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Sommario del 21/09/2012
Il Papa ai vescovi francesi: difendere la famiglia non è retrogrado, ma profetico
◊ La Chiesa è chiamata a difendere famiglia e matrimonio da ogni possibile equivoco sulla loro verità: è la vibrante esortazione levata stamani dal Papa durante l’udienza ad un gruppo di vescovi francesi, ricevuti a Castel Gandolfo, in occasione della visita “ad Limina”. Nel suo intervento, il Papa si è inoltre soffermato sul ruolo dei laici nella vita ecclesiale e sui rischi di una eccessiva “burocratizzazione” della pastorale nelle diocesi. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Difendere la famiglia minacciata oggi da errate concezioni della natura umana: è l’esortazione di Benedetto XVI che, nel suo discorso ai presuli francesi, si è soffermato sull’importanza della famiglia per la vita della Chiesa e della società:
“Défendre la vie et la famille dans la société…”
“Difendere la vita e la famiglia nella società – ha detto il Papa – non è affatto retrogrado, ma piuttosto è profetico” perché ciò aiuta a “promuovere quei valori che permettono il pieno sviluppo della persona umana, creata ad immagine e somiglianza di Dio”:
“Le bien que l’Eglise et la société tout entière…”
“Troppo grande – ha detto citando la Sacramentum Caritatis - è il bene che la Chiesa e l'intera società s'attendono dal matrimonio e dalla famiglia su di esso fondata per non impegnarsi a fondo in questo specifico ambito pastorale”. Matrimonio e famiglia, ha soggiunto, “sono istituzioni che devono essere promosse e difese da ogni possibile equivoco sulla loro verità, perché ogni danno arrecato ad esse è di fatto una ferita che si arreca alla convivenza umana come tale”. Si è così soffermato sulla vita nelle comunità cristiane, rilevando che “la soluzione ai problemi pastorali diocesani” non può essere limitata a delle “questioni di organizzazione”:
“Le risque existe de mettre l’accent…”
“C’è il rischio – ha osservato – che si metta l’accento sulla ricerca dell’efficienza con una specie di burocratizzazione della pastorale che si focalizza sulle strutture, sull’organizzazione e i programmi, i quali possono divenire autoreferenziali ad uso esclusivo dei membri di queste strutture”. Ciò, ha aggiunto, non avrà allora che scarsi effetti sulla “vita dei cristiani lontani dalla pratica regolare”. L’evangelizzazione, ha avvertito, richiede invece che si parta “da un incontro con il Signore, da un dialogo radicato nella preghiera”. Il Papa ha quindi rivolto l’attenzione ai laici chiamati a svolgere incarichi nella Chiesa:
“Il est donc nécessaire de veiller…”
“E’ necessario – ha detto il Papa – vigilare sul rispetto della differenza tra il sacerdozio comune di tutti i fedeli e il sacerdozio ministeriale di quanti sono stati ordinati”. Differenze “non solo di grado, ma di natura”. Per questo, ha affermato, bisogna custodire “la fedeltà al deposito della fede come è stata insegnata dal Magistero” e “professata da tutta la Chiesa”. E’ importante, ha detto, che la collaborazione tra laici e sacerdoti “si collochi sempre nella cornice della comunione ecclesiale, attorno al vescovo che ne è il garante”. Il Papa non ha infine mancato di ricordare il suo viaggio apostolico in Francia nel 2008. Una visita, ha ribadito, nella quale ha tenuto a sottolineare le radici cristiane del Paese che costituiscono una solida base su cui appoggiare gli sforzi per la nuova evangelizzazione.
Altre udienze, rinunce e nomine
◊ Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in Udienza, nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, l’arcivescovo Henryk Józef Nowacki, nunzio apostolico in Svezia e Islanda. Nel pomeriggio è in programma l’udienza a mons. Gerhard Ludwig Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.
Negli Stati Uniti, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Rochester, presentata per raggiunti limiti di età mons. Matthew H. Clark.
Sempre negli Stati Uniti, il Pontefice ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Orange in California, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Tod D. Brown. Al suo posto, Benedetto XVI ha nominato mons. Kevin William Vann, finora Vescovo di Fort Worth. Mons. Kevin William Vann è nato a Springfield (Illinois) il 10 maggio 1951. Dopo aver frequentato la Saint Agnes Schoole la Griffin High School, ha conseguito il Baccellierato in "Tecnologia Medica" alla Millikin Universitya Decatur (Illinois). Diventato seminarista nel 1976, ha frequentato l’Immaculate Conception Diocesan Seminary a Springfield e poi il Kenrick Seminary a Saint Louis (Missouri). Successivamente ha ottenuto il Dottorato in Diritto Canonico presso l’Angelicum a Roma. Ordinato sacerdote per la diocesi di Springfield in Illinois il 30 maggio 1981, ha svolto gli incarichi di Vice Parroco della Blessed Sacrament Parish a Springfield (1985-1990); Difensore del Vincolo (1985-1994); Giudice del Tribunale di Appello per la Provincia ecclesiastica di Chicago (1985-1994); Amministratore parrocchiale della Saint Mary Parish a Pittsfield, della Holy Redeemer Parish a Barry e dellaHoly Family Parish a Greggsville (1989-1990); Parroco della Saint Benedict Parish a Auburn (1990-1992) con responsabilità di Amministratore parrocchiale della Saint Mary Parish a Pawnee (1991); Parroco della Our Lady of Lourdes Parish a Decatur (1992-2001) con responsabilità di Amministratore parrocchiale dell’Our Lady of the Holy Spirit a Mt. Zion (1995), della Saint Isidore Parish a Bethany e della Sacred Heart Parish a Dalton City (1995-1997); Vicario foraneo (1996-2001); Incaricato del Vescovo per la pastorale agli ispanici della diocesi di Springfield (1999-2005); Vicario per il Clero e Parroco della Blessed Sacrament Parish (2001-2005). Nominato Vescovo Coadiutore di Fort Worth (Texas) il 17 maggio 2005, è succeduto a tale Sede il 12 luglio 2005 ed ha ricevuto la consacrazione episcopale il 13 luglio successivo. Nel seno della Conferenza Episcopale è Membro del Committee on Canonical Affairs and Church Governance e del Committee on Migration. Inoltre, è l’Episcopal Liaison alla Catholic Health Association. Oltre l’inglese, conosce l’italiano, il latino e lo spagnolo.
Il Papa ha nominato Consultori della Commissione per i Rapporti Religiosi con i Musulmani, presso il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, il Rev.do Cornelius Afebu OMONOKHUA, Direttore del Dipartimento per il Dialogo Interreligioso del Catholic Secretariat of Nigeria; i Rev.di Padri: Amir JAJE, O.P., Segretario della Commissione Episcopale per il Dialogo Interreligioso dell'Assemblea dei Vescovi Cattolici dell'Iraq; Felix KÖRNER, S.I., Docente di Teologia delle Religioni presso la Pontificia Università Gregoriana; gli Ill.mi Signori: Prof.ssa Rotraud WIELANDT, Docente di Studi Islamici presso l'Università di Bamberg (Rep. Federale di Germania); Prof. Ian NETTON, Vice-Direttore di Studi Arabi e Islamici presso l'Università di Exeter e Docente di Studi Islamici a Sharjah - Emirati Arabi Uniti (Gran Bretagna); Sig.a Romana BASHIR, Responsabile dei Programmi del Christian Study Centre - C.S.C. in Rawalpindi (Pakistan).
I grandi impegni di Benedetto XVI nel mese di ottobre: Sinodo, Anno della fede e canonizzazioni
◊ Il Sinodo sulla Nuova evangelizzazione, l’apertura dell’Anno della fede e la canonizzazione di sette Beati: sono questi i maggiori impegni per Benedetto XVI nel mese di ottobre. Il maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie, mons. Guido Marini, ha reso noto oggi nel dettaglio le prossime date dell’agenda papale fino agli inizi di novembre. Il servizio di Alessandro De Carolis:
La celebrazione del Sinodo e, prima ancora, la preghiera di affidamento perché il Sinodo sia un momento di grazia e di luce per la Chiesa. Inizierà con due tappe ravvicinate il mese di ottobre del Papa. Tre giorni prima di presiedere la Messa di apertura dell’assise sulla Nuova evangelizzazione, in programma in S. Pietro alle 9.30 di domenica 7, Benedetto XVI volerà a Loreto per inginocchiarsi ai piedi della Vergine della Santa Casa e affidare a Lei – come 50 anni fa fece Papa Roncalli alla vigilia del Concilio – la piena riuscita della riunione sinodale. La Messa inaugurale del 7 ottobre sarà anche l’occasione per il Pontefice di proclamare San Giovanni D’Avila e Santa Ildegarda di Bingen Dottori della Chiesa. L’11 ottobre, poi, è l’altra data-evento del mese: durante la liturgia eucaristica, che inizierà alle 10 nella Basilica vaticana, Benedetto XVI darà il via solennemente all’Anno della fede.
Giornata speciale sarà anche domenica 21 ottobre quando, in pieno Sinodo sulla nuova evangelizzazione, il Papa donerà alla venerazione della Chiesa universale sette testimoni della fede di epoche diverse. La Messa, presieduta a partire dalle 9.30, vedrà la canonizzazione dei Beati Giacomo Berthieu, Pedro Calungsod, Giovanni Battista Piamarta, Maria del Monte Carmelo Sallés y Barangueras, Marianna Cope, Anna Schäffer e Caterina Tekakwitha, la prima Santa di origine pellerossa. La domenica successiva, 28 ottobre, Benedetto XVI presiederà la Messa a conclusione del Sinodo quindi, all’inizio di novembre, vivrà come da tradizione due momenti di intenso raccoglimento spirituale: il 2, alle 18, quando scenderà nelle Grotte Vaticane per pregare sulle tombe dei Pontefici defunti e il giorno dopo quando, alle 11.30, celebrerà in San Pietro la Messa di suffragio per i cardinali e i vescovi scomparsi nel corso dell’anno.
◊ Si è spento ieri sera, all’età di 77 anni, il cardinale Fortunato Baldelli, penitenziere maggiore emerito dal gennaio di quest’anno. Benedetto XVI, in un telegramma ai familiari, ne ricorda “l’esemplare testimonianza di vita cristiana e sacerdotale” e “il solerte e fedele servizio prestato alla Santa Sede, specie in “varie rappresentanze diplomatiche”, che gli hanno guadagnato ovunque “apprezzamento” per il suo “zelo apostolico e la fedeltà al Vangelo”. Le esequie del porporato saranno celebrate domani alle 18, in San Pietro, presiedute dal cardinale Angelo Sodano.
Umbro di origine – era nato il 6 agosto 1935 a Valfabbrica, in provincia di Perugia – il porporato era entrato nel 1966 a servizio della Santa Sede come diplomatico prima a Cuba e poi in Egitto. Dopo un periodo di lavoro in Segreteria di Stato, nel 1979 era stato inviato a Strasburgo con funzione di osservatore permanente presso il Consiglio d'Europa. Nel 1983, Giovanni Paolo II lo aveva annoverato nel collegio apostolico designandolo quale delegato apostolico in Angola, cui in seguito ha unito anche la responsabilità per la Repubblica di São Tomé e Principe, Paese col quale la Santa Sede ha stabilito relazioni diplomatiche il 4 maggio 1985. Nel 1991, era stato trasferito come nunzio apostolico nella Repubblica Dominicana, ricoprendo allo stesso tempo l'ufficio di delegato apostolico a Puerto Rico. Poi, nel ‘94 è ha ricevuto la nomina a nunzio apostolico in Perù.
Dopo cinque anni, il 19 giugno 1999, è stato destinato alla nunziatura in Francia. Durante il suo servizio a Parigi ha lavorato soprattutto per la realizzazione di nuove e utili modalità di collaborazioni tra lo Stato e la Santa Sede. A questo scopo, nel 2002 è stata costituita «un'istanza di dialogo» permanente tra le due parti, che permette di studiare insieme e ricercare soluzioni adeguate alle questioni di comune interesse. Un altro elemento importante di collaborazione è stato la firma dell'accordo che stabilisce il mutuo riconoscimento dei titoli accademici conseguiti nelle rispettive università. Il 2 giugno 2009, Benedetto XVI lo ha nominato penitenziere maggiore e quindi lo ha creato e pubblicato cardinale nel Concistoro del 20 novembre 2010, della Diaconia di Sant’Anselmo all’Aventino.
Con la morte del cardinale Baldelli, avvenuta ieri sera, il Collegio Cardinalizio è ora composto da 205 cardinali, di cui 116 elettori ed 89 non elettori.
Entro Natale, la pubblicazione del libro del Papa sull’infanzia di Gesù
◊ Oggi in Vaticano, la Libreria Editrice Vaticana (Lev) e la Casa editrice Rizzoli hanno firmato l'accordo per la pubblicazione del libro di Benedetto XVI sull'infanzia di Gesù nei Vangeli. La Lev, informa una nota della Sala Stampa vaticana, “affida a Rizzoli il mandato di vendere in tutto il mondo i diritti dell'opera”. In Italia, il volume, “la cui uscita in tutte le librerie è prevista entro Natale, si presenta come una coedizione Lev-Rizzoli”.
Assieme all'edizione italiana è già prevista quella in lingua tedesca, pubblicata da Herder, editore storico di Joseph Ratzinger, mentre si sta operando attivamente per la pubblicazione in contemporanea con le lingue di maggiore diffusione. “Il titolo definitivo del libro - informa la nota - è ancora riservato”. Joseph Ratzinger ha orientato la sua ricerca scientifica e la sua opera a far conoscere "la figura e il messaggio di Gesù". “Questo nuovo e atteso libro sulla figura di Gesù nei racconti evangelici dell'infanzia, che costituisce il completamento dei due precedenti - conclude la nota - si rivela quindi di grande importanza dal punto di vista teologico e scientifico”. I precedenti volumi della trilogia di Benedetto XVI sono "Gesù di Nazaret" (Rizzoli 2007) e "Gesù di Nazaret. Dall'ingresso in Gerusalemme fino alla Resurrezione" (Lev 2011).
Breefing di padre Lombardi sulla ripresa del processo per i documenti trafugati
◊ Riprenderà il 29 settembre prossimo, alle ore 9.30, in Vaticano il processo a carico di Paolo Gabriele, l’ex assistente di camera del Papa, giudicato per furto aggravato di documenti riservati, e del tecnico informatico Claudio Sciarpelletti, accusato di favoreggiamento. Stamani il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha avuto un incontro con i giornalisti per delineare gli aspetti tecnico-giuridici di questa nuova fase del procedimento penale. Il servizio di Giancarlo La Vella:
In base al decreto di comparizione emesso il 17 settembre scorso i due imputati - ha spiegato padre Lombardi - compariranno di fronte alla Corte di giustizia vaticana, composta da tre giudici. Gabriele e Sciarpelletti saranno in aula, a meno che non decidano di essere giudicati in contumacia, assistiti dai loro difensori, i quali, nel corso di questa fase dibattimentale, potranno chiedere l’interrogatorio di testimoni. Si tratta del primo momento in cui concretamente i magistrati giudicanti esamineranno la causa istruita dal giudice istruttore, prof Bonnet, alla presenza dei legali di parte e del promotore di giustizia, prof. Picardi. Per gli avvocati di Gabriele e Sciarpelletti ci sarà, inoltre, tempo fino al 26 settembre prossimo per presentare ulteriori prove. Alle udienze sarà ammesso un pool di otto giornalisti, che potrà riferire dei lavori processuali nel rispetto dell’embargo stabilito. Non sarà possibile registrare contributi video, fotografici e audio.
Non è stato ancora fissato - ha detto poi padre Lombardi - un calendario dei lavori processuali che sarà stabilito in base all’entità del lavoro che i legali porteranno avanti. Per quanto riguarda invece il lavoro della Commissione cardinalizia nominata dal Papa - ha detto infine il direttore della Sala Stampa vaticana - i porporati hanno svolto la loro istruttoria, parallelamente a quella legale e hanno consegnato il loro rapporto al Papa, per cui, per ora, il loro intervento può considerarsi concluso, a meno che il Pontefice non chieda ai cardinali un ulteriore intervento.
Oggi su l'"Osservatore Romano"
◊ Coraggio e ottimismo risposte alla secolarizzazione: Benedetto XVI a vescovi della Conferenza episcopale francese in visita ad limina apostolorum.
Solerte e fedele servitore della Santa Sede: il cordoglio del Papa per la morte del cardinale Fortunato Baldelli.
In rilievo, nell'informazione internazionale, Mogadiscio schiava della violenza.
In cultura, sulla ricerca di vie d'uscita dall'attuale crisi economica, un articolo di Paolo Pecorari dal titolo "Con il coraggio della sussidarietà".
Ulisse e la lacrima di Greta Garbo: un'intervista di Luca Pellegrini a Mark Cousins, regista del monumentale film documentario sulla storia del cinema in uscita in Italia, e un articolo di Emilio Ranzato dal titolo "Entusiasmi da cinefilo".
Accordo editoriale - tra la Libreria Editrice Vaticana e la Rizzoli - per il nuovo libro di Benedetto XVI.
In difesa della libertà di tutti: nell'informazione religiosa, appello di cattolici e musulmani di Francia dopo il caso delle vignette su Maometto.
Pakistan: vittime nelle proteste antiblasfemia su Maometto. Intervista con padre Samir
◊ Come nelle previsioni, non sono mancate le violenze nel venerdì di preghiera islamico, dopo le caricature e il film ritenuto blasfemo su Maometto. Due le vittime in Pakistan e stato di allerta in Afghanistan, mentre si levano diverse voci di condanna. Benedetta Capelli:
Karachi e Peshawar sono stati i fronti più caldi delle proteste contro le vignette pubblicate in Francia e il film americano ritenuto blasfemo su Maometto. A perdere la vita negli scontri un agente e un autista di una troupe televisiva. In Pakistan, è stato di massima allerta per le manifestazioni convocate in tutte le più grandi città, nonostante gli appelli alla moderazione del governo. Preoccupazione anche in Afghanistan dove si temono disordini a Kabul ed Herat anche se la situazione al momento è tranquilla. A Tunisi, dopo il "no" delle autorità a qualsiasi manifestazione o assembramento, non si segnalano episodi. Migliaia di persone sono scese in strada a Kuala Lumpur, in Malaysia, i manifestanti hanno bruciato bandiere americane e israeliane. Di oggi la dichiarazione dell’Alto commissario Onu per i diritti umani, Navi Pillay, che riferendosi al film e alle vignette ha parlato di “atti dannosi e volutamente provocatori”. I rappresentanti della comunità musulmana francese hanno lanciato un appello perché non si manifesti, ma Parigi resta blindata. E sempre oggi si è levata una nuova voce di condanna. In una nota congiunta Lega Araba, Unione Africana, Unione Europea e Conferenza Islamica hanno condannato l'incitamento all'odio religioso, chiedendo il rispetto della libertà di espressione. Nel testo si ribadisce anche l'impegno per misure internazionali anti-blasfemia.
Per una riflessione su quanto sta accadendo per le vignette e il film ritenuto blasfemo, Benedetta Capelli ha raccolto l’opinione di padre Samir Khalil Samir, docente di Storia della cultura araba e Islamologia all’Università Saint Joseph di Beirut:
R. – Il problema è che nel contesto arabo musulmano noi stiamo vivendo una frustrazione grandissima, perché ci sentiamo molto in ritardo riguardo al mondo mentre una volta eravamo, invece, tra i più avanzati. Questo ci rende vulnerabili a qualunque cosa. Basta che qualcuna faccia un’allusione e ci sentiamo aggrediti. Da noi, c’è gente che approfitta dell’ignoranza e delle emozioni della gente e le usa per dire: “Andiamo a rispondere a questo blasfemo!”.
D. – Secondo lei, non ci dovrebbe essere uno scatto di responsabilità da parte dell’Occidente?
R. – Nessuno Stato è in questione qui. Sono soltanto individui: una persona ha fatto un film, ma che c’entra l’America in tutto questo? Non dobbiamo limitare la libertà, dobbiamo avere una maggiore etica e dire: va bene, tu hai il diritto di farlo, ma questa è una cosa buona? Su questo punto, sì, l’Occidente deve fare un passo. Anche da parte nostra, in Oriente e nel mondo musulmano, dobbiamo fare dei passi: dobbiamo passare – direi come nella linea del Papa – dall’emozione alla ragione e la ragione – come lui la definisce - include anche l’etica. Per uscire da questa situazione, ciascuno di noi ha un passo da fare. Non si può impedire la libertà, si può solo correggerla attraverso l’etica e la spiritualità.
D. – Lei ha citato Papa Benedetto XVI che è reduce da un viaggio in Libano veramente pieno di significato. Il Libano diventa, a questo punto, modello per Oriente e per Occidente…
R. – Non è il modello, ma è un modello utile soprattutto perché essendo un Paese arabo, può aiutare tutti i Paesi arabi. E anche perché essendo un Paese dove i cristiani rappresentano un 40%, può aiutare anche l’Occidente di cultura cristiana a rivedere certe cose. E questa era l’idea del Santo Padre nei suoi discorsi, così come nell’Esortazione Apostolica. Penso ai due paragrafi essenziali dell’Esortazione, il 29 e il 30, dove parla della laicità sana e del fondamentalismo: proprio i problemi nei quali viviamo. Il Papa dice che ci vuole un equilibrio tra i due, senza escludere nessuno dei due. Il Libano è più aperto a questa doppia dimensione: la religione non è esclusa, ma la politica nel settore politico ha l’ultima parola. Questo può servire da modello in primo luogo per il mondo arabo musulmano, ma può anche essere utile per l’Occidente.
Siria: duri scontri ad Aleppo. Assad tuona: il regime non cadrà
◊ In Siria, duri scontri si segnalano in queste ore ad Aleppo, Homs e Rastan e già si contano le prime vittime dopo il massacro di ieri. L’emergenza profughi inoltre appare fuori controllo. Intanto, il presidente Assad continua a ribadire che il regime non cadrà e che i ribelli non hanno alcuna possibilità di vittoria. Il servizio di Cecilia Seppia:
Dalle prime ore del mattino Aleppo è di nuovo sotto le bombe dell’aviazione militare siriana. Scontri anche ad Homs, Rastan e Deir al Azzor e già si contano le prime vittime della giornata, dopo il massacro di ieri che ha lasciato sul terreno 175 persone, 250 secondo l’Osservatorio nazionale per i diritti umani, comprese le decine di civili caduti ieri sera sotto il raid che ha colpito un’ affollata stazione di benzina ad Ayn Issa, nell’estremo nord della Siria. Intanto, la comunità internazionale sembra paralizzata da una crisi che ha obbligato la gente a fuggire, le scuole a chiudere. Tra proposte di "no fly zone" e fallimenti diplomatici, il presidente Bashar al Assad torna a ripetere che “il regime non cadrà” e che “i ribelli non hanno alcuna possibilità di vittoria”. Poi, aggiunge che il governo è pronto a lasciare aperta la porta del dialogo agli oppositori, ma solo per chi sceglie di non imbracciare le armi. Tutti gli altri, afferma, esercitano attività terroristiche contro lo Stato e vanno fermati. Infine, Assad ribadisce la sua convinzione che l’intervento straniero non porterà nessun beneficio, nessun cambiamento.
Congo: violenze ed epidemia di Ebola nel Nord Kivu
◊ Da una parte, le violenze continue del gruppo di ribelli M23, dall’altro l’epidemia di Ebola, stanno mettendo in ginocchio la Repubblica Democratica del Congo, in particolare la regione orientale del Nord Kivu, dove i miliziani hanno instaurato un governo di fatto imponendo tasse e soprusi ai cittadini. La Chiesa si sta mobilitando per portare sostegno alla popolazione, ma anche per sensibilizzare l’Onu sul rischio di “balcanizzazione” del Paese sempre più vicino. E' quanto sottolinea - al microfono di Cecilia Seppia - padre Alfonso Ramazani, del Consiglio generale dei missionari Saveriani:
R. - La ribellione dell’M23 si limita in questo periodo in una zona relativamente ristretta della provincia. Per quanto concerne l’eventuale scontro armato, secondo fonti attendibili, c’è un’attività diplomatica intensa attorno a questa ennesima crisi, che ci fa pensare ed augurare che non ci siano nuovi scontri in prospettiva tra i ribelli e l’esercito nazionale.
D. - Lei dice che siamo lontani dall’esplodere di un conflitto armato, però nell’eventualità quest’ultimo potrebbe coinvolgere Paesi confinanti, alcuni dei quali accusati anche di appoggiare i ribelli contro l’esercito di Kinshasa?
R. - Tutto può accadere, e lo dico perché si sa che il sostegno alla ribellione nell’Est del Congo dura, come dura pure la negazione della sua evidenza da parte dei suoi sostenitori. A proposito di questo sostegno da parte di un Paese confinante: il presidente del Congo, Joseph Kabila, ha dichiarato - il 30 luglio scorso - che si tratta di un segreto noto a tutti, però prima del presidente congolese, l’Ong Human Rights Watch e gli esperti delle Nazioni Unite avevano già pubblicato i loro rapporti contenenti le schiaccianti prove sull’implicazione di un Paese confinante nella destabilizzazione della pace nell’Est del Congo.
D. - Ma la popolazione di quest’area come vive: sente comunque paura nei confronti dei ribelli, delle loro azioni?
R. - Certo. Lei può immaginare una mamma, un babbo che si trovano sempre a dover scappare e non andare a lavorare nei campi… Come può vivere una persona? La paura c’è sempre.
D. - In Congo c’è anche l’epidemia di ebola. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha detto che ci sono 46 casi di contagio, 19 dei quali fatali. Questa è un’altra emergenza che il Paese si trova a fronteggiare.
R. - Certamente, è una sofferenza che si aggiunge ad altre sofferenze e non è la prima volta; è questo il problema. Sfortunatamente, anche strutture statali non sono così ben preparate secondo me ad assumersi le loro responsabilità di fronte ad un’epidemia del genere. La gente sta morendo a causa dell’epidemia di ebola, lo stesso governo lo sta dicendo e sta anche cercando di animare la gente al fine di poter sviluppare modi di comportamento che possano anche fermare l’estensione di questa epidemia.
D. - Una situazione complessa che rappresenta una nuova sfida per le missioni cattoliche nella regione. Come stanno operando i missionari in Kivu?
R. - Effettivamente è una sfida che trova il missionario preparato nel suo dovere di solidarietà con tutta la gente che ha sofferto. La gente adesso è in balia delle sette che si sviluppano e noi religiosi dobbiamo dirlo se sono coinvolti in queste situazioni che degradano la dignità dell’uomo nelle province del Kivu. Il missionario deve farsi solidale con la Chiesa cattolica in Congo, che ha sempre proclamato la parola della riconciliazione, della giustizia e anche della pace. In questi ultimi giorni, la Chiesa, assieme ad altre confessioni religiose sta portando davanti - all’Onu, negli Usa, in Canada, in Europa ed in Asia - un progetto di sensibilizzazione sulla situazione vera che il Paese vive, sulla pace necessaria anche allo sviluppo. Dice “No” alla balcanizzazione del nostro Paese, perché noi congolesi vogliamo che rimanga unito e indiviso.
In Sudafrica proseguono le proteste dei minatori. A Marikana si torna al lavoro
◊ In Sudafrica proseguono le proteste dei minatori, per chiedere aumenti di salario. L’agitazione, segnata ieri da nuovi violenti scontri con la polizia e da 22 arresti, riguarda i dipendenti della Amplats. Intanto gli operai della Lonmin, i primi a scioperare ad agosto, sono tornati al lavoro dopo l’accordo sindacale che ha portato aumenti del 22%. Sulle ripercussioni politiche dell’intesa, raggiunta anche alla mediazione dei leader religiosi locali, uno di loro è il vescovo anglicano di Pretoria, mons. Jo Seoka. Ascoltiamolo al microfono di Linda Bordoni:
R. – My observation has been that...
Ho osservato davvero tanta gioia in loro per essere tornati a lavoro. Nessuno sembra essere stato riluttante nel farlo. Non credo che tutti siano felici, ma la maggioranza delle persone sono molto eccitate nel tornare a lavoro dopo sei settimane.
D. – A seconda della loro categoria, i minatori ricevono un aumento di stipendio differente: i trivellatori una percentuale più alta. Pensa che questa soluzione sia soddisfacente per tutti?
R. – Look, they got 22 per cent...
Hanno avuto un aumento del 22 per cento. In una situazione normale di aggiustamento di stipendio ciò sarebbe inusuale, ma questo è quello che hanno richiesto. E questo farà sì che sia molto difficile per l’industria, in futuro, gestire le richieste dei lavoratori al di fuori di una negoziazione.
D. – I minatori sono sempre stati strumentali ad un cambiamento in Sudafrica, mi sto riferendo al 1986, quando hanno intaccato il sistema dell’apartheid con le loro proteste. Pensa che questo avrà delle ripercussioni politiche?
R. – It has a political repercussion in various ways...
Ha avuto varie ripercussioni politiche. Una è stata quella del cambiamento della legislazione, riguardante le relazioni con i lavoratori del Paese. Secondo, il Foro governativo dovrà cambiare i suoi processi per rendere partecipi i sindacalisti. Tutto ciò ridefinisce il modo in cui il Ministero del Lavoro dovrà gestire queste questioni nel futuro. Poi, c’è il fatto che ci si aspetta dai ministri del governo che siano partecipi e che non parlino e basta. Durante questo sciopero, abbiamo chiesto al ministro del Lavoro di venire a parlare con gli scioperanti ed è stato molto di aiuto: gli hanno spiegato quali fossero i loro bisogni e hanno chiesto il suo intervento.
Mons. Sudar: in Bosnia la situazione è bloccata. Dayton non permette il progresso
◊ Venti fa iniziava la guerra in Bosnia ed Erzegovina, alla quale metteva fine, nel novembre del 1995, la stipula dell’accordo di Dayton che divise il Paese nella Federazione croato-musulmana e nella Repubblica Srpska. Oggi, la contrapposizione tra queste due entità sta bloccando qualsiasi sviluppo economico del Paese. “La situazione è ferma, sentiamo la difficoltà di una soluzione politica che non lascia troppo spazio per andare avanti”, denuncia il vescovo ausiliare di Sarajevo, mons. Pero Sudar, a pochi giorni dall’incontro mondiale delle religioni per la pace, organizzato nella capitale bosniaca dalla Comunità di Sant’Egidio. Anche l’ingresso nell’Ue e nella Nato è divenuto terreno di scontro e questo lo si sconta a livello economico, continua mons. Sudar. Francesca Sabatinelli lo ha intervistato:
R. - La disoccupazione è veramente disastrosa, la gente vive male, è scontenta e tutto questo si riflette sulle relazioni interetniche, interculturali ma anche, purtroppo, interreligiose. Allora, la costatazione di quasi tutti è che la Bosnia ed Erzegovina non progredisce, ma sta ferma o va indietro.
D. - Le relazioni tra le persone delle varie religioni sono quindi messe a rischio?
R. - Direi che sono messe a rischio più a livello politico-culturale che a livello quotidiano. Io noto che la nostra gente sarebbe disposta ad accettare di andare avanti e anche di aiutarsi a vicenda però, tutti, sentono il peso della mancanza di prospettiva. Si è tentati quindi di dare ascolto a quelle voci che dicono: “Noi stiamo così male a causa di quegli altri”. Da lì nascono le scintille che poi fanno bruciare i contatti tra la gente comune che invece, a mio parere, sono ancora un tessuto che potrebbe salvare la Bosnia ed Erzegovina come un paese multietnico, multi religioso ed, in un certo senso, multiculturale.
D. - Tutti dunque si sentono vittime di qualcosa e tutti si sentono vittime di discriminazioni. Ci sono? E contro chi si manifestano?
R. - Le discriminazioni ci sono veramente in tutti i settori, e direi che le vittime sono quasi tutti. Un esempio: quelli che sono maggioranza a Sarajevo, i musulmani, sono minoranza in qualche altra parte della Bosnia ed Erzegovina. Questo è il destino di tutti. Allora, si può dire che la discriminazione si sente quando si dividono i pochi posti di lavoro che ci sono. Siamo tutti vittime e tutti siamo, in certo senso, causa di questa discriminazione. Bisogna spazzar via l’attitudine alla corruzione, alla discriminazione, da quel tessuto dal quale ancora potrebbe nascere uno stato normale, una società giusta. Manca però il quadro politico.
D. - Rispetto a prima della guerra i numeri sono completamente cambiati. I cattolici hanno lasciato in massa la Bosnia ed Erzegovina. Cosa fare? Cercare di richiamare chi è andato via, o fortificare la presenza che ancora resiste?
R. - Penso che sia quasi un’utopia credere che quelli che sono andati via abbiano la voglia di tornare, perché qui hanno perso tutto. Durante la guerra le loro case sono state distrutte e la terra è stata abbandonata. Quelli che tornano devono ricominciare da zero. L’unica reale soluzione che potrebbe dare qualche frutto è quella di cercare di aiutare coloro che sono rimasti, Ciò che la Chiesa cerca di fare: conservare quel seme per sperare in una nuova primavera, sperando di far sopravvivere questa comunità cattolica che, purtroppo, durante la guerra e anche dopo, si è più che dimezzata. I nostri giovani continuano a volersene andare, perché non vedono il domani, non vedono in questa soluzione politica (Accordo di Dayton del 1995, ndr) un futuro in cui il popolo a cui appartengono potrà essere trattato, e potrà contare, come gli due altri popoli, che qui si sentono a casa e che sentono che è il loro Paese: i musulmani della Federazione croato-musulmana e i serbi della Repubblica Srpska. Il Paese è stato diviso tra due popoli e questo terzo popolo si sente buttato fuori, le conseguenze sono il suo tentativo di andar via. Questa intolleranza, che convince la gente a non vedere il proprio futuro qui, c’è in tutta la Bosnia ed Erzegovina ed è molto intensa anche a Sarajevo. Questa intolleranza è sempre rivolta contro la minoranza, intesa come i cattolici e gli ortodossi a Sarajevo, e intesa come i musulmani e i cattolici ad esempio a Banja Luka e in altre parti. Non c’è uno che è innocente e non c’è purtroppo solo uno che è carnefice: questo è il nostro pregio, ma è anche la nostra mancanza.
Ilva: proteste dei lavoratori. L'arcivescovo di Taranto: cercare il bene comune
◊ E' negativo il parere della Repubblica sul piano di investimenti da 400 milioni di euro presentato dall'Ilva di Taranto e, dunque, in linea con quello dei custodi che hanno bocciato le proposte dell'azienda. Lo si è appreso da fonti giudiziarie. Ieri i custodi giudiziali hanno anche precisato che le fermate devono partire dall’altoforno 1 e dalle batterie 5 e 6. Intanto, oggi si sono registrate proteste dei lavoratori all’interno dello stabilimento e sulla via Appia. Sulla situazione che si sta vivendo, Debora Donnini in mattinata ha raccolto il commento dell’arcivescovo di Taranto, mons. Filippo Santoro:
R. – Mi sento molto preoccupato. Sono preoccupato sia per la situazione dei lavoratori, che vedono a rischio il loro posto di lavoro, sia per la situazione più generale che riguarda la difesa della vita, la difesa della salute e questo aumento delle malattie viste e dichiarate. Quindi, sono proprio giorni in cui la tensione sta tornando, come è stato nella seconda metà di agosto. L’obiettivo che io ho sempre cercato di tenere insieme è quello del bene comune: il bene comune, in primo luogo, si schiera a difesa della vita e della salute, perché la vita e la salute sono il primo bene. D’altro lato, vita e salute sarebbero minacciate da una disoccupazione di massa. Il momento è molto delicato, l’evoluzione è costante: un giorno c’è il provvedimento della magistratura, che noi rispettiamo, un altro il pronunciamento dei gestori, e l’altro giorno l’iniziativa dell’Ilva che, di fatto, sta mostrando segni positivi.
D. – Voi ritenete che da parte dell’azienda ci sia una disponibilità a salvare il lavoro di tante persone?
R. – C’è una disponibilità. Il presidente Ferrante sta dimostrando un nuovo atteggiamento con la città: un atteggiamento di attenzione, di simpatia, un atteggiamento di difesa del lavoro, ma anche un impegno ad adeguare gli impianti alle nuove indicazioni richieste. E’ chiaro che è insufficiente, perché ci vorrebbe una riduzione drastica. Secondo me, è ancora percorribile il cammino di non chiudere la produzione, di non sospenderla, facendo sforzi ulteriori affinché l’adeguamento degli impianti sia più completo.
D. – La Fim-Cisl chiede oggi che la produzione dell’Ilva, seppur minima, non cessi del tutto…
R. – Mi sembra una soluzione ragionevole: da un lato, che si possa diminuire fino ai limiti possibili, perché oltre un certo limite si chiude, arrivando a limiti di produzione più bassi e così si mantiene un filo aperto. Dall’altro lato, che l’impresa faccia molto di più di quello che ha fatto finora proprio per l’adeguamento degli impianti. E’ un cammino possibile.
D. – Di fronte a questa situazione drammatica per Taranto, per i lavoratori e per tanta gente, lei come vescovo che cosa vuole dire?
R. – Come vescovo, io sono al lato di chi soffre, da una parte come dall’altra. Quindi, come vescovo quello che io auspico è che la cosa si possa ancora comporre, affinché ci sia un clima di serenità e perché la persona sia valorizzata e gli interventi siano mirati al bene comune. Quindi, farò la settimana prossima, prima che venga fatta la nuova Aia – l’autorizzazione integrata ambientale – un momento di preghiera intenso per tutta la nostra diocesi. Quello che possiamo chiedere al Signore è che siano sensibilizzati tutti a cercare un cammino positivo per la città. Il problema non è solo di Taranto, ma della Puglia, dell’Italia e dell’Europa: che si possa passare da una situazione di emergenza come questa a una situazione che indica un cammino positivo per la produzione e per la difesa dell’ambiente, la difesa della vita in Puglia, in Italia e nella nostra Europa.
La Giornata della pace Onu 2012 "per un futuro sontenibile"
◊ "La pace sostenibile per un futuro sostenibile". Questo il tema scelto per l’odierna giornata della pace 2012 indetta dalle Nazioni Unite con l’obiettivo di riflettere sulle conseguenze materiali e immateriali della guerra. I conflitti armati – ricorda nel suo messaggio il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon – minano lo sviluppo, la possibilità di creare posti di lavoro e di ridurre catastrofi naturali. Eugenio Bonanata ne ha parlato con Flavio Lotti, presidente della Tavola della Pace:
R. – Questa giornata ci ricorda l’importanza di questa parola, una piccola parola di quattro lettere, “pace”, che però ha un grandissimo valore, un valore di cui oggi forse non riusciamo a renderci pienamente conto. Troppe persone ogni giorno precipitano nella povertà e nella disperazione, a casa nostra come in tante altre parti del pianeta. Troppe ingiustizie si sommano ad altre ingiustizie. E questa crisi ci sta provocando paura, angoscia, disperazione, spesso sfiducia e chiusura. Noi abbiamo bisogno, se davvero vogliamo la pace, di prendere atto che così non possiamo andare avanti, che abbiamo bisogno di reagire. Oggi, le Nazioni Unite ci aiutano a ripensare a questo straordinario valore di cui abbiamo grande bisogno, ma che possiamo raggiungere soltanto se ce ne occupiamo quotidianamente e non quando purtroppo avvertiamo la sua assenza.
D. – I conflitti armati e la mancanza di pace attaccano i pilastri dello sviluppo sostenibile, quindi è in gioco il nostro futuro...
R. – Certamente, la situazione è drammatica: il mondo è un posto sempre più disordinato, è un posto dove i problemi purtroppo continuano a sommarsi, senza che nessuno di questi venga realmente risolto, è un posto sempre più pericoloso. Le guerre, la proliferazione delle armi, la disponibilità di tante persone a imbracciarle, a usarle, ci mette in una situazione di gravissimo pericolo. Per questo, abbiamo bisogno di più responsabilità personale. Abbiamo bisogno che ciascuno di noi faccia la sua parte e si assuma le proprie responsabilità.
D. – Interessi economici e sfruttamento delle risorse naturali sono sempre più spesso all’origine dei conflitti...
R. – Lo sono sempre stati. Oggi, di fronte a questa grande crisi mondiale, epocale, di fronte al fallimento di questo sviluppo competitivo, disordinato e violento, tutto questo diventa ancora più grave e ancora più pericoloso. Abbiamo bisogno di cambiare la nostra idea di sviluppo, abbiamo bisogno di rivedere il nostro modo di vivere insieme, il nostro modo di produrre, di consumare, la nostra disponibilità a stare insieme agli altri e non a vivere in maniera chiusa ed egoistica, pensando solo a noi stessi e al nostro benessere immediato.
Ad Auschwitz migliaia di giovani per il pellegrinaggio della Comunità di Sant'Egidio
◊ In Polonia, 1500 ragazzi, provenienti da tutta Europa, si sono dati appuntamento alla Terza Edizione dell’Incontro Internazionale “Giovani europei per un mondo senza violenza”, organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio. Ieri l’apertura dei lavori con le testimonianze dei sopravvissuti alla Shoah, oggi il pellegrinaggio ad Auschwitz, l’appello alla pace e l’incontro con l’arcivescovo di Cracovia, il cardinale Stanisław Dziwisz. Il nostro inviato Massimiliano Menichetti:
“Le fiamme del crematorio furono spente, ma forse voi ne avete sentito ancora il calore, perché il razzismo, il male, l'odio bruciano ancora”. Sono le parole di Béla Varga, ebreo ungherese, sopravvissuto alla deportazione nazista, durante la Seconda Guerra mondiale. Testimone, ieri sera, davanti ad una sala gremita di giovani provenienti da tutta Europa, ha esortato a combattere ogni forma di violenza. Una sfida già raccolta oggi e che passa per l’ascolto dell’assordante silenzio del campo di sterminio di Auschwitz, nella preghiera, nella veglia e nell’incontro, questa sera, con l’arcivescovo di Cracovia, il cardinale Dziwisz, nel Santuario della Divina Misericordia, dove si trovano le reliquie di Santa Faustina Kowalska. Ieri l’apertura dei lavori della Terza edizione dell’Incontro Internazionale organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio presso il Teatro “La Rotonda” di Cracovia che è diventato un luogo della Memoria
“Remember and to do everything. …
Dovete ricordare e fare di tutto perché questo non accada di nuovo, ha sottolineato Tibi Zeep Ram, nato in Cecoslovacchia ora vive in Israele, aveva 13 anni, quando conobbe l’orrore di Auschwitz-Birkenau e poi quello di Bergen Belsen, dove un giorno prima della liberazione, ha visto morire anche il fratello. Toccante e agghiacciante la storia di Rita Prigmore, tedesca Sinti, vittima insieme alla gemella che non ce l’ha fatta, degli esperimenti di un allievo del dottor Mengele. Le sue lacrime hanno chiesto ai giovani di “non cedere mai all’intolleranza, all’odio”, ma di “costruire”.
Storie di morte ma anche di rinascita che affermano la vita. Oggi il silenzio della Vistola che attraversa Cracovia, avvolta da una fitta nebbia quasi d’inverno, guarda questi 1500 ragazzi venuti da ogni parte d’Europa presentarsi davanti a quel cancello di morte con la scritta in tedesco “Il lavoro rende liberi”; ma oggi è proprio la speranza, irradiata anche da testimoni come Edith Stein e Massimiliano Maria Kolbe - che diede la vita propria ad Auschwitz per salvare un papà - ad abbracciare e guidare i cuori di questi ragazzi che tutti insieme lanceranno un appello al mondo intero, affinché si combatta con il dialogo e la pace ogni forma di violenza.
Sul significato di questa terza edizione ascoltiamo, al microfono di Massimiliano Menichetti, don Marco Gnavi, parroco di Santa Maria in Trastevere e delegato del Vicariato di Roma per l’ecumenismo:
R. – E’ chiedere ai giovani, è aiutare i giovani di tutti questi Paesi europei, per lo più dai Paesi orientali, dove le tensioni sono fortissime e c’è anche nella crisi la tentazione di cercare nemici nei più deboli; è aiutare i giovani a sognare e a lavorare per un mondo diverso, incontrandosi con il cuore della storia europea, qui a Cracovia-Auschwitz, dove la shoa è un po’ rimossa, dove l’olocausto degli zingari è accanto a quello degli ebrei e dove la storia di tanti cristiani che hanno resistito al male con il bene, può insegnare qualcosa. Siamo, fra l’altro, sui passi di Giovanni Paolo e di Benedetto XVI: Benedetto XVI è venuto qui nel 2006. Quindi condividere con loro una visione dell’Europa carica di speranza: non vogliamo che l’Europa si congedi della storia, ma nemmeno i giovani si possono congedare dalla storia. La vita cristiana e la visione cristiana offre loro grandissime opportunità e un protagonismo buono e positivo. Già l’aver ascoltato testimonianze di grande spessore e di grande dolore e averlo fatto tra russi e polacchi, ungheresi e romani, e tra altre nazionalità che – a volte – sono conflittuali, ci dice che da cristiani si possono abbattere molte barriere ed essere realmente un sacramento di unità per la famiglia umana.
D. – La Polonia è singolare: è un Paese dilaniato dal comunismo, dal nazismo, ma è anche terra di grande testimonianza e di rinascita. Che cosa rappresenta questo entrare ad Auschwitz?
R. – Ascoltare nel silenzio la lezione della storia e ripartire con una coscienza di noi stessi non soltanto gravida di dolore, ma anche di speranza, perché le vittime di ieri e il silenzio di oggi ci chiede di riempire la vita non di parole vuole, ma di parole che abbiano un senso e quelle che hanno un senso sono quelle che costruiscono il bene di tutti, sono quelle che sanno trasmettere la speranza evangelica.
D. – Come a dire che è la speranza che, in realtà, muove il cuore dell’uomo: è un po’ così?
R. – Assolutamente sì. Ci sono anche lì, dove ha dominato la morte e l’orrore, storie di bellezza umana: la radice più vera dell’uomo è la vita, non è la morte.
D. – “La vita per la vita”: grande testimone di questo San Massimiliano Kolbe, che dà la vita, in quella cella in cui non riesce a stare né in piedi né seduto, per gli altri…
R. – Assolutamente Massimiliano Kolbe è un martire, un martire per la carità e della carità. Nel teatro di morte ha spezzato le tenebre con questa offerta di se stesso, salvando un padre di famiglia, salvando così la sua vita e quella della sua famiglia. Sicuramente è un esempio luminoso non solo per la Polonia, per tutti i cristiani: una bellezza che si offre a tutti noi come un dono immeritato e gratuito.
Giornata mondiale Alzheimer: 35,6 milioni i malati nel mondo. Il doppio fra 20 anni
◊ Stigma ed esclusione sociale sono gli ostacoli principali per le persone affette da demenza e per chi le assiste. E’ il messaggio centrale del Rapporto mondiale Alzheimer 2012, presentato a Milano in occasione dell’odierna XIX giornata mondiale dedicata a questa malattia neurologica inguaribile, che colpisce per lo più gli over 65 in modo crescente. Di una “priorità di salute pubblica” parla l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), che invita ad attuare piani nazionali specifici. Preoccupanti i dati anche in Italia, come spiega Gabriella Salvini Porro, presidente della Federazione nazionale Alzheimer. L’intervista è di Gabriella Ceraso:
R. – Si parla di circa 36 milioni di persone con demenza nel mondo, tra i quali la malattia di Alzheimer rappresenta il 60 per cento, destinati a raddoppiare ogni 20 anni. In Italia si parla di oltre un milione di persone, di cui 600 mila malati di Alzheimer. Il costo è altrettanto impressionante, perché sempre a livello mondiale si parla di 604 miliardi di dollari l’anno: l’1% del pil. Questo problema fra pochi anni non sarà più governabile.
D. – Un quadro dunque allarmante e una tendenza in crescita che fa parlare di questa malattia come la malattia dei nostri tempi. Ma perché? A cosa è legata?
R. – Non si sa se sia legata al fattore ambientale, allo stile di vita: mangiamo male, facciamo poco movimento, viviamo una vita stressante, e quindi può darsi che sia questo. Ma per la malattia di Alzheimer in realtà non è che ci siano delle cause certe. Probabilmente, esisteva anche prima ma si parlava o di alterosclerosi o di pazzia.
D. – Il Rapporto mondiale di quest’anno è intitolato “Superare lo stigma della demenza”, proprio perché mi sembra che il focus, i messaggi chiave di questo Rapporto siano timore, esclusione e isolamento...
R. – Il 75% dei malati dice che sono evitati, sono trattati in un modo diverso e il 64 per cento dei familiari dice altrettanto. Perché? Perché se non abbiamo conoscenza di questa malattia e vediamo una persona, che appare fisicamente normalissima, fare delle cose strane, la prima cosa che pensiamo è che abbia problemi mentali e non sappiamo come trattarla. Cosa fare? Parlarne, parlarne, parlarne.
D. – Ma è anche vero che a livello istituzionale manca un piano nazionale e non c’è un sostegno formalizzato per le famiglie che hanno questa malattia...
R. – Le famiglie si isolano per tutti questi motivi, perché ne hanno vergogna. Se c’è qualche servizio, non lo porti neppure, perché ne hai talmente vergogna, hai talmente paura, che non l’accompagni neanche.
D. – Quali sono allora le raccomandazioni che voi avanzate? Lei ha parlato già di informazione e sensibilizzazione...
R. – Esattamente, ma questo a tutti i livelli. Poi, bisogna cercare di puntare sui servizi. Fare dei piani Alzheimer significa, cioè, destinare dei fondi per questa patologia e se riesci a dare quei servizi che possono essere utili a un maggior numero di persone - perché adesso ne possono usufruire pochi e sono difficilmente rintracciabili - se riesci a fare questo, riesci anche a combattere lo stigma automaticamente.
"La carità politica": in un libro di mons. Leuzzi le parole del Papa sull'impegno civile
◊ Aiutare gli uomini e le donne impegnati nelle istituzioni a promuovere e sostenere la loro vocazione nell’impegno politico la cui vera anima è la carità. Questo è il cuore del volume “La carità politica”, edito dalla Libreria Editrice Vaticana e curato da mons. Lorenzo Leuzzi, vescovo ausiliare della diocesi di Roma. Il testo, che riunisce quattro grandi discorsi pronunciati da Benedetto XVI nelle città di Milano Berlino Londra e Praga, è stato presentato ieri sera al teatro Argentina di Roma. Marina Tomarro ha intervistato il curatore:
R. - Il filo conduttore è proprio il tema della carità politica, perché il termine "carità politica" innanzitutto coinvolge le scelte personali: la carità la vive e la manifesta il politico, ma allo stesso tempo è anche un servizio che non può essere svolto dal singolo, ma deve coinvolgere l’intera comunità. Allora, in questo senso la carità politica è davvero una sollecitazione a tutti i livelli, deve diventare sempre più una sinfonia in cui c’è il rappresentante, ma c’è anche una comunità che sostiene l’impegno del politico. Per cui, bisogna davvero rilanciare la convinzione - come il Papa disse - che per poter costruire la società ci vogliono uomini e donne che invocano la sapienza, la docilità del cuore, perché il discernimento tra tutto ciò che è bene e tutto ciò che è male non può essere un fatto puramente soggettivo, ma ha bisogno di una collaborazione e soprattutto della preghiera dell’intera comunità.
D. - Qual è il messaggio che secondo lei dovrebbe arrivare ai politici?
R. - Credo innanzitutto un messaggio di incoraggiamento: che è possibile interpretare la realtà, trovare nuove soluzioni ed in questo senso il Vangelo può venire incontro. Quindi, si tratta di creare un coinvolgimento di tanti uomini e tante donne che credono che il Vangelo può dare una soluzione nuova.
E durante l’incontro è stato presentato anche il Forum delle Associazioni Culturali di ispirazione cristiana “Cultura pace e vita”. Il coordinatore, Sergio Bernardini:
R. - Io credo che in un momento di così grande smarrimento per la nostra società, in tutte le sue dimensioni, le associazioni culturali di ispirazione cristiana si riuniscono perché hanno probabilmente i valori, hanno i principi e quindi sentono la necessità di incontrarsi, di collaborare, di coordinarsi per poter dare alla città di Roma, e non solo, un messaggio di fiducia, un messaggio di grande speranza.
D. - In che modo i cattolici possono dare il loro reale contributo alla società?
R. - Innanzitutto, è necessario rilanciare una cultura di ispirazione cristiana. Il Forum si rivolge a tutti gli uomini di buona volontà, che credono in questo progetto, ma soprattutto l’attenzione è rivolta alla crescita culturale, all’educazione dei giovani. Un’attenzione che però deve essere concreta, deve essere vera e non deve scadere in un demagogico giovanilismo: dunque deve cercare di sviluppare un’operosità fattiva nei giovani e soprattutto sviluppare in loro la possibilità di utilizzare i nostri principi e i nostri valori, per poter avere una capacità di discernimento di fronte alle prospettive che hanno davanti.
Siria. Il vicario di Aleppo: i cristiani aiutano i profughi, non prendono le armi
◊ “Ci sono decine di migliaia di famiglie di sfollati nell’area metropolitana di Aleppo, fuggiti dai quartieri dove si combatte. Trovano riparo nelle scuole, nelle chiese, nelle moschee, negli edifici pubblici e in tante sistemazioni di fortuna. Devono mangiare, bere, dormire, vestirsi, curarsi. Tanti volontari delle nostre comunità si stanno occupando di loro, insieme ad altri gruppi di volontari siriani”. Così racconta all’agenzia Fides il francescano padre Georges Abou Khazen, vicario delegato del vicariato apostolico di Aleppo per i cattolici di rito latino. Gli interventi di prima assistenza sono, secondo padre Georges, le sole iniziative collettive che connotano le comunità cristiane in quanto tali rispetto al conflitto armato tra insorti e forze armate lealiste che da due mesi dilania l’area della metropoli siriana, tra raid aerei e scontri strada per strada. Davanti alle notizie circolate su gruppi di cristiani che avrebbero deciso di formare pattuglie di autodifesa armata per difendere le famiglie e le case dagli attacchi subiti da parte di miliziani stranieri, il francescano Abou Khazen reagisce con fermezza: “La Chiesa - dichiara a Fides - non fa altro che predicare l’amore e la pace per tutti, anche in situazioni tragiche come quelle che stiamo vivendo. Poi ognuno risponde alla sua coscienza. Ma l’immagine messa in circolo di gruppi cristiani che si armano può avere effetti tremendi. E’ come un segnale: sono armati, quindi andate lì e ammazzateli tutti”. La prospettiva “libanese” di gruppi e fazioni che prendono le armi in uno scenario ormai impazzito non può trovare coperture ecclesiali. Proprio il flusso di armi provenienti dall’esterno è secondo padre Abou Khazen la riprova più eloquente delle responsabilità internazionali del conflitto siriano: “Gli altri Paesi dovrebbero costringere i contendenti alla tregua e poi a vedere insieme come si può uscire da questa tragedia. Invece da fuori non arrivano aiuti per i gli sfollati. Mandano solo armi, che alimentano morte e distruzione”. Anche Benedetto XVI, sul volo che lo portava a Beirut, ha definito “peccato grave” il traffico di armi, individuandolo come fattore di alimentazione costante dei conflitti mediorientali. In quell’occasione, il Papa ha richiamato la necessità di “cessare l’importazione di armi: perché senza l’importazione di armi la guerra non potrebbe continuare”. (R.P.)
Libano: è entrato nel vivo il Sinodo armeno cattolico
◊ E' in corso nella sede patriarcale del convento di Bzommar, il Sinodo annuale della Chiesa armeno cattolica. Il Sinodo è presieduto da Sua Beatitudine Nerses Bedros XIX con la partecipazione dei Padri sinodali. Tra i temi in esame: le questioni riguardanti la Chiesa armena sotto l'aspetto pastorale, sociale ed educativo in un momento di grave situazione vissuta nel Medio Oriente che mette a rischio il destino della popolazione inclusa quella armena. Le varie commissioni patriarcali presenteranno i rendiconti annuali e saranno presi in esame i preparativi in vista del Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione; in particolare saranno esaminate le iniziative riguardanti i giovani alla luce della celebrazione dell'Anno della fede. I Padri sinodali si soffermeranno anche sulla storica visita compiuta dal Benedetto XVI in Libano e sull'impatto che ha avuto per il presente ed il futuro della popolazione alla luce dei messaggi di conforto e di speranza pronunciati dal Papa che ha invitato i cristiani a rimanere saldi nella fede ed essere fedeli alla loro terra, come esempio di convivenza per tutto il Medio Oriente. I Padri sinodali esprimono la loro gratitudine al Santo Padre per la visita compiuta alla sede patriarcale di Bzommar durante la quale ha inaugurato la statua di Hagop detto Meghabard in occasione del 500° anniversario della stampa del primo libro armeno. Infine i Padri sinodali, in coordinamento con le altre comunità e organizzazioni, esamineranno le modalità di aiuto e sostegno sia economico che morale ai fratelli e sorelle siriani che sono stati costretti a fuggire la guerra lasciando le loro case e rifugiandosi nei Paesi limitrofi. (D.D.)
Vietnam: ad Ho Chi Minh City la Chiesa ha ricordato il cardinale Văn Thuận
◊ Una messa concelebrata da sette sacerdoti, con la partecipazione di più di duemila fedeli ha ricordato nella cattedrale di Ho Chi Minh City il 10mo anniversario della morte del cardinale FX. Nguyễn Văn Thuận, presenti anche alcuni parenti del porporato. Padre Joseph, della cattedrale di Notre Dame ha ricordato il cardinale che fu a capo dell'arcidiocesi di Saigon: "anche in situazioni difficili, sebbene non fosse vicino ai fedeli e ai sacerdoti dell'arcidiocesi, si è sempre preso cura delle anime. Chi è stato in contatto con lui ha cambiato il modo di vivere". Padre Dominic Trương Kim Hương, che è stato alunno del cardinale al Seminario maggiore Xuân Bích dal 1964 al 1965, ha raccontato come "il cardinale voleva migliorare la vita di tutti. Sebbene imprigionato per 13 anni dal governo comunista non ha biasimato nessuno, non ha odiato nessuno e non ha avuto sentimenti vendicativi verso i 'nostri fratelli'. Il suo comportamento ha profondamento colpito coloro che lo sorvegliavano e grazie alla sua opera amorevole, alcuni funzionari comunisti sono stati battezzati e sono divenuti buoni cattolici e buoni cittadini". Padre Joseph - riferisce l'agenzia AsiaNews - ha ricordato che il motto del cardinale era "Gaudium et spes, Gioia e speranza". E' il nome di una costituzione del Vaticano II, con la quale la Chiesa non guarda il mondo come ostile, oscuro, che incute timore, né lo esclude e condanna, ma la Chiesa si apre al dialogo con tutti e in tutte le situazioni sociali". Il cardinale Văn Thuận sosteneva che "il dialogo è incontrarsi e capirsi l'un l'altro, creare un cammino di speranza e gioia di vivere. Da quando scelse il motto "gioia e speranza" ha sempre saputo vedere dove fosse la speranza. Attraverso il dialogo, Cristo ci aiuta ad ascoltare la voce di Dio". I parenti del cardinale hanno descritto il suo buon carattere: era semplice, socievole, interessato alle persone e non odiava nessuno. Un funzionario comunista ha detto che "era santo nella vita". Ci ha insegnato che "quando andate in chiesa, pregate, chiudete gli occhi e ascoltate la Parola di Dio". "Il cardinale - hanno detto ad AsiaNews numerosi giovani - era una persona santa, un pastore nobile e virtuoso". (R.P.)
Il cristianesimo in Africa è la prima religione
◊ Il cristianesimo è la prima religione dell'Africa e ha ormai nettamente superato l'islam. È quanto emerge da nuovi dati presentati oggi al congresso «Religione in un contesto globalizzato» organizzato all'Università di El Jadida, in Marocco, dal Cesnur (Centro Studi sulle Nuove Religioni), la rete internazionale di studiosi del pluralismo religioso diretta dal sociologo torinese Massimo Introvigne. Secondo i dati del convegno - dove si esprimono settanta oratori di diciotto Paesi e di tutti i continenti - i cristiani rappresentano il 46,53% della popolazione africana rispetto al 40,46% dei musulmani e all'11,8% degli aderenti alle religioni africane tradizionali. Su 59 Paesi africani, 31 hanno una maggioranza cristiana, 21 una maggioranza musulmana, e 6 vedono la presenza maggioritaria delle religioni tradizionali. Nel 1900 i cristiani in Africa erano dieci milioni, nel 2012 hanno raggiunto i cinquecento milioni. Nel 1900 gli africani erano il 2% dei cristiani del mondo, oggi sono il 20%, fra dieci anni saranno il maggiore blocco continentale all'interno del cristianesimo, superando l'Europa e le Americhe. «Questi dati sono ancora troppo poco conosciuti - spiega Introvigne - ma hanno un grande significato storico, culturale e politico. Ormai ci sono più cristiani praticanti in Africa che in Europa. Alla lunga, questo cambierà non solo l'Africa ma anche il cristianesimo, come aveva capito Giovanni Paolo II di cui va ricordata la grande attenzione all'Africa, ripresa da Benedetto XVI che ha già visitato il continente due volte». (I.P.)
Consiglio Ecumenico delle Chiese: Giornata di preghiera per la pace
◊ Una Giornata internazionale di preghiera per la pace: è l’iniziativa promossa dal Consiglio ecumenico delle Chiese (Coe) per oggi, in coincidenza della Giornata internazionale della pace sancita dall’Onu. “I partecipanti all’iniziativa - come spiega una nota ripresa dall'agenzia Sir - sono invitati a pregare ed agire insieme per una pace equa nelle comunità, nelle nazioni e nel mondo”. Le preghiere possono essere condivise sui social network come Facebook (www.overcomingviolence.org) e Twitter (hashtag), oppure inviate al Coe tramite e-mail (webeditor@wcc-coe.org) e possono riguardare la pace sotto vari aspetti: sociale, economico, ecologico o politico-militare. Richiamando, poi, il tema scelto quest’anno da “Pace in Terra”, comunità di base cristiana con sede negli Stati Uniti, il Coe invita i fedeli a pregare in particolare per il “cessate il fuoco”, da intendere sia come tregua dei conflitti armati nel mondo, sia come riconciliazione in famiglia, sul luogo di lavoro, nelle comunità parrocchiali. Giunta all’ottava edizione, la Giornata internazionale di preghiera per la pace è nata nel 2004 su iniziativa degli allora segretari generali del Coe e dell’Onu, il reverendo Samuel Kobia e Kofi Annan, e rientrava nelle iniziative ecumeniche programmate per il “decennio contro la violenza”, svoltosi tra il 2001 ed il 2010. (R.P.)
A Firenze l’Assemblea generale delle Chiese protestanti europee
◊ Circa un centinaio di delegati delle Chiese protestanti in rappresentanza di più di 50 milioni di persone in tutto il mondo, sono riuniti a Firenze, come riporta l'agenzia Sir, per la VII Assemblea Generale della “Comunione delle Chiese protestanti in Europa” (Ccpe) iniziata ieri e che si concluderà il 26 settembre. Durante gli incontri, che ruoteranno attorno al motto “Liberi per il futuro”, ci si soffermerà su vari argomenti, tra cui la crisi economica, i diritti umani, la libertà religiosa, la promozione del pluralismo religioso, il dialogo ecumenico interreligioso, nonché il contributi che le Chiese cristiane di minoranza, come quelle protestanti in Italia, possano dare al movimento ecumenico europeo. “L’Europa sta attraversando una profonda crisi d’identità. In questo contesto, le Chiese protestanti vogliono dare il proprio contributo alla promozione della giustizia per tutti e alla costruzione di un futuro solidale” ha dichiarato Thomas Wipf, presidente del Ccpe. L’Assemblea inoltre affronterà la delicata questione dell’accoglienza e l’integrazione degli immigrati, di cui la Chiesa è sempre più protagonista. “Il punto è che l’Europa tutta – sottolinea il vescovo Michael Bunker, segretario generale del Ccpe – è sempre più plasmata dalla migrazione. Comunità e chiese di migranti si sviluppano e crescono in tutta Europa. Proprio alle Chiese tocca il compito di promuovere con il loro esempio l’integrazione per sostenere una società accogliente”. (L.P.)
Nigeria: oltre 25 milioni di persone a rischio per le piogge torrenziali
◊ Oltre 25 milioni di nigeriani che vivono lungo le rive dei fiumi negli Stati di Niger, Benue, Sokoto, Katsina Lagos, Ondo, Delta, Rivers, Akwa Ibom, Bayelsa e Cross River rischiano di subire devastazione prima della fine dell'anno, a causa delle piogge torrenziali che da tempo si abbattono su diversi Stati dell’Africa occidentale. Secondo un’inchiesta del quotidiano “Nigerian Tribune”, il governo non ha preso misure preventive nelle zone a rischio di catastrofi nel nord, dove le fognature e i canali sono intasati, e negli Stati del Sud-Est e della regione del Delta, dove si fanno sentire gli effetti dell’erosione delle acque. Già ora - riferisce l'agenzia Sir - più di 38.228 persone sono sfollate negli Stati di Kano, Jigawa, Cross River, Taraba, Adamawa Niger e Anambra, mentre circa 160 persone sono morte nelle ultime due settimane, con oltre 59 comunità in difficoltà a causa delle piogge torrenziali che hanno sconvolto alcuni Stati della federazione, soprattutto del Nord. Si attende l’immissione di nuovi massicci quantitativi di acqua a causa dell’apertura delle dighe nei Paesi vicini, come il Camerun. Il direttore generale dell'Agenzia di gestione delle acque del Cross River State Emergency Management Agency (Sema), Vincent Aquah, ha lanciato l'allarme sull’apertura della diga di Lagdo, in Camerun, che ha già provocato lo sfollamento di più di 12.000 persone nello Stato, e che potrebbe causare gravi danni se il governo non prende provvedimenti urgenti. "Abbiamo un grande volume di acqua in arrivo a causa dell’apertura della diga Lagdo, già ne sentiamo gli effetti perché c'è stata un'invasione di rettili, tra cui, coccodrilli e serpenti, in molte comunità” ha affermato Vincent Aquah. (R.P.)
Hong Kong: oltre un milione di poveri. La denuncia della diocesi
◊ “Un milione di persone vive nel territorio sotto la soglia della povertà a causa di storture economiche”. È quanto denuncia la diocesi di Hong Kong in una lettera, intitolata “Alcune proposte per il governo di Hong Kong da parte della Chiesa cattolica”, inviata all’esecutivo del Paese. “Il governo – prosegue la nota – deve intervenire per garantire prezzi più bassi per le case, un’istruzione migliore e delle politiche di welfare più sostenibili”. Nel testo, la Chiesa chiede al governo di “aiutare la popolazione a trovare una casa in un momento in cui i prezzi salgono e diventa difficile trovare un posto dove stare”. Una situazione, come sottolinea l'agenzia AsiaNews, sempre più difficile e che diventa sempre più urgente affrontare perché riguarda ormai un milione di persone che vivono al di sotto della soglia della povertà. “Una società che sceglie di ignorare la disparità fra ricchi e poveri – conclude la lettera – non è degna di essere chiamata avanzata o civilizzata”. (L.P.)
India: cresce l’intolleranza verso i cristiani nel Tamil Nadu
◊ Sono già 13 gli episodi anti cristiani registrati nel Tamil Nadu, India meridionale, dall’inizio del 2012. In tutti gli episodi, le vittime sono state comunità pentecostali o protestanti, oggetto di discriminazioni e persecuzioni di vario genere da parte di gruppi ultranazionalisti indù. Una situazione davvero preoccupante, come sottolinea l’agenzia AsiaNews, se si pensa che tali episodi, avvenuti in una delle regioni indiane più famose per l’armonia tra diverse comunità, sono solitamente accompagnati dal silenzio delle istituzioni e prive di conseguenze per i colpevoli. Tra i casi più eclatanti vi è sicuramente quello del reverendo S. Suresh Rajan, che qualche mese fa riuscì a comprare un pezzo di terra e a costruirvi sopra una sala per ospitare le funzioni per la sua comunità composta da circa 300 fedeli e che solitamente si riuniva in una capanna. Subito dopo la costruzione, l’amministrazione locale ha negato ai cristiani il permesso di utilizzare l’edificio come luogo di culto. I fedeli hanno subito presentato un ricorso che è stato accolto dal giudice ma, su pressioni di attivisti radicali locali, il permesso di utilizzare la costruzione è stato negato ugualmente. Un episodio che “servirà solo ad alimentare nella comunità cristiana la sfiducia nei confronti delle amministrazioni e della giustizia”, come racconta Sajan George, presidente della Gcic. Nel Tamil Nadu i cristiani rappresentano solo il 6,1% della popolazione; il 5,6% è musulmana e il restante 89% è indù. (L.P.)
Brasile: VII Incontro internazionale sulla Migrazione e il traffico di persone
◊ Prevenzione per contrastare il traffico di esseri umani in America latina. È l’argomento del quale si è discusso nel VII Incontro internazionale sulla Migrazione e il traffico di persone, iniziato a San Paolo, Brasile, il 19 settembre e che, come racconta l’agenzia Fides, si conclude oggi. I temi attorno ai quali è ruotato l’incontro sono stati “le politiche migratorie in Brasile e in America latina: prevenzione della tratta di esseri umani” e “il ruolo del legislatore dinanzi al traffico di esseri umani in Brasile e in America latina”. La situazione risulta oggi molto delicata, sopratutto perché, come dichiara suor Rosita Milesi, direttrice dell’Istituto delle Migrazioni e diritti umani, in Brasile “siamo ben lontani dal raggiungere l’efficacia nella tutela dei diritti umani dei migranti”. “C’è uno stacco tra il desiderio e l’efficacia. La prova di questo – racconta suor Milesi - è che il Brasile non ha ancora ratificato la Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie, e non ha neppure aggiornato la legge sull’immigrazione”. “C’è bisogno – conclude la religiosa – di azioni concrete”. Durante l’incontro si è sottolineata anche la necessità di proteggere le persone più vulnerabili e garantire loro il rispetto dei diritti umani in vista degli importanti eventi internazionali che il Paese ospiterà nei prossimi anni, a partire dalla Giornata Mondiale della Gioventù di Rio nel 2013, fino ai Mondiali di calcio nel 2014 e alle Olimpiadi nel 2016. (L.P.)
Usa. Famiglie ispaniche vittime di fame e povertà: ne soffre un bambino su tre
◊ Un bambino ispanico su tre negli Stati Uniti corre il pericolo di soffrire la fame. È l’allarmante dato che emerge dallo studio annuale dell’organizzazione cristiana Bread for the World. Il Paese più ricco del mondo, come riporta l’agenzia Fides, non è esente dalle gravi questioni di povertà e sofferenza della fame. Il rapporto, però, sottolinea un aspetto specifico di questo studio, che rende la situazione particolarmente preoccupante, e cioè che negli Stati Uniti a soffrire fame e povertà sono soprattutto le famiglie ispaniche, che oggi rappresentano più del 16% della popolazione. I dati parlano chiaro: il 34% delle famiglie ispaniche con bambini deve combattere ogni giorno per trovare da mangiare, rispetto al 22% delle famiglie non ispaniche, il 36% dei bambini ispanici vive in condizioni di povertà, rispetto al 25% dei bambini nord-americani. Negli Usa sono per fortuna molte le iniziative volte a contrastare questa situazione. Ci sono programmi nutrizionali federali che forniscono buoni pasto, al quale hanno diritto ormai il 35% dei latini, ma anche programmi scolastici e il Programma Alimentare Supplementare per Donne e Bambini (Wic) che hanno finora impedito che un numero ancora maggiore di persone soffrisse la fame. Secondo un Rapporto della Casa Bianca, sono circa 3,7 milioni le famiglie latine, compresi 8 milioni di bambini, ad usufruire degli aiuti dei vari programmi nutrizionali. (L.P.)
Argentina: nota dell’arcivescovo di Mendoza contro l’aborto
◊ L'arcidiocesi argentina di Mendoza, in un comunicato firmato dall’arcivescovo e dal suo ausiliare, ricorda che "la Camera dei Deputati di Mendoza ha approvato in via preliminare un progetto perché la provincia aderisca e adotti la ‘Guida tecnica per la cura completa degli aborti non punibili’ del Programma nazionale di Salute sessuale e Procreazione responsabile, del Ministero della Salute della nazione”. Nel Paese infatti da qualche tempo si sta discutendo riguardo all'aborto e sulle disposizioni suggerite nella “Guida Tecnica” distribuita in ospedali e cliniche, rimandando l’adesione o meno a livello delle singole province. Di fronte alla situazione verificatasi a Mendoza, nel comunicato firmato dall'arcivescovo di Mendoza, mons.José María Arancibia, e dal vescovo ausiliare, mons. Sergio O. Buenanueva, la Chiesa cattolica ricorda i principi universali a favore dei diritti del nascituro. Nel comunicato inviato all’agenzia Fides si legge: “È necessario che le forze vive della società offrano il loro contributo al compito del legislatore: dare leggi giuste e ragionevoli, sulla base di valori universali e obiettivi. A questo proposito, e come Pastori della Chiesa cattolica a Mendoza, ci sembra opportuno contribuire con alcune brevi considerazioni etiche. L'aborto è l'uccisione deliberata di un essere umano innocente nella fase iniziale della sua esistenza. Si tratta di una grave ingiustizia. Non può essere considerato un diritto, né un atto medico. Il caso doloroso di gravidanza dopo uno stupro rivendica dallo Stato la responsabilità specifica di proteggere la vita umana delle due persone coinvolte: la madre e il bambino. L'aborto non è mai una soluzione. Ci auguriamo che nel dibattito parlamentare possa prevalere un chiaro riconoscimento della dignità del nascituro e dei suoi diritti”. (R.P.)
Plenaria dei vescovi del Nord Europa sull'Anno della fede. Appello per la pace in Siria
◊ Nell’ambito della plenaria autunnale della Conferenza episcopale del Nord Europa (Islanda, Danimarca, Finlandia, Svezia e Norvegia) che si è chiusa ieri, domenica scorsa la diocesi di Reykjavik (Islanda) ha segnato nella cattedrale di Cristo Re l‘inizio imminente dell‘Anno della Fede (11 ottobre) alla presenza di tutti i vescovi. Ne dà notizia un comunicato ripreso dall'agenzia Sir. Il presidente della Conferenza episcopale nordica, mons. Anders Arborelius, ha incoraggiato i fedeli a “dare testimonianza della loro fede, crescere nella fede e ispirare fiducia negli altri”. I vescovi nordici avranno un “ruolo attivo nell‘evangelizzazione” e i loro contributi saranno pubblicati in tutta la regione e tradotti in diverse lingue. Nei seminari della regione vi sono oggi circa 60 candidati al sacerdozio: “per una più forte e stretta cooperazione tra i superiori di queste istituzioni - spiega ancora la nota -, i vescovi hanno stabilito una conferenza dei rettori”. Dai vescovi nordici anche un appello per la pace in Siria e il Medio Oriente. Richiamando le parole del Papa in Libano, essi deplorano la “condizione permanente di disperazione” di “un numero di vittime sempre crescente”, e rivolgono “un appello alla responsabilità delle nazioni e delle organizzazioni internazionali per porre fine immediatamente e permanentemente agli scontri in Siria”. “Le parti in conflitto - è l’auspicio - si impegnino in un dialogo reale e significativo”. (R.P.)
Scozia. Mons. Tartaglia: legalizzare le nozze gay mette a rischio la libertà religiosa
◊ Se il governo scozzese dovesse decidere di legalizzare i matrimoni omosessuali “temiamo restrizioni alla libertà di esprimere la nostra opinione in pubblico. Non sappiamo se potremo affermare liberamente che il matrimonio è soltanto l’unione tra un uomo e una donna, senza venire accusati di un reato”. Mons. Philip Tartaglia, nuovo arcivescovo di Glasgow, esprime così all'agenzia Sir Europa la sua preoccupazione in merito all’intenzione del Governo scozzese di legalizzare i matrimoni gay. Per il presule a rischio è la libertà religiosa. A sostegno della sua tesi porta l’opinione di un avvocato esperto di diritti umani, Aiden O’Neill, per il quale “c’è una buona probabilità che sacerdoti e insegnanti vengano incriminati in base alla legge sui diritti umani se si esprimono contro i matrimoni gay. Potremmo venire multati o perseguiti in altro modo”. Per questi motivi oggi “i rapporti con il governo sono tesi. Abbiamo posto alcune domande ma non abbiamo ricevuto risposte adeguate. Sulla stampa ci sono state solo rabbia e accuse. Il livello emotivo sale quando facciamo queste domande e la Chiesa viene condannata perché dicono che è poco caritatevole, omofobica. Non c’è un dibattito ma uno scontro”. Purtroppo, conclude, “il governo dice che è una questione di parità, e parla della Scozia come di un Paese progressista, ma è sotto la pressione di alcune lobby”. (R.P.)
Taiwan: le iniziative della Chiesa per l’Anno della fede
◊ Un concorso per trovare l’inno dell’Anno della Fede. È la particolare proposta avanzata dalla Chiesa di Taiwan. Per coinvolgere le numerose popolazioni indigene presenti sull’isola e incoraggiarle a partecipare attivamente all’Anno della Fede, come sottolinea l’agenzia Fides, attraverso la Commissione per la Liturgia, la Chiesa locale ha pensato di trovare l’inno dell’Anno della Fede tra i canti indigeni e, dal 6 ottobre al 3 novembre, nelle diocesi di Tai Pei, Tai Chung, Kao Hsiung e Hua Lien si terranno 4 concorsi per selezionare l’inno migliore, “utilizzando – si legge in una nota della Commissione – le risorse culturali del popolo indigeno, per comporre un inno di gloria a Dio dell’Isola”. Tra le altre iniziative lanciate dalla Chiesa di Taiwan in vista dell’Anno della Fede, c’è anche la formazione di quattro seminari di studio, basati sui seguenti temi: “Il Motu proprio di Papa benedetto XVI La porta della fede”, il 26 settembre; “Cristo ci riunisce per ascoltarlo e nutrirci della Parola di Dio, perché diventiamo una comunità di ringraziamento”, il 23 ottobre; “Cristo ci riunisce per nutrirci con il Pane della vita e ci consolida perché assumiamo la nostra missione”, il 28 novembre, e “L’adorazione e la sua preparazione”, il 26 dicembre. (L.P.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 265