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Sommario del 20/09/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa ai nuovi vescovi: servono testimoni credibili per la nuova evangelizzazione
  • In udienza dal Papa un gruppo di presuli francesi in visita "ad Limina"
  • Pubblicato il programma della visita pastorale di Benedetto XVI a Loreto
  • Benedetto XVI: ebrei e cristiani crescano nell’amicizia per testimoniare i valori della fede nel Dio unico
  • Mons. Mamberti all'Aiea: eliminare gli armamenti atomici e sviluppare gli usi civili dell'energia nucleare
  • Il cardinale Vegliò: la pietà popolare è uno strumento di evangelizzazione
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Islam: al-Azhar apprezza parole di padre Lombardi sul rispetto dei simboli religiosi
  • Tornano al lavoro i minatori di Marikana, ma le tensioni non cessano
  • Allarme dell’Onu: I ribelli controllano vaste zone dell’est del Congo
  • Decreto della Chiesa tedesca su quanti dichiarano all'anagrafe di non essere più cattolici
  • "Giovani europei per un mondo senza violenza": il pellegrinaggio di Sant'Egidio al via oggi in Polonia
  • Fondi Pdl: per la procura gestione "caotica". L'opinione dell'Azione Cattolica
  • Aleteia: lanciato un network internazionale di media cattolici
  • Una sola carne nell’unione coniugale: convegno al Pontificio Istituto Giovanni Paolo II
  • Loppianolab 2012: esperti e cittadini in dialogo per contribuire a rigenerare l'Italia
  • Il cardinale Ruini: non confondere attualità con conformismo, la Chiesa indica la strada del futuro
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Francia: contro le vignette satiriche appello congiunto di vescovi e leader musulmani
  • La Chiesa in Tunisia condanna le offese e invita alla coesistenza pacifica
  • Siria: preoccupazione dell'Onu per l'esito della mediazione di Brahimi
  • Amman: si conclude oggi la riunione dei vescovi latini delle regioni arabe
  • E’ operativa “Baobab”, una rete che collega tutti i membri delle Caritas nel mondo
  • Congo: i vescovi in visita nel Kivu predicano giustizia, pace e riconciliazione
  • L’Assemblea dei vescovi sudanesi su Seminari, autonomia e dramma dei migranti
  • Argentina: incontro dei responsabili dei Centri culturali cattolici del Cono Sud
  • Portogallo: Congresso internazionale delle Misericordie su sanità e sociale
  • Belgio: Seminario della Comece sulla discriminazione del cristiani in Europa
  • Canada: i vescovi difendono la vita umana, sacra sin dal concepimento
  • Cina: la comunità cattolica si arricchisce di nuovi consacrati
  • Tra Taizè e la Gmg di Rio: 50 mila giovani attesi a Roma da tutta l’Europa a dicembre
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa ai nuovi vescovi: servono testimoni credibili per la nuova evangelizzazione

    ◊   Tutti i fedeli sono chiamati alla sfida della nuova evangelizzazione: è quanto affermato da Benedetto XVI nell’incontro di stamani, a Castel Gandolfo, ad un gruppo di nuovi presuli che hanno partecipato al Convegno promosso dalla Congregazione per i Vescovi. Il Papa ha ribadito che c’è bisogno di testimoni credibili per annunciare il Vangelo e che i vescovi sono chiamati a servire Dio e gli uomini. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Siate “audaci nell’invitare gli uomini di ogni condizione all’incontro con Cristo e a rendere più solida la fede”: è l’esortazione del Papa ai nuovi vescovi ai quali ha chiesto anche di avere una “speciale sollecitudine per la Chiesa universale, in primo luogo promuovendo e difendendo l’unità della fede”. La fede, ha soggiunto, “chiede testimoni credibili” e il vescovo “primo testimone della fede” deve accompagnare il cammino dei credenti “offrendo l’esempio di una vita vissuta nell’abbandono fiducioso di Dio”:

    “Non si può essere, infatti, al servizio degli uomini, senza essere prima servi di Dio. Il vostro personale impegno di santità vi veda assimilare ogni giorno la Parola di Dio nella preghiera e nutrirvi dell’Eucaristia, per attingere da questa duplice mensa la linfa vitale per il ministero”.

    Riferendosi poi all’imminente Sinodo sulla nuova evangelizzazione, il Papa ha osservato che tutti i battezzati sono chiamati all’impegno dell'evangelizzazione e che i vescovi devono "favorire e alimentare la comunione e la collaborazione tra tutte le realtà" delle loro diocesi:

    “L’evangelizzazione, infatti, non è opera di alcuni specialisti, ma dell’intero Popolo di Dio, sotto la guida di Pastori. Ogni fedele, nella e con la comunità ecclesiale, deve sentirsi responsabile dell’annuncio e della testimonianza del Vangelo”.

    Di qui l’esortazione affinché a tutti, “siano presentati i contenuti essenziali della fede, in forma sistematica ed organica, per rispondere anche agli interrogativi che pone il nostro mondo tecnologico e globalizzato”. La realtà in cui viviamo, è stato il suo avvertimento, richiede infatti che “il cristiano abbia una solida formazione”. Il Papa non ha poi mancato di indicare il Concilio Vaticano II come inizio della nuova evangelizzazione, di una nuova Pentecoste:

    “Gli effetti di quella nuova Pentecoste, nonostante le difficoltà dei tempi, si sono prolungati, raggiungendo la vita della Chiesa in ogni sua espressione: da quella istituzionale a quella spirituale, dalla partecipazione dei fedeli laici nella Chiesa alla fioritura carismatica e di santità”.

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    In udienza dal Papa un gruppo di presuli francesi in visita "ad Limina"

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto nel corso della mattinata un gruppo di presuli della Conferenza episcopale di Francia, in Visita “ad Limina”. mons. Jean-Charles Descubes, arcivescovo di Rouen, mons. Jean-Claude Boulanger, vescovo di Bayeux, mons. Stanislas Lalanne, vescovo di Coutances, mons. Christian Nourrichard, vescovo di Evreux, mons. Jean-Luc Brunin, vescovo di Le Havre, mons. Jaques Habert, vescovo di Sées.

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    Pubblicato il programma della visita pastorale di Benedetto XVI a Loreto

    ◊   La Sala Stampa vaticana ha reso noto il programma della visita pastorale che Benedetto XVI compirà a Loreto il prossimo 4 ottobre nell’anniversario dei 50 anni del viaggio di Giovanni XXIII nella città mariana. Il Papa arriva alle 10.00 in elicottero presso il Centro Giovanni Paolo II di Montorso. Prima tappa sarà la visita alla Santa Casa nel Santuario Lauretano per l’adorazione del Santissimo Sacramento e per la preghiera alla Vergine di Loreto. Alle 10.30 presiede la Messa nella Piazza della Madonna di Loreto. Alle 13.15 il pranzo nel Centro Giovanni Paolo II di Montorso. Benedetto XVI ripartirà alle 17.00 per il Vaticano, dove il rientro è previsto per le 18.00.

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    Benedetto XVI: ebrei e cristiani crescano nell’amicizia per testimoniare i valori della fede nel Dio unico

    ◊   In occasione delle feste ebraiche di Rosh Ha-Shanah 5773 e Yom Kippur e Sukkot, il Papa ha inviato un telegramma al Rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, in cui rivolge “un sentito augurio di pace e di bene” all’intera comunità ebraica della capitale, “invocando dall’Altissimo copiose benedizioni per il nuovo anno e auspicando che ebrei e cristiani, crescendo nella stima e nell’amicizia reciproca, possano testimoniare nel mondo i valori che scaturiscono dall’adorazione del Dio Unico”.

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    Mons. Mamberti all'Aiea: eliminare gli armamenti atomici e sviluppare gli usi civili dell'energia nucleare

    ◊   Disarmo nucleare e utilizzo dell’energia radioattiva per scopi pacifici e di sviluppo umano. Tra questi due poli si è sviluppato l’intervento dell’arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, che nei giorni scorsi ha preso la parola a Vienna, durante la 56.ma sessione della Conferenza generale dell’Aiea, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    C’è una tecnologia nucleare per la vita e c’è una tecnologia nucleare per la morte. La prima ha bisogno di sviluppi che spesso latitano e la seconda dell’esatto opposto: di essere neutralizzata mentre in molti la perfezionano. Mons. Mamberti affronta le due questioni partendo dal dato più inquietante, quel “rinascimento nucleare” che oggi vive il paradosso per cui da un lato, ha notato il presule, si riducono le scorte di armi nucleari e dall’altro “si modernizzano gli arsenali nucleari e si investono ampie somme di denaro per assicurare la loro produzione futura e il loro mantenimento”. Ma smantellare gli arsenali non è “moralmente sufficiente, ha affermato mons. Mamberti. Serve altro: una “cultura della pace fondata sul primato del diritto e sul rispetto della vita umana”.

    Affermato questo principio generale, il segretario per i Rapporti con gli Stati ha analizzato alcune specifiche problematiche legate al tema: la difesa dal “terrorismo nucleare”, persino da un “mercato nero nucleare”, e quindi l’implementazione della sicurezza. Anche qui, tuttavia, mons. Mamberti ha distinto. “La sicurezza globale – ha asserito – non può basarsi sulle armi nucleari”, bensì sull’adozione da parte di tutte le potenze nucleari dei protocolli e delle norme in materia. In particolare, del Trattato per l’interdizione globale degli esperimenti nucleari, considerato uno “strumento importante”. “La Santa Sede – ha sottolineato il presule – è convinta che, lavorando insieme, la firma, la ratifica e l’entrata in vigore del Trattato rappresenteranno un significativo contributo per il futuro dell’umanità, così come per la protezione della terra e dell’ambiente affidati alla nostra cura dal Creatore”. Ciò in quanto, ha soggiunto, “l’umanità merita non meno che la piena cooperazione di tutti gli Stati in questa importante materia” e soprattutto perché “le armi nucleari – ha scandito ancora il rappresentante vaticano – hanno la capacità distruttiva di porre una minaccia alla sopravvivenza dell’umanità e fintanto che esse continueranno ad esistere, la minaccia all’umanità perdurerà. Inoltre – ha insistito – le armi nucleari sono inutili nell’affrontare le attuali minacce come la povertà, la salute, il cambiamento climatico, il terrorismo e la criminalità transnazionale. L’unico modo per garantire che queste armi non saranno utilizzate ancora è attraverso la loro totale, irreversibile e verificabile eliminazione, sotto controllo internazionale”.

    Oltre alla sicurezza globale, c’è poi la questione della “sicurezza nucleare” in senso proprio. E qui, mons. Mamberti – assicurando che “la Santa Sede segue da vicino i progressi registrati dal Piano di Azione dell’Aiea” – ha individuato il punto di approccio al problema. “Una crisi locale nucleare – ha dichiarato – è di fatto un problema globale” e quindi la sicurezza energetica necessita certo di “tecniche appropriate” per la protezione dei siti, ma più ancora della crescita del “senso di responsabilità” da parte di chi gestisce gli standard di tutela. Infine, il positivo dell’energia nucleare, quello che permette di combattere la fame o le malattie. Ricordando che la Santa Sede è sensibile e attiva sul punto, mons. Mamberti ha ricordato che metà dei pazienti cui è stato diagnosticato un cancro potrebbero beneficiare della terapia radioattiva, ma che ciò accade solo in parte dei Paesi in via di sviluppo per la “carenza di attrezzature”. In ogni caso, ha concluso, “le biotecnologie e le tecnologie nucleari non possono essere valutate unicamente sulla base di interessi economici immediati. Devono essere sottomesse prima di tutto a rigorosi esami scientifici ed etici, al fine di prevenire che esse diventino pericolose per la salute umana e per il futuro del nostro pianeta”.

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    Il cardinale Vegliò: la pietà popolare è uno strumento di evangelizzazione

    ◊   "La pietà popolare continua ad essere una realtà viva, un fatto sociale importante, un mezzo di evangelizzazione". E’ quanto ha affermato oggi il cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio dei Migranti e degli Itineranti, intervenendo a Roma all’incontro della "Rete Mariana Europea", organismo che riunisce i responsabili dei principali santuari del Vecchio Continente, il cui compito è quello di approfondire le aspettative e sostenere il credo, di milioni di pellegrini che ogni anno visitano questi luoghi di culto. Il servizio di Cecilia Seppia:

    E’ il Concilio Vaticano II a rivalutare e promuovere la religiosità popolare: quella fatta di simboli e linguaggi particolari, di devozione, di feste patronali e pellegrinaggi, di tradizione insomma radicata nella fede. Essa spiega il cardinale Vegliò nel suo intervento alla Rete Mariana Europea, lungi dall’essere separata dalla liturgia, è espressione legittima di una parte importante della grande famiglia cristiana, anzi è l’ambito in cui, la Chiesa compie, realizza, la sua esigenza di universalità. Ancora, essa risponde alla volontà di diffusione del messaggio di Cristo a tutte le genti, ed è segno evidente dell’inculturazione del Vangelo in ciascun popolo. Non sempre però, la valutazione della pietà religiosa è stata positiva in ambienti ecclesiali e non, colpa - spiega il porporato - della secolarizzazione, che comportava il disprezzo di un cristianesimo manifestato in forme esteriori, lo accusava di sfumature superstiziose, di essersi allontanato dalla realtà, o peggio di alienarsi dall’impegno cristiano. Nonostante tendenze volte a spegnere o eliminare le manifestazioni di religiosità popolare essa, afferma il presidente del Pontificio Consiglio dei Migranti e degli Itineranti, “continua ad essere una realtà viva, un fatto sociale importante e un’esperienza spirituale apprezzabile, nella quale si manifesta la dignità teologica di cui essa gode”. Queste manifestazioni non solo sono rimaste, ma sono anche cresciute quanto a numero e partecipazione.

    Nella rivalutazione che la pietà popolare ha sperimentato a partire dagli anni ‘70 ha influito positivamente anche la constatazione dell’importanza che la pietà popolare aveva avuto nella cosiddetta “Chiesa del Silenzio”, sottomessa a “regimi di tipo totalitario e contrari ad ogni manifestazione pubblica della religione. Lì, ha aggiunto il cardinale Vegliò, questa pietà aveva offerto canali per trasmettere il messaggio evangelico e conservare la fede dei credenti. In questo processo di stimolo e orientamento, fondamentale il ruolo esercitato dal Magistero ecclesiale, il contributo dei vescovi latino americani. Paolo VI fu il primo a considerarla un mezzo di evangelizzazione e un elemento importante per la crescita spirituale dei cristiani. Da parte sua, il Beato Giovanni Paolo II, la definì “un canale privilegiato per l’unione con Dio e con gli altri e una testimonianza della fede cattolica che si fa cultura”. “Essa - ripeteva accresce la coscienza di appartenere alla Chiesa”. Sulla stessa linea si pone il Magistero di Benedetto XVI, come si coglie nei diversi interventi e nelle visite pastorali che il Papa ha realizzato ad importanti santuari. In questo contesto – dichiara il cardinale Vegliò - è giusto menzionare la Giornata delle Confraternite e della Pietà popolare, che avrà luogo il prossimo 5 maggio in occasione dell’Anno della Fede e darà modo di riflettere su alcuni spunti importanti perché anche oggi, la pietà religiosa, sia volta ad educare i fedeli alla maturità cristiana. In particolare rispetto ai pellegrinaggi, conclude, “bisogna cogliere la capacità di convocazione che li caratterizza; curare l’accoglienza che offriamo; aiutare il pellegrino a scoprire che il suo cammino ha una meta”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   L'uomo della pace: in prima pagina, intervista di Mario Ponzi all'arcivescovo Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato.

    Dalla parte dei bambini: in rilievo, nell'informazione internazionale, la risoluzione del Consiglio di scurezza dell'Onu, che si è schierato a difesa dei minori nelle zone di guerra.

    In cultura, un articolo di Miguel Delgado Galindo, sottosegretario del Pontificio Consiglio per i Laici, dal titolo "L'eterno ritorno del diritto naturale": a un anno dal discorso di Benedetto XVI al Bundestag.

    Intorno al dolore del mondo: su sant'Agostino e la lettura stoica del suicidio, anticipazione del saggio di Alessandro Ghisalberti nell'ultimo numero della rivista "Vita e Pensiero".

    Le undicimila lettere di Rosmini: Roberto Cutaia su una nuova edizione critica per l'epistolario del Roveretano.

    Un tenore verdiano in missione a Taipei: Silvia Guidi intervista Emanuele Angiola, giovane sacerdote e artista a confronto con le difficoltà della lingua cinese.

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    Oggi in Primo Piano



    Islam: al-Azhar apprezza parole di padre Lombardi sul rispetto dei simboli religiosi

    ◊   Si temono disordini in Francia in vista del venerdì di preghiera islamico e dopo la pubblicazione delle vignette satiriche su Maometto. Annullata a Parigi la manifestazione di protesta contro il film americano ritenuto blasfemo: duro il giudizio sulla pellicola da parte del segretario generale dell’Onu. Il servizio di Benedetta Capelli:

    Il sito Internet del settimanale satirico "Charlie Hebdo" è tornato attivo dopo l’attacco informatico di ieri. On-line, dunque, le vignette su Maometto che hanno causato accese polemiche e preoccupazione in vista, domani, del venerdì di preghiera islamico. La stessa Francia ha ordinato la chiusura delle sue ambasciate in almeno 20 Paesi, anche gli Stati Uniti hanno chiuso le sedi diplomatiche in Indonesia. In Afghanistan e in Pakistan, centinaia di persone hanno manifestato scandendo slogan antifrancesi e antiamericani, nel mirino infatti resta il film su Maometto ritenuto blasfemo. “Scandaloso e vergognoso” lo ha definito il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, che pur ribadendo il diritto inalienabile alla libertà di espressione ha lanciato un appello perché non diventi un pretesto per “umiliare gli altri nei loro valori e nel loro credo”. A Parigi, intanto, la polizia ha vietato la manifestazione, in programma sabato davanti la moschea della capitale, convocata per protestare contro il film americano. I Fratelli musulmani egiziani, dal canto loro, hanno ufficialmente chiesto al governo francese di assumere misure decise e urgenti contro il settimanale satirico. Dal Cairo è giunto poi l’apprezzamento di al-Azhar, prestigiosa istituzione dell’islam sunnita, all’appello per il rispetto dei valori, dei simboli e dei testi sacri levato da padre Federico Lombardi dopo l'attacco al consolato americano in Libia. “Parole significative”, ha replicato il direttore della Sala Stampa vaticana riferendosi alle affermazioni di al-Azhar. “E' particolarmente importante – ha aggiunto – che il Papa abbia affermato in Libano che vi è un'impostazione positiva dei rapporti fra cristiani e musulmani, una cosa particolarmente rilevante anche nell'attuale situazione”.

    Critiche e polemiche, da un lato, per le vignette su Maometto e sul film ritenuto blasfemo. Dall'altro, si parla pure di difesa della libertà di espressione. Su questi temi, Benedetta Capelli ha intervistato Renzo Guolo, docente di Sociologia delle religioni presso l'Università di Padova:

    R. – Si confrontano due diverse visioni, anche del mondo, rispetto alla libertà di espressione e invece la tutela delle religioni. Chi ha messo in onda il filmato sul profeta qualche settimana fa, o chi oggi ripropone le vignette su Maometto, va a violare il principio dell’etica della responsabilità a favore dell’etica della convinzione, più o meno discutibile che sia. Credo si possa sostanzialmente discutere di religioni, ma senza dileggiarle. Oltretutto, in un momento così difficile della congiuntura internazionale, è chiaro che questo significa soffiare sul fuoco. E’ difficile da comprendere per noi in Occidente, ma per buona parte del mondo islamico è assolutamente non comprensibile come dei governi non possano censurare la distribuzione di film o la pubblicazione di vignette. Evidentemente, qui ci riferiamo a un concetto di libertà molto diverso. Del resto, gli strumenti per opporsi ci possono essere. L’atteggiamento francese è quello che invita, chi si fosse sentito offeso, a procedere per via giudiziaria anziché appunto manifestare, un atteggiamento che fa riferimento ad una concezione liberale dei diritti. Si tratterà di capire appunto come queste due concezioni potranno trovare una composizione essenziale, la cui responsabilità sarà quella di affrontare questioni che riguardano la religione, al di là della questione islamica in sé, con appunto grande rispetto e attenzione. Dopo di che, tutto si può discutere.

    D. – Secondo alcune fonti, ci sarebbero diversi Paesi, anche la Lega Araba, l’Unione Africana, che stanno avviando dei contatti per rendere, ad esempio, la blasfemia, l’oltraggio e i simboli religiosi un crimine a livello planetario. Secondo lei, questa è una strada percorribile che potrebbe contrbuire ad allentare le tensioni?

    R. – Realisticamente, penso sia abbastanza complicato. Se pensiamo a un Paese come la Francia o come gli Stati Uniti, dove il primo emendamento della Costituzione garantisce la libertà di espressione totale – per cui quando il reverendo Jones brucia il Corano nessuna autorità può impedirglielo e al massimo può infliggergli una multa per incendio non autorizzato – si capisce come le concezioni della libertà siano parecchio diverse e una discussione di questo tipo rischia ancora una volta di produrre divisione. Ci sono però anche legislazioni che hanno strumentazioni diverse. Io penso che il quadro vada trovato all'interno di una legislazione nazionale, che permetta di distinguere nettamente ciò che è libertà di opinione da quello che invece è offesa gratuita.

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    Tornano al lavoro i minatori di Marikana, ma le tensioni non cessano

    ◊   Sudafrica. Sono tornati al lavoro i minatori di Marikana dopo l’accordo con la società Lonmin, che prevede un aumento del 22% del salario e un’indennità una tantum di 250 dollari per le sei settimane in cui è proseguito lo sciopero. Le attività di estrazione di platino, però, riprenderanno solo nei prossimi giorni. Un risultato importante, raggiunto anche grazie alla mediazione dei leder religiosi locali, che non ha fermato però le proteste nel resto del Paese. Ieri a Rustenburg, nel nord, una manifestazione è stata dispersa con la forza dalla polizia. Il servizio di Salvatore Sabatino:

    E’ accaduto ciò che tutti temevano. L’accordo raggiunto per i minatori di Marikana – il 22% di aumento salariale – sta provocando un pericolosissimo effetto domino, perché i lavoratori delle altre miniere chiedono, a questo punto, che i loro stipendi siano adeguati a quelli della Lonmin, la società proprietaria di Marikana. La situazione più critica si è vissuta ieri a Rustenburg, nel nord, dove la polizia ha fatto uso di proiettili di gomma, gas lacrimogeni e di granate per disperdere i manifestanti, che si erano riuniti ''in modo illegale'' nei pressi di una miniera del produttore numero uno di platino, Amplats. Un singolo episodio che racconta, però, uno stato di tensione permanente, che potrebbe far scoppiare proteste in altre miniere. Ed il timore è che possa ripetersi un bagno di sangue, così come a Marikana, dove a perdere la vita sono stati complessivamente, 45 minatori.

    In Sudafrica, il comparto delle miniere è uno dei più importanti per l’economia nazionale. Lo stesso presidente Zuma ha denunciato perdite per decine di milioni di euro in seguito agli scioperi delle ultime settimane. Quanto una situazione del genere può pesare sugli equilibri sociali ed economici del Paese? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Riccardo Moro, docente di Politiche dello sviluppo presso l’Università di Milano:

    R. – Sugli equilibri economici probabilmente fino a un certo punto, nel senso che sicuramente la risorsa mineraria per il Sudafrica è preziosa, com’è preziosa per tutta la parte meridionale dell’Africa – pensiamo solo al rame in Zambia – e tradizionalmente è stata la vita: l’economia cosiddetta “estrattivista” è la vita di questi Paesi, esattamente come lo è stato per i Paesi latino-americani. Negli ultimi anni, però, il Sudafrica ha vissuto un cambiamento molto, molto consistente e con un’espansione anche di molti altri settori, tant’è che il Sudafrica è – in qualche modo - il centro economico, commerciale e in parte anche produttivo per tutta la zona dell’Africa meridionale.

    D. - Ricordiamo, infatti, che il Sudafrica attira anche molti lavoratori dai Paesi limitrofi…

    R. – Esattamente. In Sudafrica ci sono le sedi regionali e continentali della maggior parte delle compagnie multinazionali che operano in Africa; il Sudafrica è il ponte – anche dal punto di vista dei trasporti, specie l’aeroporto di Johannesburg – per le relazioni intercontinentali con molte altre parti del mondo: dall’Oceania all’Asia, alla stessa America del Sud e al mondo arabo. Quindi non vive di sole miniere! Credo, però, che possa essere particolarmente importante dal punto di vista sociale: il fatto che la Polizia abbia, in un momento in cui le manifestazioni sono degenerate, sparato contro i manifestanti, ricordando il dolore che la Polizia aveva provocato all’epoca dell’Apartheid, ha un valore simbolico fortissimo; non per nulla da parte del governo e del presidente Zuma c’è stato un impegno molto notevole per cercare di ricreare un clima di stabilità. Ci sono state le mediazioni anche da parte dei leader religiosi.

    D. – Il ruolo di motore economico e politico che il Sudafrica svolge nel continente africano può essere messo in discussione da una macchia che resterà comunque nella storia di questo Paese, come l’eccidio di Marikana?

    R. – Il Sudafrica è stato oggettivamente un faro straordinario per tutto il mondo per come è riuscito ad uscire dalla situazione dell’Apartheid. I tre giganti che il Sudafrica ha avuto e che sono Mandela, Tutu e De Klerk – l’ultimo presidente bianco – hanno scelto un percorso di riconciliazione nazionale e che è un qualcosa che verrà ricordato, studiato e che servirà di esempio e stimolerà anche – ed io non esagero a dirlo – nei secoli successivi, perché è un esempio assolutamente non scontato di uscita pacifica da una situazione estremamente drammatica. Io credo che proprio per questa ragione il Sudafrica si trovi ad affrontare una sfida, che è nazionale in questo momento, che è quella di utilizzare lo stesso metodo e lo stesso percorso per risolvere questo problema. Detto questo, l’eccidio di Marikana– pur nella sua gravità – non credo che possa mettere in discussione il ruolo del Sudafrica nel continente.

    D. – Può essere un faro anche il fatto che i lavoratori abbiano preso coscienza della loro situazione e che siano riusciti poi, di fatto, ad ottenere l’innalzamento del tetto salariale?

    R. – Io credo assolutamente di sì. La questione della sindacalizzazione e del riconoscimento dei diritti dei lavoratori è una questione che pare antica in Europa, ma che non è di fatto antica in altre parti del Pianeta. In Sudafrica è ciò che sta avvenendo, estendendo sempre di più il numero di persone a cui le tutele sono riconosciute e garantite. Il fatto che questo Paese abbia risolto in modo così virtuoso e che sia uscito in modo così virtuoso dall’Apartheid, non significa che tutti i problemi siano risolti o che non ci siano ulteriori conflitti sociale. Credo che esistano però tutti gli strumenti per affrontarli, rinnovando appunto quella che è stata l’esperienza della costruzione del nuovo Sudafrica.

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    Allarme dell’Onu: I ribelli controllano vaste zone dell’est del Congo

    ◊   Allarme dell’Onu per la situazione in Repubblica Democratica del Congo. I ribelli del gruppo M 23, operativi nella regione orientale del Nord Kivu, avrebbero instaurato nella zona un governo di fatto', imponendo anche alla popolazione tasse e tributi. Lo ha rivelato, parlando al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, il segretario generale per le operazioni di peacekeeping, Herve Ladsous. Sui rischi che venga meno la sovranità di Kinshasa sul territorio congolese, Giancarlo La Vella ha intervistato Michele Luppi, giornalista esperto di Africa:

    R. – Questo sta accadendo, ma non è purtroppo una novità, nel senso che nella storia recente della Repubblica Democratica del Congo è capitato spesso che gruppi ribelli riuscissero a prendere possesso di ampie porzioni di territorio e, di fatto, a istituire quelle che sono una sorta di istituzioni parallele.

    D. – Ricordiamo qual è il motivo del contendere tra ribelli ed esercito di Kinshasa?

    R. – Diciamo che le motivazioni sono molte, nel senso che, oltre al gruppo M 23, sono decine i movimenti ribelli presenti nella regione, in lotta tra loro, in lotta con il governo centrale di Kinshasa e hanno, a seconda dei differenti gruppi di ribelli, anche il sostegno dei Paesi vicini. Per risalire alle origini diciamo che bisognerebbe andare indietro al genocidio del Rwanda e ancora prima. In particolare, con il genocidio del Rwanda, la fuga di quelli che erano parte dell’esercito ruandese, rifugiati nell’Est del Congo, ha dato vita a una destabilizzazione dell’area e quindi a una sorta di guerra di tutti contro tutti. Dietro, però, c’è anche il controllo delle risorse dell’est del Congo e quindi il tentativo da parte di questi gruppi di controllare le vie commerciali, le miniere di coltan, di oro, cassiterite e dei minerali che abbondano in questa regione. A completare il quadro, c’è l’impegno deficitario da parte del governo congolese, che non ha la forza di mantenere l’autorità su queste regioni.

    D. – Un coinvolgimento così grande può provocare un conflitto di vaste proporzioni?

    R. – L’idea di tornare ad un conflitto come quella che era stata definita la guerra mondiale africana è difficile da ipotizzare. Purtroppo, dal 1996 in poi il Congo e l’est del Congo, in particolare, hanno sperimentato una conflittualità continua, che ha conosciuto momenti di maggior tensione e momenti di minor tensione, ma che è sempre esistita.

    D. – Quali le ricadute a livello umanitario?

    R. – Le ricadute sono pesanti. L’Onu stima che da aprile, quando questa ribellione è ricominciata, gli sfollati, solo nella zona del Kivu siano oltre 250 mila. In tutta la Repubblica Democratica del Congo, ad oggi gli sfollati sono oltre due milioni. La situazione conflittuale e la presenza di gruppi ribelli impediscono, comunque, l’accesso delle agenzie umanitarie a molte regioni e impediscono, di fatto, lo sviluppo di questa terra, relegandola a una situazione di sottosviluppo, dove mancano tutti quelli che sono i servizi essenziali.


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    Decreto della Chiesa tedesca su quanti dichiarano all'anagrafe di non essere più cattolici

    ◊   La Conferenza episcopale tedesca ha pubblicato oggi un Decreto, approvato dalla Santa Sede, in cui si chiarisce che quanti tra i fedeli dichiarano all’anagrafe civile di non appartenere più alla Chiesa cattolica non potranno più partecipare in modo attivo alla vita della comunità ecclesiale e quindi alla vita sacramentale. Il servizio di Sergio Centofanti.

    Il nuovo Decreto, valido per la Germania, ribadisce che non si potrà più fare la distinzione tra appartenenza “civile” e appartenenza “spirituale” alla Chiesa cattolica. Da ricordare che in questo Paese vige un particolare sistema giuridico, che ha tra i suoi aspetti anche quello del finanziamento delle varie Chiese, secondo il quale il fedele di ogni comunità risulta iscritto all’anagrafe come appartenente ad una data confessione religiosa. Questa iscrizione comporta un contributo per il sostegno economico di quella Chiesa. Il Decreto entrerà in vigore dal prossimo 24 settembre. Il segretario generale della Conferenza episcopale, il padre gesuita Hans Langendoerfer, spiega ai microfoni dei nostri colleghi tedeschi dell’emittente Domradio, quale importanza abbia il nuovo Decreto:

    R. – “Innanzitutto si tratta di una dichiarazione precisa. Chi chiede all’anagrafe di cancellare la sua appartenenza alla Chiesa cattolica non farà più parte in nessun modo della comunità ecclesiale. Non si può fuoriuscire dalla dimensione “civile” della Chiesa e definirsi al medesimo tempo cattolico. Questo è il punto fondamentale del Decreto. Questa, tra l’altro, è stata da sempre la posizione della Conferenza episcopale e siamo contenti che ora sia anche scritto e approvato in modo ufficiale. Qui sta la differenza con il passato: ora il parroco dovrà occuparsi direttamente di chi intende abbandonare la Chiesa. Con questo documento vogliamo dimostrare di occuparci anche di coloro che non vogliono più far parte della Chiesa.”

    D. - Come si procederà, dunque, con coloro che vogliono uscire dalla Chiesa cattolica in Germania?

    R. - “Coloro che chiederanno di essere cancellati come cattolici dall’anagrafe, riceveranno una lettera dal parroco della loro zona. Si chiederà loro un incontro e un colloquio. Si cercherà di capire in questo dialogo le motivazioni che hanno indotto a una tale decisione. Si spiegherà anche quali saranno le conseguenze collegate alla fuoriuscita. Ovviamente, i sacerdoti cercheranno di far cambiare idea a queste persone, così da poter loro dare la possibilità di partecipare alla vita della Chiesa, con annessi i doveri”.

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    "Giovani europei per un mondo senza violenza": il pellegrinaggio di Sant'Egidio al via oggi in Polonia

    ◊   Prende il via oggi pomeriggio in Polonia l’incontro internazionale: “Giovani europei per un mondo senza violenza”, promosso dalla Comunità di Sant’Egidio. I giovani, per tre giorni, rifletteranno sulla pace nei pressi di un luogo simbolo dell’orrore: il campo di sterminio di Auschwitz, qui si terrà anche una celebrazione e la proclamazione in varie lingue dell’appello per un mondo senza violenza. Al microfono di Benedetta Capelli il portavoce della Comunità di Sant'Egidio, Mario Marazziti:

    R. – E’ un grande pellegrinaggio, offerto ai giovani europei dell’Est Europa, laddove c’è stata forte, e c’è forte, la tentazione di identificare capri espiatori. I pogrom, i pogrom contro gli ebrei, sono qualcosa di molto forte nella storia dei Paesi dell’Europa dell’Est. E c’è in questi ultimi anni più di un segnale di antisemitismo crescente, ricorrente, come se ci fossero dei mondi che hanno vissuto molto meno il percorso che il mondo occidentale ha fatto di riflessione sullo sterminio degli ebrei, sull’intolleranza assoluta e sulla capacità di vivere insieme. C’è un mondo dell’Est, dove in particolare i giovani hanno maturato e maturano meno anticorpi di fronte alla tentazione di identificare nemici. Quindi, la Comunità di Sant’Egidio ha deciso di mettersi a parlare, a parlare con migliaia e migliaia di giovani in tutti i Paesi dell’Europa dell’Est, soprattutto nelle Università. Per la terza volta ci sarà questo grande pellegrinaggio, che è anche una grande festa d’incontro di nuovi europei, che dall’Est incontreranno l’esperienza drammatica assoluta di Auschwitz, le testimonianze vere di alcuni sopravvissuti. Si avrà anche la testimonianza di chi da zingara ha subito gli esperimenti medici nazisti e si faranno incontri con personalità spirituali. Credo, dunque, sia un grande evento evangelico, spirituale e culturale, perché noi dobbiamo provare a coniugare fede e ragione.

    D. – Tra l’altro, attraverso il valore della memoria, si può arginare quella tendenza che c’è alle discriminazioni, soprattutto in quella parte d’Europa, dove appunto gli estremismi, anche a livello politico stanno proliferando...

    R. – Nei tempi di crisi economica, la tentazione di identificare le minoranze colpevoli di tutto è sempre stata forte. Quello che in passato si scaricava sugli ebrei, forse oggi si scarica più sugli immigrati. Di certo, però, c’è anche un problema specifico, che è di antisemitismo non scomparso, almeno quanto dovrebbe, nell’Europa dell’Est. Quindi, abbiamo classi politiche, dirigenti politici, che utilizzano questi argomenti in maniera abbastanza volgare in questa fase. Non è impossibile cambiare questa tendenza. Io credo, però, che questo pellegrinaggio sia anche un modo per maturare ragioni non solo sull’antisemitismo, ma a favore di tutti gli altri, di tutte le minoranze, cioè noi dobbiamo per forza e per necessità – anche perché è l’unica cosa giusta da fare – imparare a vivere con gli altri. Quindi, non c’è nessuna minoranza, nessuna differenza che può diventare occasione di scontro. Noi dobbiamo essere tutti diversi: siamo tutti diversi e siamo tutti uguali. Essere diversi non è una ragione per scontrarsi, ma una ragione per vivere insieme, magari un po’ meno annoiati.

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    Fondi Pdl: per la procura gestione "caotica". L'opinione dell'Azione Cattolica

    ◊   La gestione dei fondi del finanziamento pubblico che finiva nelle casse dei gruppi consiliari della Regione Lazio era "senza controllo", "spesso caotica", e con violazioni di legge. E' quanto emerge dagli accertamenti degli inquirenti della Procura di Roma che ieri hanno ascoltato per sette ore l'ex capogruppo del Pdl alla Pisana, Franco Fiorito. Intanto, si è dimesso il capogruppo del Pdl alla Regionale Lazio Francesco Battistoni. Alessandro Guarasci ha chiesto un commento a Franco Miano, presidente dell’Azione Cattolica:

    R. – Sicuramente, è l’espressione di una crisi veramente grande. I cittadini - in questo anche noi come Azione Cattolica - e tutte le persone impegnate seriamente e sinceramente credo siano sempre più disorientate rispetto a quanto viene fuori dalla politica. Ritengo che tante persone dovrebbero fare un passo indietro e sicuramente dovremmo incentivare la lotta alla corruzione.

    D. – Lei parla di passi indietro, questo vuol dire che la Polverini si deve dimettere, secondo lei?

    R. – Io non entro, anche per la caratteristica dell’Azione Cattolica, in uno specifico della congiuntura del momento. Dico che per quanto riguarda le situazioni della vita politica, queste richiedono la più grande trasparenza possibile. Questo vale sempre, ma in un tempo di crisi e di difficoltà per tutti vale ancora di più. Mi riferisco anche, per esempio, a questioni più generali: penso al limite dei mandati parlamentari, penso al fatto che bisognerebbe far sì che vi sia un effettivo ricambio dal punto di vista della classe dirigente, dal punto di vista dei partiti.

    D. – Quello che è successo in questi giorni al Pdl del Lazio in passato è avvenuto anche per altri partiti. Secondo lei, serve una certificazione dei bilanci dei partiti?

    R. – Sicuramente, sarebbe utile. Io non vedo perché non si debbano sottoporre anche a questo vincolo i partiti politici, che dovrebbero essere l’esempio della trasparenza e quindi non dovrebbero in nessun modo avere timore di ogni forma di controllo.

    D. – Ma non c’è anche il rischio che ormai la politica si faccia solo con i soldi e sempre meno con le proposte concrete?

    R. – Io credo che prima di tutto la politica debba farsi con le proposte concrete. Naturalmente, quelli che sono soldi pubblici, proprio per la concretezza delle proposte, vanno spesi in modo pubblico e vanno quindi adeguatamente documentati. Bisogna recuperare i contenuti fondamentali della politica, questioni legate al lavoro, ma anche questioni legate alla riforma della legge elettorale, questioni legate alla riforma dei partiti. Voglio mettere in luce tutto l’impegno, il lavorio che il mondo cattolico in questo momento sta cercando di fare sul versante formativo proprio nella speranza di poter contribuire al rinnovamento del nostro Paese.

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    Aleteia: lanciato un network internazionale di media cattolici

    ◊   Oltre mille associati tra media, istituzioni cattoliche e movimenti da tutto il mondo. Aleteia.org: il nome del “Network internazionale cattolico di condivisione e dialogo su questioni di fede, vita e società per i cercatori di verità”, promosso dalla Fondazione per l’Evangelizzazione attraverso i media. Un anno fa l’idea, oggi il lancio ufficiale del sito di Aleteia, in una conferenza stampa a Roma. Il servizio di Roberta Gisotti:

    Parla in sei lingue il nuovo network cattolico: italiano, inglese, francese, portoghese, arabo e in futuro parlerà anche cinese. Jesus Colina, giornalista spagnolo, presidente di Aleteia, già direttore dell’agenzia Zenit:

    R. - Oggi ci sono ogni mese 55 milioni di ricerche su Dio in inglese, God. Ma cosa trova la gente? La rappresentatività dei siti cattolici e delle loro produzioni non è ancora molto elevata. Su Google e sugli altri motori di ricerca noi vogliamo far apparire nelle prime schermate le belle produzioni, le perle che i siti cattolici generano ogni giorno.

    D. – Un traguardo da qui ad un anno?

    R. – Prima di tutto che i siti cattolici ci considerino come la loro rete, che si sentano a casa, perché vedono in noi quel megafono che crea loro nuovi canali di visibilità nei motori di ricerca e nelle reti sociali.

    Il network sarà supportato da un servizio di raccolta pubblicitaria, Ad Ethic. Andrea Salvati, direttore generale di Aleteia, già dirigente di Google-Italia:

    R. Così come Aleteia rappresenta il network di tutti i siti cattolici mondiali per la valorizzazione dei loro contenuti, Ad Ethic sarà il network che li aiuterà a valorizzare le loro audience in termini pubblicitari.

    D. – Questa è una novità nel mondo cattolico?

    R. – E’ un’assoluta novità, perché in questo momento direi che il mondo cattolico è quasi completamente escluso dalla "torta pubblicitaria" online, che è una torta in crescita, che sta andando molto bene, in controtendenza rispetto alle dinamiche di contrazione del mercato pubblicitario, e nella quale appunto i siti cattolici oggi non hanno ancora una voce importante, anzi direi piuttosto marginale.

    D. – Nel passato c’è stata qualche remora a rivolgersi al mondo della pubblicità. Oggi invece si intuiscono le opportunità per un servizio di promozione...

    R. – C’è un fatto assolutamente nuovo che ci rende fiduciosi in questo nuovo corso: la misurabilità del web consente oggi di poter avere con facilità possibilità di accesso ad una pubblicità mirata, qualificata e selezionata, soprattutto se si è organizzati, quindi se si riesce a rappresentare una massa critica importante. Questa è una garanzia per gli editori cattolici, perché naturalmente potranno ospitare sulle loro pagine sia pubblicità referenti al mondo cattolico, ma anche pubblicità referenti al mondo laico, per le quali però possono comunque avere un filtro dal punto di vista della categoria merceologica o dal punto di vista della creatività. E’ proprio il caso di dire, in questo caso, l’unione fa la forza: dove c’è unione vuol dire che c’è massa critica, ci sono audience da valorizzare e c’è peso contrattuale che possiamo portare su tutti i network che distribuiscono la pubblicità online.

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    Una sola carne nell’unione coniugale: convegno al Pontificio Istituto Giovanni Paolo II

    ◊   “Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne”. Parte da questo versetto del libro della Genesi (Gen 2,24 ) la riflessione del colloquio internazionale “Una caro: il linguaggio del corpo e l’unione coniugale”, che si tiene oggi e domani presso il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per gli studi su matrimonio e famiglia, a Roma. Professori di diverse università del mondo si confrontano sulla specificità dell’unione coniugale. Quale è l’importanza e l’attualità di questo tema? Debora Donnini lo ha chiesto al professore don José Granados, vicepresidente del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II:

    R. – L’importanza di questo tema è il significato di questo tipo di unione “una caro” - espressione biblica che significa l’unione coniugale - in un mondo in cui le relazioni sono molto deboli. Si pensa all’unione sessuale come a un qualcosa che vale per oggi, ma non per domani. Si pensa a quelle che si chiamano “relazioni liquide”, che dipendono solo dalla volontà dei due soggetti e non si capisce che ci sono tipi di unioni che fanno più grande la vita. Il termine “una caro” nella Bibbia ha questa forza: unisce tutte le dimensioni della persona – la sessualità, l’affettività, la consegna di sé – riuscendo a creare una vita che dura. Penso sia decisivo, in una società di relazioni molto fragili, vedere come l’“una caro” è l’unità che consente di vedere “il racconto” di tutta una vita.

    D. – In che senso l’essere "una sola carne" si compie in modo reale nel matrimonio cristiano?

    R. – E’ un aspetto molto importante come questo tipo di unione, che include l’unione sessuale, quando è vissuta in pienezza rimandi a Dio, perché è Dio che ha unito. E' la risposta di Gesù ai Farisei: “Ciò che Dio ha unito”. Dicevano i rabbini che Dio ha impiegato più forza nell’unire l’uomo e la donna che nel dividere il Mar Rosso in due parti. E questo perché è un’unione che avviene tramite la nostra libertà e questa è la nostra grandezza: Dio ci unisce, ma anche l’uomo e la donna si uniscono e questo prepara per questa unione più grande, che è quella di Cristo e la Chiesa, che è la pienezza della rivelazione cristiana e che dà un senso tutto singolare a questa unione. E’ unione in cui l’uomo e la donna possono scambiarsi loro stessi e nel loro scambio anche il dono di Dio. Possono “dare Dio all’altro”: questa è la pienezza di questa unione nella visione cristiana.

    D. – Una delle relazioni, quella del prof. Carlos Granados della Facoltà di Teologia di San Damaso a Madrid, metteva proprio in rilievo il parallelo fra Genesi 2,24 e il Cantico dei Cantici, sottolineando come l’“una caro” – una sola carne – rimandi anche al tema di un’unione che è segno di un’alleanza, ma anche un’unione che si compie nella carne e quindi in un luogo fragile. Cosa l’ha colpita di più di questo suo intervento?

    R. – Penso sia stato capace di prendere il testo biblico e di capire la profondità di questo termine – “carne” – che non è soltanto il corpo come oggetto, ma il corpo vissuto, il corpo personale: il mio corpo ha un nome ed è la mia presenza nel mondo. La carne, l’essere nella carne, è la capacità di relazioni con gli altri e con Dio. In questa fragilità, la vita si apre a un altro e così diventa più grande. Penso che la nostra società abbia paura di questa fragilità. E’ una fragilità che è recettività, “riceversi” da un altro, ed è per questo che è molto unita al concetto di creazione. La carne è una testimonianza – diceva Giovanni Paolo II – del dono originario che Dio ci ha fatto, che è il dono della vita. L’uomo e la donna raggiungono un’unità nello spirito tramite la vita concreta e questo si riferisce al mistero dell’Incarnazione. E’ tramite la fragilità della nostra vita che Dio mostra la sua forza e quindi, anche attraverso la vita concreta, giorno dopo giorno, attraverso l’educazione dei figli… Non si deve lasciare la carne per arrivare a quest’unità nello spirito, perché lo spirito è l’amore, la carne è l’apertura all’amore.

    D. – Come si declina questo convegno?

    R. – Si trattava di vedere la ricchezza di quest’unione in “una caro”, che non è semplicemente un’unione sessuale, perché questa non dura, la include ma in una dimensione molto più grande. E’ prima un’unione tra due persone, un’unione interpersonale dell’uomo e della donna, e quindi come tale è un dono di sé all’altro, che si apre poi verso il Creatore: è Lui che ha creato la carne, che ha creato la differenza sessuale, è Lui che unisce l’uomo e la donna. Quindi, si tratta di una dimensione trascendente che poi – questo è il terzo momento – genera altri rapporti: prima di tutto la fecondità – l’“una caro” diventa un terzo, il figlio – ma anche i rapporti sociali. E’ molto importante per noi che il matrimonio sia fondamento della società: non è una questione privata, ma è la contribuzione a costruire una società forte e quindi genera capitale sociale. Per ultimo, vedremo la pienezza che questo ha nella vita cristiana e come questo “una caro” si riferisca al grande mistero di Cristo e della Chiesa e quindi essenziale per capire tutto il cristianesimo: il Sacramento del Matrimonio non è l’ultimo tra i Sacramenti, ma è un Sacramento strategico per farci capire come Dio si dona nel corpo, che è la logica di tutti i Sacramenti.

    Quale è il messaggio di questo convegno per le famiglie di oggi? Debora Donnini lo ha chiesto a mons. Jean Laffitte, segretario del Pontificio Consiglio per la Famiglia:

    R. - “Una caro” si riferisce a un’espressione biblica, oggetto di tanti approfondimenti. Oggi è necessario ripensare il tema, approfondirlo, perché lo si può comprendere da varie prospettive. In un momento in cui assistiamo a una vera banalizzazione della sessualità, è necessario vedere la ricchezza che porta questo sintagma: “una caro”. Per questo motivo, il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II ha organizzato questo colloquio – in collaborazione con la Congregazione per la Dottrina della Fede – proprio per poter vedere vari aspetti. Il primo aspetto è quello rivolto alle famiglie: l’unione coniugale degli sposi è un‘unione interpersonale, non è solo un atto dettato dall’istinto, dal puro desiderio o da altre finalità. Questa unione interpersonale si riferisce non solo a tutti i dinamismi spirituali, emotivi, affettivi, fisici di ciascuno degli sposi, ma viene interpretata anche come una “chiamata”. Esiste una “chiamata” all’amore, alla quale possono rispondere quelli che sono attenti alla ricchezza di senso. La ricchezza che è offerta nella complementarietà sessuale è in questo desiderio di far sì che l’unione sessuale sia un autentico e mutuo dono di sé, aperto verso qualcosa di più grande, che va al di là e che è quest'apertura alla fecondità.

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    Loppianolab 2012: esperti e cittadini in dialogo per contribuire a rigenerare l'Italia

    ◊   Un laboratorio per concorrere a rigenerare l’Italia e l’Europa che si costruisce con il contributo di tutti, esperti e cittadini: si tratta di Loppianolab 2012 da oggi e fino a domenica nella cittadella del Movimento dei Focolari, vicino a Firenze. 15 gli ambiti di confronto organizzati tra cui lavoro, legalità, politica, ambiente e sanità. L’evento, alla sua terza edizione, è promosso da Città Nuova editrice, dall’Istituto universitario Sophia di Loppiano e dal Polo Lionello Bonfanti. Adriana Masotti ha intervistato Daniela Ropelato, docente di scienza politica all’Istituto Sophia.

    R. – Se dobbiamo provare a dare una definizione di Loppianolab penso che la parola che più ci soddisfa è quella di cantiere, un luogo in cui possiamo impegnarci tutti su questo tema: la risposta alla sfida che l’Italia sta vivendo in questi mesi, in questi anni, che non è soltanto crisi economica, crisi politica, ma soprattutto è una crisi di identità, di punti di riferimento. Il nostro obiettivo sarebbe quello di proporre piste di ricerca che logicamente sono soprattutto sul piano della cultura, dell’orientamento. Le risposte operative verranno nel momento in cui capiremo come fare a metterci insieme e a costruire sempre di più sinergie: quindi non tanto qualcuno dal palco che detta linee, ma una serie di laboratori in cui il metodo sia soprattutto quello del seminario in cui siamo sempre e costantemente aperti al concorso degli altri.

    D. – I laboratori saranno 15, si parlerà anche di economia…

    R. – Il tema specifico di questa terza edizione di Loppianolab è il tema del lavoro. Abbiamo la fortuna di avere fra i partner di Loppianolab il Polo Lionello Bonfanti, il polo imprenditoriale per l’Italia che riunisce le aziende dell’Economia di comunione, che dà visibilità a questo progetto di un agire economico orientato in senso sociale, e che oggi offre un punto di riferimento a più di 230 imprese italiane che vi aderiscono. E’ in questa linea, sul piano dell’esperienza oltre che della teorizzazione, che si tenterà di fare un passo avanti.

    D. – Momenti importanti saranno quelli dedicati ai giovani e al confronto con loro sui temi del lavoro ma anche della politica, dello sviluppo sostenibile…

    R. - Per noi i giovani sono la risorsa principale. Un luogo che dirà in modo evidente questa responsabilità di tutti i giovani in questa ripresa dell’Italia sarà il seminario delle scuole di partecipazione del Movimento politico per l’unità, una rete ormai di più di venti scuole che si sono aperte in Italia in questi anni, in cui gruppi di giovani si riuniscono periodicamente per approfondire temi di cittadinanza, di responsabilità alla vita comune, di partecipazione. Tutti questi giovani e tutta questa rete ha deciso di scegliere Loppianolab come luogo dove ritrovarsi insieme e fare il punto della situazione. Si parlerà anche di riforma elettorale, della riforma del sistema dei partiti.

    D. - Tra i promotori di Loppianolab c’è anche Città Nuova, l’editrice del Movimento dei focolari. Qual è il contributo offerto da Città Nuova?

    R. – Certamente è uno dei partner forti di questa iniziativa. In fondo Loppianolab è nata proprio per l’esigenza di dare sempre più forza e visibilità anche alla sua rete di diffusione, alla sua proposta culturale. Oggi anche il mondo della comunicazione su carta, on line, subisce gravissimi problemi, come tutti sappiamo. Ma siamo convinti che una risposta ai problemi, per esempio, anche dell’editoria e della stampa nascerà in relazione con gli altri mondi. Un altro dei soggetti protagonisti di Loppianolab è l’Istituto universitario Sophia che si trova presso la cittadella di Loppiano. Certamente la crisi in corso non può essere risolta in modo isolato dentro ciascuna di queste realtà, ma attraverso la scoperta e il potenziamento delle relazioni fra questi ambiti della vita sociale. Perciò siamo convinti che il gruppo editoriale, in relazione al Polo dell’Economia di comunione, in relazione all’Istituto universitario Sofia e alla cittadella, a questo modello di città che è Loppiano, possano offrire piste di proposta e di sperimentazione valide anche oggi, tanto più oggi.

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    Il cardinale Ruini: non confondere attualità con conformismo, la Chiesa indica la strada del futuro

    ◊   Un tentativo "di rendere accessibile a molti, credenti e non, la questione di Dio nel contesto della cultura di oggi", per "indicare i motivi per i quali credere che Dio c'è e che si interessa di noi, ci ama e ci salva". Così il cardinale Camillo Ruini definisce la sua "Intervista su Dio", libro (edito da Mondadori) scritto con Andrea Galli, giornalista di Avvenire, e presentato ieri in Campidoglio. Con gli autori ne hanno discusso mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, il filosofo Massimo Cacciari, e i giornalisti Giuliano Ferrara e Dino Boffo. Nel volume si parla anche del credere nella Chiesa. E la nostra collega Laura De Luca ha intervistato il porporato, chiedendogli una riflessione sulla Chiesa, a partire dall’ultima intervista rilasciata dal cardinale Carlo Maria Martini, in cui si parla di una Chiesa in ritardo sui tempi. Questa la risposta del cardinale Camillo Ruini:

    R. – Credo ci sia una parte di verità in quest’affermazione del ritardo della Chiesa. Parte di verità che è stata evidenziata dal Concilio Vaticano II, che ha inteso rimediare – e secondo me, nella sostanza ha rimediato – a questo ritardo e che possiamo interpretare così. Alla fine del Rinascimento, con la nascita delle scienze moderne e anche con la frattura religiosa tra cattolici e protestanti in Europa, per varie ragioni, la Chiesa ha faticato a tenere il passo con i tempi che cambiavano e si è creato un atteggiamento antimoderno nella Chiesa, per cui ciò che era moderno era visto come negativo. Il Concilio Vaticano II, non per caso, ma dopo tutta la preparazione che c’era stata, ha modificato radicalmente questo giudizio, dicendo: “No, la Chiesa è mandata ad ogni tempo e la Chiesa deve rispondere alle domande e alle esigenze di ogni tempo”, e in un certo senso indicava la strada del futuro. Mi ricordo bene il discorso di Giovanni Paolo II a Loreto, nel 1985, quando diceva che il cristianesimo deve ricominciare e continuare ad indicare la strada del futuro. E questa è una sfida anche oggi. Io non sono così pessimista sul ritardo generale della Chiesa, sono sfide e sono difficili anche perché il tempo di oggi è il tempo del mutamento, in cui tutto cambia, e noi non possiamo semplicemente adeguarci al mutamento.

    D. – Dobbiamo costruirlo, possibilmente...

    R. – Non solo, ma abbiamo qualcosa che è al di là del mutamento, che è Dio, che è Gesù Cristo, che deve ispirarci anche nello stare nel cambiamento. C’è poi un’altra “disattualità” della Chiesa, che riguarda anche Pietro e Paolo e addirittura Gesù Cristo. Come lei sa, Gesù Cristo è morto in croce, il che vuol dire che non era considerato tanto attuale, tanto alla moda, tanto ben visto, e come lei sa il cristianesimo, per affermarsi, ci ha messo tre secoli, nei quali è stato perseguitato, e nel secolo XX e ancora adesso, purtroppo, all’inizio del nostro secolo, il cristianesimo è di nuovo molto perseguitato in varie parti del mondo, per varie ragioni. Prima, lo era per il comunismo, adesso per altre tendenze. Ora, questa “disattualità” è perenne nel cristianesimo. Perché? Perché il cristianesimo non è mai stato adeguamento al tempo. Le faccio un esempio. Quando dal mondo ebraico il cristianesimo è entrato nel mondo greco-romano ha preteso un cambiamento radicale dei costumi. A tante cose – a cominciare dal divorzio, dall’aborto - di cui si parla anche oggi, che nel mondo greco-romano erano praticate largamente - come l’infedeltà coniugale - il cristianesimo ha detto basta e ci ha messo secoli a convincere la gente che – pur rimanendo l’uomo peccatore – almeno in linea di principio era meglio voltare pagina. E questo deve fare sempre. Così ha fatto con i popoli barbari: quando i popoli barbari si sono convertiti al cristianesimo, non ha detto “bene, bene, voi continuate come prima” ma “cambiate i vostri costumi”. E deve fare questo anche adesso. Deve farlo sempre. Quindi, c’è, da una parte, la necessità di essere attuali, rispondere alle domande di oggi; dall’altra parte, non si deve confondere l’attualità con il conformismo: conformarsi alle domande di oggi, alle mode di oggi.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Francia: contro le vignette satiriche appello congiunto di vescovi e leader musulmani

    ◊   Di fronte al clima di tensione crescente in Francia in seguito alla pubblicazione di alcune vignette satiriche su Maometto sul settimanale satirico Charlie Hebdo, il vescovo Michel Dubost, presidente del Consiglio per le relazioni interreligiose dei vescovi francesi, e Mohammed Moussaoui, presidente del Consiglio francese del Culto musulmano, hanno rilanciato ieri un appello congiunto perché la Nazione non dimentichi che “la libertà si mette in pericolo se dimentica il principio della fraternità e il rispetto dell’uguale dignità”. “La Repubblica francese - si legge nel messaggio ripreso dall'agenzia Sir - ha come sua divisa: la libertà, l’uguaglianza, la fraternità. Noi difendiamo la libertà e, in particolare sosteniamo la libertà di espressione nel rispetto del legge”. Ma “davanti alle offese, alle divisioni, alle caricature, ai film e ai reportage unilaterali, sprezzanti e violenti, non possiamo non richiamare tutti alla coscienza e alla responsabilità e lanciare un appello: Francia, che fai tu per rispettare l’altro? Che fai tu per la fraternità? Noi vogliamo vivere insieme, facciamo in modo che questo sia possibile!”. (R.P.)

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    La Chiesa in Tunisia condanna le offese e invita alla coesistenza pacifica

    ◊   Un appello della Chiesa tunisina di condanna delle offese, ritenute “gravi e ingiustificabili” che si sono abbattute sul popolo musulmano, tunisino e non solo, e che “sono divenute l’occasione di un pericoloso e tragico aumento della tensione e della violenza”. È quanto si legge in un comunicato, riportato dall’agenzia Fides, firmato da mons. Maroun Laham, arcivescovo amministratore apostolico di Tunisi, e da padre Nicholas Lhernould, vicario generale, in riferimento alla situazione degli ultimi giorni che si è venuta a creare in tutti i Paesi islamici. “Di fronte a questa situazione – si legge nel comunicato – la Chiesa cattolica in Tunisia esprime la sua ferma opposizione a ogni forma di provocazione e di violenza. Fa appello al rispetto di tutte le fedi, dei loro rappresentanti e dei loro simboli”. “In solidarietà con tutti gli uomini e le donne di buona volontà, la Chiesa cattolica in Tunisia – conclude il comunicato – riafferma il suo deciso impegno per il rispetto, l’incontro e il dialogo tra le persone, le culture e le religioni, come fondamento di ogni libertà e della coesistenza pacifica tra i popoli”. (L.P.)

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    Siria: preoccupazione dell'Onu per l'esito della mediazione di Brahimi

    ◊   In Siria le ultime speranze per fermare il sanguinoso conflitto tra esercito e milizie dell’opposizione vengono affidate al tentativo diplomatico del mediatore di Onu e Lega Araba, Brahimi. Dal canto suo il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon ha dichiarato che non vi è soluzione militare al conflitto siriano, anche se governo e ribelli stanno usando tutte le forze per vincere sull'altro. Parlando ad una conferenza stampa prima della nuova sessione dell'Assemblea generale Onu, Ban Ki-moon si è detto "preoccupato" per il fatto che 18 mesi di lotta contro Assad non hanno portato ad alcuna via di uscita. "Penso che i mezzi militari non porteranno ad alcuna risposta", ha aggiunto, rilanciando ancora una volta "un dialogo politico che rifletta le genuine aspirazioni e la volontà del popolo siriano". Secondo l'Onu, la guerra in Siria ha già fatto oltre 20mila morti. Proprio ieri - riferisce l'agenzia AsiaNews - Bashar el Assad ha ricevuto in visita Ali Akbar Salehi, ministro iraniano degli esteri, il quale ha ribadito che "la soluzione al conflitto si trova solo in Siria e solo nella famiglia siriana". Intanto, sul campo si registra sempre un'escalation delle violenze. Ieri, l'opposizione ha attaccato la periferia sud-ovest di Damasco e altri distretti a nord e a sud. Le truppe governative hanno risposto con raffiche e razzi lanciati da elicotteri, facendo almeno 20 morti. I ribelli accusano l'esercito di distruggere e bruciare case; i media governativi esaltano le azioni contro "gruppi terroristi armati". Da segnalare anche l'operazione dell'esercito siriano contro un gruppo di combattenti afghani a Bustan al-Qaser, nella provincia di Aleppo, nel nord del Paese dove sarebbero stati uccisi oltre 100 miliziani. Vi è anche un'escalation nelle forniture di armi. Il dipartimento di Stato Usa ha rivelato che 117 aerei iraniani sono arrivati a Damasco. Ufficialmente essi trasportano "beni umanitari", ma secondo gli Stati Uniti essi trasportano armi. Armi e denaro ai ribelli sono invece profusi da Arabia saudita e Qatar; Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna offrirebbero loro materiale logistico ma non armi. Infine in Siria l’anno scolastico dovrebbe iniziare questa settimana, ma la realtà della guerra civile - riporta l'agenzia Fides - non permette a migliaia di bambini di frequentare le lezioni. Oltre 2 mila delle 22 mila scuole del Paese sono state danneggiate o distrutte. Intanto il governo libanese sta lavorando per cercare una sistemazione nelle scuole pubbliche per 32 mila piccoli profughi. Nel campo Zaatari, in Giordania, l’Unicef è impegnata nella costruzione di una scuola per oltre 5 mila studenti. (G.L.V.)

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    Amman: si conclude oggi la riunione dei vescovi latini delle regioni arabe

    ◊   L’Instrumentum Laboris sulla Nuova evangelizzazione e l’Esortazione apostolica al centro dei lavori della Conferenza dei Vescovi Latini delle Regioni Arabe (Celra) riunita da martedì sera, fino a oggi, ad Amman, in Giordania. Dopo il saluto di benvenuto del patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, ieri mattina si è svolta una tavola rotonda dedicata allo scambio di informazioni sulla situazione dei Paesi arabi che compongono la Celra e le loro diocesi. Il pomeriggio è stato dedicato principalmente all’Instrumentum laboris sulla Nuova evangelizzazione, si legge sul portale www.lpj.org. La giornata di oggi, è iniziata con un richiamo su ciò che è necessario custodire della recente visita del Papa in Libano. Nel pomeriggio, i vescovi della Celra si recheranno all’Università americana di Madaba, poi compiranno un pellegrinaggio sul monte Nebo sul tema: “Uno sguardo di fede e di speranza per il futuro”. Infine è prevista una preghiera di suffragio per tutte le vittime delle sofferenze nei Paesi arabi. Nel corso dei lavori il presidente della Celra, il patriarca Twal, parlerà ampiamente dell’Esortazione apostolica consegnata dal Papa la scorsa domenica a Beirut. “Oggi, nell’ambito dell’anno della fede, che sottolinea il 50° anniversario del Vaticano II, noi abbiamo bisogno di una fede solida, caratteristica dei martiri” ha detto il Patriarca latino di Gerusalemme per il quale le sfide che le Chiese mediorientali devono affrontare sono quelle della fedeltà a Cristo e alla Chiesa da lui fondata, la comunione e la testimonianza. Punti già toccati dal Sinodo per il Medio Oriente - svoltosi a Roma dal 10 al 24 ottobre 2010 - e che saranno sviluppati anche da quello sulla Nuova evangelizzazione, in programma, sempre a Roma, dal 7 al 28 ottobre. Il patriarca Twal ha ricordato la missione delle Chiese del Medio Oriente “è chiamata a misurarsi coi cambiamenti dovuti al progresso che si traducono in una cresciuta diffidenza nei confronti di ciò che … è stato trasmesso, o addirittura in una indifferenza totale a ciò che la Chiesa propone ”, una missione, ha evidenziato il patriarca, che “è compito di ogni battezzato”. Per il Patriarca occorre insistere su quattro punti: la riscoperta della fede della prima comunità cristiana (ripartire da Gerusalemme; tornare alla Parola di Dio incarnata e alle sorgenti apostoliche); il chiarimento della percezione dei cambiamenti nella società che sollecitano il modo di credere; l’analisi degli strumenti a disposizione per la trasmissione della fede perché possano essere utilizzati al meglio; una buona conoscenza del nuovo contesto (la Primavera araba) nel quale viene annunciata la fede. (T.C.)

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    E’ operativa “Baobab”, una rete che collega tutti i membri delle Caritas nel mondo

    ◊   Il presidente di Caritas Internationalis, il cardinale Oscar Rodriguez Maradiaga, ha lanciato una nuova piattaforma interna sul web chiamata "Caritas Baobab", attraverso cui i membri della Caritas di tutto il mondo saranno in grado di connettersi tra loro e di lavorare insieme. Questa rete infatti collegherà lo staff di oltre 160 Paesi, facendo progredire il sistema di comunicazione della Caritas e la sua capacità di rispondere tempestivamente alle catastrofi naturali e alle altre emergenze, di coordinare le iniziative e condividere le risorse. Nella nota inviata dal Celam (Consiglio delle Conferenze Episcopali dell’Anerica Latina) all’agenzia Fides, si leggono anche le parole del cardinale Rodríguez riguardo all’iniziativa: "Caritas Baobab fornirà una tecnologia all'avanguardia per aiutare a servire meglio i poveri. Più alto è il numero di persone che possiamo mobilitare per qualsiasi emergenza, più opportunità avremo di ottenere una risposta concreta. In questo mondo moderno, avere informazioni rapide e precise è un fattore chiave per il successo nel nostro lavoro". Il sistema Caritas Baobab, o semplicemente "Baobab", è stato sviluppato in collaborazione con Caritas Germania. Come progetto pilota, è stato utilizzato fino ad oggi in risposta alle emergenze, per la formazione, per la comunicazione con i media e la comunicazione regionale. Ora sarà aperto a tutti i membri del personale della Caritas, in coordinamento con gli uffici regionali o nazionali della Caritas. (R.P.)

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    Congo: i vescovi in visita nel Kivu predicano giustizia, pace e riconciliazione

    ◊   Manifestare sostegno e solidarietà ai civili vittime del conflitto in corso tra forze armate e ribelli del Movimento 23 marzo: è l’obiettivo di una visita pastorale in corso da martedì nel Sud e nel Nord Kivu, ad opera di sei vescovi della Conferenza episcopale Congolese (Cenco). L’iniziativa che si concluderà domani – riferisce l’emittente Radio Okapi ripresa dall'agenzia Misna – è guidata dal vescovo di Kabinda nel Kasai Orientale, mons. Valentin Masengo. Il gruppo ha lasciato ieri mattina Goma per recarsi nella zona di Rutshuru, dove si è svolta la celebrazione di una messa speciale. Fonti amministrative del Nord-Kivu segnalano che almeno quattro delle parrocchie cattoliche sul territorio (Karambi, Jomba, Rugari e Rutshuru) sono attualmente sotto il controllo delle milizie armate. “Il nostro obiettivo non è incontrare i ribelli. In questa zona dell’Africa noi veniamo per predicare la riconciliazione, la giustizia e la pace” ha detto mons. Masengo. Tra gli eventi svoltisi sino ad ora, c’è stato il pellegrinaggio mariano al Santuario di Lukananda, a 30 chilometri da Bukavu a cui hanno partecipato oltre 20.000 fedeli. Durante la celebrazione della Messa, mons. François Xavier Maroy, arcivescovo di Bukavu ha invitato i fedeli a “proteggere il Paese contro ogni tentativo di balcanizzazione”. (R.P.)

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    L’Assemblea dei vescovi sudanesi su Seminari, autonomia e dramma dei migranti

    ◊   Sono tre le tematiche al centro dei lavori dell’Assemblea Plenaria iniziata ieri a Juba, dai vescovi del Sudan e del Sud Sudan: la situazione del seminario maggiore, l’avviamento di un Segretariato della Conferenza episcopale e i progetti per celebrare l’Anno della Fede che avrà il suo inizio il prossimo 11 ottobre e si concluderà il 24 novembre 2013. La celebrazione d’apertura dell’Assemblea, come riporta l’agenzia Fides, è stata presieduta dal cardinale Gabriel Zubeir Wako, arcivescovo di Khartoum e presidente della Sudan Catholic BIshops’ Conferences (Scbc). Proprio la situazione nell’arcidiocesi di Khartoum è uno dei punti su cui ci si sofferma maggiormente. Dopo l’indipendenza raggiunta nel 2011 e la conseguente separazione del Sud Sudan dal Sudan, migliaia di persone residenti al nord ma originarie del sud sono state costrette a emigrare per tornare nelle zone d’origine, affrontando viaggi molto lunghi e molto pericolosi. La maggior parte di loro sono cristiani; questo fa si che il numero dei fedeli nell’arcidiocesi di Khartoum sia drasticamente diminuito. Nel corso dei lavori dell'Assemblea, si parlerà del trasferimento dei seminari da Khartoum a Juba e, soprattutto, dell’avvio di un percorso che porterà a una maggiore autonomia tra la Chiesa del Nord e del Sud. “C’è il nodo del trasferimento dei seminari di filosofia e teologia – dice all'agenzia Misna padre Fernando Colombo, amministratore apostolico della diocesi di Rumbek – e c’è la possibilità di creare due Segretariati distinti affinché la Chiesa del Nord e quella del Sud possano avere più autonomia, pur nel quadro della stessa Conferenza episcopale”. Durante i lavori si discuterà anche del reperimento dei fondi necessari alla ricostruzione del Seminario maggiore di San Paolo a Juba, la struttura che ospitava tutti i corsi prima che negli anni ’80 i bombardamenti della guerra civile costringessero a spostare studenti e insegnanti a Khartoum. Il trasferimento dei seminari, promosso dal Vaticano, è legato ai mutamenti politici intervenuti negli ultimi anni. “A contare – dicono alla Misna - sono anzitutto l’indipendenza del Sud e le difficoltà nelle comunicazioni tra Nord e Sud anche su un piano politico”. La Conferenza episcopale del Sudan è rimasta un organismo unitario nonostante la divisione del paese nel luglio 2011, sei anni dopo la fine della guerra civile. Nel Nord, a maggioranza musulmana, ci sono solo due diocesi sebbene il Paese sia esteso su un milione e 886.000 chilometri quadrati. Molto differente la situazione al Sud, con un territorio di 620.000 chilometri quadrati ma sette vescovi e milioni di fedeli di religione cristiana. L’assemblea plenaria, in corso a Juba, dovrebbe concludersi sabato. (L.P.)

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    Argentina: incontro dei responsabili dei Centri culturali cattolici del Cono Sud

    ◊   “Identità, cultura e dialogo: missione e necessità dei Centri culturali cattolici per l’evangelizzazione attuale dell’America”. È questo il tema sul quale si sta svolgendo, da martedì e fino a domani, il quinto incontro dei responsabili dei Centri culturali cattolici del Cono Sud, ovvero la regione meridionale del Sud America. L’evento, in corso a Buenos Aires, è organizzato dal Pontificio Consiglio della Cultura e prevede dibattiti su temi come “Il dinamismo interculturale e il dialogo tra la Chiesa e la cultura”, “Globalizzazione e identità culturale: conflitto e confluenza”, “Attività ed impegni dei Centri culturali cattolici di fronte alle sfide della cultura contemporanea”, “Dimensione missionaria e spirituale dei Centri culturali cattolici alla luce del documento di Aparecida”. Tra i partecipanti, per il Dicastero vaticano della cultura ci sono mons. Hector Aguer, mons. Carlos Alberto de Pinho Moreira Azevedo, e il dott. Alfredo García Quesada. Numerosi anche i vescovi locali, tra cui mons. Edmundo Valenzuela Mellid, rappresentante del Consiglio episcopale Latinoamericano (Celam), mons. Pablo Galimberti, vescovo di Salto (Uruguay) e mons. Mario Cargnello, arcivescovo di Salta (Argentina). (I.P.)

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    Portogallo: Congresso internazionale delle Misericordie su sanità e sociale

    ◊   I rappresentanti di centinaia di Confraternite e Sodalizi, di ogni parte del mondo, si riuniscono oggi, fino a sabato 22 settembre, a Oporto, in Portogallo, per il X Congresso internazionale delle Misericordie. Il tema attorno al quale ruoterà l’evento quest’anno è “Unite per moltiplicare – Promotrici di modernità e innovazione”. Si parlerà, come evidenzia l'agenzia Sir, di salute, anziani, globalizzazione e economia sociale. L’Italia sarà rappresentata, tra gli altri, da Roberto Trucchi, presidente delle Misericordie d’Italia, che racconta: “Il Portogallo è il Paese che, dopo l’Italia, conta il più alto numero di confraternite, circa 500, seguito dal Brasile con circa 300”. “Sono presenti praticamente ai 4 angoli del mondo”. Le Misericordie nel mondo operano in numerosi campi, tra cui la sanità e l’assistenza sociale ai minori e agli anziani. (L.P.)

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    Belgio: Seminario della Comece sulla discriminazione del cristiani in Europa

    ◊   “La situazione dei cristiani e la libertà religiosa in Europa: sviluppi positivi e sfide attuali”: sarà questo il tema del seminario che si terrà il 2 ottobre a Bruxelles, presso il Parlamento europeo. L’evento, giunto alla seconda edizione consecutiva, è organizzato dalla Commissione degli episcopati della Comunità europea (Comece), insieme al gruppo conservatore e riformista europeo ed al gruppo del Partito popolare europeo. “Il Seminario – si legge in una nota – offrirà una riflessione sull’intolleranza e la discriminazione contro i cristiani in Europa”. In particolare si guarderà agli sviluppi positivi, come la maggiore consapevolezza del problema che si è creata fra i cittadini o la creazione di alcune nuove istituzioni che hanno il compito di monitorare la situazione e farne periodicamente rapporto. All’evento, sono attesi i membri dell’Osservatorio sull’intolleranza e la discriminazione contro i cristiani in Europa, del Centro europeo per la legge e la giustizia, insieme ad esperti legali della Santa Sede e di diversi Paesi europei. (I.P.)

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    Canada: i vescovi difendono la vita umana, sacra sin dal concepimento

    ◊   “L’essere umano esiste sin dal concepimento”: è quanto scrive mons. Richard Smith, presidente della Conferenza episcopale del Canada in una nota diffusa ieri. Il testo è stato reso noto in vista del 26 settembre, quando la Camera dei Comuni sarà chiamata a votare sulla Mozione 312, presentata dal deputato Stephen Woodworth, che chiede l’istituzione di un comitato speciale per esaminare l’articolo 223 del Codice penale in cui si afferma che “un bambino diventa un essere umano ai sensi di legge quando è uscito, vivo, dal seno materno”. In particolare, la Mozione 312 domanda quali prove mediche esistano per dimostrare che un bambino è o non è un essere umano prima o dopo aver visto la luce. “La vita degli esseri umani è sacra a qualsiasi stadio della sua esistenza – ribadisce mons. Smith – dal concepimento fino alla morte naturale, come dice il Vangelo di Luca, “Benedetto sia il frutto del tuo seno”. Per questo, la Chiesa del Canada invita “tutti i membri del Parlamento a tener conto della natura sacra del nascituro e di ogni vita umana”. I cattolici del Paese e tutte le persone di buona volontà vengono, inoltre, invitati a “pregare affinché i legislatori ricevano la saggezza ed il coraggio di fare il possibile per tutelare e promuovere il bene comune, che si fonda sul rispetto della dignità umana di tutti e di ciascuno”. (I.P.)

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    Cina: la comunità cattolica si arricchisce di nuovi consacrati

    ◊   La diocesi di Su Zhou e la diocesi di Ji Nan del continente sono in festa per le ordinazioni presbiterali e diaconali appena celebrate, che rappresentano la raccolta dei frutti dell’evangelizzazione e della vocazione. Secondo le informazioni pervenute all’agenzia Fides, oltre 2mila fedeli hanno partecipato all’ordinazione presbiterale di due diaconi della diocesi di Su Zhou, nella provincia di Jiang Su, celebrata il 15 settembre scorso, il giorno in cui la Chiesa commemora la Beata Maria Vergine Addolorata. Il rito solenne si è svolto nella cattedrale della diocesi, dedicata proprio alla Vergine Addolorata. Così la diocesi di Su Zhou oggi conta 21 sacerdoti, 15 religiose e 60 mila fedeli. La diocesi di Ji Nan nella provincia dello Shan Dong ha invece celebrato l’ordinazione di un diacono il 14 settembre, festa dell’Esaltazione della Santa Croce, che è anche la festa della parrocchia dove si è svolta l’ordinazione. Durante il rito, il vescovo diocesano ha letto con emozione dinanzi a tutti i fedeli presenti, il messaggio con la benedizione inviata da Benedetto XVI per la parrocchia in questa festa. In questo periodo anche la Chiesa locale di Taiwan ha avuto la gioia di accogliere un nuovo sacerdote, che ha anche una storia vocazionale particolare: si tratta infatti di un Missionario di Scheut, di origine congolese, padre Norbert Khonde Khonde, che è stato ordinato da mons. John Hung, arcivescovo di Tai Pei, l’8 settembre, Natività della Beata Vergine Maria. (R.P.)

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    Tra Taizè e la Gmg di Rio: 50 mila giovani attesi a Roma da tutta l’Europa a dicembre

    ◊   Un convegno rivolto agli animatori della pastorale giovanile della diocesi di Roma dal titolo “Verso la Gmg di Rio de Janeiro – dall’incontro europeo dei giovani di Taizè alla Giornata Mondiale della Gioventù”. Al centro del convegno che si terrà a Roma presso il Pontificio Seminario Romano Maggiore il prossimo 22 settembre, si procederà all’organizzazione del 35mo Incontro europeo dei giovani, promosso dalla comunità di Taizè in collaborazione con la diocesi di Roma e che, tra il 28 dicembre 2012 e il 2 gennaio 2013 farà convergere proprio a Roma oltre 50mila giovani provenienti da tutta Europa. Ne parla, come riportato dall’agenzia Zenit, don Maurizio Mirilli, direttore del Servizio diocesano per la pastorale giovanile: “nei giorni prossimi i Fratelli di Taizé, insieme ai giovani del servizio diocesano, definiranno gli ultimi dettagli dell’accoglienza nelle parrocchie, nelle comunità religiose e nelle famiglie della Capitale e – continua don Mirilli, individueranno i volontari che presteranno servizio durante quelle giornate”. Questo grande evento preparerà anche la strada per la prossima Giornata Mondiale della Gioventù che si terrà a Rio de Janeiro dal 23 al 28 luglio 2013. (L.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 264

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.