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Sommario del 27/09/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI: vittoria a ogni costo e abuso di medicinali rovinano lo sport
  • L'attualità di Sant'Agostino nelle parole del Papa al concerto in suo onore a Castel Gandolfo
  • Altre udienze e nomine
  • Il cardinale Vegliò: i filippini in Europa risorsa anche per il loro Paese natale
  • Bielorussia: incontro del nunzio apostolico con alcuni detenuti nelle carceri del Paese
  • Mons. Tomasi: mortalità da parto in calo, ma ancora troppe carenze nel sostegno alle mamme
  • La Santa Sede aderisce a Convenzione Onu su prevenzione e repressione dei reati contro i diplomatici
  • Briefing sulle procedure giuridiche vaticane in vista del processo sui documenti trafugati
  • Padre Lombardi: la S.Sede non ha nulla a che fare con un sacerdote ruandese accusato di genocidio
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Grecia e Spagna: nuove politiche di austerity per contrastare la crisi
  • Accordo Sudan-Sud Sudan sull'esportazione di greggio ma molte questioni sono irrisolte
  • Plenaria dei vescovi in Canada. Intervista col vescovo di Montreal, mons. Lépine
  • Vescovi europei della Ccee a Saint Gall per dibattere su fede e sfide sociali
  • Giornata mondiale del turismo. Gnudi: l'Italia vuole uniformarsi al codice etico universale
  • Memoria di S. Vincenzo de' Paoli, grande apostolo dei poveri. Intervista con mons. De Palma
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • L'arcivescovo dei maroniti di Cipro sulle speranze della "Primavera araba"
  • Nigeria: anche scuole islamiche nel mirino di Boko Haram
  • Russia: nuovo disegno di legge per contrastare la blasfemia
  • India: mobilitazione della Chiesa per un film blasfemo “che offende la fede cristiana”
  • Onu: 1,5 miliardi di dollari per l’istruzione nel mondo
  • Egitto: studiosi islamici e copti si accordano sulla nuova Costituzione egiziana
  • Honduras: Commissario Onu denuncia "insicurezza cronica" per i difensori dei diritti umani
  • Nicaragua: Lettera dei vescovi sulle elezioni del 4 novembre
  • Uruguay: un vescovo entra nella “Commissione per la vita e l’acqua”
  • Il Senegal ha ricordato il disastro del traghetto Joola
  • Simposio cristiano-islamico a Istanbul
  • Grecia: la Chiesa cattolica contro l’intolleranza e la xenofobia nel Paese
  • Giornata mondiale per l'aborto: Campagna dei movimenti pro-life "Voglio vivere"
  • 33.ma Giornata mondiale del turismo: conciliare viaggi e sostenibilità
  • Mons. Pelvi indica ai cappellani militari "la disciplina della comunione"
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI: vittoria a ogni costo e abuso di medicinali rovinano lo sport

    ◊   Riconoscere e rispettare la dignità della persona che sta dietro a ogni atleta: questo l’appello che il Papa ha rivolto agli esperti di medicina dello sport incontrati a Castel Gandolfo in quanto partecipanti al 32.mo Congresso mondiale Fims di Medicina dello Sport, che si svolge a Roma da oggi fino al 30 settembre. Il servizio di Fausta Speranza:

    Sometimes, however, success, fame, medals…
    “Successo, fama, medaglie e guadagni a volte diventano la priorità o il solo obiettivo per chi lavora nello sport”. Il Papa spiega che “per vincere a tutti i costi” si calpesta il vero spirito della competizione. E denuncia:

    "...the abuse and misuse of the means at the disposal of modern medicine"...
    Si arriva "all'abuso e al cattivo uso dei mezzi che la medicina moderna mette a disposizione”. Benedetto XVI sottolinea che gli esperti di medicina dello sport meglio di altri sanno che “ogni sportivo è qualcosa di più di un mero competitore”. Dietro ogni atleta c’è una persona che – sottolinea Benedetto XVI – “è chiamata al perfezionamento morale e spirituale prima ancora che alla prestazione fisica”.

    In this way you will be agents not only of physical healing…
    Dunque, l’appello agli esperti di medicina sportiva a non essere solo “agenti” in funzione della salute fisica e dell’eccellenza atletica ma anche del rinnovamento morale, spirituale e culturale”. E il Papa cita San Paolo che nella Lettera ai Corinzi mette in stretta correlazione l’allenamento fisico e l’autocontrollo che comporta con la vita spirituale. Il Papa ricorda “la bellezza, il mistero e le potenzialità di ogni persona umana, che sia atleta o non lo sia”.

    Benedetto XVI ricorda inoltre che per la prima volta il Congresso di medicina dello sport si svolge nella capitale italiana e che vede rappresentati 117 Paesi di cinque continenti, per poi sottolineare la capacità positiva dello sport di “unire persone e popoli”, emersa chiaramente in occasione delle recenti Olimpiadi e Para Olimpiadi a Londra. E il Papa sottolinea “la comune ricerca dei popoli di una competizione al massimo livello che sia in nome della pace”.

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    L'attualità di Sant'Agostino nelle parole del Papa al concerto in suo onore a Castel Gandolfo

    ◊   Un evento unico, l’esecuzione di un opera su Sant’Agostino a Castel Gandolfo. Così il Papa ieri sera al termine del concerto “Augustinus” offertogli nella sua residenza estiva dalla diocesi tedesca di Würzburg, nel Nord della Baviera. Salutando i partecipanti al convegno dedicato al vescovo di Ippona, in corso all’Augustinianumdi Roma, Benedetto XVI ha sottolineato l’attualità di questo illustre Padre della Chiesa. Il servizio è di Paolo Ondarza:

    L’attualità di Sant’Agostino per le questioni e le sfide del mondo contemporaneo. L’ha indicata Benedetto XVI al termine del concerto offerto in suo onore a Castel Gandolfo dalla diocesi baverese di Würzburg e ispirato al vescovo di Ippona. L’opera "attraverso un linguaggio musicale contemporaneo – ha commentato il Santo Padre – dimostra che l’attualità del grande Padre della Chiesa latino non è rotta".

    Un "mosaico di suoni", per usare le parole del compositore dell’opera Wilfried Hiller, a descrivere i soliloqui dell’anima di Sant’Agostino con Dio e con se stessa. Mosaico perché composto da sette immagini musicali:

    “Es ist ein Mosaik. Einzelne Steine leuchten... „
    “E’ un mosaico. Alcune pietre rifulgono, a seconda di come cade la luce e del punto di osservazione". “Ma solo nell’insieme – ha proseguito Benedetto XVI – si schiude l’immagine: essa rappresenta la grandezza e la complessità dell’uomo e del teologo Agostino". Quindi, l’esortazione: “Se veramente vogliamo l’autore delle Confessioni, non dobbiamo mai perdere di vista, mentre ci occupiamo di alcuni aspetti della sua opera, l’insieme del suo pensiero e della sua persona".

    Nell’oratorio Augustinus – ha poi notato il Papa – il Santo Vescovo non appare mai, ma “questa sua assenza lo rende senza tempo”.

    “Das Ringen des Menschen und sein Suchen nach dem…„
    “La lotta dell’uomo e la sua ricerca di quanto gli è più intimo, la ricerca della verità, la ricerca di Dio è valida in tutti i tempo; essa non riguarda soltanto un santo, ma ogni uomo”.

    Infine, il saluto del Papa a quanti hanno reso possibile questo concerto:

    “Vergelt’s Gott”
    "Il Signore ve ne renda merito di tutto cuore".

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, un gruppo di presuli della Conferenza Episcopale di Francia, in visita ad Limina Apostolorum e il cardinale Stanisław Ryłko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici.

    In Lituania, il Papa ha nominato ausiliare dell’arcidiocesi di Kaunas il sacerdote Kęstutis Kėvalas, del clero di Kaunas, finora Direttore di Radio Maria in Lituania, assegnandogli la sede titolare vescovile di Abziri.Il Rev.do Kęstutis Kėvalas è nato a Kaunas il 17 febbraio 1972. Dopo la scuola secondaria ha studiato dal 1990 al 1992 presso l’Università Tecnologica di Kaunas nella Facoltà di Radioelettrica. Nel 1993 è entrato nel Seminario di Kaunas, dove ha studiato Filosofia e Teologia fino al 1997, anno in cui ha continuato i suoi studi presso il Seminario di Santa Maria a Baltimora, negli Stati Uniti d’America. Ha, quindi, conseguito la Licenza in Teologia ed è stato ordinato sacerdote il 29 giugno 2000 nella Cattedrale di Kaunas. Dall’agosto 2001 al giugno 2005 è stato Direttore del Corso Propedeutico del Seminario arcivescovile e Cappellano della Pastorale Giovanile dell’arcidiocesi. Dal febbraio 2002 ha incominciato ad insegnare Teologia Morale nella Facoltà di Teologia dell’Università Vytautas Magnus a Kaunas. Il 18 gennaio 2008 nella medesima Università ha conseguito il Dottorato in Teologia. Da giugno 2005 ad agosto 2006 è stato Direttore Spirituale nel Seminario di Kaunas. Quindi, per un anno ha ripreso gli studi negli Stati Uniti, svolgendo in pari tempo l’ufficio di Cappellano nel Monastero delle Suore dei Poveri di Maria Immacolata a Putiamo, nello stato del Connecticut. Rientrato in diocesi, dal 2007 ha svolto il ministero pastorale presso la Cattedrale di Kaunas e come confessore presso il Seminario. L’8 febbraio 2010 è stato nominato Direttore dei programmi di Radio Maria in Lituania.

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    Il cardinale Vegliò: i filippini in Europa risorsa anche per il loro Paese natale

    ◊   E’ giunto il momento perché l’immigrazione filippina sia considerata una risorsa non solo per l’invecchiamento dell’Europa, ma anche per lo sviluppo del loro Paese. Così si è espresso il cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale dei Migranti e degli Itineranti, intervenuto oggi alla prima Conferenza dei Filippini in Europa, dalla Diaspora al Dialogo, aperta ieri a Roma. Il servizio di Roberta Gisotti:

    Anzitutto un incoraggiamento ai promotori della Conferenza organizzata dal Consiglio Globale dei Filippini nella Diaspora (Gfcd) e dalla Commissione dei Filippini all'Estero (Cfo), con il sostegno dell'Ambasciata filippina a Roma e dell'Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (Oim). Il cardinale Vegliò ha assicurato il suo sostegno agli sforzi compiuti per rafforzare lo sviluppo dei migranti filippini, in particolare per la loro integrazione nei Paesi ospiti e reintegrazione al ritorno nel Paese natale.

    Secondo gli ultimi dati 2008, le Filippine sono all’ottavo posto nella lista degli Stati che esportano migranti nei Paesi Ocse, due terzi dei quali in Europa, dove aiutano a mantenere il livello di sviluppo delle nazioni ospiti, offrendo servizi che una popolazione invecchiata, sofferente per carenze di natalità e lavoro non potrebbe sostenere a lungo. La gestione dell’immigrazione è dunque un buon programma – ha sottolineato il presidente del Pontificio Consiglio dei migranti ed itineranti – quando si cercano opportunità di lavoro per i migranti filippini e si promuovono e tutelano i loro diritti. E “diverrà anche un programma migliore – ha aggiunto il porporato – non appena riuscirà a dare maggiore enfasi al ruolo che l’emigrazione internazionale filippina può giocare per beneficiare lo sviluppo delle Filippine e ad incoraggiare l’utilizzo delle rimesse per attività produttive”. Si stima che la maggior parte dei migranti filippini nei Paesi Ocse siano donne e che l’84% siano giovani, tra i 15 e i 44 anni, giunti alla ricerca di migliori opportunità o per riunirsi ai loro parenti. Molti sono i bambini nati nel Paese ospite e che mai hanno vissuto nelle Filippine. E tanti fra loro che svolgono lavori domestici o mansioni non qualificate sono laureati ed hanno quindi – ha sollecitato il cardinale Vegliò – un potenziale per fare di meglio non solo per il Paese ospite ma a frutto del loro Paese.

    Ha raccomandato, il porporato, di favorire l’integrazione attraverso l’apprendimento della lingua e delle leggi del Paese ospite “per ottenere il rispetto della popolazione locale e facilitare un’armoniosa convivenza”. Il cardinale Vegliò non ha nascosto la sua preoccupazione per i riflessi della crisi globale sulle economie europee e sui rischi di marginalizzazione e discriminazione, specie verso i giovani migranti. “Possa questa Conferenza – ha concluso – aiutarvi a identificare vie e strumenti verso una fratellanza universale tra tutti, migranti e popolazioni locali, cosi da ottenere il bene comune di tutti i popoli e le Nazioni”.

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    Bielorussia: incontro del nunzio apostolico con alcuni detenuti nelle carceri del Paese

    ◊   In segno di considerazione per l’Autorità morale universale del Santo Padre e per l’impegno umanitario della Santa Sede, nell'ambito dei rapporti diplomatici bilaterali, il Rappresentante Pontificio a Minsk, l'arcivescovo Claudio Gugerotti, è stato autorizzato a visitare alcuni prigionieri nelle carceri di Bielorussia: si tratta di Kovalenko, Syromolotov, Statkevich, Beliacki, Dashkievich, Lobov e Severinec. Il nunzio apostolico ha incontrato ciascuno dei prigionieri nei rispettivi luoghi di detenzione, informandosi delle loro condizioni ed ascoltando quanto essi hanno ritenuto di esprimergli. Egli ha assicurato la preghiera del Santo Padre e dei cattolici per loro e per le loro famiglie.

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    Mons. Tomasi: mortalità da parto in calo, ma ancora troppe carenze nel sostegno alle mamme

    ◊   La mortalità infantile e materna nel mondo è diminuita negli ultimi 20 anni, ma resta ancora grave il fenomeno. Nel solo 2010, 287 mila donne hanno perso la vita al momento del parto. Delle misure ancora da prendere si è parlato alla 21.ma sessione del Consiglio dei diritti umani in corso in questi giorni a Ginevra. Fausta Speranza ha intervistato l’arcivescovo Silvano Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso le nazioni Unite e altri organismi internazionali nella città elvetica:

    R. – Il problema che si pone per la comunità internazionale, che vuole aiutare a risolvere questo problema della mortalità materna, è quello di creare le circostanze che facilitino il parto e aiutino la gravidanza in modo che le donne si sentano veramente seguite in questo momento particolare che è quello che anticipa la nascita di una nuova creatura. Già nel 1993, la Dichiarazione di Vienna e il suo programma di azione sui diritti umani affermava che bisogna dare una priorità particolare a ridurre la mortalità infantile e la mortalità materna. C’è stato progresso in questi vent’anni, però ci sono ancora difficoltà che sono state messe in luce dall’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani: più di 10 milioni di madri soffrono condizioni difficili nel momento della gravidanza o del parto stesso. Per cui, bisogna continuare a lavorare e fare in modo che ci sia assistenza, che ci siano condizioni igieniche appropriate, che ci siano, se non medici, almeno persone qualificate che aiutino nell’evitare infezioni, perdite eccessive di sangue e così via. Bisogna impegnarsi, altrimenti c'è chi usa questa mancanza di attenzione - e quindi il numero di morti da gravidanza e parto - come una giustificazione per dire che la soluzione più pratica è quella dell’aborto.

    D. - La Santa Sede raccomanda anche attenzione ai termini con cui si affrontano queste problematiche, perché?

    R. – Perché la terminologia che viene utilizzata - per esempio, in inglese, “sexual and reproductive health and rights” - implica tacitamente la giustificazione dell’uso dell’aborto quasi come un diritto umano e come una delle misure efficaci per garantire la salute della donna. E’ chiaro che la salute della donna deve essere protetta, ma allo stesso tempo noi diciamo che il valore della vita è sempre un valore importante e anzi un valore primario, per cui sia la vita della mamma che la vita del bambino devono essere protette. La tentazione o la tendenza è di utilizzare certe frasi che possano essere interpretate in una maniera oggettiva, innocua direi, mentre sono interpretate normalmente, messe in testi anche di un certo valore legale, come una porta che garantisce l’accesso all’aborto.

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    La Santa Sede aderisce a Convenzione Onu su prevenzione e repressione dei reati contro i diplomatici

    ◊   Un contributo “concreto” e “ulteriore” al “contrasto dei reati commessi contro i diplomatici”. Con questi intenti l’arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, ha depositato ieri pomeriggio presso il segretario generale delle Nazioni Unite lo strumento di adesione della Santa Sede alla Convenzione sulla prevenzione e la repressione dei reati contro le persone che godono di una protezione internazionale, ivi compresi gli agenti diplomatici. “Lo strumento di adesione – si afferma in una nota ufficiale – ricorda inoltre che la promozione dei valori della fraternità, della giustizia e della pace tra le persone e i Popoli stanno particolarmente a cuore alla Santa Sede e richiedono l’osservanza dello stato di diritto, così come il rispetto dei diritti umani. In tale prospettiva, l’adesione alla Convenzione in parola conferma l’attenzione della Sede Apostolica agli strumenti internazionali di cooperazione giudiziaria in materia criminale, che, come la presente Convenzione, costituiscono un’effettiva garanzia di fronte alle attività criminali che minacciano la pace e la dignità dell’uomo”.

    Pertanto, prosegue la nota, “questa decisione non manifesta soltanto il desiderio della Santa Sede di collaborare a tutelare adeguatamente il personale diplomatico, ed in primis il proprio e quello accreditato presso di essa, ma aiuta anche la comunità internazionale a mantenere alta la guardia contro i rischi del terrorismo”. “Si tratta – si conclude – di un’iniziativa in linea e nel solco del processo” da tempo “avviato, per adeguare l’ordinamento giuridico vaticano ai più alti standard internazionali intesi a contrastare” il grave fenomeno.

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    Briefing sulle procedure giuridiche vaticane in vista del processo sui documenti trafugati

    ◊   I giudici dello Stato città del Vaticano godono di totale indipendenza. Così il prof. avv. Giovanni Giacobbe, promotore di Giustizia presso la Corte d’Appello ha aperto oggi, in Sala Stampa Vaticana, l’incontro con i giornalisti sul diritto processuale in vigore nello Stato della Città del Vaticano. Sabato prossimo, 29 settembre, ci sarà la fase conclusiva del dibattimento a carico di Paolo Gabriele, l’ex assistente di camera del Papa, e del tecnico informatico Claudio Sciarpelletti. Presente al briefing anche il direttore della Sala Stampa, padre Federico Lombardi. Il servizio di Massimiliano Menichetti:

    Un briefing tecnico-giuridico per mostrare, anche attraverso un video, procedure e i luoghi del processo, in Vaticano, a carico di Paolo Gabriele e Claudio Sciarpelletti. Accusato l’uno di furto aggravato di documenti riservati e l’altro di favoreggiamento. Il prof. Giacobbe, promotore di Giustizia presso la Corte d’Appello ha subito evidenziato che il processo di sabato vede attivi giudici, laici, dello “Stato della Città del Vaticano, che non hanno nessun rapporto diretto con la Chiesa cattolica, che ha proprie strutture, tribunali, che giudicano secondo il diritto canonico e regole proprie”.

    “Il processo del quale ci stiamo occupando, ha come fonti normative il Codice di procedura penale adottato in Italia nel 1913, il cosiddetto Codice Zanardelli, e il Codice penale promulgato da Umberto I, il 30 giugno 1889. Poi abbiamo, nell’ambito della legislazione vaticana, la recente legge del primo ottobre 2008 che disciplina le fonti del diritto nello Stato della Città del Vaticano. Quindi, è stata data anche una sorta di Costituzione allo Stato della Città del Vaticano per quanto riguarda, appunto, l’iter legislativo che deve disciplinare i rapporti all’interno di questo Stato. Sulla base di tale normativa, la legislazione - anche penale - è stata ampiamente rielaborata da parte degli organi vaticani. In modo particolare, va ricordata, nel 2012, la legge sull’antiriciclaggio, che è una legge estremamente ampia e complessa e che ha avuto anche l’apprezzamento delle autorità dell’Unione Europea. In questo contesto si inserisce il processo che avrà inizio, nella fase dibattimentale, dopodomani”.

    Centrale la differenza nella ricerca della prova che in Italia avviene attraverso l’attività in contraddittorio delle parti, invece in Vaticano le fonti, che risalgono all’inizio del ‘900, fanno si che s’istauri un’istruttoria formale guidata dal giudice:

    “Il tribunale avvierà il dibattimento che si svolgerà con la relazione del giudice relatore. Quindi, le parti avranno la possibilità di svolgere tutte le loro attività difensive. Esaurita questa fase, si passerà poi alla requisitoria del pubblico ministero e quindi alle arringhe difensive dell’imputato, perché l’imputato ha sempre la parola per ultimo. Dopodiché, il Tribunale si ritirerà in Camera di consiglio ed emetterà la sentenza”.

    Una sentenza impugnabile sia dagli imputati sia dal pubblico ministero. Paolo Gabriele e Claudio Sciarpelletti non giureranno e potranno essere assenti. Dai 3 ai 4 anni di carcere la pena massima prevista per il furto, fino a un anno di reclusione quella per il favoreggiamento. Il prof. Giacobbe ha anche evidenziato la massima autonomia dei giudici e l’incisività che può avere Benedetto XVI sul procedimento:

    “Devo dire - anche per esperienza personale nella veste di promotore di Giustizia, sia nella veste che ho ricoperto precedentemente di Giudice della Corte d’Appello Vaticana - i giudizi sono improntanti alla massima indipendenza. Non mi è mai accaduto di ricevere pressioni per decidere in un modo o nell’altro. Il Santo Padre non può influenzare direttamente il tribunale. Non può dire: 'Dovete decidere in un modo o nell’altro'. Ha i poteri che hanno tutti i capi di Stato: per esempio può concedere la grazia e ha un maggiore potere che potrebbe essere preventivo, nel senso che può intervenire se ritiene che un processo non debba essere svolto e debba essere archiviato".

    E' stato spiegato che l’ammissione di colpevolezza, di Paolo Gabriele, non costituisce la cosiddetta “prova regina” poiché la confessione potrebbe, ad esempio, anche aver coperto altre persone. Nonché precisato che coloro che hanno testimoniato nel corso dell’attività istruttoria potrebbero essere richiamati, così come potrebbero essere invitati a deporre nuovi testimoni. Ampi i poteri del tribunale. Non è escluso, ma per ora non previsto, che i magistrati possano ricevere le valutazioni della Commissione cardinalizia nominata dal Papa. E se durante le udienze dovessero emergere nuovi fatti di reato, il tutto sarà rimesso al promotore di Giustizia che valuterà se iniziare un’azione penale. Padre Lombardi ha confermato che solo un ristretto pool di giornalisti seguirà il processo, mentre il prof. Giacobbe ha evidenziato il carattere pubblico del procedimento:

    “Il processo è pubblico. La pubblicità dell’udienza significa che il pubblico può accedere all’udienza, naturalmente con le modalità compatibili con lo svolgimento dell’udienza stessa. La ripresa televisiva o cinematografia è una cosa diversa, perché qui si solleva anche il problema della tutela della privacy”.

    E’ nei poteri del tribunale stabilire come trattare l’uso delle immagini ha proseguito, come “rientra nelle valutazioni discrezionali del presidente – ha concluso Giacobbe – anche quella di tenere l’udienza a porte chiuse”.

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    Padre Lombardi: la S.Sede non ha nulla a che fare con un sacerdote ruandese accusato di genocidio

    ◊   In risposta ad alcune domande dei giornalisti a proposito di notizie di stampa recenti, su un sacerdote ruandese, J.B. Rutihunza, accusato di responsabilità nel genocidio del 1994, il direttore della Sala Stampa ha chiarito che la Santa Sede non ha avuto mai nulla a che fare con questa persona, non ha mai preso alcuna iniziativa in suo favore, ed è quindi totalmente falso affermare che sia “protetto dal Vaticano”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   La Santa Sede aderisce alla Convenzione dell'Onu sulla prevenzione e la repressione dei reati contro i diplomatici.

    Un papiro alla deriva: in cultura, Alberto Camplani sul testo copto con la presunta allusione alla "moglie di Gesù", e una nota del direttore dal titolo "In ogni caso, un falso".

    Un articolo di Michela Beatrice Ferri dal titolo "E dopo la sinagoga l'architetto fu assunto dal Papa": il 28 settembre 1892 veniva inaugurato il Tempio maggiore di Milano progettato da Luca Beltrami.

    Impensabile un numero chiuso per la Sistina: Paolucci risponde a Citati.

    Giulia Galeotti e Giuseppe Fiorentino offrono letture parallele e contrapposte dell'ultimo disco di Bob Dylan.

    Più pratica di quanto si pensi: Inos Biffi sulla teologia e il vincolo inscindibile che lega Creatore e creatura.

    Politica, storia e un po' di musica: è morto lo storico romano Piero Melograni.

    Se la laicità diventa figlia della secolarizzazione: nell'informazione religiosa, Jean-Pierre Ricard riguardo al dibattito sull'espressione pubblica delle religioni in Francia.

    La perfezione morale è il più alto valore dello sport: nell'informazione vaticana, Benedetto XVI ai partecipanti a un congresso internazionale di medici sportivi.

    Attualità di Agostino nella ricerca della verità: il Papa al termine del concerto offertogli dalla diocesi di Wurzburg.

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    Oggi in Primo Piano



    Grecia e Spagna: nuove politiche di austerity per contrastare la crisi

    ◊   L’epicentro della crisi economica continua ad essere l’Europa. Diversi gli scenari di tensione: da una parte la Grecia alle prese con il piano di tagli da 13,5 miliardi di euro che sbloccherà oltre 31 miliardi di aiuti internazionali. Dall’altra la Spagna, che oggi vara una finanziaria “lacrime e sangue”, che prevede tagli per 39 miliardi di euro. In mezzo l’Italia, il cui premier, Mario Monti, parlando all’Assemblea generale dell’Onu a New York, ha detto che l’Europa sta vivendo “la peggiore crisi della sua storia”, sottolineando però che “l’Eurozona proseguirà il suo cammino”. Salvatore Sabatino ne ha parlato con l’economista Carlo Altomonte:

    R. - Sapevamo che avremmo avuto un settembre complicato proprio per queste scadenze in Grecia e in Spagna. Aspettavamo anche prima le decisioni della Banca centrale europea e della Corte costituzionale tedesca: queste decisioni sono state positive e quindi è ovvio che adesso c’è un po’ di tensione, ma non mi sembra niente di drammatico rispetto a uno scenario catastrofista che si poteva intravedere qualche mese fa.

    D. - In Grecia, il premier Samaras e il suo governo sono a lavoro per ulteriori tagli. Di politiche di sviluppo, però nessuna traccia. Il Paese fino a che punto potrà sopportare l'austerity?

    R. - Quella è, secondo me, la sfida che noi europei dobbiamo in qualche modo decidere insieme di portare avanti. È ovvio che i debiti debbano essere ripagati e penso che su questo non ci siano dubbi, e l’Italia lo sta vivendo sulla sua pelle. Però, è altrettanto vero che non possiamo pretendere - se esiste davvero la solidarietà europea - che questi debiti si debbano pagare tutti e subito. Quindi, in qualche modo, dobbiamo trovare un punto di incontro tra l’esigenza giusta di austerità - e diciamo di spesa compatibile con la competitività di un sistema economico - e anche la necessità sociale di non uccidere un’economia con troppa austerità. Questo penso sia il punto di incontro delicato che c’è sia nella manovra greca, che in quella spagnola.

    D. - A proposito della Spagna: si procede verso altri tagli, che nella nuova finanziaria saranno pari a 39 miliardi di euro. Sul Paese incombe anche l’ombra del “salvataggio europeo”, che richiederebbe comunque ulteriori impegni…

    R. - Ma in realtà quello che sembra di capire è che questa finanziaria in qualche misura contenga già le decisioni di austerità, che poi l’Europa richiederà nel momento in cui arriva il “salvataggio”. In qualche modo, si va autonomamente nella direzione che l’Europa vuole, per non farsela imporre da fuori. Quindi, penso che la scommessa di Rajoy sia di far approvare dal parlamento questa finanziaria, per poi chiedere gli aiuti. E a quel punto chi aiuta dirà: “Avete già fatto la vostra parte, quindi ve li diamo senza ulteriori condizioni”.

    D. - Invece, per quanto riguarda l’Italia, questo ottimismo-pessimismo di Monti, espresso all'Assemblea generale dell'Onu come si può valutare?

    R. - Se noi guardiamo i conti pubblici italiani e le proiezioni sul debito - anche immaginando un 2013 di crescita non positiva - in realtà abbiamo messo “fieno in cascina”, con l’aumento delle imposte che abbiamo fatto nel 2012 e adesso abbiamo il beneficio dei bassi tassi di interesse che il governo sta riuscendo a spuntare sul debito, grazie alle manovre della Banca centrale. Quindi, in realtà, non ci sono particolari elementi di preoccupazione da questo punto di vista. Evidentemente, non possiamo però mollare, nel senso che i conti pubblici tengono - anche in uno scenario macro-economico che si va un po’ deteriorando - perché abbiamo l’impegno e un avanzo primario molto forte.

    D. - Oltre a Spagna e Grecia, quali sono i Paesi maggiormente a rischio in Europa in questo momento?

    R. - In realtà, è un po’ tutta l’Europa a essere sotto pressione nel momento in cui vediamo una recessione che incombe. Ciò che preoccupa tanti è un po’ la situazione francese: la Francia non sembra avere accettato la necessità di ridurre in maniera strutturale la spesa pubblica, eppure ha una situazione di finanza pubblica in forte deterioramento, soprattutto se immaginiamo un rallentamento della crescita economica.

    D. - Allargando ancora di più la prospettiva, gli Stati Uniti non stanno certo meglio. C’è chi dice che il caso americano scoppierà dopo le presidenziali di novembre. Lei è d’accordo con questa prospettiva?

    R. - Sì, sono assolutamente d’accordo. In realtà, gli Stati Uniti sono messi peggio dell’Europa, nel senso che l’Europa è stata la prima ad affrontare seriamente il problema della sostenibilità della spesa pubblica nel contesto post-crisi. Gli Stati Uniti hanno una situazione di debito che nel giro di 4-5 anni, se continua così, li porterà a essere simili alla Greci. Ovviamente, gli Stati Uniti non sono la Grecia, la loro importanza sull’economia mondiale è ben diversa e questo gli Usa lo sanno benissimo. Quindi, hanno già deciso di iniziare un consolidamento molto forte della finanza pubblica - pari a 4 punti di pil nella partita 2013 - e, nel momento in cui inizieranno anche loro manovre di austerità, evidentemente questa avrà delle conseguenze sulla crescita americana. Come gestire il giusto mix di politica monetaria e fiscale per mantenere sotto controllo la politica fiscale, senza generare troppa recessione, diventerà il problema americano nei prossimi 2-3 anni. Questo a fronte di un’Europa che, se fa bene i compiti a casa, inizierà invece a venire fuori dalla sua crisi e quindi in qualche modo a presentarsi agli occhi del mondo con una situazione della finanza pubblica molto più consolidata.

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    Accordo Sudan-Sud Sudan sull'esportazione di greggio ma molte questioni sono irrisolte

    ◊   Ad Addis Abeba, in Etiopia, Sudan e Sud Sudan hanno sottoscritto ieri un accordo per creare una zona cuscinetto lungo la controversa frontiera e riprendere così le esportazioni di greggio sul Mar Rosso. Un passo in avanti sul quale però pesano le molte questioni irrisolte come i confini tra i due Paesi e lo status della regione petrolifera di Abyei. Resta poi gravissima la situazione umanitaria sia nella zona del Nilo azzurro che in quella dei Monti Nuba. Sull’intesa di ieri, Benedetta Capelli ha raccolto il parere di Giorgio Musso, ricercatore di Storia dell’Africa all’università di Padova ed esperto di questioni sudanesi:

    R. – Questo accordo anzitutto è avvenuto sotto fortissime pressioni internazionali. Le due parti erano sotto pressione perché se non fossero giunte a un’intesa sarebbero scattate sanzioni. Per questa intesa sulle esportazioni del greggio, in realtà le due parti si erano già accordate per riprendere le esportazioni all’inizio di agosto, anche se solo verbalmente. Ieri, lo hanno sottoscritto concretamente e hanno anche risolto alcune questioni legate al confine tra nord e sud Sudan, che resta però ancora oggi indefinito. Chiaramente, siccome i pozzi di petrolio sono nel sud ma l’oleodotto passa attraverso il nord, se non ci fosse stata una definizione chiara del confine questo avrebbe complicato tutto. Quindi, è stato fatto un passo in più.

    D. – La creazione di questa zona smilitarizzata potrebbe quindi spezzare il sostegno ai ribelli: un tema sul quale entrambi i Paesi si accusano a vicenda…

    R. – Sì, questa è una delle questioni che di fatto rimangono irrisolte, perché entrambi i Paesi negano di sostenere i rispettivi ribelli. Noi in questo momento abbiamo all’interno del nord e all’interno del sud movimenti di guerriglia che si battono contro i rispettivi governi, di fatto molto probabilmente sostenuti in maniera incrociata. Il movimento di guerriglia nel nord contro il governo di Khartoum è una diretta emanazione dell’Splm, che è il partito al governo al sud. Mentre, per quanto riguarda i gruppi di guerriglia che stanno combattendo contro il governo del sud, la settimana scorsa, c’è stato un episodio emblematico, quando addirittura anche le Nazioni Unite hanno messo su carta il fatto di avere visto un aereo che molto probabilmente stava scaricando armi per i ribelli. Il fatto è che però nessuna delle due parti ammette il fatto, quindi è molto difficile che anche solo inizino a parlare su questo punto.

    D. – Altre questioni irrisolte lo stavamo accennando: le frontiere ma anche la proprietà della regione petrolifera di Abyei. Si è tutto rinviato a una nuova tornata negoziale, ma quali sono le difficoltà più grandi?

    R. – Queste questioni di confine sono indubbiamente le più spinose. Abbiamo due questioni separate. Sul confine tra il nord e sud, c’è un 20% del confine su cui le due parti non sono d’accordo e questa porzione di terreno - è stato detto - sarà determinata attraverso futuri accordi politici oppure attraverso arbitrate internazionali. Abyei è una zona posta al confine tra nord e sud: è una zona petrolifera anche se i pozzi di Abyei sono stati sfruttati molto intensamente negli anni scorsi e quindi non rimane più tanto petrolio. Ad Abyei doveva svolgersi un referendum, proprio quando si è votato per l’indipendenza del Sud Sudan, in cui i cittadini di Abyei decidevano se andare con il sud o se andare con il nord. Il problema è che le due parti non sono riuscite a mettersi d’accordo su chi avrebbe votato a questo referendum, perché Abyei è abitata da una popolazione sedentaria di origine sudista e stagionalmente attraversata da una popolazione nomade del nord. Quindi, naturalmente il nord vorrebbe che questi nomadi votassero nel referendum mentre il sud vuole che questi nomadi non siano inclusi e, su questo, nord e sud hanno già rischiato una volta di andare in guerra. Nemmeno ieri si sono messi d’accordo.

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    Plenaria dei vescovi in Canada. Intervista col vescovo di Montreal, mons. Lépine

    ◊   Un’ottantina di vescovi da tutto il Canada stanno per concludere, nella località di Sainte-Adèle, la loro plenaria, incentrata sui temi dell’Anno della Fede, e del prossimo Sinodo sulla nuova evangelizzazione. Il collega della redazione inglese della nostra emittente, Christopher Wells ha chiesto a uno dei partecipanti, l'arcivescovo di Montreal, mons. Christian Lépine, quale azione pastorale abbia la priorità per la Chiesa del Canada oggi:

    R. – Per annunciare la fede bisogna tener conto della situazione delle persone oggi, in cerca della felicità e in cerca della famiglia. C’è un legame fra fede e famiglia e c’è uno sforzo della Conferenza episcopale per riscoprire Cristo, annunciare Cristo, ma anche un grande sforzo per raggiungere le famiglie. Dunque, non soltanto annunciare Cristo a degli individui, ma annunciarlo alla famiglia in quanto tale e ritrovare così il valore del Sacramento del matrimonio, sostenendo il valore della famiglia nel piano di Dio, perché è Dio che è l’inventore della famiglia.

    D. – La libertà di coscienza e di religione è in pericolo oggi anche in Occidente: cosa fare?

    R. - Questo è un tema delicato. Diciamo che quando si parla della separazione tra Chiesa e Stato c’è qualcosa di positivo, perché ciò uesto vuol dire che lo Stato non ha il ruolo di dare una religione alla gente. Inoltre, questa separazione vuol dire soprattutto che c’è una libertà di religione nel Paese. La prospettiva è soprattutto che lo Stato dia uno spazio di libertà religiosa che consenta alla fede di essere vissuta non soltanto nella vita privata, ma anche con modalità pubbliche di espressione. Questa è una sfida delicata e abbiamo ancora molto da fare.

    D. - Cosa significa per voi la Canonizzazione della Beata Katerina Tekakwitha?

    R. - Questa Canonizzazione è un grande momento di felicità perché Katerina Tekakwitha ci porta alle radici del Canada e del nord America e così è un’occasione di riconciliarci con la nostra storia profonda del continente. Era una giovane - è una giovane nel Cielo! – ed è un’occasione di fare conoscere alla gioventù questa santa, la sua generosità e il suo amore per Cristo e l’amore di Cristo per lei.

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    Vescovi europei della Ccee a Saint Gall per dibattere su fede e sfide sociali

    ◊   “Le sfide del nostro tempo: aspetti sociali e spirituali”. Ne dibatteranno da oggi al 30 settembre i presidenti delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee) a Saint Gall in Svizzera. Roberta Gisotti ha intervistato il dott. Thierry Bonaventura, addetto stampa del Segretariato del Consiglio dei vescovi europei:

    D. – “Le sfide del nostro tempo: aspetti sociali e spirituali”. Perché questo accostamento? Che cosa si vuole evidenziare?

    R. – Innanzitutto, parliamo di sfide e non di problemi. I vescovi hanno inteso utilizzare questo termine anche per sottolineare le latenti possibilità che i cambiamenti attuali presenti in Europa in modo particolare, possono essere anche occasioni per rinsaldare la nostra fede da una parte, ma anche la coesione sociale che specialmente in questo tempo è messa a dura prova da questa difficile crisi economica.

    D. – Effettivamente, l’Europa è oggi di fronte a una crescente disaffezione dei cittadini verso le sue istituzioni comunitarie, che sta preoccupando gli esponenti della politica, di cui si dice che siano sempre più lontani dal "sentire" della gente. E tra gli argomenti in agenda, vediamo che saranno proprio i lavori dell’Unione Europea e del Consiglio d’Europa. Quale contributo si vuole offrire?

    R. – Intanto, è necessario per i vescovi comprendere pienamente cosa stia succedendo. Certamente, non spetta al Ccee dover dire come il Consiglio d’Europa o le istituzioni di Bruxelles debbano agire. Quello che è importante rilevare, sicuramente, è che per tutte le istituzioni presenti nel nostro Vecchio Continente esista un po’ questa disaffezione e sia quindi necessario in qualche modo ridare fiducia ai cittadini, ai cristiani. E il convenire dei presuli europei per dialogare, per esprimere questa comunione fraterna e approfondire alcune tematiche va in quella direzione.

    D. – Si parlerà anche di discriminazione dei cristiani in Europa e di persecuzione dei cristiani nel mondo …

    R. – In effetti, questa è un’altra tematica che ormai da alcuni anni si sta facendo strada anche nelle riflessioni dei vescovi europei, perché stiamo constatando effettivamente in Europa questo nuovo fenomeno, forse più visibile adesso rispetto a prima, che vede a volte i cristiani discriminati proprio per la loro fede. Non possiamo parlare di persecuzione dei cristiani in Europa, ma in modo molto sottile – oserei dire – si sta inserendo sia a livello legislativo, quindi rendendola quasi legale, ma forse più di a livello di mentalità, una forma di discriminazione se non addirittura di intolleranza per chi professa la religione cristiana in modo particolare. Questo è un fatto nuovo. L’Europa cristiana mette al bando – in un certo senso – i propri fedeli, i propri cittadini.

    D. – L’Assemblea sarà anche l’occasione per parlare dell’Anno della Fede e del 50.mo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II: sarà un’occasione forte di dibattito...

    R. – L’Assemblea stessa in qualche modo riassume queste due tematiche. Innanzitutto, bisognerebbe dire che quest’anno l’Assemblea plenaria assume quasi le sembianze di un pellegrinaggio: si svolge infatti a San Gallo in occasione del 1.400 mo anniversario dell’arrivo del Santo irlandese in quel luogo. Quindi, la dimensione spirituale di questo pellegrinaggio, le celebrazioni stesse avranno un ruolo molto importante nel nostro incontro; ma anche la dimensione della comunione fraterna, della sinodalità, del discernimento, di essere un tempo di dialogo: tutti elementi tipici proprio del Concilio Vaticano II. Ricordiamo anche che proprio il Ccee è nato poco dopo il termine dei lavori del Concilio Vaticano II proprio come la volontà di ripetere l’esperienza vissuta durante il Concilio da parte di alcuni vescovi. Ricordiamo poi anche il 20.mo anniversario della pubblicazione del Catechismo della Chiesa cattolica, che è ricorso quest’anno. Direi che proprio l’incontro stesso è quasi una forma di celebrazione di questi due momenti importanti: la fede e il Concilio Vaticano II.

    D. – Tra le relazioni di apertura, ci sarà quella della professoressa Marta Cartabia, docente di diritto e giudice della Corte costituzionale in Italia. In quale contesto si inserisce questo intervento?

    R. – Abbiamo voluto affrontare da una parte le questioni legate più alla fede, come la gente si pone oggi di fronte alla fede, quali sono i cambiamenti. Da altro lato insieme alla prof.ssa Cartabia verificheremo quali sono i sistemi sociali che sono in una fase di cambiamento, ma anche taluni nuovi diritti che sembrano profilarsi nelle nostre società e che spesso toccano anche la sfera etica o addirittura entrano in conflitto con la cultura sociale finora conosciuta e capire quali tipi di sfide pongono alla Chiesa.

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    Giornata mondiale del turismo. Gnudi: l'Italia vuole uniformarsi al codice etico universale

    ◊   Si celebra oggi la 33.ma Giornata del Turismo a livello mondiale sul tema “Turismo e sostenibilità energetica". La data del 27 settembre di ogni anno è stata scelta in coincidenza con l'anniversario dello statuto dell'Organizzazione mondiale del turismo avvenuta il 27 settembre 1970. A Roma, la giornata è stata celebrata presso il Ministero degli affari regionali, turismo e sport, con la firma del protocollo d'intesa per adottare anche in Italia il Codice etico universale per il turismo. Si tratta di un documento approvato dalle Nazioni Unite, finalizzato a promuovere un turismo responsabile, sostenibile e accessibile a tutti che favorisca il miglioramento individuale, la conoscenza tra i popoli e l’incontro tra le culture. Luca Collodi ne ha parlato con Piero Gnudi, ministro degli Affari regionali, turismo e sport:

    R. - Il codice etico, in sintesi, è un codice che prevede sostanzialmente il rispetto: il rispetto del turista quando va in un Paese, il rispetto verso le popolazioni, verso le culture, verso i luoghi e gli ambienti che visita. Per contro, il rispetto delle popolazioni nei confronti del turista. La gente quando arriva il turista, deve vedere una persona che sta portando ricchezza.

    D. - Come potrà migliorare questo codice etico universale per il turismo?

    R. - Io credo che questo codice contribuisca sostanzialmente a un miglioramento della qualità e dell’attenzione, che poi fra le altre cose è un processo inevitabile, perché oggi come oggi, se un turista va in un posto e non viene accolto in modo adeguato, con i moderni mezzi di comunicazione, in pochi minuti, rende tutto il mondo partecipe di questo suo scontento. Soprattutto oggi, i giovani viaggiano attraverso il social network, uno strumento importante perché obbliga tutti ad un’attenzione spasmodica alla qualità.

    D. - Secondo lei, oggi c’è una cultura del turismo? Spesso – purtroppo – una grande città come Roma, viene ricordata all’estero per le truffe ai turisti.

    R. – Dobbiamo richiamare l’attenzione di tutti – che non deve essere solo quella degli operatori ma anche di quelli che sono deputati al controllo – per far sì che il turismo cresca e lo faccia in modo sostenibile. C’è bisogno di grande controllo in ogni fase che riguardi l’attività turistica, cominciando dai trasporti, dagli alberghi, dai ristoranti... Il turista deve essere trattato in modo conforme a quelle che sono le sue aspettative.

    D. - Il mondo della politica, il mondo di chi ha a cuore il bene comune, ha la consapevolezza che il turismo rappresenta veramente una fonte di produzione di ricchezza, di nuovi posti di lavoro? Potrebbe rappresentare veramente una cassaforte a cielo aperto per sconfiggere la crisi…

    R. - Se andiamo a ripercorrere gli anni passati, ho la netta sensazione che il turismo non sia mai stato ai primi posti dell’agenda. Se in passato, avessimo destinato al sud Italia una frazione delle risorse che noi abbiamo destinato per cercare di fare un’industrializzazione forzata – che purtroppo non ha avuto successo – forse oggi, il Meridione avrebbe una condizione economica completamente diversa.


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    Memoria di S. Vincenzo de' Paoli, grande apostolo dei poveri. Intervista con mons. De Palma

    ◊   Ricorre oggi la festa liturgica di San Vincenzo de' Paoli, il Santo dei poveri. Luca Collodi ha chiesto all'arcivescovo di Nola e sacerdote vincenziano, mons. Beniamino Depalma, come è cambiata la povertà dai tempi del santo ad oggi:

    R. – La povertà oggi è cambiata, ci sono ancora zone dell’antica povertà ma ci sono povertà nuove. Credo che Vincenzo de’ Paoli oggi parlerebbe lo stesso linguaggio di una volta. Dalla crisi si esce con la solidarietà. Bisogna costruire la speranza, costruirla in modo affettivo ed effettivo. Oggi, Vincenzo de' Paoli griderebbe ancora una volta contro l’egoismo, contro le chiusure dei ricchi e direbbe a tutti il segreto per uscire dalla povertà: guardare gli altri con il cuore e con gli occhi.

    D. - Le istituzioni, chi lavora per il bene comune del prossimo, degli altri, cosa possono fare per abbattere la povertà?

    R. - Oggi, le istituzioni devono pensare meno a se stesse. Basti vedere quello che sta succedendo. C’è chi vive approfittando della povertà. Le istituzioni devono preoccuparsi realmente e concretamente dei bisogni della gente. Devono realmente condividere la sofferenza, il pianto le lacrime, i tanti interrogativi del popolo.

    D. – Oggi, c’è una povertà di cultura politica?

    R. – Certamente, oggi la più grande povertà - direbbe Paolo VI e anche Benedetto XVI - è la povertà di pensiero: se si pensasse di più alla vocazione umana, al senso vero della politica che è un servizio alla cosa pubblica, al bene comune, certi scempi non sarebbero sotto i nostri occhi.

    D. - La mancanza di speranza oggi è forse il peccato più grave che gli uomini possono commettere?

    R. - San Vincenzo de’ Paoli griderebbe il bisogno della speranza. Costruire la speranza sarebbe il messaggio di Vincenzo de' Paoli oggi alla nostra cultura e alla nostra gente.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    L'arcivescovo dei maroniti di Cipro sulle speranze della "Primavera araba"

    ◊   Parla della “necessità di avere pazienza” mons. Youssef Soueif, di origini libanesi e arcivescovo dei maroniti di Cipro, e dice che “ci vuole tempo” per vedere i frutti della cosiddetta “Primavera araba”. È questo il suo convincimento espresso ieri sera a Bruxelles, nella sede della Comece, presentando la “Ecclesia in Medio Oriente”. Nel concludere il dibattito attorno alla questione medio orientale e alla presenza e partenza dei cristiani da queste terre -riferisce l'agenzia Sir - l’arcivescovo ha affermato che “adesso è il momento giusto per essere presenti, per dialogare, per lavorare attraverso le istituzioni sociali, culturali e l’esercizio della cittadinanza”. Occorre fare presto perché i due terzi della comunità cristiana hanno lasciato l’Iraq mentre altrettanto sta accadendo in Siria e altrove: “È una fuga per salvare la propria vita, per cercare lavoro, ma soprattutto è una fuga ‘psicologica’ dalla loro terra che pure è stata la culla del cristianesimo”. Un’emorragia che impoverisce tutti: la Chiesa, le comunità locali, la società civile. “I mass media - ha commentato - non aiutano a creare consapevolezza sulla situazione dei cristiani in Medio Oriente”, anche per questo “occorre rafforzare le iniziative di pellegrinaggi, gemellaggi, legami tra le Chiese in Europa e le Chiese locali per conoscere, sostenere, incoraggiare”. “L’Esortazione post-sinodale ‘Ecclesia in Medio Oriente’ traccia una road map che servirà per i prossimi 20-25 anni, per il tempo che sarà necessario a raggiungere la maturità” ha sottolineato l’arcivescovo Soueif nella prima parte dell’incontro alla Comece. “I temi di cui il Papa scrive nel secondo capitolo del documento”, ha spiegato mons. Soueif, “rappresentano delle sfide positive molto alte: l’ecumenismo spirituale e del servizio, il dialogo interreligioso nella sua dimensione di dialogo della e nella vita quotidiana, la ‘sana laicità’, la libertà religiosa” e, parafrasando il n.28 del documento post-sinodale, ha affermato: “Se il Medio Oriente imparasse a vivere la fratellanza universale diventerebbe anche una esperienza positiva per il mondo intero”. L’arcivescovo ha quindi raccontato di come, nella ordinarietà della vita e degli incontri, “i musulmani ci dicono che la nostra presenza è un bisogno per loro perché esprime la possibilità di un dialogo”, e che ”nonostante le divisioni, le esperienze in comune sono molto ricche e vive”. L’arcivescovo cipriota, nel presentare la struttura del documento post-sinodale, ha anche raccontato la propria esperienza al Sinodo speciale per il Medio Oriente che si è tenuto nel 2010 e di cui è stato segretario: “I Padri sinodali hanno tracciato un disegno schietto e franco della situazione e dei problemi, soprattutto ecclesiali e spirituali, della regione”. Secondo mons. Soueif, uno dei frutti del Sinodo è stato il fatto che Benedetto XVI abbia scelto come titolo per il suo viaggio in Libano la frase di Gesù risorto “Vi dono la pace”, a indicare che nella regione “è necessaria la pace politica, ma soprattutto è necessaria la pace dei cuori, interiore, che è un dono di Gesù per tutti”. E a chi nel dibattito ha chiesto quali fossero le reazioni, la disponibilità delle altre comunità a questi inviti, l’arcivescovo ha risposto: “Io credo nel valore del prendere iniziative, nel rispetto per le diverse sensibilità, sempre pronti al dialogo, anche in settori diversi come la musica, l’arte, la dimensione sociale. Prudenti, ma aperti”. Un esempio di questa prudenza, è stato rintracciato ad esempio nel fatto che il documento post-sinodale non usi mai il termine “democrazia”, ma faccia riferimento ai valori di libertà, cittadinanza, rispetto della dignità umana e di diritti fondamentali, anche presenti nelle altre culture e religioni. (R.P.)

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    Nigeria: anche scuole islamiche nel mirino di Boko Haram

    ◊   Nel mirino della setta islamista Boko Haram non vi sono solo chiese e scuole pubbliche, ma anche scuole islamiche, come accaduto martedì scorso a Maiduguri, capitale dello Stato del Borno (Nigeria nord-orientale), dove un gruppo di una trentina di giovani (si suppone affiliati alla setta) ha assalito e bruciato il Mohammed Goni College of Legal and Islamic Studies. Gli assalitori, dopo aver immobilizzato le guardie del collegio, hanno cosparso i locali di liquido infiammabile ed hanno appiccato il fuoco. I giovani, tra i 12 e i 16 anni, si sono fermati a osservare l’incendio per un ora e mezza prima di allontanarsi. Boko Haram, che significa “l’educazione occidentale è proibita”, sembra quindi estendere i propri obiettivi, colpendo pure chi ha una visione diversa dell’Islam. L’ultima azione contro un luogo di culto cristiano - riporta l'agenzia Fides - risale a domenica scorsa, 23 settembre, quando un attentatore suicida si è fatto esplodere con la sua auto all’uscita della cattedrale cattolica di Bauchi. La Christian Association of Nigeria (Can), l’organismo che raggruppa le diverse chiese cristiane nigeriane tra cui quella cattolica, ha condannato quest’ultimo attentato. “Siamo sconvolti dall’attentato alla cattedrale cattolica di St. John di Bauchi, nel quale sono morte quattro persone, quando un automobile piena di esplosivo è piombata sui fedeli in fila in attesa di passare i controlli di sicurezza prima di entrare in chiesa” si legge in un comunicato. La Can riafferma l’impegno a lavorare insieme ai musulmani per riportare la pace nel Paese, ma invita pure i leader musulmani nel nord della Nigeria a denunciare chi, tra i propri fedeli, è dedito alla violenza. (R.P.)

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    Russia: nuovo disegno di legge per contrastare la blasfemia

    ◊   Fino a cinque anni di carcere per la profanazione e la distruzione di simboli religiosi. È solo uno dei provvedimenti inseriti nel disegno di legge presentato ieri a Mosca che aumenterà le sanzioni amministrative e le pene per le offese al credo e al sentimento religioso. Il testo, riporta l’agenzia AsiaNews, ha avuto l’appoggio di tutti i partiti della camera bassa del parlamento, oltre al consenso del Patriarcato russo-ortodosso e della comunità musulmana. Per insulti pubblici alla fede e umiliazioni durante i servizi liturgici sono previste multe fino a 300mila rubli, l’equivalente di 10mila dollari, lavoro forzato fino a 200 ore o reclusione per tre anni. Per la profanazione e la distruzione di oggetti religiosi, in luoghi di culto o pellegrinaggi, le multe vanno da 100 a 500mila rubli, lavoro obbligatorio fino a 400 ore o fino a cinque anni di detenzione. Secondo un sondaggio dell’Istituto statale Vtsiom, riportato sempre dall’agenzia AsiaNews, l’82% della popolazione sarebbe favorevole all’inasprimento delle pene contro la blasfemia. “Questo ampio consenso nella società – dichiara il capo del Dipartimento sinodale per i rapporti tra Stato e società, l’arciprete Vsevolod Chaplin – è un chiaro segno che in molti stessero aspettando questa iniziativa”. (L.P.)

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    India: mobilitazione della Chiesa per un film blasfemo “che offende la fede cristiana”

    ◊   “Un film che offende la fede cristiana e i sentimenti dei fedeli”. Queste le parole di padre Domic D’Abrio, portavoce della Conferenza episcopale indiana, riguardo l’uscita di un film, in India, prevista per domani, 28 settembre, ritenuto blasfemo e offensivo per i cristiani, nel quale vengono ridicolizzati i sacerdoti e si insultano i simboli della fede. “I vescovi indiani – riporta l’agenzia Fides – sono addolorati e amareggiati per la mancata segnalazione degli organi competenti addetti al controllo dei film destinati al grande pubblico, deplorano l’atteggiamento poco responsabile dei produttori”, chiedendo inoltre “di garantire il pieno rispetto dei simboli e dei contenuti della fede cristiana in India”. La situazione dei cristiani in India è molto delicata e l’uscita di questo film aumenterà il clima di tensione già esistente. Nei giorni scorsi, infatti, la comunità cristiana è stata colpita con la profanazione della chiesa di Santa Maria di Lourdes, nel Tamil Nadu, da parte di gruppi purtroppo non identificati. “Abbiamo visto le conseguenze del film blasfemo "L’Innocenza dei musulmani". Anche i musulmani in India sono molto colpiti e provano rabbia. Ora sono i cristiani a essere profondamente offesi. Tali atti irresponsabili non dovrebbero accadere. La libertà – conclude padre D’Abrio – esige il rispetto verso tutti”. A tal proposito, come evidenzia ancora l’agenzia Fides, si è espresso anche mons. Felix Machado, vescovo di Masai e presidente della Commissione episcopale per l’ecumenismo: “Esprimiamo, con parole ferme e inequivocabili, il disappunto della Chiesa indiana per questo film offensivo verso la fede cristiana, ma con parole pacifiche. Non vogliamo che i fedeli cattolici – sottolinea il vescovo – seguano la via delle proteste violente, occorre sempre seguire la strada del Vangelo, della mietezza e del dialogo”. (L.P.)

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    Onu: 1,5 miliardi di dollari per l’istruzione nel mondo

    ◊   Un miliardo e mezzo di dollari a favore di una nuova iniziativa, chiamata “Education First” per rendere l’istruzione una priorità globale. L’Onu, come si legge in un comunicato Unicef, rilancia la propria missione in ambito di istruzione e si propone di raggiungere entro il 2015, anno di riferimento per il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, l’obiettivo dell’istruzione primaria universale. Ad annunciarlo, è stato il Segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, che ha dichiarato: “Sono fiducioso e grato per tutti gli impegni presi oggi, a sostegno del progetto Education First perché si arrivi alla realizzazione dell’obiettivo di Sviluppo del Millennio sull’Istruzione. Vogliamo – ha proseguito - che i bambini frequentino la scuola primaria e proseguano il percorso scolastico che li aiuterà ad avere successo nella vita”. Secondo un rapporto dell’Unesco, verso la fine degli anni 90 erano circa 108 milioni i bambini in età scolare non iscritti a scuola. Oggi, il numero è stato quasi dimezzato, e si contano circa 61 milioni. Un risultato importante raggiunto soprattutto grazie alla cooperazione internazionale e all’impegno delle nazioni nel portare avanti obiettivi condivisi per l’istruzione. (L.P.)

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    Egitto: studiosi islamici e copti si accordano sulla nuova Costituzione egiziana

    ◊   Verso un accordo per risolvere le dispute legate alla nuova Costituzione egiziana. Secondo quanto riferisce il quotidiano Al-Masry Al-Youm, i partiti politici egiziani, i rappresentanti di Al-Azhar e quelli della Chiesa copta, si sono riuniti presso la Camera Alta (Shura) del Parlamento per discutere alcuni degli articoli sui quali sono sorte controversie. In particolare i partecipanti hanno deciso di mantenere l’articolo 2 nella formulazione originale della Costituzione del 1971, che recita: “l’Islam è la religione dello Stato, l’arabo è la sua lingua ufficiale e i principi della Sharia islamica sono una principale fonte della legislazione”. La revisione costituzionale del 1980 - riferisce l'agenzia Fides - aveva cambiato l’ultima parte dell’articolo, affermando che “i principi della Sharia islamica sono la principale fonte della legislazione”. È stato stabilito inoltre che gli egiziani di fede cristiana ed ebraica possono far ricorso alle loro norme religiose per quanto riguarda le questioni religiose e personali (ad esempio il matrimonio). È stata invece respinta la proposta di affidare ad Al-Azhar l’ultima istanza per l’interpretazione dei principi della Sharia e della giurisprudenza islamica, affidando questo compito al Consiglio degli Esperti. Verranno infine cancellati gli articoli che limitano la libertà di stampa, prevedendo la prigione per i giornalisti per i reati di opinione, e che puniscono chi offende Dio. Su questo ultimo punto è prevista l’approvazione di un’apposita legge che punisce le offese alla religione. (R.P.)

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    Honduras: Commissario Onu denuncia "insicurezza cronica" per i difensori dei diritti umani

    ◊   Anche l’Alto Commissario dell’Onu per i diritti umani, Navi Pillay, ha denunciato “l’insicurezza cronica” sofferta da avvocati, giornalisti e altri difensori dei diritti fondamentali in Honduras, dopo l’assassinio, negli ultimi giorni, di due personalità che si battevano al fianco dei contadini senza terra. L’avvocato Antonio Trejo, ha ricordato in una nota Pillay, è stato assassinato sabato scorso per il suo lavoro a difesa dei diritti dei ‘campesinos’ del Bajo Aguán, dopo aver ripetutamente denunciato di essere stato bersaglio di minacce di morte. Due giorni dopo - riferisce l'agenzia Misna- stessa sorte è toccata a Manuel Díaz Mazariegos, pubblico ministero di Choluteca, anch’egli impegnato nella tutela dei diritti umani. “Purtroppo questi abominevoli omicidi non sono casi isolati. Esiste un clima minaccioso di insicurezza e violenza in Honduras e i difensori dei diritti umani sono oggetto di intimidazioni, aggressioni fisiche e assassinii. L’impunità di fronte a queste violazioni è inaccettabile” ha detto l’Alto Commissario. Secondo il Collegio degli avvocati dell’Honduras, sono 74 i legali uccisi negli ultimi tre anni senza che le autorità preposte abbiano dato alcuna risposta. Negli ultimi due anni altre 60 persone sono morte nell’ambito di conflitti legati al possesso della terra. “E’ essenziale che chi commette questi crimini sia portato di fronte alla giustizia. Non farlo semplicemente contribuirà ad esacerbare una situazione già grave” ha sottolineato Pillay. L’Alto Commissario si è rivolto anche al governo affinché “adotti urgentemente misure per far fronte alla vulnerabilità che soffrono i difensori dei diritti umani” e a rispettare gli impegni contratti durante l’esame periodico dell’Honduras da parte del Consiglio dei diritti umani del 2010, “in particolare quelli orientati a rafforzare le istituzioni dello Stato di diritto e l’efficacia dell’amministrazione della giustizia”. (R.P.)

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    Nicaragua: Lettera dei vescovi sulle elezioni del 4 novembre

    ◊   La Conferenza episcopale del Nicaragua (Cen) ha pubblicato un Messaggio invitando tutti ad una seria riflessione in vista delle prossime elezioni comunali. “La vita politica del Paese è oggi dominata da un modo di esercitare l'autorità in modo autocratico e abusivo, che si manifesta attraverso la concentrazione del potere ed il desiderio smodato di conservarlo e di perpetuarsi in esso, la manipolazione della legge e delle istituzioni e la distruzione dei principi fondamentali che costituiscono le basi dello stato di diritto” si legge nel Messaggio, ripreso dall'agenzia Fides. Nella conferenza stampa per la presentazione del testo, tenutasi ieri a Matagalpa, mons. Silvio Baez, vescovo ausiliare di Managua, segretario generale della Cen, ha letto la parte del Messaggio che commenta il Vangelo di Luca: "Gesù condanna questo modo di concepire e di esercitare l'autorità nella società, perché crea un clima di confronto, o per la ricerca del potere o per non perderlo a tutti i costi, e questo porta all'autoritarismo, al caudillismo, alla manipolazione delle coscienze, alla corruzione, all'ingiustizia, all'illegalità e alla violenza". Considerando la vicinanza delle elezioni comunali, che si terranno il prossimo 4 novembre, i vescovi scrivono: "è un'occasione per riflettere sul modo in cui viene attualmente esercitato il potere e su come viene praticata la politica in Nicaragua". La Conferenza episcopale critica anche i partiti dell'opposizione per le discussioni interne e gli insulti reciproci, "che non hanno origine in motivazioni democratiche, ma nella ricerca di maggiori posizioni di potere e di ambizioni personali". Il testo continua: "Questi partiti non sono riusciti a interpretare i sentimenti della popolazione, non riescono a rinnovare i loro leader e non offrono strategie politiche con alternative chiare, tali da portare allo sviluppo di un progetto nazionale". Nella parte finale della lettera, i vescovi ricordano che “Ogni cittadino deve essere consapevole che, indipendentemente da quello che ha deciso riguardo alle elezioni comunali, ha il diritto e l'obbligo di partecipare alla costruzione della società, non solo attraverso un comportamento giusto e responsabile in famiglia, sul lavoro e nelle relazioni sociali, ma attraverso azioni specifiche di impegno attivo nella vita pubblica”. (R.P.)

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    Uruguay: un vescovo entra nella “Commissione per la vita e l’acqua”

    ◊   Il vescovo della diocesi uruguayana di Tacuarembó, mons. Julio César Bonino Bonino, ha annunciato la sua decisione di voler entrare a far parte della "Commissione Tacuarembó per la vita e l'acqua", che mira a promuovere la campagna per dichiarare la regione di Tacuarembó “libera dalle miniere a cielo aperto”. Nella nota, inviata dalla Conferenza episcopale dell’Uruguay all'agenzia Fides, il vescovo spiega che "i residenti delle nostre aree rurali sono venuti a condividere le preoccupazioni che stanno vivendo dopo aver trovato delle richieste per le loro proprietà, che verrebbero utilizzate per i progetti dell’industria mineraria". Il vescovo è fortemente preoccupato per "l’espansione accelerata delle industrie estrattive, le cui attività hanno spesso un impatto negativo sulla vita delle popolazioni". La "Commissione Tacuarembó per la vita e l'acqua" è composta da cittadini, giornalisti, agricoltori, imprenditori, lavoratori, rappresentanti sindacali, operai, tutti preoccupati della possibile installazione di miniere a cielo aperto nella zona, in particolare nel dipartimento di Tacuarembó. Nel Paese c'è divisione fra coloro che vogliono proporre l'industria mineraria come priorità e quanti invece vogliono difendere l'ambiente ad ogni costo. Lo scorso 12 settembre è partita la campagna per la raccolta di firme contro l'industria delle miniere a cielo aperto nel dipartimento di Treninta y Tres. L'Uruguay si trova in questo momento a dover affrontare la realizzazione di un mega progetto per l'estrazione del ferro in diverse zone del Paese e di altri minerali, dietro richiesta del vicino Brasile, che ha avviato diversi progetti edili in vista del Campionato Mondiale di Calcio (2014) e dei Giochi Olimpici (2016). (R.P.)

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    Il Senegal ha ricordato il disastro del traghetto Joola

    ◊   Sono passati dieci anni dal disastro del Joola, il traghetto inabissatosi nelle acque tra il Senegal e il Gambia portando con sé sul fondo del mare 1863 persone. Una delle peggiori sciagure marittime della storia, ancor peggiore di quella del Titanic, in termini numerici, a bordo del quale ne morirono 1502. Sulla vicenda del Joola tuttavia - riferisce l'agenzia Misna - non sono stati scritti libri né prodotti film. A ricordare la sorte di tutte quelle persone, ieri, solo pochi familiari e una manciata di sopravvissuti riunitisi al cimitero di Dakar dove il governo ha dedicato un’ala della struttura al ricordo della scigura. L’imbarcazione era salpata il 26 settembre 2002 da Ziguinchor, nella provincia meridionale della Casamance, diretta verso le coste del vicino Gambia. A bordo, secondo stime successive all’incidente, c’erano sette volte il numero di passeggeri consentiti. Il traghetto entrò nel pieno di una tempesta in mare aperto e naufragò in poche ore. Ancora oggi, a distanza di dieci anni, le associazioni dei familiari delle vittime sono tornate a chiedere con insistenza il recupero del relitto e la riapertura di un’inchiesta che accerti le responsabilità del disastro. All’epoca, nel 2003, una sommaria e frettolosa indagine concluse che il capitano – morto a bordo della nave – era il solo responsabile dell’accaduto. Un’inchiesta condotta in Francia – in seguito alla morte a bordo del traghetto di 22 studenti francesi – portò invece ad emettere sette mandati di cattura per altrettanti Ministri e alti gradi dell’esercito, nessuno dei quali è mai stato assicurato alla giustizia. (R.P.)

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    Simposio cristiano-islamico a Istanbul

    ◊   Inizia domani, 28 settembre a Yeşilköy, una cittadina nei pressi di Istanbul, il Simposio cristiano-islamico sul tema “Essere straniero e dialogo con l’altro”, organizzato dai Religiosi delle tre Famiglie francescane presenti a Istanbul, e cioè Frati Minori Conventuali, Frati Minori e Frati Minori Cappuccini, con la partecipazione degli altri Istituti che fanno capo all’Urt, Unione Religiosi di Turchia. Da parte musulmana continua la collaborazione dell’Istituto dei giornalisti e scrittori, nonché quella della Facoltà teologica dell’università di Marmara. L’iniziativa, nata per “conoscersi e rispettarsi”, come diceva il tema del Simposio del 2004, non solo ha conseguito lo scopo per cui è nata nel 2003, ma ha dato vita a una tradizione che richiama un pubblico qualificato di professori, religiosi e studenti i quali, oltre a condividere l’interesse per le relazioni, aderiscono anche a momenti di preghiera nella moschea e nella chiesa cattolica. Particolare non trascurabile in un momento in cui altrove i seguaci delle due religioni vivono momenti difficili e complicati. Fin dal primo incontro i partecipanti guardano al di là del dialogo, cioè al mistero delle persone e della loro libera risposta alle sollecitazioni di Dio. Il Simposio terminerà sabato 29 settembre con una liturgia della Parola nella chiesa di Santo Stefano, retta dai Frati Cappuccini. (Da Istanbul, padre Egidio Picucci)

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    Grecia: la Chiesa cattolica contro l’intolleranza e la xenofobia nel Paese

    ◊   Continuano le manifestazioni di protesta contro la politica economica del governo greco e si aggrava il momento di particolare difficoltà che il Paese sta attraversando ormai da tempo. “I problemi in Grecia sono tanti e purtroppo non è facile trovare una soluzione. Nel corso degli ultimi mesi, tanti emigrati, clandestini e no, sono scappati dal Paese in cerca di un destino migliore, perché purtroppo qui di lavoro non ce n’è più molto”. E’ quanto comunica all’agenzia Fides mons. Mario Rigos, direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie (Pom) della Grecia. “Dopo le ultime elezioni – continua mons. Rigos - si sta creando una situazione di odio verso i clandestini e verso tutti quelli che potrebbero sembrare pericolosi per il quieto vivere dei greci. Fortunatamente moltissime voci contrarie si oppongono a questa mentalità, ma in periodi di grande crisi sociale ed economica come questo, purtroppo sono da aspettarsi fenomeni di xenofobia e intolleranza” aggiunge il direttore nazionale delle Pom. “La Chiesa cattolica in Grecia, ultimamente penalizzata dalle recenti tasse ed imposte, cerca di farsi sentire contro il razzismo con i pochi mezzi che ha a disposizione, e lotta per i diritti umani attraverso le lettere della Gerarchia cattolica e con opere di carità. Lo stesso cerca di fare ufficialmente anche la Chiesa Ortodossa del Paese che qui rappresenta la maggioranza dei cristiani” conclude mons. Rigos. (R.P.)

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    Giornata mondiale per l'aborto: Campagna dei movimenti pro-life "Voglio vivere"

    ◊   “La Campagna 'Voglio Vivere' auspica che quante più possibili associazioni pro-life denuncino la gravità della Giornata mondiale per l’aborto accessibile, legale e sicuro, indetta, per domani, dai movimenti abortisti di tutto il mondo. La Giornata intende non solo rendere legale e totalmente libero in tutto il mondo l’uccisione deliberata di milioni di esseri umani, ma anche lanciare un’offensiva contro coloro che si battono a favore del diritto alla vita”. Così il responsabile della Campagna 'Voglio Vivere', Samuele Maniscalco, commenta all'agenzia Sir l’imminente Giornata mondiale per l’aborto. 'Voglio Vivere' in questi giorni mobiliterà i propri sostenitori invitandoli a spedire un’e-mail ai quotidiani affinché venga denunciata l’offensiva delle lobby abortiste e inviterà i suoi oltre 10mila sostenitori ad unirsi spiritualmente domani, 28 settembre, in una giornata di preghiera, affinché il cuore Immacolato della Vergine Maria "trionfi ancora una volta sull’errore". La Giornata di domani, ricorda Maniscalco, “giunge in concomitanza con la pubblicazione delle nuove direttive tecniche riguardanti l’aborto, emanate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Il documento, tra le altre cose, sancisce il principio per il medico obiettore di coscienza di praticare lui stesso l’aborto, in tutti quei casi in cui non fosse possibile altrimenti”. (R.P.)


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    33.ma Giornata mondiale del turismo: conciliare viaggi e sostenibilità

    ◊   Trasformare il viaggio e la vacanza in “un’arricchente occasione di incontro e di scambio”, ritrovare una “sobrietà gioiosa” che nasca dalla riscoperta di uno stile di vita sostenibile. È quanto afferma mons. Mario Lusek, direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale del tempo libero, turismo e sport della Cei, in un’intervista riportata dal quotidiano Avvenire, in occasione della 33ma Giornata mondiale del turismo. Mons. Lusek sottolinea come “ogni sviluppo, anche del turismo, debba fare i conti con alcuni limiti precisi per essere davvero sostenibile. Questo può avvenire solo recuperando uno stile di vita che tenga conto del bisogno di costruire un mondo più giusto, dove le risorse siano salvaguardate e accessibili a tutti”. Obiettivi ambiziosi, ma fondamentali, in particolar modo in un periodo di crisi come quello attuale. E, soprattutto, raggiungibili. Per raggiungerli, afferma ancora mons. Lusek, è necessaria “la consapevolezza delle conseguenze delle nostre scelte”, iniziando dal rispetto dell’ambiente. Questo significa “coltivare anche nella vita feriale la visione del territorio come dimora, casa, spazio d’incontro e non solo come oggetto di sfruttamento”. A conclusione, mons. Lusek ricorda le due vie pastorali principali in questa direzione, e cioè la riscoperta della bellezza e dell’enorme patrimonio artistico religioso sul territorio e la promozione di circuiti minori, meno conosciuti. (L.P.)

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    Mons. Pelvi indica ai cappellani militari "la disciplina della comunione"

    ◊   La comunione come “programma di vita cristiana” e come “disciplina” per i presbiteri per sfuggire alle “paralisi della carità, che minacciano di allentare o di bloccare la comunione fraterna”. È in sintesi quanto l’arcivescovo ordinario militare per l’Italia, mons. Vincenzo Pelvi, ha proposto ai cappellani militari che oggi ad Assisi hanno chiuso il loro convegno, appuntamento nazionale promosso dalla Chiesa ordinariato militare (Omi). Tracciando le prospettive per l’anno pastorale entrante (2012-2013) - riferisce l'agenzia Sir - il vescovo castrense si è soffermato sul tema della comunione ricordando come questa “genera nella Chiesa doveri ed impegni e diventa programma di vita cristiana. Come presbiteri - ha sottolineato - siamo chiamati a coltivare rapporti interpersonali genuini e a costruire una concreta comunione di intenti. Il nostro - ha aggiunto - non è un ministero personale. Dobbiamo vigilare di fronte ad alcune tentazioni come lo spirito di isolamento, di indifferenza, di pura osservazione, di sufficienza”. È necessario aprirsi a un’autentica “disciplina della comunione” che esige di eliminare questi comportamenti che contrastano con “l’essere un’unica fraternità presbiterale”. Mons. Pelvi ha invitato i cappellani a “riconoscere, con sincerità, coraggio e umiltà, le ‘paralisi della carità’ che minacciano di allentare o di bloccare la nostra comunione fraterna: disistima, maldicenza, rivalità, odio, rifiuto del perdono” per aprirsi a quella “disciplina della comunione” fatta, tra le altre cose, di “obbedienza, senso dell’ordine gerarchico, solidarietà fraterna, stima vicendevole, indulgenza reciproca, mutua difesa, prontezza al servizio, al soccorso, coscienza del bene comune, rispetto, cortesia, schiettezza, perdono, preghiera, correzione discreta e amicizia”. Sono queste, ha concluso, “le forme della carità sacerdotale che devono regnare fra i sacerdoti”. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 271

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