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Sommario del 11/09/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Messaggio di Benedetto XVI al primo Incontro sulla pastorale di strada in Africa: si protegga ogni vita in pericolo
  • Il Papa in Libano nel segno della fede e della pace per tutto il Medio Oriente. Padre Lombardi illustra il programma della visita
  • Mons. Lahham: pastori e fedeli in trepida attesa per l'arrivo del Santo Padre nel Paese dei cedri
  • Continua l’impegno della Santa Sede nella lotta contro il riciclaggio con l’aiuto di un nuovo esperto
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Sarajevo: chiude il Meeting dei popoli. Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio: il coraggio di scrivere una nuova storia
  • Siria, continuano i combattimenti. Il giurista Conforti: in questi casi il diritto internazionale fallisce
  • Ground Zero ricorda l'11 Settembre 2001. Obama: l'America è più forte
  • Rincaro cereali. Appello Onu: sostenere l'agricoltura nel Sud del mondo e ridurre sprechi
  • Somalia eletto il nuovo presidente, Hassan Sheikh Mohamud
  • A Roma nella Basilica di San Paolo il 22mo Colloquio Ecumenico Paolino
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Meno disoccupazione per i laureati: così i dati Ocse sull'educazione
  • Congo: nuove accuse per crimini di guerra e abusi dei ribelli M23
  • Sud Sudan: rimpatrio forzato per migliaia di persone. Rischio emergenza umanitaria
  • Usa: Carovana della Pace Tijuana-Washington contro violenze e narcotraffico
  • Kazakhstan: Lettera dei vescovi per l'inaugurazione della cattedrale di Karaganda
  • Canada: aperto il Sinodo mondiale dei vescovi greco-cattolici
  • Bolivia: il cardinale Terrazas invita al rispetto di migranti e rifugiati
  • Timor Est: i vescovi lusofoni preoccupati per l’avanzare delle sette
  • Honduras: 300mila bambini poveri, senza diritti e sfruttati sessualmente
  • Indonesia: chiusa la Yasmin Church, cacciata la comunità protestante
  • A Buenos Aires I Congresso mondiale del Movimento Eucaristico Giovanile
  • Terra Santa: l'aiuto ai bambini con problemi uditivi vittime di gravi ritardi nello sviluppo
  • Nuova Zelanda: al via la settimana della Giustizia sociale sul tema della fame
  • Etiopia: la Chiesa invita alla preghiera per il nuovo anno etiopico 2005
  • A Roma la XLII edizione della Settimana biblica nazionale
  • Fatebenefratelli: Congresso su assistenza e valorizzazione degli anziani
  • Il Papa e la Santa Sede



    Messaggio di Benedetto XVI al primo Incontro sulla pastorale di strada in Africa: si protegga ogni vita in pericolo

    ◊   In Tanzania si è aperto nel pomeriggio a Dar-es-Salaam il primo Meeting di pastorale della strada per l’Africa e il Madagascar, organizzato dal Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti e gli Itineranti. All’inizio dei lavori è stato letto il messaggio del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone a nome del Santo Padre, rivolto all’arcivescovo di Dar-Es Salaam, cardinale Polycarp Pengo. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Benedetto XVI – si legge nella lettera – confida che “questo incontro possa portare ad una maggiore cooperazione e a un coordinamento di sforzi tra le Chiese particolari per proteggere ogni vita in pericolo sulle strade e sulle vie dell’Africa”. Il Papa chiede che si presti speciale attenzione “alle esigenze pastorali di quelle donne e dei bambini che si trovano per le strade” per cause sociali, economiche e politiche o perché vittime di sfruttatori organizzati nazionali e internazionali. Il Santo Padre è anche fiducioso che l’incontro affronterà “le situazioni che incidono sulla vita di coloro che viaggiano per lavoro e non ultimo, l’insicurezza sulle strade”, una minaccia in Africa per milioni di persone. Nel testo si sottolinea inoltre che il tema del Meeting “Gesù in persona si accostò e camminava con loro” evoca la presenza consolatrice del Signore Risorto mentre accompagna i discepoli sulla via di Emmaus. “Anche oggi il Salvatore continua ad accompagnare la sua Chiesa e, attraverso di essa, tutta l’umanità sui sentieri della vita e della storia, aprendo le menti e i cuori alla verità salvifica del Vangelo e offrendo incoraggiamento e pace a tutti coloro che si sentono confusi, smarriti o feriti nel corso del loro viaggio terreno”. Secondo alcune stime, riportate dall’agenzia Fides, sono oltre 150 milioni i bambini di strada in Africa. Il 40% è senza casa, il 60 % lavora in strada per sostenere la famiglia. Più di un miliardo di persone del pianeta non hanno un alloggio adeguato. Le conseguenze sono drammatiche. Ogni giorno, circa 50 mila persone, in maggioranza donne e bambini, muoiono per cause legate all’inadeguatezza del loro alloggio. Le principali cause che costringono donne e bambini a vivere in strada sono la povertà, la violenza familiare, conflitti tribali e civili e la criminalità organizzata.

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    Il Papa in Libano nel segno della fede e della pace per tutto il Medio Oriente. Padre Lombardi illustra il programma della visita

    ◊   Un viaggio per il Libano ma anche per tutto il Medio Oriente, atteso in un clima di cordiale benvenuto. Questo sarà il 24.mo viaggio apostolico di Benedetto XVI il quarto nell’area mediorientale, illustrato nei suoi particolari, stamattina in Sala stampa vaticana dal direttore padre Federico Lombardi. L’arrivo del Papa è confermato venerdì 14 all’aeroporto Rafiq Hariri di Beirut alle 13,45 ora locale, ed il rientro domenica 16 a Ciampino alle 21,40. Ribadite anche le tappe principali alla Basilica Greco Melkita di Harissa, al Palazzo presidenziale di Baadba, al Patriarcato maronita di Bkèrkè e al City Center Waterfront di Beirut domenica, per la Messa con la consegna dell’Esortazione apostolica post sinodale, 'cuore' di questo viaggio. Il servizio di Gabriella Ceraso:

    Sarà la nunziatura Apostolica di Harissa - in collina a una trentina di km da Beirut dove già Giovanni paolo II incontrò i giovani libanesi nel ’97 - ad ospitare il Papa in questi tre giorni nel Paese dei cedri. Vi arriverà dopo la cerimonia di benvenuto allo scalo di Beirut venerdì pomeriggio, accolto dai tre presidenti, della Repubblica, della Camera, del Consiglio dei ministri, e da rappresentanti religiosi. Da lì si sposterà per le tappe in programma intorno alla capitale, nel tranquillo cuore del Libano, a distanze relativamente brevi, ha sottolineato padre Lombardi, percorse anche in 'papa-mobile'. Benedetto XVI visiterà i quattro patriarcati del Libano, incontrerà i rappresentanti delle confessioni cristiane non cattoliche e quelli di quattro comunità musulmane - sciiti e sunniti, drusi, alauiti. Sei i discorsi ufficiali in francese, oltre a un breve intervento alla consegna dell’Esortazione Apostolica Post-Sinodale e all’Angelus. Probabili altri brevi discorsi, ma non previsti in partenza. Particolare attesa per le parole di Benedetto XVI sabato pomeriggio all’incontro allargato con il mondo politico religioso e culturale, quindi nella stessa giornata, in serata l’abbraccio con i giovani. Un viaggio sulle orme di Paolo VI e del beato Giovanni Paolo II, ha spiegato padre Lombardi, in un Paese complesso ma anche emblematico per tutta l’area mediorientale per la sua tradizione di dialogo e convivenza tra diverse componenti religiose e sociali. Un messaggio dunque per l’umanità tutta. Obiettivo del viaggio, mai messo in discussione realmente, ha sottolineato padre Lombardi, è ben rappresentato dal motto “Pax vobis” e dal logo in cui spicca una colomba col ramoscello d’ulivo, la croce di Cristo e i colori del Libano. Padre Lombardi:

    “E’ un segno di volontà del Santo Padre di andare in un’area nonostante i problemi che ci sono come segno di partecipazione, di speranza e di messaggio di pace”.

    Il Papa si presenta come capo religioso di comunità cristiane che attraverso il loro impegno e la loro testimonianza servono i popoli fra cui vivono. Interventi politici non sono esclusi, anche sulla vicina Siria, ma non è questo lo spirito del viaggio, ha voluto chiarire padre Lombardi, soffermandosi anche sul clima in questi giorni in libano che ha definito di cordiale benvenuto:

    “Abbiamo visto gli incontri del patriarca Raï con i drusi, l’incontro con Hezbollah e tutti hanno manifestato la loro soddisfazione per la venuta del Santo Padre, quindi il clima di cordiale benvenuto da parte della componenti più varie. Questo fa ben sperare”.

    Cuore del viaggio la firma e la consegna dell’Esortazione Apostolica Post-Sinodale nella solenne Messa di domenica cui sono attesi in migliaia da tutta l’area mediorientale. Nessuna preoccupazione sul fronte della sicurezza, che spetta al Paese ospitante – spiega padre Lombardi - e nessuna anticipazione sulla presenza di rappresentanze religiose da Damasco e su incontri con rifugiati o rappresentanti di Hezbollah.

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    Mons. Lahham: pastori e fedeli in trepida attesa per l'arrivo del Santo Padre nel Paese dei cedri

    ◊   Due anni dopo il Sinodo per il Medio Oriente, Benedetto XVI si appresta nel suo viaggio apostolico in Libano a consegnare ai Patriarchi e ai vescovi della regione l’Esortazione apostolica post-sinodale “Ecclesia in Medio Oriente”. La visita del Papa assume dunque un rilevo per tutti i pastori e i fedeli della regione. Una dimensione, questa, che viene sottolineata da mons. Maroun Lahham, vicario del Patriarca di Gerusalemme dei Latini per la Giordania. L’intervista è del nostro inviato a Beirut, Alessandro Gisotti:

    R. - E’ una visita per tutto il Medio Oriente e ci sono sentimenti di gioia, di orgoglio per questo. Proprio in questi difficili momenti per tutti i Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa basta la presenza del Santo Padre, bastano le parole del Santo Padre - qualsiasi esse siano - come segno di incoraggiamento e di solidarietà della Chiesa cattolica con questi Paesi, dove i musulmani soffrono e dove i cristiani soffrono.

    D. - Il primo motivo del viaggio è la pubblicazione e la consegna dell’Esortazione Apostolica post-sinodale per il Medio Oriente. Quali frutti si potranno raccogliere da questo documento, soprattutto per i pastori?

    R. - Aspettiamo che il Santo Padre ci richiami sempre al nostro dovere verso questo piccolo gregge, che è presente qui dai primi secoli e che è sempre testimone della morte e della Risurrezione di Cristo. Inoltre desideriamo che questa Esortazione Apostolica ci confermi nella nostra missione di "guardiani della fede" in questi Paesi, incoraggiando così i nostri cristiani - cattolici e non - a rimanere sempre testimoni di Cristo in questi Paesi. Cerchiamo infatti di fare quanto possiamo per contenere l’esodo dei cristiani, affinché la Terra Santa e tutti gli altri Paesi che hanno visto la presenza cristiana sin dai primi secoli non diventino un "museo archeologico".

    D. - Il Medio Oriente ha sete di pace: pensiamo a quello che succede in Siria e quanto questo si ripercuote anche su tutta la regione, in particolare con l’emergenza umanitaria dei profughi molto sentita in Giordania… Quali speranze di pace ci sono, che possano nascere anche da questa visita del Papa?

    R. - Aspettiamo dal Santo Padre tre parole. La prima per coloro che commettono atti di violenza, perché non si può rispondere alla violenza con la violenza. Finora ci sono stati 30 mila morti in Siria e questo è un sacrilegio! La seconda parola è una parola di incoraggiamento a questi popoli che soffrono, a questi giovani che escono nelle strade alla ricerca di una vita più degna, più libera e più democratica. Una terza parola alle potenze internazionali, affinché cessino di intervenire solo per i loro interessi economici, senza badare alla sofferenza di questi Paesi: Stati Uniti, Europa, Russia se vogliono aiutare che lo facciano senza alcun interesse!

    D. - Il Libano, come la Giordania e come tutto il Medio Oriente, si caratterizza per una popolazione molto giovane: che cosa può dire e che cosa può dare il Papa ai giovani?

    R. - Questi giovani aspettano delle parole di incoraggiamento: chiedono sì una vita più libera, meno oppressa, più degna, ma che non abbiano mai in nessun modo la tentazione di commettere atti di violenza. Basterebbe che il Papa dicesse: “Cari giovani siamo con voi, capiamo le vostre aspirazioni, ma per l’amor di Dio non spargete il sangue!”.

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    Continua l’impegno della Santa Sede nella lotta contro il riciclaggio con l’aiuto di un nuovo esperto

    ◊   Dopo l’Assemblea e il Rapporto di Moneyval su Vaticano e Santa Sede, di cui si è ampiamente parlato nel mese di luglio, non è tempo di allentare l’impegno, ma bisogna darsi da fare per rispondere alle raccomandazioni e continuare efficacemente sulla strada intrapresa della trasparenza e dell’affidabilità finanziaria, dell’efficacia delle misure per la lotta contro il riciclaggio. Un segnale forte in questa direzione è il fatto che la Santa Sede, come informa il Padre Lombardi, ha deciso di avvalersi della collaborazione sistematica di un esperto internazionale nelle attività della lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo (Aml/Cft). Si tratta di Rene Bruelhart, 40 anni, un legale originario di Friburgo, in Svizzera, che è stato per otto anni Direttore della Financial Intelligence Unit (Fiu) del Liechtenstein, ed è un vero esperto nella lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo. Come Direttore della Fiu del Lichtenstein, nel 2010 è stato anche nominato vicepresidente del Gruppo Egmont, la rete globale delle Fiu. Bruelhart ha iniziato con settembre il suo servizio come consultore della Santa Sede in tutte le materie connesse con l’antiriciclaggio e la lotta al finanziamento del terrorismo. Il suo compito è di assistere la Santa Sede nel rafforzare i suoi strumenti di lotta contro i crimini finanziari. Ciò è dovuto al chiaro impegno già assunto dalla Santa Sede e al suo sforzo per affrontare efficacemente questo genere di problemi.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un articolo di Ferdinando Cancelli sugli effetti della cannabis sui giovani.

    Nell'informazione internazionale, in rilievo la crisi siriana: il presidente Assad ventila l'ipotesi dell'abbandono, secondo fonti del Cremlino.

    Quando la storia cambia strada: Claudio Ferlan sui primi gesuiti in Austria a confronto con il cambiamento innescato dalla riforma luterana.

    Il richiamo delle copertine: Silvia Guidi su Joseph Ratzinger e i suoi libri.

    Oltre il vero: Giulia Galeotti sulla produzione letteraria dello svedese Torgny Lindgren.

    Davanti al desiderio copiato: Oddone Camerana sui neuroni a specchio e le scelte personali.

    I profumi di Mathilde: Cristiana Dobner sulla figura e l'opera di Mathilde Chelhot.

    Dignità e diritti per bambini e donne di strada: si apre in Tanzania l’incontro promosso dal Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti.

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    Oggi in Primo Piano



    Sarajevo: chiude il Meeting dei popoli. Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio: il coraggio di scrivere una nuova storia

    ◊   A Sarajevo, ultimo giorno dell’incontro “Vivere insieme è il futuro. Religioni e culture in dialogo”, promosso dalla Comunità di Sant'Egidio. Stasera la chiusura con l’appello per la pace di tutti i leader religiosi presenti. A tracciare un bilancio dell'evento in una conferenza stampa è stato stamane il fondatore della Comunità e ministro della Cooperazione e dell’Integrazione Andrea Riccardi. Da Sarajevo, Francesca Sabatinelli:

    Sicuramente è stata una provocazione, quella di portare lo spirito di Assisi a Sarajevo. Nella città che venti anni fa veniva massacrata dall’odio religioso e etnico, la parola pace è stata pronunciata proprio dalle religioni, quelle che sin dal 1986, da Assisi, si incontrano per portare avanti un messaggio: che le religioni devono fondare il vivere insieme. A conclusione dell’incontro organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio qui in Bosnia, Andrea Riccardi, fondatore e ministro della cooperazione internazionale e dell’integrazione, traccia il bilancio di questi giorni. Un bilancio positivo – dice - perché si è constatato come ci sia una nuova responsabilità delle religioni nel mondo globalizzato. Ci sono senz’altro difficoltà di dialogo – spiega - in quello ecumenico, tra cristiani, così come in quello con l’Islam, ma nonostante ciò non si dice pessimista: molti passi devono essere compiuti ma quando si vedono tanti leader religiosi riuniti si capisce che si diffonde la capacità di essere insieme. Con un riferimento all’anniversario dell’11 settembre, Riccardi chiede di riflettere in un momento in cui la cultura, la politica e le religioni sono state tentate dallo scontro. “Sono convinto che ogni religione nelle diverse situazioni della storia sia stata tentata di sacralizzare i conflitti”, aggiunge. Il merito di questi giorni qui a Sarajevo è aver riportato l’attenzione su questa città, dove non c’è un più un problema di guerra, ma un problema di futuro. E il futuro dei Balcani è un nuovo rapporto con l’Unione Europea, sia economico che politico, e l’Europa è venuta qui, precisa poi, pensando alla presenza domenica all’assemblea di apertura dell’incontro del premier italiano Mario Monti e del presidente del Consiglio D’Europa, Hermann Van Rompuy. Certo, i problemi non sono risolti, la memoria è un problema così come la storia, la storia ricostruita dai popoli non sempre è identica ed ecco quindi che occorre il coraggio – è il messaggio di Riccardi - di scrivere un nuova storia. Ascoltiamo Andrea Riccardi:

    R. – A Sarajevo è un messaggio fecondo, perché proprio a Sarajevo c’è bisogno di Assisi. Sarajevo è una città multietnica, multireligiosa, in cui ad un certo punto si è rotto qualcosa, come in tante città multiple del mondo. Ma c’è bisogno dello spirito di Assisi perché si fondi la connivenza. Del resto io dico che tutte le città del mondo diventeranno come Sarajevo: saranno città multiple. In ogni città del mondo ci sarà bisogno di questo spirito, perché il multiplo, l’etnico e il religioso non diventi conflitto.

    D. – Voi avete incontrato ovviamente i leader religiosi: che messaggio singolarmente hanno mandato?

    R. – I messaggi sono diversi, perché le memorie sono diverse! C’è però un clima di pace e di convivenza maggiore. Questo è tanto importante!

    Sulle speranze di pace ed i frutti che questo incontro può portare in una città come Sarajevo, martoriata da anni di guerra, ascoltiamo l’arcivescovo di Vrhbosna-Sarajevo, cardinale Vinko Puljic, al microfono della nostra inviata:

    R. – Io spero che questa celebrazione crei un clima positivo ma il processo per la convivenza, il rispetto dell’altro, la tolleranza, la ricerca di una via positiva per costruire tutto questo non è finito, anzi comincia.

    D. - Quindi lei ritiene che questo incontro organizzato da Sant’Egidio qui a Sarajevo porterà frutti importanti?

    R. - Io sono contento e grato per questo incontro che è stato organizzato a Sarajevo. Dopo tanti feriti e tanti morti, dopo tanti giochi politici, questa preghiera e questo meeting danno un messaggio positivo per il dialogo, molto importante, e danno anche un appoggio ai politici.

    D. - Che cosa si chiede ai politici?

    R. - Io aspetto che i politici risolvano questa situazione, ma non solo i politici locali, anche la politica internazionale. Bisogna creare uno Stato normale dove siamo tutti uguali: questo è l’accordo di Dayton che è bloccato in Bosnia-Erzegovina; bisogna realizzare questo accordo e creare uno Stato normale.

    D. - Il premier italiano Monti e non soltanto lui ha parlato di quanto sia importante per la Bosnia-Erzegovina entrare nell’Unione europea…

    R. - In Bosnia Erzegovina bisogna realizzare il modello dell’Europa: siamo diversi ma bisogna vivere insieme come in Europa. È molto importante aiutare soprattutto questa piccola comunità cattolica che vive a Sarajevo, che vive in Bosnia-Erzegovina. Aspettiamo più sostegno per sopravvivere in questo Paese, specialmente per far ritornare i profughi e per vivere in una pace stabile e con prospettive.

    E ieri all’incontro di Sarajevo si è parlato di immigrazione. Il presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, il cardinale Antonio Maria Vegliò, nel suo intervento, ha fatto il punto sull’attività pastorale della Chiesa, la cui prospettiva specifica è passare dall’emergenza immigrazione all’integrazione degli immigrati nelle società. Il servizio di Roberta Barbi:

    L’obiettivo finale è chiaro: il processo d’integrazione sarà concluso quando le società multiculturali, in cui, cioè, popoli e culture sono semplicemente accostati, diventeranno società interculturali, dove i diversi gruppi etnici presenti interagiranno tra loro positivamente. È il cuore dell’intervento del cardinale Vegliò nel dibattito sull’immigrazione: il presidente del dicastero pontificio ha ricordato come la Chiesa, spesso lasciata sola ad occuparsi degli immigrati e a difenderne i diritti umani, sia attenta a promuovere un umanesimo che sia davvero “planetario”, che raggiunga i 214 milioni di immigrati nel mondo, secondo una recente stima dell’Organizzazione internazionale per le Migrazioni. In fedeltà al Vangelo, l’azione della Chiesa non si esaurisce al livello assistenziale o educativo, ma si mette a servizio della fraternità universale. In questa prospettiva – avverte il porporato – è necessario rifiutare entrambi gli estremi, ossia l’assimilazione dell’immigrato nel gruppo di maggioranza, ma anche l’esclusione da esso. La Chiesa, quindi, non può e non intende colmare il vuoto delle istituzioni pubbliche, che devono adottare finalmente politiche migratorie adeguate all’oggi, non affidate all’intuito di qualcuno e nemmeno alla buona volontà di qualcun altro, ma garantire la salvaguardia dei diritti degli immigrati, ai quali corrisponde, però, l’obbligo del rispetto dei relativi doveri. Fondamentale, infine, il ruolo dei laici cristiani, perché l’integrazione è “un processo di tutta la società”.

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    Siria, continuano i combattimenti. Il giurista Conforti: in questi casi il diritto internazionale fallisce

    ◊   Continuano i combattimenti in Siria: almeno 18 le persone uccise nelle ultime ore, in maggioranza nella regione di Aleppo, mentre si registra un nuovo picco nel numero dei rifugiati. Secondo le Nazioni Unite sono ormai oltre 250 mila i siriani che hanno lasciato il Paese. E dall’Onu è arrivato ieri un nuovo appello di Ban Ki-Moon: il segretario generale si è detto “profondamente preoccupato dal degrado della situazione umanitaria” ed ha detto 'no' all’impunità per i responsabili di crimini di guerra di entrambe le parti. Ma quanto è praticabile un'azione giuridica mentre le ostilità sono in corso? Davide Maggiore lo ha chiesto a Benedetto Conforti, professore emerito di Diritto internazionale dell’Università “Federico II” di Napoli:

    R. – Non vedo come per il momento si possa portare davanti alla Corte penale internazionale i capi sia da una parte che dall'altra. Si è fatto anche per Gheddafi durante la guerra civile ma sono dichiarazioni che dal punto di vista giuridico hanno poco senso, ne hanno molto dal punto di vista morale.

    D. – Queste parole degli alti responsabili dell’Onu non rischiano a questo punto di avere solo un valore esortativo e nessun effetto pratico?

    R. - Giuridicamente lasciano purtroppo il tempo che trovano… Un intervento militare, quello è il problema. Però l’intervento militare giuridicamente può essere svolto soltanto su decisione del Consiglio di Sicurezza, che per i veti della Russia e della Cina non riesce in questo caso a decidere. Ci sono Stati come la Francia che dicono: allora interveniamo noi. Questo giuridicamente non è possibile. C’è nella dottrina più che nella prassi la tesi che si possa intervenire per proteggere le popolazioni civili, però non si è mai affermata. Si può solo dire che il diritto internazionale in questo settore fallisce e possono entrare in gioco solo valutazioni etiche.

    D. - D’altra parte, abbiamo accennato al caso di Gheddafi, contro il quale il Tribunale penale internazionale ha emesso un mandato durante le ostilità in Libia: ma si disse che una mossa del genere aveva reso più dura la posizione del regime libico. Nel caso accadesse per la Siria, ci sarebbe anche per quella situazione questo rischio?

    R. - C’è questo rischio e in più finché uno di questi ‘signori’ sta nel suo Paese e ancora ha una forza militare che lo sostiene, chi lo va a prendere? La Corte penale internazionale l’ha fatto anche per il Sudan ma purtroppo è molto imbrigliata, perché una persona incriminata si deve trovare in un Paese in cui può essere prelevato. Ma finora la Corte penale internazionale purtroppo non riesce a incidere seriamente.

    D. – Realisticamente parlando, quanto è probabile una soluzione diplomatica per quanto riguarda la questione siriana? La Russia ha chiesto una conferenza sul modello di quella che risolse il conflitto civile libanese…

    R. – Questa è una valutazione politica più che giuridica, ma ho l’impressione che per ora prospettive serie non ce ne siano, però sarebbe altamente auspicabile.

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    Ground Zero ricorda l'11 Settembre 2001. Obama: l'America è più forte

    ◊   Giornata di commemorazioni oggi negli Stati Uniti in occasione dell’undicesimo anniversario dell’attacco alle Torri gemelle a New York, al Pentagono a Washington e del dirottamanento dell'aereo schiantatosi in Pennsylvania. A Ground Zero, come ogni anno, risuoneranno i nomi delle circa tre mila vittime, mentre il presidente Obama parteciperà ad una cerimonia al Pentagono. Ora l'America "è più forte” ha detto il Capo della Casa Bianca, ricordando che Al Qaeda è stata decimata. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento della storica, Elisabetta Vezzosi, autrice del libro “Oltre il secolo americano? Gli Stati Uniti prima e dopo l’11 settembre” edito da Carocci:

    R. – Le conseguenze all’impatto sono state enormi. Pensiamo soltanto nel primo mandato di George W. Bush quanto ha pesato l’11 settembre non solo in termini di popolarità del presidente ma anche in termini di politica estera, ovvero la guerra senza fine al terrorismo e la fine di fatto, in quel periodo, dei rapporti transatlantici. La rottura con molti Paesi dell’Europa, a cominciare dalla Germania e dalla Francia, che non si sono iscritti nell’ambito della “guerra al terrore” così come gli Stati Uniti l’hanno voluta condurre.

    D. – Per la prima volta gli Stati Uniti l’11 settembre 2001 si sono sentiti colpiti nel loro cuore?

    R. – Hanno conosciuto la paura, hanno conosciuto il vuoto, perché come sappiamo gli Stati Uniti non erano mai stati attaccati sul loro territorio se non dal Giappone, nella seconda guerra mondiale, con l’attacco a Pearl Harbour che è nelle Hawaii, ma mai c’era stato un attacco al cuore economico, politico e strategico.

    D. – Dopo il 2001 accadde una cosa mai vista prima negli Stati Uniti ovvero una forte compressione dei diritti civili nel territorio americano…

    R. - Sì, assolutamente, perché a fronte di una legge, il “patriot act”, che è stata varata circa un mese dopo gli attacchi dell’11 settembre, tutti i cittadini americani hanno subito controlli di ogni genere, abolizione della privacy, possibilità di essere incarcerati senza diritto di difesa, controlli telefonici a tappeto; tutti hanno però hanno accettato questo in nome della sicurezza e questo stato di cose è durato a lungo.

    D. – Iraq e Afghanistan sono due fronti ancora aperti, la politica di Obama è stata quella di cercare di uscire da questo scenario…

    R. – Obama ha cercato di ritirarsi dai due scenari di guerra, l’ha fatto con l’Iraq, lo sta lentamente facendo con l’Afghanistan. Si è scontrato poi negli ultimi anni con la posizione che gli Stati Uniti hanno dovuto assumere rispetto alle “primavere arabe”. C’è stato un momento forte che è stata la cattura di Osama Bin Laden, che fra l’altro ha ridato al presidente un aumento della credibilità, del consenso. Oggi Obama si trova ad affrontare anche il problema della Siria, in generale una situazione mediorientale complessa, con un rapporto ambivalente con Israele. In questo senso Obama è in una situazione difficile, ma questa è anche l’Amministrazione che ha ritrovato l’armonia transatlantica ed un accordo sostanziale con tutti i Paesi europei.

    D. - L’orrore dell’11 settembre, le guerre che sono seguite… Dopo 11 anni in che termini il mondo è cambiato?

    R. – Certamente è più consapevole dei problemi sul tappeto. E’ stato decostruito questo concetto di “scontro di civiltà” che come tutti ricordiamo è stato coniato e molto usato nella prima fase post 11 settembre. I temi oggi sono quelli del rapporto con l’islam, con l’islam moderato, con la costruzione di società democratiche. Certamente oggi l’Amministrazione Obama ha recuperato quell’atteggiamento multilaterale in politica estera che l’Amministrazione Bush aveva completamente rigettato all’indomani dell’11 settembre, facendo prevalere in politica estera un atteggiamento assolutamente unilaterale.

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    Rincaro cereali. Appello Onu: sostenere l'agricoltura nel Sud del mondo e ridurre sprechi

    ◊   Il forte aumento dei prezzi dei cereali potrebbe innescare una crisi alimentare. E’ il timore dell’Onu che – attraverso l’Organizzazione per l’agricoltura e l’alimentazione (Fao), il Programma alimentare mondiale (Pam) e il Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (Ifad) - esorta la comunità internazionale ad agire per evitare tragiche conseguenze su milioni di persone nel Sud del mondo. Il servizio è di Eugenio Bonanata:

    Attenzione ai poveri del pianeta e ai Paesi importatori di cibo. A fine agosto, secondo la Banca Mondiale, i prezzi di granturco, farina, soia sono aumentati del 6 per cento rispetto all’anno scorso. Il rischio di una nuova crisi alimentare è dietro l’angolo: nei giorni scorsi le principali agenzie dell’Onu impegnate nel settore hanno diramato diversi comunicati per sensibilizzare sui pericoli che potrebbero presentarsi già nei prossimi mesi. Occorre agire subito a sostegno dell’agricoltura nei Paesi del Sud del mondo, sottolinea il direttore generale della Fao, Graziano Da Silva, al microfono di Rafael Belincanta:

    "Un apelo para as paìses mantenerem sius programas de ajuda...
    Non diminuire le donazioni provenienti dall’occidente, dice: l’obiettivo di raggiungere la cifra di 200 milioni di dollari è sfumato, non siamo neanche alla metà".

    La Comunità internazionale – aggiunge - mantenga i progetti di sostegno principalmente verso l’Africa dove stiamo lavorando per aumentare la produzione di prodotti locali.

    "A Africa produz...
    L’Africa produce facilmente la manioca, i fagioli e altri tuberi e questa attività potrebbe aiutare la situazione".

    Si tratta di garantire lavoro e reddito nelle aree rurali dove vive il 70 per cento dei poveri del Pianeta. La preoccupazione – precisa ancora Da Silva - riguarda anche l’importazione di mais da parte di alcuni Paesi come la Mauritania.

    "Nào è so' os Estados Unidos...
    L’Europa e gli Stati Uniti devono darsi da fare anche sul fronte dei biocarburanti: l’Onu sostiene che bisogna rivedere le scelte di consumo soprattutto quando il mercato è sotto pressione. Infine, il Nord del mondo, deve impegnarsi a ridurre gli sprechi alimentari".

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    Somalia eletto il nuovo presidente, Hassan Sheikh Mohamud

    ◊   Il Parlamento somalo ha eletto ieri il nuovo Presidente della Repubblica, destinato a sostituire le autorità di transizione che hanno governato negli ultimi anni il Paese del Corno d'Africa, ancora alle prese con il conflitto civile iniziato nel 1991. Hassan Sheikh Mohamud, ex professore universitario legato all’ala somala dei Fratelli musulmani, ha ricevuto 190 voti, contro i 79 del suo avversario, l’ormai ex capo di Stato ad interim. Ce ne riferisce Davide Maggiore:

    Mohamud ha prestato giuramento pochi minuti dopo la sua vittoria, e si è congratulato con “tutti i Somali”, affermando che il Paese sta ora imboccando “una nuova strada”. Da parte sua, l’ex presidente sconfitto, Sheikh Sharif Sheikh Ahmed ha riconosciuto la vittoria del rivale. Con l’elezione del presidente prosegue il processo di ricostituzione del governo centrale somalo, iniziato in agosto con l’adozione di una nuova Costituzione: il Paese resta tuttavia ancora instabile e diviso. Sulle possibilità del nuovo presidente di tenere unite le diverse fazioni ascoltiamo l’opinione di Matteo Guglielmo, analista della rivista di geopolitica ‘Limes’:

    Dipenderà molto dalla sua capacità di allacciare delle relazioni coi gruppi, che tengono le varie regioni somale. Bisognerà anche valutare le disponibilità di altri Paesi regionali che, in questo momento, hanno delle forze armate in Somalia. Più questi avranno la disponibilità a rimanere sul territorio e quindi a garantire una sorta di protezione al governo, più le possibilità di riuscita di questa transizione saranno alte.

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    A Roma nella Basilica di San Paolo il 22mo Colloquio Ecumenico Paolino

    ◊   Inizia oggi a Roma, presso la Basilica di San Paolo fuori le Mura, il 22.mo Colloquio Ecumenico Paolino. Quest’anno i monaci benedettini hanno invitato esegeti e studiosi di diverse tradizioni cristiane a riflettere sulla seconda Lettera ai Tessalonicesi. Philippa Hitchen ne ha parlato con padre Edmund Power, abate della Basilica di San Paolo:

    R. - I monaci hanno voluto radunare gli esperti in un ambiente di preghiera. Anche oggi i professori, i dottori che vengono da tutto il mondo, uomini e donne, cattolici, ortodossi, protestanti sono sempre molto contenti di questa dimensione spirituale del colloquio. L’obbiettivo principale era quello di celebrare il fatto che, alla fine, siamo tutti uniti in Cristo: questo è ciò che importa. Infatti gli studi paolini sono molto interessanti nel contesto ecumenico, perché a mio parere - non esperto - mi sembra che la questione degli studi paolini non sia molto 'settoriale' e da questo si nota il modo in cui questi professori, di diverse provenienze spirituali, diverse tradizioni cristiane, collaborano insieme con un’efficacia molto impressionante.

    D. - Tre anni, fa abbiamo celebrato l’Anno paolino alla riscoperta di questa figura. Adesso che stiamo per iniziare l’Anno della Fede, all’insegna della Nuova evangelizzazione, secondo lei, Paolo ha un’importanza, ha un significato anche per questo Anno a venire?

    R. - Sì. Paolo è al centro di qualsiasi attività missionaria, perché lui è il grande missionario del Nuovo Testamento; da ciò che sappiamo, sembra abbia viaggiato più degli altri. Ha scritto le Lettere, ha fondato diverse chiese. Però voglio aggiungere un’altra cosa: qui a San Paolo Fuori le Mura, il luogo della proclamazione del Concilio, - ricordiamo che l’Anno della Fede coincide con il 50.mo anniversario dell’inizio delle attività del Concilio Vaticano II - noi avremo una serie di celebrazioni in un contesto liturgico basato dell’insegnamento degli evangelisti Matteo, Marco, Luca e Giovanni e non Paolo. In coincidenza delle feste dedicate ai quattro evangelisti, 18 ottobre, 27 dicembre, 25 aprile, 20 settembre avremo infatti un Vespro solenne dell’evangelista e poi un discorso - una meditazione - rivolto a coloro che parteciperanno alle celebrazioni in basilica, per esprimere il messaggio spirituale di ogni evangelista, che sarà un contributo alla riflessione alla luce della Parola di Dio, per andare avanti nel nostro cammino di fede. Sarà una celebrazione paolina, ma con gli evangelisti dell’Anno della Fede.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Meno disoccupazione per i laureati: così i dati Ocse sull'educazione

    ◊   Più istruzione e più specializzazione per combattere la crisi: è il messaggio lanciato oggi dall'Ocse, Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo economico, che ha pubblicato il rapporto annuale in cui prende in analisi la situazione dell’educazione in tutti i 34 Paesi membri. Secondo i dati pubblicati e diffusi oggi a Parigi, tra il 2008 e il 2010, i tassi di disoccupazione per le persone di istruzione superiore, sono saliti solo dal 3,3% al 4,7%. Al contrario tra le persone non diplomate la disoccupazione dall'8,8% è salita al 12,5%, mentre per le persone con un diploma di scuola superiore è passata dal 4,9% al 7,6% . In tutta l’area Ocse cresce il numero dei laureati, ma in Italia la percentuale resta tra le più basse. Nella Penisola i percorsi di studio verso professioni tecniche continuano ad attrarre soprattutto i ragazzi, mentre le ragazze si rivolgono più spesso al settore dell'assistenza sanitaria. Se in generale la spesa annua per studente in Italia è di poco inferiore alla media Ocse (9.055 dollari a fronte di 9.249), passando dall'asilo all'università i livelli di spesa cambiano molto. In Italia, infatti, si spende di più rispetto alla media per la fascia asilo-elementari, mentre la spesa per studente non aumenta salendo nei livelli di studio, anzi all'università scende di parecchio sotto la media. Rispetto al totale della spesa pubblica, quella per l'istruzione in Italia è la seconda più bassa tra i Paesi esaminati e si colloca solo dopo il Giappone. Infine, secondo l’Organizzazione, la sfida per le scuole italiane sta ora nell'inserimento e integrazione degli studenti immigrati: la loro proporzione tra i giovani 15enni è passata infatti dallo 0,9% del 2000 al 5,5% del 2009. (A cura di Adriana Masotti)

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    Congo: nuove accuse per crimini di guerra e abusi dei ribelli M23

    ◊   Crimini di guerra, esecuzioni sommarie, abusi sessuali e reclutamento forzato: queste le principali accuse rivolte ai ribelli del Movimento del 23 Marzo (M23) dall’Organizzazione non governativa statunitense Human Rights Watch (Hrw). Attivo nel Nord Kivu – instabile regione orientale della Repubblica Democratica del Congo – l’M23 da sei mesi si sta rendendo protagonista di scontri e violenze che hanno spinto alla fuga almeno 220.000 civili. In armi contro il governo di Kinshasa dallo scorso aprile, e sospettati del sostegno del vicino Ruanda, i combattenti dell’M23 hanno preso il controllo di numerosi villaggi e arterie di comunicazione, arrivando a minacciare lo stesso capoluogo provinciale di Goma. I collegamenti con il governo ruandese - riferisce l'agenzia Misna - sono confermati anche da Hrw secondo cui Kigali ha disposto il suo esercito per garantire diretto sostegno ai ribelli con operazioni mirate anche all’interno del territorio congolese. Citando testimonianze di vittime, l’Ong statunitense riporta poi singoli episodi di violenze ai danni soprattutto delle fasce più vulnerabili della popolazione. Numerosi i casi di violenze sessuali e diverse le notizie di centinaia di giovani anche minorenni reclutati con la forza e poi mandati a combattere in prima linea. La situazione in Kivu è stata nei giorni scorsi al centro di un vertice a Kampala, in Uganda, dei capi di Stato della Conferenza internazionale della regione dei Grandi Laghi. Il vertice si è concluso con un nulla di fatto e un generico comunicato con cui è stato chiesto ai ministri della Difesa regionali di “riunirsi molto rapidamente per rendere operativa la forza internazionale neutrale da dispiegare entro tre mesi”. La decisione sul dispiegamento di una missione militare al confine tra Repubblica Democratica del Congo e Ruanda era stata presa lo scorso luglio a margine del vertice dell’Unione Africana ad Addis Abeba, in Etiopia. (R.P.)

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    Sud Sudan: rimpatrio forzato per migliaia di persone. Rischio emergenza umanitaria

    ◊   Nel luglio 2011 è avvenuta la dichiarazione di indipendenza del Sud Sudan. Da allora, migliaia di persone originarie del Sud Sudan ma residenti al nord, in Sudan, sono state costrette a rimpatriare, affrontando viaggi molto lunghi e pericolosi. Il Sud Sudan però è uno Stato molto povero e difficilmente potrà far fronte all’arrivo di migliaia di persone provenienti dal nord. Persone che hanno perso tutto, casa, lavoro, a volte familiari uccisi durante gli scontri o nei lunghi viaggi, che da generazioni vivevano nel nord e che ora sono costrette a ricominciare. I più colpiti ovviamente sono i bambini, per i quali sono stati allestiti da "Sos Villaggi dei Bambini", centri a Malakal e Juba, in cui i piccoli possono trovare momenti di svago con giochi e lezioni di inglese. “I bambini – racconta Oliek Odong Ajak, coordinatore dello spazio dedicato ai bambini nel centro di Malakal – andavano a scuola a Khartoum. Avevano a disposizione latte e frutta. Nei centri di transito non c’è la scuola e l’unico cibo disponibile è il balilah (grano bollito o mais) che provoca la diarrea soprattutto ai più piccoli. Non c’è latte, non c’è frutta. I bambini sono affamati e molti di loro sono malati. Arrivano dopo intere giornate passate a viaggiare, ancora impauriti dopo aver assistito ai combattimenti vicino Hejlij durante il viaggio dal nord”. (L.P.)

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    Usa: Carovana della Pace Tijuana-Washington contro violenze e narcotraffico

    ◊   Dopo 10.000 chilometri percorsi in poco meno di un mese, la Carovana della Pace è arrivata ieri a Washington, capitale degli Stati Uniti e ultima tappa di una iniziativa voluta per chiedere la fine della guerra contro i cartelli della droga messicani, almeno nelle forme in cui è stata condotta finora. Alla Carovana – partita da Tijuana, città frontaliera tra Messico e Stati Uniti – hanno partecipato rappresentanti di un centinaio di organizzazioni civili statunitensi. Secondo Javier Sicilia, tra promotori della Carovana e uno dei principali esponenti del mondo intellettuale messicano, la strategia di guerra del presidente messicano uscente Felipe Calderón sostenuta dagli Stati Uniti “ha causato una recrudescenza delle violenze” e ha condotto alla militarizzazione di diverse città senza però ottenere risultati. Sicilia - riferisce l'agenzia Misna - che lo scorso anno ha perso un figlio ucciso dalla criminalità organizzata per il suo impegno a difesa dei diritti umani, ha detto di voler sensibilizzare l’opinione pubblica statunitense su un fenomeno che riguarda in maniera diversa entrambi i paesi. La carovana ha attraversato 25 città di dieci Stati prima di arrivare a Washington. (R.P.)

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    Kazakhstan: Lettera dei vescovi per l'inaugurazione della cattedrale di Karaganda

    ◊   "Un aspetto degno, un epitaffio e luogo di espiazione in onore delle vittime" della persecuzione comunista, un simbolo di evangelizzazione: è la nuova cattedrale di Karaganda, in Kazakhstan - inaugurata domenica scorsa - nelle parole di una lettera pastorale dell'episcopato del Paese. L'avvenimento è stato ricordato da Benedetto XVI che, all'Angelus, ha inviato il suo "cordiale saluto ai cattolici e a tutti i cittadini del Kazakhstan". A rappresentare il Papa, come suo legato, il cardinale Angelo Sodano, decano del Collegio cardinalizio, che ha presieduto la dedicazione della cattedrale, dedicata alla Madonna di Fatima, "Maria, Madre di tutti i Popoli". La cattedrale - riferisce l'agenzia AsiaNews - sorge al centro di quello che era chiamato il "Karlag", parola composta da "Karaganda" e "lager". I campi di concentramento della regione di Karaganda, durante l'epoca staliniana coprivano un'area grande all'incirca come la Francia e "ospitavano" le vittime della persecuzione politica e religiosa: fra i deportati, migliaia di cattolici di nazionalità polacca, ucraina, tedesca, lituana e bielorussa. Tra loro, anche sacerdoti, che hanno dato vita a una prima Chiesa clandestina. Ma solo il 19 marzo 1977 la Chiesa cattolica ricevette per la prima volta il permesso di celebrare una messa pubblica: si tenne in una baracca. Ed è stato necessario attendere il 29 giugno del 1980 per vedere un vescovo cattolico celebrare pubblicamente una messa sul suolo del Kazakhstan: era mons. Alexander Khira. Prima di lui, l'aveva fatto un uomo chiamato monsignor Richard di Burgundy, morto martire intorno al 1340. "Prendendo in considerazione l'innumerevole numero di prigionieri che sono passati nei campi di lavoro forzato del Karlag - scrivono ancora i vescovi - è giusto dire che la terra del Kazakhstan in nessun altro luogo è stata così profondamente irrorata dal sangue e dal pianto di vittime innocenti della repressione comunista". (R.P.)

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    Canada: aperto il Sinodo mondiale dei vescovi greco-cattolici

    ◊   Continua la visita in Canada dell’arcivescovo maggiore di Kiev, Sviatoslav Shevchuk, giunto nel Paese il 31 agosto scorso. Domenica il capo della Chiesa greco-cattolica ucraina ha presieduto la Messa a Winnipeg, dove ieri si è aperto il Sinodo mondiale dei vescovi greco-cattolici che quest’anno si tiene in Canada in occasione del centenario dell’arrivo nel Paese del primo vescovo greco-cattolico, il Beato Nykyta Budka. All’incontro partecipano una quarantina di vescovi da quattro continenti della diaspora ucraina. “Siamo qui per condividere la nostra millenaria esperienza di Dio e il patrimonio spirituale della nostra Chiesa orientale”, ha detto il presule in un’intervista alla Free Press. Oggi la Chiesa greco-cattolica ucraina conta in tutto nel mondo quasi 6 milioni di fedeli che ne fanno la Chiesa cattolica orientale più numerosa. Di questi 122.000 sono presenti in Canada che, oltre all’arcieparchia di Winnipeg, comprende quattro eparchie: Toronto; Saskatoon,; New Westminster e Edmonton. Una delle sue principali sfide oggi è come conservare la propria identità e specificità teologica e liturgica nei diversi contesti linguistici e culturali in cui è presente. “Vogliamo integrarci, ma non vogliamo essere assimilati, perché assimilarci significa perdere la nostra tradizione e noi vogliamo arricchire questa tradizione”, ha spiegato mons. Shevchuk, che prima di essere nominato arcivescovo maggiore di Kiev nel 2011 è stato vescovo di Buenos Aires degli Ucraini, in Argentina. Si tratta di una sfida particolarmente sentita in Canada, come ha confermato l’arcivescovo di Winnipeg degli Ucraini, mons. Lawrence Huculak per il quale il Sinodo “rinnoverà i legami tra la Chiesa greco-cattolica in Ucraina e quella canadese mettendo in risalto gli sforzi compiuti dai primi pionieri che hanno contribuito a farla diventare quello che è oggi" (L.Z.)

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    Bolivia: il cardinale Terrazas invita al rispetto di migranti e rifugiati

    ◊   Si è celebrata domenica scorsa a Santa Cruz de la Sierra, in Bolivia, la Giornata nazionale del Migrante. Per l’occasione, come riporta l’agenzia Fides, è intervenuto il cardinale Julio Sandoval Terrazas, arcivescovo della città che, in occasione della celebrazione principale, nel suo intervento ha sottolineato la situazione in cui vivono i migranti e i rifugiati nel Paese. “Molta gente viene o va via per cercare una migliore situazione di vita – afferma l’arcivescovo - ma molte volte non viene rispettata la loro dignità. Dobbiamo aprirci ai problemi dei nostri fratelli migranti, parliamo di quanti sono venuti a cercare la vita e, grazie a Dio, Santa Cruz ha risposto loro generosamente aprendo degli spazi. Dobbiamo continuare a farlo, con rispetto per tutte le persone. Dobbiamo – continua il cardinale – essere in grado di ricevere tutti, ma anche di correggere i difetti che ci possono essere in alcuni che pretendono ad ogni costo di impossessarsi di un po’ di terra”, sottolineando anche la difficile situazione dovuta al fatto che in molti tentano di occupare le terre dei privati o della proprietà pubblica per appropriarsene. “Sono d’accordo con i migranti, ma non possiamo benedire le invasioni dei terreni; le leggi si devono applicare”. “Ci sono persone – a proseguito – perseguitate, o che devono fuggire dal loro Paese, e arrivano cercando uno spazio di libertà. Dio è con noi e incoraggia anche questi fratelli in situazioni in cui rimane solo la speranza. Vogliamo che quanti sono perseguitati nei loro Paesi – conclude il cardinal Terrazas – riescano a godere qui della libertà vera e incondizionata, ma devono sentirsi parte della nostra società”. (L.P.)

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    Timor Est: i vescovi lusofoni preoccupati per l’avanzare delle sette

    ◊   Il X Incontro internazionale dei vescovi lusofoni si è concluso ieri, a Dili, la capitale di Timor-Est. Durante cinque giorni di lavoro, i vescovi venuti da Angola, Brasile, Guinea-Bissau, Mozambico, Portogallo, São Tomé e Príncipe e Timor-Est hanno potuto conoscere la realtà locale e capire le preoccupazioni e le sfide che coinvolgono i Paesi lusofoni che, insieme, riuniscono una popolazione di oltre 250 milioni di persone. L’avanzare delle sette nei Paesi lusofoni è stato il tema principale delle sessione di lavoro, come spiega l’arcivescovo di Palmas, in Brasile, mons. Pedro Brito Guimarães. “Le sette si presentono in maniera praticamente uguale. Le possiamo paragonare ad una multinazionale. Si spostano di un Paese all’altro, vagano, nascono in un posto e si manifestano in un altro. Soprattutto, quelle di matrice nord-americana e quelle brasiliane che condividono delle coincidenze che le rendono piuttosto simili: il metodo di lavoro, la proposta e anche a chi si rivolgono”. Mons. Pedro racconta anche perché le sette trovano nei Paesi lusofoni un campo fertile. “La gente ha bisogno dI novità, di cose che risolvano immediatamente i loro problemi, di qualcuno che faccia una guarigione, una liberazione, un miracolo, che dia quello che non si può ottenere. La Chiesa non lavora in questi termini, dell’immediato, del consumismo religioso, del fondamentalismo, del soggettivismo”. (R.B.)

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    Honduras: 300mila bambini poveri, senza diritti e sfruttati sessualmente

    ◊   In Honduras oltre 300mila bambini poveri lavorano per aiutare le proprie famiglie, spesso subendo violenze, maltrattamenti e violazioni dei propri diritti di esseri umani. I piccoli che nascono nelle zone rurali hanno minori possibilità di sviluppo a causa della povertà e della miseria che colpiscono molte regioni del Paese e non usufruiscono neanche dei servizi scolastici. L’organizzazione umanitaria Casa Alianza - riferisce l'agenzia Fides - negli ultimi 10 anni ha registrato la morte violenta di oltre 6 mila minori, oltre a centinaia di piccoli rimasti vittime di violenza e sfruttamento sessuale, traffico e consumo di droghe. Recentemente, una responsabile delle Nazioni Unite che si occupa della tutela della tratta dei minori, prostituzione e pornografia infantile, ha detto che per combattere contro gli sfruttatori occorre che i Paesi seguano un sistema legislativo conforme agli standard internazionali. L’Honduras non può lottare da sola contro le reti di criminali che abusano e sfruttano sessualmente i piccoli, ed è necessario che i Paesi limitrofi si uniscano. Inoltre, ad aggravare il problema nel Paese contribuiscono fenomeni come disparità economiche, povertà, insicurezza, mancanza di un sistema educativo e violenza. La povertà coinvolge oltre il 60% degli 8,2 milioni di abitanti della nazione. (R.P.)

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    Indonesia: chiusa la Yasmin Church, cacciata la comunità protestante

    ◊   L’8 settembre si è tenuto un incontro a porte chiuse, a Bogor, nel West Java, Indonesia, al quale hanno preso parte Gamawan Fauzi, ministro indonesiano degli Interni, Ahmad Iman, capo del gruppo estremista islamico Farkami, e il sindaco di Bogor Diani Budiarto durante il quale è stata decisa la chiusura della Yasmin Church e la cacciata della comunità protestante dal territorio. Questo, nonostante la regolarità dei permessi di costruzione e, come riporta l’agenzia AsiaNews, una sentenza della Corte costituzionale. “È una vergogna” ha dichiarato Bona Sigalingging, portavoce della Gki Yasmin Church, criticando la decisione a seguito dell’incontro dal quale la comunità è stata esclusa. Il portavoce della Chiesa bolla come “una vergogna” la decisione di invitare il leader di Forkami, ritenuto “il famoso gruppo islamico radicale” che più volte “ci ha cacciato a forza dalla nostra chiesa”. Inoltre, come sottolineato ancora da Sigalingging, , la decisione è contraria alle sentenze della Corte costituzionale e del difensore civico (Ombudsman). Per questo motivo, oltre alla denuncia formale alla magistratura contro l’amministrazione locale e il sindaco Dani Budiarto, è stato presentato l’ennesimo ricorso alla giustizia ordinaria, sostenuto anche dal Sinodo indonesiano delle Chiese (Pgi) e dal Gruppo di lavoro sui diritti umani. (L.P.)

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    A Buenos Aires I Congresso mondiale del Movimento Eucaristico Giovanile

    ◊   Il Movimento Eucaristico Giovanile, sezione giovanile dell’Apostolato della Preghiera, terrà il suo primo Congresso Mondiale a Buenos Aires, Argentina, dal 17 al 24 settembre. Durante il Congresso, sono attesi circa 210 delegati di 32 nazionalità diverse e l’obiettivo principale, tra gli altri, sarà quello di approfondire la spiritualità comune al Movimento. Il Movimento Eucaristico Giovanile (Eym) è un Movimento internazionale della Chiesa per la formazione cristiana dei bambini e dei giovani. Esso cerca di insegnare loro a vivere secondo la via e gli insegnamenti di Gesù attraverso l'esperienza di preghiera, Eucaristia e Parola di Dio, portandoli a una vita di servizio, attenti alle esigenze del mondo di oggi. A 98 anni dalla fondazione del Movimento, prima chiamato "Crociata Eucaristica", questa sarà la prima volta che si incontreranno delegati di tutto il mondo. (L.P.)

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    Terra Santa: l'aiuto ai bambini con problemi uditivi vittime di gravi ritardi nello sviluppo

    ◊   Oltre 275 milioni di persone nel mondo soffrono di problemi di udito sia in forma moderata che in forma grave. Tra questi l’80% vive in Paesi con un reddito basso o medio. Per il mese di settembre, quando nella maggior parte dei Paesi ricominciano le scuole, la campagna “La salute, diritto di tutti: ¡Actúa!”, promossa dall’Ong cattolica spagnola Manos Unidas, è rivolta ai territori palestinesi, concretamente a Betlemme, Beit-Jala e Beit Sahour, dove si registra un tasso molto elevato di bambini e giovani colpiti da problemi uditivi. Se questi bambini non ricevono le cure necessarie, possono incorrere in ritardi dello sviluppo del linguaggio e dell’apprendimento, oltre ad una grave carenza di attenzione. Già nel 1964, quando Papa Paolo VI si recò pellegrino in Terra Santa, fece un appello a favore dei tanti piccoli affetti da questa patologia che vivevano per le strade di Betlemme, privi di cure e, in quell’occasione mostrò il suo desiderio di creare un centro educativo dedicato esclusivamente alla loro riabilitazione. Nacque così l’Istituto “Ephpheta Paolo VI”, che 7 anni dopo, nel 1971, iniziava la sua opera di riabilitazione audio fonetica con 24 bambini sordi. Attualmente, ogni anno, l’Istituto ospita 150 bimbi sordi, senza tenere conto del loro credo religioso. Gli studenti provengono da diverse località della Palestina come Betlemme, Beit Jala, Beit Sahour, Ramallah, Hebron e Gerico. Purtroppo i piccoli di Gerusalemme e del nord non possono frequentare l’istituto a causa del muro che circonda quasi per intero la città di Betlemme. La maggior parte degli alunni, tranne 20 bambine interne, la sera rientra a casa. La costruzione del muro ha colpito anche l’agricoltura, che costituisce il principale mezzo di sussistenza, e di conseguenza lo sviluppo economico locale. Dal 2000, la disoccupazione e la povertà sono aumentati a tal punto che il 60% di tutte le famiglie palestinesi della zona sono povere. In Palestina il 3% della popolazione soffre di problemi uditivi. In alcuni villaggi più isolati la percentuale aumenta fino al 15%, una delle più alte del mondo. La sordità in questa zona si deve soprattutto a fattori ereditari. Nel Paese, infatti, il 40% dei matrimoni avvengono tra consanguinei. (R.P.)

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    Nuova Zelanda: al via la settimana della Giustizia sociale sul tema della fame

    ◊   La malnutrizione e l’insicurezza alimentare si possono combattere solo con adeguate politiche dei redditi e una più equa distribuzione delle ricchezze. È quanto affermano i vescovi della Nuova Zelanda in una nota pastorale per la Settimana nazionale per la Giustizia sociale che la Chiesa del Paese celebra da ieri fino al 15 settembre. “La fame in mezzo a noi” è appunto il tema scelto quest’anno con il quale i presuli hanno voluto richiamare l’attenzione sulle difficoltà di un numero crescente di famiglie neozelandesi di accedere ad un’alimentazione sana e nutriente. Le statistiche indicano che l’insicurezza alimentare colpisce il 7,3% della popolazione in Nuova Zelanda, dove, come in molti Paesi sviluppati, la malnutrizione è spesso associata all’obesità e alle patologie ad essa connesse. La nota dei vescovi mette in evidenza lo stretto nesso tra insicurezza alimentare, povertà e distribuzione delle risorse. La fame – si osserva – è allo stesso tempo causa ed effetto della povertà”: essa infatti sottrae risorse ed energie alla realizzazione delle potenzialità intellettuali, sociali e spirituali delle persone. Inoltre crea conflitti. La Chiesa e le organizzazioni cattoliche cercano di rispondere a questo problema in diversi modi: sia con aiuti immediati a chi ha bisogno, sia con interventi a lungo termine come la promozione di programmi di aiuto allo sviluppo e invocando nuove politiche dei redditi. Come confermano diversi organismi internazionali, oggi nel mondo il problema non è infatti la produzione, quanto piuttosto di distribuzione delle ricchezze. In linea con gli insegnamenti sociali della Chiesa, è quindi su questo fronte che occorre agire secondo i vescovi neo-zelandesi, che chiedono un intervento più incisivo della politica per regolamentare i mercati, sottrarre le risorse alimentari alla speculazione finanziaria e alle drammatiche oscillazioni dei prezzi che penalizzano soprattutto i più poveri. (L.Z.)

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    Etiopia: la Chiesa invita alla preghiera per il nuovo anno etiopico 2005

    ◊   “Se desideriamo essere seguaci degni di Gesù Cristo, noi sacerdoti non dobbiamo sentirci tali in misura maggiore se preghiamo o amministriamo la nostra liturgia rispetto a quando ci occupiamo del sociale, di sviluppo e delle opere di carità”. È quanto afferma padre Angelo Antolini, direttore delle Pontificie Opere Missionarie (Pom) in Etiopia e prefetto apostolico di Robe, in occasione dell’inizio, quest’oggi, dell’Anno etiopico 2005. Padre Antolini, nella lettera che ha inviato all’intera Chiesa del Paese per l’occasione e riportata dall’agenzia Fides, racconta: “L’anno 2004 è stato un anno storico per la nostra Chiesa di Robe. L’11 febbraio 2012, che corrisponde al 4 Yekatit 2004 etiopico, Papa Benedetto XVI ha eretto la nuova prefettura di Robe. Il 29 aprile 2012, secondo l’anno etiopico il 21 Miazia 2004, sono stato nominato prefetto apostolico della nostra Chiesa. Tra sentimenti di profonda emozione e lavoro intenso per tutti, è iniziato un nuovo viaggio per me, per voi sacerdoti, per i religiosi e per tutti i fedeli. Pensando al nuovo anno – continua il prefetto apostolico - si percepisce una certa incertezza, dobbiamo pregare per la pace, la giustizia, la prosperità per il nostro popolo ed essere pronti a qualsiasi evento senza paura, forti nella fede e nella speranza”. L’invito alla preghiera poi continua, e si estende all’evangelizzazione, tra le prime missioni del cristiano nel mondo. “La prima evangelizzazione dei non cristiani rientra tra i compiti del nostro impegno pastorale, che ci richiede di essere pronti a rinnovarci, a cambiare laddove necessario, ad essere vicini alla nostra gente – conclude - apprezzando la loro cultura, le loro tradizioni, le ambizioni, gli obiettivi, l’impegno per la pace e lo sviluppo”. (L.P.)

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    A Roma la XLII edizione della Settimana biblica nazionale

    ◊   Si è aperta ieri sera a Roma la XLII edizione della Settimana biblica nazionale, sul tema “Abramo tra storia e fede”. Angelo Passaro (Facoltà teologica di Sicilia) e Antonio Pitta (Pontificia Università Lateranense) spiegano questa iniziativa: “Scoprire in che modo i testi biblici utilizzano le tradizioni su Abramo, come questo personaggio, al quale si richiamano giudaismo, cristianesimo e islam, viene presentato e riletto soprattutto all’interno del canone cristiano”. “Si tratta di riconoscere il ciclo di Abramo – proseguono – nella sua complessa formazione, in modo tale che possa emergere il percorso che definisce l’identità di Abramo come antenato ecumenico per certi versi – almeno nelle tradizioni più antiche – in contrapposizione alla figura di Mosè”. Sono previsti, come riporta il Sir, numerosi interventi e appuntamenti nel corso della settimana, tra i quali una tavola rotonda con il rabbino Giuseppe Laras e padre Pierbattista Pizzaballa, come “spazio per discutere di Abramo e della sua discendenza tra particolarismo e universalismo”. (L.P.)

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    Fatebenefratelli: Congresso su assistenza e valorizzazione degli anziani

    ◊   Concluso il Congresso nazionale aFaR sul tema “L’assistenza agli anziani nel pensiero di fra’ Pierluigi Marchesi”, l’ex Generale dell’Ordine dei Fatebenefratelli ormai scomparso, considerato profeta dell’umanizzazione in sanità. Nel corso del congresso è intervenuto fra’ Marco Fabello, direttore generale all’Irccs Fatebenefratelli di Brescia, che ha commentato: “Dagli anziani che ci hanno preceduto nel tempo dobbiamo apprendere il vigore del coraggio, la forza dello spirito, la genuinità del messaggio, la potenza della carità perché l’Ordine dei Fatebenefratelli ormai anziano, possa ancora percorrere nonostante il peso degli anni la strada che da Gerusalemme porta a Gerico per ritrovare il genuino senso di Ospitalità. Tutto ciò ha un senso se lo faremo assieme, animati dall’unica Ospitalità, sulla scia del cardinale Martini che ci sprona a svecchiare dalle incrostazioni dei secoli per riappropriarci della saggezza dei vecchi e agire con lo spirito che dobbiamo mantenere sempre giovane perché vivificati dallo Spirito Santo”. L’invito è quello di considerare gli anziani come i bisognosi del nostro tempo, poiché risentono più di altri della emarginazione, della solitudine, dell’abbandono. “In un mondo dove conta soltanto produrre e consumare – conclude fra’ Marco – chi non è giovane e sano perde totalmente di rilievo sociale. Il compito dei Fatebenefratelli è quello di restituire il ruolo alla persona anziana, lasciarci convincere che la vecchiaia è anche la stagione nella quale vengono esaltati valori come l’amicizia, l’amore, la saggezza”. (L.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 255

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.