Logo 50Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 22/04/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Papa Francesco: i cristiani sono umili, poveri e miti, gli arrampicatori non hanno fede
  • I vescovi dell'Umbria dal Papa. Mons. Sorrentino: "Lo abbiamo invitato ad Assisi"
  • Il Papa riceve il cardinale australiano George Pell
  • Il card. Marx: la Chiesa universale si fa più vicina al Papa
  • Il Papa al Congresso eucaristico in Costa Rica: fare dell'Eucaristia il centro delle comunità cristiane
  • Quarant’anni fa la professione religiosa solenne di padre Bergoglio
  • Papa Francesco telefona al parroco di Montorio Romano. La sorpresa del sacerdote
  • Arrendersi di fronte alla chiamata di Gesù: la testimonianza di don Pino Conforti, ordinato sacerdote dal Papa
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria: nuovi massacri, gli Usa promettono aiuti militari all'opposizione
  • Nigeria: scontri tra esercito e Boko Haram. La Chiesa: stop alla diffusione delle armi
  • Francia: domani voto definitivo sulle nozze gay. Contrari il 55% dei francesi
  • Italia. Nel pomeriggio il giuramento di Napolitano, commento di Alberto Lopresti
  • Un miliardo e 200 milioni le persone in povertà estrema: le ricette di Fmi e Banca mondiale
  • Giornata della Terra sul tema dei cambiamenti climatici
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Siria: l'Onu denuncia la gravissima situazione umanitaria dei profughi
  • Cina. Terremoto in Sichuan: oltre 200 morti e dispersi, più di 11mila feriti
  • Pakistan: la Caritas di Quetta in aiuto dei terremotati del Beluchistan
  • India. Abusi sessuali su circa 50mila bambini in 10 anni: la domande della Chiesa
  • India: i vescovi chiedono giustizia dopo l’omicidio del rettore del seminario di Bangalore
  • Colombia: riprende a Cuba il processo di pace governo-Farc
  • Congo: le responsabilità del gruppo armato M23
  • Terra Santa: occupazione “temporanea” di un eremitaggio cristiano da parte di coloni ebrei
  • Filippine: i temi “vita e famiglia” irrompono nella campagna elettorale
  • Cambogia: il 59% dei piccoli del Paese vivono e lavorano in strada
  • Sahel: Centri di accoglienza per 4 mila bambini di strada
  • Honduras: Caritas denuncia l’indifferenza verso la violenza nel Paese
  • Il Papa e la Santa Sede



    Papa Francesco: i cristiani sono umili, poveri e miti, gli arrampicatori non hanno fede

    ◊   Il Vangelo del Buon Pastore con Gesù che si definisce “la porta delle pecore” è stato al centro dell’omelia del Papa, stamani, nella Messa celebrata nella Cappellina della Domus Sanctae Marthae. Erano presenti alcuni dipendenti della Sala Stampa Vaticana, con il direttore padre Federico Lombardi e il vicedirettore padre Ciro Benedettini, e alcuni tecnici della Radio Vaticana operativi nel Centro trasmittente di Santa Maria di Galeria. Il servizio di Sergio Centofanti:

    Nel Vangelo proposto dalla liturgia del giorno, Gesù dice che chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, non è il pastore. L’unica porta per entrare nel Regno di Dio, per entrare nella Chiesa – afferma il Papa - è Gesù stesso. “Chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro o un brigante”. E’ “uno che vuole fare profitto per se stesso” – dice il Pontefice – è uno che “vuole salire”:

    “Anche nelle comunità cristiane ci sono questi arrampicatori, no?, che cercano il loro … e coscientemente o incoscientemente fanno finta di entrare ma sono ladri e briganti. Perché? Perché rubano la gloria a Gesù, vogliono la propria gloria e questo è quello che diceva ai farisei: ‘Voi girate la gloria uno all’altro …’. Una religione un po’ da negozio, no? Io do la gloria a te e tu dai la gloria a me. Ma questi non sono entrati dalla porta vera. La porta è Gesù e chi non entra da questa porta si sbaglia. E come so che la porta vera è Gesù? Come so che questa porta è quella di Gesù? Ma, prendi le Beatitudini e fa quello che dicono le Beatitudini. Sei umile, sei povero, sei mite, sei giusto …”.

    Ma “Gesù – prosegue il Papa - non solo è la porta: è il cammino, è la strada. Ci sono tanti sentieri, forse più vantaggiosi per arrivare”: ma sono “ingannevoli, non sono veri: sono falsi. La strada è soltanto Gesù”:

    “Ma qualcuno di voi dirà: ‘Padre, lei è fondamentalista!’. No, semplicemente questo l’ha detto Gesù: ‘Io sono la porta’, ‘Io sono il cammino’ per darci la vita. Semplicemente. E’ una porta bella, una porta d’amore, è una porta che non ci inganna, non è falsa. Sempre dice la verità. Ma con tenerezza, con amore. Ma sempre noi abbiamo quello che è stato all’origine del peccato originale, no? Abbiamo la voglia di avere la chiave di interpretazione di tutto, la chiave e il potere di fare la nostra strada, qualsiasi essa sia, di trovare la nostra porta, qualsiasi essa sia”.

    “A volte – afferma il Papa - abbiamo la tentazione di essere troppo padroni di noi stessi e non umili figli e servi del Signore”:

    “E questa è la tentazione di cercare altre porte o altre finestre per entrare nel Regno di Dio. Soltanto si entra da quella porta che si chiama Gesù. Soltanto si entra da quella porta che ci porta su una strada che è una strada che si chiama Gesù e ci porta alla vita che si chiama Gesù. Tutti coloro che fanno un’altra cosa – dice il Signore – che salgono per entrare dalla finestra, sono ‘ladri e briganti’. E’ semplice, il Signore. Non parla difficile: Lui è semplice”.

    Il Papa invita a chiedere “la grazia di bussare sempre a quella porta”:

    “A volte è chiusa: noi siamo tristi, abbiamo desolazione, abbiamo problemi a bussare, a bussare a quella porta. Non andare a cercare altre porte che sembrano più facili, più confortevoli, più alla mano. Sempre quella: Gesù. E Gesù non delude mai, Gesù non inganna, Gesù non è un ladro, non è un brigante. Ha dato la sua vita per me: ciascuno di noi deve dire questo: ‘E tu che hai dato la vita per me, per favore, apri, perché io possa entrare’”.

    inizio pagina

    I vescovi dell'Umbria dal Papa. Mons. Sorrentino: "Lo abbiamo invitato ad Assisi"

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto oggi, nell’ambito della visita ad limina dei vescovi italiani, i presuli delle diocesi umbre di Perugia, Assisi, Città di Castello, Foligno, Gubbio, Spoleto, Orvieto, Terni. Sull'incontro Paolo Ondarza ha intervistato mons. Domenico Sorrentino, vescovo di Assisi:

    R. - Stupendo! Abbiamo conosciuto da vicino quel volto e quel cuore di Papa che tutti stiamo imparando a conoscere nelle sue diverse manifestazioni. La sua semplicità! Gli ho parlato naturalmente di Assisi, di Francesco, ricordandogli che 800 anni fa, fu un vescovo di Assisi, il vescovo Guido, a presentare il giovane Francesco, attraverso altri collaboratori della Curia Romana, a Papa Innocenzo. In qualche modo, abbiamo rivissuto quel bel momento con Papa Francesco. Insieme ai fratelli dell’Umbria lo abbiamo invitato anche ad Assisi; si è mostrato molto interessato. Ecco, è stato veramente un incontro bello, un momento di ardore pentecostale che abbiamo vissuto e che il Papa ci ha messo nel cuore! Il cuore di un padre che ha accolto i fratelli nell’episcopato. Abbiamo discusso e verificato tante cose della nostra vita pastorale.

    D. - C’è in effetti un legame particolare tra Assisi e questo Papa che ha scelto proprio il nome del poverello?

    R. - Non c’è dubbio! Lo ha scelto perché il nome del poverello è un messaggio, un’ispirazione: ci ha dato anche le indicazioni affinché questo sia concretamente letto nel cammino di rinnovamento della nostra vita ecclesiale nel segno della radicalità evangelica e della missionarietà. Questo mi sembra davvero un grande stimolo. La mia gioia è sicuramente la gioia di tutta quanta la Chiesa assisana. Mi hanno detto: “Dica a Papa Francesco che gli vogliamo bene e che lo aspettiamo!”. Mi sembrava che in quel momento, tutta quanta la Chiesa di Assisi era con me.

    D. - Cosa l’ha colpita di più di Papa Francesco?

    R. - Il suo sorriso, la sua semplicità, la sua cordialità. Con lui si sta veramente come tra fratelli! Ecco, il senso della famiglia ecclesiale. Questo naturalmente è sempre stato vero; era vero anche con Papa Benedetto e con gli altri, ma direi che Papa Francesco ha un carisma speciale che trasmette immediatamente: il senso del calore fraterno.

    D. - C’ è qualcosa di specifico che il Papa vi ha detto, vi ha comunicato?

    R. - Questo slancio missionario a cui la Chiesa deve essere sicuramente più sensibile, il non centrarsi su sé stessa, ma su Gesù Cristo e sull’annuncio di Gesù Cristo ai fratelli nelle periferie, che non sono soltanto le periferie delle lontananze sociali, ma quelle del cuore, quelle esistenziali, quelle in cui il cuore si batte alla ricerca di Dio.

    D. - Domani Jorge Mario Bergoglio, Papa Francesco, festeggia il suo onomastico. Qual è il vostro augurio?

    R. - Che questa speranza che ha dato alla Chiesa possa continuare a lungo, possa incidere profondamente e possa aiutarci nel rinnovamento evangelico che tutti auspichiamo e a cui siamo tutti tenuti.

    inizio pagina

    Il Papa riceve il cardinale australiano George Pell

    ◊   Il Papa ha ricevuto questa mattina in udienza il cardinale australiano George Pell, arcivescovo di Sydney. Il porporato fa parte del gruppo di cardinali costituito da Papa Francesco per consigliarlo nel governo della Chiesa universale e per studiare un progetto di revisione della Curia Romana.

    inizio pagina

    Il card. Marx: la Chiesa universale si fa più vicina al Papa

    ◊   Nei giorni scorsi Papa Francesco, riprendendo un suggerimento emerso nel corso delle riunioni pre-Conclave, ha costituito un gruppo di cardinali per consigliarlo nel governo della Chiesa universale e per studiare un progetto di revisione della Curia Romana. Fa parte di questo gruppo anche il cardinale arcivescovo di Monaco, Reinhard Marx. Padre Bernd Hagenkord, responsabile del Programma tedesco della Radio Vaticana, gli ha chiesto se sia rimasto sorpreso dalla decisione del Papa:

    R. - Grunsätzlich nicht, weil wir tatsächlich im Vorkonklave ...
    Fondamentalmente non ne sono stato sorpreso, perché ne avevamo sentito parlare nel pre-Conclave e io avevo anche personalmente detto che sarebbe stato necessario che vi fossero dei consiglieri provenienti dalle Chiese locali e che bisognava riflettere nuovamente su questo punto. Naturalmente, il tema della riforma della Curia è stato presente e quindi la cosa, di per sé, non stupisce, ma che questo mi riguardasse di persona e che avvenisse così in fretta, sì, mi ha un poco stupito.

    D. - Che cosa ha indotto il Papa a nominarla? E‘ dipeso anche dal fatto che lei è presidente della Comece, la Commissione degli episcopati della Comunità europea?

    R. - Ja, dann müsste man den Papst selber fragen, natürlich. ...
    Bisognerebbe evidentemente domandarlo al Papa stesso. Ma è chiara l’intenzione di rendere presente tutto il mondo, i vari continenti e anche i rappresentanti di diverse organizzazioni. Ma il riferimento non è strettamente alle Conferenze episcopali o ai loro presidenti. Il Papa è libero e ha deciso liberamente. E‘ possibile che il mio ruolo nell’ambito della Comece abbia influito, ma anche altri aspetti. Sono stati comunque convocati Vescovi di grandi diocesi, che hanno quindi una sicura esperienza di amministrazione. Questo è certamente un elemento: rappresentare la molteplicità delle Chiese locali e dei continenti, e anche includere vescovi che forse, grazie alla loro responsabilità pastorale, hanno già una certa esperienza.

    D. - I cardinali che fanno parte di questo gruppo provengono da tutti i continenti: vuol dire che la Chiesa universale si fa consigliera del Papa?

    R. - Das glaube ich schon. Wir haben ja ein bisschen das Gefühl gehabt, ...
    Credo proprio di sì. Abbiamo avuto un po‘ la sensazione - io l’ho comunque avuta e ne ho anche parlato con qualcuno - che, dopo il Conclave, ritornando alle nostre diocesi lasciassimo il Papa da solo. Certo, “da solo” non è del tutto esatto, perché naturalmente ha molte collaboratrici e collaboratori che lo consigliano e lo aiutano. Ma mi dicevo: siamo cardinali, lo abbiamo eletto, e dobbiamo ora essere pronti ad aiutarlo. Non avevo però in mente che la cosa sarebbe diventata così concreta. Tuttavia questo è logico quando ci si trova ad avere una carica come quella del cardinalato e si prende parte al Conclave: cioè l’essere pronti ad aiutare il Papa, se lo desidera, ed esserne consiglieri, se lo desidera. Naturalmente questo, in qualche modo, mi onora. Ma è anche un segno che egli intende che questo gruppo abbia una portata universale. A mio parere, questo è un segno positivo.

    D. - Nel gruppo degli otto cardinali vi conoscete bene già tutti?

    R. - Nicht alle natürlich in gleicher Intensität, aber ...
    Non tutti con la stessa intensità. Conosco il cardinale di Kinshasa già da molto tempo. Altri, li ho conosciuti durante questo Conclave. Conosco il cardinale Rodriguez Maradiaga in seguito a molti incontri per Giustizia e Pace. Ci si conosce personalmente, ma diversamente. Non siamo un vero e proprio circolo, che si incontra da tempo o che è in contatto già da tempo. Grazie al Conclave ci siamo incontrati, ritengo, in modo nuovo.

    D. – Il primo ottobre si svolgerà il primo incontro del gruppo: cosa succederà prima di questa data?

    R. - Ja, ich muss warten. Ich habe noch keine weitere Informationen ...
    In effetti, devo aspettare, non ho ulteriori informazioni su quanto accadrà entro quella data. Si dovrà sicuramente riflettere, definire il progetto più accuratamente, ma non è ancora stato fatto. In questo momento il Papa ha detto a tutta la Chiesa: desidero avere questi consiglieri, desidero che si faccia una riforma della Curia, mi auguro che in questo venga coinvolta la Chiesa universale. In tal modo anche le reciproche relazioni tra la Curia a Roma e le Chiese locali vengono viste in modo nuovo. Lo considero un segnale, ma non si è ancora pensato a passi ulteriori.

    D. - Quali sono le sue impressioni su questo Papa a poco più di un mese dalla sua elezione?

    R. - Ich bin immer mehr der Überzeugung, dass uns Gott diesen Papst geschenkt hat. ...
    Sono sempre più convinto che è Dio che ci ha donato questo Papa. Dopo la sua elezione eravamo forse noi stessi stupiti di tutto quello che avevamo vissuto durante le due giornate. Poi ci siamo chiesti che cosa sarebbe successo ora. Ma eravamo tutti convinti che era un segnale dello Spirito Santo. Adesso, dopo le prime settimane di Pontificato, vorrei dire che la cosa è confermata e che è stato davvero così. Tutti lo sentiamo allo stesso modo, anche negli incontri nelle parrocchie, vi è molto ottimismo e una grande attesa - talvolta anche un’attesa eccessiva, perché un Papa non può inventare da capo la Chiesa - ma vi è ovunque un clima positivo e questo mi dà naturalmente una grande gioia.

    inizio pagina

    Il Papa al Congresso eucaristico in Costa Rica: fare dell'Eucaristia il centro delle comunità cristiane

    ◊   Intensificare la vita di preghiera “facendo dell’Eucaristia un vero centro delle comunità cristiane, dove la lode e l’azione di grazie siano di impulso per un rinnovato impegno evangelizzatore e di comunione ecclesiale”. E’ l’invito che Papa Francesco rivolge ai partecipanti al Congresso eucaristico nazionale in Costa Rica, in un messaggio a firma del segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone. Tema del Congresso: “L’Eucaristia: Pane di vita per il nostro popolo”. Papa Francesco auspica anche che “dal Santissimo Sacramento dell’altare tutti i battezzati possano attingere copiose energie spirituali” per costruire un mondo sempre più giusto e riconciliato, secondo il messaggio di Gesù Cristo. Quindi affida i pastori e i fedeli “all’amorosa protezione di Nostra Signora degli Angeli” e imparte la sua Benedizione apostolica.

    inizio pagina

    Quarant’anni fa la professione religiosa solenne di padre Bergoglio

    ◊   Oggi, come il Papa ha ricordato ad alcune persone a lui vicine, ricorre il 40.mo anniversario della professione religiosa solenne nella Compagnia di Gesù dell’allora padre Bergoglio, avvenuta il 22 aprile 1973. La data del 22 aprile è, infatti, una delle date “classiche” in cui i Gesuiti pronunciano i loro “ultimi voti” al termine del lungo periodo della loro formazione religiosa. E ciò perché il 22 aprile 1542 Ignazio di Loyola e i suoi primi compagni pronunciarono a Roma la loro professione solenne dopo l’approvazione da parte di Papa Paolo III del nuovo Ordine allora nascente. Ciò avvenne nella Basilica di San Paolo, davanti a quell’immagine della Madonna, dove Papa Francesco volle appunto sostare in preghiera a conclusione della solenne celebrazione per la “presa di possesso” della Basilica Ostiense la scorsa domenica 14 aprile.

    inizio pagina

    Papa Francesco telefona al parroco di Montorio Romano. La sorpresa del sacerdote

    ◊   “Un gesto che vale più di tante parole”. Così don Cesar Alejandro Pulchinotta, parroco argentino di Santa Maria Annunziata e Cristo Re a Montorio Romano, in Sabina nel Lazio, commenta ancora incredulo la telefonata ricevuta nei giorni scorsi da Papa Francesco. La “chiamata” è stata effettuata dal Santo Padre per ringraziare del libro scritto e inviatogli dal sacerdote sul Venerabile Josè Gabriel Brochero, prete del secolo scorso che presto sarà beatificato in Argentina. Ascoltiamo don Pulchinotta al microfono di Paolo Ondarza:

    R. – Il telefono ha suonato: ho visto sul display “numero privato” e ho domandato “pronto, chi è?”. Mi ha detto: “Sono Papa Francisco”. Sulle prime, sono rimasto un po’ bloccato dalla sorpresa… Non me lo aspettavo. Mi ha detto che padre Miguel, un amico comune, gli aveva fatto arrivare il mio libro. Mi voleva ringraziare. Io gli ho detto che questo era un grande onore, in primis che avesse ricevuto il mio libro e che poi mi chiamasse al telefono. Allora mi ha risposto: “Mi sembra soltanto semplice buona educazione. Mi hai regalato il tuo libro e io ti ringrazio”.

    D. - Che cosa l’ha colpita maggiormente di questa reazione così spontanea di Papa Francesco?

    R. - In realtà è scontato fra due persone: uno fa un dono all’altro e l’altro ringrazia. La cosa che, però, non è scontata è chi lo fa: io sono un semplice prete di campagna. Il mettersi in relazione con l’altro, accanto all’altro e non al di sopra dell’altro, non è comune. Ovviamente lui è il Papa, il Successore di Pietro: c’è una bella distanza fra lui e me, una distanza che lui ha accorciato con questa semplicità. Questo stabilisce anche una relazione di fratellanza.

    D. - Don Cesar Alejandro, inviando questo libro al Papa, mai si sarebbe aspettato una risposta di questo tipo, forse neanche un biglietto scritto da qualche intermediario…

    R. - Alle volte arrivano questi biglietti, che scrivono i suoi segretari. Io ero già molto contento che lui ricevesse il mio libro. Per me questo aveva già un significato simbolico molto grande: il fatto di far arrivare il frutto dei miei studi a lui.

    D. - Don Cesar Alejandro, questa normalità, questa spontaneità insegna qualcosa anche alla Chiesa di oggi?

    R. - Certamente. Il gesto - non calcolato, come lei ha detto “spontaneo” - significa che è un pastore realmente al servizio del popolo, cammina insieme a noi. Nel Vangelo di domenica c’era questa conoscenza intima tra il pastore e il suo gregge: si ascoltano e si riconoscono nella voce. Quindi sentire questa voce, per telefono, fa bene, fa sentire la voce del pastore vicino a noi. Per me, come sacerdote e come pastore, è anche un incoraggiamento ad essere in mezzo alla gente, in semplicità.

    D. - Lei si autodefiniva prima un parroco di campagna: lei è alla guida di una piccola comunità, quella della parrocchia di Montorio Romano, in Sabina. La telefonata del Papa conferma la sua attitudine a rendersi prossimo a tutti gli uomini, fino alle periferie…

    R. - Questo ci fa vedere che le parole del Papa “bisogna andare verso tutti gli uomini” non rappresentano un semplice discorso ideologico, ma sono una posizione di vita, che si concretizza con gesti spontanei come il dare la mano a chi gli passa vicino…

    D. - Questo raggiunge il cuore della gente….

    R. - Certamente! Lei lo sa, voi alla radio comunicate attraverso il linguaggio parlato, il linguaggio orale, ma alle volte un gesto dice molto più di tante parole.

    D. - Il suo libro, quello che lei ha inviato a Papa Francesco è dedicato José Gabriel Brochero, sacerdote argentino morto all’inizio del XX secolo, che presto sarà beatificato: una figura sicuramente nota a Papa Francesco e molto cara al popolo argentino…

    R. - Sì, molto cara in quanto è stato un sacerdote molto, molto vicino alla gente. E’ un punto di riferimento per il clero argentino e per tutta la Chiesa argentina: un esempio del pastore che si dà tutto per il suo gregge, sino alla morte. Questo sacerdote muore, perché ha contratto la lebbra da uno dei malati che andava a trovare. Anche se gli chiedevano di allontanarsi da questo tipo di malati proprio per il rischio di contagio, lui - pur di non perdere la comunione con queste persone - ha assunto coscientemente il rischio di contagiarsi: è morto tra le sofferenze di questa malattia. Ovviamente il Papa, come argentino, lo conosce bene.

    D. - Sarà bello che la beatificazione avverrà sotto il Pontificato di un Papa che viene dall’Argentina…

    R. - Senza dubbio! Per tutta la Chiesa argentina sarà una cosa bellissima.

    inizio pagina

    Arrendersi di fronte alla chiamata di Gesù: la testimonianza di don Pino Conforti, ordinato sacerdote dal Papa

    ◊   Tanta emozione ieri in Basilica Vaticana per i 10 nuovi sacerdoti ordinati dal Papa. Tra di loro c’è don Pino Conforti, 44 anni originario di Matera, laureato in Economia e Commercio. Una vita spesa nel respingere la chiamata del Signore alla quale poi con gioia si è arreso. Benedetta Capelli gli ha chiesto quali sono le emozioni il giorno dopo la sua ordinazione sacerdotale:

    R. – Sento la gratitudine a Dio e a tutte le persone che mi sono state vicino in questi anni.

    D. – Poco prima della Messa il Papa ha pregato insieme a voi in sacrestia. Che cosa ha pensato in quel momento?

    R. – Non ci potevo credere che ero lì con lui. Abbiamo pregato la Madonna e ci ha detto di pregare tutti i giorni la Madonna e dire il Rosario. Ci siamo poi fatti trascinare da una bellissima risata, tutti quanti insieme al Papa. Ad un certo punto tutta la tensione che avevo addosso era sparita. Papa Francesco è un uomo semplice, che riesce a metterti addosso gioia e serenità.

    D. – “Pastori e non funzionari”: il Papa ha indicato un percorso molto preciso. Come intende perseguirlo nel suo sacerdozio?

    R. – Questo è stato l’obiettivo che mi sono posto sin dall’inizio, sin dal momento in cui ho risposto a questa chiamata. È il contatto umano che trasforma le persone, quindi se Dio mi darà la forza voglio essere un “testimone”, presente nella vita degli altri.

    D. – Qual è stato il passaggio – al di là di quello già evidenziato – che più l’ha colpita nell’omelia del Papa e qual è il momento che ricorderà davvero per sempre?

    R. – Quando ha detto di non stancarsi mai, di essere misericordiosi perché in quel momento ho visto il mio incontro con Gesù. Questo incontro è stato proprio un incontro tra la sua infinita e paziente misericordia e la mia miseria umana. Il momento fondamentale è stato l’imposizione delle mani di Papa Francesco e a seguire quelle del mio padre spirituale. Non ho capito niente, però ero felice! Sapevo solo di essere felice.

    D. – Lei ha 44 anni, è il sacerdote più “maturo” tra i dieci nuovi sacerdoti. Come ha sentito la chiamata e a che età?

    R. – Non so se sono il più “maturo” perché l’età non fa la maturità della persona. Per quanto riguarda la chiamata la prima volta è stata a nove anni, però l’ho accantonata subito. Quando poi ho sentito di nuovo la chiamata forte è stato circa dieci anni fa. Sono stato sempre in “combattimento”, fin quando nel 2005 ho deciso di entrare in Seminario, perché volevo che la Chiesa mi desse la certezza, l’autenticità della mia chiamata. Io nella vita ho sempre pensato di fare il “rappresentante” di qualcosa, ho studiato ma inizialmente dicevo: “Sì, sto studiando, ma non mi interessa”. Mi sono laureato in Economia e Commercio, ho fatto diversi lavori per mantenermi all’università - il cameriere, il segretario di contabilità - e poi ho capito perché non volevo vincolarmi ad un lavoro: perché dentro di me c’era una missione da compiere ed è questa missione qui. Oggi posso dire che forse faccio veramente il “rappresentante”, ma di Qualcuno. Se sono arrivato a questa età è solo perché non ho avuto il coraggio, perciò oggi insisto con i ragazzini – già dall’età di 12/14 anni - a pensare anche al sacerdozio. Io ho avuto paura, purtroppo ho avuto paura.

    D. – Il suo percorso è stato all’interno della Chiesa argentina di Roma, di Piazza Buenos Aires, ed ha anche incontrato Papa Bergoglio quando era cardinale…

    R. – Ho scoperto la Chiesa come servizio lì. Mi piaceva il loro modo di fare, di essere gioiosi e mi sono detto: “Mamma mia, mi piacerebbe essere così”. Poi un giorno il mio padre spirituale mi chiamò e mi chiese se potevo accompagnare un sacerdote all’aeroporto. Risposi di sì. Arrivato all’albergo, lui ancora non era uscito, ero convinto che fosse un sacerdote ma poi il mio padre spirituale mi disse che era un cardinale. Sapendo che ero molto timido, sapeva pure che se mi avesse detto, fin dall’inizio, che si trattava di un cardinale gli avrei detto che avevo da fare. Il viaggio è durato circa un’ora e un quarto perché c’era tanto traffico e il cardinal Bergoglio mi ha parlato tantissimo. Una persona eccezionale, semplice, era come me lo descrivevano gli altri preti argentini. Quando l’ho salutato all’aeroporto di Fiumicino, lui mi ha detto: “Prega per me e chiedi a Dio di benedirmi”. Quando sono tornato dal mio padre spirituale ho detto: “Perché un cardinale mi chiede di pregare per lui?”. Il mio padre spirituale mi disse queste parole: “Tu forse un giorno pregherai per tanta gente”. L’ho guardato e ho detto: ”La dovete finire, io non sarò mai prete!” Infatti, ogni volta che ho pensato a qualcosa si è sempre verificato, il contrario però…

    inizio pagina

    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In apertura del giornale il forte invito - “Non vi stancate di essere misericordiosi” – rivolto da Papa Francesco a tutti e in particolare ai dieci sacerdoti della diocesi di Roma da lui ordinati nella domenica del Buon Pastore. Insieme la preoccupazione espressa dal Papa al Regina Caeli per la situazione in Venezuela e la preghiera per le vittime del terremoto in Cina.

    Sempre in prima pagina, la cronaca degli sviluppi delle situazioni in Venezuela e un articolo di Marco Bellizi su “L’Italia garantita da Giorgio Napolitano”.

    Per l’informazione internazionale, a pagina 2 il resoconto della riunione a Washington del Development Committee, con l’impegno della Banca Mondiale e del Fondo monetario internazionale a quasi cancellare entro il 2030 la povertà assoluta.

    A pagina 3, in evidenza: la situazione in Siria dove continuano le violenze; la riunione a Lussemburgo dei ministri degli Esteri dell’Unione europea; l’elezione di Horacio Cartes a presidente del Paraguay.

    Nelle pagine culturali un articolo di Carlo Bellieni dal titolo “Coinquilini per la vita” sui gemelli nell’utero materno.

    Per l’informazione religiosa, un articolo sulle Caritas mobilitate per gli aiuti all’Iran e al Pakistan, colpiti dal sisma; le relazioni fra greco-cattolici e ortodossi in un articolo sull’incontro tra l’arcivescovo Shevchuk e il Patriarca Bartolomeo nella residenza di quest’ultimo al Fanar di Istanbul.

    inizio pagina

    Oggi in Primo Piano



    Siria: nuovi massacri, gli Usa promettono aiuti militari all'opposizione

    ◊   Orrore in Siria dove sono stati rinvenuti – secondo fonti dell’opposizione – circa 500 cadaveri. Combattimenti e bombardamenti continuano in varie zone del Paese. Ad Idlib sono 9 i bambini uccisi in un bombardamento. Almeno 300 i civili, e 150 i miliziani uccisi dalle forze siriane in un sobborgo a sudovest di Damasco. Intanto gli Stati Uniti hanno aumentato di 123 milioni di dollari i propri aiuti all'opposizione fornendo per la prima volta mezzi blindati e giubbotti antiproiettile. Sulla situazione Giancarlo La Vella ha raggiunto telefonicamente in Libano Roger Bouchaine, direttore dell’Osservatorio Geopolitico Mediorientale:

    R. - Come si è capito da un po’ di tempo, l’accordo a non far cadere questo regime era palese. Gli aiuti non sono mai arrivati ed il regime ha ripreso anche il controllo della situazione di tutta Damasco e di tutta la sua periferia. La situazione è drammatica, ma non solo per il numero dei morti; abbiamo raggiunto veramente una tragedia umana che rimarrà una macchia nei secoli. Chiaramente la Siria è attualmente divisa. Si è creato un odio tra le diverse etnie e la popolazione. È una guerra civile a tutti gli effetti. Non si può più tornare indietro con un colpo di Stato, con l’arresto o l’eliminazione del regime o dei suoi capi. Attualmente, si parla di centinaia di migliaia di uomini, di donne e di bambini che sono stati vittime di questa guerra.

    D. - Proprio ieri, gli Stati uniti hanno annunciato un aumento di aiuti in armamenti non letali nei confronti degli insorti…

    R. - Gli aiuti non arriveranno, e questo i ribelli stessi l’avevano già intuito. Si stanno basando sulle loro forze, e per questo non c’è una soluzione attualmente appoggiata da nessuno della Comunità internazionale per un ribaltamento della situazione attuale.

    D. - Numeri altrettanto drammatici sono quelli dell’emergenza umanitaria. Si parla ormai quasi certamente di milioni di profughi nei prossimi mesi…

    R. – Oggi, il Libano sta vivendo questa situazione nelle sue zone sunnite. Accolgono migliaia e migliaia di questi profughi che sono veramente in una situazione drammatica. Chiaramente il Libano, per tanti anni, ha subito la drammaticità dei profughi palestinesi e potrebbe subire ulteriormente anche queste situazione, non soltanto per la parte economica e logistica, ma perché purtroppo si trasferiscono le situazioni, si accompagnano gli odi e il problema religioso, che si trasportano da un Paese all’altro. Si spera che questo non accada. ma la situazione in Libano è veramente drammatica.

    inizio pagina

    Nigeria: scontri tra esercito e Boko Haram. La Chiesa: stop alla diffusione delle armi

    ◊   La Nigeria scossa nel fine settimana da nuovi violenti scontri tra esercito governativo e miliziani del movimento islamico Boko Haram. 185 i morti rinvenuti a Baga, in un remoto villaggio di pescatori sul lago Ciad nello Stato di Borno, nel nord-est del Paese. Tra le vittime soldati e guerriglieri, ma soprattutto civili. Gli scontri sarebbero scoppiati dopo che era stata circondata una moschea dove erano asserragliati i ribelli. Roberta Gisotti ha intervistato la prof.ssa Anna Bono, docente di Storia ed Istituzioni dell’Africa, all’Università di Torino:

    Una ripresa delle ostilità che arriva dopo l’offerta, il 4 aprile scorso, di un’amnistia da parte del presidente nigeriano Jonathan, che era stata respinta dall’attuale leader di Boko Haram, Shekau, con il commento: “che abbiamo fatto di male”? Come valutare questi ultimi accadimenti? Prof.ssa Bono:

    R. - Il governo della Nigeria si sta muovendo - e questo succede ormai da mesi - su due fronti, entrambi molto delicati e molto impegnativi: uno è quello della repressione, soprattutto in alcuni momenti critici; l’altro è quello della trattativa. Ormai da oltre un mese - e se ne parlava anche già da prima - il governo sta tastando il terreno e cerca, appoggiato da autorevolissimi personaggi politici e religiosi, di avviare una trattativa.

    D. – Ma, era pensabile che il gesto apparentemente generoso del presidente nigeriano potesse indurre i miliziani di Boko Haram a rinunciare alla lotta armata?

    R. - Sembra una prospettiva abbastanza difficile, perché sappiamo che Boko Haram intende imporre l’islam nella sua versione più intransigente, anche opponendosi ad altre voci islamiche del Paese, e intende farlo a qualunque costo e il costo sappiamo che è quello di stragi, che ormai - soprattutto negli ultimi quattro anni - hanno colpito il nord e anche il resto del Paese con non meno di 2 mila vittime, in gran parte civili: non solo cristiane, ma anche tra le comunità islamiche che non condividono il progetto di Boko Haram. Quindi, in effetti, non è un’impresa facile quella che si propone il presidente. D’altra parte, però, è una via da tentare data la forza che ha acquisito questo movimento sia tra la popolazione, sia - a quanto pare e a quanto si dice da tempo - nell’ambito delle istituzioni: si dice che soprattutto al nord, ma non soltanto, Boko Haram abbia il sostegno forte e vigoroso di uomini politici e che sia anche riuscito ad infiltrarsi nelle forze di sicurezza, nei servizi segreti. Questo spiegherebbe, tra l’altro, il successo - spesso - delle imprese dei suoi terroristi.

    D. - Quindi possiamo anche pensare che c’è una certa sottovalutazione del problema da parte della Comunità internazionale?

    R. - La Comunità internazionale ormai, in questo come in altri casi, più che sottovalutare non sa bene come muoversi e di fatto non ha grandi mezzi - questo bisogna riconoscerlo - per intervenire, salvo fare quello che sta facendo: cercare di contrastare Boko Haram e altri movimenti islamisti e soprattutto di contrastare il crearsi di legami stretti tra questi movimenti a livello internazionale in tutta la fascia dell’Africa sub-sahariana, in cui questi movimenti si stanno affermando con molto successo. Pensiamo, per esempio, al Mali e alla crisi che nel nord del Mali si è determinata - e tutt’altro che risolta - negli ultimi due anni.

    D. - Questa mattina c’è stata una presa di posizione molto preoccupata del presidente della Conferenza episcopale della Nigeria, mons. Kaigama, che punta il dito contro la diffusione delle armi nel Paese e denuncia che ve ne sono sempre di più sofisticate che provengono dall’estero…

    R. - Questo è uno dei problemi su cui la Comunità internazionale ha modo di incidere. Uno dei problemi, previsto e non scongiurato, è la diffusione delle armi - di quell’immenso e formidabile arsenale - che era stato messo insieme dal colonnello Gheddafi in Libia: la sua caduta - ormai è certo e si sa da mesi - ha avuto, tra le varie conseguenze, quella di far sì che questo arsenale cominciasse a venire esportato e messo a disposizione di movimenti - certo non è solo questa la fonte delle armi, ma una è sicuramente questa - che si sono quindi rivelati molto più difficili da contrastare di quanto non fossero in passato. Si tratta di armi e anche di tecnologie più in generale che permettono comunicazione, spostamenti e movimenti più rapidi, più efficaci e più difficili - ripeto - da contrastare. Il Mali è proprio l’esempio di che cosa succede, di che cosa sta succedendo in questa parte del mondo e dei problemi enormi che questi sviluppi stanno creando a livello transnazionale, nell’area che va dalla Nigeria fino alla Somalia.

    inizio pagina

    Francia: domani voto definitivo sulle nozze gay. Contrari il 55% dei francesi

    ◊   Non si arrestano le proteste in Francia per il progetto di legge sui matrimoni tra persone dello stesso sesso, sostenuto dal presidente socialista Hollande. Il testo sarà votato definitivamente domani. Il cardinale André Vingt-Trois, presidente della Conferenza episcopale di Francia, ha parlato di rischio di nuove violenze, in un contesto sociale già molto teso. Oggi una busta con una lettera minatoria e polvere da sparo è stata recapitata al presidente dell'Assemblea nazionale, Claude Bartolone. Ieri decine di migliaia di persone hanno dato vita per le vie di Parigi alla 'Manifestazione per tutti' contraria al progetto di legge. Fabio Colagrande ha raggiunto nella capitale francese Daniele Zappalà corrispondente del quotidiano Avvenire:

    R. – Domani ci sarà questo varo parlamentare del progetto di legge sul quale non ci sono più grandi incertezze, perché la maggioranza socialista alla Camera bassa è davvero schiacciante. Ma questo non significa che la protesta si fermerà: il 26 maggio ci sarà una nuova, grande giornata di protesta nazionale che sarà preceduta da un’altra giornata già il 5 maggio, che dovrebbe avere un carattere più circoscritto. In generale, nel Paese si moltiplicano le proteste, davvero per modificare ancora questo progetto di legge che, come hanno indicato i sondaggi, è ormai inviso ad una larga maggioranza dei francesi. L’ultimo sondaggio parlava del 55 per cento di francesi contrari contro circa il 43 per cento di favorevoli; ma anche in questo 43 per cento gran parte sarebbero indecisi.

    D. – Chi sono i manifestanti che si sono riuniti in questo collettivo?

    R. – Si tratta di un movimento estremamente trasversale. Le bandiere sventolate nel corso dei grandi meeting qui a Parigi, che hanno riunito – si pensa, secondo le medie delle varie stime – anche un milione, un milione e mezzo di persone, queste bandiere davvero rappresentavano tutto l’Esagono, tutta la Francia. Quindi, il movimento che ha dimostrato nel tempo di rappresentare davvero l’intero Paese, questa Francia profonda – alcuni dicono: questa Francia silenziosa – che davvero oggi è (i sondaggi lo mostrano chiaramente) maggioritariamente contraria a questo progetto di legge e soprattutto – occorre dirlo – nel suo capitolo che riguarda le adozioni, e teme le conseguenze a catena di questo progetto di legge che potrebbe essere seguito da una sorta di innesco di meccanismo, quasi poi forzoso, verso la procreazione artificiale e quindi verso delle derive a catena che la Francia non vuole. La Francia – lo si è spesso detto – è, al contempo, un Paese di tradizione politica laica e spesso laicista, ma anche un Paese profondamente attaccato alla famiglia: è uno dei Paesi che, per esempio, ha la politica familiare più generosa. Quindi c’è sempre questa tensione e questa contraddizione e in questi mesi di protesta occorre dire che il polo più attento alle esigenze della famiglia e dei bambini ha finito per prevalere.

    D. – C’è un riflesso di questa dialettica sui mezzi di comunicazione?

    R. – I giornali sono stati davvero spesso accusati di aver sottovalutato, all’inizio addirittura ignorato, il movimento: è vero che ci sono delle personalità che controllano, qui in Francia, il mondo dei media che sono esplicitamente dalla parte del progetto di legge, anzi alcuni dicono che hanno davvero istigato, in qualche modo spinto il presidente in questa direzione. Il mondo mediatico ha probabilmente subìto delle pressioni forti e secondo molti analisti indipendenti non c’è stata un’informazione sempre all’altezza dell’ampiezza del movimento, perché si tratta – ricordiamolo – delle manifestazioni più importanti dal dopo guerra.

    inizio pagina

    Italia. Nel pomeriggio il giuramento di Napolitano, commento di Alberto Lopresti

    ◊   Oggi pomeriggio alle 17 Giorgio Napolitano giurerà davanti al Parlamento in seduta comune e spiegherà i termini del suo secondo mandato. Da martedì dovrebbero riprendere le consultazioni per il varo del nuovo governo. Varie le ipotesi sui nomi. Intervistato da Repubblica, Matteo Renzi invita a cambiare il Pd per cambiare l'Italia. Grillo afferma: ieri è morta la Repubblica. Intanto, in Friuli Venezia-Giulia si è votato per il rinnovo del Consiglio regionale e del presidente della Regione. Ed è positiva la reazione al Napolitano-bis della Borsa che segna un più 2%, scende lo spread fra Btp e Bund tedeschi, che tocca un minimo di 280 punti e poi si assesta a 285. Secondo i dati Eurostat, poi, il deficit dell'Italia nel 2012 si è attestato al limite del 3% del Pil, mentre il debito pubblico è del 127% . Ma quali le richieste alle parti politiche che potrebbe mettere in campo Napolitano e quali gli scenari immaginabili nei nuovi assetti di governo? Paola Simonetti lo ha chiesto la politologo Alberto Lopresti:

    R. – Ci troviamo di fronte ad un gesto - quello del capo dello Stato - che fa apparire sulla scena un rinnovato senso morale, un alto profilo di responsabilità. Dunque, in questo momento le condizioni che potrà chiedere Napolitano sono quelle di fare ciascuno un passo indietro e di dirottare tutte le proprie energie verso il bene comune, senza calcoli strategici. Mi sembra anche che abbia indicato la strada con la creazione di questo gruppo di saggi dai quali trarre delle indicazioni per capire su che cosa deve lavorare un governo di larghe intese.

    D. – Ora, realisticamente, che composizione di governo si può immaginare, con quale premier e con quali forze in campo vista la situazione…

    R. – Molto probabile che, sulle voci di questi due possibili candidati premier – Letta e Amato che non sono intercambiabili, non sono la stessa cosa – che annunciano scenari differenti, sarà probabilmente possibile formulare un governo e fare un determinato numero di cose per condurre l’Italia verso un’eventuale prossima tornata elettorale. Quindi, lo scenario probabile è un governo Pd, Pdl, Scelta Civica…

    D. – Movimento 5 Stelle: Grillo ha già annunciato che non si renderà disponibile a nessuna collaborazione rispetto ai nomi ventilati come premier, Amato e Letta. Cosa è prevedibile?

    R. – Movimento 5 Stelle ha perduto alcune occasioni per cercare di entrare in modo importante nelle scelte politiche di governo, dunque non può che rimanere e vivere all’opposizione.

    inizio pagina

    Un miliardo e 200 milioni le persone in povertà estrema: le ricette di Fmi e Banca mondiale

    ◊   Il 21% della popolazione mondiale vive ancora con pochi centesimi in più di un dollaro al giorno: è quanto ha ricordato il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, al Development Committee che si è riunito in questi giorni a Washington con i rappresentanti del Fondo monetario internazionale (Fmi) e della Banca Mondiale. Da parte sua, Christine Lagarde, presidente del Fmi, ha denunciato una crescita diseguale e una biforcazione sempre più evidente fra gli Stati Uniti e l’area dell’euro. Da Washington, il servizio di Francesca Baronio:

    Il 2030: ecco la data che la Banca Mondiale si è imposta per raggiungere l’ambizioso obiettivo di mettere fine alla povertà. Jim Yong Kim, il presidente della Banca, ha ricordato che 1.2 miliardi di persone vivono in condizioni di estrema indigenza. Nonostante la crescita globale e i progressi del continente Africano, è sempre nella regione Sub-Sahariana che si concentra un terzo della estrema povertà del mondo. “Per vincere questa battaglia bisognerà promuovere una prosperità condivisa che richiede non solo l’inclusione sociale ma anche la salvaguardia dell’ambiente, nonché un attento controllo del debito, per alleggerire il futuro delle prossime generazioni”. La presidente del Fondo Christine Lagarde, ha ancora una volta posto l’accento su crescita e lavoro, due temi riconosciuti come centrali da tutti gli Stati membri. Non esiste una ricetta unica, per superare la crisi finanziaria. Bisognerà insistere con le riforme strutturali, il riordino delle finanze pubbliche, ma ammorbidendone l’austerità. Via libera anche alle politiche di svalutazione monetaria, a patto che siano limitate nel tempo. Sempre forte l’attenzione sulla crisi dell’Europa e la richiesta da parte del Fondo perché la Bce allenti i tassi.

    Per una riflessione sulla visione programmatica che emerge da questo incontro e sui margini possibili di azione, Fausta Speranza ha intervistato Paolo Guerrieri, docente di economia internazionale all'Università La Sapienza:

    R. - Io lo definirei ancora un incontro di routine, nel senso che è stato un incontro interlocutorio: non sono emerse tendenze o decisioni che possano farci pensare che ci sia stata una svolta. Non mi sembra che sia emersa una nuova capacità di guida, tanto più poi il G20 - questo non lo dimentichiamo - doveva essere questo famoso direttorio dell’economia mondiale, il nuovo direttorio dell’economia mondiale… Ma per ora siamo ancora in una fase istruttoria delle cose da fare.

    D. - La Banca mondiale parla di riduzione della povertà entro il 2030, ma che strumenti hanno o possono avere il Fondo monetario e la Banca mondiale?

    R. - La direttrice del Fondo monetario internazionale, Christine Lagarde, ha parlato di tre sfere nell’economia mondiale: quella dei Paesi emergenti, che vanno bene; quella dei Paesi come gli Stati Uniti, che in realtà sono in ripresa; e poi dell’Europa e in parte del Giappone, che ristagnano. In realtà c’è una quarta parte dell’economia mondiale, che è l’enorme numero ancora di Paesi sottosviluppati e di Paesi poveri: è a questi Paesi che poi la Banca mondiale e il Fondo monetario - nei documenti a cui lei faceva riferimento - guardano, individuando degli obiettivi, che io ritengo importanti perché a questo punto si pongono degli obiettivi importanti, soprattutto nella diminuzione della estrema povertà: parliamo di miliardi di persone! Questi obiettivi sono importanti, ma ritengo anche che l’individuazione di politiche e di misure da parte del Fondo e soprattutto da parte della Banca mondiale sia ancora carente. C’è ancora una estrema vaghezza sul che fare. Valuto positivamente un dato di fatto: si è capito che l’approccio del passato, in base al quale si pensava che la crescita avesse poi effetti benefici per tutti, non si è dimostrato tale. Abbiamo visto che non è stato così ed è stato, in qualche modo, visto sempre meno come un approccio che può essere perseguito: bisogna che i governi assumano delle politiche e delle iniziative molto più attive e offensive. Non è più pensabile che promuovere la crescita, che è già di per sé difficile a livello di economia avanzata, possa poi generare effetti positivi per quanto riguarda i miliardi ancora di poveri che ci sono nei Paesi sottosviluppati e - come sappiamo - anche dentro l’area avanzata. E’ come se adesso avessimo una possibilità di transizione da una visione - come dire - un po’ illuministica della crescita, che crea sviluppo, all’idea che bisogna perseguire lo sviluppo con delle politiche mirate. Però queste politiche mirate devono ancora essere formulate e soprattutto andranno poi realizzate.

    D. - E’ stato detto che le parole chiave sono crescita e lavoro: dunque anche distribuzione delle risorse in diverse aree del mono, ma anche all’interno degli stessi Paesi?

    R. - Guardi è fondamentale questo tema della distribuzione e delle disuguaglianze insopportabili che oggi esistono. Fino adesso abbiamo ritenuto che la disuguaglianza era, in qualche modo, curabile semplicemente perseguendo la crescita: invece abbiamo scoperto che la crescita può essere estremamente elitaria, riguardare cioè pochi soggetti all’interno di un Paese e pochi Paesi. Naturalmente tutto questo significa anche un nuovo approccio alla cooperazione internazionale. Dobbiamo metterci alle spalle anni e anni in cui si è esaltato tutt’altro che il concetto di cooperazione: si è esaltato l’individualismo, si è esaltata soprattutto la capacità salvifica dei mercati, ma i mercati sono strumenti importanti, ma hanno dei limiti enormi. Ecco, bisogna che in qualche modo questa consapevolezza adesso generi una nuova non solo riflessione, ma anche nuove proposte.

    inizio pagina

    Giornata della Terra sul tema dei cambiamenti climatici

    ◊   “Il volto del cambiamento climatico” è il tema della 43.ma Giornata della Terra, istituita dalle Nazioni Unite e che si celebra oggi in tutto il mondo. Tante le iniziative anche in Italia, in particolare un grande concerto a Milano e una serie di conferenze e proiezioni sul tema in molte altre città. Sull’importanza di questa ricorrenza Marina Tomarro ha intervistato Andrea Masullo, presidente del comitato scientifico dell’ associazione Greenaccord:

    R. - È importante continuare a lanciare questa sensibilizzazione, anche se non è più tempo di sensibilizzare. Ormai è tempo di agire. È uscito - da poco in lingua italiana - il nuovo rapporto al Club di Roma (associazione non governativa internazionale, formata da scienziati, economisti e alti dirigenti, che analizzano i cambiamenti della società contemporanea) di Jorgen Randers, che denuncia con amarezza che dopo 40 anni il lavoro svolto gli sembra del tutto inutile, perché i rapporti sono stati approfonditi, ma il mondo non si è mosso: né la politica, né l’economia ha tenuto conto degli allarmi lanciati. Per questo è importante continuare a ricordare, ma non basta. Ora è il momento di agire.

    D. – Proprio in occasione dell’Earth Day viene lanciata la piattaforma permanente per l’ambiente. Che cosa vuol dire?

    R. – E’ un organismo di riflessione e di definizione delle azioni necessarie per cambiare scenario. Ormai viviamo di tante iniziative, ma la cosa che soprattutto emerge è che l’umanità dimostra di conoscere, di avere gli strumenti per conoscere, ma non ha strumenti per agire. La nostra specie si è autodefinita “sapiens”, ma in realtà è intelligente ma non saggia, non sapiente, cioè benché in grado di prevedere le catastrofi non agiamo per prevenirle. Qui c’è un richiamo alla responsabilità, alla quale ci ha ricondotti anche il Santo Padre Francesco: dobbiamo custodire il Creato, non possiamo bruciare un’intera generazione e pensarci dopo. Abbiamo l’intelligenza per prevedere e abbiamo gli strumenti per prevenire e dobbiamo usarli.

    D. – Qual è allora il modo migliore per educare la società proprio a rispettare e proteggere il Creato?

    R. – Ormai la stragrande maggioranza delle persone sono preoccupate: molti cominciano ad avere atteggiamenti più responsabili, stanno più attenti ai loro consumi e ai loro comportamenti. Questo però non basta, perché c’è intorno una società, un’economia che continua nell’ormai illusoria immaginazione di un mondo che possa consumare sempre più. Sappiamo che non è così, però questo spinge ancora molte persone a continuare su questa strada. Allora, la cosa più importante è sensibilizzare la politica, sensibilizzare il mondo economico perché cambi strada per tempo.

    D. – Si comincia a parlare anche di “rinascimento verde”. È vero, oppure è un’utopia che in realtà non esiste?

    R. – Io temo molto che le parole rimangano soltanto slogan: non basta parlare di “rivoluzioni verdi”, o di “green economy”, bisogna cambiare il proprio atteggiamento. Per questo io faccio riferimento alle belle parole che ci ha già rivolto Papa Francesco: bisogna comprendere la fragilità della vita, la fragilità anche del Creato ed averne cura, con tenerezza, con pazienza, con attenzione; non come padroni devastatori che vanno a depredare, a prendere tutto ciò che al momento può sembrarci utile prendere. Bisogna cominciare ad usare con saggezza la nostra intelligenza, altrimenti non saremo “Homo sapiens” - come ci siamo definiti - saremo casomai “Homo intelligens” e poco “sapiens”.

    inizio pagina

    Nella Chiesa e nel mondo



    Siria: l'Onu denuncia la gravissima situazione umanitaria dei profughi

    ◊   Se i combattimenti non saranno fermati al più presto, entro la fine del 2013 quasi metà dei 20,8 milioni di cittadini siriani potrebbero trovarsi ad aver bisogno di assistenza umanitaria. Questo il monito lanciato dall'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati Antonio Guterres al Consiglio di Sicurezza. Rivolgendosi al Consiglio in videoconferenza da Ginevra, Guterres ha affermato che nelle ultime sette settimane sono fuggite 400mila persone dalla Siria, portando così a 1.367.413 il numero totale di cittadini siriani registrati come rifugiati o in attesa di registrazione. Se l'attuale tendenza proseguirà – ha aggiunto l'Alto Commissario – entro la fine dell'anno potrebbero esservi 3,5 milioni di rifugiati e 6,5 milioni di sfollati siriani bisognosi di assistenza. “Sono cifre spaventose” ha dichiarato Guterres. “La situazione non è solo preoccupante. Rischia di farsi insostenibile. Non esiste un modo per far fronte in maniera adeguata alle enormi necessità umanitarie che questi dati prospettano. Ed è veramente difficile immaginare come una nazione possa sopportare una tale sofferenza”. “So bene che come Alto Commissario per i Rifugiati dovrei attenermi - con le mie osservazioni - all'ambito del mio mandato” ha aggiunto. “Ma come cittadino del mondo non posso astenermi dal chiedere: non c'è alcun modo di fermare questi combattimenti e di aprire la porta a una soluzione politica?” Guterres ha poi dichiarato al Consiglio di Sicurezza che le necessità di finanziamento sono diventate così urgenti che i governi dovrebbero considerare meccanismi straordinari di finanziamento per evitare che la capacità di risposta della comunità internazionale resti ben al di sotto dei bisogni. L'Alto Commissario ha quindi lanciato un monito sulla crescente pressione che la crisi di rifugiati continua a porre sui Paesi della regione. “Il primo passo che la comunità internazionale deve necessariamente compiere... è quello di fornire un solido sostegno ai due Paesi – Giordania e Libano – i quali subiscono l'impatto più drammatico del conflitto siriano e dell'esodo che esso ha provocato” ha affermato Guterres. Che non ha mancato di evidenziare anche il pesante effetto della crisi sulla Turchia, Paese che ha messo a disposizione oltre 750 milioni di dollari Usa per assistere direttamente oltre 300mila rifugiati siriani. (R.P.)

    inizio pagina

    Cina. Terremoto in Sichuan: oltre 200 morti e dispersi, più di 11mila feriti

    ◊   Si contano 188 morti, 21 dispersi e 11mila feriti: questo il bilancio del terremoto che ha colpito il Sichuan due giorni fa. Mentre il numero delle vittime aumenta, squadre di soccorso fanno ogni sforzo per raggiungere le zone più isolate. A dare gli ultimi aggiornamenti è l’agenzia AsiaNews. L’epicentro del sisma è la zona di Yaan e Lushan, dove più di 1.300 scosse di assestamento hanno provocato almeno 10 frane sulle strade. Le frane bloccano le squadre di aiuti, in coda per 20km. L’esercito, impegnato nei soccorsi, ha dovuto usare la dinamite per far passare i camion con gli aiuti, mentre i bullodozer scavano fra le macerie. Molti abitanti, oltre alla mancanza di elettricità e comunicazioni, si lamentano di non aver ricevuto tende, cibo e acqua e tanti villaggi hanno costruito ripari di fortuna. Intanto l’esercito ha cominciato a innalzare tendopoli e a Lushan sono giunti stamattina veicoli con i viveri. Il pericolo maggiore sono le dighe idroelettriche, una a soli 10 km dall’epicentro: le frane causate dal terremoto potrebbero portare a inondazioni. Il Ministero per le Risorse Idriche ha informato che 14 grandi dighe sono stabili, due di grandezza media danneggiate e 52 piccole hanno riscontrato forti danni. Ad esaminare la zona e provvedere alle riparazioni sono stati impiegati almeno 3mila ingegneri e militari. Alcuni attivisti per i diritti umani sono stati fermati sulla strada per Yaan per non accrescere i problemi. Tra loro Huang Qi, che nel 2008 ha lavorato per soccorrere i terremotati del Sichuan, imprigionato per aver ottenuto “segreti di Stato”. Bloccato anche un gruppo di monaci tibetani di Chengdu che cercava di portare aiuto. Il premier Li Keqiang ha detto che la priorità è "salvare vite umane", ma sul web molti accusano Pechino di diffondere solo notizie in cui il governo fa bella figura. Si critica on line anche la raccolta fondi attraverso la Croce Rossa, che dopo il terremoto del 2008 era stata accusata di aver nascosto miliardi di Yuan. Il vice presidente della Croce Rossa, Zhao Baige, ha promesso una maggiore trasparenza e ha esortato a non interrompere gli aiuti ai connazionali. Intanto il Ministero delle Finanze ha assegnato un miliardo di Yuan per questa emergenza e la Cina ha dichiarato che per ora non necessita di aiuti dagli altri Paesi. (E.S.)

    inizio pagina

    Pakistan: la Caritas di Quetta in aiuto dei terremotati del Beluchistan

    ◊   La Caritas di Quetta, braccio caritativo del vicariato apostolico di Quetta, capitale della provincia del Beluchistan, ha inviato una équipe di volontari nel distretto di Mashkail, area fortemente colpita dal terremoto che il 16 aprile scorso ha devastato il sudest dell’Iran e il sudovest del Pakistan. Come riferisce all'agenzia Fides il missionario padre Renald Lawrence, procuratore del vicariato, la Caritas ha predisposto un primo carico di aiuti umanitari consistente in 150 tende, 150 kit per l'igiene, 150 razioni di cibo che andranno a raggiungere 150 famiglie, fra i 1.500 sfollati interni. “La città di Mashkel, al confine con l’Iran, – racconta a Fides il missionario – è deserta. Quasi tutte le case sono crollate o danneggiate. In pochi secondi una tempesta di polvere ha ricoperto tutta la città, che contava 4.500 abitanti. Oltre 1500 persone sono senza fissa dimora a Mashkel. C’è forte carenza di medici e di medicinali, dato che non c’è un ospedale della zona. Le persone impegnate nella rimozione di detriti sono in difficoltà a causa della mancanza di macchinari e manodopera. Si aggiungano i feriti, molti dei quali sono stati spostati in altre distretti”. Nell’area decine di villaggi, come Sotagan, Hawhogay, Kalag, Reki sono stati distrutti. . Secondo la “Disaster Management Agency” le vittime accertate sono circa 40 e 200 i feriti, ma il bilancio è destinato a salire: 25 persone sono disperse. La Protezione civile del Pakistan ha inviato squadre di soccorso, con cibo e medicine. Gli sfollati stanno trascorrendo la notte all'aperto. I bisogni immediati sono acqua potabile, tende, coperte e cibo. (R.P.)

    inizio pagina

    India. Abusi sessuali su circa 50mila bambini in 10 anni: la domande della Chiesa

    ◊   “Che valore ha la vita umana? Che significato ha?”: da questa domanda di senso, bisogna ripartire, a livello culturale, antropologico e religioso, per cercare le risposte al triste fenomeno delle violenze e abusi sessuali su minori, che in India hanno raggiunto la cifra record di 48.338 casi nel decennio 2001-2011. Lo afferma all’agenzia Fides padre Dominic D’Abreo, portavoce della Conferenza episcopale dell’India, commentando l’ultimo caso di una bambina di 5 anni di Delhi, rapita e stuprata ripetutamente per 48 ore da due aguzzini, arrestati dalla polizia. “Siamo molto tristi – racconta padre D’Abreo a Fides – il Paese intero è sotto shock. Questi episodi rovinano il nome e l’immagine della nazione. Gente di ogni religione è scioccata e protesta. Il governo le Ong stanno facendo sforzi per sradicare il fenomeno. Urge lavorare sulla consapevolezza nella società, a livello di base, non solo a livello alto. Tutti devono assumersi parte di responsabilità”. Un recente rapporto inviato a Fides dal “Asian Centre for Human Rights”, rivela cifre impressionanti: secondo statistiche ufficiali, un totale di 48.338 casi di stupri di bambini è stato registrato nel decennio 2001-2011, con un aumento del 336% dei casi fra il 2001 (2.113 casi) e il 2011 (7.112 casi). E si tratta solo dei casi denunciati e accertati. Sulle radici del fenomeno, padre D’Abreo, indica “una cultura che punta tutto sul denaro, sul piacere, sul potere”, e che ha tralasciato il valore e il senso profondo della vita umana. “La vita viene degradata: non ci si chiede più che significato ha”, domanda fondamentale per la vita di ogni uomo. Per questo un campo in cui lavorare, spiega, “è di certo l’istruzione, l’educazione, lo sviluppo delle coscienze, opera che la Chiesa compie specialmente nelle aree remote e con i gruppi di poveri ed emarginati. E’ il nostro speciale campo di missione – aggiunge il sacerdote – con cui contribuiamo al miglioramento della società”. Sul piano legislativo, infine, “le leggi ci sono ma bisogna farle applicare”, nota il portavoce dei vescovi, invocando “un’opera fondamentale di educazione e sensibilizzazione nelle famiglie, base della società”. (R.P.)

    inizio pagina

    India: i vescovi chiedono giustizia dopo l’omicidio del rettore del seminario di Bangalore

    ◊   "Sono ormai passati 18 giorni dall'omicidio di padre KJ Thomas e la polizia non ha ancora individuato i colpevoli e il movente. Chiediamo al governo del Karnataka e a tutte le agenzie investigative di assicurare i colpevoli alla giustizia". Con un comunicato ufficiale, mons. Bernard Moras, arcivescovo di Bangalore (Karnataka), chiede alle autorità dello Stato indiano di fare luce sul brutale assassinio del rettore del seminario, ucciso a Pasqua tra il 31 marzo e il 1° aprile. Insieme all'arcivescovo - riferisce l'agenzia AsiaNews - hanno firmato il comunicato altri 15 vescovi della Conferenza episcopale del Karnataka. "Padre Thomas - si legge nel testo - era noto per la sua semplicità, onestà, il duro lavoro e lo spirito di austerità. Era un uomo dal cuore buono, che per quanto ne sappiamo non aveva nemici né tra il personale, né tra gli studenti". Secondo le ricostruzioni degli inquirenti, il sacerdote è morto per contusioni e ferite multiple al volto e alla testa. La sua camera è stata trovata sottosopra, così come altre stanze nel seminario, ma non risultano oggetti né documenti mancanti. "Sappiamo che le forze dell'ordine - sottolineano i vescovi - stanno facendo tutto il possibile, ma chiediamo al governo del Karnataka di fare giustizia". (R.P.)

    inizio pagina

    Colombia: riprende a Cuba il processo di pace governo-Farc

    ◊   Dopo un mese di sospensione, riprendono oggi all’Avana i colloqui di pace tra il governo e le Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc). In una nota congiunta diffusa nel fine-settimana e ripresa dall'agenzia Misna, le parti descrivono il periodo trascorso dalll’ultima tornata di trattative, chiusa il 21 marzo, “di intenso e produttivo lavoro” confermando l’impegno a “raccogliere le aspettative della società su un veloce accordo e per rendere realtà l’anelito nazionale: la pace stabile e duratura”. Governo e guerriglia ricordano inoltre che fra il 28 e il 30 aprile Bogotá ospiterà un forum cittadino sul tema della possibile partecipazione delle Farc alla vita politica nazionale, dopo un’eventuale intesa di pace per porre fine a mezzo secolo di guerra. Il forum sarà gestito dall’Onu e dalla Universidad Nacional de Colombia, le stesse istituzioni che hanno organizzato a dicembre un evento analogo sul tema della terra – il primo punto nell’agenda delle trattative – per raccogliere indicazioni e suggerimenti da parte della società civile, poi portati in sede di negoziato. Cominciato nel novembre scorso con il contributo di Cuba e Norvegia come Paesi garanti e Cile e Venezuela come accompagnatori, lo storico processo di pace colombiano si è incentrato finora sull’annosa questione della riforma agraria, alle origini della sollevazione in armi della guerriglia nel 1964. Per il momento, le parti hanno genericamente parlato di “progressi” sul tema della terra, precisando, tuttavia, che non riveleranno altri dettagli fino alla fine del negoziato. L’auspicio del presidente Juan Manuel Santos è che si raggiunga un accordo di pace nel giro di alcuni mesi. (R.P.)

    inizio pagina

    Congo: le responsabilità del gruppo armato M23

    ◊   “L’M23, sta rivelando, a chi lo vuol capire, il suo vero volto” afferma una nota inviata all’agenzia Fides dalla Rete Pace per il Congo. L’M23 è un gruppo armato responsabile di gravissimi crimini di guerra e crimini contro l’umanità nel Nord Kivu, dell’est della Repubblica Democratica del Congo), che dopo alterne vicende, ha avviato una difficile trattativa con le autorità di Kinshasa. Secondo la nota però l’M23 mentre “parla di dialogo e di negoziati”, allo stesso tempo, “brandisce la minaccia delle armi per riprendere il controllo sulla città di Goma e costringere, quindi, il governo congolese a “negoziare” e ad accettare le sue condizioni”. L’M23 costringe la popolazione civile ad opporsi al dispiegamento di una forza supplementare decisa dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu, per combattere e disarmare i vari gruppi armati, tra cui lo stesso M23. “Si tratta di una strategia ben studiata: far apparire che è la popolazione stessa che è contraria a tale invio, in realtà è l’M23 che teme l’arrivo di una tale forza e che, quindi, cerca di impedirlo” continua la nota. “È stata bravissima la popolazione che ha preferito abbandonare il villaggio, pur di non partecipare alla manifestazione indetta dall’M23, non volendo entrare nel tranello della complicità”. L’attuale capo militare dell’M23, Sultani Makenga, ha disarmato Bosco Ntaganda, suo capo militare fino a poche settimane fa, e l’ha fatto arrestare. “Con questa operazione, l’M23 vuole dare ad intendere che sta collaborando con la giustizia e che, quindi, merita una ricompensa: essere riconosciuto come movimento di pace ed essere reintegrato a pieno titolo nell’esercito nazionale e nelle istituzioni politiche congolesi” sostiene la nota. “In realtà, non c’è nessuna differenza tra Bosco Ntaganda, ricercato dalla corte penale internazionale e Sultani Makenga, espulso dall’esercito congolese e oggetto di sanzioni da parte del Consiglio di Sicurezza dell’Onu” conclude la nota. (R.P.)

    inizio pagina

    Terra Santa: occupazione “temporanea” di un eremitaggio cristiano da parte di coloni ebrei

    ◊   Un piccolo eremitaggio con una cappella, costruito su un terreno del Patriarcato latino di Gerusalemme nei pressi della città di Taybeh (30 chilometri a nord-est di Gerusalemme), è stato teatro nei giorni scorsi di una breve occupazione da parte di alcuni coloni ebrei, probabilmente provenienti dal vicino insediamento di Ofra. L'episodio si è verificato venerdì scorso. I coloni si sono temporaneamente insediati nell'eremitaggio, incustodito da circa un anno – dopo essere stato costruito e abitato da un monaco greco-cattolico - e hanno issato sul luogo la bandiera d'Israele. L'iniziativa ha provocato l'intervento di alcuni giovani cristiani e musulmani dell'area, che hanno manifestato la loro contrarietà all'occupazione messa in atto dai coloni, i quali si sono allontanati. Sabato scorso il vescovo William Shomali, vicario patriarcale del Patriarcato latino di Gerusalemme, si è recato sul luogo insieme al sindaco cristiano di Taybeh e a quello musulmano del vicino villaggio di Deir Jarir per ascoltare direttamente dai testimoni la ricostruzione dei fatti e esprimere la sollecitudine della Chiesa per le popolazioni dell'area. “Sono andato per dire al popolo che noi proteggiamo i nostri Luoghi Santi, e non lasciamo che altri vengano a occupare le terre, le dimore e i luoghi di culto dove noi siamo da anni e da secoli” dichiara all'agenzia Fides mons. Shomali. “Si è trattato più che altro di un'azione dimostrativa, messa in atto per vedere quali reazioni avrebbe provocato. Forse qualcuno dimentica” prosegue il vicario patriarcale “ che la legge dello Stato d'Israele considera illegali le occupazioni di terreni e proprietà altrui”. (R.P.)

    inizio pagina

    Filippine: i temi “vita e famiglia” irrompono nella campagna elettorale

    ◊   Il rispetto della vita, la centralità della famiglia, la controversa legge “Reproductive Heath Bill”(Rh Bill), che legalizza mezzi di controllo delle nascite, sono questioni centrali per valutare i candidati alle elezioni, previste a maggio prossimo: lo affermano oltre 40 organizzazioni e movimenti laicali cattolici che si sono riuniti in un forum denominato “The White Vote Movement” (“Movimento del voto bianco”). Il forum è guidato dal noto fratel Mike Velarde, leader del gruppo carismatico cattolico “El Shaddai”. Come riferito all'agenzia Fides, in una imponente manifestazione tenutasi nei giorni scorsi a Manila, i movimenti hanno affermato nel loro manifesto: “Dopo che i nostri legislatori hanno ceduto alle pressioni e hanno approvato il “Reproductive Health Bill” (“Rh Bill”, legge anti-vita) il popolo filippino è ciamato ad eleggere candidati che promuovono e difendono valori come la vita e la famiglia”. Alla manifestazione, a cui hanno partecipato oltre 500mila persone, il forum ha ribadito i nomi dei candidati pro-vita che hanno attivamente combattuto il disegno di legge Rh Bill, impegnandosi a sostenere solo candidati che promuovono espressamente una legislazione pro-vita e pro-famiglia. La vasta assemblea, raccontano fonti di Fides presenti in loco, era “una marea di colore bianco”. Nei mesi passati il colore rosso era stato utilizzato dai sostenitori pro-life, mentre il colore viola era indossato dai sostenitori del Rh Bill. Il nuovo movimento politico ha scelto il colore bianco perché “il bianco simboleggia la purezza, l'innocenza, l'unità, la solidarietà, un nuovo inizio”, spiega Ligaya Acosta, coordinatore del movimento “Human Life International” nelle Filippine. Il forum è stato avviato dal movimento ecclesiale “Laiko” che intende restituire un ruolo da protagonista, ai fedeli laici nel preservare i valori fondamentali della famiglia. Il Movimento ha in programma di raggiungere le famiglie sui temi della vita, della fede e della famiglia “per forgiare un blocco elettorale che rappresenti i reali valori del popolo filippino”. (R.P.)

    inizio pagina

    Cambogia: il 59% dei piccoli del Paese vivono e lavorano in strada

    ◊   In Cambogia, uno dei Paesi più poveri del mondo, dove il 40% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà, molte famiglie che vivono nelle zone rurali, sono costrette a vendere i propri figli per pagare debiti. Nelle città di Neak Loeung, a sudest di Phnom Penh, e Poipet, a nord ovest al confine con la Thailandia, l’attività commerciale è molto attiva, come pure gli interminabili flussi migratori che provengono da zone molto povere e che vanno ad impoverire ulteriormente le due città, in modo particolare i bambini. Il 59% dei piccoli tra 5 e 17 anni di età vivono e lavorano in strada, molti lasciano la scuola, frequenta solo il 43%. Inoltre, in particolare le bambine sono vittime di tratta e sfruttamento sessuale. Per cercare di limitare il fenomeno, l’ong cattolica Manos Unidas ha finanziato un progetto che offre istruzione e formazione professionale a 150 giovani. Questa iniziativa prevede corsi di alfabetizzazione, sessioni informative sul traffico di droga, sui diritti dell’infanzia, sulla sanità, l’Hiv/Aids, oltre a visite regolari alle famiglie per coinvolgerle e assicurarsi che non vi sia abbandono scolastico. (R.P.)

    inizio pagina

    Sahel: Centri di accoglienza per 4 mila bambini di strada

    ◊   Ogni giorno, per poter sopravvivere, migliaia di bambini sono costretti a mendicare per le strade. Per far fronte a questa ennesima emergenza che colpisce il continente africano, e cercare di aiutare l’infanzia vulnerabile, la Caritas spagnola, insieme ai partner locali, ha appoggiato due Centri di sostegno esistenti da anni nella città di Segou, in Mali, e di Saint Louis, in Senegal. Obiettivo comune di entrambi i progetti sono la totale tutela dei diritti e il reinserimento dei bambini di strada nelle rispettive famiglie e nella società. In questi Centri i piccoli ricevono cure mediche, alimentari e istruzione scolastica. Inoltre, le due Case di accoglienza collaborano con le comunità locali per sensibilizzarle contro l’abbandono dei minori e, soprattutto, per prevenire il loro sfruttamento e per proteggere i loro diritti. Il Centro di Segou, per i prossimi 3 anni, prevede l’accoglienza di 1.500 bambini oltre ad assisterne altri 85 all’interno delle rispettive famiglie. Quello di Saint Louis provvederà all’istruzione scolastica, alle cure mediche e al reinserimento socio-familiare di altri 2.500 bambini. In tutto il mondo, secondo le ultime statistiche delle Nazioni Unite, ci sono circa 150 milioni di bambini che vivono per le strade di molte città dei 5 continenti. (R.P.)

    inizio pagina

    Honduras: Caritas denuncia l’indifferenza verso la violenza nel Paese

    ◊   "Il popolo honduregno continua a portare una croce pesante, la violenza. Ci stiamo abituando alla violenza come ci siamo abituati alla spazzatura” denuncia un messaggio la Commissione per la Pastorale Sociale di Caritas Honduras. La situazione è grave, 85,5 omicidi ogni centomila persone, una cifra che supera quella dei Paesi in guerra, e tutto a causa dell’irrazionale e inarrestabile ondata di violenza e di criminalità che affligge il Paese, e senza che il popolo riesca a cogliere azioni concrete per fermarla. Il governo dinanzi alla crescente ondata di insicurezza, ha preso misure disperate come l'invio di soldati per le strade, la legge sull’intercettazione dei cellulari, senza ottenere il risultato desiderato. Al contrario, il livello di violenza e d'insicurezza è aumentato negli ultimi mesi”, continua il testo. Il messaggio conclude però con una nota propositiva: "C'è ancora tempo per prendere decisioni eroiche, che dimostrino la volontà politica di trovare una soluzione a questo enorme problema: allontanare i funzionari incompetenti, accettare l’aiuto generosamente offerto dai governi amici, adottare le leggi necessarie, eseguire azioni per dimostrare che è vera la promessa di lottare contro la violenza ". (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 112

    inizio pagina
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.