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Sommario del 09/12/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa celebra con il Patriarca Sidrak: pace e libertà religiosa in Medio Oriente, basta divisioni
  • Dal Papa il presidente del Congo Brazzaville: attenzione per i profughi e preoccupazione per i fondamentalismi
  • Presto Beati padre Vergara e il laico Isidoro, martiri in Birmania, e Madre Giovannina Franchi
  • Il grido dei poveri non ci lasci indifferenti: così il Papa in Piazza di Spagna per l'omaggio all'Immacolata
  • Il Papa all’associazione Meter: continuare l’impegno al servizio dei bimbi contro gli abusi
  • Altre udienze e nomine
  • Tweet del Papa: se vediamo qualcuno che chiede aiuto, ci fermiamo? C’è tanto bisogno di buoni samaritani
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Thailandia. Annunciato scioglimento del Parlamento ed elezioni anticipate
  • Filippine: governo e ribelli islamici siglano intesa in vista dell'accordo di pace definitivo
  • Giornata Onu contro la corruzione sociale, politica, economica
  • Il vescovo di Carpi vara un progetto di finanza sociale a favore dell'imprenditoria giovanile
  • Italia, protesta dei "forconi". Cozzi: si sta allargando a macchia d'olio
  • Anziani maltrattati. Il Tam: Italia in ritardo nella lotta agli abusi
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Centrafrica: a Bangui torna lentamente la calma. Migliaia di sfollati ancora nelle parrocchie. Gli aiuti dell'Ue
  • Elezioni in India: "Grande preoccupazione" per la vittoria dei nazionalisti indù
  • Egitto: resa nota la bozza della Costituzione. Garantita la libertà religiosa
  • Iraq. Autobomba all’ingresso di un bar: 11 morti
  • Iraq. Il patriarca Sako: la fiamma della speranza illumini il Natale dei cristiani irakeni
  • Siria: l'opera della Comunità monastica di Deir Mar Musa per la riconciliazione
  • Venezuela: alle municipali vittoria di Maduro ma l'opposizione avanza
  • Colombia: ferma condanna dell’attentato delle Farc, che dichiarano una tregua per il Natale
  • Messico: riprendono le Messe serali sospese a causa della violenza
  • America Latina: la povertà resta stabile nel 2013
  • Guinea Bissau: Giornata di preghiera e digiuno per la pace indetta dai vescovi
  • Costa d'Avorio. Il vescovo di Yamoussoukro: il Paese si ritrovi sul piano economico e politico
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa celebra con il Patriarca Sidrak: pace e libertà religiosa in Medio Oriente, basta divisioni

    ◊   Si metta fine alle divisioni e alle inimicizie in Terra Santa e Medio Oriente. E’ l’appello levato stamani da Papa Francesco, a Casa Santa Marta. La Messa è stata concelebrata dal Patriarca di Alessandria dei Copti Cattolici, Ibrahim Isaac Sidrak, in occasione della manifestazione pubblica della “comunione ecclesiastica” con il Successore di Pietro. Il Papa ha ribadito la sua vicinanza ai cristiani che in Egitto sperimentano insicurezza e violenza, quindi ha rinnovato un appello per la libertà religiosa in tutto il Medio Oriente. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Il Vescovo di Roma e il Patriarca d’Alessandria insieme, in segno di comunione ecclesiale e in preghiera per la pace in Medio Oriente. A Casa Santa Marta si è vissuto, stamani, un momento di grande intensità spirituale. Nella sua omelia, Papa Francesco ha subito voluto rivolgere il pensiero ai fedeli copti, riprendendo le parole del Profeta Isaia, nella Prima Lettura, che parlano di un risveglio dei cuori nell’attesa del Signore:

    “L’incoraggiamento 'agli smarriti di cuore' lo sentiamo rivolto a quanti nella vostra amata terra egiziana sperimentano insicurezza e violenza, talora a motivo della fede cristiana. 'Coraggio: non temete!': ecco le consolanti parole che trovano conferma nella fraterna solidarietà. Sono grato a Dio per questo incontro che mi dà modo di rafforzare la vostra e la nostra speranza, perché è la stessa”.

    Il Vangelo, ha proseguito, presenta “Cristo che vince le paralisi dell’umanità”. E del resto, ha osservato, “le paralisi delle coscienze sono contagiose”. “Con la complicità delle povertà della storia e del nostro peccato – ha soggiunto – possono espandersi ed entrare nelle strutture sociali e nelle comunità fino a bloccare popoli interi”. Ma, è stato il suo incoraggiamento, “il comando di Cristo può ribaltare la situazione: 'Alzati e cammina!'”:

    “Preghiamo con fiducia perché in Terra Santa e in tutto il Medio Oriente la pace possa sempre rialzarsi dalle soste troppo ricorrenti e talora drammatiche. Si fermino, invece, per sempre l’inimicizia e le divisioni. Riprendano speditamente le intese di pace spesso paralizzate da contrapposti e oscuri interessi. Siano date finalmente reali garanzie di libertà religiosa a tutti, insieme al diritto per i cristiani di vivere serenamente là dove sono nati, nella patria che amano come cittadini da duemila anni, per contribuire come sempre al bene di tutti”.

    Il Papa ha quindi rammentato che Gesù sperimentò con la Santa Famiglia la fuga e venne ospitato nella “terra generosa” d’Egitto. Ha così invocato il Signore affinché “vegli sugli egiziani che per le strade del mondo cercano dignità e sicurezza”:

    E andiamo sempre avanti, cercando il Signore, cercando nuove strade, nuove vie per avvicinarci al Signore. E se fosse necessario aprire un buco sul tetto per avvicinarci tutti al Signore, che la nostra immaginazione creativa della carità ci porti a questo: a trovare e a fare strade di incontro, strade di fratellanza, strade di pace”.

    Dal canto suo, il Patriarca Sidrak ha espresso tutta la sua gioia per la possibilità di celebrare con il Papa ed ha sottolineato che la Chiesa in Egitto, in questo delicato momento storico, ha “bisogno del sostegno” paterno del Successore di Pietro. Quindi, come Papa Francesco, ha invocato anche lui il dono della pace:

    “Possa la luce del Santo Natale essere la stella che rivela la strada dell’amore, dell’unità, della riconciliazione e della pace, doni di cui la mia Terra ha così grande bisogno. Chiedendo la sua benedizione, Padre Santo, l’aspettiamo in Egitto”.

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    Dal Papa il presidente del Congo Brazzaville: attenzione per i profughi e preoccupazione per i fondamentalismi

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto, stamani in udienza, il presidente della Repubblica del Congo Brazzaville, Denis Sassou N’Guesso. Durante il colloquio, informa una nota della Sala Stampa Vaticana, “è stato ricordato il positivo contributo che la Chiesa cattolica fornisce alla società congolese, in particolare nel campo assistenziale ed educativo”. Sono state, inoltre, evocate “le buone relazioni esistenti fra la Santa Sede e la Repubblica del Congo” e “trattate alcune tematiche di interesse comune, rinnovando la volontà di rafforzare ulteriormente la collaborazione bilaterale”. Infine, ci si è soffermati su “diverse questioni che interessano l’Africa centrale”, “con particolare attenzione all’assistenza dei profughi e dei rifugiati, nonché il problema della sicurezza nella Regione, anche in rapporto alla crescita delle tensioni dovute ai fondamentalismi”.

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    Presto Beati padre Vergara e il laico Isidoro, martiri in Birmania, e Madre Giovannina Franchi

    ◊   Tre Beati, una fondatrice religiosa e due martiri, e dieci nuovi Venerabili, cinque donne e cinque uomini. I loro nomi sono contenuti nei Decreti promulgati oggi da Papa Francesco, dopo l’udienza concessa stamattina al cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Il profilo dei nuovi Beati nel servizio di Alessandro De Carolis:

    L’assistenza verso gli ammalati per Giovannina Franchi non poteva essere vissuta guardando l’orologio. Né poteva esserci malattia tanto disgustosa nell’apparenza da negare il conforto delle cure per chi ne era affetto. Sono sufficienti queste due convinzioni, diventate regola nel suo Istituto, per capire chi fosse la prossima Beata della quale è stato riconosciuto il miracolo che la porterà agli altari. Nativa di Como, dove nasce nel 1807, arriva tardi a consacrarsi, 33 anni, dopo una prima parte della vita trascorsa in un educandato e una breve esperienza di fidanzamento. Intorno alla metà dell’Ottocento si dedica all’assistenza dei malati a domicilio finché nel 1853 fonda, con tre compagne, quella che poi diventerà la Congregazione delle Suore Infermiere dell’Addolorata. La loro predilezione va ai malati gravi e moribondi, perché più soli e più vicini all’incontro con Dio. Dobbiamo mostrarci, scrive la Franchi, “coraggiose ed umili nel tempo stesso, pazienti e cortesi nelle maniere, amanti del silenzio e della fatica, ben disposte all’assistenza degli infermi ed a qualunque opera di carità senza eccezione di alcun ufficio comeché faticoso e ributtante”. La loro opera rasenta l’eroismo quando Como è impestata dal “vaiolo nero”, ritenuto da alcuni il colera. Giovannina Franchi ne viene contagiata a morte, che la coglie all’alba del 23 febbraio 1872, a quasi 65 anni di età.

    Storia di una morte eroica in nome di Cristo è anche quella che racconta, nella prima metà del Novecento, la vita di Mario Vergara, sacerdote professo del Pontificio Istituto per le Missioni Estere (Pime), e Isidoro Ngei Ko Lat, laico e catechista. Padre Mario, napoletano di Frattamaggiore, ha 19 anni quando entra nel Pime. A 24 viene inviato in Birmania nel distretto di Citaciò, che conta una trentina di villaggi della tribù dei Sokù. Padre Mario è infaticabile e si procura ben presto la stima di tutti sono solo come sacerdote, ma anche come educatore, medico, amministratore e spesso anche giudice e arbitro. Quando l’Italia dichiara guerra all’Inghilterra, nel 1940, i missionari del Protettorato britannico sulla Birmania vengono etichettati come fascisti e inviati nei campi di concentramento inglesi in India. La prigionia termina alla fine del ‘44 e un indebolito padre Mario torna alla sua missione, temendo di essere ormai considerato inutile. Al contrario, gli viene data la possibilità di fondare una nuova missione, che diventerà la parrocchia di Shadaw. I suoi sforzi apostolici portano presto a ottimi risultati e ciò gli attira il risentimento dei protestanti battisti. Quando nel ’48 la Birmania ottiene l’indipendenza, nel Paese esplode la guerra civile. Le truppe ribelli, di religione battista, si macchiano di violenze e soprusi contro i quali padre Mario si schiera coraggiosamente. Il 24 maggio 1950, accompagnato dal suo catechista, Isidoro, padre Mario si reca a Shadaw per protestare per un torto subito. Entrambi vengono però arrestati come spie del governo centrale e uccisi a colpi di fucile all’alba del 25 maggio 1950. I loro corpi, rinchiusi in sacchi, sono gettati nel fiume Salween e non più ritrovati.

    Nei decreti promulgati oggi da Papa Francesco si riconoscono le virtù eroiche di dieci Servi e Serve di Dio. Si tratta di Maurizio Maria Matteo Garrigou, sacerdote, fondatore dell'Istituto di Nostra Signora della Compassione; Clemente (al secolo: Vincenzo Fuhl), sacerdote professo dell'Ordine di Sant'Agostino; Marcello della Vergine del Carmelo (al secolo: Boldizsár Marton), sacerdote professo dell'Ordine dei Carmelitani Scalzi; Romano Bottegal, sacerdote professo dell'Ordine dei Cistercensi della Stretta Osservanza (Trappisti); Raffaele Cordero Molina, Laico; nato a San Juan de Puerto Rico (Puerto Rico) il 24 ottobre 1790 ed ivi morto il 5 luglio 1868; Rosalia Cadron-Jetté (in religione: Madre della Natività), fondatrice dell'Istituto delle Suore della Misericordia; Maria Rosa Teresa Gay Tibau, fondatrice dell'Istituto delle Suore di San Giuseppe ora Religiose di San Giuseppe di Gerona; Maria Oliva del Corpo Mistico (al secolo: Maria Oliva Bonaldo), fondatrice dell'Istituto delle Figlie della Chiesa; Orsola Mezzini, religiosa professa e superiora generale della Congregazione delle Suore della Piccola Missione per i Sordomuti; Scolastica della Divina Provvidenza (al secolo: Orsola Maria Rivata), religiosa professa e prima superiora generale delle Pie Discepole del Divin Maestro.

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    Il grido dei poveri non ci lasci indifferenti: così il Papa in Piazza di Spagna per l'omaggio all'Immacolata

    ◊   “Il grido dei poveri non ci lasci mai indifferenti": questa la preghiera di Papa Francesco in Piazza di Spagna per il tradizionale atto di venerazione, nella solennità d’Immacolata Concezione. Il calore e l’affetto di migliaia di persone hanno accompagnato il Pontefice anche durante la breve sosta davanti alla Chiesa della Santissima Trinità, per il saluto dell'Associazione dei Commercianti Via Condotti. Prima di rientrare in Vaticano la preghiera nella Basilica di Santa Maria Maggiore. Massimiliano Menichetti:

    Il Papa arriva in Piazza di Spagna, scortato dall’amore e dagli applausi di migliaia di persone, assiepate lungo le vie della città. Abbraccia un’anziana in carrozzina e poi un’altra, benedice e saluta i malati come i bambini che gli vengono portati lungo il tragitto in auto; stringe le tante mani che lo cercano, raccoglie una rosa lanciatagli da un’anziana signora. Poi il saluto delle autorità tra cui il cardinale viacario Vallini, il sindaco Marino, mentre la folla da ogni parte scandisce il suo nome. Quindi il silenzio e la preghiera davanti alla statua della Vergine che benedice la città, sotto un cielo plumbeo che per pochi istanti fa aprire gli ombrelli:

    "Tu sei la Tutta Bella, o Maria!
    La Parola di Dio in Te si è fatta carne.
    Aiutaci a rimanere in ascolto attento della voce del Signore:
    il grido dei poveri non ci lasci mai indifferenti,
    la sofferenza dei malati e di chi è nel bisogno non ci trovi distratti,
    la solitudine degli anziani e la fragilità dei bambini ci commuovano,
    ogni vita umana sia da tutti noi sempre amata e venerata".

    “Tu sei la Tutta Bella, o Maria!", ha proseguito il Papa. "In Te è la gioia piena della vita beata con Dio”:

    "Fa’ che non smarriamo il significato del nostro cammino terreno:
    la luce gentile della fede illumini i nostri giorni,
    la forza consolante della speranza orienti i nostri passi,
    il calore contagioso dell’amore animi il nostro cuore,
    gli occhi di noi tutti rimangano ben fissi là, in Dio, dove è la vera gioia".

    Durante le litanie della Vergine, l'omaggio floreale del Papa; il rito si conclude con la benedizione del Pontefice e l’antichissimo canto mariano “Tota pulchra”, “Tutta bella sei Maria”. Quindi ancora un breve saluto alle autorità per poi tornare all’amore, alla tenerezza, alla vicinanza del Papa per i malati: ascoltati e abbracciati praticamente uno ad uno. Prima del rientro in Vaticano, Papa Francesco ha fatto visita alla Basilica di Santa Maria Maggiore: qui una folla di fedeli lo ha accolto con un applauso scrosciante e ancora gli abbracci del Santo Padre, poi la preghiera davanti all’Icona della “Salus Populi Romani”.


    Grande commozione e grande affetto tra la gente che ha accompagnato il Papa in questo lungo pomeriggio romano per la venerazione di Maria Immacolata. Sentiamo alcune voci raccolte dalla nostra inviata in Piazza di Spagna, Benedetta Capelli:

    R. - Sono venuta perché è un Papa che mi ha spinto a venire. La bontà di questo Papa si vede negli occhi, mi sto commuovendo. Questo Papa è come mio padre.

    R. - Siamo partiti alle 6 di stamattina dalla stazione di Padova per venire a trovare Papa Francesco, un papà non solo un Papa.

    R. - E’ un Papa che dà tanta gioia solo a sentirlo parlare.

    R. - Io sono qui con tanta devozione, con grande amore verso la Vergine Maria e anche per stare qui vicino al Papa che è una persona paterna, un grande uomo di Dio che ci aiuta ad avvicinarci al Signore.

    R. - Siamo voluti venire per l’Immacolata come omaggio alla Madre e poi per il Papa. E’ un padre, lo sentiamo vicino, dà carica, dà forza ai giovani e anche alle persone un po’ sopite nella fede. Ci sta scuotendo tutti.

    R. - Noi abbiamo una casa di riposo e tutti gli anziani sempre parlano di Papa Francesco. Avendo la possibilità di venire a Roma tutti mi hanno detto: “Salutaci il Papa!”.

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    Il Papa all’associazione Meter: continuare l’impegno al servizio dei bimbi contro gli abusi

    ◊   In occasione dell'inaugurazione della Casa Meter ad Avola, per bambini vittime di violenza e per le loro famiglie, Papa Francesco ha indirizzato un telegramma - a firma del segretario di Stato, mons. Pietro Parolin - al fondatore dell’associazione Meter, don Fortunato Di Noto. Il Papa esprime “compiacimento per la provvida istituzione” ed esorta “a proseguire sulla strada del generoso impegno a servizio dei più piccoli, sempre animati da sentimenti di genuina carità e di amore al prossimo”. Il Pontefice imparte, infine, la sua Benedizione Apostolica ai bambini e a quanti, nell’Associazione Meter, si impegnano per la loro protezione. (A.G.)

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Il Papa ha ricevuto questa mattina anche il cardinale Elio Sgreccia, presidente emerito della Pontificia Accademia per la Vita, e mons. Giambattista Diquattro, arcivescovo tit. di Giromonte, nunzio apostolico in Bolivia.

    Il Santo Padre ha accettato la rinuncia all’ufficio di ausiliare della diocesi di Łowicz (Polonia), presentata da mons. Józef Zawitkowski, per raggiunti limiti di età.

    Ha quindi accettato, sempre per raggiunti limiti di età, la rinuncia all’ufficio di ausiliare della diocesi di Brno (Repubblica Ceca), presentata da mons. Petr Esterka,

    E sempre per raggiunti limiti di età, ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Balasore (India), presentata da mons. Thomas Thiruthalil.

    Il Papa ha nominato vescovo della diocesi di Balasore (India) padre Simon Kaipuram, C.M., rettore e professore dell’Aquinas College di Gopalpur, nella diocesi di Berhampur. Padre Simon Kaipuram è nato il 9 febbraio 1954, a Thanneermukkom, diocesi di Kottayam, Kerala. Ha studiato Filosofia all’Aquinas College di Gopalpur (diocesi di Berhampur), come novizio della Congregazione della Missione, e Teologia alla Pontificia Università di Pune. Ha emesso la professione religiosa solenne il 2 maggio 1979. È stato ordinato sacerdote il 20 dicembre 1980, per la stessa Congregazione della Missione. Dopo l’ordinazione sacerdotale ha ricoperto i seguenti incarichi: 1981-1982: vicario parrocchiale ad Aligonda, diocesi di Berhampur; 1982-1983: vicario parrocchiale a Mohana, diocesi di Berhampur; 1983-1985: Studi per la Licenza nella Pontificia Università Gregoriana, Roma; 1985-1990: formatore e professore presso l’Aquinas College, Gopalpur; 1990-1993: Studi per il Dottorato alla Pontificia Università Gregoriana, Roma; 1993-1999: rettore della Vidya Sadan Theology House, Pune; 1999-2007: formatore, professore e decano degli Studi presso l’Aquinas College; 2007-2011: formatore al Seminario minore Vincenziano di Baripada, diocesi di Balasore; dal 2011: rettore e professore dell’Aquinas College, consultore diocesano ed assistente provinciale, nonché apprezzato visiting professor in diversi Seminari ed Istituti Teologici indiani.

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    Tweet del Papa: se vediamo qualcuno che chiede aiuto, ci fermiamo? C’è tanto bisogno di buoni samaritani

    ◊   Il Papa ha lanciato un nuovo tweet sul suo account @Pontifex: “Se vediamo qualcuno che chiede aiuto, ci fermiamo? C’è tanta sofferenza e povertà, e tanto bisogno di buoni samaritani”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   La strada della pace in Medio Oriente: il Papa celebra la Messa con il patriarca di Alessandria dei Copti.

    Mai indifferenti: la preghiera del Pontefice davanti all’Immacolata in piazza di Spagna.

    Lotta alla fame per salvare vite umane: intervento della Santa Sede alla Conferenza dei ministri dell’Organizzazione mondiale del commercio.

    Marco Bellizi sul trionfo di Matteo Renzi alle primarie.

    A lezione di ebraico: David Sciunnach sottolinea l’importanza dell’amicizia - per i rapporti tra ebraismo e Chiesa cattolica nel Novecento - tra il rabbino Alessandro Elishà da Fano e Papa Pio XI.

    Annamaria Andreoli racconta dell’appuntamento saltato fra D’Annunzio e Padre Pio, e Sabino Caronia ricorda quei sonetti sul comodino del Vate.

    Musiche per un Papa che arriva: Marcello Filotei sulla Cappella Sistina alla prova del Conclave.

    Il presepe di Raffaello: Stella Seitun illustra la singolare esposizione della “Madonna di Foligno” a Milano.

    Dopo gli scontri e i saccheggi il Papa prega per la città argentina di Cordoba.

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    Oggi in Primo Piano



    Thailandia. Annunciato scioglimento del Parlamento ed elezioni anticipate

    ◊   In Thailandia è in corso la giornata di protesta che l'opposizione definisce cruciale. Rifiutata la proposta della premier, Shinawatra, di scioglimento del Parlamento e di un esecutivo provvisorio da lei guidato. Le elezioni si terranno, ha annunciato comunque il Capo del governo, il prossimo 2 febbraio. Stefano Vecchia:

    La capitale thailandese Bangkok vede in queste ore la dimostrazione di forza dell'opposizione. Il messaggio dei leader è stato chiaro: o un' immensa partecipazione popolare che costringa al cambiamento, oppure si consegneranno alla polizia che potrà eseguire il mandato d'arresto per insurrezione. Dopo avere più volte dichiarato la disponibilità al dialogo ma sempre specificando che ogni azione dovrà avvenire all'interno del quadro costituzionale (diversamente interpretato però dalle parti), la signora primo ministro questa mattina ha comunicato alla televisione di avere chiesto al re lo scioglimento del parlamento e nuove elezioni, fissate per il 2 febbraio. La reazione dell'opposizione è stata immediata e contraria a un esecutivo anche provvisorio guidato ancora da Yingluck Shinawatra. I manifestanti hanno mosso sul Palazzo del governo dove nel weekend sono state ricostruite le barricate smantellate per alcuni giorni in occasione del compleanno del re il 5 dicembre. Nove cortei si sono messi in moto da punti diversi della città per cercarne il blocco. Chiuse 65 scuole in 15 distretti, molte università hanno dichiarato una giornata di libertà per gli studenti per consentirne la partecipazione, un gran numero di sindacati ha proclamato l'astensione dal lavoro o l'adesione alla protesta. Il Centro per l'amministrazione della legge e dell'ordine, che gestisce la crisi, ha fatto sapere che il contrasto sarà fermo e efficace, ma non sarà fatto uso della forza. Tuttavia solo attorno al Palazzo del governo sono stati schierati 6000 poliziotti in assetto antisommossa. I responsabili della sicurezza, come pure quelli delle manifestazioni hanno fatto presente la possibilità di azioni violente di provocatori. Pronte squadre mediche d'emergenza e i vigili del fuoco. Ieri sera, al termine di una giornata convulsa, tutti i 153 parlamentari del partito dei Democratici, il maggiore dell'opposizione parlamentare e altri esponenti politici, si sono dimessi per delegittimare il governo e per partecipare liberamente alla giornata odierna.


    Sulla situazione Massimiliano Menichetti ha intervistato Carlo Filippini professore di Economia politica all'Università Bocconi, esperto dell'area:

    R. – Questa situazione è la continuazione di una tensione, di una radicalizzazione della politica thailandese che inizia sostanzialmente nel 2001, con la prima vittoria di Taksin, il fratello dell’attuale primo ministro, e che ha avuto un momento di svolta nel 2006, quando ci fu il colpo di Stato militare che rimosse Taksin. Lo scontro di oggi è lo stesso di allora, da una parte la classe media e la borghesia più ricca, che è concentrata a Bangkok, nella capitale, nonché i vecchi politici e in parte i militari che vogliono mantenere i privilegi economici che si sono guadagnati in questi anni di sviluppo economico; dall’altra parte, abbiamo – invece – Taksin, un politico certamente populista ma che ha fatto molte riforme a favore delle classi rurali e soprattutto delle classi più povere. In questo momento in Thailandia, questi gruppi – i cosiddetti “rossi”, dal colore delle loro camicie – sono la stragrande maggioranza in Thailandia e di fatto il partito di Taksin o di sua sorella ha vinto sempre le elezioni, dal 2001 in poi, con una maggioranza schiacciante alle ultime del luglio 2011.

    D. – In questo momento, la protesta è abbastanza pacifica. C’è il rischio – secondo lei- di un degenerare della situazione?

    R. – Purtroppo certamente c’è: per esempio, nell’aprile maggio 2010 – tre anni fa – ci furono addirittura quasi un centinaio di morti negli scontri che si sono verificati proprio a Bangkok, anche se probabilmente non è questo il rischio più grande, lo scenario più probabile è quello della continuazione di queste dimostrazioni da parte dei “gialli”. Giallo, in Thailandia, è il colore del lunedì, il giorno in cui è nato il re e questi gruppi un po’ più elitari si appoggiano sia pure indirettamente all’autorità del re.

    D. – In questo momento, l’opposizione rifiuta nuove elezioni: “Andremo avanti fino in fondo”, hanno ribadito i leader …

    R. – C’è il rischio di uno stallo politico di cui, per la verità, i militari approfittarono nel settembre 2006 per il colpo di Stato che estromise un premier Taksin eletto regolarmente.

    D. – C’è il rischio che i militari intervengano nuovamente?

    R. – Non penso ad un nuovo colpo di Stato, perché l’esperienza del 2006 è stata completamente negativa, per loro: hanno fatto approvare una costituzione ma poi, alle elezioni, ha sempre vinto il partito di Taksin e anche le riforme che loro avevano promesso non sono state praticamente mai attuate.

    D. – La data del 2 febbraio, dunque, non è una certezza: perché la premier ha giocato questa carta?

    R. – Per l’attuale premier fare le elezioni non costituisce un enorme rischio perché con una probabilità molto, molto elevata vincerà le elezioni. Nelle province del Nord e del Nordest e anche in gran parte delle province del Centro, il partito legato a Shinawatra è chiaramente maggioritario. Il partito democratico, che è il principale partito di opposizione, ha probabilità di vincere solo nelle province del Sud e naturalmente anche a Bangkok, nella capitale. Però, le regioni favorevoli a Shinawatra sono molto più popolate della regione unica – per la verità – e della capitale, che sono invece più legate all’opposizione. Per questo, temo che l’opposizione cercherà di boicottare le elezioni perché alla prova dei fatti, alla prova del voto sicuramente perderebbe.

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    Filippine: governo e ribelli islamici siglano intesa in vista dell'accordo di pace definitivo

    ◊   Il governo delle Filippine e il principale gruppo ribelle del Paese, il Fronte islamico di liberazione Moro (Milf), hanno firmato ieri a Kuala Lumpur, in Malaysia, un’intesa che apre la strada ad un accordo di pace definitivo. Si punta a porre termine all’insurrezione dei ribelli, che dal 1970 ha già causato 150 mila morti. Il documento appena siglato riconosce un’ampia autonomia alla futura regione di Bangsamoro, nelle zone a maggioranza musulmana nel sud del Paese. Attesa per una soluzione di pace anche a Zamboanga, sull’isola filippina di Mindanao, dove a settembre un altro gruppo ribelle - il Fronte nazionale di liberazione Moro (Mnlf) - aveva attaccato la popolazione in segno di protesta contro le autorità di Manila. Giada Aquilino ha raggiunto telefonicamente a Zamboanga padre Sebastiano D’Ambra, missionario del Pime da 35 anni nelle Filippine e fondatore del movimento per il dialogo interreligioso ‘Silsilah’:

    R. – Questo accordo fa parte di un itinerario step-by-step: diciamo che è il penultimo ostacolo da superare per arrivare al trattato di pace finale tra il governo e il movimento Moro Islamic Liberation Front (Milf). Sono già più o meno tre anni che esiste questo percorso: ci sono appunto degli step - li chiamano ‘annessi’ - per decidere la distribuzione del territorio, la distribuzione del potere, la distribuzione delle tasse e così via. L’ultimo annesso - il prossimo, il quarto - è quello che riguarda la spartizione dei mari, perché ci sono leggi internazionali e nazionali al riguardo e perché in questi mari ci sono ingenti risorse naturali, come gas e petrolio. Poi l’intesa finale dovrebbe passare al Congresso, per diventare legge.

    D. – In questo momento si sta trattando sull’autonomia, sul disarmo dei ribelli. Cosa cambierebbe con un accordo di pace definitivo nelle Filippine? Ricordiamo che questa insurrezione ha già causato 150 mila morti dagli anni Settanta…

    R. – Dobbiamo incoraggiare questo accordo. Gli ostacoli che ci saranno lungo la strada riguarderanno la capacità di mettersi d’accordo. A tal proposito, domani, qui a Zamboanga, abbiamo un grande incontro, un summit dei leader: è stato organizzato dal governo con l’aiuto della diocesi e del gruppo religioso musulmano, per discutere della situazione e di come si possa andare avanti. Quindi, direi che ci sono tentativi di trovare soluzioni a diversi livelli. Tra l’altro, questo accordo di pace riguarda le zone musulmane, ma in quelle aree vivono anche dei cristiani e dei gruppi tribali: in linea generale queste realtà accettano l’accordo, pur guardandolo con qualche preoccupazione perché figura come un’intesa per i musulmani. Ecco: noi cerchiamo di ricordare che dev’essere a beneficio di tutti.

    D. – Questi step, in vista di un accordo finale, giungono in un momento difficile per le Filippine…

    R. – In effetti, il 9 settembre c’è stato l’attacco a Zamboanga con centinaia di morti e feriti, 10 mila case distrutte. Ancora abbiamo migliaia e migliaia di rifugiati, con tutti i problemi annessi. Poi, dopo qualche settimana, abbiamo avuto il terremoto nella zona di Bohol e poi il grosso disastro del super-tifone Haiyan. Quindi, veramente, le Filippine stanno soffrendo molto.

    D. – Lei da tanti anni si occupa di dialogo interreligioso, con il suo movimento Silsilah: qual è la speranza della Chiesa locale?

    R. – Facciamo di tutto perché la pace possa essere veramente raggiunta e sia duratura. Viviamo nella speranza di questo obiettivo.

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    Giornata Onu contro la corruzione sociale, politica, economica

    ◊   Si celebra oggi la Giornata internazionale contro la corruzione sociale, politica economica, che affligge tutti i Paesi e che viola i diritti umani fondamentali, come sottolinea il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon nel suo Messaggio volto a sensibilizzare le opinioni pubbliche in tutto il mondo su questo gravissimo fenomeno, che compromette lo sviluppo democratico degli Stati e il benessere delle popolazioni. Roberta Gisotti ha intervistato Marina Mazzini, assistente esecutiva dell’Unicri-Istituto di ricerca dell’Onu sul crimine e la giustizia:

    D. – Dott.ssa Mazzini, i danni della corruzione sono ancora forse poco avvertiti dai cittadini? Eppure Ban Ki-moon denuncia che gli effetti maligni della corruzione ricadono su miliardi di persone…

    R. - La corruzione è indubbiamente uno dei fenomeni criminali che più incidono sullo sviluppo sociale ed economico di tutti i Paesi. È un fenomeno molto poco quantificabile, perché è ‘sommerso’ ed è un fenomeno che si radica in tutte le culture, e per il quale c’è sempre più bisogno di una maggiore azione di sensibilizzazione. Ci sono Paesi nei quali una madre che partorisce per poter vedere il figlio o la figlia deve pagare una ‘mazzetta’ al personale sanitario; ci sono Paesi nei quali le gare pubbliche vengono vinte dalle società che corrompono e non dalle società che potrebbero fornire servizi migliori. La corruzione sottrae ogni anno miliardi di dollari allo sviluppo dei Paesi, ai servizi di base, all’economia e rallenta la crescita economica ed il rafforzamento dello stato di diritto.

    D. - Cosa fanno le Nazioni Unite per contrastare la corruzione?

    R. - Hanno sviluppato uno dei principali strumenti di contrasto che è la Convenzione dell’Onu contro la corruzione, e proprio quest’anno si celebra il 10.mo anniversario della nascita di questo nuovo strumento, che fu aperto alla firma a Mérida in Messico. È il primo strumento giuridico vincolante nella lotta contro la corruzione, che prevede misure di prevenzione di criminalizzazione delle principali forme, creando anche piattaforme per rafforzare la collaborazione tra la polizia e la magistratura. È uno strumento ratificato da 171 Paesi. Le Nazioni Unite stanno continuando a promuoverlo e stanno anche aiutando i Paesi ad implementarlo; quindi, ad adottare e ad armonizzare le loro procedure interne. Inoltre, l’Onu sta soprattutto sviluppando un’azione di sensibilizzazione della società civile, che è l’elemento cardine per sconfiggere la corruzione. La campagna di quest’anno - sviluppata dall’ufficio dell’Onu contro la droga ed il crimine - lancia come messaggio: “Zero corruzione, 100% sviluppo”. È una campagna che si propone soprattutto di coinvolgere i giovani come elemento chiave nella nascita di una nuova cultura. Le Nazioni Unite aiutano poi i Paesi anche a rimpatriare i beni sottratti. Però se pensiamo ai dati per cui su 395 casi di corruzione solo il 3% - che corrisponde a 197 milioni di dollari, su di un totale di 5,8 miliardi - sono stati restituiti ai Paesi nei quali si sono verificati gli atti di corruzione, questo ci dà l’idea di quanto sia difficile contrastare la corruzione, ma ci dà anche l’idea di quanto veramente la corruzione - quando poi si ha la possibilità di quantificarla - raggiunga livelli molto importanti. La corruzione poi non è solo un fenomeno che rallenta lo sviluppo e l’economia, ma è anche un fenomeno nel quale si radicano le organizzazioni criminali ed il terrorismo perché sono i meccanismi di corruzione che permettono poi ai gruppi di criminalità organizzata e ai gruppi terroristici di creare sistemi per infiltrarsi nelle società e minare sempre più lo stato di diritto.

    D. - C’è ancora quindi molto da fare. Questo giustifica l’appello di Ban Ki-moon ai governi, al settore privato e alla società civile tutta perché sia rimossa quanto più possibile la corruzione di ostacolo per raggiungere gli obiettivi del millennio…

    R. - La corruzione è un fenomeno che colpisce proprio le classi più vulnerabili: sottraendo le risorse importanti ai Paesi, di fatto si ripercuote principalmente sulle persone che più hanno bisogno e che sono il target degli Obiettivi del millennio.

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    Il vescovo di Carpi vara un progetto di finanza sociale a favore dell'imprenditoria giovanile

    ◊   Si chiama “Fides et Labor Benedetto XVI” il progetto di finanza sociale della diocesi di Carpi per sostenere le idee imprenditoriali di giovani che non possono accedere al finanziamento delle banche. Il fondo pari a 300mila euro nasce sulla spinta della donazione effettuata nel 2012 dal Papa emerito in visita nelle zone terremotate e dalla raccolta di offerte di privati. Una volta restituito, il denaro verrà rimesso in circolo per aiutare altre persone in difficoltà. Il progetto è stato presentato questa mattina dal vescovo di Carpi, mons. Francesco Cavina. Ascoltiamolo al microfono di Paolo Ondarza:

    R. – L’idea mi è nata subito, dopo qualche mese che sono arrivato in diocesi, perché la nostra zona è molto ricca di industrie, di attività commerciali, e anche qui naturalmente la crisi si sta facendo sentire. Poi, c’è stato l’evento drammatico del terremoto e la cosa è passata in secondo piano. Quando è venuto il Santo Padre, Benedetto XVI, per la visita pastorale del 26 giugno del 2012, mi ha fatto avere una cifra di 100 mila euro, messa a disposizione del vescovo per quello che riteneva opportuno. Ho interpretato questa donazione come un segno della Provvidenza per riprendere quel progetto che avevo in mente appena arrivato in diocesi. Ho pensato di costituire un Comitato etico che favorisse l’occupazione giovanile. Questa idea ha trovato ancora più conferme, quando ho incontrato i giovani nelle visite in diocesi: ho toccato con mano il desiderio e la creatività di questi giovani, le belle idee anche da un punto di vista imprenditoriale, che non potevano realizzare perché non riuscivano ad ottenere i finanziamenti dalle banche, non assicurando un minimo di garanzia.

    D. – Questa iniziativa, nata come diceva dalla donazione di Papa Benedetto XVI, restituisce speranza ai giovani, che oggi non riescono a metter su un’impresa...

    R. – Esattamente. Viene dato un finanziamento per un progetto che questi ragazzi presenteranno, senza interessi. Potremmo quasi dire che sono soldi dati a fondo perduto, che se potranno restituire, li restituiranno, altrimenti sarà stato un tentativo, che ha comunque un suo valore. E’ un’iniziativa totalmente nuova, della quale non esiste esempio in Italia.

    D. – Quali sono le categorie imprenditoriali oggi più a rischio nella diocesi di Carpi?

    R. – Era molto sviluppata l’industria tessile. Carpi era una - e lo è ancora in parte – delle capitali della moda. Poi, la parte meccanica, l’industria meccanica è quella più in crisi.

    D. – Faceva riferimento al terremoto. Qual è oggi la situazione?

    R. – Io sono abbastanza soddisfatto, nel senso che la ricostruzione procede in termini piuttosto veloci. Abbiamo già riaperto una chiesa e ne riapriremo diverse altre entro la fine dell’anno. Il prossimo anno si riaprirà la cattedrale. Anche da un punto di vista industriale, devo dire che, le aziende che hanno subito danno, hanno ripreso tutte la loro attività. Insomma, dobbiamo ringraziare il Signore, le autorità, la nostra gente, perché è gente molto laboriosa, molto intraprendente, non si è fatta prendere dallo sconforto. Siamo, quindi, contenti. Certo, si può sempre fare di più, si può sempre fare di meglio. Questo Comitato etico che è stato costituito e questa iniziativa hanno lo scopo di favorire i giovani nel mondo del lavoro, perché è questo il dramma che la nostra società sta vivendo: la disoccupazione giovanile.


    Per valutare e accompagnare nella realizzazione i singoli progetti ai quali verrà erogato un prestito massimo di 10mila euro è stato costituito un Consiglio Etico, presieduto da Giuseppe Torluccio, docente di Tecnica bancaria all’Università di Bologna. Paolo Ondarza lo ha intervistato:

    R. - È una forma di finanza sociale che cerca di raggiungere soprattutto i giovani che hanno iniziative che vorrebbero sviluppare. Viene richiesto che venga rimborsata la parte del finanziamento, ma non sono previsti oneri per interessi e per costi aggiuntivi.

    D. - Qualora i singoli progetti non andassero in porto, non incontrassero successo, cosa accadrebbe…

    R. - Non si esaurisce tutto nell’erogazione del finanziamento. Come tutti sanno, nelle varie forme di finanza sociale la parte del finanziamento è indispensabile ma è solo il primo passo; seguono poi attività di accompagnamento dove le singole iniziative vengono strutturate con quelle che sono un po’ le logiche di sviluppo di una piccola attività e di sviluppo dell’impresa. Come in tutte le operazioni non si dà per scontato che tutto venga rimborsato, però siamo abbastanza ottimisti sul fatto che persone di buona volontà si impegnino e riescano anche a rimborsare la quota ricevuta.

    D. - Oltre alla buona volontà, che è sicuramente un buon presupposto, quali devono essere i requisiti per accedere al fondo?

    R. - I requisiti riguardano la possibilità di mettere in piedi un’iniziativa imprenditoriale, uno studio professionale quindi di piccola dimensione, dove due o tre persone sono in grado di strutturare un’idea che abbia anche una sua sostenibilità economica. Il comitato etico valuterà quindi sia gli aspetti di finanza sociale, ma anche gli aspetti di economicità dell’iniziativa, per capire quali sono quelle che possono con maggiore facilità riuscire a portare a frutto il finanziamento ricevuto.

    D. - Un progetto come questo dimostra che è possibile anche in altre parti d’Italia adottare analoghe iniziative a sostegno dell’imprenditoria giovanile?

    R. - Certamente, è possibile realizzarlo anche in altre parti d’Italia. Si tratta di riuscire a costituire un fondo di una certa dimensione, poi poter aiutare queste iniziative anche in quelle che sono le fasi successive al finanziamento in senso stretto. Speriamo di mettere in piedi i primi finanziamenti già prima della fine del 2013.

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    Italia, protesta dei "forconi". Cozzi: si sta allargando a macchia d'olio

    ◊   Dal Nord al Sud è iniziata “Fermiamo l’Italia”, la protesta che prende le mosse dal movimento dei “forconi”. A scioperare autotrasportatori, ma anche artigiani e agricoltori. Blocchi e presidi in tutta la penisola. Disagi nella viabilità, in particolare in Veneto. Bloccati i binari della stazione di Genova Brignole. La situazione più critica a Torino, con tafferugli tra le forze dell’ordine e i manifestanti. Lanciate pietre e lacrimogeni. Un carabiniere è rimasto leggermente ferito. Aggredito un fotografo che collabora con l’Ansa e colpita la postazione di Sky in piazza Castello. "Le proteste in Italia sono legittime se rispettano le leggi. Noi impediremo che vengano violate", ha detto il ministro dell'Interno Angelino Alfano. Sulla protesta Debora Donnini ha sentito Tommaso Cozzi, professore di economia all’Università “Regina Apostolorum” di Roma:

    R. – Questa protesta non ha una ragione di tipo tecnico, perché le richieste effettuate, soprattutto dal movimento di “forconi” o movimento degli autotrasportatori hanno incontrato la collaborazione da parte del governo, in particolare da parte del Ministero delle infrastrutture. Quindi, le richieste che erano state avanzate già da questa estate sono state soddisfatte. La sensazione che si ha è che gli autotrasportatori si stiano facendo portavoce per il diffuso disagio e le diffuse situazioni di precarietà che la nostra Nazione sta vivendo: guardando anche i manifesti e le ragioni di questa protesta si va molto oltre rispetto al problema dei trasporti o, per esempio, del costo dei carburanti in senso stretto.

    D. – Ieri, infatti, i movimenti territoriali protagonisti della manifestazione, che si raccolgono sotto la sigla “Costituente Rete Civica Nazionale”, ricorreranno – è stato annunciato – contro lo Stato italiano presso la Corte europea di Strasburgo per violazione dei diritti umani e della dignità della persona. Si sottolinea il forte peso fiscale che c’è in Italia, la conseguente chiusura delle aziende, la perdita dei posti di lavoro, il trasferimento delle aziende all’estero. Questa è una questione spinosa per l’Italia…

    R. – Certo. Dallo stesso contenuto della denuncia che è stata presentata si nota come le richieste vadano ben oltre i problemi specifici di categoria. In effetti, il Ministero delle infrastrutture, per quanto riguarda la pressione fiscale sui carburanti – quindi le accise sui carburanti – aveva già posto rimedio. Qui si tratta, in realtà, di una protesta che riguarda la pressione fiscale in generale, gravante sulle imprese non solo del settore dei trasporti. Dalle ultime notizie, infatti, mi risulta che si stiano aggregando anche commercianti, artigiani… Ma il problema non è solo quello della pressione fiscale, in quanto gli scioperanti stanno reclamando anche una maggiore attenzione rispetto ai diritti civili, stanno cercando di affrontare una protesta che coinvolga anche gli studenti, i giovani riguardo al loro futuro lavorativo. Ecco, la sensazione che si ha è che si stia allargando a macchia d’olio una protesta che, lanciata dagli autotrasportatori, stia riguardando in realtà una situazione che forse non possiamo definire di immobilismo, ma certamente di lentezza rispetto ai problemi che la nostra Nazione sta vivendo a 360 gradi.

    D. – La questione dell’alta tassazione e del trasferimento delle aziende italiane all’estero, anche in Paesi vicini come Austria e Slovacchia, è una questione reale, è davvero un problema…

    R. – Certo, è un problema perché non solo la delocalizzazione fa perdere posti di lavoro e imprese, ma la cosa grave è che trasferendo le imprese all’estero, gli stessi imprenditori italiani che delocalizzano diventano concorrenti – dall’Austria, dalla Slovenia, dalla Polonia – delle imprese italiane che rimangono. Il punto è che, per esempio, sulla riduzione della pressione fiscale sul costo del lavoro, che ridarebbe ossigeno alle imprese e agli stessi lavoratori, si sta ancora ragionando. Ecco, queste sono le lentezze a cui facevo riferimento prima, che stanno portando la Nazione in una situazione di difficile recupero.

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    Anziani maltrattati. Il Tam: Italia in ritardo nella lotta agli abusi

    ◊   Anziani soli, a volte non autosufficienti, costretti a dormire in angusti seminterrati o ad assumere medicine e alimenti scaduti. E’ la realtà che si cela dietro alcune case di cura, che ogni tanto viene alla ribalta delle cronache. Un altro frutto amaro della “cultura dello scarto” denunciata da Papa Francesco, che vede persone fragili e bisognose di cure, calpestate nei loro diritti. Cecilia Sabelli ha intervistato Francesca Carpenedo della Cooperativa Solimai, che dal 2001 gestisce il Tam, Telefono anziani maltrattati:

    R. - Le denunce che noi abbiamo ricevuto in questi anni sono sempre quasi completamente anonime. Questo significa che le persone, che lavorano o che hanno un parente o che sono ricoverate in casa di riposo, spesso di fronte a una denuncia dove compare il proprio nome hanno paura di ritorsioni. Le denunce che più registriamo riguardano essenzialmente alcune carenze: carenze di assistenza relative alla mancanza di personale o alla mancanza di fornitura di presidi igienico-sanitari. In alcuni casi viene denunciata anche la somministrazione eccessiva di medicinali a scopo contenitivo, in modo tale che le persone con problemi di demenza - che provocano un comportamento agitato - siano più che sedate.

    D. – Quali azioni concrete potrebbero prevenire e impedire gli abusi perpetrati in alcune di queste strutture...

    R. – Considerata negli ultimi vent’anni la grande diffusione conosciuta dalle strutture residenziali dovrebbe essere scontato un censimento di queste. Così come dovrebbe essere chiaro che, a seconda della valenza assistenziale di ogni casa di riposo, dovrebbero esserci diversi livelli formativi del personale. In questo modo le persone che vi lavorano sarebbero sotto un certo punto di vista tutelate e non verrebbero mandate allo sbaraglio rispetto a compiti che non possono assumersi. Se fossero adeguatamente formate, inoltre, non incorrerebbero in quello che viene comunemente definito, per esempio, il burn out dell’assistente o del caregiver, che poi li rende attuatori di abusi sugli anziani.

    D. – Qual è l’approccio delle istituzioni rispetto al problema dei maltrattamenti agli anziani, che possono avvenire anche nel contesto familiare o dell’assistenza domiciliare...

    R. – Mi permetto una piccola polemica: si parla tanto di “femminicidio”. E’ stata fatta una legge, un’iniziativa più che encomiabile; però dobbiamo renderci conto che la violenza è violenza, che sia sulle donne, sui bambini, sugli anziani, rimane comunque violenza. Purtroppo, secondo noi, ormai si tratta proprio di un approccio culturale sbagliato, di approccio alla vita e ai rapporti con gli altri. Forse sarebbe più semplice dare un indirizzo più generale contro la violenza. Certamente ci sono casi di violenza sulle donne che sono particolarmente spiacevoli perché realizzati dai propri compagni di vita, dalle persone di cui più ci si dovrebbe fidare. E’ altrettanto vero, però, che numerosissimi sono anche i casi di violenze domestiche verso gli anziani.

    D. – La Cooperativa Solimai ha partecipato, come componente della coalizione italiana, al progetto “WeDo – Wellbeing and dignity for older”: qual è il contributo dell’Europa, dove il problema del maltrattamento degli anziani è molto sentito e gestito probabilmente in maniera diversa rispetto all’Italia...

    R. – Rispetto al resto dell’Europa noi siamo in un ritardo tragico e cronico. Francia, Inghilterra, Germania ormai hanno tutte le loro carte dei diritti degli anziani, dove viene fatto preciso riferimento ai casi di abuso. Qui, invece, questo concetto è ancora difficile da far passare. Altro tema che si sta molto dibattendo adesso in Europa: il 2012 è stato l’anno de “L’Europa amichevole verso le diverse età”, e l’idea è sviluppare il più possibile progetti che portino ad uno scambio intergenerazionale in modo tale che gli anziani possano costituire ancora una risorsa.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Centrafrica: a Bangui torna lentamente la calma. Migliaia di sfollati ancora nelle parrocchie. Gli aiuti dell'Ue

    ◊   “La situazione a Bangui si sta lentamente normalizzando, ma vi sono ancora migliaia di persone rifugiate nelle parrocchie” dice all’agenzia Fides Mons. Juan José Aguirre Muños, vescovo di Bangassou, che si trova ancora bloccato nella capitale della Repubblica Centrafricana dal 5 dicembre, quando gli scontri tra i ribelli Seleka e le milizie “anti Balaka” hanno gettato la città nel caos e nella violenza. Con l’arrivo di 1.600 soldati francesi in appoggio alle forze africane già dispiegate, Bangui sta ritrovando a poco un po’ di ordine. “L’aeroporto è finalmente aperto e spero presto di potere tornare nella mia diocesi domani o forse dopodomani. Circolano i taxi e i negozi stanno riaprendo” riferisce mons. Muños. “Vi sono però ancora migliaia di persone rifugiate nelle parrocchie, dove il cibo scarseggia. Durante le ore notturne inoltre la sicurezza non è garantita. L’altra notte, alcuni ragazzi di famiglie sfollate, si sono avventurati nei loro quartieri per vedere come era la situazione, ma sono stati intercettati da alcuni uomini di Seleka che li hanno uccisi. La gente perciò ha ancora paura di tornare a casa”. “Le truppe francesi - continua il vescovo - stanno girando quartiere per quartiere per disarmare i membri di Seleka. Molti di loro sono già stati disarmati e il Presidente Michel Djotodia (che formalmente controlla le forze di sicurezza nelle quali avrebbero dovuto essere integrati gli uomini di Seleka, ndr.) ha accettato che gli ex ribelli si ritirino nelle caserme”. Fides ha chiesto a mons. Aguirre se ha notizie su quello che accade nella sua diocesi. “Da quello che mi è stato riferito, nonostante i 400 morti di Bangui, a Bangassou non vi sono state violenze e la situazione è normale, al punto che le scuole sono aperte. Questo grazie al fatto che gli uomini di Seleka di Bangassou sono rimasti calmi e non hanno cercato di vendicarsi sui civili per quello che stava accadendo nella capitale. Vi sono poi militari africani che contribuiscono a garantire la sicurezza, senza dimenticare infine la preziosa opera delle commissione di mediazione interreligiosa che ha permesso di rasserenare gli animi della popolazione, con incontri presso la locale moschea sulla tolleranza, il rispetto reciproco e l’evitare le vendette. Speriamo quindi di potere fare un Avvento e un Natale in pace” conclude mons. Aguirre. Intanto è iniziato un ponte aereo fra la Repubblica Centrafricana e il Camerun per salvare vite umane e assicurare aiuti alla popolazione di Bangui e delle altre regioni del Paese. La Commissione europea - riferisce l'agenzia Sir - ha infatti inviato oggi a Douala un jet Crj200, che può trasportare 50 persone oppure 5 tonnellate di materiali e aiuti, che farà la spola giornaliera tra i due Paesi. Viene inoltre inviato del personale che può operare sul versante umanitario. “L’arrivo delle forze internazionali a Bangui e il loro trasferimento anche nelle zone di provincia - afferma la commissaria per gli aiuti umanitari e la risposta alle crisi, Kristalina Georgieva - rappresentano la sola fonte di speranza per milioni di persone che hanno vissuto nel terrore nell’ultimo anno”. Nel frattempo l’Ue ha stanziato 20 milioni di euro per i primi soccorsi, distribuiti fra cure mediche, cibo, accesso all’acqua potabile, logistica. Georgieva fa inoltre “appello ai donatori internazionali per andare incontro a una popolazione segnata da una crisi che è rimasta dimenticata troppo a lungo”. (R.P.)

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    Elezioni in India: "Grande preoccupazione" per la vittoria dei nazionalisti indù

    ◊   Con maggioranza assoluta, i nazionalisti indù del Bharatiya Janata Party (Bjp, partito leader dell'opposizione) vincono le elezioni locali in Rajasthan, Madhya Pradesh e Chhattisgarh. Un risultato importante, che vede la sconfitta del Congress (partito laico leader della maggioranza) a sei mesi dal voto per il nuovo primo ministro dell'India. Secondo fonti cattoliche locali dell'agenzia AsiaNews, i risultati "sono abbastanza gravi. Come cristiani e come minoranza c'è un po' di preoccupazione, perché il Bjp è appoggiato da organizzazioni fondamentaliste indù come la Rashtriya Sawayamsevak Sangh (Rss)". In Madhya Pradesh il Bjp ha conquistato 165 seggi, rispetto ai 58 del Congress. In Chhattisgarh il voto è stato più combattuto: qui i nazionalisti indù hanno vinto con 49 seggi, contro i 39 presi dal partito laico. Ma è in Rajasthan che il successo del Bjp è stato più schiacciante: il Congress, che per anni ha guidato lo Stato indiano, è riuscito a conquistare appena 21 seggi, contro i 162 degli avversari. Anche Delhi è andata al voto. Qui il Bjp è emerso come primo partito, con 31 seggi su 70, ma a stupire è il risultato del nuovo partito anticorruzione Aam Admi Party (Aap, "Partito dell'uomo comune"), che ha vinto 28 seggi. Grazie a questo exploit, è probabile che si debba tornare al voto. "La preoccupazione c'è - ribadiscono le fonti ad AsiaNews -, non sappiamo come saranno le loro relazioni con le minoranze, ma mancano ancora sei mesi per le elezioni generali, quindi vediamo come il Congress può reagire a questa sconfitta". Di certo, spiegano, "ha pesato l'incapacità del partito nel vedere l'esasperazione del popolo indiano per i continui scandali della corruzione. Le persone non vogliono più avere a che fare con politici corrotti. Oltretutto, i suoi leader non hanno parlato con la comunità del loro programma, di cosa vogliono fare. Non c'è stata una buona comunicazione". Il Congress è stato penalizzato poi per certa "arroganza" dimostrata verso i suoi alleati: "Pur essendo leader della coalizione di maggioranza [United Progressive Alliance, ndr], ogni tanto avrebbe dovuto ascoltare e dare spazio ai partiti minori. Questo atteggiamento non è piaciuto alle persone". Infine, "anche la forte inflazione ha influenzato le elezioni. I costi di cibo e altri beni di prima necessità sono in aumento. Pure se sul lungo periodo il problema è risolvibile e l'economia va avanti, in questo momento la popolazione ne sente il peso". (R.P.)

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    Egitto: resa nota la bozza della Costituzione. Garantita la libertà religiosa

    ◊   La Repubblica araba d'Egitto è “uno Stato sovrano unito e indivisibile, una Repubblica democratica fondata sulla cittadinanza e sullo stato di diritto”. Così viene definita la nazione egiziana nella bozza di nuova Costituzione predisposta dai 50 membri dell'Assemblea costituzionale e destinata a essere sottoposta a referendum popolare entro il gennaio 2014. Del testo costituzionale – accusato dai critici de venature “liberticide” per l'eccessivo potere attribuito alle forze armate – è stata fatta circolare una versione non ufficiale – consultata dall'agenzia Fides – che permette di valutare in modo oggettivo gli articoli di legge riguardanti l'esercizio della libertà religiosa. L'articolo 2 definisce l'islam come religione di Stato” e i principi della Legge islamica (Sharia) vengono riconosciuti come “la fonte principale della legislazione”. L'articolo 3 stabilisce che i cristiani e gli ebrei egiziani potranno seguire le norme derivanti dai rispettivi principi di giurisdizione canonica e religiosa per quanto riguarda il proprio status personale e le questioni connesse alla vita e alla pratica religiosa, a partire dalla scelta dei propri capi spirituali. Nell'articolo 50, l'epoca copta viene elencata tra gli elementi che rientrano nell'eredità condivisa della civiltà egiziana. Nel l'articolo 64, la libertà di credo viene definita come “assoluta”. La libertà della pratica religiosa e la costruzione di luoghi di culto per gli appartenenti alle religioni abramitiche è garantito e regolato per legge. L'articolo 74 riconosce ai cittadini il diritto di formare partiti politici, ma è vietato “costituire partiti politici fondati sulla religione”, o sulla base di criteri discriminatori legati al sesso, all'origine, all'appartenenza settaria. L'articolo 244 sancisce l'impegno delle istituzioni statali a operare affinchè nel prossimo parlamento siano rappresentati in maniera appropriata “i giovani, i cristiani e le persone disabili”, pur senza stabilire “quote” di rappresentanza parlamentare pre-definite. (R.P.)

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    Iraq. Autobomba all’ingresso di un bar: 11 morti

    ◊   L’esplosione di un’autobomba di fronte un bar in Iraq ha ucciso almeno 11 persone. Sono più di 20 i feriti ricoverati in ospedale, alcuni dei quali in gravi condizioni. Lo scoppio è avvenuto a Bouhrouz, una cittadina a nord di Baghdad. A riferirlo sono fonti di stampa irachene. L'attentato si è verificato in una zona a maggioranza sunnita. Nelle ultime settimane, bar, ristoranti e altri luoghi di ritrovo sono finiti più volte nel mirino di attentatori. Solo nella giornata di ieri, si sono registrati almeno 30 morti a Baghdad e un centinaio di feriti nella provincia della capitale irachena. Dall'inizio dell'anno sono state uccise in Iraq, in seguito ad attentati, più di 8 mila persone, il bilancio di vittime più cruento registrato dal 2008. (F.P.)

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    Iraq. Il patriarca Sako: la fiamma della speranza illumini il Natale dei cristiani irakeni

    ◊   Nel suo messaggio di Natale, il patriarca dei caldei Mar Louis Raphael Sako "bussa alle porte" dei cristiani e li invita a rimanere saldi e a mantenere viva la fede pur fra "sofferenze, ansietà e grandi sfide". In un periodo difficile per la minoranza, che negli ultimi dieci anni ha visto dimezzare la propria popolazione, Mar Sako - al suo primo Natale da patriarca - auspica che la festa sia il "titolo di un reale progetto di vita" compreso "da quanti trovano in esso la propria delizia e il coraggio di andare avanti". Il messaggio del patriarca - riferisce l'agenzia AsiaNews - abbraccia anche i "fratelli" musulmani, ai quali chiede collaborazione e contributi nel "progetto di pace", perché "la buona novella del Natale è per tutti". Egli auspica inoltre la fine delle violenze, sostituite da una "logica del dialogo" che sia fonte di reale riconciliazione delle diverse anime del Paese. Il patriarca si rivolge infine alla comunità cattolica, ringraziandola per la "perseveranza" e per il "coraggio" con il quale testimonia "la fiamma della speranza" seguendo l'esempio di Abramo. (R.P.)

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    Siria: l'opera della Comunità monastica di Deir Mar Musa per la riconciliazione

    ◊   I monaci e le monache della Comunità monastica di Khalil Allah di Deir Mar Musa – fondata dal gesuita romano padre Paolo Dall'Oglio, rapito da ignoti sequestratori alla fine di luglio – hanno diffuso una lettera di Natale in cui raccontano a amici e conoscenti i sentimenti e le opere che segnano il loro cammino verso la festa che celebra la nascita di Gesù a Betlemme. Nella lettera, pervenuta all'agenzia Fides, vengono fornite anche notizie sulle iniziative messe in campo nell'ultimo anno dagli appartenenti alla Comunità rispetto alle dinamiche e alle conseguenze del conflitto siriano. In particolare viene resa testimonianza al lavoro di Frà Jacques, che opera nell'area della città di Qaryatayn, dove “dedica tutto il suo tempo a accogliere le famiglie dei rifugiati che son venuti al monastero di Mar Elian cercando aiuto e protezione”. I rifugiati giunti a Mar Elian dalla città stessa di Qaryatayn – si legge nella lettera - nei mesi scorsi sono stati più di cinquemila, con una maggioranza musulmana: “Dormivano come gli scout, dappertutto, in chiesa, nelle sale e perfino sui tetti con il freddo. Ringraziamo il Signore che la loro fuga è stata in primavera e non in inverno”. I rifugiati ospitati a Mar Elian dai villaggi vicini sono attualmente 450, con 97 bambini sotto i 10 anni. “A Qaryatayn” spiegano i monaci e le monache di Deir Mar Musa “la situazione adesso è buona, la città è tranquilla e quasi stabile, mentre i villaggi vicini soffrono ancora”. A salvare la città dalla distruzione sono stati “gli sforzi del monaco Jacques insieme al Muftì della città con alcune persone di riguardo tra i musulmani” che l'hanno preservata dalla battaglia che stava per scatenarsi nell'area. “È stata infatti disposta una tregua” spiega la lettera “che ha prodotto una soluzione locale tra le due parti del conflitto e ha garantito la pace nella città oltre che preparato il terreno per una riconciliazione futura più profonda”. Tra i frutti concreti della amichevole collaborazione tra i musulmani e i cristiani di Qaryatayn, la lettera inserisce anche la creazione di “un campo (tipo oratorio) per i bambini della città, musulmani e cristiani, organizzato a Mar Elian con l’aiuto di alcuni amici di Damasco”. I monaci e le monache di Deir Mar Musa esprimono anche la loro angoscia per “il destino del nostro fondatore, padre Paolo. Non ne abbiamo nessuna notizia certa dopo la sua sparizione” si legge nella lettera, “non sappiamo a chi chiederne, né a chi rivolgerci per un eventuale aiuto. Sappiamo, però, di poterci affidare al Buon Dio, Clemente e Misericordioso, e alle preghiere di tantissime persone di buona volontà nel mondo, di diverse religioni e nazioni, per il nostro amato fratello e maestro”. (R.P.)

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    Venezuela: alle municipali vittoria di Maduro ma l'opposizione avanza

    ◊   A poco meno di otto mesi dal suo insediamento, il presidente Nicolás Maduro ha visto il suo Psuv (Partido Socialista Unido de Venezuela) mantenersi come prima forza politica del Paese dopo le elezioni municipali di ieri, nonostante una netta avanzata dell’opposizione che ha conquistato cinque grandi città. In base ai risultati “irreversibili”, sebbene non ancora definitivi, diffusi dal Tribunale supremo elettorale (Tse), il Psuv e i suoi alleati hanno ottenuto il 49,2% dei voti contro il 42,7% dell’opposizione di destra. “Il popolo del Venezuela ha detto al mondo che la Revolución Bolivariana continua con più forza” ha enfatizzato Maduro festeggiando con i suoi sostenitori a Plaza Bolívar a Caracas. Al Psuv e alleati sono stati assegnati per ora 196 comuni; alla Mud (Mesa de Unidad Democrática, coalizione conservatrice) e ai suoi alleati 53. Fra questi ultimi ci sono le due cosiddette “joyas de la corona” (i gioielli della corona), ovvero l’amministrazione del distretto metropolitano di Caracas e quello della seconda città del Paese, la metropoli petrolifera di Maracaibo, oltre alle altre città più popolate, Valencia, Barquisimeto e la più che simbolica Barinas, roccaforte della famiglia di Hugo Chávez. Dopo il voto di ieri, “il messaggio è molto chiaro. Il Venezuela è un Paese diviso, non ha padroni” ha detto in una conferenza stampa Henrique Capriles, il leader dell’opposizione che si rifiuta ancora di ammettere la sconfitta subita per mano di Maduro alle presidenziali del 14 aprile scorso per appena un punto e mezzo di vantaggio. (R.P.)

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    Colombia: ferma condanna dell’attentato delle Farc, che dichiarano una tregua per il Natale

    ◊   L'arcivescovo di Cali, mons. Dario de Jesus Monsalve, ha espresso la sua ferma condanna per l'attentato compiuto dalle Farc (Forze Armante Rivoluzionarie della Colombia) nel comune di Inza, nella zona di Cauca, la mattina di sabato scorso, che ha provocato 9 morti e 48 feriti, oltre alla distruzione di una caserma della polizia e di una decina di negozi. La nota inviata all’agenzia Fides da Radio Caracol riprende le parole dell’arcivescovo: “il dialogo nel bel mezzo di una guerra non può essere così freddo come sta accadendo; è necessario inquadrare queste conversazioni in alcuni limiti specifici per le azioni belliche". La popolazione di Inza si è subito recata sul luogo dell’attentato portando delle candele per pregare per i morti (5 militari, un poliziotto e 3 civili, secondo il rapporto ufficiale), rimanendovi fino a sera inoltrata. "Molti dei militari e dei poliziotti, non sono di qua. Arrivano da lontano per compiere un servizio di sicurezza. Non li possiamo lasciare soli" ha detto un uomo che era andato sul posto con tutta la famiglia. Mentre la notizia dell’attentato appariva sui media della Colombia, a Cuba, dove si stanno svolgendo i dialoghi di pace tra governo colombiano e Farc, veniva rimandata la pubblicazione di una dichiarazione congiunta già pronta. Il governo infatti ha ritirato la sua approvazione della dichiarazione a causa di questo terribile atto di terrorismo. Alcuni osservatori fanno notare l'urgenza di riconoscere la presenza di forze sovversive e altre di controinsurrezione, e comunque ci sono attacchi che non considerano le conseguenze sulla popolazione civile. Gli organi di informazione intanto fanno sapere che le Farc hanno dichiarato una tregua di 30 giorni per il periodo di Natale, a partire dal 15 dicembre. Tale decisione è stata presa subito dopo che il presidente Santos ha parlato alla nazione, promettendo di “non dare tregua alla guerriglia, perché così non avranno un minuto di pace e non potranno compiere atti come questi”. (R.P.)

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    Messico: riprendono le Messe serali sospese a causa della violenza

    ◊   La diocesi messicana di Ciudad Victoria ha ripreso la celebrazione delle Messe serali, che erano state sospese in diverse chiese dei centri abitati per motivi di sicurezza. Il vescovo della diocesi, mons. Antonio González Sánchez, nella nota pervenuta all’agenzia Fides, commenta: "Circa due anni fa in alcune parrocchie sono state sospese le Messe serali, perché la gente non ci andava più. Adesso, in questo momento, stiamo tornando ad una vita a poco a poco più normale". Mons. González Sánchez sottolinea che in questo periodo dell’anno i parrocchiani mostrano lo stesso entusiasmo del passato: vogliono infatti riunirsi per organizzare le grandi celebrazioni che si avvicinano, come "las mañanitas a la Virgen de Guadalupe", festa che si svolge in tutte le chiese cattoliche a partire dalla sera dell’11 dicembre. “La gente sa bene che in questo mese di dicembre abbiamo molte feste – prosegue il vescovo -, come le domeniche di Avvento, inizio dell'anno liturgico, la festa dell'Immacolata Concezione, la festa della Vergine di Guadalupe il 12 dicembre, che qui, come in molti luoghi del Paese, inizia il giorno 11; poi, le ‘posadas’ natalizie dal 16 dicembre e le feste della Vigilia e del Natale”. Mons. González Sánchez esorta comunque i sacerdoti e i fedeli ad essere prudenti in questi tempi difficili. (R.P.)

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    America Latina: la povertà resta stabile nel 2013

    ◊   La povertà in America Latina e Caraibi colpisce oggi 164 milioni di persone, il 27,9 % della popolazione: una cifra praticamente analoga a quella del 2012 e che presume un rallentamento della discesa registrata in modo costante negli ultimi anni. Il Panorama sociale dell’America Latina 2013 della Commissione economica per l’America Latina e i Caraibi (Cepal) - riporta l'agenzia Misna - osserva che la tendenza è relazionata alla moderata crescita economica della regione e registra anche un lieve aumento dell’indigenza, collegandolo all’aumento del prezzo degli alimenti. In termini assoluti la povertà si mantiene quindi stabile rispetto al 2012, con un calo minimo di 0,3 punti. L’indigenza risulta invece colpire quest’anno 68 milioni di persone contro i 66 milioni del 2012, pari ad un aumento dello 0,2%. Sei degli 11 Paesi per i quali la Cepal dispone di informazioni relative al 2012, hanno comunque registrato diminuzioni dei tassi di povertà rispetto al 2011. È il caso del Venezuela, dove l’indice è sceso di 5,6 punti, dell’Ecuador (-3 punti) e del Brasile (-1,5 punti). Ma la povertà è diminuita anche in Perù. Dal 27,8 al 25,8%, in Argentina, dal 5,7 % al 4,3 %, in Colombia, dal 34,2 % al 32,9 %. La povertà è invece rimasta stabile in Costa Rica (17,8 %), El Salvador (45,3 %), Uruguay (5,9 %) e Repubblica Dominicana (41,2 %), mentre in México è aumentata, passando dal 36,3 % al 37,1 %. La Cepal non ha però ottenuto dati da altri Paesi, fra cui Cile, Bolivia, Guatemala, Honduras, Panamá e Paraguay. (R.P.)

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    Guinea Bissau: Giornata di preghiera e digiuno per la pace indetta dai vescovi

    ◊   Nel clima del tempo liturgico di Avvento, i vescovi delle due diocesi guineane di Bissau e Bafata, mons. Pedro Zilli e mons. José Camnate na Bissign, hanno invitato tutte le comunità diocesane ad una “Giornata di digiuno e preghiera per la pace nel mondo, in Africa e in Guinea Bissau” per il 13 dicembre. Secondo le informazioni inviate all’agenzia Fides dalla diocesi di Bissau, nel presentare l’iniziativa i vescovi sottolineano: “La nostra preghiera e il nostro digiuno ci portino ad accogliere la pace attraverso una vita segnata dalla verità, dalla giustizia e dalla riconciliazione. I leader mondiali, africani e della Guinea pensino ai più poveri tra i poveri. Lo spirito democratico riempia i cuori di tutti, soprattutto dei politici e dei militari, dai quali dipende in misura maggiore il consolidamento della pace". In sintonia con l'ondata di solidarietà internazionale a favore delle Filippine, nazione profondamente ferita dal tifone Haiyan, i vescovi raccomandano a tutte le comunità parrocchiali che “il frutto del digiuno del 13 dicembre sia destinato alle vittime di questa catastrofe naturale”. Inoltre la Chiesa cattolica promuove una raccolta di fondi per il popolo filippino fino a domenica 22 dicembre. Nei giorni 6 e 7 dicembre si è svolto il consueto Pellegrinaggio mariano nazionale dei guineani al Santuario di Nostra Signora della Natività, a Cacheu. Dal momento che si è appena concluso l’Anno della Fede, è stato scelto come motto del pellegrinaggio: "Con Maria, camminiamo alla luce della fede”. Come di consueto sono stati molti i giovani e gli adulti che hanno intrapreso il pellegrinaggio a piedi, contrassegnato dalla preghiera e dal sacrificio. Oltre quattromila fedeli hanno poi preso parte alla Messa della solennità dell’Immacolata Concezione, concelebrata dai vescovi delle due diocesi, a cui erano presenti anche rappresentanti dello Stato e della comunità musulmana. (R.P.)

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    Costa d'Avorio. Il vescovo di Yamoussoukro: il Paese si ritrovi sul piano economico e politico

    ◊   Sabato scorso tutti gli ivoriani si sono ritrovati alla basilica di Nostra Signora della Pace di Yamoussoukro per commemorare Félix Houphouët-Boigny, il primo presidente della Costa d’Avorio, con una cerimonia a 20 anni dalla sua scomparsa. Nella sua omelia, il vescovo di Yamoussoukro, mons. Marcellin Yao Kouadio, ha ricordato le qualità del fondatore della nazione, il quale – ha detto - ha privilegiato l'amore e la pace, ma anche la costruzione di numerosi edifici religiosi, tra cui la basilica di Nostra Signora della Pace. “Dalla scomparsa del Presidente Houphouët, la Costa d'Avorio fa fatica a ritrovarsi sia sul piano economico che su quello politico”, ha aggiunto il presule, invitando poi ogni cittadino del Paese a promuovere una riconciliazione duratura. Alla commemorazione, iniziata venerdì con una grande preghiera nella Moschea della pace, è seguito un momento di raccoglimento sulla tomba del presidente defunto, e un picchetto d’onore nel giardino del Palazzo presidenziale. Inaugurata anche un'esposizione fotografica sulla vita dell’ex capo dello Stato dal tema: "Houphouët-Boigny il fondatore.” Tra gli ospiti presenti all’evento, anche membri della famiglia Boigny, insieme alla moglie dell’ex presidente, Marie Thérèse Houphouët-Boigny e al governatore del distretto autonomo di Yamoussoukro, Agostino Thiam. (G.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 343

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