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Sommario del 13/09/2012
Il Papa domani in Libano. Il patriarca Raï: porterà una primavera cristiana in Medio Oriente
◊ Ultimi preparativi a Beirut che si appresta ad accogliere domani Benedetto XVI per il suo 24.mo viaggio apostolico internazionale. La visita in Libano, quindici anni dopo quella di Giovanni Paolo II, avviene in occasione della firma dell’Esortazione apostolica “Ecclesia in Medio Oriente”. Tante le dimensioni di questa visita di tre giorni dall’incoraggiamento ai fedeli della regione ad un rinnovo della speranza dei giovani; dal dialogo ecumenico a quello islamo-cristiano. E su tutto la dimensione della pace, come ci riferisce il nostro inviato a Beirut, Alessandro Gisotti:
“La pace sia con voi”: il motto del viaggio del Papa, declinato in più lingue, campeggia in tutte le vie principali di Beirut, vestita a festa per l’arrivo di Benedetto XVI. Poster giganti del Papa e bandiere vaticane sono presenti in ogni quartiere della capitale libanese, compresi quelli a maggioranza musulmana. Pace è la parola che più frequentemente viene associata dai libanesi a questa visita del Papa. E di pace questa terra ha urgente bisogno. Lo ricordano i palazzi di Beirut crivellati durante la guerra civile nel Paese, che restano in piedi accanto ai nuovi grattacieli che cambiano di continuo il profilo della città. Lo ricordano le distanze geografiche: la Siria, sconvolta dalla guerra, dista solo poche decine di chilometri da Beirut. Il Libano, mosaico di religioni e culture, attende dunque con trepidazione il Papa. E proprio con questo spirito di convivenza e dialogo si è svolta ieri nella capitale libanese una veglia di preghiera per dare il benvenuto al Papa, alla quale hanno preso parte giovani cristiani e musulmani. Uniti nel ribadire le ragioni del dialogo e del rispetto reciproco. Proprio i giovani aspettano con particolare emozione l’incontro con il Papa: una piccola Gmg del Medio Oriente che avrà come cornice il piazzale antistante il Patriarcato maronita di Bkerké. Intanto fervono gli ultimi preparativi nei luoghi che ospiteranno gli eventi papali dalla basilica greco-melkita di Saint Paul dove verrà firmata l’Esortazione apostolica per il Medio Oriente al City Center Waterfront di Beirut dove si svolgerà la grande Messa a conclusione del viaggio. “Il Libano – aveva detto Giovanni Paolo II 15 anni fa – è più di un Paese, è un messaggio”. E oggi il Libano attende Benedetto XVI, messaggero di pace e di speranza. Tra tanta gioia, si registra purtroppo anche un atto di vandalismo a danno della chiesa armena cattolica di Santa Croce nel quartiere Zalka di Beirut. In un comunicato, il Patriarcato armeno cattolico rende noto che sono state rovinate delle immagine sacre ed è stata danneggiata una statua di Santa Rita. Le autorità competenti hanno aperto un’inchiesta su quanto successo. Un fatto riprovevole che tuttavia non rovina il clima di festa e speranza che accompagna queste ore prima dell’arrivo del Papa.
Ma cosa rappresenta questo viaggio per il Libano e per il Medio Oriente? Alessandro Gisotti lo ha chiesto al patriarca maronita Béchara Boutros Raï:
R. - Riguardo al Libano, la visita del Santo Padre darà una bella immagine del Paese, cioè come una terra di incontro, non una terra di guerra. Perché, sfortunatamente, in genere i mass media parlano del Libano come se fosse una terra di violenza e di guerre. Venendo, il Papa dimostrerà al mondo che si tratta di un Paese totalmente diverso: un Paese di pace e di incontro. Darà poi un incoraggiamento a tutte le popolazioni del Medio Oriente, siano esse cristiane, musulmane o altro, perché per loro il Papa dirà una parola di speranza e metterà in rilievo anche il valore di questi Paesi del Medio Oriente, la loro storia, e la presenza cristiana che c’è da duemila anni. I cristiani hanno avuto il loro ruolo importante, hanno portato la cultura del Vangelo alle culture locali … Quindi, questo Medio Oriente che vive un travaglio di avvenimenti, cerca una primavera di democrazia, di libertà, di diritti dell’uomo. Il Papa porterà un grande contributo sia con la sua presenza, sia con i suoi discorsi, sia anche tramite l’Esortazione apostolica. Per noi cristiani del Medio Oriente, sarà un cammino verso una primavera cristiana perché porterà il rinnovamento della vita ecclesiale e cristiana. Inoltre, ritengo che la Primavera araba, tanto desiderata e di cui tanto si parla, arriverà come frutto del contributo di una primavera cristiana.
D. – Quale contributo potrà dare alla Chiesa del Medio Oriente l’Esortazione apostolica post-sinodale?
R. – Prima di tutto, il documento parlerà dei problemi, delle sfide, porterà delle soluzioni, aprirà orizzonti di speranza. Noi, come Chiese, avremo il nostro incontro – prima tra i patriarchi e i vescovi cattolici, poi con gli ortodossi – per vedere insieme come applicare l’Esortazione apostolica e impostare una comune strategia di apostolato che poi dovremo comunicare ai nostri fratelli musulmani perché loro hanno sempre paura che si tratti di questioni politiche: no, non è così! Già il titolo – “Comunione e testimonianza” – già di per sé porta tutto quello che darà tranquillità ai musulmani. Poi, le dirò, i primi ad acquistare l’Esortazione apostolica saranno proprio i musulmani, perché sono molto interessati. Io penso – sono sicuro! – che l’Esortazione apostolica sia un dono della Divina Provvidenza in questo momento storico che il Medio Oriente sta attraversando. Per me, questa Assemblea speciale per il Medio Oriente è stata profetica. Infatti, se ricordate, appena terminata l’Assemblea sinodale del 2010, sono iniziati i noti avvenimenti in diversi Paesi arabi. Vuol dire che questa Assemblea è stata provvidenziale, e per questo io dico che si tratta di una “primavera ecclesiale e cristiana”, che sarà la via per la Primavera araba. Una Primavera araba attraverso la guerra, la violenza, la distruzione non arriva ad una vera primavera. Ma la primavera dello Spirito, che parla adesso alle Chiese del Medio Oriente. Tutto questo è l’Esortazione apostolica: ciò che dice lo Spirito oggi alle Chiese del Medio Oriente. E questa sarà la Primavera!
D. – Il Papa ha detto: “Questa visita in Libano è sotto il segno della pace”. Quanto la sua presenza – anche soltanto la sua presenza e la sua parola – potrà aiutare a costruire nuove vie di pace per tutto il Medio Oriente?
R. – Già la figura del Papa trasmette tranquillità e pace nel cuore; e poi, il suo messaggio caloroso, che porterà insieme con principi ed indicazioni di pace, sarà apprezzato tanto, tanto da tutti. Non solo dai cristiani: anche dai musulmani. I musulmani sono davvero entusiasti per la visita del Papa …
◊ Sul viaggio del Papa in Libano Helene Destombes ha raccolto il commento del cardinale Jean-Loius Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso:
R. – Direi che il Papa, andando in Libano, ricorderà che la diversità, la pluralità non è sinonimo di pericolo, al contrario è una ricchezza e questo si vede molto bene nel dialogo ecumenico e nel dialogo interreligioso, due realtà molto vivaci in Libano. L’Esortazione apostolica vuole dare il messaggio che vivere insieme non è una utopia, ma è una vocazione e, infatti, il tema del Sinodo era “Comunione e testimonianza” e c’era un riferimento alla prima comunità cristiana.
D. – Questa presenza del Papa in Libano è dunque un richiamo alla comunione…
R. – Alla comunione tra cristiani e al dialogo con i non cristiani. Questo – direi – è il Libano! Questo è dovuto al fatto che musulmani, cristiani, drusi, tutti vanno a scuola insieme, hanno gli stessi libri, gli stessi professori e per quanto ho visto quando sono stato lì – quattro anni e mezzo durante la guerra civile – è la scuola che ha fatto il Libano: è l’istruzione. Questa apertura, unica in quella parte del mondo, deve essere salvaguardata.
D. – Alcuni guardano ad una dimensione politica di questo viaggio, con riferimento a quanto sta accadendo in Medio Oriente …
R. – Quello del Papa è un viaggio apostolico e quindi non va a portare la soluzione ai problemi politici. In Medio Oriente ogni problema non è causato dalle religioni, ma ha sempre una dimensione religiosa. Questo fa parte della cultura delle popolazioni di quella parte del mondo. Certo, si devono ricordare anche i grandi principi del diritto internazionale, i diritti dell’uomo, quali la libertà e anche la libertà di religione, che penso sarà evocata nell’Esortazione apostolica.
◊ Il Papa oggi ha ricevuto il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi, e il cardinale Joachim Meisner, arcivescovo di Colonia.
La Regione Marche presenta la visita di Benedetto XVI a Loreto il 4 ottobre
◊ Presentato ieri, presso la sede della Regione Marche di Ancona, il programma di massima della visita che il 4 ottobre prossimo Benedetto XVI effettuerà a Loreto per affidare alla Vergine Maria il Sinodo dei Vescovi, che si aprirà l’11 ottobre, e l’Anno della Fede. “Ripetendo il gesto fatto da Giovanni XXIII", il Papa “porterà con sé la preghiera dell’intera Chiesa”. Così mons. Giovanni Tonucci, arcivescovo delegato pontificio per la cittadina mariana. “Questo pellegrinaggio vuole rinnovare l’impegno a riflettere sulla nuova evangelizzazione" - ha spiegato il presule - sottolineando il forte contenuto teologico e il valore storico di questo avvenimento. “Il viaggio verso le Marche di Papa Roncalli” - ha detto l’arcivescovo Tonucci - “fu la prima uscita fuori dai confini del Lazio di un Pontefice dopo l’Unità d’Italia, e così facendo inaugurò una nuova stagione e un nuovo stile dei successori di Pietro. E’ un’occasione simbolica per ribadire la volontà di mantenere rapporti fecondi e piena collaborazione tra istituzioni laiche e religiose”. L’arrivo del Papa è previsto in elicottero in località Montoso intorno alle ore 10, del 4 ottobre. Poi il trasferimento in papamobile fino al sagrato della Basilica della Santa Casa per la celebrazione della Messa nella Piazza della Madonna, che ospita fino a 5000 persone. La partenza per Roma intorno alle ore 17, nel pomeriggio, dopo una serie di incontri con i religiosi e gli organizzatori dell'evento.
◊ “Come mai prima di ora, analisti e difensori dei diritti umani includono la libertà religiosa nella loro agenda”: sono parole dell’arcivescovo Silvano Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l'Ufficio delle Nazioni Unite a Ginevra, che parla di “epoca di martiri”. Mons. Tomasi è intervenuto ieri alla Conferenza internazionale promossa presso l’Università Cattolica d‘America a Washington, negli Stati Uniti, sul tema: “Libertà religiosa internazionale: imperativo per la pace e il bene comune”. Il servizio di Fausta Speranza:
“E’ chiaro che la libertà religiosa è diventata un tema al centro del dibattito corrente”, sottolinea mons. Tomasi, così come “non c’è dubbio che la libertà religiosa sia sotto pressione nel mondo”. Dati noti: il 70% della popolazione al mondo vive in Paesi con restrizioni. Più di 2 miliardi di persone, quasi un terzo della popolazione globale, vive in luoghi dove le persecuzioni sono cresciute in modo significativo negli ultimi anni: dalle violenze fisiche ai danni materiali a case e proprietà religiose. E mons. Tomasi ricorda quello che è palese a tutti: i cristiani sono il primo obiettivo. Cita le drammatiche situazioni in Nigeria, Kenya, Iraq e ormai Siria, per poi far riflettere su un aspetto particolare: spesso le persecuzioni peggiori avvengono in Paesi dove ci sono leggi che passano per leggi in difesa della religione, come quella contro la blasfemia, ma che in realtà “servono a colpire minoranze religiose”, come i cristiani in Paesi a maggioranza musulmana o come gli appartenenti a una delle correnti all’interno dello stesso Islam che risultano minoranza. Dunque, la norma stessa “diventa uno strumento di repressione per minoranze ritenute non ortodosse o eretiche”. Ma poi mons. Tomasi guarda anche a Paesi e situazioni molto diverse: a “democrazie liberali occidentali” che – dice - “in modo più sofisticato sottoscrivono una cultura che tende a relegare la religione alla sfera privata”. “Attraverso diversi sistemi giuridici – chiarisce mons. Tomasi - sgretolano l’originale significato della libertà religiosa”. E l’osservatore permanente spiega cosa questo comporti: una “rilettura restrittiva” e un continuo reinterpretare i principi per “riadattarli alle agende politiche del momento”. Senza mezzi termini mons. Tomasi spiega che le conseguenze sono “politiche antireligiose”. E cita altrettanto chiaramente i primi campi direttamente interessati: “l’istruzione, le leggi sulla famiglia, la sanità”. In definitiva, afferma mons. Tomasi, “l’epoca dei martiri è ancora con noi”. Il presule ricorda che a marzo scorso il Consiglio dei diritti umani dell’Onu ha approvato una risoluzione in cui si difende la libertà di religione e di credo ma che già altri pronunciamenti, nel 1981 e nel 1986, hanno cercato di contribuire a garantire il rispetto della libertà religiosa a livello individuale, collettivo, istituzionale. E ribadisce: assicurare “libertà alle religioni garantisce un contributo di valori morali senza i quali la libertà di ogni persona non è possibile”.
Il cardinale Van Thuân a 10 anni dalla morte: martire sotto il comunismo in Vietnam
◊ Tra i grandi testimoni della fede durante la dolorosa dittatura comunista in Vietnam nel secolo scorso, il cardinale vietnamita François Xavier Nguyên Van Thuân verrà ricordato domani con una Messa a Roma, presso la Basilica di Santa Maria della Scala a Trastevere, in vista del decimo anniversario di morte, il 16 settembre prossimo. A presiedere l’Eucaristia sarà il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Il servizio di Roberta Gisotti:
La via del martirio si era aperta per lui, con la nomina ad arcivescovo coadiutore di Saigon, voluta da Paolo VI nel 1975, pochi mesi prima dell’occupazione della città da parte dei Vietcong del Nord. Giovane sacerdote nel ’53, Van Thuân era rientrato nel suo Paese nel 1960 dopo la laurea a Roma in diritto canonico, docente e rettore nel Seminario di Nha Trang, diocesi di cui era stato eletto vescovo nel ’67. Otto anni dopo l’incarico che avrebbe cambiato radicalmente la sua vita, il presule viene infatti arrestato e incarcerato, dal regime comunista, senza processo né sentenza resta in cella per 13 anni, 9 in totale isolamento. Una realtà insostenibile che vive “colmandola d’amore”, cosi raccontava quegli anni oscuri:
“Io ho avuto momenti veramente difficili, la tentazione della vendetta, la tentazione della disperazione… ma nel momento più critico, nell’abisso della mia miseria, della mia debolezza umana, in quel momento il Signore mi ha teso la mano e la speranza è ritornata, come la luce dopo la pioggia".
Liberato nel 1988 e ritornato a Roma nel 1994, vicepresidente e poi presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, creato cardinale nel 2001, commentava: “io sono indegno, pregate per me” e poi ancora, sottolineava “adesso per me significa soprattutto migliorare il mio lavoro nel servizio alla Chiesa, e all’umanità…possiamo diminuire la miseria nel mondo, portare la pace, cancellare il debito, alleviare la fame e la malattia nel mondo". Ascoltiamo ancora la sua voce:
“Davanti a queste tragedie nazionali ed internazionali, vediamo che ci sono tre punti molto importanti: la giustizia, la responsabilità – soprattutto degli educatori e dei governanti – e terzo, la conversione dei cuori. Perché senza la conversione dei cuori, senza la preghiera non c’è umiltà per ascoltare e quando non percorriamo questa strada, c’è soltanto potere, denaro, armi. Dividere con tutti gli altri la nostra gioia, la gioia della speranza: la nostra speranza è già nel nostro cuore, perché Gesù è venuto con noi. La salvezza è certa: basta andare all’incontro con Gesù!".
Il 16 settembre del 2002 all’età di 74 anni il cardinale Van Thuân torna alla casa del Signore: otto anni dopo inizia il suo processo di beatificazione.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ All'immediata vigilia della visita di Benedetto XVI in Libano, l'intervista del cardinale segretario di Stato a "Le Figaro"; gli articoli del cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali; di Gabriele Caccia, Nunzio apostolico in Libano; di Béchara Boutros Raï, patriarca di Antiochia dei Maroniti; l'intervista di Mario Ponzi al cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso.
Obama chiede cooperazione contro il terrorismo: la Santa Sede incoraggia a trovare le vie migliori per favorire la riconciliazione in Libia e in tutto il Medio Oriente.
In cultura, un articolo di Manuel Nin dal titolo "La porta del Paradiso": iconografia e innografia per l'Esaltazione della Croce nella tradizione bizantina.
Lettere mute che s'intrecciano come fili d seta: Isabella Farinelli sul romanzo di un giovane libanese che richiama gli ideali di Kahlil Gibran.
Il segno vittorioso: Timothy Verdon sulla Croce nell'arte di Filippo Rossi.
Anche in tempi di siccità quell'albero cresce sempre: Marco Agostini sull'etimasia della basilica di San Clemente a Roma.
Un articolo di Cristian Martini Grimaldi dal titolo "Il senso della Rete per lo scandalo": a proposito dei duplici pseudonimi dello scrittore R.J. Ellory.
Mai violenza in nome di Dio: nell'informazione religiosa, il cardinale Timothy Michael Dolan a una conferenza internazionale a Washington.
Santa Sede: ferma condanna dell’attentato contro gli Usa in Libia
◊ La Santa Sede esprime la sua “più ferma condanna” per il “gravissimo attentato organizzato contro la rappresentanza diplomatica statunitense in Libia, con l’uccisione dello stesso Ambasciatore e di altri funzionari”: è quanto sottolinea in una dichiarazione il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi. “Nulla – riferisce il portavoce della Santa Sede - può infatti giustificare l’attività delle organizzazioni terroristiche e la violenza omicida. Insieme al dolore, alla partecipazione e alla preghiera per le vittime – conclude padre Lombardi - si rinnova l’auspicio che nonostante questo nuovo tragico evento la comunità internazionale riesca a trovare le vie migliori per continuare il suo impegno per favorire la pace in Libia e nell’intero Medio Oriente”.
◊ Cresce in varie parti del mondo arabo la tensione dopo l’assalto al consolato statunitense di Bengasi, nel quale hanno perso la vita l’ambasciatore Chris Stevens e tre funzionari. Al Cairo si sono verificati scontri, così come a Tunisi, mentre in Yemen è stata attaccata l’ambasciata americana. L’episodio in Libia aveva seguito la produzione di un film offensivo per i fedeli islamici, ma le stesse autorità libiche hanno annunciato un’inchiesta sui fatti, e quelle statunitensi parlano di “attacco complesso”. Ci aggiorna Davide Maggiore:
Al Cairo gli scontri sono proseguiti per tutta la notte e anche nella mattinata, ma i dimostranti che assediavano l’ambasciata americana sono stati dispersi dalla polizia. Anche a protezione della sede diplomatica in Tunisia sono intervenute le forze dell’ordine, che hanno lanciato lacrimogeni. In Yemen, invece, i manifestanti sono riusciti a dare fuoco ad alcuni veicoli prima di essere allontanati. Proteste anti-americane si sono verificate anche a Teheran: circa 500 persone hanno preso parte ad un corteo nei pressi della rappresentanza diplomatica svizzera, ma non si sono verificati incidenti. In Iraq, invece, un gruppo di miliziani sciiti ha minacciato attacchi contro obiettivi americani. L’amministrazione statunitense, intanto, ha inviato due navi e personale militare verso le coste libiche, mentre il presidente Obama ha telefonato personalmente ai leader di Libia ed Egitto. Il capo dello Stato egiziano, Morsi, ha assicurato che il suo Paese farà di tutto per proteggere gli stranieri, ma ha condannato ogni provocazione anti-islamica. Il video considerato blasfemo dai fedeli musulmani è stato nel frattempo oscurato dal sito internet Youtube in Libia e in Egitto.
E sulla situazione in Egitto, ascoltiamo il vescovo di Guizeh dei Copti, Antonios Aziz Mina, raggiunto telefonicamente da Davide Maggiore:
R. - C’è tensione, perché i sentimenti dei musulmani che sono offesi non fanno distinzioni tra le persone che offendono e tutti i cristiani. Se la prendono anche con i cristiani che si trovano sul posto, che hanno dimostrato il loro disagio per quello che è successo e che non sarebbe dovuto accadere.
D. - Chi protesta, tuttavia, è una minoranza ..
R. - Spero che si tratti di una minoranza, perché anche tra i media, ci sono quelli che fomentano e altri che vogliono ridimensionare l’accaduto, sapendo che basta una scintilla del genere, per accendere un fuoco che poi sarà difficile spegnere.
D. - Lei personalmente è tranquillo per quanto riguarda l’evoluzione di questa vicenda?
R. - Guardando con gli occhi della fede, io sono tranquillo. Umanamente parlando, non c’è tranquillità. La regione non è tranquilla. Speriamo nella visita del Papa, che sia veramente un messaggio di pace. Lui ci incoraggerà e ci darà un impulso per espandere questo messaggio di pace che vogliamo dare a tutto il mondo e ai nostri fratelli con i quali viviamo. La convivenza ha 1400 anni. Noi abbiamo imparato, abbiamo trovato il nostro metodo per convivere insieme. Ho degli amici musulmani. Parecchi di loro hanno molti amici cristiani. Se c’è paura? La paura non è solamente da parte cristiana, anche i musulmani colti e ragionevoli, sanno che questo è un pericolo per la vita della società. Fanno del loro meglio per poter calmare le acque e dire : “Guardate, sì, bisogna fare una reazione, ma la reazione deve essere misurata, non smisurata”.
Bce: peggiorano i mercati nell'Eurozona. Barnier: garantire supervisione bancaria
◊ Il vento della crisi continua a soffiare sul vecchio continente. A sottolinearlo la Banca Centrale Europea che, nel suo bollettino mensile, parla di un peggioramento delle condizioni dei mercati nell'Eurozona, con immediate ricadute negative sulla disoccupazione. Dall’Istituto di Francoforte anche la raccomandazione ai Paesi di rispettare gli obiettivi di bilancio fissati con l’Ue. Un documento non certo incoraggiante, insomma, che giunge a poche ore dall’adozione da parte della Commissione Europea, a Strasburgo, del meccanismo unico di supervisione bancaria, che dà alla Bce poteri di sorveglianza sui circa 6000 istituti di credito dell'Eurozona. Il testo è stato redatto dal commissario europeo per il Mercato interno, Michel Barnier. Il nostro inviato a Strasburgo, Salvatore Sabatino, lo ha intervistato:
R. - Je travaille sur la base ...
Lavoro sulla base richiesta dai capi di governo della zona euro: è la Banca Centrale europea che esercita un ruolo chiave di supervisione europea, e questa supervisione non è credibile se non riguarda tutte le banche. Nei mesi passati, negli anni passati, abbiamo visto che quelle banche che non sono tra le più grandi – che quindi non sono banche sistemiche – hanno creato e creano molte difficoltà: Northern Rock, Dexia, Bankia, tre banche di tre o quattro Paesi diversi. Dobbiamo assicurare una supervisione effettiva sull’intero settore bancario, ma di certo non sarà fatto da Francoforte. Il supervisore unico dovrà redigere un capitolato d’oneri per quanto riguarda la supervisione, secondo le condizioni che egli stabilirà, per decentralizzare questa supervisione, rispettando le regole, verso i supervisori nazionali che avranno e che continueranno a mantenere un ruolo importante. Un capitolo importante per quanto riguarda il tema della supervisione e che non sarà centralizzato è quello che mira alla tutela dei consumatori. Quindi i supervisori nazionali avranno un ruolo importante ma all’interno di un quadro coerente e integrato.
D. - Abbiamo visto una grande divisione riguardo la gestione della crisi economica europea. Per quanto riguarda la supervisione bancaria ci sono delle resistenze, delle diffidenze, dei problemi?
R. - C’est toute demande des chefs de gouvernement. …
È ciò che hanno chiesto i capi di governo. Insieme al Parlamento, al Consiglio dei ministri, ho costruito il sistema di supervisione europea insieme all’Eba (European Banking Authority), l’Eiopa (European Insurance and Occupational Pensions Authority) per le assicurazione e l’Esma (European Securities and Markets Authority) per i mercati. È un importante passo in avanti e il Parlamento europeo ci ha aiutati. Quello che hanno chiesto i capi di governo della zona euro il 21 giugno, è stato di realizzare questa supervisione unica, come segno di fiducia e sorveglianza reciproca per essere poi capaci di sostenere, di capitalizzare - in certi casi anche direttamente - le banche della zona euro: per una maggiore solidarietà c’è bisogno di una maggiore sorveglianza comune. Quindi sui principi, in quanto tali, non ci sono problemi. I dibattiti che ora portiamo avanti riguardano le questioni come: cosa succede per i Paesi che non sono nella zona Euro, che non vogliono farne parte, o che invece ancora non ne fanno parte? Cosa succede a tutte le banche? Come garantire una supervisione efficace, intelligente, pragmatica su 6.000 banche? Questi sono gli interrogativi principali. Non ci sono delle resistenze. Credo che i 27 capi di governo abbiano approvato questa idea proposta dai 17 della zona Euro. Quindi, nessuno contesta i principi; si discute sulle modalità.
Confindustria: crollo dei consumi, slitta ripresa. Cozzi: bisogna sostenere la domanda
◊ Dati negativi sul fronte della ripresa per l’economia italiana. Secondo il Centro Studi di Confindustria, la recessione si prolunga e la ripresa è ritardata alla prossima primavera. I consumi pro-capite nel 2012 registreranno "la flessione più grave del dopoguerra, -3,6%, e nel 2013 torneranno sui livelli del 1997". Per l’Istat , poi, l’inflazione ad agosto è salita al 3,2%. Intanto la Bce avverte: un risanamento incompleto dei conti esporrebbe l’Italia a nuovi rischi. Il servizio di Debora Donnini:
E' un quadro a tinte fosche quello dipinto da Confindustria: con il Pil che quest’anno scenderà del 2,4% ma soprattutto l’allarme è sul fronte dei consumi pro-capite che registreranno la flessione più grande dal dopoguerra. La spesa delle famiglie diminuirà del 3,2 nel 2012 e dell’1% nel 2013. Non va meglio sul terreno dell’occupazione. In un anno i disoccupati sono cresciuti di 758mila unità. Sentiamo Tommaso Cozzi, professore di economia all’Università di Bari:
“Questi dati confermano, essenzialmente, il trend negativo, rispetto al quale si pensava di poter invertire la tendenza già nel 2012. In realtà, non potrà essere così, perché purtroppo ci sono delle situazioni che andrebbero risolte immediatamente. Siamo in una situazione di 'credit crunch', in cui le banche stanno continuando a diminuire, soprattutto il credito alle imprese. Ma credo si debba intervenire da parte delle istituzioni sul fronte del sostegno alla domanda, che in questo momento rappresenta l’unica via d’uscita; intervenire sul livello dei prezzi; intervenire sul livello delle tariffe. Probabilmente anche una flessione della pressione fiscale ridarebbe ossigeno e quindi liquidità alle famiglie, che potrebbero rimettere in moto un circolo virtuoso di spesa. Questa è la via, dal mio punto di vista, per uscire da questa situazione”.
L’Istat fa sapere che l’inflazione ad agosto è risalita al 3,2%. Nel mese passato il rincaro del carrello della spesa è del 4,2% su base annua. Intanto la Bce, nel bollettino mensile, lancia l’avvertimento: un risanamento incompleto dei conti esporrebbe l’Italia a nuovi rischi, ma se il paese centrerà gli obiettivi del programma di stabilità, il rapporto debito/pil raggiungerà il 123% nel 2012 per poi scendere al di sotto del 100% nel 2020. Segnalato anche un aumento della disoccupazione nell’eurozona. Ancora il professor Cozzi:
“Sicuramente è indispensabile raggiungere gli obiettivi di bilancio, come afferma la Bce. Se, però, continuiamo con questa velocità, senza alimentare contemporaneamente i consumi, probabilmente riusciremo anche a centrare gli obiettivi di pareggio di bilancio per il prossimo anno, ma sarà - direi - un pareggio teorico, perché nel frattempo, comunque, l’economia sarà ridotta allo stremo. Quindi, l’obiettivo di bilancio è sicuramente uno stimolo a fare bene, a risanare i conti - certo, è anche vero che l’esposizione del debito pubblico è diminuita - però stiamo drenando risorse alle imprese, soprattutto le piccole e medie imprese, alla media borghesia, che ormai è stata quasi annullata nella sua capacità di spesa. Quindi, raggiungere l’obiettivo di bilancio e la riduzione della spesa pubblica va bene, ma se poi restiamo senza capacità, non di spendere, ma di sopravvivere, non so se il risultato, in termini di politica economica, valga la pena che sia raggiunto con questa rapidità e in questo modo”.
Va meglio dal punto di vista delle entrate. Per il Bollettino di finanza pubblica di Bankitalia, è in calo il debito pubblico italiano che a luglio scende a 1.967 miliardi di euro. Le entrate tributarie contabilizzate nel bilancio dello Stato sono aumentate nei primi sette mesi dell'anno di 7,7 miliardi di euro, più 3,6%, rispetto allo stesso periodo del 2011.
Congo: nel Kivu i ribelli di M23 creano un governo parallelo
◊ Cresce la preoccupazione per la situazione nel Sud e nel Nord del Kivu, la regione orientale della Repubblica Democratica del Congo. L’Ong Human Rights Watch ha denunciato violenze e crimini commessi dal gruppo ribelle M23. Medici Senza Frontiere ha incrementato le attività di emergenza medica nell’area. Ma cosa sta succedendo in questa zona? Eugenio Bonanata lo ha chiesto a Padre Loris Cattani, missionario saveriano e membro di Rete pace per il Congo:
R. – Soprattutto nel Nord Kivu è in corso una guerra – possiamo chiamarla così – provocata da un nuovo gruppo armato, denominato “Movimento del 23 marzo”. Si tratta di militari, che erano stati integrati nell’esercito congolese nel 2009, normalmente rwandofoni. E’ un gruppo appoggiato logisticamente e militarmente dal Rwanda.
D. – Che cosa c’è dietro?
R. – Suppongo che dietro ci sia la volontà di egemonia del Rwanda sulla parte orientale del Congo, in concreto sulle due province del Nord e Sud Kivu, per continuare lo sfruttamento delle risorse minerarie della regione.
D. – Intanto, nell’area si segnalano tensioni...
R. – Le notizie provenienti da questa regione sono molto scarse. Dal punto di vista militare, si osserva una situazione di stasi: non ci sono grandi scontri. Allo stesso tempo, però, questo “Movimento del 23 marzo” ha impiantato una sua amministrazione nel territorio di Rutshuru. L’avere messo in piedi questa amministrazione parallela a quella dello Stato è un segno molto negativo.
D. – Cosa fanno le autorità congolesi?
R. – Sabato 8 settembre c’è stato un incontro a Kampala, in Uganda, e si sta cercando di organizzare una forza internazionale neutra, sotto mandato dell’Onu e dell’Unione Africana. Sarebbe composta da circa 4 mila militari. Ancora, però, le cose non sono chiare. C’è questa proposta di una forza internazionale neutra, il cui dispiegamento sarebbe previsto fra tre mesi. Solo la Tanzania, però, finora, ha dimostrato la sua disponibilità ad offrire militari.
Avanza la desertificazione in Ciad: i bambini, le principali vittime
◊ La crisi economica globale e i cambiamenti climatici, stanno accelerando il processo di desertificazione del Ciad. Negli ultimi dieci anni, questo Paese africano è stato colpito dalle carestie e dall'avanzata incessante della sabbia del Sahara che ora occupa quasi metà del territorio nazionale. Una drammatica realtà in cui le prime vittime sono i bambini. Emanuela Campanile ha intervistato il presidente di Unicef Italia, Giacomo Guerrero:
R. – Le vittime maggiormente esposte sono proprio i bambini. Il Ciad conta 11 milioni di persone, di cui tre milioni sono bambini: a rischio di morte sono 127 mila. Dall’inizio di quest’anno sono stati curati più di 250 mila bambini, ma il problema è ancora elevatissimo. L’intervento dell’Unicef è diretto proprio a preparare la popolazione ad intercettare il progredire della denutrizione e ad intervenire immediatamente, anche con pratiche semplici che sono però efficaci, quali l’allattamento esclusivo al seno, l’utilizzo di alimenti complementari, metodi -direi- molto semplici, come quelli del braccialetto all’avambraccio che consente attraverso la verifica dimensione, se il bambino va verso uno stadio di denutrizione pericoloso, il lavaggio regolare delle mani con acqua e sapone, la cura della diarrea acuta, il corretto uso delle zanzariere .. Sono tutti questi i metodi che noi realizziamo soprattutto in questo Paese, ma non solamente, proprio per aiutare la popolazione a combattere questo flagello.
D. - Attualmente la carestia sta creando quella che viene definita “una vera e propria guerra”. Di cosa si tratta?
R. - C’è una competizione all’interno del Paese fra pastori nomadi e contadini. La transumanza deve avvenire prima del previsto, quando ancora magari i campi sono coltivati, e questo passaggio di bestiame crea grandi problemi ai contadini. Noi viviamo in un periodo di crisi, ma la crisi colpisce il mondo intero. Quindi colpisce soprattutto queste popolazioni che hanno scarse risorse; oltre il 70 percento delle proprie risorse è destinato all’alimentazione. L’aumento del costo della benzina e degli alimenti incide in maniera determinante. L’anno scorso, un sacco di farina -alimento importantissimo per superare la malnutrizione- costava 23 euro; quest’anno, costa già 36 euro. È facile intuire quale incidenza avranno questi costi maggiorati, e quindi questo aumento dei prezzi, proprio per queste popolazioni che hanno scarsissime risorse.
D. - Qual è l’appello che lei come presidente Unicef Italia vuole rivolgere?
R. - Queste popolazioni hanno bisogno d’aiuto. Hanno bisogno di aiuto e ne hanno bisogno subito. Non è più possibile girare le spalle a questa realtà e non pensare a questi bambini. É possibile andare sul nostro sito www.unicef.it. Molto spesso si dice che non è pensabile ricevere aiuti da chi non ha avuto i soldi per andare in ferie, però è necessario, invece, pensare anche a questa realtà, perché prima o dopo, dovremo fare i conti anche con loro.
Il premier Najib Miqati: il Papa in Libano, visita storica
◊ "Una visita storica": così il primo ministro libanese, Najib Miqati, definisce il viaggio di benedetto XVI nel Paese dei cedri. In una intervista ad Aki- Adnkronos, il premier afferma che il Papa "rinnova un atto di fiducia verso questo Paese, che è stato e resterà un punto di incontro e di integrazione tra le civiltà e le culture e un modello luminoso di convivenza tra musulmani e cristiani". "Tutti i libanesi cristiani e musulmani – ha proseguito - attendono l'arrivo del Papa fiduciosi che questa visita farà del bene e sarà l'inizio di una vera collaborazione tra i popoli di tutti i Paesi mediorientali ai quali Benedetto XVI indirizza la sua Esortazione postsinodale, che darà loro speranza in un futuro migliore". "Solo una pace giusta, duratura e totale è la via per la stabilità e la sicurezza", sottolinea Miqati, mettendo in evidenza che "chi conosce le posizioni del Papa sa che questi principi sono sempre stati al centro delle sue preghiere per la pace in Medio Oriente e nel mondo". Il premier ricorda quindi l'incontro avvenuto con il Papa in Vaticano, sottolineando di aver "percepito in Sua Santità un grande desiderio di consolidare la presenza cristiana in Libano e nella regione". Quella del Pontefice – conclude il premier libanese - è "la visita di un messaggero di pace che sa quanto soffre questa regione".
Pakistan. Rimsha non sarà in aula per il processo
◊ Rimsha Masih, la bambina cristiana accusata di blasfemia e liberata su cauzione da una Corte di Islamabad, non sarà in aula per la nuova udienza del processo, prevista per domani. Lo conferma a Fides l’avvocato di Rimsha, il cristiano Tahir Naveed Chaudry, della “All Pakistan Minorities Alliance”. Secondo le procedure vigenti, spiega l’avvocato, l’imputato libero su cauzione è tenuto a presentarsi solo se il Pubblico Ministero lo chiede espressamente e il giudice lo dispone. Cosa che non è avvenuta. Chaudry si dice “ottimista sulla vicenda, poiché non vi sono prove a carico di Rimsha”, ma informa che “ci vorrà del tempo prima di una piena assoluzione”. Commentando la vicenda, padre Robert Mc Culloch, missionario di San Colombano per 34 anni in Pakistan, profondo conoscitore del Paese, dichiara all’Agenzia Fides: “Il caso di Rimsha è servito a qualcosa: può essere l’inizio delle fine degli abusi della legge sulla blasfemia, che è come una spina di pesce nella gola del Pakistan. Il governo potrà riferirsi a Rimsha per simili casi futuri”. “Il presidente del Pakistan, Ali Zardari – ricorda padre Mc Culloch – ha promesso il suo impegno per prevenire gli abusi della polizia e del sistema giudiziario nell’applicazione della legge sulla blasfemia. Il caso di Rimsha ha portato sviluppi molto importanti, in quanto l’abuso flagrante della legge è finito sotto gli occhi di tutti. Istituzioni, leader islamici, tutta la società lo hanno condannato”. “Ora – prosegue il missionario – nonostante la tragedia di questa bambina, la vicenda di Rimsha può contribuire a fermare gli abusi della legge. Occorre lavorare insieme con le istituzioni per fermare le strumentalizzazioni della legge, che è contro lo spirito originario della nazione, come voluta dal fondatore Ali Jinnah, che immaginava un Pakistan inclusivo e armonioso. E’ una legge creata da un dittatore ed è palesemente squilibrata, rovina l’immagine del Pakistan a livello internazionale, per questo è nell’interesse comune poterla modificare”.
India: ancora violenze contro i cristiani
◊ Due nuovi attacchi ai danni dei cristiani sono avvenuti negli ultimi giorni in Karnataka e Madhya Pradesh, in India. Entrambe le località, come riferisce l'agenzia AsiaNews, sono amministrate dal partito ultranazionalista indù Bharatiya Janata Party (Bjp). Il primo incidente risale al 5 settembre, quando il rev. Damodara, della Chiesa pentecostale Parishudda Prathanalaya, guidava un servizio di preghiera. Alcuni radicali indù hanno aggredito il pastore e i fedeli presenti e chiamato poi la polizia accusando i cristiani di conversioni forzate. Arrivati sul posto, prima di arrestare il reverendo, anche gli agenti hanno picchiato i fedeli riuniti. Il secondo caso invece è del 7 settembre. Il reverendo Pargy è stato fermato da un gruppo di radicali. Consegnato alla polizia, il reverendo è stato accusato di criticare in pubblico l’induismo e di costringere la gente a bere sangue di mucca, animale sacro nell’induismo. “Negli Stati indiani dove governa il Bjp si chiudono gli occhi dinanzi alle atrocità contro i cristiani”, commenta Sajan K George, presidente del Global Council of Indian Christians. “L’India – prosegue George – è un Paese laico. Questo significa che protegge tutte le religioni in modo uguale, e non eleva nessun credo a religione di Stato. Eppure, a oltre 60 anni dall’indipendenza e dalla proclamazione della nostra Costituzione, alcune comunità di minoranza, come quella cristiana, vivono una crescente intolleranza, aggressioni e gravi discriminazioni”. (L.P.)
India: una Casa della speranza per 200 bambine dalit
◊ E’ stata recentemente inaugurata e aperta la casa di accoglienza per le giovani di Dharmapuri: Home of Hope – Marialaya. Il progetto prevedeva l’allargamento della casa delle suore Salesiane del distretto indiano nello Stato del Tamil Nadu per dare accoglienza a circa 200 bambine e giovani svantaggiate, provenienti dai villaggi rurali e appartenenti al gruppo dei dalit, i cosiddetti fuori casta o intoccabili. La nuova casa di accoglienza – riferisce l’Agenzia Fides - rappresenta una grande opportunità per le donne e le giovani della zona. Le suore infatti, grazie alla nuova struttura, potranno garantire alle ragazze il proseguimento degli studi e un accompagnamento per lo sviluppo personale e per l’acquisizione di ulteriori abilità nel settore edile, nella gestione aziendale e nelle attività di gruppo. Inoltre la casa potrà accogliere giovani fuggite da situazioni di abuso e di violenza, dove troveranno per loro specifici percorsi di reinserimento.
Messico. Il vescovo di Saltillo: la corruzione, causa della violenza nel Paese
◊ In Messico, il vescovo di Saltillo, mons. Raúl Vera López, è rimasto sconvolto dal ritrovamento, lunedì scorso, di 16 corpi senza vita nella parte nord del comune di Coyuca de Catalán, tutti giustiziati con colpi di arma da fuoco alla testa e qualcuno anche con segni di tortura. Da un primo rapporto della polizia, sembra che siano persone della zona di Michoacan. Il vescovo ha sottolineato che attualmente la zona di Guerrero (alla quale appartiene questo comune) ha il più alto livello di violenza nel Paese. “Ho sentito ciò che è accaduto e, senza dubbio, la causa che ha portato a questa situazione è la corruzione diffusa nel Paese" ha detto il vescovo ai giornalisti che lo hanno avvicinato a Chilpancingo. Nella nota inviata all’Agenzia Fides si legge che il vescovo ha partecipato ad un incontro dell'Assemblea Popolare dei Popoli di Guerrero (Appg), che ieri gli ha consegnato la medaglia "Sentimenti del Popolo". Questo premio viene assegnato da più di 30 organizzazioni della società civile ad una istituzione o ad una persona per il lavoro svolto a favore della società e della pace. Mons. Vera Lopez, nel ricevere il premio, ha ricordato che ha imparato ad essere pastore proprio nella zona di Tierra Caliente, a Guerrero, la regione che ora viene presentata come la più colpita dall’intensa attività criminale. "E’ uno degli Stati più poveri e danneggiati, dove si vive molta impunità ed ingiustizia. In realtà, in questo momento, siete quelli che stanno soffrendo di più la situazione di violenza che esiste nel Paese" ha detto il vescovo alle organizzazioni di contadini, minatori, insegnanti e studenti riuniti nella piazza centrale della capitale di Guerrero. Il vescovo di Saltillo ha chiamato a lavorare per la libertà, la pace e la vera dignità del Paese, che presenta un gran numero di problemi in ambito sociale, politico ed economico.
Vescovi francesi contro le evacuazioni dei Rom: integrare, non emarginare
◊ Vescovi francesi in campo a difesa della popolazione Rom dopo l’ennesima evacuazione avvenuta ieri dal campo di Villeneuve-le-Roi, nella regione della Val-de-Marne (periferia ovest di Parigi). Per diverse settimane sono stati evacuati i campi Rom e sulla questione, riferisce l’Agenzia Sir - dopo le proteste delle associazioni e le preoccupazioni espresse dai singoli vescovi - prende la parola il Consiglio permanente della Conferenza episcopale francese, guidato dal cardinale arcivescovo di Parigi, André Vingt-Trois. “Si tratta - si legge nella dichiarazione diffusa oggi - di famiglie estremamente povere. Siamo consapevoli della difficoltà di accettare altre culture o stili di vita. Chiediamo però di superare i pregiudizi per aiutare queste famiglie a uscire dalla marginalità. Le questioni di salubrità e sicurezza pubblica sono reali. Quando le condizioni abitative rappresentano un pericolo, spetta ai responsabili adottare misure adeguate, ma rispettose delle persone interessate. Incoraggiamo pertanto il governo a lavorare instancabilmente per l‘integrazione dei Rom. Ci sono anche norme a livello europeo, che non sono state attualmente implementate”. Ricordando quindi il lavoro della Chiesa e delle organizzazioni cattolica per l’integrazione di persone, i vescovi ammoniscono: “La crisi attuale, benché acuta, non deve portarci a chiuderci in noi stessi. Non la risolveremo rifiutando l’altro”.
◊ La Federazione portoghese per la vita (Fpv) propone al governo di abbattere il deficit dei conti pubblici mediante la "fine di tutti i benefici sociali, lavorativi e finanziari attualmente legati alla pratica dell'aborto legale". In un comunicato inviato agli organi di stampa, l'associazione fondata nel 2002 in difesa della vita umana sottolinea che con "l'eliminazione di misure come il trasporto e l'alloggio pagati alle madri e ai loro accompagnatori, oppure delle licenze e dei sussidi economici superiori a quelle delle altre malattie", lo Stato potrebbe risparmiare molti milioni di euro. In base allo studio realizzato nel marzo 2012, la Federazione ricorda che "dalla legalizzazione dell'aborto, introdotta cinque anni fa, sono già state realizzate 80 mila interruzioni volontarie di gravidanza", rilevando inoltre che "se tale ritmo si manterrà costante fino al 2030, lo Stato portoghese potrà perdere una cifra molto vicina ai 250 milioni di euro". Il presidente della Fpv, Isilda Pegado, chiede perciò espressamente "la fine delle condizioni economiche di privilegio pagate nei confronti delle istituzioni private, nelle quali si realizza l'aborto legale", invitando l'esecutivo guidato dal primo ministro Pedro Passos Coelho a "ridurre la spesa pubblica, assumendo al tempo stesso impegni concreti in favore dell'aumento della natalità". "Solo in tal modo, sarà possibile l'esistenza di nuove persone che nel corso della loro vita potranno contribuire alla creazione di posti di lavoro, allo sviluppo delle attività economiche e alla sostenibilità dello stato sociale", conclude il documento della Federazione per la vita. (A cura di Lisa Zengarini)
In calo ma sempre alta la mortalità infantile nel mondo
◊ Nonostante la situazione rimanga drammatica, soprattutto in particolari aree del mondo, rispetto al 1990, in cui morirono circa 12 milioni di bambini sotto i cinque anni, nel 2011 si è registrata quasi la metà dei decessi. Si registrano, infatti, 6,9 milioni di bambini che hanno perso la vita sotto i cinque anni: circa 14mila decessi in meno ogni giorno rispetto al 1990. Sono dati del nuovo rapporto Unicef 2012, intitolato “Committing to Child Survival: A Promise Revival”, che presenta un quadro degli ultimi 20 anni. Anthony Lake, direttore generale dell’Unicef, sottolinea che “la riduzione globale della mortalità sotto i cinque anni è il risultato significativo che testimonia il lavoro e l’impegno di molti, compresi i governi, i donatori, le agenzie internazionali e le famiglie" ma poi aggiunge che il lavoro non è ancora terminato: milioni di bambini sotto i cinque anni continuano a morire, ogni anno, per cause in gran parte prevenibili, per le quali esistono soluzioni accessibili e a basso costo". Queste vite potrebbero essere salvate grazie a vaccini, nutrizione adeguata, assistenza medica di base e materna. Il mondo ha le tecnologie e le conoscenze per farlo. "La vera sfida - spiega lake - è mettere le risorse mediche a disposizione di tutti i bambini”. Dal rapporto emerge che i decessi di bambini sotto i cinque anni sono sempre più concentrati in Africa sub-sahariana e Asia meridionale, due regioni che nel complesso hanno totalizzato oltre l’80% di tutte le morti infantili nel 2011. Decessi che nel 30% dei casi sono dovuti a problemi come polmonite e diarrea. Ma, si sottolinea nel rapporto, in aggiunta agli obiettivi legati alla salute e alla nutrizione, bisogna intervenire anche in altri settori, come l’istruzione e l’accesso ai servizi igienici, che sono fondamentali per rendere concrete le speranze di sopravvivenza e sviluppo dell’infanzia. (L.P.)
Mozambico: grave stato di carestia per 30 mila famiglie
◊ Circa 30 mila famiglie della provincia meridionale mozambicana di Gaza sono in uno stato di grave carestia già dal mese di marzo. Il problema è particolarmente serio a Chibiuto, Changalane, Bilene, Guija e Chicualacuala. Secondo le fonti locali, servono immediatamente aiuti alimentari per cercare di salvare la vita delle persone di queste 4 aree, che attualmente si stanno nutrendo di foglie, radici, frutti selvatici e del poco cibo che ancora hanno a disposizione, consapevoli che questa situazione non potrà durare a lungo. Nonostante a Gaza, circa un mese fa, si sia riusciti a produrre più cibo, la distribuzione non è ancora stata effettuata. Dal mese di marzo le 4 regioni sono sostenute dal Programma Alimentare Mondiale. La fame si fa sentire anche in altre zone limitrofe e nelle regioni di Manjacaze, Macia, Xai Xai e Malahice. La produzione a Gaza è stata ostacolata dalle piogge torrenziali, cadute da febbraio a marzo, che ha causato gravi inondazioni nella valle Limpopo.
Cina: l’aiuto della comunità cattolica alle popolazioni colpite dal terremoto
◊ Lo scorso 7 settembre la zona dello Yun Nan, in Cina, è stata vittima di un violento terremoto. Secondo stime ufficiale, fino ad oggi, si contano già 81 vittime, più di 800 feriti, 740mila terremotati con un ammontare a circa 553 milioni di dollari di danni. E le scosse ancora non si fermano. Tempestiva è stata la mobilitazione di Jinde Charities, il più grande ente caritativo cattolico della Cina continentale che, come riporta l’agenzia Fides, è in prima linea nel coordinamento dei soccorsi e si è subito impegnata nel reperimento di materiali utili per prestare soccorso alle vittime, recandosi sul posto con tende e coperte. Appena appresa la notizia del sisma, mons. Fang Jian Ping, vescovo della diocesi di Tang Shan, ha celebrato una messa di suffragio per i defunti, invitando tutti i fedeli alla preghiera per i terremotati e per i soccorritori, dicendo, durante l’omelia: “invochiamo il nostro Padre misericordioso chiedendogli di asciugare le lacrime dei terremotati e guarire loro le ferite e il loro dolore, incoraggiandoli a rialzarsi dalle macerie”. (L.P.)
Settimana biblica nazionale. Mons. Crociata: credere è scoprire di essere amati da Dio
◊ “Abramo tra storia e fede”: è questo il tema della 62esima Settimana biblica nazionale, in corso fino al 14 settembre presso la Pontificia Università Gregoriana e organizzata dall’Associazione biblica italiana. La celebrazione d’apertura, come riporta il Sir, è stata presieduta da mons. Mariano Crociata, segretario generale della Cei. “Credere – ha affermato mons. Crociata – è scoprire di essere conosciuti con amore da Dio e lasciarsi afferrare dal medesimo dinamismo, in una circolarità inesauribile nella quale si inseriscono via via tutti i rapporti interpersonali e tutte le condizioni di esistenza". "Non c’è conoscenza senza amore - ha sottolineato - e non solo nel senso dell’amore della conoscenza, ma soprattutto nella direzione di un amore che è l’anima e il fine di tutta la persona e della vita intera”. Conoscere la Scrittura “non è la conoscenza per se stessa – ha proseguito il presule – ma è oltre, nella vita e nella persona, chiamate ad assimilare e a riesprimere nella relazione con Dio e con i fratelli ciò che la frequentazione biblica illumina e rende sempre più intellegibile ed evidente”. L'invito di mons. Crociata è a "vivere la Scrittura nei rapporti interpersonali" per consentire “il pieno sviluppo e la compiuta valorizzazione di ogni presenza e di ogni servizio nella comunità dei credenti”. (L.P.)
Il 16 settembre a Firenze la Giornata Mondiale per la libertà religiosa
◊ Fermare la mattanza dei cristiani nel mondo: questo l'obiettivo ultimo degli organizzatori della Giornata internazionale per la libertà religiosa che si terrà domenica 16 settembre a Firenze. Una manifestazione multi-culturale che rivolgerà la propria attenzione in particolar modo alla persecuzione dei cristiani nel mondo. “Vogliamo affrontare il drammatico problema della persecuzione dei cristiani nel mondo creando le condizioni per fare un fronte comune e sottoscrivere una dichiarazione contro la cristianofobia da presentare agli organismi internazionali, – si legge in un comunicato degli organizzatori riportato dall’agenzia Zenit – affinché si impegnino immediatamente per fermare la mattanza dei cristiani, un vero e proprio olocausto del Cristianesimo”. Una conferenza promossa per affrontare un diritto fondamentale per la persona umana, il diritto alla libertà religiosa, definito “il cuore stesso dei diritti umani”. (L.P.)
Libia: l’impegno delle Suore della Sacra Famiglia a Derna
◊ Era il 1921 quando le Suore della Sacra Famiglia arrivarono in Libia per opera dello stesso fondatore dell’Istituto, il beato Pietro Bonilli. Da allora, come ricorda l’agenzia AsiaNews, è iniziata la silenziosa opera delle religiose che le ha portate a essere parte integrante della comunità islamica locale. Suor Celeste Biasolo, superiora del convento di Derna, racconta l’esperienza dell’ordine in questi luoghi e il legame che si è instaurato con la popolazione. Una popolazione sorpresa “dall’amore per il prossimo che ci ha insegnato Gesù”. “Loro sanno che siamo religiose e cattoliche, ma attraverso il lavoro quotidiano con malati e soprattutto anziani essi hanno notato in noi un’umanità diversa dalla loro, che li ha sorpresi", così affermano le suore che parlano di "Chiesa del silenzio" e affermano che a"iutando in modo gratuito e con amore chi soffre", testimoniano il messaggio di Gesù fra i popoli di altre fedi. “Ogni giorno i parenti di queste persone ci ringraziano definendoci angeli in terra. Io sono ormai in questo Paese da 28 anni, alcune mie consorelle, tutte italiane, sono in missione da più di 40 anni. Dopo così tanti anni non ci sentiamo più italiane, ma dernine, e tali ci considerano gli abitanti di qui”. “Nei mesi di guerra – racconta suor Celeste – non abbiamo avuto nessun problema, abbiamo continuato il nostro lavoro. Ogni giorno qualcuno veniva a far visita al convento per verificare la nostra condizione”. L’unico incidente avvenuto è stato il furto di un’auto di proprietà del convento, episodio che ha scioccato tutta la comunità musulmana di Derna a tal punto da spingere i capi delle 150 tribù della città a fare una cerimonia pubblica per offrire le proprie scuse ufficiali alle religiose. “A partire dal 15 agosto fino alla fine del Ramadan - aggiunge la suora - la nostra casa è diventata una sorta di attrazione: una processione continua di persone ha affollato il nostro cortile per diversi giorni. I tre quarti degli abitanti ci hanno fatto visita con le loro famiglie, portando in dono cibo, vestiti e tutto quello che poteva essere utile per noi e per il nostro lavoro”. In poco tempo i capi tribù hanno fatto allestire una tenda in un’ala dell’ospedale distrutta dalla guerra, per agevolare il lavoro con i malati e hanno promesso il dono di un’auto nuova. “Questa è stata una dimostrazione di grande affetto e riconoscenza della nostra missione. Un vero e proprio esempio di comunione e di convivenza. (L.P.)
Domani a Verona il Festival della Dottrina sociale della Chiesa
◊ “La necessità di un pensiero diverso”: è il tema scelto per il II Festival della Dottrina sociale della Chiesa che inizia domani a Verona e si concluderà il 16 settembre. Si discuterà di economia e di società, di famiglia, donne e giovani perché, come affermano i promotori del Festival, “per leggere bene il presente e sviluppare una società più giusta è necessario riconoscere ad ogni persona la trascendenza, la dimensione relazionale, la centralità e la dignità”. Molti gli obiettivi dell’evento, tra cui, come riporta il Sir, “riaffermare un’economia al servizio dell’uomo”, “ipotizzare uno sviluppo a misura d’uomo che riduca le disuguaglianze” e “sviluppare l’idea che senza valori e senza etica possiamo forse avere di più, ma non possiamo essere contenti di noi e del mondo che ci circonda”. (L.P.)
Mostra sull'arte sacra al Museo della Porziuncola di Santa Maria degli Angeli
◊ Aprirà domani ad Assisi, presso il Museo della Porziuncola di Santa Maria degli Angeli, e fino al 27 ottobre, una mostra di arte sacra contemporanea. “In hoc signo. La Croce nell’arte, nella cultura, nella fede” è il tema della rassegna promossa dalla Conferenza episcopale umbra in occasione del 1700mo anniversario della “visio Constantini”, avvenuta il 27 ottobre 312 d.C., all’interno della quale è stata allestita la mostra. Al centro dell’esposizione, la prospettiva della Croce, il simbolo più importante nella fede cristiana, nella visione artistica dell’affermato pittore fiorentino Filippo Rossi. Questa, come riporta l’agenzia Zenit, è sicuramente un’opportunità unica da cogliere per riflettere intorno al senso che esso ha per la nostra salvezza. (L.P.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 257