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Sommario del 11/04/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Papa Francesco alla Papal Foundation: il 50.mo della "Pacem in terris" ci esorta all'impegno per la pace ad ogni livello
  • Il Papa riceve il premier del Mozambico: impegno della Chiesa per pace e sviluppo
  • Papa Francesco: ascoltare Dio e seguire la strada di Gesù ci rende liberi e felici
  • Papa Francesco ai senza dimora di Roma: pregate per me, sono a vostra disposizione
  • Altre udienze e nomine
  • Fondazione "Centesimus Annus": annunciati i vincitori del Premio “Economia e Società”
  • In Vaticano, seminario sulle cellule staminali adulte e la medicina rigenerativa
  • 50.mo “Pacem in terris”. Il card. Turkson: provvidenziale legame tra Enciclica e Papa Francesco
  • 50.mo "Pacem in terris". Mons. Capovilla: Papa Roncalli mostrò che la pace non è un'utopia
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria: 57 morti a Daraa. Tragica testimonianza di mons. Audo, vescovo caldeo di Aleppo
  • Movimenti di missili in Nord Corea: Seul e Washington alzano livello di allerta
  • Ue: lavoro a picco. Protestano i sindacati: attacco ai diritti sociali
  • Giornata Mondiale del Parkinson: puntare su informazione e assistenza
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Egitto: cristiani e musulmani marciano insieme contro l'estremismo islamico
  • Egitto: la Chiesa copto ortodossa chiede misure concrete dopo l'assalto alla cattedrale
  • Bolivia: si apre l’Assemblea dei vescovi, al centro la missione permanente
  • Messico. Un casinò davanti alla Chiesa: il vescovo chiede il rispetto della legge
  • Vietnam. Leader cristiano morto in carcere: vittima di percosse. I fedeli non credono al suicidio
  • India. Jharkhand: dopo 8 anni, torna libero missionario cristiano
  • Thailandia: i cattolici celebrano la Giornata dell'anziano
  • Papua Nuova Guinea: i vescovi testimoniano la fede sui social network
  • Il Papa e la Santa Sede



    Papa Francesco alla Papal Foundation: il 50.mo della "Pacem in terris" ci esorta all'impegno per la pace ad ogni livello

    ◊   “Il cinquantesimo anniversario dell’Enciclica Pacem in terris, del Beato Giovanni XXIII - che ricorre proprio oggi – sia di stimolo ad impegnarsi sempre nel promuovere la riconciliazione e la pace”. E’ l’auspicio di Papa Francesco, che stamani ha ricevuto circa 120 membri della "Papal Foundation" nella Sala Clementina, in Vaticano. Ad accompagnarli il presidente dell’associazione caritativa statunitense, fondata nel 1988, il cardinale Donald Wuerl, arcivescovo di Washington. Il servizio di Debora Donnini:

    Nei venticinque anni trascorsi dalla creazione della Fondazione “avete aiutato il Successore di Pietro sostenendo molte opere di apostolato e di carità particolarmente vicine al suo cuore”. Papa Francesco si dice “molto grato” per quanto è stato fatto dalla "Papal Foundation" ricordando come la Fondazione abbia contribuito in modo significativo “alla crescita di molte chiese particolari nei Paesi in via di sviluppo sostenendo, tra le altre cose, la formazione permanente del clero e dei religiosi”, “offrendo assistenza medica” ai poveri e “creando l’opportunità di formazione e di lavoro”. “Il cinquantesimo anniversario dell’Enciclica Pacem in terris, del Beato Giovanni XXIII - che ricorre proprio oggi – sia di stimolo ad impegnarsi sempre nel promuovere la riconciliazione e la pace ad ogni livello”, auspica rilevando che gli sforzi compiuti dalla Fondazione “stanno aiutando a combattere molte forme di povertà materiale e spirituale”, contribuendo alla crescita della fraternità e della pace.

    “Durante questo Tempo pasquale, nel quale la Chiesa ci invita a rendere grazie per la misericordia di Dio e per la nuova vita che abbiamo ricevuto dal Cristo risorto - afferma ancora - prego affinché possiate sperimentare la gioia che nasce dalla gratitudine per i molti doni del Signore e possiate servirlo negli ultimi dei suoi fratelli e sorelle”, sottolineando che l’opera della "Papal Foundation" è soprattutto “una solidarietà spirituale con il successore di Pietro” e chiedendo, quindi, di continuare a pregare per il suo ministero, per i bisogni della Chiesa, e “particolarmente perché le menti e i cuori si convertano alla bellezza, alla bontà e alla verità del Vangelo”.

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    Il Papa riceve il premier del Mozambico: impegno della Chiesa per pace e sviluppo

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto oggi in udienza, in Vaticano, il primo ministro del Mozambico, Alberto Clementino Vaquina. Durante il cordiale colloquio, riferisce un comunicato della Sala Stampa, il primo ministro ha rinnovato al Santo Padre “le felicitazioni del popolo mozambicano per la Sua elezione al Soglio Pontificio”. Si è inoltre espresso “compiacimento per le buone relazioni esistenti tra la Santa Sede e il Mozambico, ulteriormente consolidate dall’Accordo bilaterale fra le Parti, firmato il 7 dicembre 2011 e ratificato lo scorso anno”. In particolare, prosegue la nota, ci si è soffermati sul “contributo positivo della Chiesa cattolica alla pace e allo sviluppo del Paese, soprattutto attraverso le sue opere educative, caritative ed assistenziali”. Infine, conclude la nota, “sono state brevemente passate in rassegna alcune sfide e problematiche che attualmente interessano l’Africa australe”.

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    Papa Francesco: ascoltare Dio e seguire la strada di Gesù ci rende liberi e felici

    ◊   Ascoltare Dio ci rende liberi e ci dona quella felicità che “le proposte del mondo” non possono garantire. E’ quanto ha affermato Papa Francesco questa mattina, durante la Messa presieduta nella Cappellina della Casa Santa Marta alla presenza di alcuni dipendenti dell’Osservatore Romano. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    “Obbedire a Dio – ha affermato il Papa - è ascoltare Dio, avere il cuore aperto per andare sulla strada che Dio ci indica. L’obbedienza a Dio è ascoltare Dio. E questo ci rende liberi”. Obbedire al Signore significa ascoltare la sua voce, come ha fatto Pietro, che, rivolgendosi ai farisei e agli scribi, ha detto: “Io faccio quello che mi dice Gesù, non quello che voi volete che io faccia”. “Nella nostra vita - ha aggiunto Papa Francesco - sentiamo anche cose che non vengono da Gesù, che non vengono da Dio”. “Le nostre debolezze, a volte, ci portano su quella strada” o in un altro percorso – ha aggiunto – che prevede un duplice orientamento, una sorta di “doppia vita”, alimentata da “quello che ci dice Gesù” e da “quello che ci indica il mondo”. Ma cosa succede - ha chiesto il Pontefice - quando ascoltiamo Gesù? A volte quelli che fanno l’altra proposta, legata alle cose del mondo, "si infuriano" e la strada finisce nella persecuzione. Molti ascoltano quello che Gesù chiede loro, tanti sono perseguitati. Molti con la loro vita testimoniano la volontà di obbedire a Dio, di percorrere la strada che Gesù indica loro.

    E’ questa la meta – ha spiegato Papa Francesco - alla quale oggi la Chiesa ci esorta con questa Liturgia: “Andare per la strada di Gesù”. Si tratta di non sentire le proposte del mondo, “proposte di peccato” o di compromesso che ci allontanano dal Signore. “Questo non ci renderà felici”. L’aiuto per percorrere la strada indicata da Gesù e per obbedire a Dio possiamo trovarlo nello Spirito Santo. “E’ proprio lo Spirito Santo – ha detto il Santo Padre - che ci dà forza per andare”, per proseguire lungo questo cammino. Nostro Padre – ha affermato – “ci dà lo Spirito, senza misura, per ascoltare Gesù e andare per la strada di Gesù”. Ma dobbiamo essere coraggiosi in questo, chiedere “la grazia del coraggio”, il coraggio di dire: “Signore, sono peccatore, alle volte obbedisco a cose mondane ma voglio obbedire a Te, voglio andare per la Tua strada”. Chiediamo questa grazia di andare sempre per la strada di Gesù. E quando non lo facciamo – ha concluso il Papa - chiediamo perdono: “Il Signore ci perdona, perché Lui è tanto buono”.

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    Papa Francesco ai senza dimora di Roma: pregate per me, sono a vostra disposizione

    ◊   “Vi ringrazio per il vostro gesto di vicinanza e di affetto. Il Signore vi ricompensi abbondantemente”. Così, Papa Francesco ha voluto salutare gli Ospiti dei Centri della Caritas di Roma con una lettera inviata al direttore, mons. Enrico Feroci. “Vi ringrazio – si legge nella lettera, pubblicata sul sito web della Caritas romana - anche perché pregate per me, e vi invito a continuare a farlo poiché ne ho molto bisogno. Sappiate che vi porto nel mio cuore e che sono a vostra disposizione”. Gesù, conclude, “vi benedica e la Santa Vergine vi protegga. Fraternamente, Francesco”. Il Santo Padre saluta dunque così i senza fissa dimora che, sempre attraverso mons. Feroci, gli avevano inviato lo scorso 27 marzo un messaggio di benvenuto. La lettera era stata consegnata al Santo Padre personalmente dal direttore della Caritas, durante un incontro di Papa Francesco con alcuni sacerdoti romani al termine della Messa Crismale.

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto, stamani, in udienza i presuli della Conferenza Episcopale della Toscana, in Visita “ad Limina Apostolorum”.

    In Giamaica, il Santo Padre ha nominato Vescovo di Montego Bay il Reverendo Burchell Alexander McPherson, finora Parroco di St. Peter and Paul, a Kingston.

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    Fondazione "Centesimus Annus": annunciati i vincitori del Premio “Economia e Società”

    ◊   Sono due i vincitori della prima edizione del concorso internazionale di economia voluto dalla Fondazione Centesimus Annus per promuovere la conoscenza della Dottrina Sociale della Chiesa Cattolica. Si tratta del gesuita Julio Luis Martínez, rettore della Pontificia Università Comillas in Spagna, e dell’economista Stefano Zamagni, docente all’Università di Bologna. Il risultato ex aequo è stato presentato in Sala Stampa vaticana dal cardinale Domenico Calcagno, presidente dell’Apsa, l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica; da mons. Giuseppe Antonio Scotti, membro della giuria del premio; e da Domingo Sugranyes Bickel, presidente della Fondazione Centesimus Annus-Pro Pontifice. Il servizio di Fausta Speranza:

    Cerimonia di premiazione il 24 maggio, in apertura del convegno che farà il punto sull’attività della Fondazione Centesimus Annus a 20 anni dalla nascita. La Fondazione, infatti, nasceva nel 1993 ispirandosi all’Enciclica di Giovanni Paolo II del ’91. Criteri e metologia del Premio nelle parole di mons. Giuseppe Antonio Scotti:

    “La grave crisi economica rende evidente a tutti quanto questo pensare all’economia sia indispensabile per dare speranza e futuro a tutti. Papa Francesco ci ricordava, qualche giorno fa: ‘Non fatevi rubare la speranza!’ E come facciamo, a non farci rubare la speranza? Cioè, siamo noi che dobbiamo aiutare i nostri amici a non rubarci la speranza! Questo Premio, in fondo, dice: ‘Io premio non quello studioso; premio quel libro – attenzione: quel libro! – perché quel libro aiuta il lettore a non perdere la speranza, a non farsi rubare la speranza. Ecco, la metodologia è proprio questa: premiare quei libri che il grande pubblico, quello non esperto, può leggere con piacere”.

    L’obiettivo è coniugare etica e economia. Ancora mons. Scotti:

    “L’economia non è semplicemente il prodotto di uno più uno uguale due; l’economia ha una dimensione morale. Nasce ecco, con la Rerum Novarum, se volete, nasce la cosiddetta Dottrina Sociale della Chiesa. La Centesimus Annus, nel 1991, riprende il grande filone di riflessione dei Papi. La Fondazione Centesimus Annus vuol tentare di aiutare la società a capire sempre di più che non bastano le dimensioni economiche in senso stretto, ma occorre una dimensione etica, se si vuole ragionare di economia. L’economia senza l’etica non è possibile”.

    Guardando ai testi premiati, quello di Padre Martínez, (Ciudadanía, migraciones y religión. Un diálogo ético desde la fe cristiana, Madrid, San Pablo 2007) affronta in particolare il tema dell’immigrazione, come spiega il cardinale Domenico Calcagno:

    “L’opera evidenzia come in un’epoca di tramonto della moderna sovranità delle nazioni, il fenomeno migratorio richieda una ri-comprensione sia dell’idea di cittadinanza, sia del rapporto tra religione e politica. Essere cittadino, avere una patria fa tradizionalmente parte della propria identità. Ma cos vuol dire, oggi, essere cittadino in un’epoca multiculturale, dove le popolazioni si mescolano? Come entrare in dialogo con lo straniero senza perdere il proprio volto? Come rapportarsi con lui, con la sua religione che spesso non è quella del Paese di immigrazione, senza cadere nel relativismo? Padre Martínez è convinto che la Dottrinal Sociale della Chiesa possa offrire un aiuto reale, anzi, un contributo indispensabile per rispondere adeguatamente a tali interrogativi”.

    Il testo del prof. Zamagni (L’economia del bene comune - Roma, Città Nuova 2007) mira innanzitutto ad allargare l’orizzonte delle categorie con le quali si ragiona di economia:

    “Propone di allargare l’orizzonte delle categorie fondamentali che ci permettono di comprendere l’attività economica. A fronte di un modello dominante, che riduce gli attori principali della vita economica al mercato e allo Stato, Zamagni argomenta presentando un terzo ambito di valori, comprendenti la solidarietà, lo spirito di intrapresa, la simpatia che non possono essere realizzati né dallo spirito di efficienza, né dalla ricerca della giustizia. In questo libro, Zamagni ritiene perciò necessario che possa affermarsi, entro il mercato e non al di fuori o contro di esso, uno spazio economico formato da soggetti il cui agire sia ispirato al principio di solidarietà”.

    Resta da dire che il premio sarà assegnato ogni due anni e che consiste in 50 mila euro che nella prima edizione saranno divisi tra i due vincitori.

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    In Vaticano, seminario sulle cellule staminali adulte e la medicina rigenerativa

    ◊   È iniziata oggi e proseguirà fino a sabato 13 aprile la seconda conferenza sul tema “Medicina rigenerativa: cambiamento fondamentale nella scienza e nella cultura”. Promossa dal Pontificio consiglio della Cultura, la conferenza affronterà il tema della ricerca sulle cellule staminali adulte e degli importanti risultati già raggiunti in questo campo. Sull’inizio dei lavori ascoltiamo, al microfono di Fabio Colagrande, mons. Tomasz Trafny, del dipartimento scientifico del Pontificio consiglio della Cultura:

    R. – La prima parte è stata dedicata ai saluti rivolti sia dal cardinale Ravasi, presidente del Pontifico Consiglio della Cultura, sia dal presidente della Pontifica Accademia per la Vita, mons. Ignacio Carasco de Paula, che hanno sottolineato soprattutto due aspetti. Prima di tutto, la necessità di aprire una finestra di ricerca interdisciplinare, dove le scienze naturali possano anche incontrarsi con le scienze umane e possano scambiare le esperienze e il sapere. Secondo momento importante: la medicina rigenerativa e le tecnologie legate al protocollo delle cellule staminali adulte hanno fatto enormi progressi. La Chiesa deve avere interesse per questo delicatissimo e complesso campo di ricerca, perché si tratta di persone che all’interno del nostro agire pastorale ci sono forse più vicine o, meglio, con cui abbiamo più a che fare, cioè coloro che soffrono, che sono affetti da malattie, comprese le pesanti malattie degenerative.

    D. – E’ da cinque anni che prosegue l’intensa collaborazione tra il Pontificio Consiglio della Cultura, di cui lei fa parte, e la società Neostem, tra la Fondazione vaticana "Stoq" e la Stem for Life Foundation. Perché è nata questa collaborazione e perché il vostro dicastero ha scelto di indagare proprio questa ricerca?

    R. – Il nostro impegno riguarda soprattutto l’adempimento della missione del Pontificio Consiglio della Cultura: il dialogo con tutte le espressioni della cultura contemporanea, comprese le scienze naturali. Oggi proseguiamo il nostro cammino su diversi aspetti e la medicina rigenerativa è uno dei grandi saperi della scienza contemporanea, che avrà un impatto sociale, culturale, antropologico, filosofico, per poter dire qualcosa di valido. Prima dobbiamo davvero ascoltare coloro che fanno la ricerca di eccellenza. Questa è la motivazione per cui abbiamo pensato di approfondire questo tema così particolare.

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    50.mo “Pacem in terris”. Il card. Turkson: provvidenziale legame tra Enciclica e Papa Francesco

    ◊   L’11 aprile di 50 anni fa, Giovanni XXIII firmava la Pacem in Terris, enciclica profetica sulla pace. In occasione di questo importante anniversario, il cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, ha tenuto una relazione al convegno “Peacebuilding 2013: 50 anni della Pacem in Terris” in corso presso la Catholic University of America di Washington, negli Stati Uniti. Il servizio di Stefano Leszczynski:

    Intervenendo al Convegno dedicato al 50 anniversario della Pacem in Terris, il cardinale Peter Turkson ha sottolineato il provvidenziale legame tra il messaggio intrinseco di questa Enciclica e l’apprensione di Papa Francesco nei confronti della dilagante povertà. “Le questioni della guerra e della pace – ha ribadito il porporato - vanno lette nel contesto della solidarietà per i poveri e nel piano della creazione”. L’impegno della Santa Sede nel contrasto della corsa agli armamenti e nel favorire la costruzione della pace, ha sottolineato – si è dispiegato incessantemente in tutti i contesti internazionali e nel corso di tutte le crisi dell’era contemporanea. In particolare, il cardinale Turkson ha tracciato una tragica analogia tra la crisi nucleare degli Anni ‘60, che ha raggiunto il proprio apice con la crisi dei missili a Cuba, e l’emergenza nucleare che il mondo affronta nuovamente oggi. Adesso come allora valgono per il cardinale Turkson le parole pronunciate da Giovanni XXIII all’apertura del Concilio Vaticano II con il discorso “Gaudet Mater Ecclesia”: le ragioni dei conflitti risiedono nel rifiuto di Cristo, nei pericoli rappresentati da un’eccessiva fiducia nel progresso tecnologico e in una filosofia del benessere basata esclusivamente sul consumismo.

    Per contrastare la povertà, ha rammentato il presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace che guidò nel 2010 la delegazione della Santa Sede presso le Nazioni Unite per discutere degli Obiettivi del Millennio e della possibilità di sradicare la povertà entro il 2015, è necessario ricorrere all’istruzione per trasformare i poveri da bisognosi in risorsa. Una buona guida per comprendere a fondo il senso e l’attualità della Pacem in Terris è il compendio della Dottrina sociale della Chiesa, che il porporato invita a studiare in maniera più approfondita. Sono infatti le persone di buona volontà, gli uomini e le donne, primi destinatari dell’Enciclica di Giovanni XXIII a doversi fare promotori, prima ancora che beneficiari, della pace. E’ attraverso l’osservanza dei diritti e dei corrispondenti doveri, che spettano alle persone fin dalla creazione e per natura, che l’obiettivo della pace può essere perseguito: primo tra tutti il diritto alla vita e il corrispondente dovere di difenderla.

    “Fa’ di me uno strumento della pace”: il porporato è ricorso all’esempio non casuale della preghiera di San Francesco d’Assisi per illustrare come l’intero corpo ecclesiale aneli a divenire un canale per la costruzione della pace nel mondo. Lo stesso Papa Francesco – ha rammentato il cardinale Turkson – ha illustrato le tre caratteristiche del ‘Poverello di Assisi’ – l’amore per i poveri, la lotta per la pace per la quale la verità è elemento fondamentale, e la custodia del Creato – quali pilastri per la costruzione della pace nel mondo attuale. Anche il dialogo interreligioso e con i non credenti è fondamentale - ha spiegato - per la costruzione di solidi legami di amicizia tra i popoli. La Risurrezione del Cristo, ha concluso il cardinale Turkson, la misericordia e l’amore di Gesù hanno il potere di trasformare le vite degli uomini e di far fiorire la pace.

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    50.mo "Pacem in terris". Mons. Capovilla: Papa Roncalli mostrò che la pace non è un'utopia

    ◊   Un “grande giorno” per la Chiesa e per tutta l’umanità. Così, mons. Loris Capovilla, definisce l’11 aprile del 1963, giorno in cui Giovanni XXIII firmò la Pacem in Terris, l’Enciclica che ha chiamato tutta l’umanità ad impegnarsi per la pace e la collaborazione dei popoli. Mons. Capovilla, che di Papa Roncalli fu il segretario particolare, ricorda al microfono di Laura De Luca lo spirito con cui nacque l’Enciclica:

    R. - Fu un grande giorno per la Chiesa cattolica e per tutta l’umanità, perché fu il primo documento che - per ispirazione del Signore - Papa Giovanni inviò non solo ai cardinali, patriarchi, arcivescovi, vescovi, ma - per la prima volta - a tutti gli uomini e donne di buona volontà! Pacem in Terris, l’ultima Enciclica di Giovanni XXIII, è l’estremo servizio e l’estrema testimonianza di un padre che si rivolge alla famiglia umana, invitando tutti gli uomini a riconoscersi figli di Dio. Quell’insegnamento suscitò enorme impressione e venne accolto come il testamento che il padre saggio e illuminato, destinava alla famiglia umana lacerata da interessi contrastanti e da avversioni insensate e talvolta implacabili. Papa Giovanni disse in questa Enciclica: “Di mio, c’è innanzi tutto l’esempio che volli dare nel corso della mia vita su indicazione del piccolo libro della mia giovinezza, L'imitazione di Cristo; l’uomo pacifico fa più bene che l'uomo istruito”. Egli non si arrogava titoli quali maestro, riformatore, "magico risolutore" dei problemi sollevati dalla drammatica situazione del mondo, pago di assolvere il suo primo dovere di catechizzare con amore di camminare accanto a tutti i suoi simili che ascoltava ed ammoniva. Promosse, senza alcun dubbio, un’azione capillare per sostenere contro l’istinto bellicoso la possibilità della pace. Si direbbe l’ineluttabilità della pace. Ci vorranno anni, secoli se volete, ma questo non ha importanza, il tempo non è nostro! L’importante è che noi non coltiviamo un’utopia, ma una sicurezza, una speranza; la speranza evangelica che un bel giorno gli uomini aboliranno la violenza e insieme collaboreranno! Penso ad alcune espressioni del Pontificato di Papa Francesco: cammineranno insieme, costruiranno insieme e insieme confesseranno l’onnipotenza, la bontà, la misericordia e l’amore di Dio.

    D. - Coscienza della libertà, della collaborazione, della fraternità e dalla pace, che andavano inevitabilmente insieme... di questo Papa Giovanni era lucidamente consapevole …

    R. - Uno dei tre segni dei tempi segnalato in apertura dell’Enciclica è l’aspirazione ardente di tutti i popoli, dei piccoli o dei grandi, di tutti, alla collaborazione, all’integrazione. Lo stesso Papa all’inizio del suo Pontificato quando gli hanno chiesto: “Ma lei è italiano? Ha girato tutta l’Italia, poi è stato in Bulgaria, in Grecia, in Francia… Lei ha girato l’Africa settentrionale, ha visitato tutta l’Europa. Dove si è trovato meglio?” E lui: “Prima di tutto, nel mio piccolo paese natale, di contadini, di lavoratori della terra, ma poi nella mia vita, dovunque ho messo piede, ho messo anche il mio cuore, perché tutto il mondo è la mia famiglia!"

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Lotta alla povertà materiale e spirituale: udienza del Pontefice alla Papal Foundation.

    L’obbedienza è ascolto che rende liberi: Messa del Papa a Santa Marta.

    Convegno internazionale a Bergamo su Giovanni XXIII e Paolo VI tra fede e amicizia: in cultura, il cardinale Walter Kasper su interpretazione e ricezione del Vaticano II e Roberto Morozzo della Rocca sull’attività diplomatica di Roncalli e Montini durante la seconda guerra mondiale.

    Sull’incontro tra arte e trascendente, un testo di Bruno Luiselli dal titolo “Se è poetico è anche religioso”.

    Tribunale di grazia e misericordia: nell’informazione religiosa, il reggente della Penitenzeria apostolica, Krzysztof Jozef Nykiel, sull’intervento della Chiesa nel perdono dei peccati.

    In rilievo, nell’informazione internazionale, migliaia di civili in fuga dal Darfur a causa dei sanguinosi combattimenti tra l’esercito sudanese e i ribelli.

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    Oggi in Primo Piano



    Siria: 57 morti a Daraa. Tragica testimonianza di mons. Audo, vescovo caldeo di Aleppo

    ◊   Ancora una giornata di sangue in Siria. Un’incursione dell’esercito fedele al presidente Assad nella provincia meridionale di Daraa ha provocato 57 morti, tra cui si contano almeno 6 bambini e 7 donne. A riferirlo l'Osservatorio siriano per i diritti umani. I raid, in cui sono state rase al suolo molte case, sono una rappresaglia contro i militari che, ieri, si erano ammutinati per unirsi ai ribelli. I disertori, infatti, si erano rifugiati nei due villaggi distrutti. Drammatica la situazione pure ad Aleppo; in quella che una volta era la capitale economica del Paese, oggi si vive una situazione di estrema povertà, come racconta il vescovo caldeo della città, mons. Antoine Audo, presidente di Caritas Siria. L’intervista è di Salvatore Sabatino:

    R. - Non c’è lavoro. La gente è diventata povera. Tutto è caro, c’è la guerra tutto intorno. E tutto questo provoca costernazione e amarezza nella gente. In questo contesto, questo pomeriggio celebreremo una Messa con tutti i sacerdoti della parrocchia di Cheikh Maksoud, con i vescovi, con tutti quelli che lavorano con la Caritas, per dare questa testimonianza di solidarietà per far capire che siamo uniti in un atteggiamento di comunione e di attenzione.

    D. - Lei ha parlato di Cheikh Maksoud, che è un quartiere a maggioranza cristiana. Purtroppo ci sono dei problemi seri per i cristiani in questo momento che stanno fuggendo via…

    R. - Tutti hanno lasciato questo quartiere che si trova in collina, non lontano da noi. Sono venuti al centro della città con le loro famiglie. C’è un gruppo di frati che hanno un convento, hanno avuto una grande scuola, e ci sono gruppi di volontari che si prendono cura di loro. Ognuno fa quello che può!

    D. - In questi momenti di grande crisi e difficoltà, c’è anche evidentemente uno spirito di solidarietà tra la gente, che si aiuta…

    R. - Sì. Tutti fanno gesti di generosità. I più poveri sono quelli che hanno una sensibilità maggiore nell’aiutare quelli che sono più poveri di loro. E questa è veramente una bella testimonianza. Per me, è la più importante!

    D. - Lei è presidente di Caritas Siria. So che siete molto impegnati nell’aiutare la popolazione…

    R. - Sì. Insieme all’aiuto delle altre Caritas nel mondo, possiamo organizzare progetti per distribuire cibo, medicine e per aiutare - chi non può permetterselo - a pagare la casa. Ci sono gruppi di volontari che lavorano con uno spirito molto positivo. Quando in Siria si parla di Caritas, la gente mostra un rispetto profondo verso questa organizzazione, perché sa che è la presenza della Chiesa cattolica al servizio di tutti, non solo dei credenti, ma per tutti quelli che hanno bisogno. Per loro, la Chiesa cerca di essere presente.

    D. - So che ci sono anche problemi per quanto riguarda le cure, gli ospedali. Molti medici sono stati costretti a fuggire sotto minaccia…

    R. - È veramente un dramma. Due giorni fa ero in visita alle suore di San Giuseppe, che ad Aleppo hanno un ospedale molto importante. Mi hanno riferito che non c’erano più medici, perché, sotto minaccia, sono stati costretti ad andare fuori dalla Siria. È un vero problema. Abbiamo bisogno di questi medici specialisti, che sono obbligati a partire perché hanno paura di essere rapiti o uccisi.

    D. - Vuole lanciare un appello attraverso la Radio Vaticana?

    R. - Prima di tutto un ringraziamento per tutti quelli che pensano a noi che si adoperano per noi. Tutta la Chiesa, attraverso il mondo, prega. Anche il Santo Padre ha parlato della Siria il giorno di Pasqua. Tutti questi gesti ci aiutano molto. Non perdiamo la speranza per la pace! Cerchiamo di fare il possibile perché i cristiani in Siria e nel mondo rimangano un segno di speranza per la pace e la riconciliazione!

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    Movimenti di missili in Nord Corea: Seul e Washington alzano livello di allerta

    ◊   Sempre in allarme la comunità internazionale per la crisi nordcoreana al centro anche del G8 di Londra. Secondo fonti della Corea del Sud e giapponesi, Pyongyang ha spostato le rampe di lancio dei missili Musudan, indicando la possibilità di un lancio imminente. E mentre Seul e Washington hanno elevato di un grado il livello di allerta militare, resta aperto solo al traffico merci il valico di frontiera tra Cina e Corea del Nord. Ma quali intenzioni si possono celare dietro queste provocazioni, vista la sproporzione degli armamenti tra le parti in campo? Marco Guerra lo ha chiesto al prof. Maurizio Riotto, docente di cultura coreana all’Università Orientale di Napoli:

    R. – La cosiddetta escalation è un chiaro messaggio agli Stati Uniti per cercare di convincere finalmente Obama a fare ciò che la Corea del Nord richiede almeno dalla metà degli anni ’70 e cioè "colloqui a due", perché si possa arrivare a una pace almeno con Washington e stabilizzare un po' la penisola. Perché gli Stati Uniti hanno sempre rifiutato? Perché esiste con molta probabilità un "patto" fra gli Stati Uniti e la Cina mirato a mantenere lo status quo...

    D. - In passato le provocazioni sono state risolte con l’invio di derrate alimentari…

    R. - Sotto Kim Jong Il, il padre dell’attuale leader, c’era stato un notevole miglioramento delle relazioni con gli Stati Uniti. Si era giunti ad un accordo vantaggioso, molto favorevole, con il quale gli Stati Uniti si impegnavano a costruire due reattori ad acqua leggera. Si possono inviare tutte le derrate alimentari del mondo però vale il proverbio per cui se a uno dai un pesce mangia un giorno, se gli dai una canna da pesca riesce a mangiare per tutta la vita. Poi con l’amministrazione Bush è cambiato tutto, la Corea del Nord è stata inserita nei Paesi dell’"Asse del male". Io credo che non sia solo una questione di aiuti alimentari. In questo momento la Corea del Nord vuole qualcosa di stabile e soprattutto un’assicurazione di sopravvivenza non tanto del regime ma quanto proprio dell’identità stessa della Corea del Nord che rischia di fare la fine del Tibet. Per me, il vero nemico della Corea del Nord non sono gli Stati Uniti, semmai è la Cina, ma d’altra parte se continua a essere isolata dall’Occidente vorrà dire essere spinti inesorabilmente, in maniera sempre più stretta, nelle braccia dei cinesi...

    D. – Le poche notizie che filtrano dal Paese parlano di mercati clandestini e razioni alimentari che scarseggiano…

    R. – Dobbiamo renderci conto che la Corea del Nord è un Paese assediato e come tutti gli assedi si conduce soprattutto per fame. Allora, siamo in attesa della capitolazione, perché basterebbe a questo punto che la Cina decidesse di chiudere il rubinetto e la Corea del Nord sarebbe assolutamente disperata. Però, non si vuole arrivare a tanto, ecco perché questa realpolitik: se Pyongyang fosse messa con le spalle al muro, non si sa come potrebbe reagire. Chiaramente le razioni alimentari vanno soprattutto a vantaggio di coloro che possono difendere il Paese, in questo caso l’esercito, quindi è chiaro che ci si trova in una situazione difficile.

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    Ue: lavoro a picco. Protestano i sindacati: attacco ai diritti sociali

    ◊   Allarme rosso per l’occupazione in Europa. L’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil) denuncia il pauroso aumento dei senza lavoro nei Paesi dell’Ue: 26 milioni e 300 mila nel febbraio di quest’anno, quando il tasso di disoccupazione - secondo dati Ocse - ha raggiunto il 12 per cento, crescendo ulteriormente rispetto all’11,4 per cento, registrato in media lo scorso anno dalla Banca Centrale Europea. Roberta Gisotti ha intervistato Luca Visentini, segretario confederale del Ces, la Confederazione dei sindacati europei, che ha sede a Bruxelles, che riunisce 85 organizzazioni del lavoro, in 36 Paesi europei:

    D. – Dott. Visentini, è giusto dare la colpa solo alla crisi economico-finanziaria, piuttosto che non alle politiche europee e governative per contrastare tale crisi?

    R. – Diciamo che le politiche europee sono andate nella direzione sbagliata. Questa austerità e queste misure non sono riuscite ad incidere sugli effetti che la crisi ha avuto sul mercato del lavoro europeo, come invece le politiche – per esempio – degli Stati Uniti, della Federal Reserve, la Banca centrale degli Usa, sono riuscite a fare, perché sono andate in una direzione completamente diversa: non quella dell’austerità, ma quella degli investimenti e del rilancio della domanda interna.

    D. – A dire il vero, se la colpa originaria della crisi globale sono state le banche e le scellerate pratiche finanziarie, le conseguenze – bisogna dire – non sono però ricadute sui soggetti responsabili, anzi sono ricadute soprattutto sui lavoratori …

    R. – La maggior parte degli Stati si sono indebitati per far fronte alla crisi delle banche, per cercare di salvare gli istituti di credito e questo ha generato anche tutta questa discussione sui debiti pubblici in Europa: crescenti, ingovernabili per certi aspetti … e quindi poi le politiche di austerità sono state messe in campo per risolvere il problema dei debiti pubblici, invece di concentrarsi su quello che avrebbe dovuto essere la priorità, e cioè il fatto che la crisi derivava dalla finanza ‘allegra’ e dalla finanziarizzazione dell’economia, da queste bolle speculative che avevano caratterizzato tutta la crescita economica degli ultimi 10-12 anni. Le conseguenze della crisi finanziaria si sono trasformate in crisi economica e questa crisi economica ha colpito i lavoratori, i cittadini generando povertà, disoccupazione, tagli ai salari, tagli ai posti di lavoro e così via, perfino nella Pubblica amministrazione. Quindi, quello che noi diciamo è che queste politiche devono essere profondamente cambiate.

    D. – Perché le banche, le cui casse sono state rimpinguate dai contributi della Banca Centrale Europea oltre che da quelli governativi, continuano a negare – specie in Italia – i necessari crediti all’impresa per la ripresa dell’economia e, se non alla creazione di nuovi posti di lavoro, almeno al mantenimento di quelli che c’erano?

    R. – Le banche continuano a negare il credito perché non hanno i soldi. Il problema è che siccome hanno speculato e si sono "riempite le pance" di titoli tossici e di derivati e di prodotti a rischio della finanza internazionale, l’intervento di salvataggio nei confronti di queste banche è servito semplicemente a ricapitalizzarle e a riportarle in una situazione di precario equilibrio. Quindi, la verità è che purtroppo nonostante questi salvataggi, nonostante che tutte queste risorse siano state spese per le banche e sottratte agli investimenti, le banche non sono in grado, evidentemente, di far fronte alla crisi del credito, che investe le imprese e anche le famiglie. Il punto è che bisognerebbe cercare di spostare il tiro: bisogna da un lato abbandonare le politiche di austerità e dall’altro canto cercare di mutualizzare il debito pubblico a livello europeo, introdurre gli Eurobond – gli europroject bond – perché questi sono gli unici strumenti che possono effettivamente generare risorse nuove e quindi realizzare investimenti all’interno del nostro continente.

    D. – L’Organizzazione internazionale del lavoro indica, tra le soluzioni, anche di dire basta al ribasso sui salari …

    R. – Questo è uno dei punti dolenti, perché si è pensato che l’unica leva, l’unico spazio di manovra fosse quello di ridurre i salari e il potere d’acquisto dei lavoratori e quindi anche poi tutti gli strumenti di sostegno sociale … E’ stata messa in campo, cioè, una campagna pesantissima di distruzione e destrutturazione della contrattazione collettiva nei posti di lavoro, del ruolo delle parti sociali in questa contrattazione collettiva, di attacco ai salari minimi laddove questi esistevano per legge … E quindi, c’è stato proprio un abbassamento complessivo dei salari, delle retribuzioni dei lavoratori, delle pensioni e, in generale, del potere d’acquisto delle fasce più deboli della popolazione. Questo è stato, secondo noi, un errore gravissimo perché ha comportato ulteriore recessione. Noi, ovviamente, non stiamo zitti, non stiamo silenti, cerchiamo di reagire a questa "guerra" che si è sviluppata e scatenata nei confronti dei diritti sociali e dei diritti sindacali. Adesso abbiamo lanciato anche una vera e propria piattaforma a livello europeo che si chiama “Patto sociale per l’Europa”, nella quale tentiamo di riequilibrare queste politiche, cerchiamo di lanciare un’idea diversa di governance economica… Paradossalmente, perfino il Parlamento europeo che dovrebbe essere l’organismo di massima rappresentanza democratica dei cittadini europei a livello comunitario, continuamente viene messo nell’angolo, da parte in particolare dalla Commissione europea, ma soprattutto dal Consiglio europeo, cioè dalla sommatoria dei governi. Non è un caso che il Parlamento europeo, poche settimane fa, a Strasburgo, abbia deciso di rigettare il bilancio europeo 2014-2020: i governi hanno deciso di tagliare il bilancio europeo del 20%-30% e quindi di tagliare gli investimenti per far ripartire l’economia. Una decisione masochistica, totalmente irrazionale, schizofrenica che il Parlamento europeo, insieme alle parti sociali, ha fortemente criticato. Questo, secondo noi, è un primo segnale importante del fatto che alcune istituzioni europee, per fortuna, stanno reagendo.

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    Giornata Mondiale del Parkinson: puntare su informazione e assistenza

    ◊   Si celebra oggi la Giornata mondiale del Parkinson, nel giorno della nascita dello scienziato James Parkinson che per primo individuò e studiò questa grave patologia. Attualmente, sono circa un milione e duecentomila i malati di Parkinson in Europa, oltre 200 mila in Italia. Sulla specificità di questa patologia e le possibilità di cura e assistenza, Eliana Astorri ha intervistato la dott.ssa Annarita Bentivoglio, ricercatore presso l'Istituto di neurologia del Policlinico Gemelli:

    R. - E’ una malattia neurodegenerativa, ovvero le basi patologiche risiedono nella degenerazione selettiva di un gruppo di cellule nervose che si trovano nella profondità del nostro cervello, in una zona chiamata “sostanza nera”. Queste cellule sono molto importanti per il controllo del movimento e quando ne perdiamo una grossa percentuale - superiore al 60-70% - iniziamo a sviluppare dei sintomi della malattia che James Parkinson ha descritto nel 1817. Questi sintomi consistono fondamentalmente in una triade, cioè in un gruppo di tre elementi: il più importante è il rallentamento e la povertà di iniziativa motoria; secondariamente viene il sintomo più riconoscibile, quello che le persone identificano più facilmente con la malattia, ovvero il tremore. Coinvolge più spesso le braccia - ancor più le mani - è un tremore asimmetrico e si verifica soprattutto a riposo, mentre quando poi le persone attivano mani e muscoli questo tremore lo vediamo attenuarsi, o addirittura svanire. Il terzo elemento sintomatologico importante è la rigidità: le articolazioni diventano più rigide e tutto questo insieme fa sì che le persone si muovano con più difficoltà, anche con qualche difficoltà nel programmare ed eseguire movimenti.

    D. - Si conoscono le cause?

    R. - La causa ultima non si conosce ancora, però negli ultimi anni abbiamo fatto dei progressi straordinari grazie a forme genetiche che pur rappresentando una minoranza - coinvolgono meno del 5% della popolazione affetta dalla malattia - sono dei “modelli” in cui noi stiamo scomponendo la malattia nelle singole proteine coinvolte nel processo degenerativo e stiamo comprendendo sempre più a fondo i meccanismi che portano alla degenerazione del sistema. Quindi, speriamo che in un futuro veramente vicino si possano tradurre in terapie che non siano solo sintomatiche - che vadano cioè a migliorare certamente la qualità di vita - ma che possano incidere anche sul processo patologico.

    D. - Dietro ad ogni malato di Parkinson, c’è un “caregiver”, un parente che se ne prende cura. Quali strumenti ha questa persona per affrontare i problemi a cui andrà incontro il malato?

    R. - La prima cosa, secondo me, è l’informazione: troppo spesso le persone ricorrono alla Rete, senza nessun filtro; vanno direttamente su Internet e raccolgono informazioni. Come tutti sappiamo, le informazioni che troviamo in Rete non sempre sono credibili, non sempre sono date da persone realmente competenti. Il mio invito è quello di rivolgersi sempre alle nostre figure di riferimento, a chi ha in cura il paziente, per avere informazioni. Credo che l’informazione, la cultura, sia fondamentale per chi assiste il paziente malato di Parkinson. Credo che il nostro sforzo negli anni futuri dovrà esser quello di rivolgerci proprio al “sistema-famiglia”, al “sistema-malato” con i suoi familiari, con i suoi “caregiver”, per offrire la possibilità di crescere insieme e di pensare ai bisogni di tutti, perché il “caregiver” non è solamente la persona che dà cura al malato, ma è anche un marito, una moglie, un figlio. Quindi, cercare di facilitare la comunicazione, la comprensione dei reciproci bisogni all’interno della famiglia, credo che migliori la qualità di vita in maniera sostanziale.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Egitto: cristiani e musulmani marciano insieme contro l'estremismo islamico

    ◊   "Fra cristiani e musulmani non vi è alcuna divisione, entrambe le comunità sono per l'unità di tutti gli egiziani". È quanto afferma all'agenzia AsiaNews Magdi Mina, 27 anni, portavoce del Maspero Youth Union, organizzazione per i diritti umani che opera nel Paese. Al grido "musulmani e copti mano nella mano per costruire una nuova alba" e "copti e musulmani sono figli dell'Egitto", oltre 5mila egiziani hanno manifestato martedì contro l'attacco alla cattedrale. L'attivista, fra gli organizzatori della marcia, racconta le recenti violenze avvenute lo scorso 7 aprile davanti alla cattedrale copta ortodossa di San Marco, e critica gli articoli comparsi in questi giorni che accusano i copti di aver attaccato per primi costringendo la polizia ad intervenire. "L'attacco - afferma - è stato lanciato da alcune persone che si sono infiltrate nel corteo funebre per i quattro cristiani morti in un precedente sconto nel sobborgo di al-Khosoos. I teppisti hanno iniziato a lanciare pietre e bombe molotov contro di noi. La polizia ha risposto lanciando lacrimogeni dentro la cattedrale, ma alcuni hanno sparato uccidendo due persone". Per Magdi Mina - riferisce l'agenzia AsiaNews - i Fratelli Musulmani, fra tutti il presidente Morsi, continuano a mentire sostenendo la loro completa estraneità ai fatti e dichiarando il loro appoggio morale ai cristiani. "Sappiamo - continua l'attivista - che molti dei loro affiliati hanno scritto articoli in cui affermano che sono stati i cristiani ad attaccare per primi. Io ero presente e non è andata assolutamente come alcuni giornali fanno credere". In protesta contro il regime, lo scorso 9 aprile diversi deputati cristiani si sono dimessi dal Consiglio della Shura a maggioranza islamista. Partita alle cinque del pomeriggio nel centro del Cairo, la marcia si è snodata fino al sagrato della cattedrale copta. L'evento è stato organizzato dal Maspero Youth Union e altri movimenti sorti dopo la rivoluzione. Alla manifestazione ha partecipato anche molta gente comune, soprattutto musulmani. Essi hanno scelto di scendere in piazza per mostrare la propria solidarietà ad amici, colleghi, vicini di casa cristiani. Uno di loro, Hisham el-Shazly, musulmano, afferma: "Ho giurato a me stesso che sarei sceso in piazza oggi. I miei vicini sono copti e non potevo non far vedere loro la mia faccia". L'uomo dichiara che "non ci sono argomenti che dividono cristiani e musulmani, tutti siamo abitanti di questo Paese. I cristiani non sono alleati dei musulmani, gli alleati possono andarsene, i cristiani sono come noi abitanti dell'Egitto. Ma questo regime sta cercando di dividere fratelli e sorelle, padri e figli". Secondo el-Shazly il regime vuole mettere le comunità una contro l'altra per guadagnare potere e mantenere il controllo sul Paese: "In questi giorni ho detto ai miei amici di aprire gli occhi perché non vi è alcuna differenza fra cristiani e musulmani". (R.P.)

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    Egitto: la Chiesa copto ortodossa chiede misure concrete dopo l'assalto alla cattedrale

    ◊   “Siamo stanchi di palliativi. C'è bisogno di misure concrete”. Così padre Makari Habibi, segretario personale del Patriarca copto ortodosso Tawadros II, ha dato ragione delle disposizioni richieste al governo islamista del Presidente Morsi per valutare la sua reale volontà di arginare i conflitti confessionali che negli ultimi giorni hanno provocato otto morti e l'assalto senza precedenti alla cattedrale copta del Cairo. “Chiediamo al Presidente” ha dichiarato padre Habibi alla agenzia statale turca Anadolu “che la legge si applichi a tutti, che si garantisca la sicurezza in tutto il Paese, che si realizzi in maniera integrale il principio di cittadinanza, che si modifichi il discorso religioso e che si insegni la storia copta nelle scuole”. Secondo il segretario di papa Tawadros “l'assenza di legislazione ha fatto sì che i copti siano trattati come cittadini di seconda classe”. L'emergenza di oggi - riferisce l'agenzia Fides - è il punto di arrivo di conflitti confessionali che hanno segnato già tutta l'era del regime di Mubarak. Secondo padre Habib, vanno perseguiti tutti coloro che incitano all'odio settario. E occorre garantire alla consistente minoranza copta una adeguata rappresentanza nelle istituzioni civili e politiche del Paese. “I copti costituiscono il 20% della comunità egiziana. Questo significa che abbiamo diritto a 100 dei 500 seggi del Parlamento e alla stessa percentuale nei ministeri, tra i governatori e tra i membri dell'esercito e della polizia” ha chiarito il sacerdote copto. In Egitto i turni elettorali per rinnovare la composizione del Parlamento inizieranno il prossimo 22 aprile e termineranno a giugno. A dicembre i senatori cristiani presenti nella Shura (la camera alta del Parlamento) erano 13 su 270. Nei mesi scorsi all'interno della Chiesa copta si erano levate voci contrarie all'ipotesi di riservare ai critiani copti delle “quote” nelle liste che entreranno in competizione alle prossime elezioni. (R.P.)

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    Bolivia: si apre l’Assemblea dei vescovi, al centro la missione permanente

    ◊   Lo stato sociale della nazione, la missione permanente, i social media: sono alcuni dei temi al centro della 95.a Assemblea ordinaria della Conferenza episcopale della Bolivia, che si è aperta oggi a Cochabamba. La Conferenza ha ricevuto un messaggio di Papa Francesco, letto dal nunzio apostolico, mons. Giambattista Diquattro. Il card. Julio Terrazas indirizzerà un messaggio ai vescovi del Paese e al popolo di Dio, in cui ricorderà la sua partecipazione al Conclave. I lavori sono aperti dal presidente della Ceb e vescovo castrense, mons. Oscar Aparicio. Secondo quanto ha riferito all'agenzia Fides mons. Eugenio Scalpellini, vescovo ausiliare di El Alto e Segretario generale della Ceb, i vescovi rifletteranno sugli eventi che hanno caratterizzato la vita sociale, politica ed economica del Paese dovranno affrontare anche il problema del traffico e del consumo di droga. “La nostra opinione sulle situazioni che si verificano nella realtà del Paese, non sono un'analisi politica ma una riflessione fatta dalla fede e alla luce del Vangelo”, ha ricordato il vescovo, aggiungendo: “Una Chiesa missionaria deve comunicare la verità, i valori ed essere guida nella formazione della coscienza nella società”. (D.M.)

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    Messico. Un casinò davanti alla Chiesa: il vescovo chiede il rispetto della legge

    ◊   Un casinò, che incoraggia i giovani al gioco d’azzardo e rischia – come in passato - di attirare organizzazioni criminali è stato aperto davanti a una chiesa a Cancún, in Messico. Come riferisce l'agenzia Fides, mons. Pedro Pablo Elizondo Cárdenas, vescovo della Prelatura Cancún-Chetumal, a Quintana Roo, ha avviato una battaglia legale contro il ‘Casinò Playboy’ per bloccarne il funzionamento e chiederne il trasferimento. La petizione della Chiesa si appella al fatto che il casinò si trova a meno di 200 metri da un luogo di culto e questo fatto è una violazione della legge. “Il casinò si trova all'interno dell'area vietata perché vicino a una scuola o una chiesa: ci appelliamo al testo della legge. Intanto abbiamo avviato il processo”, spiega il vescovo. Il casinò fu inaugurato nel 2010, ma in seguito venne chiuso per mancanza di misure di sicurezza. E’ stato riaperto nel novembre del 2012, e si trova di fronte alla Chiesa di Cristo Risorto. Sulla questione, il Tribunale locale si è dichiarato “non competente” e ha rimandato tutto al Tribunale del Distretto Federale. Secondo un primo rapporto riferito dalla stampa, la difesa afferma che “è la Chiesa che non dovrebbe essere sul posto”. A Cancún ci sono diversi altri casinò perché la zona è di affluenza turistica. In Messico, la Chiesa ha sempre condannato il collegamento fra narcotraffico, violenza, abuso di potere, gioco di azzardo e corruzione, che vanno a scapito della popolazione povera e sofferente. In molti casi la violenza è stata collegata ai casinò, ambienti dove spesso circolano malavitosi: tutti ricordano la strage avvenuta nella città di Monterrey, nel Nuevo Leon, che ha causato più di 50 morti in un casinò. La Chiesa e la società civile intendono soprattutto difendere i giovani dalle maglie del crimine organizzato. (D. M.)

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    Vietnam. Leader cristiano morto in carcere: vittima di percosse. I fedeli non credono al suicidio

    ◊   Si addensano sospetti sulla morte del leader cristiano della Chiesa evangelica vietnamita Hoang Van Ngai (noto anche come Vam Ngaij Vaj), scomparso il 17 marzo mentre era sotto custodia della polizia nel distretto di Dak Glong, provincia di Dak Nong. Come appreso dall’agenzia Fides, la versione ufficiale fornita dagli agenti è “suicidio tramite scossa elettrica”, che la famiglia della vittima contesta fortemente, affermando che l’uomo è morto in seguito a percosse e torture. Secondo i familiari, la moglie e la cognata di Ngai erano state arrestate il 14 marzo, per motivi tuttora da chiarire, senza alcun mandato di arresto. Ngai e suo fratello maggiore Hoang Van Pa erano finiti in carcere il giorno successivo ed erano detenuti in celle adiacenti. Alle 3.00 del mattino del 17 marzo, il fratello di Ngai ha udito rumori di un violento pestaggio provenienti dalla cella di suo fratello. Quando la polizia ha tratto Ngai fuori dalla sua cella, “era completamente inerte, come se fosse morto, con segni viola sulla gola”, racconta il fratello, testimone oculare. Il giorno dopo, la polizia ha annunciato la morte, sostenendo che l’uomo aveva “messo volontariamente le dita in una presa di corrente elettrica”. Come riferisce a Fides l’Ong “Christian Solidairty Worldwide” (Csw), Ngai, 38enne, apparteneva a una denominazione cristiana legalmente riconosciuta nel Paese, “la Chiesa evangelica del Vietnam del Sud”, ed è del gruppo etnico Hmong, notoriamente inviso alle autorità vietnamite. Fonti di Fides lo ricordano come “persona compassionevole e coraggiosa che ha aiutato i bisognosi”. Ngai aveva nemici tra i funzionari governativi, perché aveva più volte alzato la voce contro gli abusi di potere e si era rifiutato di pagare tangenti. La sua famiglia respinge con forza la tesi del suicidio, sottolineando che oltre 300 testimoni hanno visto il corpo di Ngai “con lividi e contusioni, tagli profondi e il cranio fracassato”, stigmatizzando che l'autopsia sia stata eseguita all’insaputa dei familiari. Per questo ha presentato una lettera al Capo della Polizia di Dak Nong, chiedendo un’approfondita indagine sul caso e la punizione per i responsabili del pestaggio. Secondo Csw“la vittima può esser morta in seguito alle torture subite mentre era in custodia della polizia. Sollecitiamo una indagine seria e misure per garantire il diritto alla libertà religiosa, al fine di prevenire ulteriori violazioni contro i credenti”. (R.P.)

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    India. Jharkhand: dopo 8 anni, torna libero missionario cristiano

    ◊   È tornato libero un missionario di Gospel for Asia, dopo otto anni passati in una prigione dell'India per false accuse di terrorismo. La scarcerazione di fratel Samuel - questo il suo nome - è avvenuta a metà marzo, ma la notizia è stata diffusa solo in questi giorni. Il religioso - riporta l'agenzia AsiaNews - era stato arrestato nel 2004 nello Stato del Jharkhand, con l'accusa di aver partecipato a disordini provocati dai naxaliti (guerriglieri maoisti), nei quali erano morti 19 poliziotti. Sebbene si sia sempre detto estraneo all'incidente, il pastore è stato imprigionato ed è rimasto vittima di numerosi rinvii processuali. Senza perdersi d'animo, fratel Samuel ha continuato a battersi per la sua innocenza e a proclamare la Parola di Dio anche all'interno del carcere. "Quando ho ricevuto la notizia della sua liberazione - dice K. P. Yohanna, fondatore e presidente di Gospel for Asia, organizzazione missionaria protestante che opera in India, Sri Lanka, Bangladesh, Bhutan, Myanmar e Nepal - ero molto emozionato. Gesù ci ha detto di non stupirci di simili persecuzioni, quando decidiamo di seguirlo. Eppure, mi sento sollevato perché le nostre preghiere hanno avuto ascolto". Tra udienze, appelli e ricorsi, il caso del missionario rimbalzano di anno in anno, tenendolo lontano dalla moglie e dalla sua unica figlia. Intanto, i poliziotti della prigione capiscono che è innocente, e gli danno il permesso di celebrare messa il venerdì e la domenica. A poco a poco, anche altri detenuti iniziano a scoprire Cristo. Nell'agosto 2010, una corte indiana ritira tutte le accuse contro il pastore, perché non vi sono prove della sua colpevolezza, né dei suoi legami con gli altri terroristi. Tuttavia, serve un'ultima udienza per ratificare in modo ufficiale il suo rilascio: la corte non si riunirà prima del marzo 2013, quasi tre anni dopo. "In quel periodo - ricorda il missionario - ero molto depresso, ma il Signore mi ha aiutato a comprendere che aveva un piano speciale per me in carcere. Dio mi ha sostenuto nel condividere l'amore di Gesù con gli altri detenuti. Attraverso il mio ministero, ho visto avvenire una trasformazione nelle loro vite". Durante i suoi otto anni di prigione, circa 20 carcerati hanno deciso di convertirsi al cristianesimo. "Fratel Samuel - sottolinea il fondatore di Gospel for Asia - è rimasto fedele nonostante la persecuzione, e questo ha colpito tanti in prigione che non avevano mai conosciuto l'amore di Cristo". (R.P.)

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    Thailandia: i cattolici celebrano la Giornata dell'anziano

    ◊   Il Festival dell'acqua, che secondo la tradizione segna l'inizio del nuovo anno in Thailandia e in altre nazioni del continente, quest'anno cade il 13 aprile e coincide con la Giornata nazionale dell'anziano. Per l'occasione, riferisce l'agenzia AsiaNews, mons. Chaiyara - vescovo di Ubon Ratchathani, nel nord-est, e presidente della Commissione episcopale thai per lo sviluppo sociale e il Dipartimento della sanità - ha inviato un messaggio ai fedeli in cui sottolinea l'importanza della "terza età" nella società e nella famiglia. In tutte le diocesi del Paese sono previsti eventi e celebrazioni, per rinsaldare i legami di parentela e rendere omaggio ai defunti onorandone la memoria. Nella lettera ai fedeli mons. Philip Banchong Chaiyara conferma il ruolo primario degli anziani nella Chiesa e nella società, all'intero della quale godono di profondo rispetto e ammirazione. I vertici dell'episcopato locale hanno lanciato un piano pastorale decennale (2000-2010) dedicato alla terza età, invitando i familiari a prendersi cura dei loro cari "sia a livello spirituale che fisico". Fra questi l'invito a farsi carico delle spese sanitarie, l'organizzazione di attività ricreative, un approfondimento della cura spirituale e la preparazione "con Fede e Speranza" al momento della morte. In occasione della festa, il prelato ricorda le direttive pastorali dell'episcopato thai per il quinquennio 2010-2015 che, fra i primi punti, annovera proprio "la missione di prendersi cura degli anziani". Esso viene attuato a livello nazionale, diocesano e parrocchiale perché "sia di aiuto nella crescita spirituale" e contribuisca ad affrontare "i rapidi cambiamenti" che si registrano sul piano sociale. Per tutto il fine settimana in Thailandia sono in programma eventi e manifestazioni per celebrare il Festival dell'acqua (il "Songkran Festival" in sanscrito) e la Giornata dell'anziano. Il 13 aprile al termine della messa si terrà il rito degli auguri rivolto dagli anziani ai giovani: ragazzi e ragazze riempiranno con acqua le mani degli ultrasessantenni che, a seguire, utilizzeranno la stessa acqua per benedirli e fare loro i migliori auspici per il nuovo anno. Il giorno successivo, invece, al centro della festa vi sarà proprio la famiglia. Per l'occasione, la tradizione vuole che studenti e lavoratori ritornino dai loro genitori, per un momento di riunione conviviale. Durante la festa si offre cibo ai monaci, perché preghino per le anime dei defunti, e si getta acqua beneaugurante sulle statue del Buddha. È costume anche liberare piccoli uccelli o pesci come gesto di purificazione da colpe passate. Secondo l'ufficio nazionale di statistica economica e sociale, la popolazione anziana in Thailandia è pari all'11,2% su un totale di 64 milioni di individui, con un tasso fra i più elevati di tutta l'Asia. Per questo la società thai è definita "società degli anziani" ed è in continua crescita. Solo nel 2008 si attestava su 7,4 milioni di individui che, entro il 2020, toccheranno quota 17,7 milioni. (R.P.)

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    Papua Nuova Guinea: i vescovi testimoniano la fede sui social network

    ◊   I vescovi della Papua Nuova Guinea e Isole Salomone annunciano e testimoniano la fede sui social network, in risposta al messaggio per la Giornata delle Comunicazioni sociali 2013, che definisce le reti sociali “nuovi spazi di evangelizzazione”. Come riferito all'agenzia Fides dall’Ufficio comunicazioni della Conferenza episcopale, è quanto emerso durante l’Assemblea dei vescovi di Papua e Salomone, in corso a Madang. Alcuni vescovi sono già presenti e attivi su Facebook e Twitter, e utilizzano i social media come spazi di comunicazione e di missione. La Conferenza ha stabilito che saranno studiati ed elaborati appositi programmi catechistici, liturgici e pastorali on-line basati sulle reti sociali. “Mentre la comunicazione sociale è ora definitivamente interattiva – spiega la nota giunta a Fides – il problema principale per la Papua Nuova Guinea e Isole Salomone sta nei servizi Internet, ancora deboli, inaffidabili e costosi”. Inoltre esiste un gap fra i giovani nelle aree urbane – che vivono perennemente “connessi” – e quelli delle aree rurali, per i quali i servizi digitali sono scarsi. I vescovi spiegano: “La comunicazione interattiva tramite Internet abbatte le barriere di tempo e spazio, dà maggiore accesso a informazioni, cultura e divertimento, favorisce il pluralismo, espone le persone a contenuti positivi e negativi”. In tale contesto “i social media creano una nuova cultura e un nuovo stile di vita che richiede non solo la presenza della Chiesa nell’utilizzo dei mass media, ma anche la testimonianza e l’annuncio del Vangelo in questo nuovo ambito”. (R.P.)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 101

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.