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Sommario del 25/09/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa e il valore della Parola vissuta: rende il regno di Dio tangibile e non un'utopia senza speranza
  • Benedetto XVI riceve il cardinale Ouellet
  • Cortile dei Gentili ad Assisi: il cardinale Ravasi dialogherà con il presidente Napolitano
  • Mons. Mamberti all'Onu: legislazione internazionale sia improntata al rispetto della dignità umana
  • Il Pontificio Consiglio della Cultura alla "Settimana del buon vivere" a Forlì-Cesena
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria. Il Patriarca Laham: tutti liberi gli ostaggi cristiani grazie al dialogo con i rapitori. No a guerre di religione
  • Siria: attentato a Damasco, Save the children denuncia gravi violenze sui bambini
  • Fmi: ancora preoccupazioni per la crisi economica
  • Cina-Giappone, contesa Diaoyu-Senkak: flottiglia di Taiwan contro navi di Tokyo
  • Kazakhstan: nuove sfide dopo le dimissioni del premier Massimov
  • Corruzione, l'opinione del prof. Baggio: deficit di etica ma anche di politica
  • Il cardinale Bagnasco: classe politica sottovaluta immoralità e malaffare
  • Al via la V edizione della Carovana missionaria della Pace in Campania
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Obama al Palazzo di Vetro: attacchi anti-Usa sono contro ideali Onu
  • L'Unicef condanna attentato alla scuola elementare in Iraq
  • India. Alluvioni del Nordest: 33 morti e oltre un milione di sfollati
  • Padre Pizzaballa in India: prima visita di un Custode di Terra Santa in 800 anni
  • Plenaria dei vescovi europei su "Le sfide del nostro tempo"
  • Africa Centrale: i vescovi condannano le violenze in Congo e lanciano un appello di pace
  • Il Mali chiede una risoluzione Onu che autorizzi l’invio di truppe Cedeao nel Nord
  • Senegal: conclusa la plenaria dell’Unione del clero sulla realtà multiconfessionale
  • Mauritania: l’islam moderato maghrebino chiede di respingere violenza e intolleranza
  • Messico: assassinato un sacerdote. La violenza non risparmia la Chiesa
  • Cina: le celebrazioni per il 100.mo della diocesi di Tian Jin culminate con un grande concerto
  • Canada: Anno della fede e Nuova evangelizzazione al centro della plenaria dei vescovi
  • Germania: aperta a Fulda l'Assemblea dei vescovi tedeschi
  • Romania: Assemblea dei vescovi sul Sinodo per la nuova evangelizzazione
  • Portogallo: concluso il pellegrinaggio dell'urna di Don Bosco
  • Diocesi di Roma: il cardinale Vallini raccomanda ai sacerdoti lo slancio missionario
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa e il valore della Parola vissuta: rende il regno di Dio tangibile e non un'utopia senza speranza

    ◊   “Mia madre e miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica”. È il brano del Vangelo di Luca della liturgia odierna, che rimanda all’essenza del cristianesimo e alla grande responsabilità di chi ha ricevuto il dono della fede ed è chiamato a testimoniarlo. Su questo tema, di particolare attualità in vista del prossimo Sinodo sulla nuova evangelizzazione, Alessandro De Carolis ricorda alcune riflessioni di Benedetto XVI:

    È una di quelle risposte spiazzanti che Gesù dà ai suoi interlocutori. Una situazione ordinaria, come può esserlo il ricevere notizia di una visita imminente, diventa una chiave che apre su una visione nuova, il punto di vista di Dio che illumina un aspetto impensato e impensabile all’uomo. In questo caso è l’affermazione che la “parentela” con Cristo è un fatto di fede e di scelte non di sangue. Gesù non fa sconti: suo “fratello” – sua “madre” persino – è colui che ascolta la Parola di Dio e la fa diventare realtà. Non si scappa da questa “filiera” della fede: ascolto e azione, i Santi lo insegnano. E Benedetto XVI lo ha ripetuto tante volte con chiarezza. “Per l’annuncio”, ha affermato in una circostanza, “abbiamo bisogno di due elementi”:

    “Testimonianza e parola. E’ necessaria la parola, che fa apparire la verità di Dio, la presenza di Dio in Cristo e quindi l’annuncio è una cosa assolutamente indispensabile, fondamentale”. (Discorso al Clero romano, 26 febbraio 2009)
    E tuttavia, come Paolo VI ricordava e ricorda, un maestro che sia solo tale non basta:
    “È necessaria anche la testimonianza che dà credibilità a questa parola, perché non appaia solo come una bella filosofia, una utopia. E in questo senso mi sembra che la testimonianza della comunità credente sia di grandissima importanza. Dobbiamo aprire, in quanto possiamo, luoghi di esperienza della fede". (Discorso al Clero romano, 26 febbraio 2009)

    Far parte del Regno di Dio, e dunque essere parente di Cristo, vivere nella sua casa, “non è – ebbe a dire il Papa tempo fa – una questione di onori e di apparenze, ma, come scrive San Paolo, è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo”.

    “Perciò, non sa che farsene di quelle forme ipocrite di chi dice ‘Signore, Signore’ e poi trascura i suoi comandamenti (...) Se mettiamo in pratica l’amore per il nostro prossimo, secondo il messaggio evangelico, allora facciamo spazio alla signoria di Dio, e il suo regno si realizza in mezzo a noi. Se invece ciascuno pensa solo ai propri interessi, il mondo non può che andare in rovina”. (Angelus, 23 novembre 2008)

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    Benedetto XVI riceve il cardinale Ouellet

    ◊   Benedetto XVI riceve nel pomeriggio il cardinale Marc Oullet, prefetto della Congregazione per i Vescovi.

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    Cortile dei Gentili ad Assisi: il cardinale Ravasi dialogherà con il presidente Napolitano

    ◊   Un evento all’insegna dello spirito francescano dell’incontro: è stato presentato stamani, alla Sala Stampa vaticana, il Cortile dei Gentili ad Assisi del 5-6 ottobre prossimo. A illustrare l’evento, a cui prenderà parte anche il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, sono stati stamani, tra gli altri, il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del dicastero della Cultura, padre Enzo Fortunato, direttore della sala stampa del Sacro Convento d’Assisi, e lo scrittore Vincenzo Cerami. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Un “evento emblematico” e originale nella città di San Francesco all’insegna del dialogo e della nuova evangelizzazione. La due giorni ad Assisi del Cortile dei Gentili, il 5 e 6 ottobre, avrà per tema “Dio, questo sconosciuto” e vivrà un momento di grande richiamo con il dialogo d’apertura tra il cardinale Gianfranco Ravasi e il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano. Il programma del “Cortile di Francesco” è particolarmente ricco di eventi con 9 incontri sparsi nella città umbra e 40 relatori di alto livello, esponenti della cultura, dell’economia e della società. Ci saranno inoltre due eventi paralleli particolarmente significativi: il Cortile dei Bambini, già presente a Palermo, e il Cortile della Narrazione. La tappa di Assisi segue quella di grande successo in Svezia, in un ambiente – ha detto il cardinale Ravasi – dove vi è stata una sorprendente attenzione per il Cortile dei Gentili, nonostante la società svedese sia fortemente secolarizzata. Rispondendo dunque alle domande dei giornalisti, il cardinale Gianfranco Ravasi ha tracciato un primo bilancio dell’esperienza del Cortile, che ha già toccato numerose città in tutto il mondo:

    “Il bilancio che ho finora è positivo, soprattutto perché i temi mutano da luogo in luogo, e quindi bene o male, acquistano una connotazione esistenziale. La speranza è che si possa continuare, e continuare da parte delle chiese e da parte del mondo laico, non credente, che ha collaborato con maggiore entusiasmo... La seconda cosa: c’è davanti tutto l’orizzonte dell’indifferenza e credo che questo sia il nostro vero problema.”

    Quindi, il porporato ha sottolineato che sono già in programma nuove tappe del Cortile nei prossimi mesi: a Catanzaro, sul tema della legalità, in Portogallo e ancora in Messico e a Marsiglia, in Francia. Il cardinale Ravasi non ha poi mancato di auspicare un incontro del Cortile all’università “La Sapienza” di Roma, dove al Papa fu impedito di parlare nel gennaio del 2008. Ritornando all’evento di Assisi, è stato osservato che avviene nell’imminenza del Sinodo per la Nuova Evangelizzazione e dell’inizio dell’Anno della Fede. Non meno importante, ha poi notato, il francescano padre Enzo Fortunato è che avvenga all’indomani della Festa di San Francesco:

    “Il fatto che avvenga il 'Cortile di Francesco', il Cortile dei Gentili, dopo il 4 ottobre, io credo che è un po' come continuare a celebrare questa figura con momenti diversi. Emozione e riflessione vanno insieme”.

    Dal canto suo, lo scrittore e drammaturgo Vincenzo Cerami ha detto che il Cortile dei Gentili sembra “l’unica cosa” che si muove nel panorama culturale italiano. Ed ha affermato che un artista, anche se non credente, è sempre attratto profondamente dalla dimensione della fede. Il “Cortile di Francesco” si contraddistinguerà anche per una notevole copertura mediatica: l’evento sarà infatti seguito, tra gli altri, da Rai1, da Telepace e dalla nostra emittente che coprirà in diretta diversi momenti delle due giornate ad Assisi.

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    Mons. Mamberti all'Onu: legislazione internazionale sia improntata al rispetto della dignità umana

    ◊   “Il valore trascendente della dignità umana offre allo stato di diritto un fondamento di sicura stabilità perché corrispondente alla verità dell’uomo in quanto creato da Dio”. Lo ha detto, ieri, nel suo intervento ad una riunione di alto livello dell’Assemblea generale dell’Onu sullo Stato di diritto a livello nazionale e internazionale, l’arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati e capo delegazione della Santa Sede alla 67.ma Sessione ordinaria dell’Assemblea generale dell’Onu. Il servizio di Debora Donnini:

    La Santa Sede apprezza quanto messo in rilievo riguardo il collegamento fra lo stato di diritto e il rispetto dei diritti umani, ma desidera sottolineare “come occorra andare al di là della semplice fissazione di procedure che garantiscano un’origine democratica delle norme ed un consenso di fondo da parte della comunità internazionale”. Lo afferma mons. Mamberti che nel suo intervento spiega come il formale rispetto di per sé sia insufficiente a garantire un effettivo stato di diritto a livello nazionale e internazionale. Da un lato, sostiene, c’è la crescente complessità della vita odierna che determina “una proliferazione di norme e procedimenti”, a loro volta suscettibili di molteplici applicazioni anche al punto di contraddirsi fra loro, mentre all’altro lato vi sono visioni antropologiche parziali. Dove c’è difetto di criteri obiettivi capaci di guidare l’attività legislativa, nota mons. Mamberti, l’affermazione dello “Stato di diritto” (“rule of law”) si riduce ad un mero “governo delle regole”. Lo Stato di diritto è anche messo in pericolo “quando lo si equipara con una mentalità legalista, di aderenza formale ed acritica alle leggi”, in un atteggiamento che può paradossalmente degenerare in un mezzo di sopraffazione della dignità umana e dei diritti dei singoli, come accaduto durante i regimi totalitari del XX secolo.

    Nell’espressione “Stato di diritto”, il diritto dovrebbe essere inteso come “giustizia” e quindi la questione che si pone è come si possa riconoscere ciò che è veramente giusto. Le conquiste e le dichiarazioni sui diritti umani, nota mons. Mamberti, offrono “un importante punto di riferimento in tal direzione, ma non sono di per sé sufficienti, a meno che non li si legga nello spirito nel quale sono stati formulati e nel loro contesto storico”. Infatti, il preambolo e il primo articolo della Carta delle Nazioni Unite, insieme con tutta la Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo, sono il risultato di un lungo processo giuridico e politico che inizia con l’incontro fra la ragione filosofica della cultura greca con la ragione giuridica dei romani e a cui poi si aggiungono la sapienza ebraico-cristiana, il diritto di altri popoli europei, il diritto canonico con i suoi sviluppi, le elaborazioni medievali e rinascimentali di filosofi ebrei, arabi e cristiani e infine il contributo della filosofia illuminista e degli sviluppi politici prodotti dalle Rivoluzione del XVIII secolo. Così, si evidenzia, si è configurato “uno statuto dei diritti fondamentali dell’uomo” che, dopo le guerre del XX secolo, è stato adottato dalla comunità internazionale.

    Il preambolo della Carta delle Nazioni Unite evidenzia poi, nel suo secondo paragrafo, l’esigenza di riaffermare la fede nei diritti fondamentali dell’uomo. E la parola “fede”, spiega mons. Mamberti, indica abitualmente la trascendenza che tuttavia può essere afferrata dalla ragione filosofica nel processo in cui ci si interroga sul senso dell’esistenza umana. “L’uomo non crea se stesso”, sottolinea il presule, e “la sua volontà è rettamente ordinata quando egli rispetta la natura, la ascolta e quando accetta se stesso per quello che è, come qualcuno che non si è creato da sé”. E mentre una ragione positivista sarà solo in grado di generare un governo delle regole, un sistema di norme edificato solo su ragioni utilitaristiche, “la fede nella trascendente dignità della persona umana” diventa l’indispensabile “chiave di lettura dei diritti codificati negli stessi documenti fondazionali dell’Onu e la guida certa per una loro effettiva tutela e promozione”.

    A livello internazionale, ricorda mons. Mamberti, vi sono gruppi di interesse che tramite procedure formalmente legittime riescono ad influire nelle politiche degli Stati per ottenere “norme multilaterali”, che di fatto sono un abuso delle raccomandazioni internazionali, come constatato nella recente crisi finanziaria. E’ anche noto il tentativo di “promuovere in nome della democrazia, una visione materialista della persona umana”, unita a una visione utilitaristica della legge. “È così che – afferma l'osservatore vaticano – nonostante l’apparente Stato di diritto, la volontà dei potenti prevale su quella dei più deboli: i bambini, i non nati, gli handicappati, i poveri o, come accaduto nella crisi finanziaria, quelli privati dell’informazione corretta nel momento giusto”.

    “Al contrario – sottolinea il segretario per i Rapporti con gli Stati – il valore trascendente della dignità umana offre allo stato di diritto un fondamento di sicura stabilità perché corrispondente alla verità dell’uomo in quanto creato da Dio; e permette al tempo stesso che lo stato di diritto possa perseguire il suo vero scopo, che è la promozione del bene comune”. Ma queste conclusioni hanno una premessa irrinunciabile: che “il diritto alla vita di ogni essere umano – in tutti gli stadi dello sviluppo biologico, dal concepimento fino alla morte naturale – venga considerato e protetto come valore assoluto ed inalienabile, anteriore all’esistenza di ogni stato, di qualsiasi formazione sociale e indipendente da qualsivoglia riconoscimento ufficiale”. Tutti gli altri diritti umani fondamentali sono collegati alla dignità umana compresi il diritto a formare una famiglia, ad avere un padre e una madre, ad essere educato in una famiglia naturale, e ancora il diritto dei genitori ad educare i propri figli, il diritto al lavoro, alla giusta distribuzione della ricchezza prodotta e alla libertà di coscienza. E tra questi diritti particolare menzione merita quello alla libertà religiosa, la cui garanzia è un cardine irrinunciabile dello stato di diritto.

    Questa riunione, conclude mons. Mamberti, è un’occasione per “riaffermare la volontà di cercare soluzioni politiche applicabili ad un livello globale con l’aiuto di un ordinamento giuridico saldamente radicato nella dignità e nella natura dell’umanità, in altre parole, nel diritto naturale”. E mons. Mamberti sottolinea che un progresso sarà possibile se le Nazioni Unite rimarranno un punto centrale di riferimento per la creazione di una vera famiglia delle nazioni, in cui l’interesse unilaterale di quelle più potenti non può prevalere di fronte alle necessità di quelle più deboli. “Ciò sarà possibile – ricorda – se la legislazione a livello internazionale sarà improntata al rispetto della dignità della persona umana, a partire della centralità del diritto alla vita ed alla libertà religiosa”.

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    Il Pontificio Consiglio della Cultura alla "Settimana del buon vivere" a Forlì-Cesena

    ◊   Ha preso il via ieri a Forlì-Cesena, nel cuore della Romagna, la “Settimana del Buon Vivere”, sul tema del bene comune. Con due eventi, domani e domenica, prenderà parte all’iniziativa anche il Pontificio Consiglio della Cultura. “L’antieconomia della cultura o la cultura come sviluppo dell’economia?” è la prima tavola rotonda alla quale parteciperà mons. Franco Perazzolo, officiale del dicastero vaticano e responsabile del Dipartimento economia. Benedetta Capelli l’ha intervistato:

    R. - Qual è il cuore della questione? Quando si parla di cultura, si pensa a qualcosa che assorbe le risorse economiche. Non ci si domanda mai, però, se la cultura non apra a degli scenari che possano in qualche modo dilatare le possibilità di lavoro, e se non possano diventare dunque una forma di ricaduta di possibilità di impegno, di possibilità soprattutto per offrire alle persone degli orizzonti che non siano di appiattimento ma anzi di allargamento di quelle che sono le possibilità di convivenza, le possibilità di scoprire il valore dell’altro, le possibilità, insomma, di una spiritualità anche come visione dell’uomo che non sia soltanto la visione economica.

    D. - L’altra tavola rotonda alla quale il Pontificio consiglio della cultura partecipa si svolgerà domenica 30 settembre. Parliamo sempre di bene comune come paradigma per la coesione tra i popoli. Come si svilupperà anche questa riflessione?

    R. - Mi sembra che sia importante, in questo senso, far vedere il bene comune come possibilità di accesso a tutto quello che è necessario per vivere alla persona umana, e per vivere nella piena dignità, nel rispetto dei suoi diritti: un elemento che mette insieme culture e appartenenze religiose diverse. Laddove c’è l’uomo, ci stiamo accorgendo che nessuno si sente di rinunciare a portare il proprio contributo e questa tavola rotonda, mi pare di capire, andrà proprio in questa direzione. Questa di Forlì è veramente diventata una piazza aperta a tutti coloro che in qualche maniera vogliono contribuire perché non ci sia lo scontro tra le persone, ma ci siano possibilità di incontro, di condivisione anche di faticosa ricerca.

    D. - Forse anche la scelta di questa zona, di Forlì-Cesena, non è un caso. Lei parlava di questa piazza dove solitamente - in particolar modo d’estate - vengono puntati i riflettori su un certo modo di vivere "leggero". Oggi, invece si pone un messaggio diverso, si mette all’attenzione qualcosa di nuovo …

    R. - Si, in effetti noi abbiamo una visione della Romagna un po’ "godereccia", spensierata e festaiola. In effetti, quello che passa a noi dai mass media è proprio questa immagine che però sta stretta a quella gente, la quale dice: “Noi non siamo così. Siamo anche così, ma stiamo cercando, soprattutto in questo periodo di crisi, non solo di dare un’immagine diversa di noi, ma anche di far vedere che ci possono essere delle possibilità a partire dalla crisi, di inventare qualcosa di nuovo”. E il titolo di tutta la Settimana mi pare molto significativo: “Fragile, trasportiamo futuro”. Ecco, mi pare molto bello questo sguardo verso un oltre che per ognuno di noi, poi assume i significati più diversi. Però, l’importante è non fermarsi al proprio orticello, ma appunto, guardare verso il futuro, guardare oltre.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Per una legislazione a livello internazionale improntata al rispetto della dignità umana: nell'informazione internazionale, l'intervento dell'arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, durante una riunione di alto livello dell'Assemblea generale dell''Onu sullo stato di diritto a livello nazionale e internazionale.

    L'Europa torna a scuola: l'invito del cancelliere tedesco, Angela Merkel, a fare i compiti a casa per superare la crisi.

    Un articolo di Marco Bellizi dal titolo “Lo scandalo e la politica autoreferenziale”: si è dimessa la presidente della Giunta regionale del Lazio.

    A confronto con le culture contemporanee: in cultura, intervista di Nicola Gori a suor Nicla Spezzati, direttore del nuovo Studium del dicastero per i religiosi.

    Tornano a volare le colombe: Antonio Paolucci sul restauro nella Rocca di Vignola.

    Un articolo di Anna Foa dal titolo "La missione di Raoul": cent'anni fa nasceva il diplomatico svedese Wallenberg che, nella Budapest del 1944, salvò decine di migliaia di ebrei. Il Cortile di Francesco: Silvia Guidi sulla due giorni di incontri ad Assisi sul tema "Dio, questo Sconosciuto".

    Maggiore impegno dei cristiani per la crisi in Europa: nell'informazione religiosa, l'invito del segretario generale del World Council of Churches.

    La diplomazia del Papa tra realismo e profezia: nell'informazione vaticana, il discorso del cardinale segretario di Stato, a Barcellona, cui il re di Spagna Juan Carlos ha conferito il Premio internazionale Conde de Barcelona.

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    Oggi in Primo Piano



    Siria. Il Patriarca Laham: tutti liberi gli ostaggi cristiani grazie al dialogo con i rapitori. No a guerre di religione

    ◊   In Siria, sono stati liberati tutti i 240 i fedeli cristiani greco-melkiti, rapiti oggi nel territorio circostante il villaggio di Rableh, situato tra il confine libanese e la città di Qusayr, nella provincia siriana di Homs. A darne notizia è il patriarca greco-cattolico di Damasco, mons. Gregorios III Laham, contattato telefonicamente dalla collega della redazione francese della nostra emittente, Marie Duhamel:

    R. - Je viens juste d’apprendre la nouvelle…
    Sto apprendendo ora la notizia che sono stati liberati, tutti, e questo è stato possibile grazie al dialogo tra la gente del villaggio di Rableh e i rapitori armati… E’ un nuovo esempio per dire che con il dialogo si può fare tutto o meglio si può fare molto.

    D. - Conoscevano i loro rapitori?

    R. - Il savent que le ravisseurs sont…
    Sanno che i rapitori sono persone che stanno intorno al villaggio da 20 giorni e che vogliono un po’ attizzare il fuoco tra i differenti gruppi religiosi, cristiani, musulmani… Però, le persone sul posto si conoscono tutte e hanno saputo dove cercarli, hanno seguito una pista e hanno potuto sapere chi erano. Sono andati da loro e le persone hanno detto: siamo anche noi cittadini siriani, dobbiamo vivere insieme, non possiamo fare così, e sono riusciti a convincerli che si deve vivere come fratelli.

    D. - Cosa ha fatto cambiare idea ai rapitori? Immagino che avessero preso in ostaggio queste persone per qualche motivo…

    R. - 240 personnes…
    Erano 240 persone: non saprei dire perché. Ma sono sempre stato convinto che il fatto dialogare e le amicizie sul posto servono molto, bisogna insistere molto sulle amicizie locali tra gli abitanti del villaggio e i vicini, è molto importante. In arabo diciamo: il vostro vicino prima della vostra casa. Ed è il caso di dirlo qui perché è grazie ai loro contatti e alle loro amicizie…

    D. - …che si riesce ad andare avanti?

    R. - Oui, il le faut et je crois...
    Sì, è necessario, e credo che sia un buon esempio per tante situazioni.

    D. - Si è capito perché i rapitori avessero preso queste persone in ostaggio? Erano tutti greco-cattolici? Lei pensa che era perché si trattava di cristiani?

    R. - Non, non. A Rableh il y a une communauté…
    No. A Rableh, c’è una grande comunità di greco-cattolici, sono la maggioranza: ci sono maroniti, alawiti… Questo è il punto nevralgico, gli alawiti. C’è oggi una tendenza a fare intervenire i cristiani perché il problema diventi religioso, una guerra civile tra le diverse comunità. E’ questo che dobbiamo assolutamente evitare. Tutti gli sforzi che noi patriarchi, vescovi, politici, dobbiamo fare sono per evitare una guerra civile e una guerra tra fratelli.

    D. - Secondo lei la religione è stata strumentalizzata dai politici in questi ultimi tempi?

    R. - On voulait introduire surtout les chrétiens…
    Si volevano coinvolgere soprattutto i cristiani per risolvere i problemi tra diverse comunità non cristiane, fare entrare i cristiani tra i problemi dei musulmani con altri musulmani.

    D. - Qual è il suo appello per quanto riguarda questo problema particolare?

    R. - Je viens de finir une journée…
    Ho appena finito una giornata di studio, un piccolo congresso, a Salzburg in Austria. C’erano un centinaio di persone di diverse comunità, il tema è stato organizzata dal San Virgilio, un centro di studi. Hanno organizzato due giorni di lavoro, incentrato sul tema “I cristiani in Siria: che avvenire?”. Ho parlato della riconciliazione, ho proposto questo punto di vista sulla riconciliazione che è stato ben accolto e ho detto: vedete, ecco un esempio di come si deve agire. Sono appena tornato e ricevo la notizia: “Monsignore, deve stare tranquillo gli ostaggi sono stati liberati”. La riconciliazione è la parola dell’avvenire per tutti, per tutta la Siria.

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    Siria: attentato a Damasco, Save the children denuncia gravi violenze sui bambini

    ◊   Esplosione stamani nella capitale siriana, in una scuola da mesi adibita a quartier generale delle forze fedeli al presidente Assad. Secondo i ribelli, ci sono decine di vittime mentre secondo l'agenzia ufficiale si contano solo sette feriti lievi. A rivendicare l'attacco, il cosiddetto gruppo dei compagni dell'Islam, formazione sunnita estremista che opera nella regione di Damasco. Intanto, desta orrore il rapporto dell’organizzazione umanitaria Save the Children che denuncia torture e atrocità commesse in Siria nei confronti di minori. Fausta Speranza ha intervistato il portavoce dell’organizzazione per la Siria, Hedinn Halldorsson:

    R. – Nelle ultime settimane, abbiamo parlato e abbiamo raccolto testimonianze dai profughi e dai bambini che sono appena fuggiti dalla Siria. Queste testimonianze confermano atti di violenza sui bambini siriani. Questi bambini, questi giovani sono vittime di gravi violazioni dei diritti dell’infanzia e confermano le violazioni denunciate a grandi linee dalle Nazioni Unite e da altre organizzazioni, negli ultimi mesi.

    D. – Sono vittime mirate o sono vittime indirette?

    R. – Tutti e due i casi: ci sono vittime indirette e altri che sembrano proprio presi di mira. Questi bambini raccontano che in Siria sono stati attaccati moschee, ospedali e scuole. Sembra che questi piccoli abbiano assistito a violenze orrende e le loro testimonianze confermano gravi violazioni dei diritti dei bambini. Noi non siamo in Siria: lavoriamo nei Paesi confinanti dove arrivano. Quello che stiamo facendo, oggi, è rivolgere un appello alle Nazioni Unite affinché vengano impegnate maggiori risorse nella documentazione delle violazioni dei diritti dell’infanzia. E’ importante questo, perché tali crimini devono essere raccontati e documentati affinché chi ne è responsabile possa essere chiamato a risponderne.

    D. – Ci sono programmi di assistenza a questi bambini? Le conseguenze di questi fatti devono avere degli effetti molto gravi nella psicologia di questi bambini …

    R. – Assolutamente. Le conseguenze dei traumi subiti dai bambini le vediamo tutti i giorni, sono evidenti agli operatori di Save the Children. Noi li stiamo aiutando attraverso un’assistenza specialistica: cerchiamo di elaborare il devastante impatto psicologico di ciò che hanno visto e subito. Infatti, tanti di loro non riescono a controllare le emozioni legate a quello che hanno vissuto. Soffrono: soffrono di incubi notturni, per esempio, di incontinenza o di depressione. Abbiamo anche allestito spazi a misura di bambini, sia in Libano sia in Giordania, che ogni giorno ricevono almeno tremila bambini. E lì diamo ai bambini la nostra assistenza specialistica.

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    Fmi: ancora preoccupazioni per la crisi economica

    ◊   Il puzzle della ripresa inizia a disegnarsi, ma mancano ancora dei pezzi perché si possa dire che è stato ricomposto. E’ l’immagine che Christine Lagarde, direttore del Fondo Monetario Internazionale, ha scelto per tracciare lo stato dell’economia mondiale. Un’analisi, la sua, che giunge a meno di un mese dal vertice di Tokyo – a metà ottobre – nel corso del quale, le stime di crescita saranno riviste, ancora una volta, al ribasso. Il quadro economico mondiale continua, dunque, a preoccupare. Salvatore Sabatino ne ha parlato con l’economista Luigi Campiglio:

    R. - La situazione preoccupa perché c’è una generalizzazione della riduzione della domanda aggregata a livello mondiale inclusi i Paesi emergenti, che fino ad adesso sono stati un po’ la valvola di sicurezza, soprattutto per l’economia europea. Quindi, la preoccupazione della Lagarde è fondata, così come è fondato il richiamo a non perdere l’occasione per cercare di guardare complessivamente i problemi che sono di tutti a livello globale, che non riguardano solo l’Europa, ma anche i Paesi emergenti così come gli Stati Uniti.

    D. - E comunque l'elemento di preoccupazione maggiore è rappresentato ancora dal Vecchio Continente. Si è lavorato molto per una solida ed efficace unione bancaria e fiscale, ma le promesse, secondo lei, verranno mantenute?

    R. - Il cammino è difficile. Tutta la questione di questa crisi europea è stata fino ad adesso una storia di decisioni giuste prese un po' troppo tardi. È fondamentale, per uscire da questa crisi, superare difficoltà politiche legittime, punti di vista diversi, ma se non si fa la cosa giusta al momento giusto, rischia di diventare davvero una profezia che si realizza; ad esempio, i soldi che potrebbero davvero portarci fuori dalla crisi, potrebbero prendere altre direzioni.

    D. - Un altro scenario piuttosto critico è quello degli Stati Uniti, dove in novembre il possibile mancato accordo in Congresso sul tetto del debito e sulla fine degli incentivi fiscali dell’era Bush, potrebbe causare il blocco dell’economia più importante del mondo. Che ricadute avrebbe sul resto dell'economia mondiale?

    R. - Le preoccupazioni degli Stati Uniti e dell’Europa sono "gemelle", perché gli Stati Uniti si rendono conto che la crisi europea può essere davvero un problema grave per il Paese e – aggiungo - viceversa. Questa posizione a livello politico, credo, verrà superata; verrà superata perché l’eredità di questi ultimi dieci-quindici anni di politiche non attente alla distribuzione degli aumenti di produttività in maggiori redditi familiari e salari, si è tradotta in una disuguaglianza negli Stati Uniti senza precedenti. All’interno di questo c’è anche una politica fiscale che non ha favorito il ceto medio, ma anche ovviamente le persone più in difficoltà. Paradossalmente è andata a consolidare chi già di soldi ne guadagna parecchi. Ed è celebre la battuta di Buffett, il secondo uomo più ricco al mondo, il quale dice e ripete, che "trova immorale pagare meno tasse della sua segretaria".

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    Cina-Giappone, contesa Diaoyu-Senkak: flottiglia di Taiwan contro navi di Tokyo

    ◊   Nuove tensioni per le isole Diaoyu-Senkaku, rivendicate dal Giappone, con le proteste di Cina e Taiwan. Una flotta di pescherecci e motovedette di Taipei oggi ha cercato di allontanare unità navali di Tokyo. Pechino fa sapere che non tollererà azioni unilaterali in violazione della sua sovranità. Intanto, incontro a Pechino oggi tra i ministri degli Esteri di Cina e Giappone. Massimiliano Menichetti ha intervisto con Stefano Vecchia, esperto di Estremo Oriente:

    R. - In questo momento, si sta assistendo a una specie di teatro delle parti: ciascuno dei tre contendenti deve far vedere di esserci e di esserci in modo concreto. La presenza della flotta peschereccia di Taiwan questa mattina era un atto dovuto: Taiwan finora aveva mandato soltanto delle imbarcazioni isolate come atti dimostrativi. Va detto che fra i tre contendenti Taiwan è quello che, forse, ha più diritti: non formali, cioè non legali, ma perché le isole Senkaku-Diaoyu sono molto più vicine a Taiwan che non gli altri due Paesi e i pescatori abitualmente utilizzano queste acque per il loro lavoro e per il loro guadagno.

    D. - Come giudicare l’incontro oggi a Pechino tra il ministro degli Esteri giapponese e quello cinese?

    R. - Il dialogo è assolutamente indispensabile. La settimana scorsa la tensione aveva portato ad un incrinarsi dei rapporti economici tra Cina e Giappone, che sono di incalcolabile valore - valgono più di 350 miliardi di dollari all’anno - e si tratta quindi di rapporti strettissimi. I Paesi hanno una stretta interdipendenza economica e, in qualche modo, necessità di cooperare. Oggi, il ministro degli Esteri giapponese sta incontrando il suo omologo cinese per cercare proprio una soluzione diplomatica a una crisi che rischia di innescare seri problemi e forse anche un confronto militare, data la situazione.

    D. - Anche gli Stati Uniti sono coinvolti e stanno mediando in questa situazione: quali concause hanno influito sul riaccendersi della questione?

    R. - Hanno giocato - da un lato - l’avvicinarsi del 18.mo Congresso del Partito comunista cinese, che inizierà circa a metà ottobre e che dovrà ridisegnare la leadership del Paese per i prossimi dieci anni e - dall’altro - una crisi del governo giapponese che si avvia a elezioni anticipate da qua a novembre. La tensione però dura da tempo e il rischio di un conflitto aperto è sempre presente: nessuno in ambito internazionale, ovviamente nessuno dei due Paesi, ha interesse che questo succeda, ma il rischio è sempre presente.

    D. - Alcuni osservatori riducono quanto sta accadendo a delle tensioni tra gruppi minoritari di nazionalisti…

    R. - Indubbiamente, quelli che hanno l’interesse a riaccendere la tensione sono gruppi minoritari. Va detto però che il governo giapponese, il sistema politico giapponese è comunque fortemente influenzato da gruppi dell’estrema destra, in particolare dal Partito liberaldemocratico, che in questo momento è all’opposizione, ma a fronte di un partito di governo, di una coalizione di governo che è sempre più debole. In Cina, il paradosso, è che l’estremismo non è di destra, ma in qualche misura di sinistra ed è in qualche modo incentivato dal rafforzarsi del potere economico e militare. Il governo, in qualche modo, ha interesse a soffiare sul fuoco affinché il Paese si coaguli attorno ad un interesse condiviso e questo soprattutto in un momento in cui - come dicevo - il partito si avvia a una revisione dalla quale uscirà la leadership decennale del Paese.

    D. - Cosa servirebbe, dunque, per sbloccare questa situazione?

    R. - Occorrerebbe, forse, una presa di posizione sincera e forte a livello internazionale, a livello di Nazioni Unite, che stabilisca quanto meno un minimo di piattaforma comune. Di fatto, questo arcipelago è stato affidato al Giappone, perché prima del conflitto mondiale queste isole appartenevano alla Prefettura di Okinawa, l’estrema prefettura meridionale del Paese. Quando nel 1972 l’occupazione americana in questa zona è finita, automaticamente le isole sono passate al Giappone. Questo passaggio però di fatto che non è mai stato siglato da un trattato internazionale, e non è mai stato riconosciuto né dalla Cina Popolare, né da Taiwan.

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    Kazakhstan: nuove sfide dopo le dimissioni del premier Massimov

    ◊   Sciolto il governo in Kazakistan dopo le dimissioni del primo ministro, Karim Massimov, da anni in carica nell'ex Repubblica sovietica centro-asiatica. A guidare il nuovo esecutivo sarà il vicepremier, Serik Akhmetov. A Massimov è riconosciuto il merito di aver mantenuto la crescita economica del Paese durante la crisi finanziaria globale. Della situazione politica del Kazakistan, Fausta Speranza ha parlato con Paolo Quercia, analista del Centro militare di studi strategici:

    R. - La figura forte del Paese è rappresentata dal presidente Nazarbayev, che ha prontamente nominato un nuovo esecutivo e quindi resta lui l’attore principale della situazione politica e anche della transizione politica in Kazakhstan.

    D. - In realtà, il Paese si sta aprendo a meccanismi di democrazia. Come possiamo valutare questo periodo di transizione?

    R. - Questo è corretto. Viene riconosciuta una progressiva apertura del sistema, che era un sistema molto chiuso. Ricordiamo che, fino a gennaio scorss, c’era solo il partito del presidente nel parlamento, partito unico. Dopo le elezioni, sono entrati altri due partiti: uno è il partito comunista e l’altro è il partito degli imprenditori. C'è quindi un progressivo ampliamento della base del consenso sociale che il presidente sta cercando di perseguire, perché lo sviluppo economico del Paese da un lato, ha portato alla crescita di una classe media con cui comunque deve fare i conti, e dall’altro lato ci sono proteste sociali anche estese come quelle dei minatori, dei lavoratori del settore petrolifero, che comunque in qualche modo, devono essere considerate. Quindi, forse questi due nuovi partiti, che sono stati autorizzati ad entrare nel parlamento, rappresentano proprio queste due anime dell’evoluzione economica del Paese, la classe operaia e la classe imprenditoriale. Sicuramente, i disordini sono stati importanti, significativi, ma sono stati disordini legati poi a problemi materiali, all’aumento degli stipendi, non a questioni direi ideologiche o forse di democrazia. Sostanzialmente, ci sono situazioni che in questi venti anni si sono accumulate nel tempo e non sono sfociate - in assenza di un parlamento libero - in cambiamenti, e quindi vengono mano a mano, gradualmente centellinate dal presidente.

    D. - Nel contesto geopolitico di tutta l’area allargata che abbiamo attualmente, il Kazakhstan, Paese a cavallo tra Europa ed Asia, viene assumendo sempre più un ruolo importante di possibile stabilizzazione...

    R. - Sì, un ruolo importante, soprattutto per via delle risorse energetiche. Ricordiamo che è uno dei principali produttori di uranio: è il secondo al mondo dopo l’Australia ed era il secondo Paese produttore di petrolio dell’Unione Sovietica. Ha importanti riserve di gas e soprattutto è strategicamente a cavallo tra Cina e Russia, i cui confini si toccano proprio in prossimità del Kazakhstan. E' legato all’Europa attraverso il Caspio e il Caucaso se vogliamo, e quindi ricollegandosi anche con il Nabucco. È davvero un attore che gioca tra Cina, Russia ed Europa, delle partite molto importanti a livello geopolitico. Questo è uno dei motivi per cui né l’Occidente né altri Paesi importanti del sistema internazionale, calcano la mano al deficit di democrazia che esiste in questo Paese.

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    Corruzione, l'opinione del prof. Baggio: deficit di etica ma anche di politica

    ◊   In Italia, resta alta l’attenzione sulla politica dopo le dimissioni ieri del governatore della Regione Lazio, Renata Polverini, in seguito allo scandalo dei fondi pubblici. Sulla vicenda è intervenuto il leader del Pdl, Silvio Berlusconi, che ha apprezzato il gesto del presidente della Regione, sulla stessa linea Bersani del Pd. Al microfono di Antonella Palermo, il politologo Antonio Maria Baggio, docente di Filosofia politica presso l'Istituto universitario “Sophia” di Loppiano:

    R. - I politici italiani si sono eretti, si sono costituiti a ceto: quando si crea un ceto vuol dire che c’è un distacco con il popolo, che è sovrano e che dovrebbe essere riferimento costante. Vediamo politici che si rendono autonomi e quindi attribuiscono a se stessi anche una capacità di spesa che non ha più niente a che vedere con la funzione che devono esercitare. E non solo: non vogliono neppure essere giudicati per questo. Ciò che a noi rivela questa situazione, in realtà, è che non è che manca soltanto l’etica, manca la politica: in tutti i grandi momenti storici in cui è esplosa la corruzione, si segnalava anche una particolare inefficacia e assenza del progetto politico.

    D. - Cos’altro ha permesso che negli anni si acuisse in Italia il deficit di etica della politica?

    R. - Sicuramente, la mancanza di politica stessa e il suo rendersi autonoma dal sociale. Quindi, va ridiscusso proprio il rapporto tra sociale e politico. Dobbiamo imparare - questa è una cosa importante - che il potere è una cosa necessaria e sana se esercitato bene. Dovremmo educarci alla responsabilità e al potere già nel sociale per poi portarlo nel politico. Noi abbiamo i politici che ci meritiamo: la società italiana ha una politica corrotta, perché è corrotta nella stessa misura e nella stessa percentuale. Quindi, ci vuole un grande movimento che dalle radici cambi le cose. Speriamo che ci si renda sempre più conto di quanto drammatica è la nostra situazione.

    D. - Come giudica le forme di indignazione del popolo italiano verso gli sprechi della casta: sono deboli, sono sbagliate?

    R. - Dovrebbero diventare costruttive e dovremmo anche esigere per il popolo italiano stesso delle forme di non corruzione, di non evasione fiscale.

    D. - Quanto ci stiamo abituando agli scandali in politica?

    R. – Troppo, perché c’è sfiducia. Quindi, in questo senso il fatto che ci sia molta gente indignata, troppo spesso la tacciamo come antipolitica. Perché? Perché chi è esasperato grida, magari, senza misura e quindi non ha un atteggiamento costruttivo. Io mi rifiuto, però, di pensare che le proteste - anche condotte in maniera non equilibrata - siano negative: significa che c’è ancora una quota di italiani che si indigna, che non è passata in maniera definitiva all’astensione e alla passività. Adesso, sta alle forze politiche rinnovarsi e riuscire a portare questa percentuale di indignati distruttivi ad essere indignati costruttivi. Ma i partiti devono farlo e solo loro lo possono fare adesso e in questo momento: salvano se stessi e salvano la società.

    D. - Bisogna scendere in piazza?

    R. - Anche, non necessariamente. Non è che la piazza risolva tutto. Credo che bisogna essere costruttivi e che ci voglia una riflessione che dia anche indicazioni al governo. Poi non c’è soltanto politica corrotta. Bisogna distinguere, ricordiamo l’immagine di Sant’Agostino delle due città, quella di Dio e quella degli uomini, intendendo dire la città di quelli generosi, che hanno l’amore sociale, e la città di quelli egoisti: sono due città mischiate! Dentro il Parlamento ci sono i cittadini della città buona e di quella cattiva e sono i parassiti. Bisogna imparare a distinguerli; bisogna far emergere il senso buono che c’è nella politica. Deve allearsi con il buono della società e proporre anche configurazioni nuove: o riformare i partiti dal di dentro, quando è possibile, o farne di nuovi.

    D. - Che ricadute avrà il cosiddetto Laziogate dal punto di vista elettorale?

    R. – Speriamo che non lo si dimentichi! Questa è una grande occasione data al centrodestra per fare una riflessione seria. Vogliamo considerare questo momento di crisi in maniera positiva, perché i tanti italiani che hanno questo orientamento politico, dovrebbero poter disporre di uno strumento politico - cioè il partito - che li esprima al loro meglio e non al peggio!

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    Il cardinale Bagnasco: classe politica sottovaluta immoralità e malaffare

    ◊   E’ necessario stringere i ranghi per il bene del Paese. Il presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco, nella prolusione del Consiglio episcopale permanente ha affermato ieri che “si parla di austerità e di tagli, eppure continuamente si scopre che ovunque si annidano cespiti di spesa assurdi e incontrollati”. Dal cardinale, poi, un netto "no" a una possibile equiparazione tra matrimonio e unioni civili. Alessandro Guarasci:

    E’ un momento nodale per l’Italia, e i casi di corruzione che emergono necessitano della massima vigilanza. Il cardinale Angelo Bagnasco mette in luce come le Regioni siano al centro del ciclone “con un reticolo di corruttele e scandali". Il risultato è chiaro, “il sospirato decentramento dello Stato in non pochi casi coincide con una zavorra inaccettabile”:

    "Che l’immoralità e il malaffare siano al centro come in periferia non è una consolazione, ma un motivo di rafforzata indignazione, che la classe politica continua a sottovalutare. Ed è motivo di disagio e di rabbia per gli onesti. Possibile che l’arruolamento nelle file della politica sia ormai così degradato?".

    Il governo Monti deve continuare il suo lavoro, per evitare al Paese “capitolazioni umilianti e altamente rischiose”. Ma poi la politica deve avere di nuovo la parola, anche se tra la gente cova ostilità. Dunque, le elezioni, un passaggio definito dal presidente della Cei “qualificante”, “insuperabile”, “decisivo”. Ne consegue che i partiti dovranno rinnovarsi “con soggetti non chiacchierati". Massima attenzione poi per il lavoro, per i precari, per le crisi industriali che coinvolgono i territori. Da non sottovalutare nemmeno lo stato della famiglia, con una presunta “libertà di scelta a proposito delle unioni di fatto":

    "In realtà, al di là delle parole, ci si vuol assicurare gli stessi diritti della famiglia fondata sul matrimonio, senza l’aggravio dei suoi doveri".

    Con questi registri, c'è chi mira ad "affermare ad ogni costo un principio ideologico, creando dei nuovi istituti giuridici che vanno automaticamente ad indebolire la famiglia". La famiglia ha, invece, un ruolo chiave e “riversa centuplicato sull’intera società il suo benessere complessivo”. Un pensiero poi per i cristiani perseguitati, che fa dire al cardinale, perché tutto ciò avviene nella sostanziale indifferenza della comunità internazionale? Un accenno anche ai documenti trafugati dal Vaticano. Il cardinale Bagnasco afferma che a "liberare" il Papa dal "laccio di tradimenti impensabili o malevoli interpretazioni è puntualmente la sua mitezza e la sua disarmante affabilità".

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    Al via la V edizione della Carovana missionaria della Pace in Campania

    ◊   Cogliere i segni di speranza in un territorio simbolo di gravi problematiche come la mafia, la tutela dell’ambiente e il traffico di esseri umani. È questo l’obiettivo della Carovana missionaria della Pace, che inizia oggi a Pozzuoli e porterà circa 50 giovani provenienti da tutta Italia nelle zone simbolo della Campania, da Napoli all’Istituto di custodia attenuata Icatt di Eboli. Luca Pasquali ha intervistato don Alfonso Raimo, della Fondazione “Missio” della Cei, il cappellano dell’Istituto Icatt.

    R. - Questa Carovana si muove sulle ali dello slogan “I change”: pertanto è una carovana che vuole far emergere, in coloro che troverà lungo la strada, la voglia di cambiare, il desiderio di emergere dalla polvere, dal fango e dalle tante situazioni disastrose e nelle quali l’Italia - e in particolare anche la Regione Campania - si trova. Il desiderio della carovana è cogliere i segni di speranza, la voglia di non limitarsi a piangere sui problemi, ma a ritrovare una soluzione.

    D. - Si punterà l’attenzione prevalentemente su tre grandi problematiche: la criminalità organizzata, l’ambiente e il traffico di esseri umani…

    R. - Sì, sono problematiche che in Campania, scelta come conclusione di un cammino iniziato alcuni mesi fa, sono presenti in modo particolare e dove la criminalità organizzata impedisce qualsiasi opportunità di crescita e di sviluppo. Il problema dell’ambiente è sopra a tutti, poiché in Campania discariche a cielo aperto, discariche nascoste sotto colate di cemento continuano a provocare diffuse malattie e questo sopratutto in quella porzione di umanità rappresentata dai bambini. C’è poi il problema della tratta degli esseri umani, che ha portato in Campania tantissime persone provenienti da luoghi di povertà nella ricerca di un benessere che purtroppo in Campania non trovano. Ecco perché si parte proprio da Pozzuoli, luogo di approdo in Italia di San Paolo: San Paolo, qui questa sera, rappresenta tutti coloro che sono alla ricerca della verità e della giustizia.

    D. - La visita all’Istituto Icatt di Eboli e la visita a Scampia: quale valore può avere il passaggio della Carovana in queste realtà così complesse?

    R. - Certamente un passaggio inevitabilmente doloroso, anzi proprio questo contesto rappresenterà “il dito posto nella piaga”. Certamente la Carovana, sia nel carcere di Eboli - nell’Icatt - che poi a Scampia, coglierà una porzione di umanità sofferente, lacerata, segnata profondamente da un malessere generale. Nel carcere di Eboli, che io conosco bene, troverà segni di speranza: i detenuti, che ho incontrato l’altro ieri, aspettano con ansia questo incontro, perché vogliono mostrare che in loro l’umanità non è stata totalmente cancellata o offuscata dal male in cui hanno vissuto. Un detenuto, un giovane padre, mi ha detto con molta semplicità che la droga lo ha portato a fare tanto male, anche a togliere agli altri ciò che gli apparteneva e confessava che il furto che ha fatto, lo ha perpetrato proprio all’interno della famiglia, della sua famiglia: ha rubato ad un figlio un padre. Proprio da questo vuole partire per poter ricostruire una esistenza distrutta mortificata. A Scampia sarà lo stesso, perché poi coloro che sono detenuti dell’Icatt di Eboli vengono da quel contesto, vengono da quell’ambiente e sono tutti segnati profondamente: spero però non inesorabilmente dalla droga. Si tratta di persone che non hanno avuto altre opportunità, altre possibilità e il più delle volte il male in loro si è servito di una profonda ignoranza o di una mancata scolarizzazione. A Scampia e nel carcere di Eboli ci si troverà a fare i contri proprio con questa mancata opportunità di conoscenza.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Obama al Palazzo di Vetro: attacchi anti-Usa sono contro ideali Onu

    ◊   Gli Usa non accetteranno mai che l'Iran si doti di un’arma atomica, e faranno "ciò che devono" per prevenire questa possibilità. E' quanto il presidente americano, Barack Obama, si appresta a dire alla 67.ma Assemblea generale dell’Onu. Le anticipazioni del discorso sono state diffuse dalla stessa Casa Bianca. Obama sottolineerà, al Palazzo di vetro, che c’è ancora spazio per una “soluzione diplomatica” ma che il “tempo non è illimitato”. Dopo l'assalto al consolato Usa a Bengasi, e le proteste musulmane per il film anti-Maometto, il presidente Obama farà inoltre un appello all’unità, affermando che “gli attacchi delle ultime due settimane non sono solo contro l'America, ma colpiscono gli ideali su cui si fonda l'Onu”. Oggi, affermerà Obama, “possiamo dire che il nostro futuro sarà determinato da gente come Chris Stevens (ambasciatore Usa, ucciso a Bengasi - ndr.) e non da gente come i suoi uccisori”. “Questa violenza e intolleranza”, aggiungerà ancora il presidente Usa “non ha posto tra le nostre Nazioni Unite”. “Non ci sono parole o scuse per uccidere gente innocente – proseguirà Obama – né per dare fuoco a un ristorante in Libano, distruggere una scuola a Tunisi o provocare morte e distruzione in Pakistan”. (A.G.)

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    L'Unicef condanna attentato alla scuola elementare in Iraq

    ◊   L'Unicef condanna l'attentato avvenuto ieri nei pressi della scuola elementare di Al-Khifah ad Heet, nell'ovest dell'Iraq. Nell'attacco sono morti alcuni bambini che andavano a scuola, mentre molti altri sono stati feriti. “L'Unicef condanna duramente quest'attacco", ha dichiarato Marzio Babille, Rappresentante dell'Unicef in Iraq. "L'uccisione dei bambini è inaccettabile. Gli attacchi alle scuole, luoghi che hanno lo scopo di fornire un ambiente sicuro in cui poter apprendere, sono una grave violazione dei diritti dei bambini". L'attacco è avvenuto il secondo giorno dell'anno accademico mentre i bambini andavano a scuola, oltre 9 milioni di studenti in tutto l'Iraq. "Sono ancora una volta i bambini innocenti a pagare il prezzo di un atto di violenza terribile" ha aggiunto Babille "e siamo particolarmente preoccupati perché l'attacco alla scuola si è verificato in un periodo dell'anno in cui i bambini di tutto l'Iraq stanno iniziando l'anno scolastico". Marzio Babille ha espresso le sue più sentite condoglianze alle famiglie delle vittime e ha invitato il governo iracheno a prendere le misure necessarie per garantire che l'accesso sicuro alle scuole sia garantito a tutti i bambini. (R.P.)

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    India. Alluvioni del Nordest: 33 morti e oltre un milione di sfollati

    ◊   Almeno 33 morti e oltre 1,5 milioni di sfollati: è il bilancio provvisorio del disastro causato da frane e alluvioni in Assam, Sikkim e Arunachal Pradesh (Stati nordorientali). Esercito e governi locali e centrali hanno lanciato operazioni congiunte per spostare le persone su alture con elicotteri. Al momento, le autorità hanno allestito almeno 100 campi profughi. Il maggior numero di vittime si concentra soprattutto in Sikkim: i morti accertati sono 21, ma altri otto sono ancora dispersi. Quattro persone sono state sepolte dal fango, in Arunachal Pradesh. Ma è in Assam - riferisce l'agenzia Asianews - che la situazione appare più critica: solo qui infatti, oltre 1 milione di persone hanno perso la casa, e ora vivono in tende di fortuna lungo le strade. Già a luglio lo Stato nordorientale era stato colpito da forti alluvioni, che avevano provocato almeno 110 morti e oltre 500mila sfollati. Negli ultimi 60 anni, i vari governi hanno costruito argini lungo ampi tratti del Brahmaputra, principale fiume dell'Assam, alimentato dallo scioglimento delle nevi dell'Himalaya. Tuttavia, secondo gli esperti tali argini sono in cattivo stato, e la manutenzione effettuata dall'Ufficio che gestisce i disastri è insufficiente. Le alluvioni di questi giorni hanno inondato anche tre parchi nazionali dell'Assam. Tra questi, anche il Parco nazionale di Kaziranga, che ospita due terzi dei rinoceronti più grandi al mondo. (R.P.)

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    Padre Pizzaballa in India: prima visita di un Custode di Terra Santa in 800 anni

    ◊   Per la prima volta, in 800 anni di storia, la Custodia di Terra Santa rende visita all’India nella persona del suo Custode, padre Pierbattista Pizzaballa. Il viaggio - riferisce l'agenzia Sir - è partito ieri e si protrarrà per i prossimi sei giorni, nei quali il Custode incontrerà vescovi, sacerdoti, religiosi, seminaristi e laici della Chiesa locale. Primo appuntamento a Bangalore dove padre Pizzaballa, nel Pontificio Ateneo di Filosofia, Teologia e Diritto canonico, parlerà sulle condizioni dei cristiani mediorientali. Tra gli appuntamenti principali vi è quello del 28 settembre con il Consiglio permanente della Conferenza episcopale indiana. In agenda i pellegrinaggi indiani in Terra Santa. Secondo il frate indiano della Custodia, Jayaseellan Pitchaimuthu, i tour operator indiani, gli agenti locali e le guide non mostrerebbero abbastanza impegno nel rendere il pellegrinaggio un’esperienza di fede, non consentendo così ai gruppi di pellegrini di beneficiare appieno del servizio. Ed è questo uno dei motivi per cui il Custode è stato invitato in India. Secondo la Conferenza episcopale indiana, che ha dato la notizia della visita, padre Pizzaballa illustrerà alcune linee guida su come organizzare al meglio i pellegrinaggi nei Luoghi santi. (R.P.)

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    Plenaria dei vescovi europei su "Le sfide del nostro tempo"

    ◊   “Le sfide del nostro tempo: aspetti sociali e spirituali” sarà il tema centrale dell’annuale plenaria dei presidenti delle Conferenze episcopali in Europa che si svolgerà a San Gallo (Svizzera) dal 27 al 30 settembre. L’introduzione all’incontro sarà affidata a tre relatori, che affronteranno la questione da altrettante prospettive: mons. André-Joseph Léonard, arcivescovo di Malines-Bruxelles e presidente della Conferenza episcopale del Belgio; Marta Cartabia, docente di diritto e giudice della Corte costituzionale in Italia; Kuno Schedler, docente di economia aziendale all’Università di San Gallo. Il cardinale Péter Erdő, arcivescovo di Esztergom-Budapest (Ungheria) e presidente del Ccee - riferisce l'agenzia Sir - spiega le motivazioni che stanno alla base della scelta del luogo e del tema: “Giungeremo a St. Gallen per commemorare il 1400° anniversario dell’arrivo di San Gallo in città. Saremo come pellegrini, per metterci in ascolto di San Gallo che ebbe un ruolo molto importante nell’evangelizzazione di quell’allora remota parte della Svizzera. Come in ogni pellegrinaggio, il nostro incontro ruoterà attorno alla preghiera di lode al Signore, attraverso le varie celebrazioni che scandiranno il nostro programma, e al discernimento, in particolare, su ‘le sfide spirituali e sociali del nostro tempo’”. Per il cardinale Erdő, “in questo tempo di difficoltà economica, l’uomo di oggi, il cittadino europeo dei nostri Paesi, può facilmente lasciarsi contagiare dalla maggiore epidemia del nostro tempo: la disperazione. La mancanza di speranza è il male maggior del nostro tempo”. “La nuova evangelizzazione, tema che ci sta accompagnando in questi anni - prosegue il cardinale -, è un’occasione e un appello, a lavorare perché, Cristo, sempre uguale ieri e oggi, possa essere inteso e accolto da tutti. Un cuore che ha trovato la sua via in Cristo sarà in grado di compiere miracoli in famiglia, a scuola, al lavoro, e presso diverse istituzioni nazionali e internazionali”. Tra gli altri temi che saranno affrontati nei quattro giorni di lavoro: la discriminazione dei cristiani in Europa e la persecuzione dei cristiani nel mondo; la libertà religiosa; i lavori dell’Unione europea e del Consiglio d’Europa, l’Anno della fede e il 50° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II. A San Gallo giungeranno anche il prefetto della Congregazione per i vescovi, cardinale Marc Ouellet, e rappresentanti di organismi ecclesiali continentali dall’America Latina (Celam), dall’Africa (Secam) e anche dal Kazakhstan. (R.P.)

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    Africa Centrale: i vescovi condannano le violenze in Congo e lanciano un appello di pace

    ◊   Una “condanna inequivocabile” di ogni genere di violenza ed un appello accorato alla pace e al dialogo: questo, in sintesi, il contenuto della dichiarazione dell’Associazione delle Conferenze episcopali dell’Africa Centrale (Aceac), diffusa pochi giorni fa. Il testo fa riferimento agli scontri che stanno devastando la Repubblica Democratica del Congo, in particolare la regione del Nord Kivu, teatro delle rivendicazioni dei ribelli appartenenti al movimento “M23”. Nella dichiarazione, a firma del presidente dell’Aceac, mons. Simon Ntamwana, la Chiesa “deplora le molteplici conseguenze di atti che attentano atrocemente alla dignità della persona umana: uccisioni, violenze, arruolamento di bambini nell’esercito, trasferimenti forzati della popolazione, campi-profughi inospitali, sfruttamento anarchico delle risorse naturali per finanziare facilmente la guerra”. Di qui, l’esortazione “ai dirigenti dei Paesi della regione dei Grandi Laghi” affinché intraprendano “senza indugi iniziative di dialogo, in vista di una valutazione prudente delle richieste” avanzate dalle parti in causa, guardando “alle leggi che garantiscano la pace, la convivenza armoniosa e la riconciliazione dei popoli”. Un ulteriore appello viene lanciato alla comunità internazionale, affinché non cessi di “impegnarsi nelle zone di conflitto”, aiuti i governi locali ad “amministrare le popolazioni secondo la giustizia ed il diritto, fattori fondamentali per arginare le frustrazioni e le discriminazioni di ogni genere” e “prevenga i conflitti grazie a meccanismi appropriati e non violenti, favorendo il dialogo tra le parti in causa”. L’Aceac, poi, si rivolge alla Chiesa cattolica, raccomandando “la proclamazione della verità del Vangelo in completa libertà di fronte al mondo della politica”; al contempo, i fedeli laici vengono esortati “a formare la loro coscienza cristiana approfondendo la conoscenza biblica e la Dottrina sociale della Chiesa, così da difendere meglio la giustizia e la pace e promuovere la riconciliazione”. Esprimendo, inoltre, “vicinanza spirituale” a tutte le vittime delle violenze, i vescovi dell’Africa Centrale chiedono alla Caritas locale di “organizzare una colletta in favore dei rifugiati congolesi in Rwanda, Burundi e Tanzania, per la prima domenica di Avvento, che cade il 2 dicembre, in concomitanza con la Giornata di preghiera per la riconciliazione della regione dei Grandi Laghi”. (I.P.)

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    Il Mali chiede una risoluzione Onu che autorizzi l’invio di truppe Cedeao nel Nord

    ◊   Il Mali ha chiesto ufficialmente una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU che autorizzi l’invio di una forza internazionale per mettere sotto controllo il nord del Paese, da mesi in mano ad una serie di gruppi estremisti. La richiesta è contenuta in una lettera indirizzata al Segretario Generale dell’Onu, Ban Ki-moon, firmata dal Presidente maliano Dioncounda Traoré, e dal Premier Cheikh Modibo Diarra. La risoluzione dell’Onu - riferisce l'agenzia Fides - dovrebbe autorizzare “l’intervento di una forza militare internazionale al fine di aiutare l’esercito maliano a riconquista le regioni del nord occupate” ha dichiarato il Ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, che ha reso nota la decisione delle autorità di Bamako. Con tutta probabilità saranno gli Stati della Comunità Economica dell’Africa Occidentale (Cedeao) a fornire la maggior parte delle truppe da inviare in Mali. La Francia ed altri Paesi occidentali hanno offerto un supporto logistico. Nel frattempo l’organizzazione Human Rights Watch ha denunciato in un rapporto pubblicato oggi, nuove violazioni dei diritti umani commessi dai gruppi islamisti (Al Qaida nel Maghreb Islamico-Agmi, Ansar Al Dine e Movimento per l’Unità e la Jihad nell’Africa Occidentale -Mujao) che controllano il nord del Mali. Si segnalano amputazioni di arti, lapidazioni, reclutamento di bambini e punizioni per le donne che non si attengono ai dettami del “vestiario islamico”. (R.P.)

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    Senegal: conclusa la plenaria dell’Unione del clero sulla realtà multiconfessionale

    ◊   Il contesto multiconfessionale del Senegal è “un’opportunità e non una minaccia per la nuova evangelizzazione”: è quanto emerso dalla 36.ma Assemblea generale dell’Unione del clero senegalese (Ucs), conclusasi a Kaolack venerdì scorso. L’incontro aveva come tema proprio “La nuova evangelizzazione in un contesto multiconfessionale”, scelto anche guardando all’imminente Sinodo dei vescovi dedicato alla nuova evangelizzazione, in programma in Vaticano dal 7 al 28 ottobre. Riprendendo le affermazioni dell’Instrumentum Laboris, il documento di lavoro del Sinodo, l’Ucs ha ribadito che la nuova evangelizzazione “non significa l’annuncio di un nuovo Vangelo, bensì la promozione di una cultura radicata più profondamente nel Vangelo, in un contesto mondiale in costante mutamento”. Tanto più che, ha sottolineato l’Ucs, “il fenomeno della globalizzazione, della secolarizzazione e del relativismo toccano la stessa Africa”. Nella dichiarazione finale pubblicata al termine della Plenaria, l’Unione del clero senegalese ha messo in evidenza l’importanza dei “valori comuni dell’ospitalità, della fraternità e del rispetto reciproco”, ricordando, però, che “restano ancora molti sforzi da fare, di fronte a sfide importanti come la purificazione delle mentalità e dei comportamenti”. In quest’ottica, fondamentale rimane “la partecipazione allo sviluppo integrale ed il rafforzamento dei legami di fraternità e convivenza tra le diverse comunità religiose”, da parte di “cristiani, musulmani e religioni tradizionali”. Di qui, l’esortazione che l’Ucs ha lanciato a tutti i cristiani senegalesi affinché ci sia “una vera conversione” grazie all’accoglienza della radicalità del messaggio evangelico, tanto più che “la preghiera, la contemplazione e la celebrazione dei sacramenti costituiscono luoghi privilegiati della vita cristiana, per una testimonianza autentica”. Il clero di Dakar ha anche raccomandato “vivamente” ai fedeli di “continuare ad ispirarsi a quei valori culturali che preservano e rafforzano la convivenza e la coabitazione pacifica tra tutti”. E per questo, l’Ucs condanna “il ricorso ad attacchi di principi fondamentali e di simboli religiosi dei credenti, quale che sia la loro religione”. Infine, durante i lavori inaugurali della Plenaria, il ministro senegalese del Lavoro e della Gioventù, Aly Coto Ndiaye, ha affermato che “incontri come quelli dell’Ucs sono un’iniziativa lodevole che può arginare il flagello del fondamentalismo il quale, in un contesto di convivenza interreligiosa, non può più prosperare”. (I.P.)

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    Mauritania: l’islam moderato maghrebino chiede di respingere violenza e intolleranza

    ◊   Far fronte alla violenza ed all’estremismo facendo appello ai propri valori culturali e religiosi, fondati sul dialogo e la tolleranza. È quanto si propongono i ministri degli Affari Religiosi dell’Unione del Maghreb Arabo (Uma) convenuti a Nouakchott (capitale della Mauritania) per la loro prima assemblea, dal titolo “l’Islam sunnita moderato e il suo ruolo nell’immunità culturale delle società maghrebine”. Questo incontro, ha affermato il Ministro degli Affari Islamici della Mauritania, Ahmed Ould Neini, ha lo scopo di “lavorare per far emergere una visione unica che in prospettiva permetta di creare una strategia volta ad immunizzare le società maghrebine dalle ideologie distruttive estranee ai valori culturali e morali di tolleranza di queste società”. Fanno parte dell’Uma - riferisce l'agenzia Fides - la Libia, la Tunisia, l'Algeria, il Marocco e la Mauritania. In alcuni di questi Paesi operano gruppi estremisti che si richiamano ad una visione “combattente” dell’Islam. Sono soprattutto i giovani ad essere attratti dal richiamo di queste ideologie. Il Ministro Ould Neini ha elogiato il dialogo avviato da alcuni Ulema (dotti islamici) con diversi esponenti radicali detenuti in prigione che ha permesso “ a diversi giovani di tornare alla ragione, permettendo loro di beneficiare della libertà e dell’integrazione nella vita economica”. (R.P.)

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    Messico: assassinato un sacerdote. La violenza non risparmia la Chiesa

    ◊   Con la partecipazione di un gran numero di fedeli, domenica scorsa la comunità cattolica del decanato di Sinaloa ha dato l'ultimo saluto al sacerdote Teodoro Mariscal Rivas, trovato morto assassinato nella propria abitazione, nel quartiere di Santa Fe. Il sacerdote, 45 anni, era nato a Tala, Jalisco, ed aveva la cura pastorale della chiesa di Santa Cecilia, che si trova nel territorio della parrocchia di Santo Niño de la Salud, nel distretto di Mochicahui, verso la parte centrale del Golfo della California, in Messico. Dopo la cerimonia funebre il sacerdote è stato sepolto a Jalisco, sua terra natale. Da un primo rapporto della polizia si apprende che padre Rivas è stato ritrovato la mattina del 20 settembre nella sua abitazione, legato mani e piedi, con una busta in testa che ne ha provocato il soffocamento. L’assassinio è avvenuto presumibilmente tra il 18 e il 19 settembre. Fra le cose di valore che non si trovano c’è anche la sua automobile. Secondo la nota inviata all’agenzia Fides, l’Eucaristia del funerale è stata presieduta dal vicario generale della diocesi, mons. Juan Ruiz, il quale ha chiesto alle autorità di fare la loro parte e di accertare i fatti relativi all'uccisione di padre Rivas. “Tutti abbiamo bisogno di pregare per i sacerdoti, e di pregare anche perché Dio porti al pentimento coloro che tolgono la vita a persone innocenti, essi non sfuggiranno alla giustizia divina” ha detto durante la Messa. I fedeli hanno testimoniato l’entusiasmo e la gioia che contraddistinguevano padre Rivas. Il portavoce della diocesi di Culiacán, padre Esteban Robles, ha sottolineato che quanto accaduto è un chiaro riflesso della violenza che si vive nello Stato. “Questo evento è riprovevole, non solo perché si tratta di un sacerdote, ma anche perché si parla di una persona che stava all'interno della propria casa. Ormai neanche nella propria casa un cittadino può essere al sicuro" ha detto padre Robles, evidenziando che "la Chiesa vive dentro la società, e per questo anch’essa ha subito attacchi criminali, quando la sua unica missione è cercare il bene, la pace e aiutare le persone a conoscere Dio". Perfino la Cattedrale di Culiacán ha subito degli attacchi dei vandali. In Messico in settembre, sono ormai 87 gli assassinati, per un totale di 1.107 morti registrati quest'anno. (R.P.)

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    Cina: le celebrazioni per il 100.mo della diocesi di Tian Jin culminate con un grande concerto

    ◊   Il grande concerto del 22 settembre ha segnato il culmine della “terza stagione” (“la stagione della vita”, da luglio a settembre) delle celebrazioni per i 100 anni di fondazione della diocesi di Tian Jin, dal titolo “Cento anni di Grazia”. Secondo quanto riferito all’agenzia Fides da Faith dell’He Bei, un migliaio di fedeli ha riempito il “Grande Teatro della Cina” di Tian Jin per assistere al concerto, durato oltre 3 ore, di canti e musica sacra, eseguiti da sacerdoti, religiose e fedeli laici sul tema della celebrazione giubilare. Secondo un sacerdote della diocesi, la terza stagione è lo spazio per l’evangelizzazione delle culture. Infatti, nell’arco di tre mesi, è stata aperta la mostra sul cammino dei cento anni della diocesi, si è svolta l’asta caritativa ed il seminario sulla pittura sacra. Tutte le iniziative sono state aperte al pubblico dei non cattolici, per far conoscere la Chiesa, la fede e la diocesi di Tian Jin. Le entrate dell’asta sono andate a sostegno dei progetti dedicati alle fasce più deboli, come gesto concreto dell’Amore di Cristo. Nel 1847 il Vangelo è arrivato a Tian Jin. Il 27 aprile 1912 fu eretto il vicariato apostolico di Tian Jin e Mons. Paul Dumond, allora vicario di Pechino, fu nominato primo vicario apostolico di Tian Jin. Nel 1946, l’anno in cui venne istituita la Gerarchia cinese, il vicariato divenne diocesi. Nel 1980 la chiesa riprese tutte le sue attività. Oggi si contano oltre 100 mila fedeli, 40 sacerdoti, una quarantina di religiose della Carità, oltre a qualche decina di seminaristi. La Chiesa locale è impegnata nella missione dell’evangelizzazione, nella pastorale, nel servizio sociale e nelle opere caritative. Le celebrazioni per i 100 anni di fondazione della diocesi di Tian Jin si sono aperte il 18 gennaio. La celebrazione giubilare ha per tema principale “Cento anni di Grazia” e si divide in quattro parti o stagioni: la stagione della preghiera (da gennaio a marzo); la stagione della condivisione (da aprile a giugno); la stagione della vita (da luglio a settembre) e la stagione della comunione (da ottobre a dicembre).

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    Canada: Anno della fede e Nuova evangelizzazione al centro della plenaria dei vescovi

    ◊   L’Anno della Fede, indetto da Benedetto XVI per il 50.mo anniversario del Concilio Vaticano II, e il Sinodo generale sulla Nuova evangelizzazione, in programma in Vaticano ad ottobre, saranno i temi principali della Plenaria della Conferenza episcopale canadese (Cecc). L’incontro si è aperto ieri a Sainte-Adèle e fino al 28 settembre vedrà la partecipazione di circa ottanta vescovi locali, presieduti da mons. Richard Smith. “I vescovi – informa una nota della Cecc – hanno accolto, in modo particolare, Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo maggiore di Kiev-Halych, in Ucraina, e primate della Chiesa cattolica greca ucraina, il quale è in visita in Canada per le celebrazioni del 100.mo anniversario dell’arrivo, nel Paese, del primo vescovo cattolico ucraino, il Beato Nykyta Budka”. La Cecc, inoltre, analizzerà anche i preparativi per la canonizzazione della Beata Kateri Tekakwitha, in programma per il 21 ottobre. Ma nell’ordine del giorno non mancherà “la condivisione delle esperienze episcopali e dei punti di vista dei presuli sulla vita della Chiesa e della società”: in particolare, “una sessione dei lavori sarà animata dalla Commissione episcopale Giustizia e pace sul tema della comprensione pastorale della crisi economica”. Dal suo canto, la Commissione per l’unità dei cristiani ed il dialogo interreligioso “animerà un dibattito sulle sfide della collaborazione ecumenica nell’ambito della giustizia sociale”. Infine, “la Commissione per la dottrina rifletterà sulla libertà di coscienza e di religione nella prospettiva canadese”. Come di consueto, inoltre, durante le prime due giornate di lavori, saranno presenti una ventina di osservatori e rappresentanti di organismi nazionali o di altre Chiese. La prolusione di mons. Smith e le celebrazioni liturgiche quotidiane, infine, saranno trasmesse in diretta dall’emittente ufficiale cattolica “Sale e luce”. (A cura di Isabella Piro)

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    Germania: aperta a Fulda l'Assemblea dei vescovi tedeschi

    ◊   La Chiesa ha motivo di essere ottimista: lo ha detto ieri a Fulda mons. Robert Zollitsch, presidente della Conferenza episcopale tedesca (Dbk), durante l’inaugurazione dell’Assemblea plenaria dei vescovi tedeschi. “Sta crescendo qualcosa di nuovo, il cristianesimo non è senza forze!” ha affermato. “Il tempo della svolta è anche tempo di opportunità, di conferma e nuovi orientamenti”, ha proseguito, puntualizzando che “la fede cristiana non è mai ritiro in mondi fittizi o la fuga dalla realtà”. Mons. Zollitsch - riferisce l'agenzia Sir - ha osservato che “la società è sempre più scristianizzata”, “la fede viene relegata al privato e viene sempre più esclusa dal dibattito pubblico”. La Chiesa deve perciò saper interloquire con “gruppi e ambienti estranei” ad essa. Il presidente della Dbk ha poi esortato le parrocchie e le comunità a non chiudersi in se stesse e ha fatto presente che “la vivacità della fede non dipende dalla grandezza territoriale delle parrocchie, bensì dal fatto che ci siano persone con cui condividere gioia e speranza, tristezza e paura”. Infine, mons. Zollitsch ha auspicato lo svolgimento dell’attività pastorale in nuovi modi (“pastorale cittadina”) e con l’ausilio dei nuovi media. (R.P.)

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    Romania: Assemblea dei vescovi sul Sinodo per la nuova evangelizzazione

    ◊   La traduzione in romeno della Sacra Scrittura, i manuali di religione, la situazione degli archivi diocesani e il ruolo degli archivisti sono alcuni dei temi al centro dell’attenzione dei vescovi romano e greco-cattolici della Romania, durante la sessione autunnale della Conferenza dei vescovi della Romania che si svolge a Þumuleu Ciuc (Harghita) da oggi al 27 settembre. L’incontro, informa una nota della Conferenza episcopale romena ripresa dall'agenzia Sir, ospitata dall’arcidiocesi romano-cattolica di Alba-Iulia. I vescovi cattolici rifletteranno su alcuni eventi che si sono svolti quest’anno: l’Incontro mondiale delle famiglie a Milano, l’Incontro nazionale della gioventù cattolica a Iasi e l’Assemblea generale del Forum internazionale dell’Azione cattolica che si è tenuta sempre a Iasi in agosto. I presuli faranno anche alcune considerazioni sul tema della evangelizzazione in vista del Sinodo al quale prenderanno parte anche i vescovi romeni mons. Virgil Bercea, vescovo greco-cattolico di Oradea Mare, e mons. Petru Gherghel, vescovo romano-cattolico di Iasi. Verranno vagliate anche le proposte di iniziative comuni delle diocesi ed eparchie della Romania per l’Anno della fede. La Conferenza dei vescovi cattolici della Romania riunisce i vescovi romano-cattolici e greco-cattolici della Romania e si ritrova due volte l’anno in sessione ordinaria. (R.P.)

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    Portogallo: concluso il pellegrinaggio dell'urna di Don Bosco

    ◊   Dal 10 al 18 settembre l’urna contenente le reliquie di Don Bosco ha visitato le diocesi e le opere dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice (Fma) del Portogallo centro-meridionale, con una grande partecipazione della chiesa locale, dei fedeli e dei giovani. Lunedì 10 la reliquia è stata accolta presso l’opera delle Fma di Setúbal, dove la giornata di celebrazione si è conclusa con l’Eucaristia presieduta da mons. Gilberto Canavarro, vescovo della diocesi, nella cattedrale della città. Nei giorni 11-12 settembre sono state le comunità salesiane e delle Fma di Cascais ed Estoril ad accogliere l’urna. Numerosa è stata la partecipazione dei fedeli alle varie attività proposte, soprattutto da parte dei giovani. Si sono alternate molte celebrazioni religiose, atti culturali e ludici, veglie di preghiere, rinnovo delle promesse dei Salesiani Cooperatori e dei voti per i religiosi. La città di Manique ha reso omaggio a Don Bosco il 13 settembre. Dopo il benvenuto ufficiale, a cura dell’Ispettore, don Artur Pereira, si sono susseguite una sessione culturale e, in serata, una processione e una messa, presieduta da mons. Joaquim Mendes, salesiano, vescovo e ausiliare di Lisbona. Nella capitale portoghese l’urna ha sostato dal 14 a 16. Il primo giorno è stato dedicato ad una solenne cerimonia di benvenuto, seguito da un atto culturale e da una liturgia della Parola. Nella giornata successiva la reliquia è stata omaggiata in maniera speciale da tutta la diocesi di Lisbona: un lungo corteo scortato dalla polizia e dagli scout si è snodato per le strade della città; l’urna di Don Bosco, per l’occasione trasportata su un veicolo speciale dell’esercito portoghese, ha percorso il tragitto dall’opera salesiana “Oficinas de San José” al “Monastero dei Geronimi”, accompagnata da un gran folla di fedeli e dalla banda giovanile salesiana. Una volta giunta a destinazione, il cardinale patriarca della città, mons. José da Cruz Policarpo, ha presieduta la messa solenne, concelebrata da altri vescovi e circa 60 sacerdoti. Nella giornata di domenica l’urna di Don Bosco ha presenziato alle 4 messe domenicali celebrate nella chiesa dell’opera salesiana; ad una di queste celebrazioni ha partecipato anche il Presidente della Repubblica, Aníbal Cavaco Silva, con sua moglie, Maria. Dal pomeriggio della domenica a quello del lunedì, l’urna è stata a Vendas Novas. Alle varie attività religiose e culturali programmate hanno partecipato molti membri della Famiglia Salesiana locale e anche numerose autorità civili. L’ultima tappa nel Portogallo è stata Évora. Accolta presso il tempio romano di Diana, la reliquia è stata accompagnata in processione fino alla cattedrale cittadina, dove l’arcivescovo mons. José Francisco Alves ha presieduto la messa. Alla mattina del giorno successivo, l’urna di Don Bosco è stata poi portata a Badajoz, in Spagna. (I.P.)

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    Diocesi di Roma: il cardinale Vallini raccomanda ai sacerdoti lo slancio missionario

    ◊   “In un mondo dispersivo e confuso è importante ritornare ai fondamentali della nostra vita”. È l’invito rivolto dal cardinale Agostino Vallini, vicario del Papa per la diocesi di Roma, ai sacerdoti incontrati ieri. “L’Anno della Fede è un forte invito a riaffermare e fortificare innanzitutto la nostra identità presbiterale”, ha esordito il porporato, che ha esortato a chiedersi “chi siamo noi sacerdoti in una società secolarizzata, ormai multietnica e multireligiosa”. La domanda da porsi, secondo il cardinale Vallini, è “che cosa è successo negli anni del post-Concilio”, il cui “messaggio rinnovatore non è stato sempre bene interpretato e talvolta è stato stravolto”. “Il Vaticano II - ha fatto notare infatti il cardinale - non ha proposto un modello prefabbricato di prete”, ha “ha indicato alcuni lineamenti, opportuni adattamenti, ha accentuato aspetti prima poco evidenziati, che però non andavano assolutizzati ma armonizzati nell’insieme”. Tra le acquisizioni fondamentali del Concilio, da tener presente ancora oggi - riferisce l'agenzia Sir - il cardinale Vallini ha citato la consapevolezza che “il ministero ordinato non precede il popolo di Dio ma è all’interno e al servizio della missione di tutta la Chiesa” e che “il sacerdote non è solo a servizio della comunità dei credenti, è anche il primo responsabile dell’evangelizzazione di tutti gli uomini”. “Uomo di Dio a servizio della Chiesa, evangelizzatore e catecheta, promotori di carismi e vocazioni senza rinunciare al suo ministero specifico di pastore, membro dell’unico presbiterio”. Questa, in sintesi, l’identità del sacerdote, consolidatasi nella comunità ecclesiale grazie all’eredità del Concilio. “In un mondo lacerato dall’egoismo, dalla violenza e dalle ingiustizie, come suoi ministri, forti della profezia del Vangelo, dobbiamo porci come uomini di riconciliazione e di pace”, l’invito del vicario del Papa per la diocesi di Roma, che ai suoi preti ha raccomandato “ottimismo e fiducia”. “Siamo in prima fila, con tutti gli uomini di buona volontà, per essere artefici di unità attraverso la nostra capacità di dialogo, di condivisione, di comprensione, di perdono”, ha aggiunto, esortando a “cogliere il positivo nelle vicende umane, valorizzare ciò che unisce, sentire e far sentire il senso di umanità”. Primato della preghiera, “slancio missionario”, maggiore attenzione ai “lontani”: queste alcune priorità raccomandate dal cardinale Vallini ai sacerdoti romani, per scongiurare i rischi della “perdita di passione”, del “diffuso senso di disaffezione”, di “comportamenti che tendono allo sconforto e alla chiusura”. “L’isolamento è il veleno della vita sacerdotale”, ha concluso il cardinale invitando i preti a valorizzare le “relazioni presbiterali”. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 269

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