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Sommario del 12/09/2012
◊ Benedetto XVI oggi all’udienza generale nell’Aula Paolo VI in Vaticano è tornato a parlare del suo viaggio in Libano che inizierà venerdì prossimo. Ascoltiamo quanto ha detto il Papa in questo servizio di Sergio Centofanti.
“Vorrei invitare tutti ad accompagnare con la preghiera il mio imminente viaggio apostolico in Libano, durante il quale consegnerò l’Esortazione postsinodale sul Medio Oriente. Possa questa visita incoraggiare i cristiani e favorire la pace e la fraternità in tutta quella Regione”.
Questa l’esortazione rivolta ai pellegrini in lingua italiana. Poi in francese ha ricordato che durante questo viaggio incontrerà “le numerose componenti della società libanese: i responsabili civili ed ecclesiastici, i fedeli cattolici dei diversi riti, gli altri cristiani, i musulmani e i drusi di questa regione. Ringrazio il Signore – ha detto - per questa ricchezza che potrà continuare solo se vivono nella pace e nella riconciliazione duratura”. Il Papa ringrazia quindi Dio per la presenza dei cristiani in Libano e nel Medio Oriente chiedendogli di rafforzare la loro fede. Incoraggia tutta la Chiesa “alla solidarietà per continuare a testimoniare Cristo in queste terre benedette cercando la comunione nell'unità”. E rivolge il suo apprezzamento per tutte le persone e le istituzioni che in molti modi li aiutano in questa direzione. “La storia del Medio Oriente – ha affermato - ci mostra il ruolo importante e spesso fondamentale svolto dalle varie comunità cristiane nel dialogo interreligioso e interculturale. Chiediamo a Dio – ha concluso - di donare a questa regione del mondo la pace tanto desiderata, nel rispetto delle legittime differenze. Dio benedica il Libano e il Medio Oriente!”.
Viaggio in Libano. Il Patriarca Twal: tutta la Chiesa ci sia vicina in quest'ora difficile
◊ In queste ore stanno già arrivando in Libano i presuli dei Paesi della regione ai quali il Pontefice consegnerà l’Esortazione apostolica “Ecclesia in Medio Oriente”. Particolare attesa e speranza in questo viaggio del Papa viene riposta dai fedeli della Terra Santa. E’ quanto sottolinea il Patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, intervistato dal nostro inviato in Libano, Alessandro Gisotti:
R. – Con gioia andiamo ad incontrare il Santo Padre in Libano: da qui partiamo in quattro vescovi, con altri preti, con due gruppi provenienti dalla Palestina e dalla Giordania. Siamo felici di ricevere questa Esortazione e abbiamo già in programma di studiare, approfondire e applicare questo documento durante i nostri incontri con i giovani, durante i ritiri spirituali. Sarà un argomento da studiare e da meditare. In Tutto il Medio Oriente, l’atmosfera che viviamo a causa della situazione in Siria non ci fa certo respirare né fiducia né ottimismo: la verità è che la gente è preoccupata, la gente ha paura! Aspettiamo certamente dal Santo Padre un maggiore incoraggiamento, una preghiera e magari anche un appello: un appello rivolto al mondo intero, alla Chiesa universale, a tutti di cristiani del mondo affinché si facciano sentire un po’ più vicini a noi. Tutta l’attenzione dei mass media e tutta l’attenzione mondiale è ormai fissata sulla situazione in Siria: si dice poco di quello che noi viviamo, di quella che è la nostra situazione, la nostra disperazione e i nostri problemi. Nessuno parla più di Terra Santa.
D. – Il Sinodo per il Medio Oriente ha avuto come tema “Comunione e testimonianza”: come il Papa e questa visita possono aiutare concretamente la comunione e la testimonianza dei cristiani in Terra Santa e in Medio Oriente?
R. – La comunione non deve essere solamente tra di noi, tra noi pochi cristiani, tra il piccolo gregge che è rimasto, ma deve con la Chiesa universale, con le diocesi, con le Conferenze episcopali, con le organizzazioni cristiane e mondiali. La Comunione deve abbracciare un po’ più tutti coloro che sono ormai interessati al nostro destino.
D. – Il dono, forse, più importante è proprio questo documento, l’Esortazione post-sinodale per il Medio Oriente. Quanto sarà importante anche per aiutare i pastori ad affrontare le sfide?
R. – Tocca proprio a noi aiutare tutti i pastori: l’Esortazione è stata fatta per noi, è stata fatta per il Medio Oriente e sono sicuro che abbracci tutti i temi delicati che abbiamo, sia l’immigrazione che il senso di appartenenza a questa terra, che al dialogo con gli ebrei e con i musulmani. Tutti questi temi sono sicuro che sono presenti in questa Esortazione Apostolica. Tocca ora a noi prenderla seriamente in considerazione ed applicarla per quanto possibile e per quanto possiamo.
La visita del Papa avviene in un periodo nel quale il Libano, come la Giordania e la Turchia, sta accogliendo decine di migliaia di persone che fuggono dalla Siria travolta dalla guerra civile. Secondo alcune stime dell’Onu, i profughi siriani sarebbero 55 mila, ma la cifra reale potrebbe addirittura sfiorare le 150 mila persone. In prima linea per far fronte a questa emergenza umanitaria è la Caritas libanese. Il nostro inviato a Beirut, Alessandro Gisotti ha chiesto al presidente di Caritas Libano, padre Simon Faddoul, in che modo la visita del Papa potrà aiutare questi rifugiati:
R. – Certainly this will help us...
Certamente ci aiuterà e darà un sostegno al nostro lavoro, perché la visita del Papa incoraggerà tanti partner occidentali - europei e americani - ad aiutarci, a starci accanto e a sentirsi davvero coinvolti in questa emergenza, perché quello cui assistiamo, ogni giorno, sta diventando sempre peggio. Se le cose continueranno così, penso che ci troveremo di fronte ad un reale disastro.
D. – Al momento, la Caritas del Libano quanti profughi siriani sta aiutando?
R. – Until now we’ve been able...
Finora siamo stati in grado di aiutare circa 20 mila persone, ma cercheremo di aiutarne anche altre 20 mila. Il numero dei rifugiati però è di molto superiore. Certamente, l’Agenzia dell’Onu per i rifugiati, assieme ad altre Ong, cristiane e musulmane, sta dando il suo aiuto, ma siamo ancora lontani da quello che servirebbe, perché le necessità sono tante. Abbiamo problemi nel trovare un posto per loro: in Libano non abbiamo ancora un campo profughi, perché il governo non ne ha realizzato nessuno, così la gente è disseminata un po’ ovunque e cerca di trovare un posto dove stare, un riparo.
D. – Il Papa è un messaggero di pace, anche questo può rappresentare un aiuto...
R. – Because he leaves a message…
Poiché lui porta un messaggio di pace, certamente porrà l’accento su come fare la pace piuttosto che su come fare la guerra, su come riunire le persone piuttosto che dividerle.
◊ Incentrata oggi sul libro dell’Apocalisse la catechesi di Benedetto XVI all’udienza generale, proseguendo nella sua ‘scuola di preghiera’. “Dio non è insensibile alle nostre suppliche” ha rassicurato, ricordando che “il male non vince il bene” e che il potere Dio sconvolge i piani del Maligno. Il servizio di Roberta Gisotti.
Una “grande preghiera liturgica comunitaria”, cosi appare il libro dell’Apocalisse, ricco di simboli complessi, di “forte richiamo a riscoprire la carica straordinaria e trasformante” dell’Eucarestia, ha spiegato il Papa, richiamando ad essere fedeli alla “Messa domenicale, nel Giorno del Signore”, “vero centro della settimana”. In questo libro è l’insegnamento a “saper leggere in profondità la storia” che si sta vivendo, “imparando a discernere con la fede gli avvenimenti per collaborare”, con la propria azione, “allo sviluppo del regno di Dio”. “Lettura”, “discernimento”, “azione”, “preghiera”.
Tra i simboli dell’Apocalisse, riferimento per leggere la storia, Benedetto XVI ha citato “il trono” dove è seduto Dio, “che fa sentire nella storia, in modo misterioso ma reale, la sua voce”; poi “il libro”, che contiene il piano di Dio sugli avvenimenti e sugli uomini, imperscrutabile; quindi “l’Agnello” il Cristo morto e risorto, capace di svelare “il piano di Dio, il senso profondo della storia":
“La Chiesa vive nella storia, non si chiude in se stessa, ma affronta con coraggio il suo cammino in mezzo a difficoltà e sofferenze, affermando con forza che il male non vince il bene, che il buio non offusca lo splendore di Dio”.
Una verità importante:
“…come cristiani non possiamo mai essere pessimisti; sappiamo bene che nel cammino della nostra vita incontriamo spesso violenza, menzogna, odio, persecuzione, ma questo non ci scoraggia”.
Ed è soprattutto la preghiera – ha sottolineato il Santo Padre - che “ci educa a vedere i segni di Dio la sua presenza e azione”, “ad essere noi stessi luci di bene, che diffondono speranza e indicano che la vittoria è di Dio”:
“Dobbiamo essere certi, cioè, che non esistono preghiere superflue, inutili; nessuna va perduta”.
“Tutte le nostre preghiere, – ha rassicurato il Papa - con tutti i limiti, la fatica, la povertà, l’aridità, le imperfezioni che possono avere”, “raggiungono il cuore di Dio”:
“Dio non è insensibile alle nostre suppliche, interviene e fa sentire la sua potenza e la sua voce sulla terra, fa tremare e sconvolge il sistema del Maligno. Spesso, di fronte al male si ha la sensazione di non poter fare nulla, ma è proprio la nostra preghiera la risposta prima e più efficace che possiamo dare e che rende più forte il nostro quotidiano impegno nel diffondere il bene. La potenza di Dio rende feconda la nostra debolezza”.
Nei saluti finali, Benedetto XVI ha rivolto un augurio particolare ai religiosi dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini e della Confederazione dell’Oratorio di San Filippo Neri, in occasione dei loro Capitoli generali. In chiusura dell’udienza un omaggio al Papa da parte di mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, che gli ha consegnato una copia del libro “Enchiridion della nuova Evangelizzazione”, raccolta di “Testi del Magistero pontificio e conciliare 1939-2012”, speciale edizione della Libreria Editrice Vaticana nell’Anno della Fede.
Il Papa incontra il Patriarca Karekin II
◊ Dopo l’udienza generale, Benedetto XVI ha ricevuto nello Studio dell’Aula Paolo VI, in Vaticano, Sua Santità Karekin II, Patriarca Supremo e Catholicos di Tutti gli Armeni.
◊ Sulla vicenda delle violenze innescate da un film prodotto negli Stati Uniti e considerato offensivo per l'Islam, è intervenuto con una dichiarazione il direttore della Sala Stampa vaticana padre Federico Lombardi. “Il rispetto profondo per le credenze, i testi, i grandi personaggi e i simboli delle diverse religioni – ha detto - è una premessa essenziale della convivenza pacifica dei popoli. Le conseguenze gravissime delle ingiustificate offese e provocazioni alla sensibilità dei credenti musulmani sono ancora una volta evidenti in questi giorni, per le reazioni che suscitano, anche con risultati tragici, che a loro volta approfondiscono tensione ed odio, scatenando una violenza del tutto inaccettabile. Il messaggio di dialogo e di rispetto per tutti i credenti delle diverse religioni che il Santo Padre si accinge a portare nel prossimo viaggio in Libano – conclude padre Lombardi - indica la via che tutti dovrebbero percorrere per costruire insieme la convivenza comune delle religioni e dei popoli nella pace”.
Il cardinale Bertone ai nuovi vescovi: non conformarsi al mondo per la paura di essere criticati
◊ Stamani, presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum a Roma, il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone ha presieduto la Messa per i partecipanti al Convegno dei nuovi vescovi ordinati negli ultimi dodici mesi. Il servizio di Sergio Centofanti.
“Un cristiano, tanto più un sacerdote e un vescovo, non deve conformarsi al mondo per la paura di essere criticato o per il desiderio che tutti dicano bene di lui”: il cardinale Bertone commenta il passo delle Beatitudini proposto dalla liturgia odierna laddove Gesù dice: «Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti» (Lc 6, 26). “Se la gente ci critica perché non viviamo fedelmente la nostra vocazione e la nostra missione – spiega il porporato - certamente dobbiamo esaminarci e cambiare. Ma se siamo criticati perché non seguiamo i criteri del mondo e le mode del momento, dobbiamo rimanere serenamente fermi nella nostra fedeltà al Vangelo e all’insegnamento autentico della Chiesa. Così la felicità promessa dal Signore sarà in noi già fin d’ora”.
“In questo percorso di fedeltà a Cristo e al suo Vangelo – ha affermato il cardinale Bertone - la Vergine Santa è il nostro modello”: questo significa porre il ministero sacerdotale ed episcopale “dentro l’obbedienza mariana” che è “l’obbedienza della fede, mediante la quale trasferiamo la proprietà di noi stessi da noi stessi a Cristo nel servizio generoso e fedele della sua Chiesa”. Quindi esorta i nuovi vescovi a non perdersi d’animo nelle difficoltà che incontreranno nel compimento del loro ministero.
Commenta, infine, la prima Lettera ai Corinzi, dove San Paolo “interviene per aiutare i cristiani a fare una scelta dello stato di vita ispirata dalla vera libertà evangelica, che ha il suo fondamento nel rapporto con il Signore”, eliminando “i pregiudizi derivanti dalle paure e distorsioni dell’ambiente”. “Nessuno stato di vita, matrimonio o verginità, è di per sé salvifico – afferma il cardinale Bertone - Chi salva è il Signore. Perciò quello che conta è la fedeltà nei confronti di Dio, da vivere in ogni condizione”.
◊ "Il Cortile dei Gentili", la struttura vaticana dedicata al dialogo con i non-credenti, gestita dal Pontificio Consiglio della Cultura, riprende la sua attività con un appuntamento di due giornate che comincia domani a Stoccolma. Per la prima volta in un Paese luterano, e in una regione europea caratterizzata da una forte secolarizzazione, il Cortile svedese avrà come tema "Il mondo con o senza Dio?". I dibattiti si svolgeranno nella sede dell'Accademia Reale delle Scienze e nel Fryshuset, il centro per attività sociali per giovani più grande d'Europa che accoglie ragazzi in difficoltà. Fabio Colagrande ha chiesto al cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del dicastero vaticano della cultura, che inaugurerà l'incontro di Stoccolma, di presentarlo ai nostri microfoni:
R. – Il mondo luterano è certamente un ambito molto vivace, ma anche profondamente in crisi. Per cui la fede diventa sempre di più un’esperienza di nicchia, laddove la grande tradizione precedente, invece, era tale da unire persino, per certi versi, Stato e Chiesa, trono e altare: la tradizione luterana precedente era in questa linea; ora, invece, è tutto mutato. Per cui anche per noi è interessante guardare un ambito, un orizzonte di fede, che è però così profondamente in crisi e che è ritornato quasi ad essere catacombale.
D. – Una regione, quella dove si trova la Svezia, che è caratterizzata da una forte secolarizzazione. Questo cosa significa per i temi che toccherete durante il Cortile?
R. – Sarà per noi anche una sfida. Devo dive che è la prima volta che un cardinale entra nell’interno dello spazio nobile dell’Accademia Reale di Svezia, quella dove si assegnano i Premi Nobel: per tradizione si sa che questa Accademia è fieramente laica e anche, per certi versi, molto sospettosa nei confronti del mondo cattolico. Devo dire che, invece, ha accettato questo evento con molto interesse. Lì sarà veramente suggestivo riuscire a individuare l’arco di tutte le potenzialità, possibilità e iridescenze quasi, della non credenza. E questo perché si ha, per esempio, la figura di coloro che sono atei, che hanno però un grande rispetto per la fede; ci sono altri che testimonieranno il trapasso insensibile da una fede rigorosamente luterana, puritana, intensa, ad una forma di indifferenza; e ci saranno coloro che testimonieranno, però, anche la loro fede. Non dimentichiamo che uno dei maggiori scrittori svedesi, che io spero di incontrare, Thor Lindgren, è un cattolico praticante. Sarà certamente accesa la discussione rispetto anche ad altre esperienze precedenti da noi fatte. Penso, ad esempio, alla sessione dedicata ai giovani, all’interno di uno spazio sociale molto importante di Stoccolma; penso alla presenza di una figura atea, molto aggressiva, la quale si batte affinché non si usi più il termine Dio all’interno del linguaggio quasi comune e ufficiale. Quindi c’è anche una negazione, che è una negazione abbastanza veemente. Dall’altra parte, però, dobbiamo anche dire che c’è una affermazione della fede estremamente nobile ed alta: non dimentichiamo mai le due grandi facoltà di Teologia e Università, che hanno matrici di origine teologica: Uppsala da una parte e Lund dall’altra. Io sarò, tra l’altro, in visita ufficiale all’Università di Uppsala e sarà interessante vedere anche l’elaborazione teologica, che è – tra l’altro – anche sostenuta dalla piccola minoranza cattolica. Ci sarà anche la presenza del vescovo di Lund, che è una professoressa dell’Università di Lund, una teologa, che ho avuto occasione già di incontrare e che certamente presenta anche una fede che vuole rinascere in un contesto così profondamente in crisi. Un vero e proprio gioco di colori in antipodo: un infrarosso e un ultravioletto, due estremi, che ininterrottamente faranno anche qualche scintilla. Ma questo è anche l’interesse del Cortile dei Gentili: un confronto serio anche quando magari le divaricazioni sono profonde, con riconoscimento che entrambi portano ragioni per il credere e non credere.
D. - Possiamo accennare che dopo l’appuntamento di Stoccolma, il Cortile dei Gentili tornerà in Italia con un appuntamento ad Assisi il 5 e 6 ottobre che si annuncia con un programma particolarmente ricco e intenso, proprio alla vigilia dell’apertura del Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione…
R. – Sarà forse questo il Cortile dei Gentili in assoluto più grandioso che mai abbiamo fatto perché comprenderà una gamma variegata di temi tali da costituire quasi tutto l’orizzonte possibile della cultura e della vita anche quotidiana con personalità di altissimo livello e con le letture fatte dalle due angolature. L’elemento, certo, iniziale più suggestivo sarà la presenza del presidente della Repubblica il quale ha scelto di dialogare con me proprio non su un tema politico ma su un tema religioso, culturale. Così come nell’interno della sequenza si vedranno dai giovani all’arte, dal grido dei poveri ai problemi sociali, persino ai problemi anche delle relazioni industriali. Sarà veramente un’esperienza che ci auguriamo possa avere un’eco profonda anche nel tessuto culturale dell’Italia.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Pace nel rispetto delle differenze: appello di Benedetto XVI per il Medio Oriente alla vigilia del viaggio in Libano.
Nell'informazione internazionale, Pierluigi Natalia sull'incertezza somala dopo la fine della transizione.
Ucciso l'ambasciatore statunitense in Libia.
Identikit di Abramo: in cultura, Angelo Passaro, Emile Puech e Thomas Romer sul patriarca delle tre religioni al centro della Settimana di studi dell'associazione biblica nazionale.
Fedeli al Vangelo e non alle mode: nell'informazione religiosa, la Messa del cardinale segretario di Stato - al Pontificio Ateneo Regina Apostolorum - per i vescovi di recente ordinazione.
Nessuna preghiera è inutile: all'udienza generale il Papa parla della seconda parte del Libro dell'Apocalisse.
Comunione e testimonianza: intervista di Mario Ponzi all'arcivescovo Nikola Eterovic sul significato dell'esortazione post sinodale che il Papa consegnerà alla Chiesa in Medio Oriente.
Attacco al consolato Usa a Bengasi: ucciso l'ambasciatore e tre funzionari
◊ Nell’assalto al consolato Usa di Bengasi, in Libia, attaccato ieri sera da un gruppo di manifestanti che protestavano contro un film, prodotto negli Stati Uniti e giudicato blasfemo per l'Islam, sono rimasti uccisi l'ambasciatore americano J. Christopher Stevens e tre funzionari. L'assalto al consolato di Bengasi è avvenuto a poche ore di distanza da un altro simile episodio esploso stavolta all'ambasciata di Washington al Cairo dove un folto gruppo di islamisti (3mila circa) è riuscito a salire sulle mura che circondano la sede diplomatica dopo aver bruciato le bandiere statunitensi. Il tutto accadeva ieri nell'11.mo anniversario degli attacchi dell'11 settembre contro le Torri Gemelle. Il film al centro delle proteste anti-americane - prodotto da un regista israeliano-americano, Sam Bacile - schernisce l’islam e l'immagine di Maometto. Della gravità dell'episodio nel difficile contesto libico e del film Fausta Speranza ha parlato con mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, vicario apostolico di Tripoli:
R. – La Libia si trova in un momento particolare di crescita, con le elezioni e poi dopo le elezioni la scelta del nuovo governo. Abbiamo bisogno di una certa tranquillità, una certa serenità, per poter anche aiutare la gente a fare le proprie scelte, a camminare - come si dice - con i propri piedi. Tutto ciò che capita e che sta capitando proprio in relazione alla propria sensibilità e anche la propria religione certamente non giova anche sul piano politico. Maometto è la persona in cui si identifica la comunità arabo-musulmana e quindi toccare questa figura è qualcosa di molto grave. Non ci si rende conto. Si può parlare di questioni politiche e non si può essere d’accordo ma, quando si tocca Maometto, diventano assolutamente tutti sensibili e attenti e si identificano tutti in lui. Io non so questo film di che cosa esattamente parli però se ha toccato la sensibilità del mondo arabo parlando in qualche modo non rispettoso di Maometto sicuramente non fa bene.
D. – In Libia oltre alla precarietà, alla sensibilità, come diceva lei, sul piano religioso, però da parte della gente c’è anche la voglia di pace…
R. – Tutti vogliono la pace però ci sono già conflitti interni di estremismi, di fondamentalismi, che si fanno avanti. Quindi questi fatti che vengono dall’esterno aumentano e accrescono la rabbia di questa gente che va trovando e cerca veramente la pace all’interno della comunità.
Poche ore prima il sanguinario attentato a Bengasi, anche in Egitto, c'era stato un tentativo di assalto all'ambasciata degli Usa al Cairo. Nell'intervista di Fausta Speranza, la riflessione del prof. Marco Lombardi, docente di politiche della sicurezza all'Università Sacro Cuore di Milano:
R. – In termini di quadro generale abbiamo un’enorme polveriera, che va dall’Egitto alla Tunisia. Questo dobbiamo averlo in testa. Nello specifico della Libia, abbiamo un Paese altamente frammentato tra interessi tribali e interessi del radicalismo più o meno jihadista e un governo nazionale che sta cercando di fare qualcosa. Siamo quindi nella totale incertezza del dopo-Gheddafi.
D. – Leghiamo anche l’altro episodio, perché anche al Cairo c’è stato un tentativo di attacco all’ambasciata con dichiarate proteste per il film sulla vita di Maometto che risulta offensivo per l’islam. Quindi c’entra questo discorso religioso…
R. – Certamente c’entra questo discorso religioso, in quanto – come sempre nell’islam – politica e religione vanno di pari passo. Quindi dobbiamo sempre tenere in considerazione questa dimensione più ampia e che in sé non è contestabile. Ricordiamo che in relazione ai fumetti pubblicati qualche anno fa in Danimarca ci sono state dimostrazione con centinaia di migliaia di persone, che hanno messo a ferro e fuoco in Medio Oriente ambasciate occidentali. Quindi, ce la si poteva aspettare. Rispetto alla zona, come stavo dicendo, siamo di fronte ad una progressione del radicalismo in tutto il Nord Africa: l’Egitto ne è una dimostrazione. Ancora più drammatica la dimostrazione libica, perché inserita in un contesto di guerra – diciamocelo pure – o di non controllo tribale, etnico, religioso e politico della Libia. Ma attenzione! Qualcosa si sta estendendo sulla Tunisia. In questi ultimi mesi e in queste ultime settimane abbiamo visto come - in maniera surrettizia, se vogliamo – di fatto la legge islamica radicale, quella cioè che è intesa come sharia, stia diventando legge di governo semplicemente riappellandosi al primo articolo della Costituzione che dice che la religione islamica è religione di Stato. La conseguenza è che tutto quello che non è coerente con la religione islamica è fuorilegge. Quindi con manifestazioni diverse – in Egitto con una manifestazione contro il film; in Libia con un attacco con omicidio; e in Tunisia con aspetti normativi – stiamo di fatto assistendo ad una progressiva e drammatica radicalizzazione del Nord Africa. Questo è il punto politico fondamentale. E’ eccessivo forse dirlo per ora ma il Nord Africa potrebbe essere il nuovo Afghanistan.
D. - In tutto questo, proviamo a spendere una parola per questo film, che è provocatorio, che risulta offensivo e che in questo momento storico, meno che mai, non ci voleva…
R. – Qui ci va un po’ di intelligenza. Concordo con lei. Io credo che sia del tutto inutile richiamarsi alla libertà di espressione: bisogna essere liberi di esprimersi, ma secondo me bisogna anche considerare sempre quali sono le conseguenze della propria comunicazione e, dunque, assumersi le responsabilità. Detto in altri termini: un po’ di intelligenza strategica, quando si raccontano delle cose a un pubblico, sapendo quelle che potrebbero essere le reazioni, secondo me è richiesta. E’ evidente che un film del genere avrebbe causato delle derive come quelle che sono avvenute. E’ un momento storicamente difficile per tutti noi e ciascuno di noi è chiamato ad assumersi nel suo piccolo le sue responsabilità, anche chi produce un film!
"Sì" di Berlino al Fondo salva-Stati. Barroso: il futuro dell'Ue è l'unione politica
◊ La Corte costituzionale tedesca considera legittimi l'Esm (European Stability Mechanism), il nuovo meccanismo europeo di salvataggio e il Fiscal Pact, ma pone determinate condizioni alla ratifica. "Un buon giorno per la Germania e un buon giorno per l'Europa": così la cancelliera tedesca Angela Merkel ha commentato il pronunciamento della Corte. Intanto il presidente della Commissione Europea, Barroso, ribadisce che il futuro dell'Unione Europea è l'unione politica. Il servizio di Massimiliano Menichetti:
Si sblocca la questione fondo salva-Stati dopo l’approvazione, in mattinata, del "Meccanismo di stabilità europea" conosciuto come Esm, tuttavia gli Alti magistrati di Karlsruhe hanno posto una serie di paletti per l'operatività del salvagente europeo. Stabilito ad esempio che i due rami del Parlamento tedesco dovranno essere informati delle decisioni dell'Esm e che l'esposizione della Germania al fondo salva-Stati non dovrà superare i 190 miliardi di euro senza il via libera del Bundestag, ovvero la Camera Bassa del Parlamento. In questo scenario, mentre si attendeva la decisione di Berlino, il presidente della Commissione Europea, Barroso, nel discorso sullo Stato dell'Unione davanti alla plenaria del Parlamento di Strasburgo, ha ribadito che l'Ue deve ''muoversi verso una federazione di Stati-Nazione'', per la cui creazione ''servirà un nuovo trattato''. E, sottolineando che il futuro dell'Unione Europea è l'unione politica, ha evidenziato che “entro dicembre sarà presentato un cosiddetto libro blu'' con i passi da fare per il futuro.
Sulla decisione della Corte costituzionale tedesca abbiamo raccolto il commento del prof. Roberto Artoni, ordinario di Scienza delle finanze alla Bocconi di Milano:
R. - E’ una decisione in se stessa positiva, anche se centrista, perché bisognerà vedere se i limiti posti dal Fondo salva-Stati sono adeguati. Certamente costituisce una boccata d’ossigeno per l’euro e dovrebbe consentire di affrontare con più ponderazione i problemi che si porranno in futuro.
D. – Il fatto che il Fondo non dovrà superare i 190 miliardi di euro, senza il via libera del Bundestag, è un freno all'operatività del fondo?
R. – Poterebbe essere un freno, ma credo che anche i tedeschi abbiano un limite. Teniamo presente che i mercati europei sono essenziali per l’economica tedesca. Certamente, quanto espresso dai giudici non è una decisione negativa. Vedremo poi il grado di positività.
D. – Parallelamente, mentre si attendeva questa riposta, Barroso ha ribadito che l’Unione Europea deve muovere verso la federazione di Stati-Nazione, per la cui creazione servirà un nuovo trattato…
R. – Direi che è essenziale. Che cosa ha dimostrato la crisi di questi anni? Che la costruzione europea era estremamente instabile. In sostanza i 10 anni finiti nel 2007 sono stati anni economicamente tranquilli, positivi, in cui la costruzione europea non è stata sollecitata da tensioni. La crisi incominciata nel 2007 ha dimostrato invece che, se si voleva mantenere un’Unione Europea efficace, bisognava anche approfondire le caratteristiche di fondo: sul piano del controllo delle banche, sul piano politico, sul piano economico. Direi che adesso il punto è questo: come questo progetto di unione andrà avanti, perché c’è il pericolo che sia un’unione recessiva sul piano economico e sociale o un’unione progressiva e qui qualche dubbio c’è. Per cui bisogna proprio uscire da questa logica di austerità a tutti i costi in attesa di un ipotetico rilancio.
◊ Con l’appuntamento a Roma nel 2013, si è concluso ieri sera a Sarajevo, in Bosnia, l’incontro delle religioni mondiali per la pace, organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio. Tre giorni di incontri tra leader di tutte le fedi, personalità politiche e intellettuali di ogni parte del mondo riunitisi per discutere delle tematiche e delle sfide più urgenti per la società di oggi. Dal palco, allestito nel centro storico della capitale della Bosnia ed Erzegovina, si è levato l’appello di pace. Da Sarajevo, Francesca Sabatinelli:
Sarajevo, terra ferita dall’ultima guerra combattuta in Europa, insanguinata dall’odio tra vicini, tra diverse religioni e differenti etnie, è divenuta ieri sera depositaria dello spirito di Assisi e ora si farà portatrice di quel messaggio di pace che richiama le religioni tutte al dovere di insegnare a vivere insieme attraverso il dialogo, la stima reciproca, il rispetto della libertà e della differenza. L’appello letto a conclusione dell’incontro e alla presenza di tutti i capi religiosi, nega che odio, divisione, violenza, stragi e genocidi vengano da Dio, chiede che in nessun altro luogo si faccia la guerra in nome delle differenze, perché al contrario vivere tra diversi è molto fecondo. Soprattutto, nel messaggio, si rende omaggio a Sarajevo, città che è tornata nelle emozionate parole del cardinale Roger Etchegaray, che dal palco ha raccontato di quando nella Sarajevo assediata entrò come inviato di Giovanni Paolo II. Alla città il porporato ha chiesto di avere coraggio, ai suoi abitanti di tornare a imparare a vivere insieme, senza preconcetti, forti di un passato segnato da tolleranza religiosa e da scambi culturali. La storia di Sarajevo è un ammonimento, è stato il richiamo di Andrea Riccardi, fondatore di Sant’Egidio, che ha sottolineato quanto già ripetuto in questi giorni: il futuro di questa regione riguarda gli europei. Sarajevo deve restare una e plurale, e proprio da qui si è alzata quindi l’invocazione: mai più odi e guerre fratricide. Le religioni possono aiutare a vivere insieme e a comprendere che questa condizione non è una maledizione ma una benedizione.
Tra i partecipanti al meeting anche mons. Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia e consigliere spirituale della Comunità di Sant’Egidio, che al microfono della nostra inviata Francesca Sabatinelli sottolinea l’importanza di essere venuti a Sarajevo, città che può tornare a essere esempio della convivenza tra i popoli:
R. – Non c’è dubbio che la Bosnia, e in particolare Sarajevo, resti una delle aree più delicate dell’Europa. Per questo era urgente venire a Sarajevo per dare un messaggio diverso. Vedere ortodossi serbi, in particolare il Patriarca, varcare le porte della città non solo, anche quelle della chiesa cattolica, per la prima volta, e poi vedere metropoliti, cardinali, vescovi e fedeli ortodossi, cattolici, gremire la cattedrale ortodossa, sono visioni di pace indimenticabili. E non c’è dubbio che è in questo modo che si può seminare in maniera robusta una visione di convivenza per il futuro. Ecco perché forse il tesoro più prezioso di tutto questo incontro è proprio questa immagine di cattolici e ortodossi che si abbracciano e che scelgono di continuare a vivere assieme qui, in raccordo anche con i musulmani e gli ebrei, e ridare a Sarajevo quella prospettiva che nei secoli passati ha sempre avuto, anche portando frutti nuovi per tutta la regione balcanica.
D. – Le divisioni che oggi si vivono in questa terra non sembrano tanto tra le persone, ma essenzialmente a livello politico. Ed è questo che caratterizza molti dei Paesi dilaniati dai conflitti. E molti di questi Paesi sono stati qui i testimoni. La politica: è su questo che occorre lavorare...
R. – Sì, io credo che ci sia bisogno che la politica, o meglio i politici abbiano visioni più ampie e più profonde nello stesso tempo. La superficialità in questo caso è drammatica e anche una politica ristretta alla terra e ai confini è molto problematica. Quindi, la politica deve essere consapevole della necessità di suonare più tasti per toccare le corde di questi popoli. Un tasto certamente è quello di iscrivere quest’area nel più grande orizzonte europeo. Senza l’Europa, io credo che qui sia stato solo messo un coperchio ad una situazione che può rischiare di esplodere nuovamente. L’Europa può, nel campo della politica, smorzare le tensioni. Ma c’è un ulteriore passo da compiere, a mio parere: la convivenza tra i popoli non può essere stretta solo all’interno dei confini stabiliti.
Pakistan, caso Rimsha. Paul Bhatti: “Un passo avanti verso la convivenza”
◊ “Un passo positivo verso la convivenza tra le diverse comunità presenti nel Paese”. Così Paul Bhatti, consigliere per le minoranze del Primo ministro del Pakistan ha commentato da Sarajevo, dove ha partecipato all’Incontro internazionale per la pace della Comunità di Sant’Egidio, la liberazione di Rimsha, la bambina con problemi mentali accusata di blasfemia per la quale domani è in programma l'udienza del processo. L’intervista della nostra inviata, Francesca Sabatinelli:
R. – Da una parte, questa sofferenza e questa tragedia hanno colpito tantissime persone: nessuno è rimasto indifferente a questa storia. Dall’altra parte, ha portato alcuni risultati positivi, nel senso che non solo ha colpito in maniera positiva il mondo internazionale, ma anche chi sosteneva questa legge ha riflettuto sul fatto che tutto questo non fosse giusto nei confronti di quella bambina. Da qui, un messaggio positivo per la comunità: è la prima volta che vedo, infatti, musulmani e leader religiosi sostenere l’uso sbagliato di questa legge e che vada abolita. È un passo avanti. Tanti musulmani, tante persone, quando sentivano accusare qualcuno per blasfemia arrivavano in massa per uccidere i cristiani; stavolta, invece, si è riusciti a bloccare tutto questo, un po’ anche perché abbiamo cercato di collaborare. Dovrei ringraziare, in questo caso, il governo pakistano, in particolare il presidente della Repubblica, che si è preso a cuore la cosa, e le forze dell’ordine locali, che hanno cercato di condurre le inchieste in maniera trasparente, per portare a galla la verità e la giustizia. E la gente locale lo ha potuto vedere. Quindi, è stata una cosa molto positiva.
D. – Il messaggio positivo che gli imam lanciano sarà, però, raccolto comunque dal popolo?
R. – Sì, in maniera positiva, soprattutto perché la gente ora sa che chi accusa falsamente qualcuno può essere punito in futuro. Noi, infatti, abbiamo arrestato quest’uomo che ha accusato falsamente la bambina - adesso è sotto processo - e tutta la popolazione è contro di lui. Quindi, in futuro, qualsiasi persona che pensi di accusare falsamente un’altra, soprattutto una persona innocente, ci penserà due volte prima di farlo.
Le Acli: cattolici incerti su chi votare. Olivero: siano più presenti in politica
◊ Il 43% dei cattolici alle elezioni si dice incerto su chi votare e potrebbe astenersi. E’ uno dei risultati dell’indagine commissionata all’istituto Ipsos dalle Acli per l’annuale convegno di studi che si tiene a Perugia il 14 e il 15 settembre. Dagli elettori ai politici cristiani viene chiesta più onestà e attenzione ai deboli. Alessandro Guarasci ha sentito il presidente delle Acli Andrea Olivero:
R. – C’è una fortissima incertezza, c’è molta delusione e preoccupazione rispetto al futuro. Questo non ci lascia tranquilli e non lascia tranquillo chi, in qualche modo, ha cercato in questi anni di spronare il mondo cattolico all’impegno politico, e anche chi, come noi, opera nel sociale e, quindi, in qualche misura immaginerebbe un impegno maggiore dei cattolici, rispetto agli altri cittadini.
D. – Mi sembra che però non emerga la voglia di un nuovo partito dei cattolici. Ma allora questo consenso dei cattolici dove si può convogliare e come?
R. – Non c’è la richiesta di un partito dei cattolici, ma da tutte le parti invece emerge la richiesta che i cattolici siano più presenti: sia andando a rafforzare le forze politiche già esistenti sia eventualmente anche andando a contribuire ad un ritorno della società civile nella politica, che appunto in questi anni è stata troppo autoreferenziale. Un cambiamento che parte da una richiesta di onestà, di dedizione, d’impegno determinato sulle grandi questioni sociali, in particolare il contrasto alla povertà e l’aiuto per chi sta perdendo il lavoro.
XV edizione di Religion Today Filmfestival: un’ampia rassegna per rilanciare la pace e il dialogo
◊ Al via a Trento dal 12 al 24 ottobre prossimi, la 15esima edizione del Religion Today Filmfestival che quest’anno si svolge sul tema: “Conflitti. Religioni e non-violenza”. Una rassegna ricchissima, con 57 film in gara, ma anche spettacoli dal vivo, concerti ed eventi speciali, pensati con l’obiettivo di avvicinare culture diverse, attraverso la fede, la conoscenza e il rispetto reciproco. L'evento è stato presentato nella Sala Marconi della nostra emittente. C’era per noi Cecilia Seppia:
Piccole grandi storie di scontro-incontro, di rivalità e amicizia, di convivenza pacifica in un mondo segnato dai conflitti che può diventare attraverso l’impegno di tutti un giardino dove il lupo e l’agnello abitano insieme, come descritto nel libro del profeta Isaia. Questo è il Religion Today Film Festival. Un viaggio nelle differenze dove è il cinema con le sue storie a far da volàno per ribadire l’obiettivo principe della rassegna: ovvero la diffusione e l’impegno corale per la pace e il dialogo, ma anche per tener alta l’attenzione su un’urgenza che non può essere ignorata: la creazione di una cultura della non-violenza, come antidoto ad ogni tentazione fondamentalista di intransigenza e di chiusura. Ecco il ruolo del film religioso, ecco l’importanza della Religione. Katia Malatesta direttrice del Festival:
“In questi 15 anni è successo di tutto. La nostra società è cambiata molto: c’è stato un risveglio religioso, ma c’è stata anche quella che è stata teorizzata come la 'clash of civilization', lo scontro delle civiltà. Per cui le religioni, indubbiamente, oggi vengono guardate con attenzione nel bene e nel male. Il nostro Festival ci tiene a rilanciare sempre la speranza, ma senza nascondere aspetti critici e problematici. Questa è un po’ l’intenzione di questa 15.ma edizione: fare un bilancio di 15 anni di storia, per ripartire, consci appunto di tutte le difficoltà, ma sempre pronti a tenere aperte le vie del dialogo, come fanno tantissimi uomini e tantissime donne in tutto il mondo. Il Festival procede esattamente su questo binario, senza nascondersi le difficoltà, perché sicuramente c’è un allarme crescente presso tante fasce della popolazione. Il nostro vuole essere proprio un laboratorio, in cui conoscere meglio l’altro, magari superare qualche pregiudizio, legato semplicemente all’ignoranza, sulla via del rispetto reciproco”.
I 57 i film ammessi provengono da tutti i continenti: tra questi spicca la qualità della produzione italiana, ma anche l’eleganza visiva di quella iraniana e persiana. Oltre i lungometraggi a soggetto, l’edizione 2012 propone un’inedita finestra sulle confluenze tra temi religiosi e generi cinematografici, dal western, al giallo, alla crime story fino alla spy story e alla fantapolitica adatti a veicolare lo stesso messaggio a credenti e non credenti. Un’intera sezione sarà poi dedicata alla Terra Santa e al conflitto israelo-palestinese. Qui dove il dialogo, anche a causa dello sconfinamento della crisi siriana, è ancora più urgente. Alessandro Martinelli direttore del Centro diocesano per l’Ecumenismo e il Dialogo interreligioso di Trento:
“Io credo sostanzialmente che se ognuno non impara a vivere la dimensione della non violenza, nei piccoli passi quotidiani, difficilmente riuscirà a pensare possibile un’esperienza non violenta molto più ampia. La visione del film aiuta da tutti i punti di vista. Può anche, tra l’altro, mostrare delle possibilità reali, concrete. Questa è anche la sfida interiore di ogni esperienza religiosa: quella della conoscenza dell’altro, vista davvero come una sorta di specchio. Allora, noi dell’altro, sino ad oggi, ne abbiamo paura, oppure l’altro ci serve a seconda delle nostre esigenze. La scoperta della fede invece è quella che l’altro non è tanto a mio servizio, ma fa parte di me ed io faccio parte dell’altro. In fondo, credo che quest’ultimo tempo, soprattutto in questi ultimi dieci anni, sia proprio un tentativo di costruire questo tipo di cammino, che è nuovo, nel campo delle fedi, perché dobbiamo essere anche onesti, noi stiamo dialogando da pochi anni, rispetto a quella che è la storia delle religioni. Questo costituisce davvero la sfida dello stare insieme e la sfida dello scoprirsi credenti”.
Pakistan: incendio in una fabbrica a Karachi. Almeno 300 morti
◊ Un terribile incendio è divampato in Pakistan in una fabbrica tessile nella metropoli di Karachi. Al momento si contano già 289 vittime accertate ma il bilancio sembra destinato ad aumentare. Al momento dello scoppio dell’incendio, le cui cause sono ancora da accertare, sarebbero state circa 450 le persone presenti all’interno dell’edificio. Attualmente le fiamme sembra siano state domate ma il recupero delle vittime rimane ancora molto difficile per la presenza di fumo e le condizioni dell’edificio che ostacolano il lavoro dei soccorritori. (L.P.)
Pax Christi: un giorno di digiuno per la pace per il viaggio del Papa in Libano
◊ Un giorno di digiuno per la pace in occasione del viaggio di Benedetto XVI in Libano. È l’invito, riportato dal Sir, di Pax Christi, movimento cattolico per la pace nato in Francia nel 1945, che ha voluto raccogliere la proposta di padre Paolo Dall’Oglio, fondatore del monastero di Deir Mar Musa in Siria, e della Rete Corpi Civili di Pace. “Anche un segno, seppur piccolo e simbolico come un giorno di digiuno – si legge in una nota di Pax Christi Italia – può aiutare a essere vicini alla tragedia della Siria”. “Quando si è davanti alla violenza e non si hanno parole adatte – prosegue la nota - non si vedono vie d’uscita e si rischia la rassegnazione di fronte alla guerra e alla violenza. Non possiamo immaginare che questo sia un viaggio come in tanti altri luoghi. La presenza del Papa in quella terra così martoriata da tanto tempo possa davvero essere un richiamo per tutti. Questo digiuno vuole essere solo un richiamo per la coscienza di ognuno, credente e non credente”. “Certo – conclude il comunicato – molto altro c’è da fare per la pace. Abbiamo cercato di farlo denunciando il grande business delle armi o proponendo riflessioni e gesti concreti di educazione alla pace, al dialogo, alla non violenza”. (L.P.)
Germania: appello congiunto cattolico-evangelico per i profughi siriani
◊ Il dramma dei profughi siriani è stato richiamato dalle Chiese cattolica ed evangelica tedesche che hanno rivolto ieri un appello al governo federale tedesco affinché prosegua il sostegno umanitario nel Paese afflitto dalla guerra civile. “I Paesi vicini della Siria meritano gratitudine e rispetto per aver accolto i profughi, tanto più che essi stessi si trovano in una situazione molto difficile”, ha osservato mons. Norbert Trelle, presidente della Commissione sulla migrazione della Conferenza episcopale tedesca. “La disponibilità di questi Paesi ad accogliere e assistere i profughi è fondamentale. Anche il sostegno finora offerto dalla Germania in tal senso è di grande importanza”, ha sottolineato Volger Jung, presidente della Camera per la migrazione e l’integrazione della Chiesa evangelica tedesca. Mons. Trelle - riferisce l'agenzia Sir - ha espresso favore per l’annuncio del ministro federale Guido Westerwelle, che si è detto disponibile sull’accoglienza di profughi. “Per sgravare già ora gli Stati confinanti e aiutarli in modo efficace, è necessario concentrarsi sui profughi che avevano cercato rifugio in Siria prima dell’inizio della guerra civile”, ha detto mons. Trelle. In Siria, infatti, ha ricordato Jung, vive “un gran numero di profughi di altri Paesi”, che sarebbe opportuno accogliere in Europa. (R.P.)
Unicef: in Siria i bambini non sanno se la scuola riaprirà
◊ I bambini siriani non sanno ancora se la scuola riaprirà il 16 settembre. Delle 22 mila scuole presenti in Siria circa 2100 risultano gravemente danneggiate. Molte di queste, circa 600, sono state utilizzate come riparo per gli sfollati ma si stima che presto più della metà verranno evacuate prima della data di inizio dell‘anno scolastico. 88 persone del personale del Ministero sono rimaste uccise dalla guerra. Lo ricorda l’Unicef, che nelle zone più colpite - Idleb, Deraa, Homs e l’area rurale di Damasco - sta cercando di rendere agibili almeno 64 scuole, per dare ai bambini la possibilità di tornare a studiare. Questa settimana la scuola è iniziata in Giordania - riporta l'agenzia Sir - ma i bimbi siriani che affollano il campo di Za‘atari non potranno seguire le lezioni nel loro Paese sebbene le Ong si stiano organizzando per metter su una scuola nel campo per oltre cinquemila di loro. In Libano, nelle regioni del Bekaa e del Nord, dove tante famiglie povere ospitano gli sfollati del conflitto l’Unicef ha avviato colloqui con il Ministero dell‘educazione per includere i bambini siriani nelle scuole libanesi. “Tornare alla normalità è un diritto di tutti - afferma Andrea Iacomini, portavoce Unicef Italia -. I bimbi siriani hanno diritto all‘emozione del primo giorno di scuola”. L‘Unicef cerca di ridare un barlume di normalità attraverso uno zainetto, un banco, un foglio e delle matite. (R.P.)
Oslo: riunione per fare il punto sul Trattato sulle "bombe a grappolo"
◊ Rappresentanti di oltre 100 Paesi sono riuniti a Oslo, in Norvegia, a quattro anni dalla firma del Trattato per la messa al bando delle bombe a grappolo (cluster) per l’annuale riunione degli Stati che ne fanno parte. A partecipare all’incontro - riferisce l'agenzia Misna - sono anche una trentina di Paesi che non hanno finora aderito al Trattato che proibisce l’uso, la produzione, l’immagazzinaggio e il trasferimento di queste armi indiscriminate che colpiscono soprattutto i civili rendendo per decenni inservibili ampi territori con dirette conseguenze sull’economia e su tutti gli aspetti della vita delle comunità. Negli ultimi due anni, “si sono fatti significativi progressi nell’eliminazione delle cluster, ma sono ancora troppi i Paesi al di fuori del Trattato” ha detto Laura Cheeseman, direttrice della Cluster munition coalition, una coalizione di organizzazioni della società civile internazionale che ha lavorato per trasformare l’impegno contro le cluster in un concreto strumento diplomatico e legale. “Speriamo – ha aggiunto – che la presenza di così tanti paesi che non hanno firmato, significhi un loro prossimo impegno per eliminare le cluster e prevenire ulteriori vittime”. Concepite per essere rilasciate da un contenitore che si apre a mezz’aria, le munizioni e sub munizioni cluster non sempre esplodono a contatto con il suolo rappresentando così anche per anni un potenziale rischio per i civili. Simili, proprio per questo motivo, alle mine anti-uomo, le sub-munizioni cluster se ne differenziano in quanto risultano più instabili e difficili da individuare. Il vertice di Oslo, cominciato ieri, si concluderà venerdì. (R.P.)
India: profanata una chiesa nel Tamil Nadu. La condanna del cardinale Gracias
◊ Due giorni fa in India si è tenuta una nuova manifestazione pacifica contro la costruzione di una centrale nucleare a Kudankulam nella quale sono da molti mesi impegnati. Questa volta, però, come riporta l’agenzia AsiaNews, la manifestazione è sfociata in atti di violenza, la polizia ha aperto il fuoco per disperdere la folla uccidendo un manifestante, una bambina di sei anni ha perso la vita travolta dalla gente in fuga. Gli agenti, inoltre, sono entrati nella chiesa di Nostra Signora di Lourdes, nel villaggio di Idinthakarai (Tamil Nadu), profanando la struttura, distruggendo due statue della Madonna sulle quali hanno poi urinato. La profanazione di una chiesa è un gesto “volgare, sconsiderato e vergognoso, ancora più inaccettabile” se a farlo sono i rappresentanti delle Forze dell’ordine. Queste le prime parole del cardinale Oswald Gracias, presidente della Conferenza episcopale indiana (Cbci). “La polizia – sottolinea il cardinale – ha il compito di proteggere chiese e luoghi di culto, perché tutti devono essere rispettati. Nulla può giustificare un atto così atroce: esso è una macchia per le credenziali laiche dell’India, che sfida la nostra coscienza nazionale”. “La Chiesa cattolica ha sempre espresso solidarietà con i nostri fratelli e sorelle in difficoltà in tutta l’India. Ribadiamo il nostro impegno per assicurare giustizia economica e sociale per i nostri concittadini”. Il porporato ricorda, inoltre, che “il vero sviluppo salvaguarda la dignità dell’essere umano. È nostro compito accettare le responsabilità verso l’altro, e per la crescita dell’India nella sua interezza. Allo stesso tempo – conclude il cardinale Gracias – creiamo condizioni di giustizia e pace nelle quali individui e comunità possano fiorire davvero”. (L.P.)
Conclusa la 26ª plenaria dei vescovi dell'Oceano Indiano su vocazioni e dialogo interreligioso
◊ Si sono conclusi nell’isola di Maurizio, i lavori della 26.ma assemblea plenaria della Conferenza episcopale dell’Oceano indiano (Cedoi) che riunisce i vescovi delle Isole Seychelles, Mauritius, Rodrigues, la Reunion e Comore. Al centro della riunione, presenziata dall’incaricato d’Affari della nunziatura, mons. Mikyalo Tkhorovsky, è stata un’ampia riflessione sui frutti del Concilio Vaticano II nella regione a 50 anni dalla sua apertura e sulle attuali sfide della Chiesa locale, a cominciare da quella di annunciare il Vangelo e fare sentire la voce della Chiesa in un contesto complesso e variegato come quello delle isole dell’Oceano Indiano. Tra gli argomenti affrontati vi è stato in primo piano il problema della diminuzione delle vocazioni da tempo all’attenzione della Cedoi. I vescovi hanno potuto confrontare le esperienze delle varie diocesi per fare fronte alla diffusa penuria di sacerdoti. Dalla discussione è emersa una Chiesa, nonostante tutto, vitale, grazie al significativo contributo di laici, diaconi e religiose. Un altro importante argomento affrontato durante la sessione, è stato quello dei rapporti con le altre religioni, un tema particolarmente sentito nelle isole Comore a maggioranza musulmana. A questo proposito, nel messaggio finale pubblicato sul sito dell’arcidiocesi di Saint-Louis, i presuli evidenziano l’importanza di “un autentico dialogo interreligioso”: “Porre la questione del rispetto della libertà di coscienza e del diritto di ogni cittadino a professore la religione di sua scelta – sottolinea la nota - è un passo essenziale per costruire un mondo di pace”. Alla sessione è intervenuto, tra gli altri, anche mons. Benjamin Ramaroson, vescovo della diocesi malgascia di Farafangana, che ha illustrato l’attuale situazione di stallo politico nel suo Paese. La prossima assemblea della Cedoi si terrà nell’agosto-settembre 2013 nelle Isole Seycelles. Nata nei primi anni Settanta come associazione informale di vescovi per iniziativa dell’allora vescovo di Port-Louis, nell’Isola di Mauritius, e riconosciuta ufficialmente dalla Santa Sede nel 1976 con il nome di “Area Pastorale del Sud-Ovest Indiano”, la Cedoi ha assunto l’attuale denominazione di “Conferenza episcopale delle Isole dell’Oceano Indiano” nel 1985. Essa conta un totale di circa un milione di fedeli. Il suo attuale presidente è mons. Denis Wiehe, vescovo di Port Victoria (Seychelles). (A cura di Lisa Zengarini)
Spagna: "Missione Madrid" per annunciare la fede ai lontani
◊ L'arcidiocesi di Madrid darà inizio, alla fine di questo mese, ad una missione che mira a "rinnovare la fede" di tutti i credenti suscitando in loro l’impegno missionario in modo da raggiungere le persone più lontane dalla Chiesa. Il cardinale arcivescovo di Madrid, Antonio Maria Rouco Varela, ha presentato ieri la "Missione Madrid 2012-2013", come una risposta all'appello lanciato da Papa Benedetto XVI lo scorso anno, a chiusura della Giornata Mondiale della Gioventù (Gmg) celebrata nella capitale spagnola. Il 30 settembre, con lo slogan "Servitori e testimoni della verità", la Chiesa di Madrid - riferisce l'agenzia Fides - darà quindi il via all’attuazione di questo piano pastorale che, secondo il cardinale Rouco Varela, è "particolarmente importante in questi tempi difficili di crisi di fede e di spiritualità". Nella nota inviata all’agenzia Fides dall’arcidiocesi di Madrid, il cardinale sottolinea che tra i "principi guida" della missione c'è la "confessione della fede", che i missionari si sentono chiamati a testimoniare, poi l'evangelizzazione e la "conversione delle anime, delle menti e dei cuori". Per il vescovo ausiliare di Madrid e Coordinatore generale della missione, mons. César Franco, si tratta di una "azione straordinaria", progettata per "rinnovare" il lavoro missionario a volte "dimenticato". La missione avrà come punti di riferimento principali le parrocchie, in modo che "coloro che non hanno ricevuto la chiamata di Cristo possano riceverla, coloro che sono lontani riescano ad avvicinarsi, e tutti i cristiani riescano a vivere consapevolmente la loro vocazione missionaria". Il Piano pastorale della missione prevede attività nelle scuole, nelle università e in altri centri di istruzione, come anche corsi per catechisti, pellegrinaggi alla cattedrale, attività missionarie nelle parrocchie e la preparazione dei giovani alla Giornata Mondiale della Gioventù (Gmg) di Rio de Janeiro nel 2013. (R.P.)
Vescovi Usa: su Facebook in spagnolo per dialogare con i latino-americani
◊ I vescovi statunitensi hanno aperto una pagina sul social network Facebook anche in spagnolo, per dialogare con gli immigrati cattolici latino-americani presenti negli Usa, il 40% di tutti i cattolici americani. In molte diocesi americane - soprattutto in North Carolina, South Carolina, Alabama, Kentucky, Mississipi e Tennessee - gli immigrati latino-americani sono aumentati del 100% nell’ultimo decennio. Il 50% dei giovani cattolici statunitensi sono latino-americani. Dopo il successo della pagina in inglese, attiva dal 2009 con 40.000 preferenze - riferisce l'agenzia Sir - i vescovi Usa giudicano “importante coinvolgere questa popolazione - spiega mons. John Wester, vescovo di Salt Lake City e presidente del Comunicato per le comunicazioni della Conferenza episcopale Usa, specialmente tramite l’espansione delle reti sociali, per dare loro informazioni precise e di qualità che li esortino a crescere nella fede”. In un messaggio video postato sulla nuova pagina in spagnolo, il vescovo di Sacramento (California), mons. Jaime Soto, afferma che “i vescovi sono contenti della ricchezza del contributo di cultura e fede che gli ispanici portano al Paese e alla nostra Chiesa cattolica”. (R.P.)
Messico. Allarme nel Paese: minori di 14 anni vittime di abusi di ogni genere
◊ Il Messico è il Paese dove si registra il tasso più elevato di violenza fisica, abuso sessuale e omicidi tra i minori di 14 anni, e dove oltre 3,6 milioni di bambini lavorano, dei quali 1,1 milioni hanno tra 5 e 13 anni. Si tratta - riferisce l'agenzia Fides - del secondo Paese dell’America Latina con il maggior numero di popolazione infantile. Secondo il censimento del 2010, i minori da 0 a 17 anni risultano essere 39 milioni, il 35% della popolazione, occorrono quindi tutela e riconoscimento dei diritti dei bambini e degli adolescenti. Secondo l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, nel nord del Messico circa il 32% della mano d’opera indigena è costituita da bambini emigrati da altre zone del Paese. Le condizioni in cui vivono sono allarmanti: molti sono per le strade, vittime di delinquenza, povertà, prostituzione forzata, traffico di organi, non hanno accesso all’istruzione, sono maltrattati, vittime di abusi, completamente soli e privi di qualsiasi assistenza di base. (R.P.)
Hong Kong: concluso il Seminario per l’Anno dei Laici
◊ Si è svolto nella diocesi di Hong Kong il Seminario per l’Anno dei Laici, sul tema “Conoscere la società della diocesi di Hong Kong”. “Da 150 anni – ha dichiara nel corso dei lavori il francescano Chan – la Chiesa locale ha sempre svolto un ruolo profetico nella società di Hong Kong rispondendo alle esigenze dei tempi, come il servizio ai bisognosi. Ma oggi – sottolinea il religioso – ci sono grandi disparità tra le esigenze sociali e l’impegno della Chiesa, che si sente inadeguata a rispondere. Quindi non basta adagiarsi sui nostri 150 anni di storia, dobbiamo reagire rinnovandoci nell’ impegno, per dare una risposta veramente adeguata alla società”. L’invito quindi è per tutti i cristiani, come sottolinea l’agenzia Fides, perché prestino attenzione alla missione nella società. Mons. Domenico Chan, in qualità di presidente della Commissione per l’Anno dei Laici, ha, inoltre, incoraggiato i fedeli a partecipare attivamente alla vita sociale della comunità, anche collaborando alla preparazione del Congresso sul ruolo dei laici. (L.P.)
Anno della Fede: l'11 ottobre l'Azione Cattolica in piazza San Pietro con il Papa
◊ L’Azione Cattolica Italiana (Ac), in collaborazione con la diocesi di Roma, ha organizzato per il prossimo 11 ottobre, apertura dell’Anno della fede, un momento di festosa presenza e di preghiera in piazza San Pietro con il Papa, preceduto da una fiaccolata che partirà da Castel Sant’Angelo (18.30). Dopo la preghiera (ore 20.30) - riferisce l'agenzia Sir - è previsto il saluto di Benedetto XVI. “Un’occasione propizia - spiega una nota dell’Ac - offerta a tutto il popolo di Dio, alle varie associazioni, movimenti e gruppi di tutta Italia, all’apertura dell’Anno della fede, che ci vedrà uniti nella preghiera per rinnovare il nostro impegno nella missione evangelizzatrice della Chiesa per il mondo” e “fare memoria viva del Concilio Vaticano II, dei cinquant’anni dalla sua apertura e dalla fiaccolata della sera dell’11 ottobre 1962 a Piazza San Pietro”, promossa dall’Ac e occasione dell’indimenticabile “discorso alla Luna” di Giovanni XXIII. Oggi come allora, proseguono gli organizzatori, “vogliamo insieme a Benedetto XVI dire la bellezza dell’essere Chiesa e raccontarne le meraviglie. Rivivere la promessa del Concilio, in questo nostro tempo e a misura del nostro tempo. Mettendo insieme fede e vita e sapendo che prima di tutto dobbiamo essere vicini a coloro che soffrono, ai poveri, per dire loro che le loro angosce e le loro speranze sono le stesse del popolo di Dio”. (R.P.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 256