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Sommario del 23/09/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all’Angelus: pregate per i cristiani del Medio Oriente e per la pace
  • Il nunzio in Libano: dalla visita del Papa una spinta a rafforzare pace e convivenza
  • Operatore di pace al servizio della Chiesa: così, il cardinale Sodano ai funerali del cardinale Baldelli in Vaticano
  • Al cardinale Bertone il Premio “Conde de Barcelona”, martedì la cerimonia con il re Juan Carlos
  • Oggi in Primo Piano

  • Proteste nel mondo islamico: il governo pakistano sconfessa il suo ministro
  • Riunione Celra ad Amman. P. Felet: da cristiani e musulmani un grido comune di libertà
  • E’ morto il missionario del Pime padre Bossi, ponte tra cristiani e musulmani nelle Filippine
  • La Coldiretti dona una vigna al Papa e rinnova l'appello a difesa del Creato
  • Nuova sede a Roma della "Casa di Cristian", centro Caritas per madri e bambini in difficoltà
  • La Chiesa celebra la decima memoria liturgica di San Pio da Pietrelcina
  • "La scommessa di Emmaus": a Loppiano, la presentazione del libro sull'oggi del Movimento dei Focolari
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Nigeria: attentato suicida contro una chiesa, almeno tre morti
  • Siria: l'Onu riviolge un appello ai leader mondiali, nuovi sanguinosi scontri
  • Rimsha: la polizia pakistana smonta le accuse dell’imam
  • A dicembre l’elezione del nuovo Patriarca copto ortodosso
  • Seggi aperti per le elezioni parlamentari in Bielorussia
  • Senegal: il vescovo di Zigunichor lavora per la pace in Casamance
  • Cile: al via il quarto congresso su “cattolici e vita pubblica”
  • Nepal: valanga uccide almeno 13 alpinisti
  • In Ucraina la quinta Settimana sociale ecumenica
  • Madagascar: un bambino su due soffre di rachitismo e malnutrizione
  • Hong Kong: le scuole cattoliche si preparano al nuovo anno scolastico
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all’Angelus: pregate per i cristiani del Medio Oriente e per la pace

    ◊   All’Angelus, a Castel Gandolfo, Benedetto XVI è tornato, stamani, a levare un’invocazione di pace per il Medio Oriente. Rivolgendosi ai pellegrini di lingua francese, il Papa ha chiesto ai fedeli di pregare per i cristiani mediorientali e per il dialogo tra le religioni. Commentando il Vangelo domenicale, il Pontefice ha quindi sottolineato che il Signore ci chiede di essere umili e di sconfiggere l’orgoglio radicato in noi. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    All’Angelus, il Papa ha voluto rinnovare la sua gratitudine a quanti hanno accompagnato con le preghiere il suo viaggio apostolico in Libano. Quindi, parlando ai pellegrini di lingua francese, ha levato un nuovo appello di pace per tutto il Medio Oriente:

    “Continuez à prier pour les chrétiens…”
    “Continuate a pregare per i cristiani mediorientali – ha detto – per la pace e per il dialogo sereno tra le religioni”. Prima delle parole sul Medio Oriente, il Papa si era soffermato sul Vangelo domenicale che mostra in modo evidente la “profonda distanza interiore” tra Gesù e i suoi discepoli:

    “Si trovano, per così dire, su due diverse lunghezze d’onda, così che i discorsi del Maestro non vengono compresi, o lo sono soltanto superficialmente. L’apostolo Pietro, subito dopo aver manifestato la sua fede in Gesù, si permette di rimproverarlo perché ha predetto che dovrà essere rifiutato e ucciso”.

    Del resto, ha aggiunto, “ci sono diversi altri segni di questa distanza”. Un fatto che ci ricorda che “la logica di Dio è sempre più alta rispetto alla nostra”. Per questo, ha avvertito il Papa, “seguire il Signore richiede sempre all’uomo una profonda con-versione”, un “cambiamento nel modo di pensare e di vivere", che richiede di "aprire il cuore all’ascolto per lasciarsi illuminare e trasformare interiormente":

    “Un punto-chiave in cui Dio e l’uomo si differenziano è l’orgoglio: in Dio non c’è orgoglio, perché Egli è totale pienezza ed è tutto proteso ad amare e donare vita; in noi uomini, invece, l’orgoglio è intimamente radicato e richiede costante vigilanza e purificazione”.

    “Noi, che siamo piccoli – ha osservato - aspiriamo ad apparire grandi, ad essere i primi, mentre Dio, che è realmente grande, non teme di abbassarsi e di farsi ultimo”. Per questo siamo chiamati ad invocare la Vergine Maria che è perfettamente ‘sintonizzata’ con Dio”. Al momento dei saluti, il Papa ha ricordato con gioia la proclamazione, a Troyes in Francia, del Beato sacerdote Louis Brisson, fondatore delle Oblate e degli Oblati di San Francesco di Sales. Quindi, rivolgendosi ai pellegrini polacchi, ha auspicato che “ogni bambino possa godere dell’amore e del calore familiare”. E che tutti i bambini abbiano “degne condizioni di esistenza e di educazione”. Infine, un pensiero speciale ai pellegrini italiani della Coldiretti, che hanno donato al Papa una vigna per la Fattoria pontificia:

    “Cari amici, esprimo apprezzamento per il vostro impegno in favore della salvaguardia del Creato e vi ringrazio per i doni”.


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    Il nunzio in Libano: dalla visita del Papa una spinta a rafforzare pace e convivenza

    ◊   Una settimana fa si concludeva, a Beirut, il memorabile viaggio apostolico del Papa in Libano. Un evento che ha rappresentato un segno forte di pace e convivenza non solo per il Paese dei Cedri, ma per tutto il Medio Oriente. Sui primi frutti di questa visita del Papa, Alessandro Gisotti ha intervistato il nunzio in Libano, mons. Gabriele Caccia:

    R. – Certamente c’è un grande frutto, che è la gioia. La gioia, l’entusiasmo di tutti i partecipanti a questo evento che è già definito storico. Non parlo solo dei cristiani, per i quali la visita del Santo Padre è stata determinante, ma anche per tutta la più ampia comunità libanese è stata veramente un’esperienza di pace. Il Santo Padre è venuto con un messaggio di pace e tutti hanno capito che come vero capo religioso, come uomo di Dio ha portato un messaggio di solidarietà e di fraternità. In tutti c’è ancora un’atmosfera di grande gioia. Il Paese ha potuto mostrare il volto più bello, è stata proprio l’occasione per dire: insieme, tutti, si può fare qualcosa di bello, di importante per il Libano e direi anche per il Medio Oriente.

    D. – Qual è, secondo le impressioni che ha raccolto, il momento che pensa sia rimasto maggiormente nel cuore dei libanesi?

    R. – Direi che sono due i momenti che sono rimasti nel cuore dei libanesi: la Messa, che veramente ha visto confluire a Beirut quasi tutto il Libano, e l’incontro con i giovani. Sono stati i due momenti di grande partecipazione. Ma tutti coloro che hanno avuto modo di partecipare agli altri importanti eventi hanno avuto questa stessa impressione, di vivere un momento particolarmente importante nella storia del Paese e del Medio Oriente. Non si può non essere pieni di gioia per la grande partecipazione entusiasta dei giovani che ha trascinato molta gente, il giorno dopo. L’entusiasmo dei giovani ha invogliato tutti ad essere presenti alla grande Messa che è stata una manifestazione corale di fede, di gioia e anche di profonda disciplina e di organizzazione, perché ha permesso a tutti di vivere momenti di grande raccoglimento per una bella testimonianza di fede per tutti.

    D. – Il Papa ha chiamato cristiani e musulmani, in particolare i giovani, ad impegnarsi insieme per la pace. C’è qualche iniziativa in questo senso che può essere stata già rafforzata dal viaggio apostolico in Libano?

    R. – Certamente. Il Santo Padre ha apprezzato soprattutto l’idea che qui in Libano già si festeggi il 25 marzo come festa nazionale per permettere a cristiani e a musulmani di riunirsi attorno alla figura della Vergine Maria. E dunque, questo desiderio di vivere momenti insieme è certamente rafforzato dal messaggio del Santo Padre, dalla visita, dalla collaborazione e dalla presenza di tanti musulmani ai momenti significativi del viaggio. Eccezionale e molto cordiale, poi, l’incontro con i quattro capi religiosi delle comunità musulmane presenti: un incontro che porterà anche nel futuro frutti significativi per questo dialogo essenziale in tutta la regione.

    D. – Il mondo musulmano è scosso, in questi giorni, da violente proteste che non hanno lasciato immune il Libano. Una sua riflessione al riguardo:

    R. – Io direi che l’immagine che viene dal Libano è veramente un messaggio; un messaggio per dire che si può vivere insieme nel rispetto, nella stima reciproca e direi anche di più: nell’amore reciproco. Vedendo quello che succede intorno, ancora una volta il Libano si presenta come “Paese-messaggio”: messaggio per l’Oriente e per l’Occidente, come già aveva indicato il Beato Giovanni Paolo II. Io penso che questa missione del Libano è destinata, grazie anche a questo viaggio, a diffondersi e a portare un messaggio importante per il Medio Oriente e anche per il mondo intero.

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    Operatore di pace al servizio della Chiesa: così, il cardinale Sodano ai funerali del cardinale Baldelli in Vaticano

    ◊   “Una vita tutta spesa al servizio della Chiesa”, quella del cardinale Fortunato Baldelli, Penitenziere maggiore emerito dal gennaio di quest’anno, morto venerdì a Roma all’età di 77 anni. L’ha definita così il cardinale Angelo Sodano, decano del collegio cardinalizio, celebrando ieri pomeriggio nella Basilica Vaticana le esequie del porporato distintosi nel servizio alla Santa Sede in varie rappresentanze diplomatiche. Divenuto ministro di Cristo nella sua cara Umbria, alla scuola di san Francesco d’Assisi – ha ricordato il cardinale Sodano – il cardinale Baldelli “si distinse per le sue doti di umiltà, semplicità, fraternità: così nel lavoro in diocesi, così nel servizio della Santa Sede come nunzio apostolico in Angola e Sao Tomè e Principe, nella Repubblica Dominicana, in Perù e in Francia”. L’eredità del cardinale Baldelli – ha aggiunto – è la sua vita, “sempre ispirata alle Beatitudini evangeliche: fu povero di spirito, ebbe cioè un cuore da povero e provato poi da molte afflizioni, ha sempre sperato nelle consolazioni del Signore”. “Operatore di pace – ha proseguito il cardinale Sodano – egli ci ha insegnato che questa è la via per essere veramente chiamati figli di Dio”.

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    Al cardinale Bertone il Premio “Conde de Barcelona”, martedì la cerimonia con il re Juan Carlos

    ◊   Il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, riceverà martedì prossimo a Barcellona dal re Juan Carlos, il Premio internazionale “Conde de Barcelona”, giunto alla IV edizione, ed attribuito a personalità o istituzioni che si siano distinte per il proprio apporto al mondo della comunicazione. Il premio è istituito dalla Fondazione “Conde de Barcelona”, costituita a sua volta dal quotidiano “La Vanguardia”. E proprio al giornale di Barcellona, il cardinale Bertone ha rilasciato oggi un’intervista a tutto campo, su cui ci riferisce Alessandro Gisotti:

    La crisi economica, la presenza dei cristiani in Medio Oriente e ancora le sfide della secolarizzazione e la libertà religiosa. Sono i temi principali affrontati dal cardinale Tarcisio Bertone in una lunga intervista al quotidiano “La Vanguardia”. Il porporato ha sottolineato che, nonostante l’avanzare della mentalità laicista con tutti i suoi effetti, la Spagna resta profondamente cattolica ed ha elogiato l’impegno dell’episcopato locale nel mobilitare “tutte le forze” per “rievangelizzare la società”. Quindi, rispondendo ad una domanda sulla crisi economica nei Paesi europei, ha affermato che è innanzitutto “necessaria una riflessione antropologica”. Bisogna guardare, ha detto, alle cause come l’individualismo egoista richiamando la necessità di una base etica dell’economia. Di qui, ha avvertito, l’urgenza di una “maggiore assunzione personale di responsabilità”. Non meno importante, ha soggiunto, è la promozione della solidarietà. L’Europa, ha detto, potrà superare la crisi solamente riscoprendo la centralità dei valori “umani e cristiani” che ne hanno fatto grande la storia. Né ha mancato di mettere l’accento sulla crisi della natalità che mette a rischio il futuro di molti Paesi europei.

    Il cardinale Bertone ha così sottolineato che la crisi non riguarda solo Paesi europei di tradizione cattolica, ma tutto il Vecchio Continente. Una crisi, peraltro, ha constatato, che mette in luce i “punti deboli” dei singoli Paesi e i “limiti strutturali dell’attuale architettura politica ed economica dell’Unione Europea”. Il porporato si è dunque soffermato sulle violenze anticristiane in molti Paesi a maggioranza musulmana. La diminuzione della presenza cristiana in Medio Oriente, ha affermato, “non è solo un danno per la Chiesa, ma per tutta la società come riconoscono pure molti musulmani”. Per questo, ha ammonito, “la promozione della libertà religiosa è la migliore garanzia per il progresso della società”. Riferendosi poi alla visita del Papa in Libano, il cardinale Bertone ha espresso tutta la sua preoccupazione per la guerra in Siria, che ha provocato quasi 30 mila morti. E’ una crisi complicata, ha detto, che non mette in pericolo solo la comunità cristiana ma tutta la società. I cristiani presenti in Siria, ha aggiunto, saranno sempre “costruttori di pace e artefici di riconciliazione”. Quindi, ha rinnovato l’appello alla fine delle violenze, “da qualsiasi parte vengano”, e a dare priorità alla via del dialogo e della riconciliazione. “E’ importante – ha affermato – salvaguardare l’unità del Paese” in cui tutti, comprese le minoranze, “abbiano un ruolo fondamentale per contribuire al bene della società”.

    Di qui, il cardinale Bertone si è soffermato sulle prospettive della cosiddetta “primavera araba”. Pur non essendoci più l’entusiasmo iniziale, ha osservato, i movimenti nel mondo arabo vanno visiti “più che come un rischio come un’opportunità e una sfida”. In molti dei cambiamenti che si vedono, ha affermato, c’à all’origine “un desiderio di maggiore giustizia e partecipazione alla vita politica”. Elementi questi che “non possono non incontrare una grande sintonia con i valori promossi dal cristianesimo”, dalla dignità della persona all’importanza della famiglia. Il cardinale Bertone ha, infine, risposto ad una domanda sul celibato dei sacerdoti. “La Chiesa – ha detto – basandosi sulle parole e l’esempio di Cristo considera il celibato come un’espressione del dono totale del sacerdote” al Signore e come un “modo particolarmente fecondo per partecipare alla costruzione della Chiesa”. Per questo, ha spiegato, si mantiene il celibato per i sacerdoti della Chiesa latina. Ed ha concluso auspicando una rinnovata promozione della pastorale delle vocazioni.

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    Oggi in Primo Piano



    Proteste nel mondo islamico: il governo pakistano sconfessa il suo ministro

    ◊   Proseguono in varie parti del mondo le proteste di gruppi islamici contro il video blasfemo prodotto negli Stati Uniti e le vignette contro Maometto apparse in Francia. Particolarmente tesa la situazione in Pakistan, dove un ministro - sconfessato dal suo stesso governo - ha proposto una taglia di 100 mila dollari per il produttore del film. E delle proteste si discuterà anche la prossima settimana all’assemblea generale dell’Onu. Il servizio di Davide Maggiore:

    Il ministro delle Ferrovie pakistano, Ghulam Ahmad Bilor, ha parlato esplicitamente di “uccidere” il produttore del film amatoriale, e ha promesso di ricompensare personalmente chi lo farà. “Invito i talebani ed al-Qaeda a unirsi a me in questa missione”, ha aggiunto l’uomo politico. Contro di lui si è schierato il portavoce del governo, specificando che le autorità pakistane si dissociano da queste dichiarazioni. Nel Paese, durante le proteste di venerdì, che avevano provocato oltre 20 morti e 200 feriti, era stata presa d’assalto e distrutta anche una chiesa luterana. Uno sciopero generale è stato invece proclamato a Dacca, capitale del Bangladesh, dove ieri si erano verificati scontri tra attivisti islamici e polizia. Nella giornata di sabato manifestazioni pacifiche hanno coinvolto anche la località di Kano, nel nord della Nigeria, mentre alcune milizie islamiste hanno abbandonato le loro posizioni dopo manifestazioni di piazza a Derna, nella Libia orientale. La prossima settimana, durante l’assemblea generale dell’Onu, interverrà sulla questione del video anche il presidente statunitense Barack Obama, per respingere le tesi del film e l’uso della violenza.

    Sull'ondata di proteste nel mondo islamico, Fabio Colagrande ha intervistato il teologo musulmano Adnane Mokrani, docente alla Pontificia Università Gregoriana:

    R. - La mia prima impressione è che in Occidente ci siano piccoli gruppi che stanno lavorando per far aumentare l’odio contro i musulmani e ce ne sono altri che stanno approfittando di questa occasione per guadagnare, per fare un po’ di pubblicità, per approfittare un po’ della situazione. Dall’altra parte, però, nel mondo islamico, ci sono gruppi di fondamentalisti, alcuni gruppi legati ad al Qaeda che cercano - anche loro - di investire nell’odio, reagendo in modo violento per trovare una posizione nella scena politica nuova nel mondo arabo islamico. Tra questi due estremi c’è una maggioranza di musulmani, di cristiani, di occidentali e di orientali che lavorano per la pace, per la democrazia, per i diritti umani, per la collaborazione, la solidarietà internazionale e che devono lavorare ancora di più per marginalizzare e per non lasciare la scena aperta a questi estremisti.

    D. - Quale dovrebbe essere, secondo lei, la reazione più corretta di un musulmano di fronte a queste provocazioni?

    R. - Secondo me, in questo momento, la reazione più utile da parte islamica sarebbe quella di ignorare totalmente la provocazione. E questo perché quello che vogliono coloro che hanno prodotto il film è proprio questa reazione violenta, che conferma paradossalmente il “carattere violento” dell’islam: chi difende il Profeta usando la violenza, non fa altro che offendere il Profeta stesso e confermare quello che si dice contro il Profeta. E’ una grande contraddizione; è un paradosso. Invece la risposta civile, culturale, pacifica deve essere - presentando la storia, studiando la storia in modo scientifico ed accademico e non cadendo in questa trappola - ignorare. Ci sono vere sfide e la prima sfida è ricostruire questi Paesi che sono appena usciti da rivoluzioni, come la Tunisia e la Libia. Ma cercare anche di aiutare il popolo siriano in modo efficace, perché viviamo un grande dramma, quello siriano: è uno scandalo, secondo me, manifestare per le vignette oppure per questo film di bassissima qualità artistica, mentre assistiamo ad un massacro terribile in Siria senza dire una parola!

    D. - Prof. Mokrani, dopo la “primavera araba” è ipotizzabile che esistano delle società islamiche che, di fronte ad una satira religiosa, anche di basso livello, magari la condannino ma non reagiscano in maniera violenta?

    R. - Secondo me la maggior parte dei musulmani non ha reagito in modo violento. Quello che è successo a Bengasi, in Libia, è un attacco preparato da un gruppo di al Qaeda: dunque lo hanno voluto e lo hanno pensato prima. Non è stata una reazione spontanea, ma un attacco ben preparato. Vedo, invece, che la maggioranza dei musulmani ha reagito in modo pacifico.

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    Riunione Celra ad Amman. P. Felet: da cristiani e musulmani un grido comune di libertà

    ◊   Si è tenuta in questi giorni ad Amman, in Giordania, la riunione della Celra, la Conferenza dei Vescovi Latini delle Regioni Arabe. Un incontro particolarmente significativo, perché si è svolto all’indomani della visita del Papa in Libano e della pubblicazione dell’Esortazione apostolica post-sinodale “Ecclesia in Medio Oriente”. Sui temi forti della riunione di Amman, Alessandro Gisotti ha intervistato padre Pietro Felet, segretario della Celra:

    R. – Prima di tutto, c'è stata una valutazione della visita apostolica in Libano, che abbiamo ritenuto un vero successo. I vescovi si sono dati come "compito da fare a casa" con i loro fedeli, di riprendere i discorsi del Santo Padre e naturalmente, la consegna dell’Esortazione apostolica. Poi, il richiamo alla conversione, innanzitutto partendo dalla gerarchia, dai sacerdoti e dai fedeli. Una conversione che non è solamente rivolta a Dio, ma è anche un perdono offerto al prossimo. Ci sono Paesi che vivono una certa turbolenza a livello politico e a livello sociale, quindi c’è un bisogno reale di sapere che cosa vuol dire perdono, quali sono le vie per arrivare a un vero perdono.

    D. – Siamo nell’imminenza del Sinodo per la nuova evangelizzazione. Questo tema come è entrato nei lavori della Conferenza?

    R. – Con quattro punti salienti: portare la Parola di Dio nella vita politica, come formare dei politici. Poi, come formare nuovi comunicatori dei mass media, come trasmettere valori essenziali per la vita quotidiana dei fedeli. Quindi, l’emigrazione dei cristiani che lasciano le loro terre, come seguire chi parte. E ancora, le scuole: quali sono i valori che trasmettono? Qual è il progetto educativo che offriamo agli studenti delle nostre scuole? Quando si trasmettono dei valori c’è una nuova evangelizzazione, perché devono essere basati sul Vangelo.

    D. – Nel nuovo contesto della cosiddetta "Primavera araba", quali sono le nuove sfide per la collaborazione, per il dialogo fattivo, concreto tra cristiani e musulmani?

    R. – Cogliamo il grido della massa che vuole democrazia. Che siano cristiani o musulmani, tutti aspirano a questo: maggiore democrazia, che vuol dire partecipazione alla vita pubblica, maggiore libertà. Libertà di espressione religiosa, anche, libertà di scelta della propria fede, ciò che non è sempre accolto o capito. Sono questi i due gridi principali: democrazia e libertà.

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    E’ morto il missionario del Pime padre Bossi, ponte tra cristiani e musulmani nelle Filippine

    ◊   Padre Giancarlo Bossi, il missionario del Pime che nel 2007 era stato rapito a Mindanao, nelle Filippine, è morto stanotte all’età di 62 anni in una clinica di Rozzano sul Naviglio nel milanese. Da oltre un anno, informa l'agenzia AsiaNews, padre Bossi era malato di tumore ai polmoni. Dopo la liberazione, il missionario aveva incontrato il Papa in occasione del raduno con i giovani a Loreto, nel 2007. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Per tutti, cristiani e musulmani, padre Bossi era il “gigante buono”. La sua imponente statura, infatti, era direttamente proporzionale all’amore per il prossimo, senza distinzione di credo. In Italia e nel mondo, padre Bossi era divenuto noto quando - nel giugno del 2007 - era stato rapito, per 40 giorni, da un gruppo di miliziani musulmani a Mindanao nelle Filippine, la sua terra d’adozione dove ha prestato servizio missionario per 32 anni. Ecco la sua toccante testimonianza al microfono di Fabio Colagrande, poco dopo la liberazione:

    R. – La gioia più grande della liberazione è essere tornato alla mia parrocchia a salutare i miei parrocchiani. Dovevo ritornare - perché a Payao di per sé nella grande maggioranza sono cristiani, però il centro di Payao è al 50 per cento musulmano e al 50 per cento cristiano - proprio per evitare, chiamiamolo così, uno scontro di civiltà o una guerra di religione. E ho detto loro che quelli che hanno rapito me in fondo erano solo grandi criminali e quindi sono criminali solo quei pochi che mi hanno rapito - non è che i musulmani sono tutti criminali! Come quando un cristiano ruba: non è che tutti i cristiani siano ladri! - credo che la gente di Payao abbia capito ...

    D. – Lei ha detto che ha pregato con i suoi rapitori: come è successo?

    R. – Perché loro pregavano tre volte al giorno, e quando pregavano loro pregavo anch’io, e dentro di me, l’idea che mi facevo, le prime volte, sai, vedere loro pregare e pregare io ... la mia idea, la mia domanda era: ma stiamo pregando lo stesso Dio? Perché se è un Dio della pace e della misericordia, vuol dire: come mai loro pregano, che hanno un fucile alla destra e me prigioniero alla sinistra? Mi sembrava una grande contraddizione, no? Per cui, io chiedevo loro informazioni e la loro risposta è stata molto semplice: loro mi hanno detto che Allah è nel loro cuore ma non nel loro lavoro. E questo anche per molti cristiani è uguale: cioè, Dio esiste, però nelle nostre scelte quotidiane siamo noi che prendiamo le decisioni: Dio non c’entra niente! E questa è una cosa sulla quale dobbiamo riflettere ...

    Tornato in Italia dopo il suo sequestro, padre Bossi ha avuto la possibilità di incontrare Benedetto XVI durante un raduno del Pontefice con i giovani italiani a Loreto. Qui il missionario del Pime ha dato la sua testimonianza sul modo in cui ha vissuto il sequestro insieme ai suoi rapitori. “Durante i 40 giorni del mio deserto nella foresta – ha affermato davanti a 300mila regazzi - mi sono sentito rinnovare. La mia preghiera è diventata più essenziale e forte. La mia disponibilità a Dio più incisiva. Nelle difficoltà con forza si sperimenta la tenerezza di Dio”.

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    La Coldiretti dona una vigna al Papa e rinnova l'appello a difesa del Creato

    ◊   In occasione della Giornata della Salvaguardia del Creato, gli agricoltori della Coldiretti hanno donato al Papa una vigna di "Trebbiano" e "Cesanese di Affile" per la Fattoria pontificia. Stamani a Castel Gandolfo, migliaia di agricoltori italiani hanno organizzato un evento sul tema della difesa del Creato con una mostra di prodotti agricoli promossa dalla Fondazione "Campagna Amica" della Coldiretti. I partecipanti hanno poi preso parte all’Angelus al Palazzo Apostolico dove hanno ricevuto il saluto e la gratitudine di Benedetto XVI. Sul particolare omaggio al Papa e l’importanza della difesa del Creato, Luca Collodi ha intervistato padre Renato Gaglianone, consigliere ecclesiastico nazionale della Coldiretti:

    R. – L’anno scorso, abbiamo donato un alveare che produce del miele e che è stato collocato nelle Ville Pontificie; quest’anno abbiamo pensato ad un vigneto. Questa vigna sarà impiantata attraverso dei grappoli d’uva che si spera l’anno prossimo già producano il vino che potrà servire per la mensa, sia eucaristica sia conviviale.

    D. – Non tutti sanno che esiste questa Fattoria pontificia che produce alimenti – in quantità limitata, naturalmente – di grande valore …

    R. – La Fattoria pontificia voluta da Pio XI è una fattoria abbastanza articolata: produce prodotti di qualità, è impegnata anche nella produzione di articoli biologici per la salvaguardia del territorio, cercando di essere testimoni di cosa significhi coltivare la terra per produrre beni in risposta anche all’impegno di Dio che ha affidato all’uomo questa terra perché la coltivasse e la custodisse, non semplicemente per violentarla o utilizzarla secondo gusti o desideri egoistici. E la Fattoria pontificia, in fondo, è su questa linea, perché vuole essere un modello, un modo di essere presenti sul territorio, produrre alimenti ed essere anche tra coloro che guardano e salvaguardano questo territorio. Quando, infatti, l’uomo lascia il suo territorio, lo abbandona a se stesso e i risultati li abbiamo sotto gli occhi. Sono quelle ferite di cui poi parla il messaggio dei vescovi per questa settima Giornata della salvaguardia del Creato.

    D. – Ferite che non mancano neppure in Europa per alcune politiche che favoriscono la cementificazione del territorio e la produzione di biocarburanti …

    R. – C’è il rischio che, per dare spazio alla green economy, poi si facciano scelte che penalizzano il terreno fertile, per esempio: quel terreno che produce beni. Così come è impensabile, in una situazione in cui c’è bisogno di gente che ha bisogno di cibo, che – ad esempio – si produca mais per ottenere biocarburante, dimenticando che invece questo potrebbe servire per dare da mangiare a chi ha fame …

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    Nuova sede a Roma della "Casa di Cristian", centro Caritas per madri e bambini in difficoltà

    ◊   Sarà inaugurata a Roma, questo pomeriggio, dal cardinale vicario Agostino Vallini la nuova sede della “Casa di Cristian”, comunità di accoglienza della Caritas diocesana per mamme e bambini senza fissa dimora. La struttura, nata in occasione del Giubileo del 2000, sarà ospitata nella sede delle suore “Figlie di Cristo Re”, nel quartiere periferico romano di Tor Fiscale. Sulle attività e la storia di questo centro d’accoglienza, Michele Raviart ha intervistato mons. Enrico Feroci, direttore della Caritas diocesana di Roma:

    R. – La “Casa di Cristian” è una struttura che accoglie mamme e bambini. Questo servizio è iniziato nel 2000, quando con l’Anno Santo, l’idea dell’accoglienza a Roma era molto forte, soprattutto per le realtà di grande bisogno, di difficoltà. Nel nostro servizio notturno, per essere vicini a coloro che vivono per la strada, abbiamo cominciato a notare che c’erano anche mamme con bambini. Ora le figlie di Cristo Re che hanno una struttura vicino la via Appia ci hanno messo a disposizione metà della loro casa.

    D. - Quante persone accoglie questa struttura?

    R. – Attualmente abbiamo 10 mamme con 17 bambini. Da lunedì, saranno 12 mamme e 21 bambini provenienti 5 dall’Italia e altri da Marocco, Tunisia, Romania etc. I bambini vanno da un anno a 6 anni; poi ci sono bambini di 9 anni, 11, 14 e 17. Dal primo gennaio ad oggi abbiamo accolto 27 mamme e 52 bambini. Abbiamo avuto 130 segnalazioni di situazioni di difficoltà.

    D. – Chi sono queste madri senza fissa dimora e come vengono in contatto con la realtà della “Casa di Cristian”?

    R. – Domenica scorsa, sono stato svegliato da una persona che mi diceva che c’era una donna con un bambino fuori della parrocchia dove io vivo e mi chiedeva cosa potessimo fare. L’ho accolta e l’ho portata nella “Casa di Cristian”. Era una donna rumena, scappata da una situazione di grosse difficoltà, dove veniva picchiata. Era con un bambino di un anno e mezzo, quasi due anni. Come lei ce ne son tante altre… Storie di violenza familiare, sfratti, perdita di lavoro, richiedenti asilo politico...

    D. - Che tipo di assistenza viene offerto a queste donne con bambini?

    R. - Tutte le mamme con i bambini vengono accolte e viene dato non solamente il cibo, ma anche supporto psicologico, possono uscire a fare lavori e poi tornare, i nostri operatori come tanti volontari vengono e fanno il servizio con questi bambini. Facciamo una rete di solidarietà intorno alla famiglia. Un problema che noi ritroviamo è che quando poi escono purtroppo c’è una recidività, quindi ritornano anche a distanza di poco tempo perché non ce la fanno ad andare avanti da sole.

    D. - Quali sono le migliorie di questa nuova struttura rispetto alla precedente?

    R. – Innanzitutto è più grande. Adesso ci sono nuclei che possono vivere per conto loro, c’è anche un piano dove c’è una ludoteca, dove c’è un piccolo teatrino, dove c’è una bel refettorio, c’è un giardino intorno. E’ una struttura che dà un respiro più bello e più accogliente dove i bambini possono stare serenamente.

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    La Chiesa celebra la decima memoria liturgica di San Pio da Pietrelcina

    ◊   La Chiesa celebra, oggi, per il decimo anno la memoria liturgica di San Pio da Pietrelcina. Dopo la veglia della notte, a San Giovanni Rotondo, stamani la Messa presieduta dal cardinale Camillo Ruini con la concelebrazione del Ministro Generale dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini e di tutti i frati capitolari. Fausta Speranza ha intervistato padre Luciano Lotti, direttore della rivista scientifica dedicata a San Pio:

    R. – Prima di tutto dobbiamo dire che festeggiamo con i devoti di San Pio, perché dopo 10 anni c’è grande entusiasmo, grande fede. Questa notte abbiamo avuto oltre 40 mila persone presenti qui a San Giovanni Rotondo: già da alcuni giorni negli alberghi era impossibile trovare posto. C’è stata questa risposta che è stata soprattutto una risposta di fede. In più dobbiamo dire che abbiamo la partecipazione del cardinale Camillo Ruini, che sembra quasi coronare questi dieci anni di fede e di affetto per padre Pio.

    D. – L’anniversario è sempre un’occasione anche per ricordare un aspetto particolare: a dieci anni dalla prima memoria liturgica di San Pio, qual è il messaggio più forte che oggi può arrivare?

    R. – Devo dire che tante cose sono cambiate nella devozione a padre Pio: si è passati, forse, dalla curiosità, da un certo miracolismo – legato certo all’intercessione dei Santi ma che a volte poteva sembra eccessivo - ad un discorso più maturo di fede. Oggi soprattutto in queste condizioni sociali ed economiche che viviamo, padre Pio è l’uomo della speranza, è l’uomo che sa percepire che con l’aiuto di Dio si possono affrontare anche le tempeste più difficili.

    D. – Che cosa dire delle strutture a Pietrelcina?

    R. – Non è solo il luogo dove padre Pio ha avuto i natali, ma sta diventando veramente il luogo della contemplazione, del silenzio, della preghiera, dell’esperienza trainante poi di tutta la sua esistenza spirituale.

    D. – Fratel Luciano, a dieci anni c’è qualche progetto particolare per l’ospedale e per le strutture di San Giovanni Rotondo e di Pietrelcina?

    R. – Sì. L’Ospedale di San Giovanni Rotondo, come si sa, sta portando avanti un progetto per un adeguamento scientifico e per un adeguamento generale di tutta la linea di assistenza scientifica. Ora c’è soprattutto la presa di coscienza che un ospedale religioso e le strutture religiose, che sono a San Giovanni Rotondo e a Pietrelcina, servono l’uomo e non solo l’uomo spirituale, ma anche l’uomo che cammina su questa terra, con i suoi problemi e le sue sofferenze.

    D. – Per questo decimo anniversario ci sarà un numero particolare per la rivista scientifica che lei dirige?

    R. – Sì, la rivista quest’anno toccherà non solo le tematiche di “dieci anni di padre Pio”, ma toccherà particolarmente il tema più caro alla devozione dei fedeli e cioè il tema delle stimmate di padre Pio, con interventi e articoli di medici, di psicologi e di esperti su questo tema.

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    "La scommessa di Emmaus": a Loppiano, la presentazione del libro sull'oggi del Movimento dei Focolari

    ◊   Prima presentazione nazionale, ieri sera, a Loppiano, la cittadella del Movimento dei Focolari nei pressi di Firenze, del libro- intervista “La scommessa di Emmaus. Cosa fanno e cosa pensano i focolarini nel dopo Chiara Lubich”, edito da Città Nuova. Il libro riporta una lunga conversazione tra l’attuale presidente dei Focolari, Maria Voce, nota all’interno del Movimento con il nome di "Emmaus" e i due giornalisti Michele Zanzucchi e Paolo Loriga, rispettivamente direttore e caporedattore della rivista “Città Nuova”. Tante e molto varie le domande a cui la Voce risponde con franchezza e semplicità: dall’impegno del Movimento dopo la morte della fondatrice Chiara Lubich, quattro anni fa, alla crisi dell’Occidente, dal dialogo con le religioni e le culture alla politica. Non mancano le domande personali e le provocazioni del tipo: i focolarini sono dei buonisti che sorridono troppo? Ieri sera a Loppiano a dialogare con la stessa Maria Voce erano i giornalisti Lucetta Scaraffia e Marco Politi, editorialisti dell’Osservatore Romano e de “Il Fatto quotidiano”. Adriana Masotti ha intervistato Michele Zanzucchi, a cominciare dall'oggi del Movimento:

    R. – Certamente la morte di Chiara Lubich ha portato nel Movimento qualche difficoltà e un certo smarrimento, sbandamento proprio no, anzi direi che la morte della fondatrice ha fatto stringere tutti intorno alla nuova presidente, Maria Voce, e vedere il futuro con occhi estremamente positivi. Evidentemente c’è continuità e c’è discontinuità. C’è continuità perché il carisma è unico e la fedeltà al carisma ispirato dallo Spirito Santo a Chiara Lubich è una costante. C’è una discontinuità perché Chiara Lubich aveva una presenza carismatica molto forte: creava, fondava nuove cose, quindi la sua presenza non è replicabile. Maria Voce stessa ci tiene molto a significare la differenza tra lei e Chiara.

    D. – Fraternità e dialogo sono due parole molto ricorrenti nelle risposte di Emmaus. L’apertura a tutti: è questa la cifra del Movimento, da sempre. Ci sono però frontiere nuove da superare, sfide a cui ancora non si è riusciti a rispondere?

    R. - I fatti di questi giorni dicono che ci sono ancora frontiere assolutamente da superare. Il filmetto sul profeta Maometto e tutti gli incidenti che sono susseguiti, dimostrano che nel dialogo interreligioso e nel dialogo interculturale c’è ancora moltissima strada da fare. Penso che il Movimento in questo momento sia in prima linea, non tanto con grandi manifestazioni, ma soprattutto nel tessuto sociale, nei diversi Paesi, per cercare di tessere una rete di fraternità e di dialogo che possa portare veramente a un’accettazione reciproca.

    D. – Veniamo alla politica italiana. E’ qualcosa che fa soffrire, dice Maria Voce. Ma da che parte stanno i focolarini, chi votano?

    R. - I focolarini certamente non votano un solo partito. Ma, più e ancora prima di votare, sono cittadini. Si mette molto l’accento sulla cittadinanza, sulla cittadinanza attiva, su una presenza reale che incida nella società. Ritornare ad un alto concetto di politica come servizio della società, come ricerca del bene comune, a tutti i livelli: tutto questo contribuisce a una maggiore fraternità universale e a rinnovare la politica. Le 24 scuole di formazione politica avviate dal Mppu, Movimento politico per l’unità, che è l’irradiazione dei Focolari in questo mondo, stanno a testimoniare questo interesse certo per la politica, ma non per uno schieramento preciso.

    D. - Quindi si può essere diversi ma lavorare tutti per il bene comune.

    R. - Assolutamente sì.

    D. – Più in generale, dove si collocano i focolarini? Tra i conservatori o tra i progressisti? Penso in particolare ai temi della bioetica, alla famiglia…

    R. – Anche qui, è difficile classificare i cattolici, classificare i cristiani: sono conservatori o progressisti? Sono e l’uno e l’altro. Sono conservatori nel senso che hanno ben chiare alcune certezze e punti di riferimento. Sulla difesa della vita, della bioetica, della famiglia: certamente in questo si è conservatori, se così si può dire, perché una famiglia vera, una vera difesa della vita, non è certo una linea conservatrice ma progressista... Nello stesso tempo quello che si definisce progressista come la difesa della pace, la ricerca della giustizia, della fraternità universale, in tutto questo il Movimento è schieratissimo.

    D. –L’impressione è che lo sguardo del Movimento sul mondo sia uno sguardo, non dico ottimista ma positivo, uno sguardo di fiducia e questa è una cosa notevole oggi…

    R. - La speranza cristiana ci obbliga in qualche modo a guardare questo mondo non vedendo solo quello che non va, ma anche quello che va. Questo sguardo positivo non vuole essere uno sguardo buonista che non vede le difficoltà, ma vede le difficoltà, le affronta, le guarda in faccia e cerca, però, soluzioni.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Nigeria: attentato suicida contro una chiesa, almeno tre morti

    ◊   Un nuovo attacco suicida ha colpito la città di Bauchi, nel nord della Nigeria. Il bersaglio dell’attentato è stata la chiesa cattolica di Saint John, dove, secondo un portavoce governativo, si conterebbero tre morti e diversi feriti. Lo stesso funzionario ha attribuito l’attacco - avvenuto durante una Messa - ad un “attentatore suicida”. La città di Bauchi era già stata più volte bersaglio della setta islamista "Boko Haram", le cui azioni hanno provocato, secondo alcune fonti, oltre 680 morti quest’anno. Nei giorni scorsi le autorità nigeriane avevano imposto il coprifuoco su altre due città del Nord, nelle quali l’esercito sta effettuando ricerche casa per casa per individuare eventuali militanti del movimento estremista. (D.M)

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    Siria: l'Onu riviolge un appello ai leader mondiali, nuovi sanguinosi scontri

    ◊   In Siria, continuano i combattimenti: fonti di opposizione hanno riferito che i morti nella sola giornata di ieri sono stati 150. E un appello ai leader mondiali perché affrontino la “grave crisi umanitaria” è arrivato dal segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, e dall’inviato di Nazioni Unite e Lega Araba, Lakhdar Brahimi. “Un sostegno attivo, sul terreno come sul piano politico” è stato invece chiesto da Abdulbaset Sieda, presidente del Consiglio Nazionale Siriano, forza d’oposizione. “Una riconciliazione nazionale” è possibile solo a condizione di “un’uscita di scena di Bashar el-Assad”, ha sostenuto Sieda. Intanto, una fazione dell’Esercito siriano libero, che raggruppa diverse formazioni ribelli, ha annunciato di aver trasferito il suo comando “nella zona liberata”, nel nord del Paese, a circa 500 chilometri dalla capitale Damasco (D.M.)

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    Rimsha: la polizia pakistana smonta le accuse dell’imam

    ◊   La polizia pakistana avrebbe riconosciuto che non ci sono prove contro Rimsha Masih, la bambina cristiana arrestata per blasfemia e poi liberata su cauzione. Lo sostiene il quotidiano online pakistano “The Dawn” dopo aver visionato i capi di imputazione presentati a un tribunale che si occupa del caso. Secondo il sito - ripreso dall’agenzia Ansa - gli investigatori sostengono infatti che l'imam di una moschea, Mohammad Khalid Jadoon Chishti, ha manipolato la vicenda aggiungendo delle pagine bruciate del Corano a quelle in possesso della quattordicenne affetta da un ritardo mentale. Il religioso si trova ora in carcere. Ieri, la polizia di Islamabad ha presentato un nuovo documento con i capi di imputazione come chiesto dai giudici nella seduta del 17 settembre scorso. La polizia accuserebbe dunque il religioso di falsa testimonianza. Nel nuovo rapporto del team investigativo, si conferma inoltre che Rimsha è analfabeta e con un ritardo mentale. (A.G.)


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    A dicembre l’elezione del nuovo Patriarca copto ortodosso

    ◊   A quasi nove mesi dalla scomparsa di Shenouda III, il prossimo 2 dicembre verrà eletto il nuovo Patriarca della Chiesa copta ortodossa, il 118.mo della storia. Nei giorni scorsi, il Santo Sinodo ha diffuso la lista dei 17 candidati tra i quali cadrà la scelta all’inizio di dicembre, durante una suggestiva cerimonia religiosa nella Cattedrale di San Marco, come vuole la tradizione. Tra i candidati - sette vescovi e dieci monaci - troviamo nomi noti, come il metropolita Bishoy, i vescovi Botros e Youannes e il vescovo copto di Milano, Cirillo. Tra le caratteristiche necessarie per poter essere un candidato, si richiede la nazionalità egiziana e l’avere almeno 35 anni, caratteristica quest’ultima che in passato ha permesso a patriarchi eletti molto giovani di poter governare per lunghi periodi, proprio come nel caso dell’ultimo patriarca Shenouda III,al timone della Chiesa copta ortodossa per oltre 40 anni. La scelta del nuovo Patriarca, come evidenzia l’Osservatore Romano, avviene in un periodo molto delicato per la Chiesa egiziana, che si trova a vivere un clima di tensione che abbraccia tutto il Medio Oriente e il Nord Africa, Egitto compreso, in cui la nuova stagione politica è tutta nelle mani del partito dei Fratelli musulmani. (L.P.)

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    Seggi aperti per le elezioni parlamentari in Bielorussia

    ◊   In Bielorussia, seggi aperti per il rinnovo della Camera bassa del Parlamento: i principali partiti di opposizione hanno annunciato il boicottaggio del voto, che sarà ritenuto valido solo con un’affluenza superiore al 50%. La commissione elettorale locale ha già previsto un’affluenza intorno al 70%, anche considerando che un quinto dei circa 7 milioni di elettori ha scelto di votare in anticipo nei giorni scorsi. È prevedibile un’affermazione netta del partito al potere, che è guidato dal presidente Alexandr Lukashenko, sottoposto dall’Unione Europea a sanzioni con l’accusa di violazioni ripetute dei diritti umani. (D.M.)

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    Senegal: il vescovo di Zigunichor lavora per la pace in Casamance

    ◊   “Il mio primo impegno come nuovo vescovo di Ziguinchor è di lavorare per il ritorno della pace nella regione, perché se si vuole operare un’evangelizzazione in profondità occorre riconciliare gli animi e creare un clima di fraternità”. Queste le parole all’agenzia Fides di mons. Paul Abel Mamba, neo vescovo di Ziguinchor, nella regione di Casamance, al confine tra Guinea, Guinea-Bissau e Gambia. “La ribellione nella Casamance quest’anno compie 30 anni”, afferma mons. Mamba a margine del Seminario di studio per i nuovi vescovi che si è svolto a Roma. “All’origine della rivolta”, ricorda il presule, “c’era il sentimento di emarginazione della popolazione della regione rispetto al resto del Senegal. La ribellione ha preso così una connotazione allo stesso tempo politica e regionale”. “Attualmente - prosegue il vescovo - nella Casamance non c’è pace né guerra, perché ci sono momenti di tensione seguiti da periodi di calma. Il nuovo governo intende riportare la pace nel Paese, con la collaborazione dei diversi attori locali e internazionali, in particolare si è fatto appello alla Comunità di Sant’Egidio. Speriamo quindi che il concorso di tutti questi organismi e persone possa consentire di raggiungere la pace. Siamo fiduciosi, perché il governo è animato da una volontà di pace”. A guidare in questi anni la ribellione è stato il Mouvement des Forces Démocratiques de Casamance (Mfdc), che ora si è scisso in diverse componenti. Mons. Mamba spiega in sintesi le divisioni di questa formazione: “L’Mfdc è diviso al suo interno in un’ala politica, formata da rappresentanti locali ma soprattutto da persone che stanno all’estero, in Francia, in Portogallo, in Germania. L’ala militare è a sua volta divisa in fazioni. Una si trova nel sud della Casamance, alla frontiera con la Guinea Bissau, e un’altra nel nord, alla frontiera con il Gambia, infine l’ultima nella regione orientale di Kolda. Ognuna di queste fazioni rivendica l’egemonia sul movimento. Occorre fare uno sforzo per unire tutte le diverse componenti dell’MFSD perché vi sia un unico interlocutore con il governo che tratti la pace”. “La Chiesa ha sempre lavorato per il ritorno della pace in Casamance” aggiunge mons. Mamba, “anche perché è stata accusata di essere all’origine della ribellione, per il fatto che il fondatore dell’Mfsd era un prete (don Augustin Diamacoune Senghor, morto nel 2007). La missione della Chiesa è soprattutto quella di riconciliare gli uomini. Dopo la visita in Africa di Benedetto XVI, è un imperativo e l’Esortazione Apostolica Africae Munus invita espressamente le Chiese locali africane a essere protagoniste di riconciliazione”, conclude Mons. Mamba. (M.R.)

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    Cile: al via il quarto congresso su “cattolici e vita pubblica”

    ◊   Si svolgerà nei primi giorni di ottobre nelle città cilene di Antofagasta e Concepciòn la IV “Giornata dei cattolici e la vita pubblica”. L’obiettivo di quest’anno è sensibilizzare la società cilena sul tema "Redes Sociales y Redes de Apoyo" (Reti Sociali e Reti di supporto). Riferisce l’Agenzia Fides che l’incontro sarà organizzato dall'Università Santo Tomás di Santiago del Cile, con il sostegno dell'arcivescovo di Santiago e si propone di "affrontare il ruolo e l'influenza delle nuove tecnologie di comunicazione nella creazione di comunità più solidali e impegnate per il bene sociale". I Congressi Iberoamericani "Cattolici e Vita Pubblica" sono iniziati nel 2005 e si ispirano alla positiva esperienza dell'Università San Pablo Ceu di Spagna. L'obiettivo principale è quello di promuovere un incontro accademico aperto per i cattolici interessati a riflettere su come il Vangelo illumini vari aspetti della vita, non solo personale, ma anche in campo sociale e del lavoro, grazie all’ascolto delle testimonianze di diverse personalità in vari campi. (M.R.)

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    Nepal: valanga uccide almeno 13 alpinisti

    ◊   In Nepal ha provocato almeno 13 vittime una valanga sull’ottava cima del mondo, il monte Manaslu. Tra i morti anche l’alpinista italiano Alberto Magliano, mentre sono rimasti illesi i suoi connazionali Marco Confortola, Cristian Gobbi e Silvio Mondinelli. Quest’ultimo ha raccontato che la valanga ha travolto prima dell’alba uno dei campi base degli alpinisti, trascinando a valle le tende, e ha specificato che sotto la massa di neve potrebbero essere rimasti altri uomini. Le operazioni di soccorso non sono ancora terminate (D.M.)

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    In Ucraina la quinta Settimana sociale ecumenica

    ◊   Conferenze, seminari, tavole rotonde e laboratori per discutere de “Il futuro della democrazia in Ucraina”, il tema attorno al quale si svilupperà la quinta edizione della Settimana sociale ecumenica, da domani al 30 settembre, a Leopoli, in Ucraina. “I partecipanti - si legge in un comunicato degli organizzatori - discuteranno sui temi della cooperazione tra governo, ong, organizzazioni ecclesiali, educatori e rappresentanti del settore economico” con l’obiettivo di sviluppare e promuovere progetti come l’educazione inclusiva, le imprese sociale e il microcredito. Alla Settimana prenderanno parte esperti del settore provenienti da Francia, Canada, Stati Uniti, Paesi Bassi, Italia e, ovviamente, Ucraina. (L.P.)

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    Madagascar: un bambino su due soffre di rachitismo e malnutrizione

    ◊   Un bambino su due, di età inferiore ai cinque anni, è colpito da rachitismo nel Madagascar, conseguenza degli effetti irreversibili della malnutrizione che li colpisce nei primi tre anni di vita. Questo, come evidenzia l’agenzia Fides, li rende particolarmente soggetti a malattie, ma anche a uno sviluppo cognitivo compromesso e, in molti casi, a una morte prematura. La causa principale di questa difficile situazione è senza dubbio la povertà. Secondo un rapporto del "Southern Africa Regional Food Security Update 2012", circa l’80% della popolazione del Madagascar - che conta circa 20 milioni di persone in totale - vive con un dollaro al giorno, cifra che viene spesa per l’acquisto di generi alimentari. Ma, oltre alla malnutrizione e alla povertà, sull’isola si registra anche un elevato tasso di infezioni contratte durante la gravidanza. Oggi, sono circa seimila i centri attivi nel Paese in cui è stato avviato un programma nutrizionale, incoraggiando la popolazione a mantenere un’alimentazione più variegata e in cui si offre assistenza ai bambini al di sotto dei cinque anni. (L.P.)

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    Hong Kong: le scuole cattoliche si preparano al nuovo anno scolastico

    ◊   “Il segreto della pastorale nelle scuole” è il tema del primo incontro del nuovo anno scolastico 2012-2013 per gli operatori pastorali delle scuole della diocesi di Hong Kong, che si svolgerà il 12 ottobre prossimo. Secondo le informazioni raccolte dall’Agenzia Fides, l’iniziativa, al terzo anno, “è destinata ai nuovi operatori di pastorale scolastica, per aiutarli a conoscere gli elementi importanti e il metodo migliore per stabilire un rapporto con gli studenti e per poterli condurre verso il Signore della vita”. Dall’anno scolastico 2010-2011, la Commissione per la Pastorale giovanile della diocesi organizza tre incontri durante l’anno, destinati agli operatori pastorali che si impegnano a promuovere i valori religiosi nelle scuole e la formazione religiosa degli studenti. Nel 1994, in seguito alle esigenze dettate dalla crescita del numero dei giovani, la diocesi ha dato vita al Gruppo della pastorale giovanile. Nel 1995 e nel 1996, sono state fondate rispettivamente la Commissione per la Pastorale Giovanile della diocesi di Hong Kong ed il Centro giovanile diocesano, che si occupano di pastorale giovanile nelle parrocchie e nelle scuole. Secondo l’"Hong Kong Catholic Church Directory 2011", al 31 agosto 2010 la diocesi di Hong Kong contava 357 mila fedeli, equivalenti al 5% della popolazione. Nella diocesi sono presenti 69 sacerdoti diocesani, 240 sacerdoti religiosi e 54 religiosi non sacerdoti di 16 congregazioni che gestiscono 49 scuole, 489 religiose di 28 congregazioni che gestiscono 70 scuole. Inoltre, la diocesi gestisce un centinaio di scuole che, insieme alle scuole delle congregazioni religiose, contano complessivamente 191.382 studenti e 11.612 tra insegnanti e membri del personale.

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 267

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.