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Sommario del 20/04/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Papa Francesco: i cristiani tiepidi costruiscono piccole Chiese, ma non è la Chiesa di Gesù
  • Il Papa ordina 10 nuovi sacerdoti. Mons. Occhipinti: felici di essere ordinati dal loro Vescovo
  • Il Patriarca Youssif III Younan: Papa Francesco vicino alla popolazione siriana
  • Cordoglio del Papa per le vittime dell’esplosione in Texas
  • Udienze e nomine
  • Padre Russo: in ogni lettera il cardinale Bergoglio collocava un'immagine di "Maria che scioglie i nodi"
  • Violenze sulle donne in guerra, mons. Chullikatt: "Oltraggio alla coscienza dell'umanità"
  • Cortile dei Gentili a Catanzaro. Mons. Bertolone: la fede promuova legalità e responsabilità
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Quirinale. Sì di Napolitano al reincarico. Mons. Bregantini: si scelga il bene comune
  • Finito l'incubo a Boston: preso l'ultimo presunto attentatore
  • Siria ancora nel caos. L'Onu denuncia: a fine anno milioni i rifugiati
  • Centrafrica. L’arcivescovo di Bangui: la popolazione è stremata, basta violenze
  • 20 anni fa la morte di Don Tonino Bello, testimone di una "Chiesa del grembiule"
  • Fazenda de Esperança: dal Brasile alla Sardegna per aiutare i giovani a sconfiggere la droga
  • Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Cina: almeno 117 vittime per il sisma nel Sichuan
  • Serbia-Kosovo: storico accordo che avvicina Belgrado all’Europa, contestano i nazionalisti
  • Messaggio del card. Ouellet ai vescovi dell’America Latina
  • I vertici del Celam si preparano all'incontro con Papa Francesco
  • Vietnam: la Caritas promuove un progetto sanitario per i più poveri
  • India: proteste contro la polizia per la bambina stuprata
  • In Togo nasce una casa di accoglienza per le bambine sfruttate
  • Pakistan: donna kamikaze attacca ospedale, 4 morti
  • Chiesa australiana impegnata contro gli abusi su minori
  • America Latina: denutrizione infantile in calo ma resta alta l’emergenza
  • L’arcivescovo di Santiago di Compostela: l’anima dell’Europa è radicata nel cristianesimo
  • Natale di Roma: festeggiamenti al ritmo di tango in omaggio di Papa Francesco
  • Il Papa e la Santa Sede



    Papa Francesco: i cristiani tiepidi costruiscono piccole Chiese, ma non è la Chiesa di Gesù

    ◊   I cristiani tiepidi sono quelli che vogliono costruire una Chiesa a propria misura, ma non è la Chiesa di Gesù: è quanto ha detto oggi il Papa durante la Messa nella Cappellina della Domus Sanctae Marthae. Erano presenti i volontari del Dispensario pediatrico “Santa Marta” in Vaticano, affidato alle Figlie della Carità di San Vincenzo de’ Paoli, che da 90 anni sostiene i bambini e le famiglie bisognose di Roma senza distinzione di religione o nazionalità. Accanto al Papa come chierichetti, due bambini. Il servizio di Sergio Centofanti:

    La prima comunità cristiana, dopo la persecuzione, vive un momento di pace, si consolida, cammina e cresce “nel timore del Signore e con il conforto dello Spirito Santo”: il Papa commenta la lettura degli Atti degli Apostoli. E’ questa l’aria stessa in cui vive e respira la Chiesa, chiamata a camminare alla presenza di Dio e in modo irreprensibile:

    “E’ uno stile della Chiesa. Camminare nel timore del Signore è un po’ il senso dell’adorazione, la presenza di Dio, no? La Chiesa cammina così e quando siamo in presenza di Dio non facciamo cose brutte né prendiamo decisioni brutte. Siamo davanti a Dio. Anche con la gioia e la felicità: questo è il conforto dello Spirito Santo, cioè il dono che il Signore ci ha dato - questo conforto - che ci fa andare avanti”.

    Nel Vangelo proposto dalla liturgia del giorno molti discepoli ritengono duro il linguaggio di Gesù, mormorano, si scandalizzano e alla fine lasciano il Maestro:

    “Questi si sono allontanati, se ne sono andati, perché dicevano ‘quest’uomo è un po’ speciale, dice delle cose che sono dure e noi non possiamo… E’ un rischio troppo grande andare su questa strada. Abbiamo buon senso, eh? Andiamo un po’ indietro e non tanto vicino a Lui’. Questi, forse, avevano una certa ammirazione per Gesù, ma un po’ da lontano: non immischiarsi troppo con questo uomo, perché dice delle cose un po’ strane…”.

    Questi cristiani – afferma il Papa – “non si consolidano nella Chiesa, non camminano alla presenza di Dio, non hanno il conforto dello Spirito Santo, non fanno crescere la Chiesa”:

    “Sono cristiani di buon senso, soltanto: prendono le distanze. Cristiani - per così dire – ‘satelliti’, che hanno una piccola Chiesa, a propria misura: per dirlo proprio con le parole di Gesù nell’Apocalisse, ‘cristiani tiepidi’. La tiepidezza che viene nella Chiesa… Camminano soltanto alla presenza del proprio buon senso, del senso comune … quella prudenza mondana: questa è una tentazione proprio di prudenza mondana”.

    Papa Francesco pensa ai tanti cristiani “che in questo momento danno testimonianza del nome di Gesù, anche fino al martirio”. Questi – afferma - non sono ‘cristiani satelliti’, perché “vanno con Gesù, sulla strada di Gesù”:

    “Questi sanno perfettamente quello che Pietro dice al Signore, quando il Signore gli fa la domanda: ‘Anche voi volete andare, essere ‘cristiani satelliti’?’. Gli rispose Simon Pietro: ‘Signore da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna’. Così da un gruppo grande diventa un gruppo un po’ più piccolo, ma di quelli che sanno perfettamente che non possono andare da un’altra parte, perché soltanto Lui, il Signore, ha parole di vita eterna”.

    Il Papa, infine, eleva questa preghiera:

    “Preghiamo per la Chiesa, perché continui a crescere, a consolidarsi, a camminare nel timore di Dio e con il conforto dello Spirito Santo. Che il Signore ci liberi dalla tentazione di quel ‘buon senso’, tra virgolette, dalla tentazione di mormorare contro Gesù, perché è troppo esigente, e dalla tentazione dello scandalo. E così sia”.

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    Il Papa ordina 10 nuovi sacerdoti. Mons. Occhipinti: felici di essere ordinati dal loro Vescovo

    ◊   Domani mattina, alle 9.30, il Papa presiederà nella Basilica Vaticana la Santa Messa con ordinazioni sacerdotali. Il rito si svolge nella 50.ma Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni sul tema “Le vocazioni segno della speranza fondata sulla fede”. Dieci i seminaristi che diventeranno sacerdoti. Sull’attesa di questo importante evento, Federico Piana ha intervistato mons. Concetto Occhipinti, rettore del Pontificio Seminario Romano Maggiore:

    R. - Un’attesa caratterizzata da un clima di grande gioia, considerando che saranno i primi sacerdoti romani ordinati dal nostro Vescovo, Papa Francesco. Questa attesa è culminata in questo periodo nella settimana di esercizi spirituali che i dieci ordinandi hanno avuto il dono di vivere insieme al cardinal vicario Agostino Vallini, che è stato tutta la settimana con loro proprio per prepararli al momento dell’ordinazione di domani. È un tempo particolarmente prezioso perché, in una diocesi così grande come quella di Roma, poter avere la possibilità - in giorni così particolari della vigilia dell’ordinazione presbiterale - della condivisione con chi è pastore nella diocesi, quindi con la paternità del nostro cardinal vicario, è di grande aiuto in vista del ministero futuro, nel quale il dialogo con il vescovo per un sacerdote è centrale per vivere la sua missione, per vivere il suo servizio in piena libertà, proprio perché nella costante obbedienza.

    D. – Che ritratto ci può fare di questi nuovi sacerdoti?

    R. - Il gruppo degli ordinandi - che in questo anno appunto è di dieci - è formato da quattro nostri seminaristi del Seminario Romano, quattro che vengono dal Collegio missionario “Redemptoris Mater” e due dal Seminario della Madonna del Divino Amore. La particolarità del gruppo di quest’anno è che si tratta prevalentemente di giovani adulti - tranne due - sono quindi vocazioni adulte. Sono giovani che sono entrati in seminario dopo i 30 anni e che adesso hanno un’età che va dai 37 ai 44 anni. In seminario, normalmente, non solo nei nostri ma in generale, ci troviamo a vivere questa sfida, cioè di formare insieme giovani 19enni che entrano in seminario a tempo debito - finito il liceo - oppure giovani più adulti. Devo dire che quando il clima di fede, di preghiera, di studio, di vita comune è buono - quando in buona sostanza si cerca di vivere una buona esperienza ecclesiale - allora questa diversità diventa ricchezza: i più piccoli danno qualcosa ai più grandi e i più grandi possono dare qualcosa ai più piccoli. Una fisionomia del gruppo degli ordinandi di quest’anno è proprio questa: giovani che sono felici di diventare preti, ma che hanno tutti alle spalle un’esperienza di studio - quasi tutti una laurea - e di lavoro che sicuramente, proprio perché hanno vissuto con un’apertura di cuore il loro cammino formativo, sarà una risorsa in più e non qualcosa che toglie l’entusiasmo del diventare sacerdoti a 25 o a 26 anni che è comunque una nota molto bella.

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    Il Patriarca Youssif III Younan: Papa Francesco vicino alla popolazione siriana

    ◊   Papa Francesco ha a cuore le sorti della popolazione siriana. E’ quanto sottolinea il Patriarca di Antiochia dei Siri, Ignace Youssif III Younan, che ieri ha incontrato il Santo Padre in Vaticano. Al microfono di padre Jean-Pierre Yammine, responsabile del nostro programma arabo, il Patriarca Younan parla della vicinanza del Papa al popolo siriano:

    R. – L’udienza si è svolta in un’atmosfera di fratellanza, di apertura alle situazioni difficili delle Chiese orientali del Medio Oriente. Abbiamo davvero toccato di persona come il Santo Padre sia aperto alle nostre sofferenze, pronto ad aiutarci - sia nelle sue preghiere, sia con appelli alle altre nazioni - per fare di tutto affinché questi Paesi sofferenti possano vivere nella pace e nella giustizia per tutti.

    D. - A distanza di 25 mesi la situazione in Siria continua a peggiorare…

    R. - Il problema in Siria è molto complesso. Abbiamo veramente paura che le conseguenze nefaste in questo Paese possano verificarsi anche nei Paesi vicini, specialmente in Libano ed in Iraq, e questo sarebbe molto dannoso per tutti i settori di questi Paesi. La nostra supplica a chi ci ascolta è di aiutare la Siria: di risolvere il problema non con la violenza delle armi, ma per una riconciliazione attraverso il dialogo. Anche se la riconciliazione ed il dialogo sembrano difficili, non sono però impossibili.

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    Cordoglio del Papa per le vittime dell’esplosione in Texas

    ◊   Papa Francesco è vicino alle vittime dell’esplosione della fabbrica di fertilizzanti a West in Texas, che ha provocato la morte di almeno 14 persone e decine di feriti. In un telegramma al vescovo di Austin, Joe S. Vazquez, il Papa esprime il suo cordoglio per quanti sono stati colpiti da questa tragedia e implora il Signore affinché dia pace e consolazione a quanti sono nel dolore e a quanti sono impegnati nell’opera di soccorso.

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    Udienze e nomine

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto stamani il card. Marc Ouellet, Prefetto della Congregazione per i Vescovi e mons. Vincenzo Paglia, Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia.

    In Polonia, il Santo Padre ha nominato Vescovo Ausiliare di Przemyśl il Reverendo Stanisław Jamrozek, del clero della medesima arcidiocesi, finora Direttore spirituale presso il Seminario Maggiore, assegnandogli la sede titolare di Chełm.

    Il Papa ha nominato Prelato Uditore del Tribunale della Rota Romana il Rev.do Mons. Alejandro W. Bunge, finora Vicario Giudiziale del Tribunale Interdiocesano Bonaerense.

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    Padre Russo: in ogni lettera il cardinale Bergoglio collocava un'immagine di "Maria che scioglie i nodi"

    ◊   Un angelo porge alla Vergine un nastro annodato che passando per le sue mani viene sciolto e raccolto nelle mani di un altro angelo. E’ l’immagine di "Maria che scioglie i nodi" (Virgen Maria Knotenlöserin), un dipinto a olio su stoffa realizzato intorno al 1700, che si trova a St. Peter am Perlach, in Germania. Forte la devozione del cardinale Jorge Mario Bergoglio, oggi Papa Francesco, verso questa immagine di Maria. Sentiamo come nacque questo legame dal rettore della Cattedrale di Buenos Aires, padre Alejandro Russo. L’intervista è di Debora Donnini:

    R. – El Santo Padre cuando...
    Il Santo Padre da sacerdote gesuita passò un periodo in Germania per motivi di studio e lì in una Chiesa trovò l’immagine della Vergine che scioglie i nodi, portò quindi alcune cartoline a Buenos Aires e cominciò, ogni volta che scriveva una lettera a qualcuno, a collocare l’immagine della Vergine assieme a quello che aveva scritto. Con il tempo, una pittrice argentina si offrì di fare una copia dell’immagine che si trovava in una Chiesa in Germania per metterla in una cappella dell’Università del Salvador. Nella cappella dell’Università, la Vergine aveva la devozione e la vicinanza di tante persone, però era un ambiente piccolo. Alcune persone che lavoravano in quest’Università appartenevano ad una parrocchia del quartiere di Agronomía, a Buenos Aires, e chiesero il permesso al parroco di allora della chiesa di San José del Talar di collocare una copia esatta di quella che stava in Germania e più grande di quella che si trovava nella cappella del Salvador. Un otto dicembre, quindi, l’immagine della Vergine fu collocata nella chiesa: la gente scoprì il quadro e la devozione e convenivano in quel momento 20-30 mila persone nel fine settimana e nel giorno 8 di ogni mese. Questo è andato avanti fino ad oggi, con più o meno gente, e quindi è diventata una devozione importante nella Repubblica argentina. Certamente non fu il cardinale Jorge Mario Bergoglio, allora arcivescovo di Buenos Aires, ad ispirare la collocazione del quadro in questo luogo, ma fu lui ad ispirare la devozione perché sempre, fino a quando è andato via da Buenos Aires, quando scriveva una lettera metteva l’immagine della Vergine che scioglie i nodi e metteva anche un’immagine di San Giuseppe.

    D. – Qual è l’origine di questa pittura della Vergine che scioglie i nodi? A volte si parla di un nobile tedesco che commissionò questo quadro...

    R. – Es muy dificil saber el origen…
    E’ molto difficile sapere l’origine esatta. Le teorie storiche sono varie e bisognerebbe fare un’analisi rigorosa. Alcuni dicono che l’autore sia sconosciuto, altri dicono che sia stato questo nobile che incaricò un pittore specifico o che siano stati autori distinti. Il punto è che nel quadro originale non c’è nessuna firma d’autore. Quello che è certo è la devozione che genera davanti agli occhi dei fedeli, una specie di tranquillità davanti a tutti i tipi di difficoltà. Accorrevano persone che avevano problemi familiari, molti padri e madri che avevano problemi con i figli, soprattutto per la droga, altri che avevano problemi di lavoro o problemi di malattie. Mi piaceva dire questo: preghiamo la Santissima Vergine che è colei che scioglie l’ultimo nodo, come porta del Cielo, che scioglie il nodo delle anime del Purgatorio.

    D. – Il quadro effettivamente sembra dare molta serenità a guardarlo...

    R. – El cuadro da una extraña serenidad...
    Il quadro dà una strana serenità, perché c’è la Vergine con un nastro aggrovigliato, pieno di nodi, e guardando la persona che viene davanti a lei, prende il nastro e lo lascia completamente liscio, sciogliendo il groviglio delle difficoltà che si patiscono nella vita. Non è un atto minore che il giorno seguente all’elezione, il Santo Padre si sia diretto, come primo atto pubblico, a Santa Maria Maggiore, per venerare la Vergine Salus Popoli Romani. Papa Francesco ha e aveva come arcivescovo di Buenos Aires una grande devozione alla Santissima Vergine, in tutti i sensi, anche in questa pietà filiale, spontanea. Anche quando entrava nella Cattedrale, ammirava e a volte si avvicinava a qualche immagine della Vergine che stava lì, per toccarla con le mani, come fanno i pellegrini. Questa devozione l’aveva anche verso la Vergine de Lujan. Non c’era anno in cui il Papa durante il pellegrinaggio a Lujan non venisse a confessare, per tutta la notte senza fermarsi, i pellegrini che arrivavano camminando al Santuario nel mese di ottobre. Ogni anno, per la festa del Corpus Christi, si portava in processione un’immagine della Vergine di Lujan e il Papa in ginocchio consacrava la città alla cura materna della Vergine.

    D. –Nelle sue lettere c’era sempre questa immagine della Vergine che scioglie i nodi…

    R. – No habia carta que...
    Non c’era lettera alla quale non rispondesse. A qualsiasi scritto rispondeva personalmente e nella risposta poneva un’immagine della Vergine che scioglie i nodi. Con la stessa immagine faceva gli auguri di Natale, di Pasqua. E’ stata l’immagine che ha usato come stampa da distribuire il giorno della sua ordinazione episcopale.

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    Violenze sulle donne in guerra, mons. Chullikatt: "Oltraggio alla coscienza dell'umanità"

    ◊   Le violenze sessuali come arma di guerra sono “un oltraggio alla coscienza dell’umanità” e "tutti gli Stati e la comunità internazionale devono fare del loro meglio” per impedirle. È l’appello che l’arcivescovo Francis Chullikatt, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu, ha lanciato intervenendo, lo scorso 17 aprile al dibattito su donne pace e sicurezza. Il servizio di Davide Maggiore:

    “I continui episodi di violenza sessuale - ha detto mons. Chullikatt – sono un fenomeno che scoraggia e rattrista”, anche considerando il ruolo di “alleate della pace” svolto dalle donne in molti contesti di guerra. Queste azioni odiose hanno varie origini, ha spiegato l’arcivescovo citando un rapporto del segretario generale dell’Onu. “È deludente – ha però spiegato il rappresentante della Santa Sede – che a questo proposito non siano sottolineati “gli attacchi mirati” basati “sulle credenze religiose”, malgrado questi ancora avvengano “quasi in ogni parte del mondo”. La violenza contro le donne, ha proseguito mons. Chullikatt, “è un’umiliazione della loro dignità”, ma anche di quella “dell’aggressore”, che con queste azioni “svilisce” la sua natura umana. Il rappresentante della Santa Sede si è poi soffermato sulle possibili misure di prevenzione della violenza, sottolineando anche l’importanza di norme penali che proteggano le vittime delle violenze e rendano perseguibili i responsabili. Altrettanto importante, ha sottolineato mons. Chullikatt, è l’assistenza alle vittime, che spesso vengono “emarginate dalle loro comunità” d’origine. A questo proposito mons. Chullikatt ha ricordato che l’aborto rappresenta “solo un’ulteriore violenza su una donna già in difficoltà” a cui invece dovrebbe essere offerto aiuto per ogni necessità “materiale, sociale e spirituale”.

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    Cortile dei Gentili a Catanzaro. Mons. Bertolone: la fede promuova legalità e responsabilità

    ◊   "Il nostro impegno è quello di purificare certe manifestazioni di religiosità popolare da atteggiamenti che non hanno nulla a che fare con la fede cattolica". Lo ribadisce mons. Vincenzo Bertolone, arcivescovo di Catanzaro e Squillace, presentando la nuova tappa italiana del 'Cortile dei Gentili', promosso oggi nel capoluogo calabrese sul tema 'Etica, religiosità e responsabilità'. La struttura vaticana dedicata al dialogo con i non-credenti, nata per volere di Benedetto XVI e gestita dal Pontificio Consiglio della Cultura, riprende così il suo cammino sotto il nuovo pontificato. Ma ascoltiamo mons. Bertolone al microfono di Fabio Colagrande:

    R. – Dopo Palermo ho chiesto al cardinale Ravasi se voleva salire in Calabria dal momento che il tema della legalità, della responsabilità, è molto vivo, trovandoci in una terra bella ma purtroppo sfortunata a causa l’una della mafia e l’altra della ’ndrangheta, che non riesce a mettere nel giusto rilievo le grandi potenzialità che ha, per un cammino di riflessione sull’etica, sulla religiosità popolare, sulla corresponsabilità che tutti quanti deve coinvolgere perché il bene comune possa prevalere. Questo momento è stato preparato da sei incontri, uno per ogni mese, sempre con due voci, un cattolico e un non cattolico proprio perché tra i temi dell’etica e della corresponsabilità si è cercato di far emergere sempre l’aspetto religioso della vera fede da un lato o dall’altro lato di chi è alla ricerca della fede in cammino in questo pellegrinaggio terreno di qualcosa che dia senso alla propria vita.

    D. - Il fenomeno criminalità organizzata spesso in Calabria è un fenomeno fortemente legato alle famiglie. Questo dà una grossa responsabilità educativa, sia alla Chiesa sia alle famiglie stesse, per reagire a questa piaga…

    R. – Esatto, perché a differenza della Sicilia, in Calabria della ’ndrangheta non sappiamo molto proprio perché è un fenomeno legato alle famiglie. Però posso dire che nell’ultimo decennio cominciamo già ad avere segni di sgretolamento di questo discorso ’ndranghetista famigliare perché cominciamo ad avere anche pentiti. Diciamo che il lavoro della formazione delle coscienze, portato avanti dall’episcopato calabro, dai sacerdoti, comincia a dare i suoi frutti e dobbiamo continuare e essere molto più costanti molto più incisivi, consapevoli come siamo, che dire Vangelo e dire ‘ndrangheta significa dire due cose completamente all’opposto. C’è una inconciliabilità assoluta e questo deve entrare nel cuore dei fedeli. Ecco l’occasione del Cortile dei Gentili: oltre ad avere un discorso con i fratelli non credenti o agnostici, ha un discorso anche di purificazione della religiosità e anche un discorso che deve andare alle coscienze perché i principi etici di legalità, di responsabilità, abbiano a prevalere sugli altri principi di illegalità e di malavita.

    D. – Tra l’altro l’incontro di Catanzaro sarà anche l’occasione per riflettere ancora sulla religiosità popolare del meridione, una religiosità molto forte che però a volte è confusa con fenomeni di inquinamento criminale…

    R. – Molto spesso abbiamo infiltrazioni ’ndranghetiste o mafiose o con altre finalità che non hanno niente a che fare con la religione, con la nostra fede, ma è un lavoro che deve andare in profondità nel cuore dei fedeli e l’occasione del Cortile dei Gentili ci ha dato questa possibilità e nell’ambito parrocchiale e nell’ambito delle varie aggregazioni laicali di poter riflettere durante tutto l’arco dell’anno. Abbiamo fatto anche a livello scolastico un concorso universitario, scuole superiori e scuole medie, e i primi 5 avranno come premio di andare alla Gmg proprio per coinvolgere tutta quanta una diocesi - tra l’altro è l’Anno della fede - per dare tutti i contributi che erano nelle nostre possibilità, e continueremo a farlo, per la purificazione di alcune manifestazioni di fede che spesso sono frammiste ad altri atteggiamenti che non hanno nulla a che fare con la fede cattolica.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   L'elenco delle missioni e delle delegazioni presenti alla Messa - in piazza San Pietro la mattina del 19 marzo - per l'inizio del pontificato di Papa Francesco.

    Per non cedere alla tentazione dello scandalo: Messa celebrata dal Pontefice nella Domus Sanctae Marthae.

    Sotto l'unica bandiera di Cristo: la prefazione del cardinale arcivescovo di Lione e primate delle Gallie, Philippe Barbarin, al libro, appena pubblicato, che raccoglie gli esercizi predicati nel 2006 dal cardinale Jorge Mario Bergoglio per l'episcopato spagnolo.

    Serbia e Kosovo scommettono sul futuro: in rilievo, nell'informazione internazionale, l'accordo sulla normalizzazione dei rapporti che apre le porte all'adesione all'Ue.

    Un articolo di Marco Bellizi sull'accordo per la rielezione di Giorgio Napolitano.

    Pietro Riva e Anna Rossi sul martire Nicolò Rusca, che sarà beatificato domani a Sondrio.

    Un monastero in Vaticano: Giulia Galeotti sul Mater Ecclesiae pensato e voluto da Giovanni Paolo II alla fine degli anni Ottanta.

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    Oggi in Primo Piano



    Quirinale. Sì di Napolitano al reincarico. Mons. Bregantini: si scelga il bene comune

    ◊   Il Presidente Napolitano ha accettato una seconda candidatura al Quirinale. Stamattina alla Camera la quinta votazione, con una maggioranza di schede bianche. Alessandro Guarasci:

    Napolitano è disponibile a un secondo reincarico. Stamattina erano saliti al Colle Pd, Pdl, Lega e Scelta Civica, convinti che nella grave situazione venutasi a determinare fosse "necessario e urgente che il Parlamento potesse dar luogo a una manifestazione di unità e coesione nazionale attraverso la rielezione del Presidente Napolitano". In realtà, fin dalla mattinata, a Montecitorio, questa appariva come la soluzione più probabile. Infatti anche la votazione delle 10 di oggi si era conclusa con una maggioranza di 445 schede bianche. Mons. Giancarlo Bregantini, vescovo di Campobasso e presidente della Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, ai nostri microfoni si era augurato che Napolitano potesse “prendere in mano le situazioni, per consapevolizzare in maniera adeguata il mondo politico per una scelta di vera dignità e di grande responsabilità”. Abbiamo chiesto a mons. Bregantini come veda la situazione attuale in cui il Parlamento non riesce a trovare una soluzione per il Quirinale:

    R. – Sentiamo sempre più necessario rivolgere un disperato appello alla serietà e alla capacità di cogliere il gusto del bene comune: che siano capaci di responsabilità e di dignità!

    D. – Questo perché il Paese sta in qualche modo o rischia quantomeno di affondare, la povertà aumenta e le persone sono sempre più in difficoltà?

    R. – Soprattutto si sente la differenza abissale tra i problemi veri della gente e il gridare di qualcuno o l’essere muro a muro. Le parole che sono state usate, in questi giorni, sono incapaci di cogliere il dramma che sale dalla gente comune, dal Paese. Non si può giocare così! Non ci sono colpevoli qua o là, ma è la mentalità: cioè la politica non coglie il senso di responsabilità; la politica che non sa dire “stringiamoci perché il bene di tutti, viene prima del bene mio”. La dottrina sociale della Chiesa dice con chiarezza: prima viene il nostro, poi viene il mio; solo difendendo il nostro, io difendo il mio. Stamattina abbiamo a lungo pregato nelle Lodi, recitando il Cantico del Libro della Sapienza: “Dammi la sapienza che siede accanto a Te e non mi escludere dal numero dei tuoi figli”. Abbiamo dedicato questa preghiera espressamente al Parlamento italiano.

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    Finito l'incubo a Boston: preso l'ultimo presunto attentatore

    ◊   A Boston, si tira un sospiro di sollievo dopo l’arresto del presunto ultimo attentatore, un giovane ceceno di 19 anni, fratello del ragazzo ucciso ieri nel corso di uno scontro a fuoco con la polizia. Soddisfazione tra le forze dell’ordine e per il presidente Obama. “Mancano ancora tante risposte”, ha detto il capo della Casa Bianca. Fermate altre tre persone. Benedetta Capelli:

    Nascosto all’interno di un’imbarcazione sistemata nel retro di una casa a Watertown. Così la polizia di Boston ha trovato Dzhakhar Tsarnaev, 19 anni, ceceno, fratello di Tamerlan di 26 anni ucciso ieri nello scontro a fuoco con gli agenti. Sono loro i due presunti attentatori che avrebbero seminato morte lunedì scorso nel corso della maratona di Boston. A tradirlo le tracce di sangue notate dal proprietario della barca che subito ha chiamato la polizia. Il giovane, infatti, è ferito gravemente al collo e ad una gamba ed ora è in ospedale. Per catturarlo, le forze dell’ordine hanno messo in campo anche un robot dotato di telecamera per rilevare la presenza di esplosivi e poi hanno sparato lacrimogeni e bombe accecanti per disorientare il ragazzo. Infine, l’intervento di un negoziatore ma è stato l’applauso della polizia a far comprendere che l’incubo era finito. Immediatamente Boston ha cambiato il suo volto; in strada gli abbracci, i sorrisi, le grida di giubilo hanno preso il posto delle lacrime per le tre vittime e gli oltre 180 feriti. “Hanno fallito perché non ci siamo fatti terrorizzare”, ha detto il presidente Obama ringraziando gli agenti, ma restano molte domande. Tre persone intanto sono state fermate a Sud di Boston, mentre si sta verificando ogni possibile legame dei due ceceni con organizzazioni terroristiche. Tamerlan, il fratello maggiore rimasto ucciso, era già stato interrogato dall'Fbi nel 2011 ma non era emerso nulla. Su Youtube di solito postava video di ispirazione terrorista e islamista mentre su facebook scriveva di non avere “un solo amico americano perché - aggiungeva - non mi capiscono”.

    Stamani telefonata tra il presidente russo Putin ed il suo omologo statunitense Obama. Entrambi hanno ribadito la necessità di una maggiore cooperazione sul fronte dell’antiterrorismo. Ieri, il capo della Casa Bianca ha evidenziato la necessità di continuare ad indagare ed ha espresso rammarico perché i due presunti attentatori sono cresciuti negli Stati Uniti. Come spiegare allora quanto accaduto? Benedetta Capelli lo ha chiesto ad Andrea Margeletti, analista e presidente del Centro Studi Internazionali:

    R. – E’ quello che è già avvenuto in altri Paesi europei. Basti pensare alla Francia o la Gran Bretagna, dove cittadini di quei Paesi hanno deciso di immolarsi, di compiere azioni terribili contro i loro connazionali. La realtà dei fatti è che noi, spesso in maniera presuntuosa, pensiamo di vivere nel migliore dei mondi possibili. Ma non tutto la pensano come noi; e non la pensano come noi cittadini che hanno fatto i nostri stessi passaggi, che hanno la nostra stessa storia e la nostra stessa educazione. Esiste, in alcuni contesti, un odio radicato, un desiderio di partecipare ad una progettualità diversa da quella che noi quotidianamente viviamo, che deve porci anche delle domande.

    D. - In questo episodio di Boston c’è una matrice terroristica, ma di quale terrorismo stiamo parlando?

    R. - Esistono due chiavi di lettura. Una sicuramente è quelle internazionale, del terrorismo a matrice radicale. Noi ci focalizziamo spesso, troppo, sulla realtà dei talebani o quella araba. In verità ci sono tante altre sfumature, tanti altri gruppi - pensiamo soltanto a quelli caucasici - che utilizzano la bandiera della religione per compiere atti terroristici. Ma esiste anche una chiave di lettura interna. Nascere in un contesto e berne le tradizioni, non necessariamente rende immuni da influenze malefiche

    D. - Siamo di fronte anche ad “un terrorismo fai da te”?

    R. - Assolutamente sì. I cosiddetti “lupi solitari”, le realtà che non partecipano a campi di addestramento, che sono a volte spettatori passivi di blog, sono assai difficili da poter intercettare e da poter penetrare dal punto di vista informativo. È la nuova grande sfida dei servizi d’intelligence delle forze dell’ordine e della polizia. Dall’altra parte, bisogna ricordare sempre di più che la Rete è un contenitore dove c’è di tutto; c’è molto di buono, ma è anche un’agorà universale dove si possono incontrare persone di idee, che non necessariamente sono in linea con il rispetto dei diritti umani e dei diritti inalienabili della persona.

    D. - Al di là di questi episodi, qual è oggi il reale pericolo per gli Stati Uniti?

    R. - È naturalmente il Paese più potente del mondo con maggiori responsabilità ed è – naturalmente - esposto più di altri a chi vuole contrastare “l’american way of life”. Dall’altra parte, c’è una forte collaborazione tra gli Stati Uniti e tanti Paesi europei, ma non solo. Ricordiamoci che lo smantellamento di Al Qaeda nella sua forma tradizionale, quella dell’11 settembre, non sarebbe stata possibile senza la collaborazione prima di tutto dei servizi di sicurezza e d’intelligence dei Paesi islamici e non soltanto arabi.

    D. - I due presunti attentatori sono ceceni: quali sono le tensioni che percorrono quest’area di mondo?

    R. – È un luogo doloroso, ed è per questo che la collaborazione anti–terroristica tra Stati Uniti e Russia, da quel punto di vista, è sempre stata un po’ a singhiozzo perché il rispetto dei diritti umani da quelle parti – da parte di tutti, non solo da parte dei ribelli, dei rivoltosi – è un po’ labile. È una terra di confine nell’accezione più terribile del termine. Molti ceceni hanno combattuto, e continuano a combattere anche in Afghanistan. Questo vuol dire che il desiderio di esportare la loro lotta, non è soltanto limitata alle zone che ritengono come loro contesto naturale.

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    Siria ancora nel caos. L'Onu denuncia: a fine anno milioni i rifugiati

    ◊   La crisi siriana ancora nel caos. Continuano in tutto il Paese gli scontri armati tra esercito di Damasco e il multiforme fronte dei ribelli. E mentre l’Onu rilancia l’allarme per l’aggravarsi dell’emergenza umanitaria – a fine anno potrebbero essere quasi quattro milioni i rifugiati – a preoccupare ci sono le notizie che periodicamente vengono diffuse sull’utilizzo nel conflitto di armi chimiche. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Lorenzo Trombetta, dell’Ansa di Beirut:

    R. – E’ davvero molto difficile poter parlare in termini il più possibile oggettivi della questione delle armi chimiche, che invece mi sembra assuma sempre più un valore politico, dall’una e dall’altra parte. Tutti sanno che è un po’ uno spauracchio che potrebbe far cambiare gli equilibri delle cancellerie occidentali e spesso viene usato strumentalmemte sia dal regime siriano, sia dai ribelli, sia dalla Russia, sia dagli Stati Uniti, sia dagli occidentali, in generale, per cercare di spostare l’ago della bilancia verso una decisione o quella opposta.

    D. - I Paesi amici della Siria, riuniti a Istanbul, parlano anche dell’effetto al Qaeda su questa guerra civile. E’ proprio questo un aspetto che impedisce alla comunità occidentale di impegnarsi di più in questa crisi?

    R. – Sicuramente la presunta rivendicazione del gruppo Jabhat as Nusra di essere appartenente alla galassia di Al Qaeda ha facilitato tutti coloro, in primis il regime, che in un certo senso cercano di ritardare o di frenare un aiuto ai ribelli siriani. Ovviamente il presidente Bashar al Assad cerca di impaurire gli occidentali con l’equazione: "Se vado via io, ci sono Al Qaeda e il caos a tre ore di volo dall’Europa. Abbiamo notizie abbastanza certe che la formazione Jabhat as Nusra sta guadagnando terreno. La maggior parte degli appartenti sono combattenti stranieri, arabi musulmani, persino jamaicani. Ormai c’è davvero di tutto nel fronte jihadista, ben distinto da quello degli insorti siriani che lottano per un’altra causa.

    D. – Come in ogni conflitto si aggrava sempre di più l’emergenza umanitaria, adirittura si parla di tre milioni e mezzo di rifugiati entro l’anno, una vera e propria "bomba ad orologeria". A chi spetta cercare di risolverla? Qui è coinvolta anche la comunità internazionale...

    R. – Questa è una responsabilità prima di tutto dei governi locali, perché non possiamo sempre pensare che i Paesi arabi, la Turchia, debbano essere sostenuti sempre da qualcun altro. Sono governi che già vengono aiutati moltissimo dall’Occidente. Poi, certo, i primi a dover essere interessati siamo noi europei. L’Unione Europea deve svolgere un ruolo di prima piano, più degli altri Paesi geograficamente meno interessati. Dobbiamo pensare prima di tutto a come affrontare quella che è anche una questione politica, non soltanto una questione umanitaria, perché quando, per esempio, si parla di creare campi profughi in territorio siriano a ridosso dei confini libanese e giordano, questo significa creare una zona di sicurezza, in cui gli aerei non possono sorvolare e bombardare. Se si devono trovare soluzioni per questi tre milioni e mezzo, ma forse anche quattro o cinque milioni di siriani, bisogna affrontare la questione alla radice, evitando che qualcuno spari contro di loro e li costringa a fuggire.

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    Centrafrica. L’arcivescovo di Bangui: la popolazione è stremata, basta violenze

    ◊   Centrafrica sempre nel caos per le violenze perpetrate dai ribelli di “Seleka”. Per arginare questa escalation a danno della popolazione civile, un summit dei Paesi dell’Africa centrale ha stabilito il dispiegamento di duemila soldati nel Paese, ma non è stata ancora fissata la data dell'impegno militare. Sulla drammatica situazione in Centrafrica, Marie Duhamel ha raccolto la testimonianza dell’arcivescovo di Bangui, Dieudonné Nzapalainga:

    R. - Tout le quartier, mardi s’était vidé parce qu’il y avait une peur bleue ....
    Martedì scorso, l’intero quartiere si è svuotato: c’era una paura terribile, come se volessero incendiare tutto. Io stesso ho accompagnato a piedi alcuni bambini per fargli attraversare la strada: tutti i bambini avevano paura… Psicosi, scene d’angoscia... Io mi chiedo come sia possibile accettare di traumatizzare proprio i bambini, i più piccoli, che rappresentano l’oggi e il domani di un Paese? Semplicemente vedendo le armi, sentendo i colpi o i veicoli che viaggiano ad alta velocità, tutti i bambini hanno paura! Non c’è fiducia, ma allora con chi è possibile lavorare? Queste sono domande che i nuovi responsabili dovranno porsi. E’ il momento di creare un clima di fiducia. E’ il momento di rassicurare le persone: questo noi ci aspettiamo dai responsabili politici. Attualmente abbiamo l’impressione che i ribelli di “Seleka”, che detengono tutto il potere, possono fare ciò che vogliono. E’ giunto il momento che si possano ora regolamentare, accasermare, confinare e disarmare affinché la popolazione possa occuparsi delle proprie cose.

    D. – E’ certo che siano i ribelli di “Seleka” ad aver compiuto saccheggi e violenze?

    R. - Ce que je sais c’est que je vois en plein jour : des véhicules avec maqués...
    Quello che so è quello che vedo, anche in pieno giorno: veicoli con la scritta “Seleka”, si fermano e saccheggiano. Se questi sono dei falsi ribelli “Seleka”, bene chiediamo ora ai responsabili di venire a disarmarli! Queste persone invece sono lì – due ore, tre ore – e commettono crimini. Noi chiamiamo, ma nessuno si muove! Dunque, o ci sono delle complicità, o un lasciar fare oppure sono sopraffatti.

    D. – Le popolazione che sono fuggite da queste zone hanno dove stare e di che nutrirsi?

    R. - Justement, de mémoire de Centrafricain, je n’ai jamais vécu cela de ma vie. …
    Nella mia memoria di centrafricano, nella mia vita, non ho mai assistito a nulla di tutto questo. Si tratta di persone che sono fuggite e che si sono rifugiate nell’ospedale comunitario, l’“Hôpital Communautaire”, che accoglie al momento 1.400 persone. Ci sono scene di desolazione, bambini piccoli sul pavimento senza nulla da mangiare. Una mamma mi ha detto: “Non ho mangiato neanche un mango per tutto il giorno”. Al momento i cristiani sono negli ospedali impegnati nella preparazione dei pasti da offrire ai loro fratelli e alle loro sorelle, senza alcuna distinzione di credo, di razza o di provenienza, perché tutti gli uomini sono creati a immagine di Dio e il messaggio di Gesù Cristo è un messaggio universale.

    D. – E’ giunta notizia che la cattedrale di Bangui è stata saccheggiata ed alcuni fedeli sono stati rapinati domenica scorsa. Si può parlare di tensioni religiose?

    R. - Cette crise militaro-politique n’est pas religiuese. La Repubblique centrafricaine …
    Questa crisi è politico-militare: non è religiosa. La Repubblica Centroafricana è un Paese laico: c’è libertà di religione e ciascuno può professare la propria fede. Il voler ora imporre o introdurre un elemento religioso nella sfera politica è qualcosa al quale noi diciamo no e lo diciamo in modo forte e chiaro a coloro che tentano questo tipo di trappola, che vogliono lasciare cadere questa buccia di banana: dobbiamo essere vigili, dobbiamo tenerli fuori, isolarli! Ecco perché lanciamo un messaggio solenne a tutti i responsabili, affinché si assumano le loro responsabilità e dicano apertamente che è fuori questione qualsiasi maltrattamento nei riguardi di preti e suore e che è fuori questione commettere ancora ingiustizie e violenze nei loro riguardi. Quando si è responsabili, si è responsabili di tutti. Un presidente è il presidente di tutte le religioni, senza alcuna eccezione.

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    20 anni fa la morte di Don Tonino Bello, testimone di una "Chiesa del grembiule"

    ◊   Esattamente 20 anni fa, il 20 aprile del 1993, scompariva stroncato da un tumore, mons. Antonio Bello, per tutti “don Tonino", vescovo di Molfetta e presidente di Pax Christi negli anni '80. Cinque anni fa l’apertura della Causa di Beatificazione. Amante della sua terra, il Salento, che tanto lo ha amato, don Tonino Bello ha lasciato alla Chiesa scritti e insegnamenti ispirati agli ideali che lo hanno guidato: la carità, la pace, la giustizia sociale, per i quali mise a rischio la sua stessa vita. Uomo di contemplazione e uomo d’azione: così lo ricorda il suo collaboratore in Pax Christi a Molfetta, don Salvatore Leopizzi. L’intervista è di Gabriella Ceraso:

    R. - L’uomo era straordinario nella sua normalità e quella normalità la si leggeva nel gesto umile della carezza ai bambini, nel mettere a proprio agio qualsiasi interlocutore, o di accogliere, di aprire anche la porta del suo vescovado. Questa umanità semplice, genuina che lui ha respirato nella sua casa, dalla sua mamma, unita alla trasmissione della fede, hanno strutturato l’anima grande di don Tonino. Appassionato del Vangelo, il Vangelo che è a contatto con gli umili, anzi lui diceva che il Vangelo ce lo raccontano i poveri. Don Tonino era l’uomo della condivisione, della solidarietà, dell’attenzione a chi fa più fatica, agli ultimi.

    D. - Questa era anche la sua idea di Chiesa: non una Chiesa del potere, ma una Chiesa definita con l’espressione bellissima del “grembiule”…

    R. - La Chiesa del “grembiule” che lascia, o tralascia i segni del potere e sceglie il potere dei segni. Questa sua capacità di linguaggio originale ed efficace con cui ci ha detto che alla Chiesa non compete la logica mondana, dobbiamo essere trasparenza di Gesù Cristo. Dobbiamo servire, dobbiamo avere il “grembiule”, unico paramento liturgico menzionato dal Vangelo - diceva lui - e che non gode di buona fama nelle nostre sagrestie e dovremmo invece rimetterlo al primo posto. Stola e grembiule sono il dritto ed il rovescio dello stesso paramento sacro: la stola che ci fa ministri del Vangelo ed il grembiule che ci fa “lavapiedi del mondo”, lui usava questa parola.

    D. - Nel suo motto episcopale c’è un po’ la sintesi di tutto questo programma: “Ascoltino gli umili e si rallegrino”…

    R. - Ecco l’altra dimensione, quella festosa della fede del cristianesimo e l’ha fatta trasparire nonostante la sofferenza per l’incomprensione nei nostri ambienti ed anche nella società civile. Certamente era un uomo non sempre condiviso, perché portava il Vangelo e portava lo Spirito, quello Spirito - come ci ricorda Papa Francesco - che a volte dà fastidio.

    D. - Quello che lui annunciava, lo viveva in prima persona…

    R. - Era un uomo che dalla contemplazione passava sempre all’azione. “Contemplattivi” infatti è una delle parole che lui ci ha lasciato come missione. Lui stesso diceva che dobbiamo saper anche denunciare le situazioni di ingiustizia, la violazione dei diritti umani…

    D. - Per lui la pace non poteva allontanarsi dall’idea di una giustizia sociale…

    R. - Certo. Come possiamo accostare la giustizia alla guerra? Ci chiedeva e ci chiedeva: “Come possiamo ancora parlare di una guerra giusta?”. È un “principio di adulterio” - lo definì una volta - solo la pace è giusta. Questo per dire che noi dalla memoria eversiva della Croce dobbiamo trovare le sorgenti del nostro impegno quotidiano a favore della pace, della giustizia e della salvaguardia del Creato.

    D. - Ci sono tante cose che ricordano Papa Francesco. Lei che ne pensa?

    R. - Penso davvero che questo spirito nuovo che ha animato don Tonino, anima Papa Francesco. Qualcuno mi ha detto addirittura: “E’ come se don Tonino fosse diventato Papa”; perché hanno letto il Vangelo e quel Vangelo l’hanno ritrovato nella vita concreta, dei poveri nelle periferie. Hanno respirato un Vangelo genuino “sine glossa” - diceva - “senza misura, senza sconti”.

    D. - C’è un messaggio particolare che vi ha lasciato don Tonino che è anche il suo ricordo personale?

    R. - La sintesi estrema di tutto il suo messaggio - pronunciata proprio negli ultimi giorni, fino alla Messa che abbiamo celebrato il 20 aprile nella sua camera - e che riassume tutta la sua vita e le sue passioni che per noi può essere ancora attuale, sono queste tre frasi lapidarie scolpite anche nel cimitero di Alessano: “Ama la gente, ama i poveri e Gesù Cristo. Il resto non conta nulla”.

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    Fazenda de Esperança: dal Brasile alla Sardegna per aiutare i giovani a sconfiggere la droga

    ◊   La Fazenda de Esperança, il centro di recupero nato in Brasile per ragazzi tossicodipendente nato in Brasile nel 1993, approda in Italia. Si trova ad Oschiri, in provincia di Olbia-Tempio, ed è già un punto di riferimento per i giovani che vogliono uscire dal tunnel della droga. Ce ne parla Davide Dionisi:

    Voi dovete essere ambasciatori della speranza. E’ l’invito che Papa Benedetto XVI rivolse il 12 maggio del 2007 ai ragazzi della Fazenda de Esperança durante il suo viaggio apostolico in Brasile. La comunità nata da un incontro risalente al 1993 del frate francescano missionario tedesco Hans Stapel e un giovane della sua parrocchia Nelson Giovannelli, oggi accoglie circa tremila giovani, tutti ex tossicodipendenti ed è presente in 14 nazioni con novanta centri. In Italia si trova ad Oschiri, in provincia di Olbia, in un villaggio nei pressi del lago Coghinas donato dall’Enel. A padre Emerson Rogerio Anizi, responsabile della prima Fazenda de Esperança italiana, abbiamo chiesto quali sono gli obiettivi del nuovo presidio sardo:

    R. - Il punto fondamentale della comunità è recuperare i giovani, perché loro possano trovare il giusto cammino per tornare alle loro origini; immagine e somiglianza di Dio. Questi sono i tre punti fondamentali: il lavoro, la vita di comunità e la spiritualità. In qualsiasi situazione, nelle case, nelle comunità, ci sono anche quei ragazzi che escono dal tunnel della droga e vogliono donare la loro vita per aiutare gli altri giovani con lo stesso loro problema.

    D. – Cosa esporterete in Italia da quella esperienza Brasiliana?

    R. – Ci potrà capitare ogni tipo di ostacolo, ma la speranza non potrà mai morire. Questo è il sentimento che vogliamo diffondere: non soltanto per i giovani che sono caduti nel tunnel della droga, ma anche per quelli che hanno perso il senso della vita, che cercano qualcosa, un volto di speranza, o qualcosa da fare. Cercano la gioia.

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    Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica

    ◊   Nella quarta Domenica di Pasqua, la liturgia presenta il passo del Vangelo in cui Gesù, Buon Pastore, afferma che le sue pecore ascoltano la sua voce, lui le conosce ed esse lo seguono. Quindi aggiunge:

    “Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano”.

    Su questo brano evangelico ascoltiamo una breve riflessione di don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma:

    Il contesto del brano evangelico odierno è una domanda che i Giudei pongono a Gesù: “Fino a quando ci terrai in sospeso? Sei o non sei il Cristo?”. La risposta del Signore è tagliente: Ve l’ho già detto, ma voi non credete. E non credete “perché non fate parte delle mie pecore”. Ma poi, al pensiero delle sue pecore, la parola del Signore si stempera e si addolcisce. Si percepisce il compimento della promessa fatta da Dio al suo popolo per mezzo del profeta Ezechiele. Alle pecore disperse e sbandate dai pastori che “pascono se stessi”, il Pastore Buono annuncia: “Io stesso cercherò le mie pecore” (Ez 34,11). Io stesso andrò in cerca della pecora perduta, ricondurrò all’ovile quella smarrita, fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte, le pascerò con giustizia (cf Ez 34,16). Questa tenerezza forte del Signore produce nelle sue pecore una risposta appassionata e radicale: ora esse “conoscono” la voce del Signore e la seguono. Dove il “conoscere” è verbo sponsale, dell’intimità sponsale. Il sigillo della vita divina posto su di loro dall’amore di Dio, fa sì che esse non temano più nulla, riposino sponsalmente con Cristo nell’intimità di Dio: “Io e il Padre siamo una cosa sola”. Il dono della Pasqua e del tempo di Pasqua è finalizzato a questa manifestazione del Signore, a questo incontro sponsale con il Signore. Nella liturgia, nella Pasqua domenicale in particolare, siamo chiamati ad accogliere lo Sposo, ad unirci a Lui in comunione, in comunità, come Sposa.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Cina: almeno 117 vittime per il sisma nel Sichuan

    ◊   È di almeno 117 morti e tremila feriti il bilancio provvisorio del terremoto che ha colpito la provincia del Sichuan, nella Cina sud-orientale. Inoltre, secondo le autorità, ammontano a oltre 10mila le abitazioni distrutte. Il premier cinese Li Keqiang si è recato sul posto e, insieme al presidente Xi Jinping, ha assicurato l'adozione di tutte le misure necessarie per aiutare le vittime del disastro, tra cui l'invio di 6mila tra soldati e poliziotti per collaborare con i soccorritori. Un'offerta di aiuto è stata avanzata anche dal premier russo Putin. L'epicentro della scossa di magnitudo 7 è stato localizzato a 140 km dalla capitale provinciale Chengdu, nella città di Ya'an in un area montuosa ai piedi del Tibet. La regione è considerata ad alto rischio sismico e già nel 2008 un altro terremoto aveva provocato quasi 90mila vittime. (M.G.)

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    Serbia-Kosovo: storico accordo che avvicina Belgrado all’Europa, contestano i nazionalisti

    ◊   Dopo sei mesi di trattative e dieci incontri negoziali a Bruxelles sotto la supervisione dell’Unione Europa, Serbia e Kosovo hanno raggiunto un’intesa per la normalizzazione dei rapporti nell'area balcanica. Ieri il premier kosovaro, Hashim Thaci, e il premier serbo, Ivica Dacic, hanno siglato il testo messo sul tavolo dall'Alto rappresentante per la politica estera Ue, Catherine Ashton. “Questo accordo rappresenta l'inizio di una nuova era di riconciliazione e cooperazione fra Stati” ha commentato Thaci. Di una decisione “difficile” ha parlato invece il primo ministro serbo Dacic. L’accordo tra Pristina e Belgrado avvicina la Serbia all’ingresso in Europa, in vista della decisione del vertice Ue di giugno sui negoziati di adesione dell’ex repubblica jugoslava. Dal punto di vista formale però alla storica intesa manca ancora il sigillo delle capitali che comunicheranno, nei prossimi giorni, la loro decisione finale a Bruxelles. L’accordo sta infatti creando diversi malumori in Serbia: già ieri sera centinaia di nazionalisti sono scesi per le strade nel centro di Belgrado per contestare la decisione. Grande insoddisfazione anche tra la minoranza serba nel nord del Kosovo, che ha annunciato una manifestazione di protesta per lunedì a Kosovska Mitrovica. Krstimir Pantic, vicecapo dell'Ufficio governativo serbo per il Kosovo, ha detto che l'accordo è inaccettabile poiché pone la polizia e il settore giudiziario sotto le leggi di Pristina, senza alcun legame con le istituzioni serbe. (M.G.)

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    Messaggio del card. Ouellet ai vescovi dell’America Latina

    ◊   Il Pontificato di Papa Francesco porti “un rinnovato slancio di santità e verità, di comunione e di evangelizzazione, di carità e solidarietà, come un salto di qualità cristiana in tutte le comunità cattoliche latinoamericane”: è quanto scrive il card. Marc Ouellet, presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina (Cal), ai vescovi latinoamericani. Il messaggio del porporato giunge ad un mese dall’inizio del ministero petrino di Papa Bergoglio, “primo Pontefice che proviene dall’America Latina”, “avvenimento inedito per la storia della Chiesa”. Per questo, ribadisce il cardinale Ouellet, “le comunità cristiane e i popoli del continente devono sentirsi particolarmente vicini a questo figlio e pastore che Dio ha chiamato ad essere successore di Pietro”. Di qui, l’auspicio del porporato affinché nella regione latinoamericana, “continente della speranza”, si realizzi “una campagna di preghiere” per il Papa, il cui esempio e le cui parole chiedono – “a tutti i Paesi dell’America Latina e a tutto il mondo” – una “vicinanza misericordiosa, particolarmente attenta ai bisogni, alle sofferenze ed alle speranza dei popoli, specialmente dei poveri e dei sofferenti, ai quali comunicare la salvezza di Cristo”. Quindi il cardinale Ouellet invita l’episcopato latinoamericano ad interrogarsi sul significato della “missione continentale che Papa Francesco ha certamente a cuore”: “Cosa significa – scrive – per la Chiesa del continente, per diffondere il Vangelo fino ai confini della terra?”. Sono domande, evidenzia il presidente della Cal, “ineludibili, che meritano una riflessione molto seria” da parte di tutti gli episcopati. Infine, il card. Ouellet chiede a tutti i presuli “una comunione affettiva ed effettiva con il nuovo Pontefice”. (I.P.)

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    I vertici del Celam si preparano all'incontro con Papa Francesco

    ◊   La tradizionale visita annuale della presidenza del Consiglio Episcopale Latinoamericano (Celam) al Vaticano questa volta diventerà particolarmente significativa, soprattutto per l’atteso incontro del 25 aprile con Papa Francesco, il primo Pontefice latinoamericano a ricevere il vertice di questo organismo ecclesiale continentale, nato nel 1955. La visita, che avrà luogo dal 24 al 30 aprile, ha l’obiettivo di informare la Santa Sede e il Papa sui programmi del Celam al servizio degli episcopati e condividere gli orientamenti e le preoccupazioni del cammino della Chiesa nella regione. Senza dubbio, questa volta, parlare con Papa Francesco sulla realtà della Chiesa dell’America Latina e dei Caraibi sarà parlare di una realtà molto ben conosciuta e condivisa, fino a poco tempo fa, dall’attuale Pontefice. Infatti, ripetutamente i vescovi latinoamericani si sono confrontati sulla responsabilità pastorale e missionaria che avrà, con l’elezione di Papa Francesco, la Chiesa di una regione chiamata da Papa Giovanni Paolo II il continente della speranza, che soffre però di molteplici problemi anche di carattere religioso, come il crescente abbandono della Chiesa da parte di credenti e il forte influsso della cultura relativista e laicista, tante volte esaminata da Benedetto XVI. Dunque, nonostante il grande coinvolgimento spirituale, quello tra la presidenza del Celam e Papa Francesco sarà un incontro tra amici per condividere la novità e la gioia dell’inedito evento che ha fatto salire sul soglio pontificio un vescovo latinoamericano. Durante i giorni della visita, il vertice del Celam visiterà i diversi dicasteri vaticani, e anche la Segreteria generale del Sinodo dei Vescovi e la Conferenza episcopale italiana. Questi incontri in Vaticano assumono una maggiore rilevanza perché sono realizzati prima dell’Assemblea ordinaria annuale dell’organismo dove saranno analizzati i suggerimenti della Sede Apostolica. Infatti, la prossima Assemblea avrà luogo dal 14 al 17 maggio prossimo, a Panama. Il “Piano Globale 2011-2015” approvato dagli episcopati latinoamericani a Montevideo, è ispirato al Documento di Aparecida: "Discepoli e missionari di Gesù Cristo, affinché i nostri popoli in Lui abbiano vita", ma per questo quadriennio, si porrà l’enfasi sulla presa di coscienza e la promozione della vita di discepoli che, sperimentata nella comunione ecclesiale, porti una testimonianza convincente e attraente ai popoli e agli uomini di oggi. Compongono la presidenza del Celam, il presidente arcivescovo di Tlalnepantla (Messico), mons. Carlos Aguiar Retes; i due vicepresidenti, il cardinale Rubén Salazar Gómez, arcivescovo di Bogotá (Colombia), e mons. Dimas Lara Barbosa, arcivescovo di Campo Grande (Brasile); il segretario generale, mons. Santiago Silva Retamales, vescovo ausiliare di Valparaíso (Cile), l’amministratore, mons. Carlos M. Collazzi Irazabal, vescovo di Mercedes (Uruguay), e il segretario generale aggiunto, padre Leónidas Ortiz Losada. (A.T.)

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    Vietnam: la Caritas promuove un progetto sanitario per i più poveri

    ◊   Una missione umanitaria per rispondere alle emergenze sanitarie, in un’area montuosa e impervia tra le più povere e arretrate del Vietnam. L’attenzione della Caritas della diocesi vietnamita di Hung Hoa risponde così ai bisogni della popolazione povera della provincia di Lao Cai, nel nord-ovest del Paese, al confine con la Cina. Una provincia, riferisce AsiaNews, dove mancano i medici e strutture sanitarie adeguate, i medicinali spesso scarseggiano e le condizioni di vita sono difficilissime. Per usufruire delle cure mediche, il più delle volte gli abitanti non hanno che due alternative, entrambe assai onerose: varcare la frontiera e farsi ricoverare in un ospedale cinese, oppure affrontare il viaggio in direzione di Hanoi in cerca di un posto letto in una delle strutture della capitale. E quasi nessuno dispone delle risorse economiche per affrontare la spesa. Questo è il motivo che ha spinto i volontari cattolici della Caritas di Hung Hoa ad avviare un primo progetto specifico, dedicato alla salute della vista e a quanti sono affetti da patologie degli occhi, molto diffuse nella regione. Con la collaborazione dei benefattori legati all'associazione del "Cuore misericordioso di Gesù", che hanno trovato l'adesione di alcuni oculisti, dal 2 al 7 aprile scorso è stata avviata una campagna di cura in un poliambulatorio della provincia. L'efficacia del progetto caritativo è testimoniata dai numeri: in pochi giorni i medici hanno effettuato 1.035 visite, 228 brevi ricoveri, 126 interventi di cataratta e altri 102 interventi per tumori agli occhi. Secondo quanto riferiscono fonti locali, gli interventi chirurgici "si sono succeduti a ritmo intenso" e i pazienti hanno detto di essere "soddisfatti e riconoscenti", grazie anche alle medicine distribuite gratuitamente alla comunità. (G.F.)

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    India: proteste contro la polizia per la bambina stuprata

    ◊   Monta lo sdegno in India dopo il caso di stupro di una bambina di 5 anni. Alcune centinaia di persone hanno manifestato stamattina davanti al quartiere generale della polizia di New Delhi. I dimostranti hanno anche cercato di sfondare le barriere all'ingresso dello stabile. Sono presenti diversi partiti della sinistra indiana e movimenti di difesa delle donne che chiedono le dimissioni del capo della polizia, accusandolo di non essere stato in grado di fermare l'escalation di stupri nella capitale, iniziato con il caso della studentessa abusata e uccisa da un gruppo di uomini su un autobus. Diversi giovani si sono radunati anche davanti all'ospedale policlinico Aiims, dove la piccola è ricoverata in condizioni definite stabili. Intanto la polizia indiana ha arrestato il presunto stupratore della bambina. L'uomo, un ventiduenne, era fuggito in treno ma è stato localizzato grazie al suo cellulare. (M.G.)

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    In Togo nasce una casa di accoglienza per le bambine sfruttate

    ◊   Si chiamano “portefaix”. Sono giovani donne, talvolta bambine, costrette a lavorare l’intera giornata nei mercati di Lomé, in Togo. Non hanno possibilità di giocare, imparare, essere ascoltate, istruite. Molte di loro arrivano dall’interno del Paese e continuano il loro viaggio verso il Gabon, dove comunque finiscono per essere sfruttate. In aiuto a queste povere vittime, l’ong cattolica spagnola Manos Unidas, attraverso le suore Carmelitane della Carità di Vedruna, ha promosso un progetto di cui beneficeranno 500 “portefaix”. Per cercare di aiutare tutta la popolazione del quartiere, comprese bambine e giovani - riferiscono fonti dell’agenzia Fides- le suore hanno aperto una casa di accoglienza e un centro diario nel mercato di Hanoukope, a nord di Lomé, dove poter offrire la formazione e il sostegno necessari a queste ragazze per il reinserimento nella società da cui sono state emarginate. (G.F.)

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    Pakistan: donna kamikaze attacca ospedale, 4 morti

    ◊   Una donna kamikaze si è fatta esplodere all'ingresso dell'ospedale pubblico di Khaar, in Pakistan, provocando quattro morti e altrettanti feriti. L’attentato è avvenuto nel Bajaur, la più piccola tra le sette aree tribali al confine con l’Afghanistan sulle quali il potere del governo centrale di Islamabad è poco più che nominale. L’area, negli ultimi mesi, è stata teatro di numerose operazioni anti-guerriglia contro le milizie dei Talebani e dei loro alleati di al-Qaeda. (M.G.)

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    Chiesa australiana impegnata contro gli abusi su minori

    ◊   Ha tenuto la sua prima riunione in questi giorni il “Truth Justice and Healing Council”, lo speciale consiglio della Chiesa cattolica australiana che collaborerà alle inchieste della Royal Commission, l’organismo d’inchiesta nazionale istituita dal governo per fare luce sui casi di pedofilia nel Paese. L’incontro si è svolto a Sydney – riferisce il sito web della Conferenza episcopale australiana – ed è stato incentrato sulle “questioni sistematiche relative alla protezione dei bambini e sulla comunicazione dei progressi che compiranno il Consiglio e la Commissione”. “Siamo fortunati – ha detto Francis Sullivan, direttore generale del Consiglio – ad avere uomini e donne dalle diverse esperienze all’interno del nostro gruppo di lavoro; tra i nostri tredici membri abbiamo esperti di abusi sessuali e delle loro conseguenze, incluso il suicidio”. Ribadendo, quindi, lo spirito di “apertura, trasparenza e compassione” che la Chiesa cattolica vuole seguire nel collaborare con la Commissione, il Consiglio ha discusso su come comunicare in modo continuativo e coinvolgente con la popolazione, cattolica e non cattolica, del Paese, per informarla sui risultati raggiunti. Nonostante “il difficile compito che i membri del Consiglio hanno davanti”, ha sottolineato Sullivan, l’intento è comunque quello di lavorare “apertamente, con coraggio ed umiltà, per ottenere la riconciliazione ed una guarigione duratura”. Istituito dalla Chiesa cattolica per fare luce sui casi di abusi sui minori, il Consiglio mira a sviluppare nuove politiche per tutelare i giovani e per far sì che la Chiesa risponda in modo appropriato e giusto, dando la priorità innanzitutto ai bisogni delle vittime. (I.P.)

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    America Latina: denutrizione infantile in calo ma resta alta l’emergenza

    ◊   Nonostante in questi anni ci sia stato un effettivo calo, in America Latina il problema della malnutrizione dei bambini resta consistente e decisamente grave. Soffre di denutrizione cronica il 12% della popolazione infantile con meno di 5 anni di età. Secondo un documento dell’Unicef recentemente presentato a Bogotà, dei 24 Paesi latinoamericani e caraibici, il Guatemala è quello dove si registra la maggiore prevalenza di casi con il 48% di bambini denutriti, pari a più di un milione. Il Paese occupa il 25.mo posto di una classifica di 81 Paesi che vede l’India in testa. In media il tasso dei bambini denutriti nel mondo è del 26%, pari a 165 milioni di piccoli, tre quarti dei bambini sotto i 5 anni con malnutrizione cronica nel mondo vivono nell’Africa sub-sahariana e nel sud dell’Asia, ma in America latina il problema non è da meno. La Colombia si trova al 37.mo posto con 595 mila minori di 5 anni denutriti; il Perù al 38.mo con 566 mila; il Venezuela al 43.mo con 458 mila; la Bolivia al 47.mo con 333 mila; il Nicaragua al 52.mo con 149 mila; El Salvador al 53.mo con 121 mila; la Repubblica Domenicana al 57.mo con 103 mila; Panama al 62.mo con 66 mila e il Costa Rica al 74.mo con 20 mila. Inoltre, si stima che più di 7 milioni di bambini con meno di 5 anni di età soffrono di rachitismo e 22,5 milioni di anemia. Il momento più critico è quello che va dalla gravidanza delle rispettive madri fino all’età di 2 anni. (G.F.)

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    L’arcivescovo di Santiago di Compostela: l’anima dell’Europa è radicata nel cristianesimo

    ◊   “L’Unione Europea sarà duratura e fruttuosa se sarà basata sui valori umani e cristiani”: è quanto ha detto mons. Julián Barrio Barrio, arcivescovo di Santiago di Compostela, nel corso di una conferenza tenuta oggi a Turon, in Polonia. L’intervento del presule, dedicato al “significato trascendente del Cammino di Santiago” rientra nell’ambito del Congresso “Fides et actio” promosso dall’Università “Niccolò Copernico” della città polacca. “Il Cammino di Santiago – ha spiegato il presule spagnolo – è stato sin dall’inizio un cammino di fede e di cultura, vale a dire l’evento più importante nella configurazione dell’Europa medioevale come cristianità occidentale”. La strada giacobea, ha ribadito mons. Barrio, ha messo subito in evidenza “la priorità dei beni spirituali, la tensione verso i beni di Dio; ha ispirato e favorito le istituzioni nella promozione dei valori umani ed è sempre stato una luce per tutti coloro che si sono preoccuparti per l’umanesimo autentico dell’Europa e per il suo futuro, affinché se ne riscoprisse, apprezzasse e difendesse il ricco patrimonio culturale e religioso”. È necessario, quindi – ha aggiunto l’arcivescovo di Santiago - ricordare all’Europa che “la sua anima e la sua identità sono profondamente radicate nel cristianesimo” e che è questa “la chiave interpretativa” della sua vocazione nel mondo. Di qui, il richiamo forte ai “valori umani e cristiani che costituiscono l’anima comune europea”, vale a dire “la dignità della persona umana, il sentimento profondo di giustizia e libertà, la laboriosità, lo spirito di iniziativa, l’amore per la famiglia, il rispetto per la vita, la tolleranza ed il desiderio di cooperazione e di pace”. L’Europa, ha continuato mons. Barrio, “non può essere considerata solo una struttura economica basata su un sistema monetario comune”, poiché il fondamento della sua unità deve guardare ad “un sistema di valori, personali e collettivi, in cui l’esistenza è vista come dono, il prossimo è colui del quale ciascuno è responsabile e la vita di ognuno è al servizio degli altri”. Infine, mons. Barrio ha preso parte ad un incontro con i parroci della zona e con i seminaristi del Seminario Maggiore di Torun. (I.P.)

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    Natale di Roma: festeggiamenti al ritmo di tango in omaggio di Papa Francesco

    ◊   Una serata romana che profuma di colori, tradizioni, musiche e folklore argentini. Piazza del Popolo che si trasforma in una “grande milonga a cielo aperto” con il tango a fare da protagonista e concerti e performance artistiche di spessore internazionale. Si aprono così, questo sabato, i festeggiamenti per il 2766.mo Natale di Roma. Un’edizione che, nelle intenzioni del sindaco di Roma Gianni Alemanno, si propone come obiettivo quello di regalare un omaggio al nuovo Pontefice e al suo amore per i ritmi appassionati del suo Paese. Si chiamerà, infatti, “A passo di tango”, la serata promossa da Roma Capitale in collaborazione con l’Ambasciata Argentina in Italia e il supporto organizzativo di Zètema Progetto Cultura. (G.F.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 110

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