questo contesto così importante per il futuro della società e della stessa Chiesa.

    D. – E la situazione della gente?

    R. – Naturalmente, nessuno più vive nelle tende; laddove non sia stato ancora possibile sistemare le case sono stati costruiti dei moduli abitativi, assolutamente provvisori – perché l’intenzione, appunto, è quella di assicurare la ricostruzione dei nostri paesi e delle nostre realtà. Rimane un problema che è il dato economico: molte aziende sono in difficoltà e questi sono sicuramente segni preoccupanti, tenendo conto anche della grave crisi economica che il mondo e la nostra Italia stanno vivendo. Carpi, economicamente, era una zona molto ricca e corre il rischio di rimanere in ginocchio se non si interviene quanto prima con finanziamenti diretti proprio all’attività produttiva.


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    Il Papa: aiuto a madri migranti in difficoltà. Il segretario Cisl: accoglienza conta più dello spread

    ◊   “Perché le famiglie migranti, in particolare le madri, siano sostenute e accompagnate nelle loro difficoltà”: è questa l’intenzione generale di preghiera di Benedetto XVI per il mese di febbraio. Sul ruolo fondamentale delle madri migranti, Alessandro Gisotti ha intervistato segretario confederale della Cisl, Liliana Ocmin, di origine peruviana:

    R. – E’ chiaro che il monito del Papa giunge anche perché coglie una fragilità: oggi, che viviamo in un contesto di gravissima crisi finanziaria, economica, è ovvio che la famiglia immigrata sia l’anello più debole. Le madri: alcune più fortunate hanno con sé i figli, le meno fortunate hanno i figli nel proprio Paese. La crisi ha evidenziato anche un altro dato importante: molti si sono dovuti sacrificare e rimandare a casa i propri figli, perché non avevano la possibilità di tenerli con sé in Italia. Come Cisl, abbiamo sempre sottolineato che si tratta di una questione di giustizia sociale.

    D. – C’è una storia che l’ha colpita in particolare, in tanti anni di impegno anche personale…

    R. – Io ho due figli. Ho un ricordo amaro: quando stavo per diventare madre, c’era una mia parente che stava per diventare madre anche lei e che era in Italia insieme al marito. Io ho potuto vedere crescere mio figlio e riconosco quotidianamente quanto sia importante il mio ruolo. Lei, invece, ha dovuto mandare via il suo a soli due anni e ne aveva già altre due che aveva dovuto lasciare nel suo Paese di origine. Sento ancora il peso di non aver potuto impedire che ciò accadesse a lei, e come a lei a migliaia e migliaia di donne che – di fronte all’esigenza di mantenere agli studi i figli rimasti nel Paese di origine, e nell’impossibilità di conciliare il ruolo genitoriale – mandano via i propri figli. Questa è una lacerazione che lascia alle mamme un dramma interno e condiziona il rapporto affettivo con i figli, ma rappresenta anche un fallimento della società civile.

    D. – Lei, che rappresenta anche una testimonianza bella, di speranza, di donna immigrata che oggi si occupa proprio di chi è in una situazione di debolezza, quale messaggio si sente di dare a riguardo?

    R. – Al di là dei dati economicistici dello spread, che quotidianamente ci assillano, c’è un grande deficit ed un grande “spread” etico-morale nella nostra società, che va assolutamente riconquistato e ripreso. Sicuramente gli immigrati, le famiglie immigrate, da questo punto di vista, ci danno un grande esempio: l’immigrato si rimbocca le maniche, parte dal basso e assomiglia molto all’italiano degli anni ’50, perché si mette in gioco, perché mette il lavoro al centro della possibilità di uscire dalle difficoltà, il lavoro come valore centrale. Oggi, credo che la speranza – lo diceva anche Sant’Agostino – deve avere sicuramente due elementi fondamentali: lo sdegno, perché di fronte a quello che vediamo c’è bisogno di reagire, e che rimanda anche alle responsabilità di ognuno di noi, ma anche il coraggio di voler cambiare.

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    Cordoglio del Papa per le vittime dell’esplosione in un grattacielo a Città del Messico

    ◊   Benedetto XVI ha espresso profondo cordoglio per le vittime dell’incendio che ha devastato un grattacielo nel centro di Città del Messico, provocando 33 morti. In un telegramma indirizzato al cardinale Norberto Rivera Carrera, arcivescovo della capitale messicana, il Papa assicura la sua vicinanza spirituale alle vittime delle famiglie e prega per un pronto recupero di quanti sono rimasti feriti in questa sciagura. Nell'occasione, il Papa invoca la Vergine di Guadalupe e impartisce la sua benedizione apostolica per quanti sono stati colpiti da questa tragedia.

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    Udienze e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in udienza anche il cardinale Marc Ouellet, Prefetto della Congregazione per i Vescovi.

    Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Calabar (Nigeria), presentata da S.E. Mons. Joseph Edra Ukpo, in conformità al can. 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico. Il Papa ha nominato Arcivescovo Metropolita di Calabar S.E. Mons. Joseph Effiong Ekuwem, trasferendolo dalla sede episcopale di Uyo.

    Il Santo Padre ha accettato le dimissioni dal governo pastorale dell’arcidiocesi di Sucre (Bolivia) presentate da S.E. Mons. Jesús Pérez Rodríguez, O.F.M., ai sensi del can. 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico. Il Papa ha nominato Arcivescovo Metropolita di Sucre S.E. Mons. Jesús Juárez Párraga, S.D.B., trasferendolo dalla diocesi di El Alto. S.E. Mons. Jesús Juárez Párraga, S.D.B., è nato il 22 luglio 1942 ad Alquerias (Murcia, Spagna). Il 23 settembre 1953, è entrato nel Collegio Salesiano di Cabezo di Torres e nel 1964 ha completato la formazione filosofica. È giunto in Bolivia il 4 novembre 1964 ed ha lavorato con gli orfani fino al 1968. Ha frequentato lo Studentato Teologico di Benediktbeuern (Germania), dove ha anche completato gli studi di Pedagogia sociale. È stato ordinato sacerdote ad Alquerias il 16 dicembre 1972. Tornato in Bolivia ha svolto attività pastorale a Santa Cruz fino al 1977. Presso la Pontificia Università Salesiana (1977-1979) ha conseguito la Licenza in Teologia. È stato Vicario della Provincia salesiana in Bolivia (1979-1985) e direttore di comunità (1981-1987). Il 16 aprile 1988 è stato nominato Vescovo titolare di Gummi di Proconsolare ed Ausiliare dell'arcidiocesi di La Paz; ha ricevuto la consacrazione episcopale il 18 giugno dello stesso anno. Il 25 giugno 1994 è stato designato primo Vescovo della diocesi di El Alto. È stato Vicepresidente (2000-2003), Segretario Generale (1991-1994 e 2003-2009) e Presidente di varie Commissioni della Conferenza Episcopale Boliviana. Attualmente è Presidente della Pastorale sociale - Caritas e della Pastorale penitenziaria in Bolivia.

    Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’Eparchia Sainte-Croix-de-Paris degli Armeni (Francia), presentata da S.E. Mons. Grégoire Ghabroyan, in conformità al can. 210 §§ 1-2 del CCEO. Il Papa ha nominato Vescovo dell’Eparchia Sainte-Croix-de-Paris degli Armeni (Francia) S.E. Mons. Jean Teyrouz, finora Vescovo della Curia Patriarcale, trasferendolo dalla sede titolare di Melitene degli Armeni. S.E. Mons. Jean Teyrouz è nato ad Aleppo (Siria) il 6 maggio 1941. Entrato nell'Istituto Patriarcale di Bzommar in Libano, è stato in seguito inviato a Roma e, quale alunno del Pontificio Armeno, ha frequentato il corso istituzionale di filosofia e teologia alla Pontificia Università Gregoriana. Ha ricevuto l'ordinazione sacerdotale il 24 dicembre 1965. Sempre in Libano ha svolto l’incarico di economo, vice rettore e rettore del seminario minore nell’Istituto di appartenenza; il servizio pastorale in diverse parrocchie; l’insegnamento e la direzione di alcune scuole; l’assistenza spirituale di associazioni giovanili, in particolare del movimento "scout". Dal 1976 al 1979 si è specializzato in sociologia, conseguendo il "Master" all'Università di San Giuseppe a Beirut. Eletto Vescovo titolare di Melitene degli Armeni ed Ausiliare per l'Eparchia Patriarcale di Beirut il 27 settembre 2000, ha ricevuto la consacrazione episcopale il 25 marzo 2001. Dal 2007 ha ricoperto l’ufficio di Vescovo della Curia Patriarcale di Cilicia degli Armeni.

    Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale del Vicariato Apostolico di Pando (Bolivia), presentata dall’Ecc.mo Mons. Luis Morgan Casey, in conformità al canone 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico. Il Papa ha nominato Vicario Apostolico di Pando (Bolivia) il Rev.do Eugenio Coter, Sacerdote fidei donum del clero di Bergamo (Italia), attualmente Direttore Spirituale del Seminario maggiore arcidiocesano San Luis di Cochabamba, assegnandogli la Sede titolare vescovile di Tibiuca. Il Rev.do Sacerdote Eugenio Coter è nato l’11 luglio 1957 a Gazzaniga, diocesi di Bergamo (Italia). Ha completato la sua preparazione in Filosofia e Teologia presso il Seminario di Bergamo. È stato ordinato sacerdote il 20 giugno 1981, a Bergamo. Dopo l’ordinazione sacerdotale ha ricoperto in Italia i seguenti incarichi: 1981-1985: Vicario parrocchiale a Grassobio; 1985-1991: Vicario parrocchiale a Gandino. Prima di partire per la missione, ha preso parte ad un corso di formazione presso il Centro Unitario Missionario (C.U.M.) di Verona. Giunto in Bolivia nel 1991 come Missionario fidei donum nell’arcidiocesi di Cochabamba; è stato: 1992-1994: Vicario parrocchiale a Sacaba; 1994-1995: Vicario parrocchiale a Villa Tunari; 1995-2000: Parroco di Condebamba a Cochabamba; 2009-2011: Membro del Consiglio Pastorale diocesano; 2000-2012: Delegato Episcopale per la Pastorale Sociale – Caritas. Dal 2012 è Direttore Spirituale del Seminario maggiore arcidiocesano San Luis di Cochabamba.

    Il Papa ha nominato Vescovo Prelato di Corocoro (Bolivia) il Rev.do Percy Lorenzo Galvan Flores, del clero dell’arcidiocesi di Sucre, finora Parroco della Parrocchia San José e Delegato episcopale per le scuole nella medesima arcidiocesi. Il Rev.do Percy Lorenzo Galvan Flores è nato a Tomás Frías (Potosí) il 10 agosto 1965. Dopo gli studi liceali è entrato nel Seminario di Sucre (1984), dove ha frequentato l’anno propedeutico ed ha continuato i suoi studi di Filosofia e di Teologia nel Seminario Nazionale San José di Cochabamba (1985-1991). È stato ordinato sacerdote nella Cattedrale di Sucre il 18 luglio 1991. Ha conseguito la Licenza in Teologia Biblica presso la Pontificia Università Gregoriana (2001). Dopo l’ordinazione sacerdotale è stato Vicario Parrocchiale a Villa Serrano (1991-1992) e a Padilla (1992-1993), Parroco a Padilla, Alcalá ed El Villar (1993-1995). Ha ricoperto l’incarico di Vicario Episcopale della Zona Pastoral de la Frontera (1996-1998). Dal 2001 al 2005 è stato Rettore del Seminario Arcidiocesano San Cristóbal. L’8 settembre 2005 è stato nominato Vicario Generale dell’Arcidiocesi di Sucre per tre anni, al termine dei quali è stato incaricato di preparare il VI Sinodo Arcidiocesano. Attualmente è Parroco della Parrocchia di San José a Sucre, Canonico della Cattedrale, Responsabile del Museo Ecclesiastico e Membro dei Consigli Economico, Presbiterale e Pastorale dell’Arcidiocesi.

    Il Santo Padre ha nominato Vescovo Ausiliare di Parigi (Francia) il Rev.do Mons. Michel Aupetit, finora Vicario Generale di Parigi, assegnandogli la sede vescovile di Massita. Il Rev.do Mons. Michel Aupetit è nato il 23 marzo 1951 a Versailles, nella diocesi omonima. Dopo gli studi secondari al Liceo Hoche di Versailles, si è iscritto alla Facoltà di medicina di Bichat, laureandosi nel 1978. Ha esercitato la professione medica per dodici anni a Colombes, nella periferia nord di Parigi. Si è specializzato in bioetica medica e ha pure insegnato tale materia all’Ospedale Henri Mondor di Créteil dal 1997 al 2006. Nel 1990 è entrato in Seminario per la formazione sacerdotale, conclusa con il baccalaureato in Teologia. È stato ordinato sacerdote il 24 giugno 1995 per l’arcidiocesi di Parigi. Dopo l’ordinazione sacerdotale, ha ricoperto i seguenti incarichi ministeriali: Vicario della parrocchia Saint-Louis-en-l’ïle (1995-1998) e cappellano dei Licei del quartiere Marais: François Couperin, Charlemagne et Saint-Germain, Victor Hugo (1995-2001); Vicario della parrocchia Saint-Paul-Saint-Louis (1998-2001); Parroco di Notre-Dame de l’Arche d’Alliance (2001-2006); Decano del decanato Pasteur-Vaugirard (2004-2006). Dal 2006 è Vicario generale di Parigi e membro del Consiglio presbiterale. È autore di alcuni libri e di varie pubblicazioni.

    Il Santo Padre ha nominato Nunzio Apostolico in Uganda S.E. Mons. Michael A. Blume, Arcivescovo titolare di Alessano, finora Nunzio Apostolico in Benin e in Togo.

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    Padre Lombardi: con la fede e la carità il mondo diventa nuovo

    ◊   Una solidarietà senza anima o un’anima che guarda a Dio senza guardare al prossimo. Sono i due estremismi che rischia chi, nella Chiesa, non vive il giusto equilibrio tra fede e carità. E quale sia questo equilibrio lo ha spiegato con chiarezza ieri Benedetto XVI nel suo Messaggio per la prossima Quaresima. Un documento che si aggiunge ad altri recenti Messaggi del Papa, sui quali si sofferma il nostro direttore, padre Federico Lombardi, nel suo editoriale per “Octava dies”, il settimanale d’informazione per il Centro Televisivo Vaticano:

    Nelle ultime settimane sono stati pubblicati diversi messaggi che meritano una riflessione: sono quelli del Papa per la prossima Giornata Mondiale del Malato, l’11 febbraio, e per la prossima Quaresima, a cui aggiungiamo volentieri quello del presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale della Salute per la Giornata di lotta contro la lebbra, il 25 gennaio scorso. In quest’Anno della Fede bisogna vivere più intensamente il rapporto fra fede e carità. Non c’è l’una senza l’altra; se no si rischia uno spiritualismo disincarnato o una filantropia che si riduce ad attivismo moralista.

    La bellezza, il fascino spirituale, la credibilità della Chiesa che giunge fino al cuore è riflesso dello splendore della carità, del calore dell’amore. Un amore che si impara da Dio nella fede guardando alla croce di Gesù e partecipando all’Eucarestia. Bernadette, Teresa di Lisieux, Raoul Follereau, Padre Damiano, San Vincenzo de Paoli, Madre Teresa sono solo alcuni dei più famosi, ma quanti, quanti altri hanno creduto all’amore di Dio e perciò hanno amato senza misura, dall’abbondanza del cuore, a cominciare dai più piccoli e dai sofferenti nel corpo e nello spirito.

    Con la libertà sovrana della legge dell’amore, dei primi due comandamenti che sono uno solo: “Ama e fa’ quello che vuoi!” diceva Sant’Agostino a chi si lascia guidare dallo Spirito di Gesù. E San Vincenzo de Paoli aggiungeva: “La carità è superiore a tutte le regole e tutto deve riferirsi ad essa. E’ una grande signora: bisogna fare ciò che comanda!”. Nella Chiesa della carità i piccoli incontrano l’amore di Dio che viene concretamente verso di loro, i malati capiscono che la loro sofferenza è via a un amore sempre più grande, che loro possono donare al mondo insieme a Cristo. Fede e carità. Ascoltiamo questi messaggi. Il mondo diventa davvero nuovo.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, la crisi in Mali: il presidente francese Hollande sollecita una missione militare africana.

    Alla ricerca di un’intesa sulla Siria: nel servizio internazionale, in rilievo la conferenza a Monaco sulla sicurezza.

    La svolta di Beethoven: in cultura, estratti dal programma di sala del concerto che l’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede offrirà in onore di Benedetto XVI e del presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, per l'anniversario dei Patti Lateranensi.

    Rifiuti urbani e rifiuti umani: Carlo Bellieni sulla ecologia della vita.

    Proposta da esaminare con attenzione: nel servizio religioso, i vescovi degli Stati Uniti sull’annuncio del Governo di voler modificare i regolamenti sanitari.

    Per una fedeltà creativa: Nicola Gori a colloquio con José Rodríguez Carballo ministro generale dei frati minori, in occasione della Giornata mondiale della vita consacrata.

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    Oggi in Primo Piano



    Egitto: aspre polemiche sulle violenze delle forze dell’ordine contro i dimostranti

    ◊   Il primo ministro egiziano, Hisham Qandil, è stato duramente contestato a piazza Tahrir al Cairo. Un video che mostra un uomo denudato e malmenato dagli agenti della sicurezza centrale ha fatto scoppiare le polemiche sulla violenza delle forze dell’ordine. In diretta tv, il premier ha ammesso che “governo e forze politiche non sono stati capaci di contenere i giovani”. Il Ministero dell'Interno fa sapere che si sta investigando. Negli scontri di venerdì scorso tra poliziotti e manifestanti, un uomo è rimasto ucciso e 50 persone sono rimaste ferite. Nell’intervista di Fausta Speranza, l'opinione di Lucio Caracciolo, direttore della rivista di geopolitica "Limes", che a partire dal numero dedicato all’Egitto diventa mensile:

    R. – La fotografia dell’Egitto contiene almeno tre elementi principali. Il primo è la polarizzazione politica tra i Fratelli musulmani e, in qualche misura, i salafiti, cioè i musulmani più radicali, e le varie opposizioni che vanno dai comunisti ai nazionalisti, dai nostalgici di Mubarak ai giovani blogger della prima rivoluzione egiziana. Il secondo elemento è la drammatica crisi economica e sociale, con molta gente sull’orlo della fame, mentre il terzo elemento è il ruolo dei militari: ho l’impressione che se le cose non dovessero cambiare rapidamente, potrebbe esserci un nuovo colpo di Stato.

    D. – Una parola sull’Egitto e l’equilibrio regionale …

    R. – L’Egitto è talmente alle prese con i propri spasimi interni che sembra aver perso una visione regionale. Di qui, a ricostituire l’antico ruolo-guida dell’Egitto in Medio Oriente ce ne vorrà ancora molto e non è detto che Morsi o chi per lui ci riesca.

    In particolare, dell’equilibrio tra potere dei Fratelli musulmani e Forze armate e della percezione della popolazione, Fausta Speranza ha parlato con Bernard Selwan el Khoury, vicedirettore dell’Osservatorio geopolitico mediorientale:

    R. – I Fratelli musulmani hanno bisogno dell’esercito, ma allo stesso tempo l’esercito ha bisogno del sostegno dei Fratelli musulmani. Il ruolo “spirituale” che svolge la Fratellanza musulmana all’interno del tessuto sociale egiziano, e quindi anche all’interno delle istituzioni militari, è un aspetto che è stato poco dibattuto nella stampa occidentale. Non dobbiamo dimenticare che all’interno dell’istituzione militare, dagli alti gradi per arrivare fino alla truppa, ci sono militari che indossano la divisa ma che sono sensibili a decenni di cultura che la Fratellanza musulmana ha diffuso nella società egiziana, anche e soprattutto all’interno dell’istituzione militare.

    D. – Dovendo definire il potere dell’esercito in Egitto, in questo momento, che cosa diresti?

    R. – Gioca un ruolo di arbitro e allo stesso tempo di attore principale nel Paese, quindi è determinante per mantenere l’equilibrio. In primis, la sua forza economica: non dimentichiamo che l’esercito egiziano possiede – nel vero senso del termine – diverse aziende e questo conferisce loro ovviamente un potere economico e anche politico e sociale. Sono in grado se non di controllare, comunque di indirizzare l’economia egiziana: e tutti sappiamo che quello dell’economia, dell’occupazione, è un aspetto molto, molto importante soprattutto in un Paese come l’Egitto. Questo potere gli deriva anche dal fatto di poter usufruire di una mano d’opera a costo zero, in quanto sono gli stessi militari arruolati nell’esercito i dipendenti di questa azienda. Non è stato detto, evidentemente, a chiare lettere ma è evidente che esista un accordo di fatto tra il partito politico della Fratellanza musulmana e l’istituzione militare.

    D. – Parliamo della possibile interazione da parte dell’opposizione: El Baradei, è sembrato fare importanti aperture ai Fratelli musulmani e, dunque, anche all’esercito…

    R. – Il clima che si respira nel Paese a livello politico è quello, come dire, di una compartecipazione politica, e in questo non si può escludere sicuramente l’istituzione militare, e quindi parlare di aperture è corretto. Bisogna dire però che anche a livello di piazza, di opinione pubblica, soprattutto le fette più giovani dell’opposizione egiziana vedono una nuova minaccia nell’esercito, e anche nella Fratellanza musulmana. Curiosamente hanno la stessa visione quando guardano ai Fratelli musulmani e quando guardano all’esercito. In realtà, a livello di leadership è ovvio che i partiti all’opposizione non possono non cercare il riavvicinamento con il partito che è al potere, e quindi con l’istituzione militare. Sarà bene da oggi parlare di un’unica realtà, di un’unica entità, che è rappresentata da una parte dai Fratelli musulmani, dall’altra dalle istituzioni militari. Quindi, a livello di leadership è impensabile che una forza di opposizione – il Fronte di salvezza nazionale riunisce tutti i partiti di opposizione in Egitto – possa ipotizzare, appunto, di governare il Paese da solo. Ma questo vale anche per i Fratelli musulmani, vale anche per l’istituzione militare. Non possono pensare – lo stiamo vedendo in questi giorni, da ciò che sta accadendo al Cairo e nelle altre principali città egiziane – di governare il Paese senza tener conto delle opposizioni. Le nuove generazioni, in realtà, ancora vedono nell’esercito l’ombra del vecchio regime: primo aspetto. Secondo aspetto importante è che hanno capito e condannano, in realtà, questa alleanza tra Fratellanza musulmana ed esercito, ed è come se dicessero: la nostra è stata una rivoluzione; la vostra è stata una sorta di congiura, un colpo di Stato tra Fratellanza ed esercito, per prendere il posto del vecchio regime di Mubarak.

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    Crisi siriana al centro della Conferenza per la sicurezza di Monaco. Cresce l'allarme profughi

    ◊   La crisi siriana al centro della conferenza sulla sicurezza di Monaco, in Germania. Il vicepresidente americano, Joe Biden, ha rilanciato l’ipotesi di una uscita di scena del presidente Assad, auspicando un maggior appoggio internazionale all’opposizione. Intanto, mentre esercito e insorti continuano a combattere, si è saputo oggi di un attentato suicida del 24 gennaio scorso contro una base dell’intelligence siriana nel sud-est del Paese: 53 le vittime. Sempre più grave, dunque, l’emergenza umanitaria. L’Unicef denuncia anche un’emergenza istruzione per i tanti bambini che non possono più amdare a scuola. Numerosi i campi profughi improvvisati, dove si rifugiano gli sfollati che non trovano posto nelle strutture di accoglienza ufficiali. Giancarlo La Vella ha raccolto la testimonianza della giornalista Susan Dabbous, che si trova al confine tra Siria e Turchia:

    R. – In particolare, ho visto che c’era una situazione drammatica nella cittadina di Atme, pochi chilometri dal confine turco, dove è nata una baraccopoli di oltre 20 mila profughi, che vivono in condizioni disumane. Alloggiano in tende da campeggio, dato che non ci sono tende adeguate, come invece nei campi profughi turchi, che ormai però hanno esaurito la capacità di accoglienza.

    D. – C’è una esperienza ancora più drammatica, che è quella delle persone che si sono rifugiate all’interno di alcune grotte, addirittura …

    R. – Sì: questo accade nella località di Darkush. Queste grotte si trovano a 3-5 metri di altezza dalla strada; quindi a volte, i bambini, giocando, finiscono di sotto e si feriscono, si fratturano anche in maniera grave. Poi, immaginate una vita senza acqua, senza elettricità, senza assolutamente nulla! E queste persone non hanno nessuna possibilità di essere raggiunte dalle organizzazioni umanitarie.

    D. – Questo vuol dire che la macchina degli aiuti ha a sua volta difficoltà a raggiungere tutte le persone che hanno bisogno di beni di prima necessità?

    R. – Sì! Ci sono difficoltà enormi, perché se escludiamo i campi profughi in Turchia, dove c’è la macchina organizzativa di Ankara che funziona piuttosto bene, il problema più grave rimangono i profughi interni alla Siria, e lì la cosa viene gestita da una galassia di organizzazioni siriane, di siriani all’estero o arabi in generale, senza nessun coordinamento. Le cose principali che arrivano ai profughi in questo momento sono cibo, poche medicine generiche, alcuni medici volontari, ma niente di più. Dall’altro lato, però, non è colpa soltanto della disorganizzazione: tutto ciò che arriva, arriva soltanto a ridosso del confine turco e non riesce ad andare più all'interno del territorio siriano, mentre sappiamo che, ad esempio, i civili di Aleppo, che è una città estremamente popolosa, vivono in condizioni ancora peggiori, perché molti non hanno neanche il pane. Ho notato più disperazione rispetto ai miei viaggi precedenti. Se prima c’era sempre la speranza di tornare a casa, adesso c’è la consapevolezza che questo conflitto sarà lungo e che loro continueranno a vivere nella miseria. Molte delle loro case sono distrutte; molti di questi profughi vivono in località tuttora bombardate quotidianamente.

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    Sudan, quando la "merce" del crimine è un essere umano

    ◊   Pochi giorni fa, quattro giovani eritree rifugiate in Sudan sono state rapite all'interno del campo profughi di Shegerab, un agglomerato disumano a 50 chilometri dal confine eritreo e a circa 180 dalla capitale Khartoum. Di loro non si sa più nulla. Tutto lascia credere che, come tantissimi altri rifugiati, siano finite nelle mani dei trafficanti di esseri umani. Gruppi criminali le cui basi operative arrivano fino alle soglie della frontiera con Israele. Per capire le condizioni drammatiche di questo campo profughi sentiamo al microfono di Irene Pugliese, Roberto Malini, presidente del Gruppo "EveryOne":

    R. – E’ un campo sovraffollato in cui attualmente ci sono circa 30 mila profughi. La maggior parte sono eritrei. Si trovano in condizioni veramente davvero molto difficili e quindi ogni tipologia di criminale sa di poter contare su un serbatoio di esseri umani sia per il mercato degli schiavi, sia per il mercato dei riscatti, sia per il mercato di organi umani.

    D. – Una volta che queste persone sono catturate che cosa succede?

    R. - I criminali, spesso, chiedono alle famiglie che si trovano in Europa, oppure anche in Eritrea, di pagare riscatti altissimi, quindi 30-40 mila dollari. Il rischio che corrono è che se queste cifre non vengono pagate nell’arco di poco tempo, le persone rapite possono sparire nel nulla, possono finire nel mercato degli organi umani, nel mercato degli schiavi o, nel caso delle ragazze, anche nel mercato della prostituzione.

    D. – Di chi sono le responsabilità, a chi bisogna rivolgere un appello?

    R. – Le responsabilità sono enormi, come per tutte le strutture di tipo mafioso. Attualmente ci sembra che né le Nazioni Unite, né le autorità del Sudan, stiano veramente compiendo indagini accurate profonde per fermare questo traffico.

    D. - Su quali appoggi possono contare queste organizzazioni?

    R. – Innanzitutto, contano su cifre di denaro enormi. Inoltre, hanno connivenze in tutti i settori: forze armate, ospedali, dogane… Hanno la possibilità di fare praticamente di tutto. Bisogna cominciare a combattere in maniera molto seria, così come si combatte il crimine organizzato e non piccole bande. Altrimenti, questo fenomeno continuerà a ripetersi. E’ un fenomeno che negli ultimi due anni ha costretto alla schiavitù qualche migliaio di persone e prodotto un giro di affari criminoso di milioni di dollari.

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    Mali, Hollande in visita. I vescovi per la riconciliazione nazionale

    ◊   “La sicurezza è tornata ma la lotta non è finita”: queste le parole del presidente francese, Francois Hollande, oggi in visita nel Mali, dove la Francia è intervenuta militarmente accanto all’esercito locale l’11 gennaio scorso. Intanto, un appello alla riconciliazione nazionale arriva anche dalla Conferenza episcopale locale. Roberta Barbi:

    Una grande accoglienza è stata quella riservata oggi dal Mali al presidente francese, Hollande, arrivato a Sevare con tre ministri del suo governo, Laurent Fabius, delega agli Esteri, Jean-Yves Le Drian (Difesa) e Pascal Canfin (Sviluppo). Accompagnato dal capo di Stato ad interim, Dioncounda Traoré, Hollande si è recato a Timbuctu, la città del nord che l’esercito maliano e le truppe francesi hanno liberato dai ribelli jihadisti, dove ha visitato la “moschea di fango” di Djinguereber, e la biblioteca Ahmeda Baba, semidistrutta nel corso del conflitto. “Siamo venuti anche per mostrare che sono i musulmani stessi ad aver liberato il proprio territorio – ha detto - Timbuctu tornerà a brillare”.

    L’intervento francese nel Paese è iniziato l’11 gennaio scorso, dopo che gruppi armati islamici legati ad Al Qaeda, che già avevano occupato il nord del Mali nel marzo 2012, hanno sferrato la loro offensiva anche contro il sud. Ora, le operazioni si concentrano nell’area di Kidal, dove sono in corso le trattative per poter accedere alla città senza l’uso della forza. Hollande ha specificato che lo scopo dell’operazione è consegnare il Paese al suo presidente, il quale, da parte sua, ha affermato di contare sulla Francia per neutralizzare i terroristi. Nel pomeriggio, poi, il presidente francese e quello maliano sono attesi nella capitale Bamako, dove Hollande pronuncerà un discorso di esortazione ai Paesi africani affinché sostengano la Francia nella promozione del dialogo politico e della riconciliazione nazionale in Mali. Secondo alcune fonti, Hollande potrebbe anche annunciare un ritiro anticipato delle truppe francesi.

    Sulla necessità di affrontare la sfida della riconciliazione nazionale si erano soffermati ieri anche i vescovi maliani: in un’intervista alla Fides, il segretario generale della Conferenza episcopale locale, don Edmond Dembele, ha riferito quanto detto al presidente nel loro recente incontro. “Riconciliazione nazionale in Mali significa innanzitutto riconciliare le diverse comunità che vivono nel nord, come tuareg, arabi, sonrai e altre – ha ricordato – e ottenere la riconciliazione attraverso il perdono”. Sul nuovo flusso di sfollati interni che le operazioni hanno causato, il sacerdote ha dato la sua testimonianza: “La Chiesa fa quel che può e la Caritas è mobilitata – ha aggiunto – nelle prossime settimane sono previste almeno due collette speciali per i rifugiati”.

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    Celebrazioni in Russia per il 70.mo della battaglia di Stalingrado

    ◊   Si celebra in questi giorni in Russia il 70.mo anniversario della battaglia di Stalingrado, il più sanguinoso confronto armato del secolo scorso, nel quale le truppe sovietiche ebbero la meglio sull’assedio nazista. Il presidente, Vladimir Putin, ricevendo ieri al Cremlino oltre 200 veterani, ha detto: “Bisogna mantenere vivo il ricordo di quell’evento”, che segnò una svolta nelle vicende del secondo conflitto mondiale. Da Mosca, Giuseppe D’Amato:

    Per l'occasione, Volgogrado è tornata a chiamarsi Stalingrado come un tempo. E' qui sul Volga, che le Armate dell'Asse vennero fermate. Giovedì 31 si è tenuta una vera e propria cerimonia storica con la ripetizione della resa del feldmaresciallo von Paulus negli scantinati dei grandi magazzini. Oggi, invece, si ricorda la fine definitiva della battaglia più sanguinosa del XX secolo. E pensare che all'inizio dell'estate '42 la città non era considerata un obiettivo primario. Il Volga, invece, era il traguardo da raggiungere per Hitler. Oltre, veniva propagandato, cominciava l'Asia.

    I tedeschi si fecero imbottigliare dopo che il 23 agosto Stalingrado fu ridotta, da un bombardamento aereo a tappeto, a un cumulo di macerie come nel '37 Guernica in Spagna. Quindi, l’assalto mai completato con alcune sacche di resistenza e il successivo accerchiamento sovietico agli assalitori a metà novembre. I dati finali delle vittime sono spaventosi. I tedeschi ebbero 60 mila morti e 130 mila prigionieri. I sovietici tra mezzo milione e un milione di caduti, mentre 9.796 civili, tra cui 994 bambini, sopravvissero nelle fogne a quei cinque mesi di folle lotta. La Guerra fredda, ormai concordano molti specialisti, non ha permesso all’opinione pubblica occidentale la giusta comprensione dell’immane tragedia di Stalingrado. Queste giornate vogliono ora riaffermarla.

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    Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica

    ◊   Nella quarta Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci propone il passo del Vangelo in cui Gesù, parlando nella sinagoga di Nazaret, rimprovera l’incredulità dei suoi concittadini e afferma: “nessun profeta è bene accetto nella sua patria”. Ma tutti nella sinagoga si riempiono di sdegno:

    “Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino”.

    Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente emerito di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:

    Il Vangelo inizia dove finiva domenica scorsa: "Oggi si è compiuta questa Scrittura". L'entusiasmo nella sinagoga di Nazaret dura poco, perché quell'aria decisa e autorevole di Gesù non se l'aspettavano. Poteva essere un momento trionfale: invece prende subito la via dello scetticismo e della diffidenza. Un errore di comunicazione, o una incapacità a inquadrare quel figlio del falegname in altro modo? Invece di gratificare i suoi paesani con qualche gesto a sorpresa, Gesù li invita a sentirsi dentro una storia più grande di loro, la storia di Dio che segue i suoi piani, senza favoritismi. Dio ha sguardo ampio, rompe tabù e confini: è grazia per tutti. Per questo la scena si fa aperto conflitto, fino al limiti della minaccia arrabbiata. Gesù è cacciato da un tumulto popolare, spinto fino allo sperone di roccia che sovrasta il paese, per buttarlo giù. Li ha delusi, si rifiutano di credere che "uno di loro" sia l'inviato da Dio: non interessa che si dica inviato per gli impoveriti e i disperati, per chi è disprezzato e umiliato. Quelli di Nazaret si aspettavano qualcosa di spettacolare, tutto per loro. Invece si sono trovati davanti un invito a solidarizzare con tutti i flagellati della terra, senza egoismi, né chiusure meschine. Si allargava troppo, la delusione li esaspera. E Gesù non ritornerà più a Nazaret, seguirà altre strade, ferito per tanta ottusità. Guardiamo che non capiti anche a noi.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    India. Nuovo episodio di violenza anticristiana in Orissa

    ◊   Un nuovo episodio di violenza contro i cristiani nello Stato indiano dell’Orissa, viene riferito da AsiaNews: il 18 gennaio scorso, in seguito a un raid della polizia accompagnata da alcuni estremisti indù durante un incontro di preghiera di un gruppo di cristiani protestanti, ha causato l’arresto di due persone. Il fatto è avvenuto nel villaggio di Gudikhamari, nel distretto di Baripada, nell’abitazione di un ex indù convertito da cinque anni al cristianesimo, dove si stava svolgendo un momento di preghiera comunitaria cui stavano prendendo parte sette famiglie della zona. Ora i movimenti cristiani locali e i gruppi pro-diritti umani chiedono il rilascio su cauzione degli arrestati. L’Orissa purtroppo non è nuova a fatti del genere: nel 2008 fu teatro, infatti, dei violenti pogrom anticristiani che costarono la vita a circa 500 persone, ma ancora oggi la situazione è tutt’altro che tranquilla, come denuncia Sajan George, presidente della rete attivista Global Council of Indian Christians, che punta il dito in particolare contro la legge locale sulla libertà religiosa, risalente al 1967 e spesso usata per commettere abusi e violazioni. Il presidente, infine, lancia l’allarme anche sulla “mancanza di volontà politica” nel risolvere questa situazione che lascia campo libero agli estremisti e al loro progetto di “induizzazione dell’Orissa”. (R.B.)

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    Los Angeles. Precisazioni di mons. Gomez sul card. Mahony e mons. Curry

    ◊   Il cardinale Roger Mahony e il vescovo Thomas Curry restano a tutti gli effetti vescovi in "good standing" nell’arcidiocesi di Los Angeles “con il pieno diritto di celebrare i Sacramenti della Chiesa” e di servire i fedeli “senza alcuna restrizione”. E’ quanto precisa, in una breve nota, l’arcivescovo di Los Angeles, José Gomez, in seguito alle domande ricevute sulla corretta interpretazione di una sua lettera relativa alla dolorosa vicenda degli abusi sessuali su minori nella diocesi, di cui la nostra emittente ha riferito ieri. Dal canto suo, in una lettera indirizzata a mons. Gomez e pubblicata sul suo blog, il cardinale Mahony parla di errori compiuti in passato, specie negli anni ’80, per i quali ribadisce le sue scuse. Tuttavia, ricorda una serie di iniziative da lui prese in diocesi contro la pedofilia e culminate, nel 1994, nella creazione di una struttura (Sexual Abuse Advisory Board) per affrontare i casi di abuso. Dal 2002, scrive il porporato, questa struttura ad hoc ha ampliato le sue competenze, trattando ogni caso “con grande cura, giustizia e attenzione per la gioventù”.

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    Inondazioni in Mozambico, almeno 70 morti, 180 mila sfollati

    ◊   È di almeno 70 morti il bilancio – purtroppo ancora provvisorio – delle devastanti inondazioni che in questi giorni stanno colpendo il Mozambico, in particolare il sud del Paese. A fornirlo è il portavoce dell’Onu Patricia Nakell, secondo cui il numero degli sfollati è già arrivato a 180mila: migliaia di persone, infatti, stanno fuggendo dalle loro case per trovare un rifugio nelle zone a monte dell’area colpita, dove sono stati allestiti campi di ospitalità temporanei. La zona più provata è la provincia di Gaza, nella bassa valle del fiume Limpopo, ma le previsioni meteorologiche non prevedono nulla di buono e affermano che nelle prossime ore la violenta perturbazione si dirigerà verso il nord del Mozambico. L’ultima volta che il Paese fu interessato da un fenomeno di tale portata era il 2000 e allora le vittime furono circa 800. “Una situazione drammatica che richiede una risposta immediata se si vogliono evitare ulteriori e pesanti conseguenze sulla popolazione”. E’ questa l’immagine del Mozambico fornita dal vescovo anglicano di Lebombo Dinis Salomão Sengulane all’indomani delle forti alluvioni che hanno colpito il Paese. “Le inondazioni potrebbero incidere negativamente sulla sicurezza alimentare” ha detto il presule, dimostrandosi preoccupato per la possibile insorgenza di malattie ed epidemie. Come riportato dall’Osservatore Romano, le Chiese cristiane hanno assunto un ruolo guida nei soccorsi delle vittime delle alluvioni, mentre il Consiglio delle Chiese del Mozambico e la diocesi anglicana di Lebombo hanno già stanziato fondi rivolti alle necessità più urgenti della popolazione. Anche le piccole comunità cristiane insieme alle Ong operanti sul territorio si sono attivate per la distribuzione di viveri e beni di prima necessità nei campi profughi allestiti. (R.B. e L.P.)

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    Egitto: l’Università di Al-Azhar esorta alla pace e al dialogo

    ◊   Sacralità della vita umana, riconoscimento delle diversità presenti nella società egiziana, il dialogo come unico strumento per risolvere le differenze e un appello affinché vengano denunciate le violenze. Sono questi i temi su cui si concentra il documento in dieci punti sponsorizzato dall’Università islamica di Al-Azhar, con cui l’ateneo vuole spingere i giovani egiziani a organizzare manifestazioni pacifiche e a dialogare con chi governa. “Non è altro che un richiamo spirituale, patriottico e sociale agli egiziani e avrà un seguito se sarà sostenuto da tutta la popolazione”, ha dichiarato all’agenzia AsiaNews il portavoce della Chiesa cattolica egiziana, padre Rafic Grieche, parlando del documento sottoscritto dalle Chiese cattolica, copta ortodossa ed evangelica. Il rischio che il testo rimanga solo sulla carta è alto, visto che i precedenti due documenti pubblicati da Al-Azhar – nel 2012 il “Documento sulle libertà fondamentali” e nel 2011 “Raccomandazioni per il futuro dell’Egitto”- non sono mai stati presi in considerazione dalle politiche del governo islamista, soprattutto nella stesura della nuova Costituzione basata sulla sharìa. (L.P.)

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    Nigeria: a marzo, convegno dei vescovi su pace e riconciliazione

    ◊   “Colloquio su pace e riconciliazione. Confronto nigeriano alla luce dell’Africae Munus”: è questo il tema del convegno organizzato dalla Conferenza episcopale della Nigeria (Cbcn) per marzo prossimo. Nello specifico, l’evento avrà luogo dall’11 al 16 marzo ad Abuja e sarà ospitato dal Dracc, ovvero il Centro conferenze delle Figlie del Divino Amore. Ispirato all’Africae Munus, l’Esortazione apostolica post-sinodale siglata da Benedetto XVI nel novembre 2011, a due anni dalla conclusione del secondo Sinodo speciale per l’Africa, l’incontro - spiega il sito web della Cbcn - ha come obiettivo “quello di assistere, attraverso un’adeguata formazione teologica, spirituale e pastorale, tutti gli agenti pastorali, ovvero sacerdoti, religiosi, laici e tutti i cristiani che operano in situazioni di conflitto interreligioso e interetnico”. “Attraverso l’esperienza e la competenza di figure nazionali ed internazionali – continuano i vescovi nigeriani – tale convegno offrirà spazio alla riflessione grazie a strumenti teorici e pratici, permettendo così la comprensione e la gestione dei conflitti legati alla religione”. Molto fitto il programma dei lavori: dopo gli arrivi previsti per l’11 marzo, il giorno seguente, alle ore 8.30, il card. John Onaiyekan, arcivescovo di Abuja, celebrerà la Santa Messa inaugurale del convegno. Subito dopo, prenderà la parola mons. John Niyiring, presidente del Dipartimento Missione e dialogo della Cbcn, il quale rivolgerà ai presenti il suo saluto. Seguirà, quindi, una relazione sul tema “Persecuzioni cristiane e comprensione del martirio: il contesto nigeriano, contenuti ed opportunità”, tenuta da mons. Matthew Kukah, presidente della Commissione episcopale per il Dialogo interreligioso. Nel pomeriggio, alle ore 16.00, sarà la volta di Sr. Kathleen McGarvey, coordinatrice del Consiglio interreligioso femminile di Kaduna, la quale affronterà il tema “Cristo nelle religioni: la tradizione cattolica”. Mercoledì 13 marzo i lavori si apriranno con la relazione “Interfaccia tra religione e violenza”, tenuta da padre Michael Kirwan, teologo dell’Università di Londra: a lui seguirà padre Joseph Gotus, teologo del Seminario Maggiore di Jos, che presenterà alcuni aspetti della dottrina della Chiesa; quindi la giornata si concluderà con un seminario operativo. Focus di giovedì 14 marzo, invece, sarà “L’insegnamento della non violenza in Gesù e le implicazioni pastorali della non violenza nel Vangelo”, mentre il giorno successivo i partecipanti all’incontro ascolteranno gli interventi di Austin Oroba, direttore dell’Accr-Africa Center for Corporate Responsability, il quale esaminerà i “Principi della costruzione della pace in una società pluralistica”, e di padre Cornelius Omonokhua, membro del Dipartimento episcopale per la Missione ed il dialogo, che affronterà il tema “Essere sale della Terra e luce del mondo, nell’ottica dell’Africae Munus”. In serata, poi, alle ore 18.00, mons. Ignatius Kaigama, presidente della Cbcn, presiederà la Messa conclusiva dell’incontro. Il 16 marzo, infine, è prevista la partenza dei partecipanti all’evento. “Aperto ai cattolici e alle altre denominazioni cristiane – conclude il sito web della Cbcn – l’incontro è rivolto a tutti coloro che sono disposti ad impegnarsi nella costruzione del dialogo e della pace, a coloro che sono pronti ad imparare nuovi concetti ed a condividere esperienze per formulare azioni concrete basate sui principi cristiani; a tutte le persone che hanno una conoscenza di base della teologia cristiana ed a quelle che hanno la capacità non solo di esprimere le proprie opinioni, ma anche di ascoltare quelle degli altri”. (A cura di Isabella Piro)

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    Brasile: incontro tra leader religiosi per parlare di rispetto e stima reciproca

    ◊   Un evento di grande bellezza e importanza, per la Chiesa locale e per la città che quest’anno celebra i 459 anni di vita: questo è stato, secondo i promotori, il valore dell’incontro tra i leader delle religioni monoteiste abramitiche svoltosi a San Paolo, in Brasile, nei giorni scorsi. Grazie a quest’iniziativa, ideata dalla diocesi e dall’istituto Vladimir Herzog, sono giunti in città non solo cristiani, ebrei e musulmani, ma anche buddisti, indù ed esponenti di tradizioni africane, per riflettere sul tema del 50.mo anniversario del Concilio Vaticano II e soprattutto sulla dichiarazione conciliare “Nostra aetate” in materia di relazioni tra la Chiesa e le religioni non cristiane. "La città di San Paiolo fin dalla sua fondazione è stata caratterizzata dalla presenza di popolazioni diverse e dallo spirito d’accoglienza”, ha spiegato all’Osservatore Romano padre José Bizon, direttore della Casa della riconciliazione e incaricato della Pastorale per il Dialogo ecumenico e interreligioso della diocesi, mentre l’arcivescovo della città, cardinale Odilo Pedro Scherer, nel ricordare l’importanza dei documenti conciliari, ha sottolineato come il rispetto e la stima reciproca siano strumenti per lodare Dio. Sul tema della necessità dell’incontro e del dialogo tra le religioni si è soffermato anche il membro del Consiglio direttivo della Federazione ebraica di San Paolo, Raul Meyer, che ha portato come esempi Anna Frank e il giornalista Vladimir Herzog: “Essere differenti non significa essere inferiori – ha chiosato – ciò che ci differenzia non deve assolutamente condizionare il nostro valore”. (R.B.)

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    Francia: “Senza carne, né pesce”, iniziativa ecumenica per la Quaresima

    ◊   Vivere la Quaresima rinunciando ad alcuni alimenti: è l’iniziativa “Senza carne, né pesce” lanciata in Francia dal movimento ecumenico “Cristiani uniti per la Terra”, per rispettare il senso dei quaranta giorni che precedono la Pasqua. Per l’occasione, è stato pubblicato un apposito sussidio che riporta consigli pratici e spirituali per intraprendere il cammino quaresimale alla pari di “un percorso di riscoperta della nostra fame di Dio”. Formatosi nel 2011 in seguito ad una serie di incontri sul tema dei rapporti tra cristianesimo ed ecologia, il movimento “Cristiani uniti per la Terra” si pone l’obiettivo di sensibilizzare i fedeli al rispetto dell’ambiente e di richiamare l’attenzione sul legame tra fede ed ecologia, il tutto in un’ottica ecumenica. Il sussidio elaborato per la Quaresima 2013, pertanto, presenta riflessioni di mons. Marc Stenger, vescovo di Troyes e presidente di Pax Christi Francia; di Jane Stranz, Pastore e responsabile del Servizio ecumenico della Federazione protestante francese, e di padre Philippe Dautais, direttore del Centro ortodosso Santa Croce. L’auspicio, si legge nel testo, è quello di invitare in particolare ai giovani “ad una prospettiva di condivisione e di preghiera” perché, come scrive mons. Stenger, “se la Quaresima è un cammino di quaranta giorni del popolo di Dio verso la Terra Promessa, ovvero verso Cristo Risorto, è necessario che i nostri sforzi si inquadrino nell’esame della qualità delle nostre relazioni e dei nostri rapporti comunitari”. Il sussidio presenta, dunque, spiegazioni sui problemi ecologici, sulle conseguenze dell’aumento del consumo di carne, come la deforestazione e la scomparsa della biodiversità, sull’allevamento industriale e sullo squilibrio climatico. Inoltre, l’elenco dei maltrattamenti subiti dagli animali e delle cifre della produzione industriale mettono in guardia sui rapporti tra consumo e salvaguardia del Creato. “L’obiettivo dell’iniziativa ‘Senza carne, né pesce’ – si legge nel sussidio – è insomma quello di contribuire a ridurre l’impatto ecologico di ciascuno, di opporsi alla sofferenza degli animali, diminuendo le disuguaglianze tra i popoli e vivendo la Quaresima nello spirito evangelico della non violenza”. (I.P.)

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    Cina: a Le Qing l’Anno della Fede sulle orme di San Giovanni Bosco

    ◊   Un invito ad “affrontare i problemi della vita con fede, così come ha insegnato Don Bosco”. Sono le parole con cui mons. Shao, coadiutore della diocesi di Wen Zhou, nella Cina continentale, ha spronato i fedeli della parrocchia di Le Qing durante la Messa di ringraziamento per i frutti che l'attività pastorale ha raccolto nell’anno passato. In occasione della festa patronale del 31 gennaio - giorno in cui la Chiesa fa memoria liturgica del Santo salesiano - il Gruppo di San Giovanni Bosco ha organizzato un evento di tre giorni rivolto agli universitari della comunità. Giorni durante i quali “i giovani hanno vissuto intensamente il loro rapporto con il Signore attraverso la meditazione, l’adorazione e la preghiera”, come hanno raccontato le suore della congregazione delle Piccole Sorelle di Santa Teresina, contattate dall’agenzia Fides e responsabili dell’evento spirituale. Un'occasione, soprattutto, di condivisione e riflessione sui temi legati all’Anno della Fede e alla vita di Don Bosco. (L.P.)

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    Anno della Fede: a Milano corso di formazione “Arte, fede e cultura”

    ◊   A Milano, presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, inizia il corso di formazione “Arte, fede e cultura” sul tema “Porta fidei. Anche l’immagine è predicazione evangelica”. In stretta sintonia con l’Anno della fede voluto da Benedetto XVI, il corso è composto da nove appuntamenti, dal 2 febbraio al 13 aprile, ed è organizzato dall’Ufficio per i Beni Culturali della Diocesi di Milano in collaborazione con l’Istituto Superiore di Scienze Religiose e i Servizi diocesani per il Catecumenato, per la Catechesi, per la Pastorale del turismo e l’Insegnamento della Religione cattolica ed è rivolto ai docenti, agli animatori pastorali, ai catechisti, alle guide turistiche e ai cultori dell’arte. L’arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola, incoraggia l’iniziativa: «Sono molto lieto che nella nostra diocesi si faccia questo lavoro di approfondimento su arte e fede ed incoraggio tutti i partecipanti a viverlo con autenticità e ad avere le energie per proporlo all’interno delle realtà parrocchiali, delle Associazioni e dei Movimenti, a tutti i battezzati e anche ai fratelli e sorelle di altre religioni». Il cardinale Scola afferma, inoltre, che «La grande tradizione cristiana insegna che il bello è lo splendore del vero. È molto importante richiamare questo nel clima culturale, oggi dominante, soprattutto nel Nord del pianeta, in cui il vero fatica a trovare la sua strada». E ancora: «In questo contesto le forme espressive del vero vanno utilizzate in tutte le loro peculiarità: tra queste la bellezza è, da sempre, una delle forme privilegiate perché, partendo dal concreto, è capace di dilatare lo sguardo all’universale. La bellezza è quindi in grado di dare risposta alle domande sul senso e la direzione del cammino terreno».

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    Università europea di Roma: oggi a Trastevere la notte missionaria dei giovani

    ◊   Molti studenti dell’Università europea di Roma parteciperanno alla “Notte missionaria”, oggi, nella Chiesa di Santa Maria della Scala, a Trastevere, a partire dalle ore 20,30. Si tratta di una missione di evangelizzazione di strada realizzata presso i luoghi più frequentati dai giovani durante il fine settimana. La partecipazione degli studenti a questa iniziativa è un’attività promossa dalla Cappellania dell’Università europea di Roma. L’esperienza - riferisce l'Agenzia Sir - è rivolta a giovani tra i 16 e i 30 anni che vogliono testimoniare la fede e l’amore di Gesù agli altri. I missionari per tutta la sera invitano i passanti, per lo più loro coetanei, a entrare in chiesa per accendere una candela, fare una breve preghiera, riflettere su una frase del Vangelo o cogliere l’occasione per confessarsi. L’obiettivo principale della Notte missionaria è portare all’incontro dell’amore di Gesù un pubblico tendenzialmente lontano da Dio: quello del sabato sera. Quest’attività è portata avanti da Gioventù missionaria, un’organizzazione internazionale del Movimento cattolico Regnum Christi. Il 23 febbraio al Tulami in via delle botteghe oscure 33, si terrà inoltre il Rome Next Generation: un party di divertimento in beneficenza per finanziare un grande progetto di solidarietà: la costruzione di nuove case per le famiglie povere del Messico. Info: www.gfmissionaria.it.

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    Insediamento del nuovo segretario della Comece, padre Patrick Daly

    ◊   Si è insediato ufficialmente ieri, padre Patrick Daly, nuovo segretario generale della Comece, la Commissione delle Conferenze episcopali dell’Unione Europea. Era stato eletto il 23 novembre scorso. Nel suo primo discorso, il 61enne sacerdote proveniente dalla diocesi di Birmingham, nel Regno Unito, ha ribadito la sua volontà di collaborare con tutte “le agenzie cattoliche, gli ordini religiosi ed i partner ecumenici”, così da “articolare la voce dei cattolici e facilitare il contributo cristiano alla realizzazione del progetto europeo”. “Spero – ha detto padre Daly – di riuscire a servire la Chiesa in Europa ed il progetto europeo in un modo aperto, costruttivo e positivo, negli anni a venire”. Il prossimo 20 febbraio, inoltre, alle ore 15.00, il neo segretario generale terrà una conferenza stampa di presentazione ufficiale a Bruxelles, presso la sede della Comece. (I.P.)

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    Padre Cellucci nuovo direttore di Signis a Roma

    ◊   È padre Giuseppe Cellucci il nuovo direttore di Signis Roma, la sede dell’associazione cattolica mondiale per la comunicazione che fornisce materiale ed assistenza tecnica alle comunità cristiane nel mondo, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. In particolare, Signis Roma mette a disposizione una connessione Internet tramite satellite, studi radiofonici, stazioni radio portatili, strumentazione audio, video ed informatica. Nato ad Atessa, in provincia di Chieti, nel 1947, padre Cellucci è membro della Congregazione degli Oblati di Maria Immacolata (OMI) ed ha alle spalle una vasta esperienza nel campo della comunicazione: dal 1985 al 2002 lavorato presso la Direzione nazionale delle Pontificie Opere Missionarie, nel Servizio audiovisivi. La sua produzione è stata poi messa in circolazione e a disposizione degli Uffici missionari diocesani della Chiesa Italiana. Nel 1985 ha iniziato a collaborare con la Radio Vaticana, e in particolare con il programma italiano “Orizzonti Cristiani” e dal 1990 è nel gruppo dei sacerdoti chiamati a celebrare la Santa Messa, che viene trasmessa in diretta ogni domenica mattina. Dal gennaio 2004 è anche impegnato in una pubblicazione della Congregazione, la rivista “Missioni OMI”. Alla guida di Signis Roma, Padre Cellucci succede ora a padre Bernardo Suate, che lascia l’incarico dopo dieci anni e diviene il responsabile del Programma Portoghese della Radio Vaticana. (I.P.)

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    Sean Lovett, responsabile sezione inglese Radio Vaticana, insignito dall’Università di Dayton

    ◊   “Per lo straordinario impegno con cui ha dedicato la sua vita ai valori del Vangelo attraverso l’uso dei mass media”. Con questa motivazione Sean-Patrick Lovett, responsabile del Programma inglese della Radio Vaticana, è stato insignito, il 31 gennaio scorso, dall’Università cattolica di Dayton del “Premio J. Kane per la comunicazione religiosa”. Impegnato da 35 anni nella comunicazione ecclesiale, autore di un libro su Madre Teresa di Calcutta, Lovett è stato anche corrispondente di guerra e oltre a dirigere la sezione inglese della Radio Vaticana, insegna attualmente comunicazione alla Pontificia Università Gregoriana. Nel ricevere il prestigioso riconoscimento, assegnato dall’Istituto per le attività pastorali della Università di Dayton, Lovett ha parlato anche della radiofonia oggi, soffermandosi sulla Radio Vaticana: “La radio – ha detto - è viva e vegeta e la Radio Vaticana in particolare è la madre di tutte le emittenti radiofoniche. Uno dei motivi per cui esistiamo ancora dopo 82 anni è perché abbiamo saputo adattarci alle novità della tecnologia e stare al passo con i tempi. Siamo passati dalle trasmissioni audio ai podcast, dalle onde corte a Facebook, a Twitter e a tutto quello che offre oggi il mondo della comunicazione”, ha detto. Contestualmente all’assegnazione del “Kane Award”, la Dayton University ha intitolato a Sean Lovett una nuova borsa di studio per studenti di comunicazione poco abbienti. (LZ)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 33

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