![]() | ![]() |

Sommario del 08/09/2012
Il Papa: la Chiesa riconosce in Maria se stessa, la propria vocazione e missione
◊ Nella Festa della Natività della Beata Vergine Maria, la figura della Vergine è stata al centro del discorso di Benedetto XVI che, nel Cortile del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, ha ricevuto stamani i circa 350 partecipanti al 23.mo Congresso Mariologico Mariano Internazionale. “La mariologia a partire dal Concilio Vaticano II. Ricezione, bilancio e prospettive” è il tema su cui ha riflettuto il Congresso che, iniziato il 4 settembre, si conclude domani. Una riflessione molto opportuna, nota il Papa, dato che ci si accinge a celebrare il 50.mo anniversario dell’inizio del Concilio, apertosi l’11 ottobre del 1962. Nel suo discorso il Papa ha rivolto un cordiale saluto al cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi e presidente del Congresso, al cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, al presidente e alle autorità accademiche della Pontificia Accademia Mariana Internazionale. Il servizio di Debora Donnini:
Il Beato Giovanni XXIII ha voluto che il Concilio Vaticano II si aprisse proprio l’11 ottobre, “nello stesso giorno in cui, nel 431, il Concilio di Efeso aveva proclamato Maria «Theotokos», Madre di Dio” . Per ricordare quello straordinario avvenimento nel suo 50.mo anniversario, il prossimo 11 ottobre si aprirà l’Anno della Fede, indetto da Benedetto XVI con il Motu proprio Porta fidei, in cui presentando Maria come modello esemplare di fede, “invoco - dice il Papa - la Sua speciale protezione e intercessione sul cammino della Chiesa, affidando a Lei, beata perché ha creduto, questo tempo di grazia”:
“Anche oggi, cari fratelli e sorelle, la Chiesa gioisce nella celebrazione liturgica della Natività della Beata Vergine Maria, la Tutta Santa, aurora della nostra salvezza”.
Benedetto XVI ripercorre, dunque, il senso della Festa di oggi, la Natività di Maria, riprendendo sant’Andrea di Creta, vissuto tra il VII e l’VIII secolo, che presenta questa festa “come un tassello prezioso dello straordinario mosaico che è il disegno di salvezza dell’umanità”. Sant’Andrea di Creta ricorda, infatti, che «il vero significato e il fine di quest’evento è l’Incarnazione del Verbo. Infatti Maria nasce, viene allattata e cresciuta per essere la Madre del Re dei secoli, di Dio». Questa antica testimonianza, nota il Pontefice, porta al cuore del tema su cui il Congresso Mariologico Mariano Internazionale riflette e che il Concilio Vaticano II volle sottolineare già nel titolo del Capitolo VIII della Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium: «La Beata Vergine Maria Madre di Dio nel mistero di Cristo e della Chiesa». Si tratta dell’”intimo collegamento fra i misteri della fede cristiana” che il Concilio ha indicato “come orizzonte” per comprendere i singoli elementi “del patrimonio della fede cattolica”.
Benedetto XVI ricorda che lui stesso prese parte al Concilio da giovane teologo come esperto ed ebbe modo di vedere i vari modi di affrontare le tematiche circa il ruolo della Vergine Maria nella storia della salvezza. Con la votazione del 29 ottobre 1963, si decise di arricchire lo schema della Costituzione Dogmatica sulla Chiesa con il capitolo sulla Madre di Dio, nel quale la figura della Vergine, riletta a partire dalla Parola di Dio, dai testi della tradizione patristica e liturgica e dalla riflessione teologica e spirituale, appare “strettamente inserita nei misteri fondamentali della fede cristiana”:
“Maria, di cui è sottolineata innanzitutto la fede, è compresa nel mistero di amore e di comunione della SS. Trinità; la sua cooperazione al piano divino della salvezza e all’unica mediazione di Cristo è chiaramente affermata e posta nel giusto rilievo, facendone così un modello e un punto di riferimento per la Chiesa, che in Lei riconosce se stessa, la propria vocazione e la propria missione”.
Il testo conciliare pur non avendo esaurito tutte le problematiche relative alla figura della Madre di Dio, “costituisce l’orizzonte ermeneutico essenziale per ogni ulteriore riflessione”. Ed è, nota il Papa, anche “un prezioso punto di equilibrio, sempre necessario, tra la razionalità teologica e l’affettività credente”. Quindi la figura della Madre di Dio deve essere “approfondita da prospettive diverse e complementari": mentre rimane sempre valida “la via veritatis - afferma - non si può non percorrere anche la via pulchritudinis e la via amoris” per contemplare ancor più profondamente la fede solida di Maria, il suo amore per Dio, la sua speranza incrollabile. Benedetto XVI invita, dunque, a proseguire sulla linea dettata dal Concilio:
“Offrite il vostro competente contributo di riflessione e di proposta pastorale, per far sì che l’imminente Anno della Fede possa rappresentare per tutti i credenti in Cristo un vero momento di grazia, in cui la fede di Maria ci preceda e ci accompagni come faro luminoso e come modello di pienezza e maturità cristiana a cui guardare con fiducia e da cui attingere entusiasmo e gioia per vivere con sempre maggiore impegno e coerenza la nostra vocazione di figli di Dio, fratelli in Cristo, membra vive del suo Corpo che è la Chiesa”.
Padre Lombardi: il Papa in Libano, atto di grande coraggio e speranza
◊ Il Libano ha annunciato che sabato 15 settembre sarà festa nazionale nel Paese in occasione della visita di Benedetto XVI: questo per permettere alla popolazione di poter incontrare il Papa che inizierà il suo viaggio il giorno prima. Grandi le attese per questo evento. Ascoltiamo in proposito la riflessione del nostro direttore, padre Federico Lombardi, nel suo editoriale per Octava Dies, il Settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:
L’ormai imminente viaggio del Papa in Libano è universalmente considerato un atto di grande coraggio e di speranza. Benedetto XVI pubblicherà un documento programmatico di importanza fondamentale per la vita e la missione della Chiesa cattolica nell’area del Medio Oriente, per il suo servizio di testimonianza del Vangelo e per il suo ruolo di promotrice di dialogo e di pace. La scelta della meta del viaggio, il Libano, dove le comunità cattoliche sono particolarmente numerose, era stata compiuta prima che la situazione in Siria degenerasse in conflitto aperto e sanguinoso. Ora, ciò non mette in questione il viaggio stesso, ma indubbiamente ne caratterizza un contesto in cui molti dei problemi affrontati due anni fa dall’assemblea del Sinodo del Medio Oriente non appaiono indirizzati a soluzione, ma ulteriormente acuiti. Convivenza fra i vari gruppi confessionali e religiosi, dialogo con l’islam e l’ebraismo, spinta dei cristiani verso l’emigrazione, libertà religiosa e democrazia. Del resto, tutto il movimento della cosiddetta “primavera araba” non era ancora esploso quando i Vescovi del Medio Oriente erano riuniti a Roma. Se il contesto è quindi profondamente diverso da allora, l’urgenza dell’impegno della Chiesa nell’area non può che diventare maggiore, anche se forse ancora più difficile, e la presenza ispiratrice e orientatrice del Papa diventa assolutamente preziosa e desiderata ancor più intensamente. I cattolici, i cristiani, pur essendo minoranza nella regione, possono e devono dare un contributo di testimonianza di pace e di promozione di dialogo sofferto e vissuto. Non solo alle popolazioni e ai gruppi religiosi molteplici del Medio Oriente, ma anche alla comunità internazionale, a un mondo che sembra ostinarsi a non rendersi conto di quanto le tensioni e le ambizioni geopolitiche globali si riflettano tragicamente anche nei conflitti dell’area. Benedetto XVI alzerà un grido inerme di speranza e di desiderio di pace per l’intera regione. Speriamo che venga ascoltato.
◊ Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina il professor Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant Egidio, cons. Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, e il prof. Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant'Egidio. Inoltre ha ricevuto alcuni presuli della Conferenza episcopale della Colombia, in visita "ad Limina".
Il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell'arcidiocesi metropolitana di Caceres (Filippine), presentata da S.E. Mons. Leonardo Z. Legaspi, O.P., in conformità al canone 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico. Gli succede Mons. Rolando Joven Tria Tirona, O.C.D., finora Vescovo Prelato di Infanta. S.E. Mons. Rolando J. Tria Tirona, O.C.D., è nato il 22 luglio 1946 a Kawit-Cavite, nella diocesi di Imus. Ha compiuto gli studi filosofici presso il collegio di San Carlos a Manila e quelli teologici presso il Collegio Carmelitano Internazionale di Roma Teresianum ove ha conseguito la Licenza in Teologia. Ha emesso i voti solenni nell'Ordine Carmelitano Scalzo nel 1967 ed è stato ordinato sacerdote il 21 aprile 1974. In seguito è stato Maestro dei Novizi a Davao, ove si è occupato della formazione dei giovani religiosi. Nominato Superiore della Comunità di Quezon City, nel 1981, è stato trasferito al seminario del Carmelo come Rettore nel 1987. Nel 1993 è divenuto Provinciale del suo Ordine. Nominato Vescovo titolare di Vulturara ed Ausiliare di Manila il 15 novembre 1994, è stato ordinato il 29 dicembre successivo. Il 14 dicembre 1996 è stato trasferito alla sede di Malolos e, il 28 giugno 2003, alla Prelatura territoriale di Infanta.
Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Hazaribag (India), presentata da S.E. Mons. Charles Soreng, S.I., in conformità al canone 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico. Gli succede il Rev.do Jojo Anand, del clero di Simdega, Direttore diocesano del Dipartimento dell’evangelizzazione e della formazione alla fede. Il Rev.do Jojo Anand, è nato il 17 maggio 1959, a Minjiutgarha-Kutungia, Diocesi di Simdega. Ha frequentato la scuola primaria e secondaria presso la scuola parrocchiale di Kutungia. Successivamente è entrato nel Seminario Minore di San Luigi, Ranchi (1980-1982). Ha svolto gli studi universitari presso il St. Xavier’s College di Ranchi, quelli filosofici presso il St. Albert’s College, Ranchi (1982-1985), e quelli teologici presso il St. Joseph’s Seminary di Mangalore (1988-1992). Dal 1985 al 1987, ha completato il Baccalaureato presso il St. Aloysius College di Jabalpur. È stato ordinato sacerdote il 24 aprile 1992, nella sua parrocchia di origine di Kutungia, allora per l’Arcidiocesi di Ranchi. Attualmente è incardinato nella Diocesi di Simdega. Dopo l’Ordinazione sacerdotale, ha ricoperto i seguenti incarichi: 1992-1993: Assistente parrocchiale ed insegnante in Vijaygiri; 1993-1997: Incaricato della Catechesi, Direttore dell’Archdiocesan Faith Formation Team, e Assistente parrocchiale della Cattedrale di Ranchi; 1997-2001: Assistente presso gli Uffici della CBCI di Delhi; 2001-2005: Studi a Roma per la Licenza in Catechesi presso la Pontificia Università Salesiana; 2005-2007: Vicario Generale della Diocesi di Simdega; dal 2005: Direttore dell’Evangelization and Faith Formation e Incaricato per la guida dei seminaristi diocesani di Simdega.
Il Santo Padre ha nominato Nunzio Apostolico nel Principato di Monaco S.E. Mons. Luigi Travaglino, Arcivescovo titolare di Lettere, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Organizzazioni e gli Organismi delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (F.A.O., I.F.A.D., P.A.M.).
Il Papa ha nominato Prelato Uditore del Tribunale della Rota Romana il Rev.do Mons. Piero Amenta, finora Officiale presso la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti.
Rimsha è libera. Mons. Tomasi: legge sulla blasfemia inaccettabile
◊ E' stata liberata oggi Rimsha, la bimba cristiana con disabilità mentale, arrestata in Pakistan per blasfemìa. Familiari e amici hanno consegnato il denaro per la cauzione, circa ottomila euro. La bambina dovrà però affrontare un processo anche se il suo accusatore, un imam, è finito in carcere per aver manipolato le prove. Commenta la vicenda mons. Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio Onu di Ginevra, intervistato da Sergio Centofanti:
R. – La situazione delle minoranze religiose in Pakistan è problematica: prima di tutto per i cristiani, ma anche per qualche altra piccola minoranza. Il problema che si pone davanti a questa realtà è che l’utilizzo della legge sulla blasfemia viene visto come uno strumento per vendette personali o per abusi di potere o per “liberare” i villaggi – come qualcuno dice – dalla presenza di cristiani. Questa ragazza, Rimsha, anzitutto non è maggiorenne e secondo le perizie mediche ha anche un handicap e non era in condizione di essere responsabile delle azioni che le venivano attribuite. E’ emerso poi che un imam aveva addirittura falsificato le prove, introducendo nel sacchetto d’immondizia di questa povera ragazza delle pagine del Corano, per far vedere che si poteva veramente accusarla di mancanza di rispetto e quindi di bestemmia contro il Corano e, di conseguenza, per costringere le famiglie cristiane di quella zona di Islamabad a scappare così da evitare di essere perseguitate o di vedere le loro case bruciate.
D. – Cosa le dice questa vicenda?
R. - A me sembra che questo caso sia un po’ una luce rossa di allarme, che fa sorgere alcune domande. Anzitutto: cosa viene insegnato nelle scuole coraniche, che per la maggior parte sono gestite da forze islamiste, che non aprono a nessun dialogo, a nessuna tolleranza? Questo pone un problema difficile sia per il governo del Pakistan, sia per la convivenza nella società. In secondo luogo ritorna la questione della legge sulla blasfemia, che sembra essere inaccettabile da tutti i punti di vista del diritto internazionale e dei diritti umani, proprio perché essendo così vaga si presta ad essere strumento per violare i diritti delle minoranze religiose e non soltanto delle minoranze cristiane. Secondo me, è necessario che il governo locale e le istituzioni locali facciano veramente un grande sforzo per creare una mentalità diversa, che faccia sì che sia possibile per una persona di vedere rispettati i propri diritti umani fondamentali. Inoltre questa ragazza e la sua famiglia devono vivere ora in un posto segreto per evitare che ci siano degli attacchi di estremisti nei loro confronti.
D. – Cosa fare adesso?
R. - Il sistema giuridico dovrà rivedere profondamente il suo funzionamento, affinché le decisioni che prenderà non siano poi contraddette da reazioni popolari che portano poi a conclusioni profondamente ingiuste. In questo caso ho visto poi che l’opinione pubblica mondiale si è espressa veramente in maniera decisa in difesa di questa minorenne disabile e questo può rappresentare un servizio che possiamo tutti fare per aiutare il governo e le autorità locali del Pakistan a sostenere con più determinazione i diritti di tutte le persone, di tutti i cittadini del loro Paese, senza distinzioni di prima e seconda classe in base alla credenza religiosa a cui appartengono.
Conferenza interreligiosa di Istanbul: intervista con padre Ayuso Guixot
◊ Si è conclusa oggi a Istanbul, in Turchia, la Conferenza internazionale interreligiosa organizzata con il patrocinio del Turkish Religious Foundation Center for Islamic Studies e la Marmara University Institute for Middle Eastern Studies. E’ intervenuto all’incontro anche il segretario del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, padre Miguel Ángel Ayuso Guixot. Tracey McClure lo ha intervistato:
R. – The aim of my participation …
Lo scopo della mia partecipazione era quella di portare la voce della Chiesa a sostegno di quanti appoggiano pacificamente e ordinatamente la transizione nella regione, sostenendo le legittime aspirazioni dei popoli del Medio Oriente - e in particolare del Nord Africa - di libertà, di dignità e di democrazia. In questo contesto, ho sottolineato nel mio intervento, come ha detto il Papa al Corpo Diplomatico, che questo processo passi “attraverso il riconoscimento della dignità inalienabile di ogni persona umana e dei suoi diritti fondamentali”. Benedetto XVI aveva invitato anche la Comunità internazionale a costruire “società stabili e riconciliate”, ponendo fine ad ogni forma di discriminazione, in particolare alle discriminazioni religiose.
D. – Sono appelli che il Papa spesso lancia …
R. – Yes. In fact the Pope Benedict XVI has often …
Sì. In effetti Papa Benedetto XVI ha spesso sottolineato che la promozione dei diritti umani rappresenta la migliore strategia per ottenere il bene comune, che è la base poi di una convivenza armoniosa. La democrazia si fonda sul rispetto dei diritti umani: quindi nei crescenti sforzi per favorire la democrazia nel mondo arabo, la speranza è quella di riuscire a creare una forte considerazione di questi diritti fondamentali. Ricordo inoltre che Benedetto XVI, in diverse occasioni, ha sottolineato come la libertà religiosa rappresenti un diritto umano intrinseco. E’ inconcepibile che i credenti debbano sopprimere una parte di se stessi – la loro fede – per essere dei cittadini attivi. I cristiani nel mondo arabo, al fianco dei cittadini musulmani, sono pronti a giocare la loro parte come cittadini, cercando di costruire insieme una società che rispetti i diritti umani di tutti i cittadini. Occorre comprendere che “una visione della vita saldamente ancorata alla dimensione religiosa può aiutare a conseguire tali fini, dato che il riconoscimento del valore trascendente di ogni uomo e ogni donna favorisce la conversione del cuore, che poi porta ad un impegno di resistere alla violenza, al terrorismo ed alla guerra e di promuovere la giustizia e la pace”.
D. – Di cosa ha bisogno ora la “primavera araba”, dopo le elezioni che hanno avuto luogo in diversi Paesi?
R. – I think that now need to be …
Penso che ora ci sia bisogno di un progresso ulteriore per andare avanti sulla strada di una cultura della democrazia. Questo include anche uno sviluppo chiaro della legge, nella quale tutti siano uguali davanti alla legge; così come è necessario un ulteriore sviluppo delle istituzioni perché siano al servizio di tutti i cittadini. Ovviamente, la creazione di una cultura della democrazia ha bisogno di tempo, di impegno, di pazienza e di educazione.
D. – E per questo c’è bisogno di un incremento del dialogo, della tolleranza e del rispetto…
R. – Sure, particularly rejecting the instrumentalization of religion…
Certamente e anzitutto rigettando la strumentalizzazione della religione, che vuole creare discordia tra le diversi componenti di una nazione. Questo significa, oltre a tutto il resto, rispettare la libertà di credo e la libertà di opinione e di espressione.
D. – La tragica situazione in Siria non è certo lontana dalle nostre menti e dai nostri cuori in questi giorni…
R. – Indeed. We know how the Holy Father…
Certo. Sappiamo quanto il Santo Padre abbia condannato la violenza e le terribili perdite di vite umane. E’ necessario, come il Papa ha più volte ripetuto, che si ponga fine alla violenza e che inizi il cammino del dialogo.
Il cardinale Jozef Tomko in Ucraina per i 600 anni della sede arcivescovile di Lviv
◊ “L’antica sede arcivescovile di rito latino con sede a Lviv (Leopoli) celebra quest’anno i 600 anni della propria fondazione. Sono molto felice di essere giunto da voi, come inviato speciale di Sua Santità Benedetto XVI, in occasione di questo importante anniversario”. È quanto affermato dal cardinale Jozef Tomko, prefetto emerito della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli durante la celebrazione della Santa Messa di questa mattina nella Cattedrale latina di Lviv. Nel corso della celebrazione, in occasione del 600mo anniversario del trasferimento della sede degli arcivescovi cattolici latini da Halych a Leopoli il porporato si è soffermato sulla figura di Maria Madre di Dio, ricordando che il trasferimento della sede dell’arcidiocesi avvenne nel giorno della festa della Natività della Beata Vergine Maria, che si celebra proprio l’8 settembre. “Siamo qui oggi riuniti attorno all’altare del Figlio di Maria – ha proseguito il porporato – perché Lei Lo ha dato alla luce”, pertanto “questa è l’occasione ideale anche per la celebrazione della ricorrenza giubilare della Sede arcivescovile”. Il cardinale ha proseguito ricordando come Dio avesse creato Adamo ed Eva felici concedendo loro la libertà e la capacità di riconoscere la bontà di Dio. “Tuttavia hanno ceduto alla tentazione del diavolo”. Da questo peccato commesso da Adamo ed Eva è derivato il peccato dovuto all’abuso di libertà e le tenebre hanno avvolto tutta l’umanità. Ma “Dio misericordioso ha avuto pietà degli uomini e proclamando la maledizione del seduttore, ha acceso l’alba di speranza per il futuro, promettendo che Madre e Figlio vinceranno il male. È stata questa la prima buona notizia”, sottolineando come i cristiani sappiano che Madre e Figlio sono la Vergine Maria e Suo Figlio, Gesù Cristo. “È per questo – ha proseguito il cardinale – che la nascita della Beata Vergine Maria è speranza per il mondo intero, e dopo il Natale del Signore e Dio Gesù Cristo, nel mondo non esiste nascita più importante e preziosa”. Il cardinale ha, inoltre, sottolineato come questa ricorrenza “deve indurre ad una più profonda vita spirituale, per testimoniare la nostra fede nella vita pubblica. Tutto ciò dovrebbe incoraggiarci e lasciare entrare Maria nel nostro cuore, nelle nostre case e nelle nostre famiglie, perché in Lei regna l’amore pure e vero. A questa preghiera e a questo augurio si unisce il Papa Benedetto XVI – ha concluso il cardinale Tomko, sottolineando che lo scopo delle celebrazioni giubilari è “ringraziare, pregare e chiedere perdono al Signore. Prima di tutto quindi vogliamo lodare Dio per tutte le benedizioni che questa arcidiocesi ha ricevuto nel corso dei 600 anni. Il suo futuro lo affidiamo alla speciale protezione della Madre Celeste”. (A cura di Luca Pasquali)
L'Ue rafforza le sanzioni contro la Siria. Terzi: Assad accetti l'esilio in un Paese arabo
◊ Mentre in Siria continua la violenza e l’Onu parla di 2,5 milioni di persone bisognose di aiuti nel Paese, i ministri degli Esteri della Ue decidono di rafforzare le sanzioni contro il regime di Assad. Il ministro francese Fabius raccomanda misure per assicurare alla popolazione accesso agli ospedali mentre il ministro degli Esteri italiano Terzi sostiene che bisogna agire sulla Lega Araba affinché Assad accetti l’esilio in un Paese arabo disposto ad accoglierlo. Del possibile ruolo in questo momento della comunità internazionale Fausta Speranza ha parlato con Claudio Lo Jacono direttore della rivista Oriente Moderno:
R. – In termini di aiuti si può fare senz’altro moltissimo e ci sono dei programmi appositi per intervenire anche celermente per le necessità di sopravvivenza. Sul piano politico è il solito discorso sull’Onu: l’Onu ha una teorica funzione pacificatrice, nobilissima e indispensabile, ma è condizionata dal gioco degli equilibri internazionali. Finché la Russia si limiterà ad appoggiare la Siria – come ha sempre fatto finora, già da quando era Unione Sovietica ed ora come Russia –, per avere un suo sbocco al mare, per avere un suo contatto con un Paese che è ideologicamente comunque importante nell’area vicina orientale, sarà ben difficile un intervento militare. Anche se un intervento è quello che sembra proprio desiderare fortemente, e sempre più fortemente, l’Occidente: dagli Stati Uniti al Regno Unito, alla Francia, che si è già vista in Libia prendere iniziative in tal senso. Ma la Libia era un Paese non allineato, né con la Russia né con gli Stati Uniti, e perciò questo era più semplice e, tra l’altro, al momento era un Paese estremamente più fragile militarmente. La Siria ha una sua capacità comunque dissuasiva, ha un forte appoggio dalla Russia e anche dalla Cina. Perciò io personalmente non credo ci saranno interventi militari: naturalmente la mia è una previsione assolutamente soggettiva.
D. – Il ministro degli Esteri italiano, Terzi, parla di esilio per Assad: in linguaggio diplomatico questo che significa e che può significare?
R. – Una certa garanzia di incolumità per Assad e per la sua famiglia è certamente una cosa allettante, teoricamente però. Ricordiamo come già la stessa cosa fosse stata proposta a Saddam Hussein e l’esito assolutamente negativo che esso ebbe.
D. – Tanta gente sta fuggendo già in Giordania, in Libano…
R. – Questa è la voce più drammatica. La popolazione subisce sempre il gioco dei potenti. Non è parte attiva nelle dittature! La Siria, tra l’altro, è un Paese dove il livello di cultura è elevato. La gente intuisce che non potrà fare altro che fuggire, perché di fronte ad una guerra civile conclamata - come era evidente che fosse sin dall’inizio, o quasi, anche se si è cercato di ignorare il fatto che fosse una guerra civile considerandolo soltanto uno scontro al vertice – non riesce a fare altro. La popolazione subisce i bombardamenti dell’una e dell’altra parte, perché poi c’è un po’ questa idea che sia soltanto Assad a provocare morti e lutti: in realtà è anche la parte avversa. Purtroppo non c’è altra via che cercare rifugio nei Paesi vicini, la Turchia è uno di questi.
Attentati in Iraq. Mons. Sleiman: i cristiani non fuggano dal Paese
◊ In Iraq, una nuova ondata di attentati ha provocato ieri 8 morti e una settantina di feriti a Kirkuk, 240 chilometri a nord di Baghdad. Le esplosioni di un’autobomba e altri ordigni hanno colpito alcuni luoghi di culto sciiti. A proposito della situazione della sicurezza nel Paese, Davide Maggiore ha raccolto la testimonianza di mons. Jean-Benjamin Sleiman, arcivescovo di Baghdad dei Latini:
R. – Le cause alla base della violenza non sono sparite, anche se la violenza cambia volto, cambia i metodi e cambia anche gli obiettivi. La violenza non è mai sparita da quanto è caduto il regime. Penso che in questi ultimi tempi ci siano anche delle tensioni politiche interne molto forti e queste violenze, che noi rifiutiamo e che giudichiamo come atti barbari, sembrano essere il linguaggio politico di questi gruppi. Questo è il segno che la politica non ha ancora trovato dei modi civili per scambiarsi idee e per confrontarsi sui problemi.
D. – Cosa fa la comunità cristiana in questa situazione?
R. – La comunità cristiana, come poi tutti gli iracheni, subisce tutto questo. Anche gli altri cittadini iracheni non possono decidere riguardo alla violenza: la subiscono! Aspettano giorni migliori: hanno una specie di rassegnazione o meglio – e questo è anche peggio – di assuefazione, perché ogni giorno c’è qualcosa di nuovo, anche se i media non ne parlano.
D. – Attraverso i microfoni della Radio Vaticana vuole lanciare un appello alla comunità internazionale su quanto sta succedendo in Iraq?
R. – Io vorrei che la comunità internazionale si convinca che risolvere i problemi degli altri significa anche risolvere i propri. La pace esiste per tutti o non esiste per nessuno. Spero quindi che gli interessi degli Stati non vengano prima di questo valore fondamentale per tutti e tutto, che è la pace.
D. – Per quanto riguarda i cristiani che guardano alla Chiesa dell'Iraq, cosa vuole chiedere ai cristiani delle altri parti del mondo?
R. – Io forse sono controcorrente, ma vorrei che le Chiese nel mondo e che sono in comunione con la nostra Chiesa, incoraggino i cristiani a essere forti, coraggiosi e ad avere speranza, senza fuggire sempre, senza emigrare sempre… Il Paese è loro e la missione del cristianesimo in questo Paese è la loro missione. E’ bene incoraggiarli e aiutarli affinché vivano meglio queste difficili situazioni.
Si apre a Sarajevo l’Incontro Mondiale per la Pace organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio
◊ Con una Messa la mattina, e l’assemblea inaugurale il pomeriggio, si apre domani a Sarajevo, in Bosnia ed Erzegovina, l’Incontro Mondiale per la Pace “Living Together is the Future. Religioni e Culture in Dialogo”, organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio. A venti anni dalla guerra, il dialogo tra le principali fedi del mondo si ritrova in uno dei luoghi più colpiti. Tra gli ospiti, il premier italiano Mario Monti, il presidente del Consiglio Europeo Herman Van Rompuy, il premier della Costa d’Avorio e numerose personalità internazionali, dal Patriarca di Mosca Kirill al Patriarca serbo Irinej, da rappresentanti del Rabbinato di Israele, a esponenti di rilievo del mondo islamico. Il servizio della nostra inviata a Sarajevo, Francesca Sabatinelli:
Fu da Monaco di Baviera, nel 2011, che si annunciò la volontà di ritrovarsi a Sarajevo, città che da simbolo di tolleranza e convivenza, è divenuta testimone di atrocità e dell’assedio più lungo della storia moderna. Venti anni fa iniziava la guerra in Bosnia ed Erzegovina, e saltava definitivamente la concordia che aveva unito le comunità della regione, quella serba, quella croata e quella musulmana. L’accordo di Dayton fermò il massacro: 100mila morti in totale, 12 mila solo a Sarajevo, assediata per quasi quattro anni. Oggi Sant’Egidio porta qui il messaggio nato nel 1986 dall’incontro delle religioni ad Assisi e cioè che “il dialogo interreligioso e culturale è la scelta strategica per giungere alla pace”. Mario Marazziti, portavoce della Comunità:
“C’è bisogno in quel punto, che è una grande ferita dell’Europa, di re-imparare l’arte del vivere insieme, proprio in uno dei punti che era il crocevia della convivenza e un simbolo del vivere insieme e che forse è il punto dove più si avverte il dolore e la fatica di farlo”.
La Sarajevo di oggi è una città dove le divisioni si vivono ancora, probabilmente più nelle istituzioni che tra le persone. Ma le ferite sono aperte, si parla della progressiva islamizzazione di questa terra e la visione di un tempo di una Sarajevo che garantiva pari dignità ai suoi abitanti sembra compromessa. Ancora Marazziti:
“Io penso che questo sia quello che accade in tutti i luoghi dove c’è la guerra. Il recupero di una memoria, di una memoria comune, è una delle cose più difficili: ognuno ha una storia vera di torti subiti. C’è sempre la tendenza e la tentazione di ripartire solo dai torti subiti. Io credo che vada ricostruita una nuova storia comune, che è la storia di una necessità: che quello che è stato mio fratello, mio cugino, mio parente sia ora il mio nemico è una condanna per tutta la vita! Non si può vivere di odio, non si può vivere di paura. Allora io credo che proprio questo sia il significato immenso dell’incontro mondiale interreligioso di quest’anno: in un tempo in cui un luogo di convivenza come la Siria, forse l’ultimo grande luogo di convivenza del Medio Oriente è a rischio, a rischio di implosione in una guerra e in una sofferenza terribile, proprio da Sarajevo cerchiamo – attraverso lo spirito di Assisi – di ricostruire le ragioni del vivere insieme”.
Alle ragioni della guerra ancora presenti, seppur nascoste, si è voluta opporre la collegiale organizzazione dell’incontro, alla quale hanno preso parte tutte le componenti religiose in Bosnia. Accanto a Sant’Egidio hanno quindi lavorato, per il primo evento comune dalla fine della guerra, la Comunità Islamica in Bosnia ed Erzegovina, la Chiesa serba ortodossa, l’Arcidiocesi di Sarajevo e la Comunità Ebraica di Bosnia ed Erzegovina che, con i loro ospiti - esponenti delle grandi religioni mondiali, protagonisti della cultura e della vita pubblica europea e mondiale - daranno vita allo spirito di Assisi, già rinnovato da Benedetto XVI lo scorso anno, a 25 anni dall’iniziativa nata per volontà di Giovanni Paolo II:
“Io credo che la scelta di Benedetto XVI di andare ad Assisi, per un grande omaggio alla scelta di Giovanni Paolo II, ma anche per rilanciare, nel dialogo con le culture, proprio lo spirito di dialogo tra gli uomini e le donne di religione, sancisca il fatto che questo è uno dei modi anche dell’essere cristiani nel XXI secolo, anche dell’incontro tra fedi e culture. Quindi credo che il messaggio del Papa, che verrà annunciato e letto nella seduta di apertura, darà il tono e segnerà una via che – io credo – non va ignorata: in questo tempo la Chiesa cattolica continua ad essere un ponte tra i credenti”.
Tra i presenti all’incontro oltre al premier italiano Monti e al presidente del Consiglio Europeo Van Rompuy, numerosi patriarchi, vescovi, cardinali, rappresentanti del Gran Rabbinato di Israele, e del mondo islamico. 28 le tavole rotonde nelle quali si discuterà di ecumenismo, di immigrazione, di pace, con il pensiero rivolto alla Siria e non ultimo all’imminente viaggio di Benedetto XVI in Libano.
Lettera pastorale del cardinale Scola: scoprire il Dio vicino
◊ “Senza Gesù Cristo non c’è salvezza”, anche in un tempo segnato “dalle strabilianti scoperte delle biotecnologie, dalle complessità sociali del rapporto fra politica, economia e finanza, dal massiccio fenomeno del meticciato di culture e di civiltà”. È quanto afferma il cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, nella sua Lettera pastorale "Alla scoperta del Dio vicino" – presentata nella Festa della Natività di Maria - che contiene gli orientamenti per il nuovo anno pastorale della diocesi nell'Anno della Fede. Fabio Colagrande gli ha chiesto di spiegare la scelta dell’espressione “Dio vicino”, utilizzata dal Papa nel suo discorso alla Scala di Milano, il primo giugno scorso:
R. - Questa espressione dice una realtà molto grande che tante volte noi rimuoviamo. Diceva un grande poeta che Dio è sempre a un millimetro da ogni uomo. Un millimetro cos’è? Quasi nulla. Eppure noi rischiamo di non accorgerci. Allora la scoperta del Dio vicino, la scoperta di questa straordinaria, formidabile compagnia che la Trinità ha voluto farci nel Signore Gesù che è con noi permanentemente, è come un invito a tutti: ai battezzati, un po’ dimentichi di misurarsi con questa vicinanza, a quanti dicono di non credere, di provare a vedere se la domanda di senso, cioè di significato, di direzione e di cammino che hanno nel cuore, non li conduca alla scoperta della necessità buona di questo Dio, e a noi cristiani praticanti di essere più riconoscenti del grande dono avuto, più umilmente disponibili all’interno della Chiesa e della comunità, a viver di Gesù stesso attraverso l’aiuto della Vergine Santissima che ci porta a suo Figlio come fa ogni autentica madre, e attraverso il Figlio, ci porta al Padre. Quindi questo è un po’ il senso. È realmente una proposta fatta a tutti, credenti, diversamente credenti - pensiamo ai tanti delle altre religioni - e a quanti si dicono agnostici, o non credenti, o al limite, atei.
D. - Come si innesta l’esperienza vissuta dalla sua diocesi durante l’incontro mondiale delle famiglie con l’Anno della Fede che sta per iniziare?
R. - È stato il punto di partenza come la Lettera mostra, perché quell’esperienza ha mostrato che realmente c’era molta brace sotto le ceneri, e la venuta del Santo Padre che ci ha amorevolmente e autorevolmente confermato nella Fede, ha fatto sparire la cenere e ha messo in evidenza un fuoco schioppettante. Poi abbiamo avuto un altro enorme concorso di folla con la scomparsa del cardinal Martini; un concorso mesto ed addolorato, tuttavia sostenuto dalla speranza certa che animava il cardinale nella Risurrezione. Quindi questi due grandi eventi, sono una provocazione ad una maggiore responsabilità e autenticità per tutti noi cristiani.
D. - L’Anno della Fede comincia in Italia, in Europa, in un autunno di crisi economica e sociale. È un invito ad un rinnovamento ancora più profondo?
R. - Non c’è nessun dubbio. Condivido pienamente l’affermazione di Papa Benedetto che afferma che la grave crisi dell’Europa, certamente è legata ai problemi politici, economici, finanziari e ha gettato nella prova tante persone, pensiamo al dramma del lavoro, quello dei giovani, ai molti che cadono nella povertà, ma lui ha giustamente detto che alla radice di tutto questo, c’è una crisi di senso. Ma nell’Europa, primariamente, da dove è venuto il senso di un cammino? E' venuto dalla fede! Quindi è una crisi di fede. Bisogna che quest'anno sia vissuto da tutti noi cristiani, come un’occasione di conversione e di testimonianza, nonostante tutte le nostre fragilità. La fede è conveniente anche per la vita terrena.
Giovani protagonisti al Congresso panafricano dei laici cattolici di Yaoundé
◊ A Yaoundé, in Camerun, prosegue il secondo Congresso panafricano dei laici cattolici organizzato dal Pontificio Consiglio per i Laici, sul tema “Essere testimoni di Gesù Cristo in Africa oggi: sale della Terra, luce del mondo”. Particolarmente significativa è la presenza dei giovani a questo evento, che si concluderà domani. Ma quale ruolo possono avere i giovani nei movimenti laicali, e dunque nella società, in Africa? Padre Moses Hamungole lo ha chiesto a Charles Ochero Cornelio, che è tra i rappresentanti giovanili al convegno, e presidente dell’organizzazione cattolica Pax Romana International:
R. – I think they can play a very, very big role…
Penso che loro possano giocare un grandissimo ruolo nella società, perché i giovani di oggi saranno domani i protagonisti della vita nel Paese. Se saranno ora coinvolti nella costruzione della società, domani diventeranno leader responsabili e saranno in grado di cambiare la faccia del Paese in cui vivono. Per questo penso che sia molto importante, partecipare ora, e domani, dunque essere formati integralmente. E questo può anche cambiare molto la politica e molte di quelle cose che sono state portate a termine a livello decisionale.
D. - A proposito di questo Congresso, in corso a Yaoundé, com’è stata, secondo lei, la partecipazione da parte dei giovani?
R. – I think the number of youths here…
Penso che il numero dei giovani qui al Congresso sia stata buona. La loro presenza qui è rappresentativa di quasi ogni Paese. Penso inoltre che il loro modo di partecipare al Congresso sia molto attivo e - oltre che alla presentazione che abbiamo fatto due giorni fa - penso che ci sia un grande appello ai giovani, da parte delle personalità della Chiesa, ad una partecipazione attiva, dal momento che stiamo parlando di una nuova evangelizzazione. Sostanzialmente, una nuova evangelizzazione non è fatta per cambiare quello che i missionari del passato hanno fatto, ma per rafforzare l'evangelizzazione. Perché, la sfida di oggi non è la stessa di 50 anni fa. Ieri, infatti, anche il cardinale Sarah ha detto che uno dei problemi dell'Africa è il neopaganesimo e pertanto il neopaganesimo non può essere contrastato usando le passate modalità di evangelizzazione. Per questo motivo c’è bisogno di una nuova evangelizzazione, per risolvere i problemi di oggi.
D. – Questo Congresso, a suo avviso, potrà aiutare i giovani africani?
R – Yes, I think it is a very very enriching conference…
Sì, penso che sia una Conferenza che arricchisce moltissimo, ma questa non è la fine. C’è la sfida di come mettere in pratica quello che stiamo facendo qui oggi. Quindi, ci sono queste due dimensioni: una è acquisire la conoscenza, la seconda è applicarla. Quindi la sfida, dopo il Congresso, sarà quella di mettere in pratica ciò che abbiamo appreso.
Vescovi asiatici a Bangkok per rilanciare l'evangelizzazione nel mondo digitale
◊ Si è concluso oggi a Bangkok, in Thailandia, l’ottavo convegno di studi dei vescovi asiatici per le comunicazioni sociali (Biscom VIII) sul tema “I media sociali: la navigazione, il blogging, il fare rete, il gioco e la dipendenza. Sfide e opportunità per la Pastorale della comunicazione in Asia”. L’evento, organizzato dall’Ufficio delle Comunicazioni Sociali (Osc) della Federazione delle Conferenze episcopali asiatiche, ha visto la partecipazione di rappresentanti di 12 Paesi dell'Asia meridionale. Sull’ importanza di questo incontro, che si è svolto a ridosso dell’Anno della Fede, padre Joseph Paimpalli della nostra redazione indiana, ha intervistato suor Angela Zukowski, religiosa delle Missionarie ausiliarie del Sacro Cuore, docente presso l'Università cattolica mariana di Dayton, presente a Bangkok:
R. - Penso che l’Anno della Fede sia un’occasione molto stimolante per dare una nuova immagine alla Chiesa nel 21.mo secolo, soprattutto attraverso le nuove tecnologie e i nuovi social network che caratterizzano l’era digitale. Stiamo vivendo un periodo molto interessante e quello che stiamo cercando di fare all’Università cattolica mariana di Dayton è di sfruttare questa era digitale attraverso metodi come l’e-learning per ciò che riguarda la formazione religiosa. Abbiamo portato a termine un progetto iniziato nel 1996, che prevede la formazione religiosa on-line non solo per adulti, ma anche per catechisti e persone della terza età. Ci sono molti cattolici adulti che vogliono approfondire la conoscenza della loro fede, anche se negli ultimi anni si sono allontanati, magari perché sono semplicemente incuriositi dai corsi offerti in questo campo. Dare loro la possibilità di essere on-line e seguire i corsi attraverso internet, insieme ad altre persone connesse da molte altre parti del mondo, dà veramente la possibilità di fare una riflessione critica circa il modo in cui ciascuno può vivere la propria fede e crescere nel rapporto con Gesù, formando allo stesso tempo una forte e-community in rete.
Ma quale può essere il ruolo dei “social media” nella Chiesa? Risponde il giornalista indiano Allwyn Fernades che ha partecipato all'evento:
R. - I social media sono una nuova realtà che pone alla Chiesa delle nuove ed enormi sfide, ma anche un’opportunità per farsi conoscere. Il Web 2.0 ha aperto un nuovo universo interattivo: un universo in cui le persone possono interagire le une con le altre in tutto il mondo, condividendo informazioni ed opinioni attraverso parole ed immagini. I social media incoraggiano la gente a ricercare informazioni, ricercare idee, ricercare persone e a condividere tutto questo istantaneamente in rete. “Cercare” e “condividere”: sono queste le due parole chiave del mondo dei social media. Quando parliamo di “cercare” e di “condividere” non sentiamo forse suonare un campanello? Non è forse il messaggio di Gesù? Cercare la verità e condividerla; cercare le buone notizie e condividerle. E’ per questa ragione che ritengo che la Chiesa abbia molto da dare ai social media: incoraggiare anzitutto la gente a ricercare la verità nelle loro case, nella loro realtà sociale, nel mondo politico e quindi condividere le buone notizie con gli altri. E’ per questo che sono molto felice che anche il Papa abbia utilizzato Twitter. Sono molto felice di vedere come la Chiesa sia ora presente nei social network. Inoltre bisogna anche sottolineare che i social network promuovono certamente la democratizzazione del mondo: sono, infatti, riusciti a ridurre le distanze con le gerarchie del potere, perché hanno insegnato alle persone come rispettarsi reciprocamente e rispettare le diverse opinioni, senza preoccuparsi di dare importanza al loro ruolo.
A margine dell’incontro, mons. Chacko Thottumarickal, vescovo indiano di Indore e presidente dell’Ufficio delle comunicazioni sociali dei vescovi asiatici, si è soffermato sulla nuova applicazione della Radio Vaticana per i sistemi Android. “Ora la Radio Vaticana si sposta con te, ovunque tu vada, puoi avere accesso alle news anche sul tuo cellulare”, ha detto il presule che ha poi sottolineato come l’applicazione sia ora disponibile in lingua inglese e italiana, mentre “successivamente verranno incluse altre lingue”. L’applicazione della Radio Vaticana per Iphone sarà pronta nelle prossime settimane.
Giornata dell'alfabetizzazione. Mons. Martini: seminare la pace attraverso l'istruzione
◊ Si celebra oggi la Giornata internazionale dell’alfabetizzazione, promossa dalle Nazioni Unite e dall’Unesco. Il tema di quest’anno è il rapporto tra istruzione e pace. Ancora oggi nel mondo 775 milioni di persone non sanno leggere né scrivere, due terzi delle quali sono donne e 122 milioni sono giovani. Lo stesso Benedetto XVI, nell’Esortazione apostolica Africae munus, aveva definito l’analfabetismo come uno dei “maggiori freni allo sviluppo umano” e una forma di “morte sociale”. Michele Raviart ne ha parlato con mons. Aldo Martini, presidente dell’Opam (Opera di Promozione dell'Alfabetizzazione nel Mondo):
R. - L’alfabetizzazione non è soltanto una capacità di leggere, scrivere e contare, ma è soprattutto un diritto umano fondamentale, come è stato riconosciuto nella Dichiarazione universale dei diritti umani. Il diritto all’alfabetizzazione è il “padre” di tutti gli altri diritti della persona. L’istruzione è lo strumento base per lo sviluppo e per la promozione della persona umana, perché la rende capace di un pensiero critico, la rende capace di integrarsi nelle società in cui vive, la rende capace di fare delle scelte, di conoscere i propri diritti e i propri doveri e quindi di partecipare attivamente alla vita politica del proprio Paese.
D. - Secondo le ultime stime, nel mondo ci sono 775milioni di analfabeti, tra cui 122milioni di ragazzi. Quali sono le aree in cui l’analfabetismo è più alto?
R. - Queste cifre vanno prese un po’ con le molle, perché secondo me sono anche calcolate per difetto, in quanto in molti Paesi non esiste un’anagrafe o esiste con molte difficoltà: molti milioni di persone non vengono riconosciute come cittadini di uno Stato, molti ragazzi che vanno a scuola si iscrivono e poi spariscono, quindi c’è un abbandono scolastico molto forte. Quello che si nota è che l’indice più basso si trova nei Paesi dell’Africa subshariana e nell’Asia occidentale e meridionale. Ora, la maggior parte degli adulti analfabeti è concentrata in 10 Paesi: in primo luogo la Repubblica democratica del Congo, poi il Brasile, l’Indonesia, l’Egitto, l’Etiopia, la Nigeria, il Bangladesh, il Pakistan, la Cina, l’India…
D. - E due terzi degli analfabeti sono donne…
R. - Noi cerchiamo di dare le priorità soprattutto all’istruzione delle donne, perché sono il fattore essenziale di sviluppo e progresso di un Paese. Cerchiamo di motivare i genitori a non escludere le bambine dalla scuola: molto spesso i genitori preferiscono mandare a scuola un maschio, mentre le bambine vengono tenute a casa per mantenere il livello di occupazione della famiglia, oppure vengono date in sposa in età molto giovane - 12/13 anni - per cui c’è tutta un’opera di convincimento presso le famiglie.
D. - L’Opam lavora da 40 anni in questo campo. Come funzionano i vostri progetti?
R. - Noi, nel nostro piccolo, individuiamo delle aree, lavorando in collaborazione stretta con le diocesi: chiediamo sempre quali sono i progetti che dal basso vengono richiesti, in modo particolare lavorando nelle zone più remote (dove spesso non sono presenti organizzazioni internazionali grandi), soprattutto nelle zone dell’Africa Equatoriale. Creiamo piccole scuole e diamo la possibilità di avere insegnanti, perché bisogna che ci siano insegnanti formati e motivati. Ci sono scuole in certi Paesi con un numero di alunni per classe che oscilla tra i 100/160; quindi, noi cerchiamo di dare una scuola che sia a misura d’uomo. Poi, cerchiamo di instillare, soprattutto nelle famiglie e nei genitori, i valori della scuola perché spesso i genitori di fronte ad una scuola di qualità scadente preferiscono mandare i propri figli a lavorare nei campi.
D. - Uno degli obiettivi del millennio delle Nazioni Unite è garantire l’istruzione primaria a tutti i bambini entro il 2015. A che punto siamo?
R. - Purtroppo questo è un tasto dolente, perché questi obiettivi del millennio si spostano tutti gli anni più avanti. Sono sempre meno realisticamente raggiungibili, in modo particolare in questo momento, a causa anche della crisi internazionale. Per cui gli aiuti promessi dai Paesi sono approvati, ma poi non vengono materialmente erogati.
D. - La giornata di oggi si concentra sul rapporto tra alfabetizzazione e pace. Come sono legati tra loro questi concetti?
R. - Dove non c’è pace c’è poca istruzione; dove manca l’istruzione è più facile che scoppino dei conflitti: pensiamo che il 40% di bambini non scolarizzati vive in Paesi dove ci sono conflitti. Noi lanciamo un appello in questa giornata: “Aiutateci a seminare la pace attraverso la scuola". Il primo nome con cui un bambino impara a scrivere la parola "Pace" è il proprio nome.
Ancora sbarchi sulle coste siciliane. Don Nastasi: l'indifferenza uccide
◊ Proseguono gli sbarchi di migranti sulle coste italiane: nove nel trapanese, una ventina nell’agrigentino e ancora, più di trenta, a Lampedusa, dove intanto continuano le ricerche di una cinquantina di dispersi nel naufragio avvenuto tra giovedì e venerdì. La vicenda resta da chiarire, ma probabilmente oltre 100 migranti tunisini sono stati abbandonati dagli scafisti presso lo scoglio di Lampione e solo pochi di loro sono riusciti a nuotare verso Lampedusa. Il bilancio è di 56 sopravvissuti e un cadavere emerso.“Sull’isola c’è preoccupazione, ma questo non frena la spinta umanitaria della gente”, racconta il parroco Don Stefano Nastasi, al microfono di Gabriella Ceraso:
R. - La prima reazione che ha avuto la gente è stata quella di portare l’aiuto che potevano dare, così hanno fatto anche pescatori e sommozzatori locali. Questa immagine dà la dimensione di una comunità che riesce a conservare quel tratto di umanità che nessuno mai le potrà togliere.
D. - Però lei dice che c’è anche paura. Nell’isola questo è un momento di grande affollamento turistico…
R. - Più che paura è una preoccupazione, ma la preoccupazione credo che sia un po’ relativa perché non dovrebbe più accadere quello che è successo l’anno scorso, cioè un ingolfamento di migranti sia per numero, sia per vittime. E' pur vero che durante l’estate sono già avvenuti recuperi in modo ordinario, semplice e regolare. Non mi pare opportuno dare un allarme che poi non c’è.
D. - Don Stefano, ovviamente, lei può immaginare che le reazioni sono state tante e si è detto, ancora una volta, che il punto è più pattugliamenti, più controlli coordinati e poi più politiche che aiutino anche i flussi regolari. Qual è la cosa più importante da fare e soprattutto cosa è possibile poi effettivamente farla?
R. - Considerando che i controlli ci sono, se c’è una cosa curiosa e strana è: come mai di tanto in tanto riesce a sfuggire qualche situazione del genere? Quello che manca è una politica, o delle politiche, a livello di comunità europea. Non basta soltanto dare fondi, serve una politica più complessa e condivisa, in modo da aiutarci a vivere il tempo che si apre avanti a noi in modo più sereno. Non possiamo sempre improvvisare.
D. - Ieri l’arcivescovo di Agrigento, mons Francesco Montenegro, ha usato il termine “indifferenza”, che è la cosa che più addolora…
R. - L’indifferenza è quella dimensione che uccide l’altro e uccide nel tempo anche noi. Lo condivido perfettamente.
Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
◊ In questa 23.ma Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci presenta il passo del Vangelo in cui Gesù tornando dal Libano, diretto verso la Galilea, guarisce un sordomuto. E tutti, pieni di stupore, dicevano:
«Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».
Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente emerito di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:
Un miracolo pieno di simbologia oggi: siamo in terra pagana, per indicare che il dono dell’incontro con Gesù è per tutti. Abbiamo un sordomuto che quindi è bloccato nelle relazioni, uomo che non sa ascoltare e non sa parlare. Un nodo in gola, un nodo in cuore, una dignità dimezzata. Eppure gli amici credono che la sua vita valga di più, e lo portano da Gesù perché con i suoi gesti gli restituisca tutta la dignità. E quasi a ricalcare questo isolamento che lo impoverisce, Gesù lo porta fuori in disparte, per compiere su di lui gesti misteriosi: gli tocca gli orecchi, gli tocca la lingua con la sua saliva, “Apriti!”, gli grida sospirando. Il dono dell’ascolto e quello della parola sono preziosi, non sono semplicemente capacità di chiacchiere, curiosità di rumori e suoni. Sono ricchezze da usare con sapienza: ingorghi di chiacchiere ci rendono sordi ai veri suoni della vita, storditi da parole che rotolano come ossa aride. Effatà! Apriti!, è detto anche a noi, perché ritroviamo la gioia della comunicazione sana e accogliente, vera e non falsa o falsificata. È invito a rompere ogni solitudine con la voce della dignità onorata, dell’accoglienza attenta, della ospitalità benedetta. E quel finale grido di stupore sia anche per noi liberatorio.
Caritas Libano: la visita del Papa evidenzierà il dramma dei profughi siriani
◊ “Ci stavamo preparando da tempo alla visita di Benedetto XVI nel nostro Paese. Ma certo, con gli avvenimenti degli ultimi tempi, essa arriva in un momento e in un contesto storico che la rendono ancora più preziosa”. Così dichiara all’agenzia Fides padre Simon Faddoul, presidente di Caritas Libano. In particolare, l’emergenza che ora impegna in prima linea i volontari della Caritas libanese è quella del flusso disperato di profughi in fuga dalla Siria. “I dati ufficiali delle Nazioni Unite parlano di 55mila rifugiati. In realtà – avverte padre Faddoul - il numero reale potrebbe avvicinarsi ai 150mila, visto che la maggior parte dei nuovi arrivati non viene registrata”. Si tratta in maggioranza di sunniti, con percentuali minori di cristiani e alawiti. Si sono concentrati nella valle della Bekaa e nei distretti settentrionali di Tripoli e Akkar, trovando asilo nelle scuole, in edifici abbandonati o in accampamenti di fortuna. Ma finora non sono stati allestiti campi profughi organizzati e dotati di servizi. L’unica assistenza è quella fornita dagli organismi Onu per i rifugiati e dalle Ong musulmane e cristiane, Caritas compresa. A 30 anni esatti dalle stragi nei campi profughi di Sabra e Shatila, padre Faddoul spera e si attende che la visita del Papa possa anche, come effetto collaterale, richiamare l’attenzione della opinione pubblica internazionale su questa ennesima emergenza umanitaria finora rimasta nel cono d’ombra: “Arriveranno giornalisti e troupe televisive di network internazionali da tutto il mondo. Molti di loro hanno già chiesto di visitare le aree dove sono concentrati i rifugiati. La visita di Benedetto XVI potrà certo favorire la sensibilizzazione generale su questo nuovo dramma mediorientale”. Finora non è in programma un contatto diretto di Benedetto XVI con i nuovi profughi provenienti dalla Siria. “Ma se il tempo lo consentirà, stiamo lavorando perché qualche membro della delegazione papale possa avere contatti e raccogliere informazioni in merito a questa realtà”. Il presidente di Caritas Libano ridimensiona i ventilati rischi di strumentalizzazioni in chiave politica della visita da parte delle fazioni che si contrappongono nella società libanese: “La visita del Papa è attesa con trepidazione da cristiani e musulmani. E anche tutti i gruppi politici, pur nelle loro divisioni, hanno espresso un entusiasmo unanime per l’arrivo di Benedetto XVI”. (R.P.)
Terremoto in Cina: almeno 80 i morti. Difficile raggiungere i villaggi colpiti
◊ E' salito ad almeno 80 morti il bilancio delle vittime del violento terremoto che ieri mattina ha colpito una contea nel sud ovest della Cina. Al momento ci sono oltre 800 feriti e almeno 100.000 persone che sono state evacuate dalle loro case. La contea di Yiliang, che si trova nella provincia dello Yunnan, è una zona montuosa e povera. Dopo la forte scossa di magnitudo 5.7, seguita da una sessantina di scosse minori, non è facile raggiungere i villaggi. In alcuni casi, tra macerie e massi caduti dalla montagna, non è stato ancora possibile. I soccorritori, dunque, raccontano di un numero di vittime destinato a salire. Fonti ufficiali nello Yunnan, rilanciate da Xinhua, riferiscono che in tutta la provincia sono andate distrutte 6.650 abitazioni e altre 430mila hanno subito danni più o meno gravi. Per gli sfollati sono arrivate 630 tende e oltre 3.000 coperte portate dalla Croce Rossa. Altre 1.300 tende stanno per arrivare tramite l'esercito. Danni, ma minori, vengono rilevati anche nella confinante contea di Weining, nella provincia del Guizhou. Il presidente Hu Jintao ha lanciato un appello a tutti i politici e gli amministrativi a contribuire in qualche modo per aiutare i soccorsi. Il primo ministro Wen Jiabao si è recato questa mattina sulle zone terremotate: ha incontrato le famiglie delle vittime ed ha tenuto un discorso in un centro di accogloienza per sfollati. (A cura di Fausta Speranza)
Iran: è libero il pastore protestante iraniano condannato a morte per apostasia
◊ Un tribunale iraniano ha ordinato il rilascio del pastore Youcef Nadarkhani, in carcere dall'ottobre 2009 e condannato a morte per apostasia con pena sospesa ma non annullata nel luglio dello scorso anno. Si tratta di una svolta nel corso di una vicenda che aveva fatto temere a lungo per le sorti del 35enne cristiano. Alla vigilia dell'udienza di oggi, infatti - riferisce l'agenzia AsiaNews - si prospettavano un nuovo processo e nuove accuse a carico dell'uomo, in base a reati "montati ad arte" per ottenere una nuova condanna, secondo la denuncia di molti attivisti. Fonti della chiesa alla quale apparteneva il pastore, interpellate da BosNewsLife, confermano invece la svolta "positiva". Il pastore Youcef Nadarkhani è stato prosciolto dall'accusa di "apostasia", ma ritenuto colpevole di "evangelizzare i musulmani". Egli è stato per questo condannato a tre anni di prigione, che però ha già scontato visto che è in carcere dall'ottobre del 2009. Per questo egli sarà rilasciato, aggiungono fonti della Chiesa d'Iran, poiché "ha già espiato la pena". L'esito positivo della vicenda è "una risposta alle nostre preghiere", commenta Firouz Khandjani, altro membro del movimento cristiano protestante, secondo cui Youcef dovrebbe uscire di cella "entro il tardo pomeriggio di oggi". Nei giorni scorsi la rete di attivisti Farsi Christian Network aveva prospettato nuove accuse a carico dell'uomo, fra cui "banditismo ed estorsione" che avrebbero rimpiazzato il precedente capo di imputazione per "apostasia". In seguito alle forti proteste della comunità internazionale per la condanna, le autorità iraniane - hanno spiegato gli attivisti cristiani - vogliono influenzare il caso "montando accuse arbitrarie" e per questo "aumentano le preoccupazioni" per la sua sorte. Il pastore Youcef Nadarkhani, 35enne membro della Chiesa d'Iran (egli è nato nel 1977), è stato arrestato il 13 ottobre 2009 nella città di Rasht mentre cercava di registrar legalmente la sua chiesa. Si pensa che il suo arresto sia stato causato dalla sua posizione, critica del monopolio islamico nell'istruzione religiosa dei bambini in Iran. Inizialmente è stato accusato di proteste; ma in seguito le accuse sono state cambiate in quella di apostasia e di evangelizzazione di musulmani e per questo condannato a morte. Come lui, altre 16 persone sono tuttora in carcere per la fede cristiana e per le attività legate al culto. La legge civile iraniana non prevede il reato di apostasia, anche se da tempo si discute per varare una legge sul tema. (R.P.)
Somalia: la Caritas denuncia gravi violazioni dei diritti umani da parte degli Shabaab
◊ Continua l’offensiva delle forze keniane e dell’Amison (Missione Africana in Somalia) insieme alle truppe del governo di transizione somalo a Chisimaio, la città portuale della Somalia meridionale, ultima importante roccaforte degli integralisti Shabaab. “Ci si aspetta una nuova ondata di profughi e di rifugiati dalla Somalia a causa dei combattimenti nell’area di Chisimaio” dice all’agenzia Fides Maria Grazia Krawczyk, responsabile di Caritas Somalia. “La situazione nell’area intorno alla città rimane fluida, con diversi villaggi che non sono ancora pienamente controllati dalle truppe del governo somalo” afferma la signora Krawczyk. “Dalle testimonianze che ci pervengono dall’area, nei villaggi ‘liberati’ dall’esercito non si riscontra un cambiamento delle condizioni di vita degli abitanti: cambia chi detiene il potere ma i problemi rimangono, soprattutto per quel che concerne il rispetto dei diritti umani (e in particolare di quelli delle donne)”. “Sembra inoltre che dove gli Shabaab hanno perso terreno si sono risvegliate le tendenze claniche. L’esercito e il governo, non essendo coesi, si stanno dividendo seguendo le tradizionali linee claniche. Gli Shabaab, con la loro ideologia basata sull’islam politico, avevano messo da parte i clan, ma dove il potere degli Shabaab è venuto meno sono riemersi i capi tradizionali. I giochi di potere tra i diversi clan influenzeranno enormemente l’elezione del Capo dello Stato, il 10 settembre” conclude la responsabile di Caritas Somalia. Il Presidente verrà eletto dal Parlamento, nominato ad agosto dagli anziani dei diversi clan. (R.P.)
Inondazioni nel Sahel: 8 bambini su 10 hanno bisogno di aiuti immediati
◊ Mali, Senegal e Niger sono attualmente i paesi maggiormente colpiti dalle alluvioni che si stanno verificando in Sahel. L’emergenza alimentare dovuta alla siccità, una epidemia di colera e la crisi dei profughi del Mali, oltre 336 mila persone, di cui l’80% sono bambini, richiedono un intervento immediato. I danni causati dalle forti piogge costituiscono un ostacolo per il futuro di centinaia di famiglie che, oltre alla siccità e all’emergenza alimentare della regione, erano pronte ai raccolti che avrebbero permesso loro di vivere nei prossimi mesi. I terreni coltivati sono completamente inondati e i raccolti sono andati persi. L’emergenza - sottolinea l'agenzia Fides - è in particolare per i più piccoli: 8 su 10 hanno bisogno di un riparo, di abiti e cibo. In Niger la denutrizione dei bambini dovuta alla siccità è molto elevata. Le inondazioni più recenti hanno colpito soprattutto la zona sudoccidentale del Paese, Dosso, Tillaberi e la capitale Niamey. Solo nella regione di Dosso sono andate distrutte 1.200 case, 1.273 aziende agricole e 989 hanno subito gravi danni. L’organizzazione internazionale Plan ha realizzato una prima distribuzione di aiuti di emergenza per 1.000 famiglie, zanzariere per prevenire la malaria, coperte e cibo per far fronte all’emergenza alimentare. In Mali le piogge di agosto hanno colpito particolarmente Baroueli, una delle zone più povere del Paese, dove la popolazione mangia e vende quel poco che riesce a coltivare. L’acqua ha distrutto case, terreni agricoli, bestiame, e le attività commerciali della zona. Dopo il crollo di 1.800 case, più di 10 mila persone sono rimaste senza casa e necessitano di assistenza immediata. In Senegal le zone più colpite sono quella centrale e quella occidentale, compresa Dakar, la capitale. Macerie e detriti dei materiali di costruzione accumulati nelle aree urbane hanno creato ampie zone di acqua stagnante che alimentano il rischio di malaria, malattie della pelle e diarrea, soprattutto tra i bambini. Per i piccoli contagiati, Plan insieme alle autorità del Paese, sta organizzando una serie di aiuti per la distribuzione di tende, generi alimentari, kit per l’igiene, oltre alla creazione di ambienti sicuri. (R.P.)
Irlanda: nel rapporto per la protezione dell'infanzia, progressi sulle direttive contro gli abusi
◊ Le diocesi e gli ordini religiosi irlandesi continuano a compiere importanti progressi nell’attuazione delle linee guida della Commissione nazionale per la protezione dell’infanzia nella Chiesa cattolica in Irlanda (National Board for Safeguarding Children in the Catholic Church in Ireland (Nbsccc), anche se in alcuni casi si rilevano ancora significative inadempienze. È quanto emerge dall’ultimo rapporto annuale pubblicato dall’organismo voluto dai vescovi del Paese per contrastare il turpe fenomeno degli abusi sui minori commessi all’interno delle istituzioni religiose. Il rapporto, reso noto mercoledì, completa quello pubblicato nel 2011 con le relazioni delle diocesi di Cork e Ross, Limerick, Clonfert, Klindare e Leighlin e per la prima volta di tre ordini religiosi: quello degli Spiritani, dei Missionari del Sacro Cuore e dei Domenicani. Per quanto riguarda le cinque diocesi esaminate, la Commissione ha registrato in tutto 154 denunce contro 80 sacerdoti, mentre nelle tre congregazioni religiose ne sono state recensite complessivamente 255 contro 91 religiosi. La maggior parte riguarda fatti avvenuti tra gli anni Sessanta e Settanta, mentre il più recente risale al 2012. I rapporti presentati - evidenzia il presidente della Nbsccc Ian Elliot - mostrano che le direttive della Chiesa per la tutela dell’infanzia non sono state pienamente applicate da tutti i soggetti presi in esame, anche se ci sono “numerosi esempi di pratiche eccellenti”. Particolarmente positivo il giudizio sui Domenicani per il senso di responsabilità e l’impegno a migliorare le proprie pratiche contro gli abusi dimostrati dall’attuale leadership dell’Ordine. La Commissione evidenzia, peraltro, carenze nell’applicazione delle procedure canoniche. Lacune rilevate anche nelle altre due congregazioni religiose oggetto della verifica che non hanno rispettato l’obbligo di sottoporre i casi denunciati alla Congregazione per la Dottrina della Fede. Inoltre, i Missionari del Sacro Cuore non hanno riportato le denunce alle autorità civili. In altri casi, le denunce sono state riportate “con molto ritardo”. Il presidente della Nbsccc esprime comunque apprezzamento per la generale volontà di trasparenza e di cambiamento dimostrata da tutti i soggetti esaminati. Commentando i dat, i vescovi e i provinciali religiosi interessati hanno ammesso le gravi colpe e omissioni del passato e chiesto nuovamente perdono alle vittime. Intanto la Nbsccc continua il suo giro di verifiche che dovrebbe concludersi tra due anni. Finora sono state passate in rassegna 10 diocesi su un totale di 26, mentre mancano da verificare ancora 159 congregazioni religiose e società missionarie. (A cura di Lisa Zengarini)
Vietnam: nuovo allarme aviaria
◊ Si sta diffondendo in Vietnam con crescente rapidità un nuovo ceppo dell’influenza H5N1, meglio nota come “aviaria”. Fonti del ministero dell’Agricolutra di Hanoi riferiscono che questa mutazione del virus sviluppato negli allevamenti di pollame, ha costretto le autorità a procedere con abbattimenti di massa di volatili nelle zone colpite. Sembra si tratti di una patologia pericolosa e mortale che potrebbe causare ancora più vittime di quante non ne causò in passato l’aviaria nelle altre forme in cui è comparsa. Il Vietnam, come ricorda l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), fu uno dei Paesi più colpiti dal virus, facendo registrare uno dei più alti numeri di vittime di H5N1 nel 2003 con una sessantina di decessi. Questa nuova variante, come riporta l’agenzia AsiaNews, è apparsa a luglio e si è diffusa nelle regioni settentrionali e centrali; secondo una prima stima, circa 180mila uccelli sono già stati soppressi. Ad aggravare la situazione c’è il traffico illegale e clandestino di pollame proveniente dalla Cina e che fa il suo ingresso, senza controlli, nel Vietnam. (L.P.)
Afghanistan: malnutriti un milione di bambini con meno di 5 anni
◊ Nonostante gli ingenti aiuti internazionali destinati all’Afghanistan, circa un terzo dei bambini con meno di 5 anni dell’intera regione settentrionale, pari ad un milione, soffre di malnutrizione, un livello simile a quello delle zone colpite dalla carestia. Secondo l’Afghanistan Multiple Indicator Cluster Survey, sostenuta dalle Nazioni Unite, il 29.5% dei minori sono affetti da malnutrizione. La soglia del 30% è indicatore di fame. Anche se la regione ha cibo sufficiente - riferisce l'agenzia Fides - la scarsa conoscenza delle norme circa la nutrizione, la povertà e le idee sbagliate sull’allattamento materno contribuiscono ad alimentare il fenomeno tra i bambini. Gli operatori umanitari ammettono che, pur essendo l’Afghanistan una nazione ben nota per i problemi di malnutrizione cronica, questa crisi li ha colti di sorpresa, e stanno lavorando per cercare di individuare le località più colpite. (R.P.)
Nepal: saccheggiato il convento delle suore di Cluny
◊ Il 6 settembre a Godivari, circa 15 km a sud-est di Kathmandu, in Nepal, sei ladri a volto coperto hanno saccheggiato il convento delle suore di S. Joseph di Cluny, tenendo in ostaggio le religiose sotto la minaccia di un coltello. Come riporta l’agenzia AsiaNews, oltre agli oggetti sacri presenti nel convento, sono stati rubati anche i soldi destinati agli insegnanti e agli impiegati della scuola gestita dalle suore, per un valore complessivo di circa un milione di rupie (8 mila euro). “I malviventi ci hanno minacciate e oltre agli oggetti e al denaro hanno portato via anche i nostri anelli e gioielli di poco valore”, racconta Suor Winifred, madre superiora del convento, spiegando che il denaro rubato era frutto delle offerte raccolte per pagare gli insegnanti e le manutenzioni del piccolo istituto scolastico, che insegna a leggere e scrivere ai giovani del quartiere. La polizia locale sottolinea il fatto che non si tratta di un attacco deliberato nei confronti dei cristiani o della Chiesa, ma solo di un furto dovuto alla forte crisi e povertà che spinge le persone a gesti simili anche per piccole somme. L’ordine di S. Joseph di Cluny fu fondato nel 1807 da Anne Marie Javouhey a Cluny, in Francia. I suoi membri dedicano particolare attenzione all’istruzione dei giovani. In Nepal l’ordine è presente con tre istituti. (L.P.)
Cina: inaugurata una piccola casa di preghiera nel cuore della Mongolia interna
◊ E’ stata inaugurata e benedetta di recente una piccola sala di preghiera di 51 mq, costruita nel cortile di una casa privata di una cattolica osservante, che si trova in una zona sperduta della città di Wu Hai, nella Mongolia Interna. Secondo quanto riferito all’agenzia Fides da Faith dell’He Bei, i fedeli della zona hanno così potuto partecipare per la prima volta alla Messa celebrata in questa nuova sede senza essere costretti a percorrere decine di chilometri, come uno di loro ha confermato con emozione, sostenendo che “questa sala diventerà anche un centro di evangelizzazione”. La comunità cattolica, che appartiene alla parrocchia di Hai Bo Wan, è composta ormai da circa cento fedeli, la maggior parte minatori, operai della fabbrica di mattoni, geologi, contadini. Da anni dovevano percorrere decine di chilometri per partecipare alla Messa domenicale, cambiando anche corriere o autobus. Una di loro, una devota cattolica, che insieme ad altri fedeli aveva preparato al battesimo 16 catecumeni, ha fatto ritornare decine di fedeli che si erano allontanati dalla Chiesa, svolgendo anche una intensa attività caritativa e visitando le famiglie, era molto angosciata, in quanto avvertiva sempre di più l’esigenza di avere un luogo fisso di incontro e di preghiera. Dopo un periodo di preghiera e di ricerca di una soluzione, le è venuta l’idea di costruire una sala nel cortile della propria abitazione. Con il consenso del marito, in due mesi e con una spesa di circa 4 mila euro, finalmente è stata ultimata questa sala, benedetta dal parroco che vi ha presieduto per la prima volta la celebrazione eucaristica cui hanno partecipato le suore della parrocchia e un centinaio di fedeli. (R.P.)
Guatemala: nel Paese il 64% degli analfabeti sono donne e bambine
◊ Nell'odierna Giornata dell’Alfabetizzazione che quest’anno mette in evidenza il collegamento tra i sistemi democratici instabili, i conflitti e la mancanza di istruzione, acquista una particolare importanza il lavoro svolto finora in Guatemala dalla Radio Tezulutlán, diretta nei primi anni di trasmissione da mons. Juan Gerardi, che venne assassinato il 26 aprile 1998. L’emittente - riferisce l'agenzia Fides - fa parte della Pastorale Sociale della diocesi di Las Verapaces ed ha giocato sempre un ruolo fondamentale nella difesa dei diritti delle popolazioni indigene e nella loro promozione. Attraverso i suoi programmi di promozione umana, conoscenza e difesa dei diritti delle popolazioni indigene, di formazione nei settori dell’agricoltura, dell’alimentazione, della medicina e i programmi educativi, offre un valido servizio sociale destinato alle comunità rurali, alle donne, ai giovani e ai bambini, che sono sistematicamente emarginati dalle istituzioni statali e dai mezzi di comunicazione di carattere commerciale. Il progetto radiofonico va avanti nei dipartimenti di Alta y Baja Verapaz nel nord del Guatemala, dove oltre il 50% della popolazione, prevalentemente indigena, vive in stato di povertà, con un tasso di analfabetismo di circa il 60%. Nel Paese l’esclusione sociale e la mancanza di opportunità hanno favorito la diffusione del narcotraffico, con tutte le sue conseguenze negative. Nonostante nell’ultimo decennio le persone analfabete siano diminuite, ci sono ancora nel mondo 793 milioni di adulti, dei quali il 64% donne e bambine, che sono privi degli elementi di base per la lettura e la scrittura. (R.P.)
Argentina: la Chiesa promuove una raccolta fondi per le zone più povere del Paese
◊ Come ogni anno, la Chiesa argentina organizza una raccolta fondi destinata a progetti solidali per le regioni più bisognose del Paese. L’inflazione registrata nell’ultimo anno in Argentina - riferisce l'agenzia Fides - ha visto un aumento dei prezzi di oltre il 20%, danneggiando l’intera popolazione. Con l’iniziativa "Más por Menos", a cui prendono parte tutte le chiese ed i collegi cattolici del Paese, la Chiesa spera di poter dare un contributo alla ripresa. Negli anni passati la raccolta ha dato buoni risultati ma nel 2011 ha registrato un lieve calo. Secondo quanto riferito dai vescovi di Añatuya, mons. Adolfo Uriona, e di Humahuaca, mons. Pedro Olmedo, “a causa dell’inflazione i progetti solidali che le diocesi ci presentano ogni anno richiedono maggiori fondi, ma siamo fiduciosi sulla disponibilità e generosità della gente”. Quanto viene raccolto è destinato ad opere di promozione umana e religiosa, comprese mense per i minori, dispensari e la costruzione di abitazioni. (R.P.)
Brasile: XVIII edizione del “Grido degli esclusi” promosso dalla Chiesa
◊ Ieri il Brasile si è fermato per la festa nazionale, ma per la Chiesa i 190 anni dell'indipendenza sono stati l'occasione per mettere in luce i bisogni di tanti brasiliani che non vedono rispettati i propri diritti basilari. Il motto del XVIII “Grito dos Excluídos” (Grido degli esclusi) è “Vogliamo uno Stato a servizio della nazione, che garantisca i diritti di tutto il popolo”. Una manifestazione popolare piena di simbolismo. Uno spazio per la gioia e la profezia che coinvolge persone, gruppi, Chiese e movimenti sociali impegnati nella causa degli esclusi. Innanzitutto, è stata una mobilizzazione dei movimenti sociali, con il sostegno della Chiesa in Brasile, che vuole denunciare il modello politico ed economico che, allo stesso tempo, concentra le ricchezze nelle mani di pochi, lasciando milioni di brasiliani nell’esclusione sociale. Il "Grido degli esclusi" ha voluto rendere pubblico, nelle piazze brasiliane, il volto sparuto dei gruppi esclusi, vittime della mancanza di lavoro, della miseria e della fame per proporre vie alternative al modello economico neoliberale perche si possa sviluppare una politica di inclusione sociale dove tutti i cittadini siano rappresentati. (A cura di Rafael Belincanta)
Svizzera: mons. Büchel eletto nuovo presidente della Conferenza episcopale
◊ È mons. Markus Büchel, vescovo di Saint-Gall, il nuovo presidente della Conferenza episcopale svizzera (Ces) per il triennio 2013-2015. La sua elezione è stata annunciata giovedì, al termine della 297.ma Assemblea plenaria dei vescovi. Fino ad ora, mons. Büchel era vicepresidente della Ces; con il nuovo incarico succederà a mons. Norbert Brunner, che concluderà il suo mandato il 31 dicembre 2012. Ma nel corso dei lavori, la Plenaria ha affrontato anche altri temi: innanzitutto, sono state presentate le statistiche 2011 sui casi di abuso sessuale in ambito pastorale. 22 le vittime risultanti, per un periodo che va dal 1950 ad oggi. Due dei casi denunciati riguardano abusi su minori. Per questo, i vescovi hanno ribadito l’importanza di continuare a sensibilizzare gli agenti pastorali sulla prevenzione di simili atti illeciti e sulla formazione, iniziale e continuativa, dei sacerdoti. Altro tema all’ordine del giorno è stata la questione dei “jenisch”, ovvero i nomadi del Paese: in particolare, i presuli elvetici hanno ricordato che anch’essi fanno parte della Svizzera, tanto che lo Stato li ha riconosciuti per legge come minoranza nazionale. Di qui, l’appello a combattere l’esclusione sociale dei nomadi o eventuali atti di xenofobia. Poi, la Ces ha riflettuto sull’imminente Sinodo generale dei vescovi, che si terrà in Vaticano dal 7 al 28 ottobre sul tema “La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana”; a rappresentare la Chiesa svizzera sarà mons. Felix Gmür. Alla Plenaria è poi intervenuto l’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso la sede Onu di Ginevra, che ha presentato alla Ces la Fondazione “Caritas in veritate”: tale istituzione si pone l’obiettivo di rappresentare i valori del Vangelo e della dottrina sociale della Chiesa nel contesto della diplomazia multilaterale, e di sostenere proposte e progetti corrispondenti a tali valori, sia nell’ambito delle Nazioni Unite che delle altre organizzazioni internazionali con sede a Ginevra. Infine, la Ces si è incontrata con il diacono Martin Brunner–Artho, direttore di “Missio Suisse”, membro della rete di solidarietà delle Pontificie Opere Missionarie internazionali. (A cura di Isabella Piro)
Cortile dei gentili: a Stoccolma il 13 e 14 settembre su "Il mondo con o senza Dio?"
◊ Imminente tappa svedese per il Cortile dei gentili, struttura creata dal presidente del Pontificio Consiglio della cultura, cardinale Gianfranco Ravasi, all’interno dello stesso dicastero per promuovere il dialogo tra credenti e non credenti ed essere, si legge in una nota ripresa dall'agenzia Sir, “una finestra sul mondo e sulla cultura contemporanea”. Si terrà infatti il 13 e 14 settembre a Stoccolma, presso la Kgl Vetenskapsakademien (Accademia reale delle scienze) il nuovo appuntamento che ha per tema “Il mondo con o senza Dio?”, ed è dedicato al rapporto tra scienza e fede. “I progressi in campo medico scientifico - spiegano gli organizzatori - pongono la Chiesa e l‘etica umana di fronte a nuove sfide, spesso pericolose e controverse”. Cosa significa credere e non credere? Esiste un mondo non materiale? Cos‘è l’uomo? La religione rende il mondo migliore o peggiore? Questi alcuni interrogativi su cui si confronteranno i relatori. (R.P.)
Mostra del Cinema di Venezia: a "Pietà" di Kim Ki-duk il Premio "Padre Nazzareno Taddei"
◊ È stato il film “Pietà” del regista coreano Kim Ki-duk, ad aggiudicarsi, nell’ambito della 69ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, il premio “Padre Nazareno Taddei”. Istituito nel 2007, a un anno dalla morte di padre Taddei, gesuita che ha dedicato la sua vita allo studio del linguaggio cinematografico e dei media, il Premio - riferisce l'agenzia Sir - è alla sua sesta edizione e ha avuto come madrina Claudia Koll. La Giuria, presieduta da Piera Detassis direttore di “Ciak”, ha rilevato nella pellicola di Kim Ki-duk “la capacità di cogliere in profondità la distruttibilità di una società regolata dal flusso del denaro e dalla negazione di ogni valore” assieme al “riscatto” e alla “redenzione” raggiunti “attraverso un faticoso percorso di dolore, di violenza e di totale messa in gioco di se stessi, prima di veder sbocciare il germe della speranza”. Una menzione speciale è stata riservata a “Sinapupunan” del filippino Brillante Mendoza per essere “riuscito a cogliere i valori di una comunità che vive sospesa tra modernità e tradizione, e dove gli affetti devono venire sacrificati dagli obblighi sociali della religione”. (R.P.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 252