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Sommario del 01/04/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Francesco nel lunedì dell’Angelo: accogliere la vittoria di Cristo sul male nella nostra vita, nella società, nella storia
  • Oggi pomeriggio visita del Papa alla necropoli vaticana
  • Le donne nel ruolo di testimoni incredibili della Resurrezione di Gesù
  • ll linguaggio di Francesco: esce dal cuore ed entra nel cuore
  • Dal parroco di Lampedusa lettera al Vescovo di Roma per 'affidargli' tutti gli immigrati
  • La felicità del campione italo-argentino Dominguez dopo l'elezione di Papa Bergoglio
  • Oggi in Primo Piano

  • Corea del Nord in stato di guerra con il Sud. Seul, “in campo risposte forti e veloci”
  • Corte suprema indiana respinge ricorso Novartis contro farmaco generico anti-cancro
  • Giornata mondiale dell'Autismo: testimonianza di Gianluca Nicoletti, papà di un ragazzo autistico
  • "Lettere a mia figlia". Antonio Socci: il Signore ci raggiunge attraverso le testimonianze dei fratelli
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Gerusalemme: patriarca Twal invita Francesco in Terra Santa
  • Iraq. Cristiani pregano per una visita del Papa. Sul terreno nuove violenze
  • Myanmar: prime pubblicazioni della stampa indipendente
  • Maritius: dolore e cordoglio per le vittime delle inondazioni
  • Francia. Otto morti per incendi in abitazioni
  • Il Papa e la Santa Sede



    Francesco nel lunedì dell’Angelo: accogliere la vittoria di Cristo sul male nella nostra vita, nella società, nella storia

    ◊   "Cristo ha vinto il male” e spetta a noi accogliere questa vittoria nella vita nella società nella storia. Così Papa Francesco nel Lunedì dell’Angelo, prima della recita del Regina Coeli, in questa prima Pasqua del suo pontificato, rivolto alle decine di migliaia di fedeli raccolti in piazza san Pietro. Il servizio di Roberta Gisotti:

    “Perché l’odio lasci il posto all’amore, la menzogna alla verità, la vendetta al perdono, la tristezza alla gioia”, occorre “che il Mistero Pasquale possa operare profondamente in noi e in questo nostro tempo”. La preghiera del Papa stamane alla Madonna “nel nome del Signore morto e risorto”

    “Cristo ha vinto il male in modo pieno e definitivo, ma spetta a noi, agli uomini di ogni tempo, accogliere questa vittoria nella nostra vita e nelle realtà concrete della storia e della società”.

    Il primo pensiero di Francesco è andato ai sofferenti:

    “Che la forza della Risurrezione di Cristo possa raggiungere ogni persona - specialmente chi soffre – e tutte le situazioni più bisognose di fiducia e di speranza”.

    Ha sottolineato quindi come “la grazia contenuta nei Sacramenti pasquali è un potenziale di rinnovamento enorme per l’esistenza personale, per la vita delle famiglie, per le relazioni sociali”.

    “Sì, il Battesimo che ci fa figli di Dio, l’Eucaristia che ci unisce a Cristo, devono diventare vita, tradursi cioé in atteggiamenti, comportamenti, gesti, scelte”.

    Ma tutto passa attraverso il cuore umano:

    “Se io mi lascio raggiungere dalla grazia di Cristo risorto, se le permetto di cambiarmi in quel mio aspetto che non è buono, che può far male a me e agli altri, io permetto alla vittoria di Cristo di affermarsi nella mia vita, di allargare la sua azione benefica. Questo è il potere della grazia! Senza la grazia non possiamo nulla”.

    Si tratta quindi di “esprimere nella vita il sacramento che abbiamo ricevuto”:

    “Ecco, cari fratelli e sorelle, il nostro impegno quotidiano, ma direi anche la nostra gioia quotidiana!”

    Infine il saluto semplice e informale di Papa Francesco a tutti i fedeli:

    “Buona Pasqua a tutti e buon pranzo!”.

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    Oggi pomeriggio visita del Papa alla necropoli vaticana

    ◊   E’ giunto stamane l’annuncio che Papa Francesco visiterà, questo pomeriggio in forma privata, gli scavi della necropoli vaticana, situata sotto la Basilica di San Pietro e sosterà quindi in preghiera presso la tomba di San Pietro. Il Papa sarà accompagnato dal cardinale Angelo Comastri, arciprete della Basilica Vaticana.

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    Le donne nel ruolo di testimoni incredibili della Resurrezione di Gesù

    ◊   In questo Lunedì dell’Angelo l’attenzione della Chiesa è anche per le donne giunte al sepolcro di Gesù e che trovano vuoto. Sono loro ad essere le testimoni della Resurrezione. Su questo particolare aspetto Benedetta Capelli ha chiesto un commento alla teologa Cettina Militello:

    R. – Bisogna cominciare con il dire che le donne ci sono nella sequela di Gesù di Nazaret. Non spuntano improvvisamente soltanto la mattina del giorno della Resurrezione, ma Gesù ha sempre manifestato un’attenzione particolare al deficit culturale delle donne: deficit religioso, fisico, legale. C’è il paradosso del discorso della Resurrezione: Gesù fa testimoni di Lui risorto - qualcosa di inaudito, incredibile, inaccettabile, razionalmente - proprio delle persone, le donne, le quali non hanno nessuna capacità testimoniale perché non gliele assegna la legge ebraica e non contano come soggetti nel mondo antico.

    D. - Da qui, secondo lei, nasce una nuova interpretazione anche per gli studi teologici della donna nella Sacra Scrittura?

    R. – Viene fuori il paradosso per cui Dio, nella storia della Salvezza, si serve di criteri tutti suoi, che non sono quelli della potenza o delle regole stabilite dagli uomini. Le donne che sono veramente un “non soggetto” diventano coloro che per prime fruiscono dell’apparizione del Risorto e ne fruiscono sempre, anche quando nei racconti evangelici, che sono diversi uno dall’altro, c’è la mediazione dell’angelofania. Noi abbiamo nei sinottici questa presenza della figura angelica singola o plurima che dice alle donne: “chi cercate, non è qui!” Però, immediatamente dopo, Gesù si mostra direttamente a loro e a loro dice di andare ad annunciarlo ai discepoli. Le donne reagiscono in modo diverso, spaventate, trepidanti; addirittura Marco dice che non dissero niente a nessuno, che è paradossale perché se non l’avessero detto noi non sapremo che hanno vissuto questa esperienza. Però, ripeto, la cosa straordinaria è proprio questa scelta testimoniale: soggetti che non possono dare testimonianza in tribunale, la cui parola non è credibile se non c’è un testimone maschio che la supporta, vengono scelte da nostro Signore per annunciare l’evento risolutivo del suo mistero e cioè il fatto che ha sconfitto la morte e che è risorto. Non solo, ma diventano il tramite della missione dei discepoli, in particolare Maria Maddalena nel Medioevo – l’ha ricordato anche Giovanni Paolo II nella Mulieris dignitatem - veniva chiamata “apostola apostolorum”, cioè è una figura talmente forte da diventare colei che evangelizza gli stessi evangelizzatori, gli stessi annunciatori.

    D. – Come vivere, secondo lei, questo tempo così importante, in un tempo che tra l’altro poi ci porterà a Pentecoste, quindi all’incontro con lo Spirito Santo?

    R. – Secondo me va vissuto con la coscienza che il Risorto ci restituisce tutti, uomini e donne, alla piena nostra dignità di creature, che Dio ha voluto a sua immagine. Questo è un tempo di “ubriacatura”. E’ un tempo nel quale la potenza dello Spirito che già ha operato Cristo Signore ci prepara all’evento conclusivo del mistero e istitutivo della Chiesa, quindi la mia è un’espressione forte ma d’altra parte li presero per ubriachi la mattina di Pasqua! E’ proprio un tempo di esaltazione interiore, di grande devozione, di grande legame con lo Spirito Santo, al quale peraltro dobbiamo l’attivazione della nostra restituzione alla somiglianza. Noi diventiamo veramente seguaci di Cristo nella forza dello Spirito, nella ricchezza del suo dono, nell’elargizione dei suoi carismi. Quindi questo è un tempo bello, festoso, gioioso, di restituzione di ciascuno alla sua corresponsabilità ecclesiale. La comunità cammina verso l’evento dello Spirito e sa che a partire dallo Spirito dovrà camminare ancora per continuare gioiosamente la sua testimonianza.

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    ll linguaggio di Francesco: esce dal cuore ed entra nel cuore

    ◊   Un linguaggio semplice, accessibile a tutti, fatto di frasi brevi, poche subordinate, vocaboli ordinari, ripetizione delle parole chiave. È lo stile di Papa Francesco, emerso nei suoi primi interventi pubblici, secondo l’analisi di un esperto, il biblista don Matteo Crimella, docente di Esegesi del Nuovo Testamento alla Pontificia Facoltà Teologica Italia Settentrionale e alla Pontificia Università Urbaniana. Antonella Palermo lo ha intervistato:

    R. – Quello che appare evidente è il linguaggio semplice: frasi brevi, poche subordinate, vocaboli ordinari. E questo fa sì che tutti possano comprendere. Dietro si sente la profondità di un pensiero: un uomo che riflette, che prega, che comunica una grande esperienza, che ha una visione complessa della realtà, ma la esprime – appunto – con un linguaggio accessibile veramente a tutti. Colpisce, per esempio, il fatto che il Papa qualche volta citi dei piccoli episodi. Ecco, questi piccoli esempi dicono la forza della comunicazione ma soprattutto mi sembra che questo emerga nel momento in cui il Papa si distacca dal testo e parla a braccio. Si sente: si sente che anche fisicamente alza i fogli, e quindi non legge, e guarda le persone con cui sta parlando. Qui mi è venuto alla mente un celebre detto del Talmud: “Ciò che esce dal cuore entra nel cuore”. Ecco, mi sembra proprio che sia il caso di Francesco: cioè, noi sentiamo che dal cuore di quest’uomo, di questo pastore viene qualcosa di molto profondo a proposito di Dio, della vita, della Chiesa, dell’uomo. Lo dice, lo esprime in maniera molto diretta e questo va alle persone.

    D. – Poi queste esortazioni: tutte al positivo, vero?

    R. – Certo: anche questa capacità pedagogica di mettere l’accento lui stesso sulle parole chiave. Tecnicamente, questo effetto è quello di suscitare una domanda, un’attesa, una curiosità introducendo una risposta che non è esaustiva nel senso che naturalmente chiede di fare un cammino, ma mostra come questo itinerario sia promettente, invitante, pieno di gioia, di speranza … Questo entusiasma, entusiasma!

    D. - E ci sembra di poter dire che questo linguaggio sia stato già particolarmente efficace, se solo guardiamo a quanto si è rimesso in moto in diversi cuori già subito dopo quel primo Angelus in Piazza San Pietro, vero?

    R. – Ora, io vivo a Milano in una parrocchia della periferia e nel pomeriggio sono – come sempre – sceso in chiesa, verso le cinque – noi abbiamo la Messa alle 18: quindi, alle 17 ero in chiesa. Solitamente, qualcuno arriva per confessarsi … Ebbene, io domenica ho confessato due ore di fila. E la cosa che mi ha colpito è che tutti, tutti mi hanno detto: “Sono dieci anni che non mi confesso”, “Sono cinque anni che non mi confesso”, “Ho sentito il Papa e ho sentito la necessità di venire a confessarmi”. Ecco, questo io credo che sia un segno bellissimo: un uomo che parla dell’amore di Dio, che comunica la sua esperienza della misericordia, la sua grande passione per Dio e suscita immediatamente negli altri il desiderio di vivere questa stessa esperienza.

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    Dal parroco di Lampedusa lettera al Vescovo di Roma per 'affidargli' tutti gli immigrati

    ◊   Da Lampedusa un singolare invito a Papa Francesco. Lo ha rivolto in una lettera pubblicata sul portale Migrantes il parroco della parrocchia di San Gerlando don Stefano Nastasi. Il sacerdote, immaginando nelle lacrime del Papa al momento dell’elezione quelle dei migranti che dall’Africa giungono nella piccola isola del Mediterraneo, si rivolge al Pontefice per affidargli quei poveri che i lampedusani hanno più volte soccorso in mare. Ma com’è nata l’idea di questa lettera? Lo spiega lo stesso don Nastasi al microfono di Tiziana Campisi:

    R. – Essendo lui un figlio dell’emigrazione, o di emigrati allora l’ho sentito particolarmente vicino alla nostra realtà; da lì nasce l’idea di scrivere. Ho voluto immaginare che nelle sue lacrime ci fossero anche le nostre lacrime: sicuramente le sue sono lacrime di commozione al momento dell’elezione, ma in quelle lacrime ho voluto leggere ed immaginare le nostre lacrime in generale di sofferenza quotidiana, degli isolani, degli immigrati, di ogni uomo e di ogni donna dai diversi angoli della terra. Quelle lacrime le ho pensate come la sintesi delle lacrime di ciascuno, capace di portare, o di supportare, o di condividere il cammino quotidiano. Essere l’uno accanto all’altro, così come anche lui ha avuto modo di dirci nei giorni passati.

    D. – Collegare le lacrime del Papa appena eletto a quelle di un immigrato significa che ancora l’immigrazione è un problema presente a Lampedusa?

    R. – Certo, ma non è un problema presente solo a Lampedusa, è un problema presente da per tutto: flussi di popoli che si spostano, destini futuri che si rimettono in discussione, incontri di popoli che hanno bisogno di essere accompagnati. Noi come realtà ecclesiale penso che, in primo luogo dobbiamo aiutare l’altro a recuperare la propria identità: prima quella di uomo e poi di figlio di Dio.

    D. – Qual è in sintesi il messaggio che vuol far giungere a Papa Francesco?

    R. – Mi permetto di rivolgere un invito filiale a Sua Santità, Papa Francesco, quale Vescovo di Roma che presiede nella carità la Chiesa nel mondo: perché possa visitare questo estremo lembo di terra che risulta geograficamente la periferia dell’Italia, o il confine tra l’Europa e l’Africa; però, nello stesso tempo, è la porta prima per chi proviene dal Sud verso l’Europa. Venga in mezzo a noi e sarà Padre tra i figli. Non abbiamo nulla da offrire, abbiamo soltanto da raccontare la nostra fede spicciola, sincera e l’esperienza della carità fraterna che abbiamo sperimentato in questi anni con i fratelli migrati. Partendo da qui, da questa realtà così piccola, ma capace di dilatarsi nel cuore accogliendo il Vangelo di Gesù Cristo, allora possa dire una parola a noi ed al mondo intero a questa possibilità di orizzonti nuovi, di civiltà nuova che può ripartire da un cristianesimo, o una realtà cristiana più umanizzata.

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    La felicità del campione italo-argentino Dominguez dopo l'elezione di Papa Bergoglio

    ◊   In Italia sono molti gli argentini che hanno accolto la notizia dell’elezione di Papa Francesco con sorpresa e gioia. Tra di loro c’è il campione di rugby Diego Dominguez, una vera leggenda di questo sport. Nato a Cordoba e poi naturalizzato italiano, Dominguez è il terzo miglior marcatore della storia del rugby. Benedetta Capelli ha raccolto le sue emozioni:

    R. – Certo, sono stato molto sorpreso e allo stesso tempo molto orgoglioso. Nessuno se lo aspettava. Quando hanno cominciato a leggere il nome in latino, io sapevo i suoi nomi, e quando hanno cominciato a dirli ed ho sentito il cognome ho detto: Bergoglio! Sono stato felicissimo, veramente. Prima di tutto perché è il primo Papa latinoamericano della storia e poi perché è una persona che da molti anni lavora tanto, ha fatto un lavoro enorme sul fronte sociale dove ci sono problemi sempre più grandi mentre c’è bisogno di più gente che sia disposta a lavorare e a dare una mano per colmare tutto questo divario di possibilità che c’è in America e in particolare in Argentina e lui ha fatto tanto. E’ una persona molto conosciuta, a cui tutti vogliono molto bene in Argentina e questa già è una grandissima cosa. Sono stato colpito dalle sue parole, come lui si è presentato al mondo, con la semplicità di una persona umile, semplice. Si è presentato usando due parole molto chiare: fratellanza e fiducia. E’ quello di cui il mondo ha bisogno. Penso che lui lavorerà molto su questa strada, perché si possa ritrovare la fiducia tra le persone, la fratellanza, la credibilità: cose che il mondo sta perdendo sempre di più e se tutti non le ritroviamo velocemente diventerà un problema grave.

    D. – Ha avuto modo di raccogliere emozioni, sensazioni dei suoi connazionali argentini?

    R. - Ho ricevuto tantissimi messaggi di tutti i miei amici italiani. La mia famiglia in questo momento è in Argentina. Mi hanno detto che c’era tanta gente fuori in piazza e questa è una grande cosa… L’Argentina è un Paese molto cattolico e ci tiene molto … Insomma il Papa è una persona rispettata. Si è presentata nella miglior maniera possibile, con semplicità e onestà, e questa è la strada sulla quale andrà avanti.

    D. - Tra l’altro è anche un appassionato di sport, di calcio, del San Lorenzo…

    R. - Questo è ciò che piace… E’ appassionato del San Lorenzo, che è la squadra di mio figlio. Io una volta al mese vado al campo a Buenos Aires a vedere questa squadra che è in un quartiere molto periferico di Buenos Aires e molto popoloso. I colori rosso e blu di questa squadra sono colori belli che vanno sempre bene!

    D. - Secondo lei, che cosa può aggiungere lo sport, il valore dello sport a una personalità così interessante, come quella di Papa Francesco?

    R. – Le parole che lui ha usato sono le parole dello sport: la fiducia, la fratellanza che bisogna avere in uno sport di squadra. La credibilità, la disciplina sono tutte parole che lo sport usa e di cui oggi lo sport ha bisogno per raggiungere le vittorie ma sono parole che anche lo sport deve ritrovare velocemente per tornare meglio di prima.

    D. - Noi siamo la radio del Papa. Le chiedo se vuole dire qualcosa direttamente?

    R. – Non so se lui avrà la possibilità di ascoltarla o no ma sono molto orgoglioso. E’ una persona che ha lavorato per tantissimi anni, con onestà e semplicità. Questo è il premio, il riconoscimento ad una vita … Gli auguro bellissimi anni in avanti e che riesca a trasmettere al mondo la 'magia' che lui trasmette quando parla.

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    Oggi in Primo Piano



    Corea del Nord in stato di guerra con il Sud. Seul, “in campo risposte forti e veloci”

    ◊   E' un crescendo di minacce tra le due Coree. L'Assemblea suprema del popolo, il parlamento nordcoreano, ha approvato oggi il rafforzamento delle attività di sviluppo delle armi nucleari annunciato, nei giorni scorsi, dal leader Kim Jong-un. Poche ore prima la presidente sudcoreana Park ha affermato che Seul metterà in campo risposte militari forti e veloci. Anche gli Stati Uniti mostrano il pugno duro, con l’invio dei caccia F-22 dalle basi in Giappone. Al microfono di Cecilia Seppia, il commento di Rosella Ideo, docente di Storia politica e diplomatica dell’Asia orientale all’Università di Trieste:

    R. - Direi che la Corea del Nord sta giocando una partita molto pericolosa. È chiaro che questo è dovuto alle ulteriori sanzioni che hanno colpito il Paese dopo il terzo test nucleare il 12 febbraio; da allora è partita questa escalation che veramente sta preoccupando tutti gli osservatori.

    D. - La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato questo invio, da parte della Casa Bianca, di due bombardieri B2 che possono essere dotati sia di armi convenzionali sia nucleari. Quindi, in primo piano c’è la presa di posizione degli Stati Uniti, però ci sono altre potenze che entrano in gioco, come la Cina che non ha per niente un ruolo neutrale, come molti pensano invece…

    R. - È vero! La Cina - tra l’altro - è quella che può risentire di più di una presenza militare americana aumentata nell’area. Ed è altrettanto vero che la Cina è l’unico “puntello”, da tutti i punti di vista, per la Corea del Sud perché gli fornisce energia, beni di consumo, infrastrutture, aiuti… La Cina, da un certo punto di vista, vuol vedere il gioco degli Stati Uniti, ma nello stesso tempo, si è sempre comportata calmierando le intemperanze sia degli Stati Uniti che della Corea del Nord. Però, in termini di potenza internazionale ha votato le sanzioni seguite al terzo test nucleare del 12 febbraio per dare l’immagine di essere una potenza responsabile.

    D. - Nella Corea del Nord si sta formando una fazione che combatte il regime, e questa è la prima volta che succede. Che ruolo potrebbe aver questa “forza politica” in questo caso, ma anche più in generale in quello che è il regime di Pyongyang?

    R. - È una possibile frangia interna, perché non possiamo parlare di una frangia politica. Teniamo ben presente che proprio in Corea del Nord esiste un regime di controllo talmente stretto, che la possibilità che si possa formare un’opposizione vera e propria che abbia la capacità di detronizzare questo terzo Kim, e quindi di cambiare le regole del gioco interno, è difficilissima. Bisognerebbe che le Forze armate coagulassero contro il regime di Kim Jong Un, cosa che non vedo possibile, anzi! Kim Jong Un sta dando queste prove 'muscolari', proprio per avere l’appoggio delle Forze armate. Ricordiamo anche che tutte queste reazioni di Kim, sono dovute al fatto che per la prima volta il 21 di marzo, l’Human Rights Council dell’Onu ha emanato una risoluzione per stabilire una Commissione di inchiesta che miri a valutare la sistematica violazione dei diritti umani che avviene in Corea del Nord. Effettivamente si ha una percezione atroce della situazione dei diritti umani nel Paese, con i campi di concentramento..ecc.

    D. - Lei diceva “violazione dei diritti umani”, ma anche una situazione di povertà e di crisi molto evidente - che ovviamente riguarda la Corea del Nord - e che in qualche modo limita, allontana quel processo di riunificazione di cui si parla tanto…

    R. - Io direi che in questi ultimi tempi, l’idea di una riunificazione appare assolutamente lontana. In questo momento sarebbe qualcosa di disastroso per la ricca e democratica Corea del Sud.

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    Corte suprema indiana respinge ricorso Novartis contro farmaco generico anti-cancro

    ◊   Duro colpo per le multinazionali del farmaco. La Corte suprema indiana ha respinto il ricorso dell'industria farmaceutica svizzera Novartis relativo al brevetto per un farmaco anti tumore. Il servizio di Marco Guerra:

    "Il nuovo farmaco non corrisponde a criteri di novità, perché utilizza una molecola già nota che non rientra nei parametri stabiliti per le invenzioni”. È quanto si legge nel verdetto con cui la Corte suprema indiana ha respinto il ricorso dell'azienda farmaceutica svizzera Novartis, riguardante la tutela del brevetto della versione aggiornata del farmaco anticancro Glivec. Si conclude così una battaglia legale iniziata nel 2006 dalla multinazionale elvetica. L'azienda aveva fatto ricorso contro la legge indiana sui brevetti, in base alla quale nuove versioni di un farmaco possono essere brevettate se viene dimostrata la loro maggiore efficacia terapeutica. La decisione dei giudici ha un risvolto positivo per l'industria locale che potrà produrre l'equivalente generico del farmaco, ma soprattutto per la salvaguardia del diritto alla salute della popolazione che avrà a disposizione un medicinale a costi accessibili. Il Glivec, che viene utilizzato per il trattamento dei malati di leucemia mieloide e altre forme tumorali, costa circa 2.600 dollari al mese. Il generico è attualmente disponibile per appena 175 dollari. Una conferma dell'India come “farmacia dei poveri” mondiale, commentano soddisfatte diverse associazioni indiane. Forti critiche dal Gruppo Novartis che parla di un “limite all’innovazione e alla proprietà intellettuale”.

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    Giornata mondiale dell'Autismo: testimonianza di Gianluca Nicoletti, papà di un ragazzo autistico

    ◊   “Un perenne estraneo, imprigionato tra gente a lui sconosciuta e dalla quale ha pochissime speranze di essere realmente capito”. Così racconta di suo figlio autistico, il giornalista radiofonico Gianluca Nicoletti nel libro dal titolo “Una notte ho sognato che parlavi”. Si scopre l’esperienza di un padre e i lati oscuri di un disturbo neurobiologico che è in aumento e che mina la tenuta familiare. Domani è la Giornata mondiale dedicata all’autismo e la società italiana risulta ancora molto arretrata. ”Sono un papà fortunato ma anche segnato per sempre” dice di sè Nicoletti. Gabriella Ceraso gli ha chiesto il perché…

    R. – Fortunato nel senso che ho possibilità e capacità di occuparmene; fortunato forse anche perché ho preso coscienza realmente – anche se attraverso una strada molto dolorosa – di cosa significhi essere padre. Normalmente, è sano che un figlio di 15 anni cominci a prendere lentamente autonomia; un ragazzo autistico, quando passa l’adolescenza, ti si attacca come mai nella vita: ha soltanto te, in quel momento. Ha una sua irruenza fisica, data dalla malattia, per cui la madre fisicamente ha difficoltà, ammesso che ci sia la madre, perché nella stragrande maggioranza dei casi la famiglia esplode, scoppia, e i primi ad andarsene sono proprio i padri e le madri rimangono sole. Nel mio caso, la madre c’è, quindi siamo fortunati anche in questo. Però, non ha gli strumenti fisici per gestire un figlio così irruento. Detto questo, è un ragazzo tenerissimo, che mi sta vicino, che non mi lascia mai solo …

    D. – Per te, quali sono i lati oscuri dell’autismo?

    R. – E’ una vita difficile, molto difficile; mi auguro che sia meno difficile andando avanti. Questo è un Paese molto arretrato nei confronti di questa patologia. In due punti siamo molto indietro: sulle diagnosi precoci di autismo e soprattutto non c’è quasi nulla per gli autistici quando passano l’adolescenza. Quello che dovrebbe accadere nel nostro Paese è una sensibilizzazione istituzionale: almeno, si cerchi di investire in maniera più razionale, si cerchi di formare, di specializzare le persone che si occupano di questi ragazzi disabili; si addestrino anche le strutture scolastiche … Si incominci a pensare ci possano essere degli spazi in ogni municipio, consoni alla loro esistenza: si darà una speranza di vita ai loro genitori che non smetteranno di vivere quando nasce loro un figlio autistico, e avranno anche i figli una vita dignitosa, molto più felice di quella che possono avere come dei vuoti a perdere, abbandonati qua e là in luoghi dove non c’è l’idea specializzata della loro patologia.

    D. – Tu parli di questi ragazzi come di “rivelatori di umanità grottesca” e anche “spiriti liberi”, o ancora “avanguardia della società futura”: perché?

    R. – Io che sono stato tra le persone che per prime hanno intuito le potenzialità della rete, che ho analizzato per anni la televisione, faccio i conti con un ragazzo che seleziona la sua comunicazione. Non è che non comunica: comunica nelle maniere e nei modi che per lui sono più efficienti per gestire la sua ansia. Insomma, è un modello specializzato di comunicazione. Mi sento di poter dire che verrà un momento in cui questa nostra iper-facoltà di esser sempre disponibili, adattabili al nostro prossimo in nome di una riconosciuta civilizzazione, possa arrivare ad una riflessione sul fatto che forse si può comunicare anche in maniera più intensa, più profonda, non necessariamente così compulsiva. E l’osservazione dell’autistico ti insegna anche a tenere come un grosso tesoro la propria individualità. Oggi siamo molto abituati alla contaminazione, alla condivisione, che sono bellissimi principi, ma a forza di condividere perdo il senso di quello che è il mio specifico, la mia esperienza. L’autistico è molto geloso del suo modo d’essere.

    D. – Che cosa vorresti per saperlo felice?

    R. – Vorrei riuscire, finché sono in tempo, a creargli degli strumenti di autonomia, delle maniere di socializzare, di sentirsi con dignità facente parte di una società. Quindi vorrei creare delle aree, dei luoghi felici, dei centri aperti in cui questi ragazzi siano seguiti dalle persone che per mestiere e per vocazione sappiano bene qual è la loro patologia, e possano incominciare ad avere occasioni di vita adeguate al loro modo d’essere, ecco. Incominciare a creare delle aree in cui questi ragazzi si sentano felici perché si sentono realizzati: non è che sono stupidi perché sono autistici; sono semplicemente isolati dal mondo. Ma dentro hanno la nostra sensibilità, la nostra percezione del mondo, anzi: molto più acuta e sottile. Mio figlio sente gli umori di casa prima ancora che noi possiamo anche solo esprimerli …

    D. – “Una notte ho sognato che parlavi” è il titolo del tuo libro. Perché lo hai scelto?

    R. – Perché è il sogno più ricorrente che fa il genitore di un autistico. Fisicamente, non si potrà mai sentire un ragazzo autistico parlare in maniera fluida. Tu pensa poi al mio paradosso: io mi guadagno da vivere parlando – faccio radio! – e ho un figlio per il quale il parlare è il grande ostacolo … Quindi è logico che ogni tanto io sogni che mi parli, sento la sua voce, sento i suoi discorsi, mi dice tutto quello che per me già mi ha detto e che mi dice ogni giorno, ma lo dice attraverso la voce. E’ il sogno dell’impossibile …

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    "Lettere a mia figlia". Antonio Socci: il Signore ci raggiunge attraverso le testimonianze dei fratelli

    ◊   Un libro di storie di “fede”: così si potrebbe definire “Lettere a mia figlia”, pubblicato recentemente dalla Rizzoli, nel quale il giornalista Antonio Socci racconta l’esperienza della sua famiglia colpita nel 2009 dal dramma della figlia primogenita, entrata in coma dopo un’inspiegabile arresto cardiaco, e che ora dopo essersi risvegliata sta affrontando una cammino di ripresa. Ma ad essere narrate sono anche le storie di tante altre persone che ogni giorno attraversano il mare della vita sulla Croce di Cristo, senza annegare. “L’amore sa aspettare, aspettare a lungo, aspettare fino all’estremo”: questa citazione del teologo luterano Dietrich Bonhoeffer, ucciso dai nazisti, è riportata all’inizio del libro. Sentiamo lo stesso Antonio Socci nell’intervista di Debora Donnini:

    R. – Credo che nel sapere aspettare ci sia il riconoscimento del disegno di Dio, nel senso che i tempi sono quelli che il Signore vuole. C’è da dire di grande e di buono che la preghiera può accorciare i tempi e può anche rendere possibile l’impossibile, però a me pare che in quella frase di Bonhoeffer ci sia la certezza che alla fine l’amore vince e la disponibilità ad accettare che vinca secondo il piano di Dio che sa tutto, sa più di noi …

    D. – Come sta in questo momento sua figlia nel cammino di questi anni, fatto di una ripresa lenta, con alti e bassi?

    R. – E’ un cammino lungo, anche drammatico, molto faticoso. Diciamo che pur essendo una Via Crucis, la sta percorrendo con una straordinaria forza che forse le viene dall’accostarsi quotidianamente all’Eucaristia, oltre che dal soccorso di una grazia che l’ha avvolta fin dal primo istante, quando ha avuto l’arresto cardiaco. Quindi, il cammino è ancora molto, molto lungo, pieno di incognite però pian piano stiamo andando avanti. Fin dall’inizio noi abbiamo la sensazione di essere dentro ad un grande miracolo, perché quando parliamo con i medici e raccontiamo che Caterina ha avuto il cuore fermo per oltre un’ora e un quarto e che poi il cuore ha ripreso a battere, tutti ci guardano con gli occhi fuori dalle orbite e non ci credono. Non solo: che lei si sia svegliata dal coma e che abbia fatto un recupero cognitivo, di coscienza, come quello che ha fatto, per noi è tutto un grande miracolo a rallentatore! Diciamo che in quell’ora in cui non so quanto abbiamo pregato, quanto urlato al cielo, la sensazione è stata che ci fosse stata restituita.

    D. – C’è una frase che Papa Francesco ha detto nell’omelia delle Palme, molto bella, che rispecchia anche quello che lei ha scritto: “La croce di Cristo - ha detto il Papa - abbracciata con amore mai porta alla tristezza, ma alla gioia, alla gioia di essere salvati e di fare un pochettino quello che ha fatto Lui quel giorno della sua morte”. Lei ha riportato diverse testimonianze in questo senso …

    R. – E’ come se il Papa descrivesse o annunciasse “cose dell’altro mondo” che possono accadere in questo mondo ma che sono frutto della grazia, perché l’uomo con le sue sole forze, sotto prove così terribili come quelle che la vita ci offre, non ce la fa. Questa è un’esperienza che, quando si è nella sofferenza o nella malattia, si prova continuamente. Ma l’esperienza che si fa –veramente misteriosa, non c’è nessun automatismo – è che con la grazia ci si stupisce perfino di noi: ci troviamo una forza e anche una inspiegabile letizia che non è cosa nostra. E le testimonianze che ho riportato nel libro hanno tutte questa caratteristica. Quando sono nella prova, sento che in ogni momento potrei sprofondare nel baratro, ma Lui in realtà può tutto e ci dà una forza straordinaria.

    D. – Nelle tante storie che riporta c’è quella di Chiara Corbella, la ragazza morta molto giovane, dopo aver partorito il terzo figlio, e dopo che i suoi primi due figli erano praticamente morti dopo la nascita. Ci sono testimonianze molto toccanti …

    R. – Il libro è pieno di testimonianze e storie di questo genere, perché sono le storie che ci hanno sostenuti in questi tre anni. Nel nostro cammino cerchiamo innanzitutto la forza nei Sacramenti e l’altro modo con cui il Signore ci raggiunge e ci porta, è la testimonianza dei fratelli. E tutte queste testimonianze di eroismo della fede, della speranza e della carità sono il modo in cui il Signore ci dice: “Forza!”. Io le ho raccolte per questo. Le lettere che ricevo mi testimoniano questo: persone che all’interno della prova e della sofferenza, di fronte alle testimonianze di altri fratelli, trovano esse stesse forza e conforto.

    D. – Lei ha ricevuto anche messaggi di persone che, vedendo la fede con cui si affrontava questa sofferenza, si sono riavvicinate a Gesù Cristo?

    R. – Io ho ricevuto centinaia di mail e molte mail sono anche di persone che mi dicono: “Ero lontano dalla Chiesa da venti anni, non mi accostavo ai Sacramenti da anni, e per la vicenda di Caterina sono tornato in Chiesa”, si sono confessate e comunicate. Ci sono testimonianze di persone che combattevano e combattono con tumori, con malattie gravissime, malati terminali che si sono trovate a dire: “Offro i miei ultimi giorni di vita per Caterina”, ma nel senso di tornare ad un rapporto che dica “Tu” al Signore. Caterina è sempre stata parte della comunità cristiana, ha vissuto nella comunità di Comunione e Liberazione, ha sempre avuto questo slancio missionario e aveva sempre questa ansia di raggiungere tutti ed è abbastanza impressionante e misterioso come paradossalmente il Signore le abbia permesso di raggiungere migliaia di persone nel momento della sua massima impotenza, cioè quando si trovava distesa sul letto, in coma o incapace anche di muoversi.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Gerusalemme: patriarca Twal invita Francesco in Terra Santa

    ◊   “La nuova evangelizzazione, per essere efficace deve partire da Gerusalemme, dalla prima comunità cristiana. Allora io rinnovo il mio invito a venire qui a tutti i pellegrini da tutto il mondo, a partire da quello più atteso, il nostro Papa Francesco". Così il patriarca latino di Gerusalemme, mons. Fouad Twal nella Messa solenne tenuta ieri al Santo Sepolcro di Gerusalemme, in occasione delle celebrazioni pasquali. “Il Signore - ha aggiunto - ci invita a portare la luce della fede al centro della regione del Medio Oriente”. Il patriarca Twal si è soffermato quindi sulle sofferenze patite dalla Chiesa evocando le vittime della guerra civile in Siria, i profughi siriani e i cristiani di Terra Santa “che sono tentati dall'emigrazione”. E' compito della comunità internazionale, ha spiegato, “prendere concretamente soluzioni efficaci per trovare una soluzione equilibrata e giusta della causa palestinese, che è all'origine di tutte le tensioni nel Medio Oriente”. Nei giorni scorsi i Capi delle Chiese di Gerusalemme – fra cui lo stesso Twal - hanno pubblicato un messaggio pasquale in cui invitano i fedeli di tutto il mondo a venire in pellegrinaggio in Terra Santa. (M.G.)

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    Iraq. Cristiani pregano per una visita del Papa. Sul terreno nuove violenze

    ◊   La preghiera dei cristiani iracheni nella domenica di Pasqua è stata rivolta affinché Papa Francesco visiti il loro martoriato Paese. Prima che Saddam Hussein venisse rovesciato nel 2003, la Chiesa caldea contava circa 550 mila fedeli nel Paese e 150 mila nella diaspora. Ora le cifre sono invertite. L’Iraq resta infatti ancora lontano da una piena pacificazione come conferma l’attacco suicida di questa mattina contro la sede della polizia a Tikrit, in cui almeno sette persone sono morte e altre 15 sono rimaste ferite. Al momento non si registrano rivendicazioni, ma la dinamica dell’attentato è tipica del braccio iracheno di al-Qaeda. Nel Paese si tema una nuova fiammata del terrorismo con l’approssimarsi delle elezioni in 12 delle 18 province irachene, favorita anche dal caos nella vicina Siria con cui si registra un ingente contrabbando di armi e combattenti. (M.G.)

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    Myanmar: prime pubblicazioni della stampa indipendente

    ◊   'Union Daily', 'The Voice Daily', 'Golden Land Fresh Daily' e 'The Standard Times'. Sono i nomi dei primi quattro quotidiani indipendenti che oggi sono stati diffusi per la prima volta nelle edicole del Myanmar. La pubblicazione di queste testate rientra nell'ambito del programma di riforme democratiche e rompe cinquant’anni di monopolio statale sull'informazione della carta stampata. Il governo il mese scorso ha concesso a 16 gruppi privati le licenze per pubblicare giornali. (M.G.)

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    Maritius: dolore e cordoglio per le vittime delle inondazioni

    ◊   Giornata di cordoglio oggi a Mauritius in ricordo delle 11 vittime provocate dalle piogge torrenziali che hanno colpito l'isola nei giorni scorsi. Diversi quartieri della capitale Port Louis sono ancora sommersi da un metro e mezzo d'acqua. Molte le abitazioni andate distrutte in tutta l'isola, con alcune delle principali arterie stradali bloccate dal fango e dai detriti. (M.G.)

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    Francia. Otto morti per incendi in abitazioni

    ◊   Otto persone sono morte e 16 sono rimaste ferite in due distinti incendi avvenuti nella notte in Francia. L’incidente più grave a Saint Quentin, nel nord del Paese, dove cinque bambini sono stati asfissiati dal fumo del fuoco divampato nella casa del padre. L’altro incendio è invece avvenuto in un palazzo popolare di un sobborgo di Parigi, in cui sono morte tre persone. (M.G.)

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