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Sommario del 07/09/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa ai vescovi nelle terre di missione: dare fiducia alla forza rinnovatrice del Vangelo, è il Signore che guida la Chiesa
  • Tra una settimana il Papa a Beirut. Il vescovo copto di Assiut: la sua presenza ci dice che non siamo soli
  • Altra udienza
  • Prima App per Android della Radio Vaticana
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Tragedia dell'immigrazione. Circa 80 i dispersi dopo il naufragio al largo di Lampedusa
  • Obama chiude la Convention dei democratici: "Possiamo farcela"
  • Vince la verità in Pakistan: liberata Rimsha, la bimba cristiana accusata di blasfemia
  • Reazione positiva dei mercati dopo l'ok della Bce allo scudo antispread
  • Scontri in Darfur: Khartoum vara il coprifuoco, migliaia di civili in fuga
  • Congresso panafricano dei laici cattolici: riscoprire la forza di essere cristiani
  • Legge sul fine vita. Carlo Casini: votare subito per contrastare derive eutanasiche
  • Movimento cristiani lavoratori: i cattolici pensino a un programma per le elezioni
  • Grande successo per le Paralimpiadi: la testimonianza di Assunta Legnante, oro nel lancio del peso
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • In Siria ancora violenze, almeno 70 morti
  • Onu: nel mondo 775 milioni di analfabeti, 2/3 sono donne
  • Cina. Serie di terremoti nel sud-ovest: 7 morti, decine di feriti e 20mila case distrutte
  • Niger: forti inondazioni. Decine di vittime e migliaia di sfollati
  • Migranti eritrei bloccati da una settimana sul confine israeliano. Critiche da organizzazioni umanitarie
  • Progressi verso l'eliminazione delle "bombe a grappolo"
  • Somalia: scelti i 25 candidati per le elezioni presidenziali del 10 settembre
  • Colombia: il presidente Santos esclude la tregua con le Farc
  • Perù: sulla vicenda Cajamarca la Chiesa invita a riprendere il dialogo
  • Bolivia: Giornata del migrante su “Migrazione e nuova evangelizzazione”
  • Sudafrica: sulla miniera di Marikana la Chiesa invita a continuare il negoziato
  • Indonesia: piccoli passi per ridurre la malnutrizione infantile
  • Germania: il cardinale Koch sul documento "Ecumenismo adesso!"
  • Cardinale Van Thuan: a 10 anni dalla morte una Messa il 14 settembre a Roma
  • Il Patriarca latino di Gerusalemme insignito dell'Ordine della Stella d'Italia
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa ai vescovi nelle terre di missione: dare fiducia alla forza rinnovatrice del Vangelo, è il Signore che guida la Chiesa

    ◊   “La diffusione della Parola del Signore fa fiorire il dono della riconciliazione e favorisce l’unità dei popoli”. Lo ha ricordato il Papa che stamani, a Castel Gandolfo, ha incontrato i vescovi di recente nomina dei Territori di Missione, che provengono da 42 Paesi e partecipano all'incontro promosso dalla Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli. Era presente circa un centinaio di persone, fra cui il cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, che Benedetto XVI ha salutato cordialmente. Il discorso del Papa si è concentrato sulla necessità della missio ad gentes, di una “corretta inculturazione della fede”, della preghiera e della fiducia nel Vangelo di fronte alle intolleranze frutto di fondamentalismi che conducono a volte a disconoscere “il diritto alla libertà religiosa”. Il servizio di Debora Donnini:

    “Le comunità di cui siete Pastori in Africa, Asia, America Latina ed Oceania, pur in situazioni differenti, sono tutte impegnate nella prima evangelizzazione” e di queste, dice il Papa rivolto ai nuovi vescovi dei Territori di missione, percepite le gioie e le ferite. Sono “quasi tutte di recente fondazione”, con una fede vivace e creativa “ma spesso non ancora radicata”, per la loro breve storia. E dunque si alterna lo “zelo apostolico” a “momenti di instabilità e incoerenza”. Tuttavia sono Chiese che vanno maturando grazie anche al dono della communio sanctorum che consente “un’osmosi di grazia” fra le Chiese di antica tradizione e quelle di recente costituzione e, prima ancora, tra “la Chiesa celeste e quella pellegrinante”:

    “Nel vostro cuore sia sempre salda la fiducia nel Signore; la Chiesa è sua, ed è Lui che la guida sia nei momenti difficili, che di serenità”.

    Benedetto XVI nota che da qualche tempo si registra una diminuzione dei missionari, bilanciata però dall’aumento del clero diocesano e religioso e la crescita numerica dei sacerdoti autoctoni produce “una nuova forma di cooperazione missionaria” : alcune giovani Chiese hanno iniziato ad inviare sacerdoti a Chiese sprovviste di clero nello stesso paese o in nazioni dello stesso Continente. “Le giovani Chiese costituiscono, dunque - dice il Papa - un segno di speranza per il futuro della Chiesa universale”. In questo contesto Benedetto XVI esorta i nuovi vescovi dei Territori di missione a non risparmiare forza nell’opera pastorale, memori del dono dei tria munera che hanno ricevuto , “insegnare, santificare, governare”:

    “Abbiate a cuore la missio ad gentes, l’inculturazione della fede, la formazione dei candidati al sacerdozio, la cura del clero diocesano, dei religiosi, delle religiose e dei laici. La Chiesa nasce dalla missione e cresce con la missione. Fate vostro l’appello interiore dell’Apostolo delle genti: «Caritas Christi urget nos»”.

    “Una corretta inculturazione della fede vi aiuti ad incarnare il Vangelo nelle culture dei popoli e ad assumere ciò che di buono vive in esse”, sottolinea Benedetto XVI mettendo in rilievo che “si tratta di un processo lungo e difficile che non deve in alcun modo compromettere la specificità e l'integrità della fede cristiana”. La missione, prosegue, richiede “Pastori configurati a Cristo per santità di vita, prudenti e lungimiranti, pronti a spendersi generosamente per il Vangelo”. Il Pontefice li esorta, poi, a vigilare sul gregge avendo un’attenzione specifica per i sacerdoti, essendo disponibili ad ascoltarli, ad assicurargli “specifici e periodici incontri di formazione” e a far sì che “l’Eucaristia sia sempre il cuore della loro esistenza”. Quindi il Papa invita i presuli ad avere “sul mondo di oggi uno sguardo di fede, per comprenderlo in profondità, ed un cuore generoso, pronto ad entrare in comunione con le donne e gli uomini del nostro tempo”. Ma soprattutto Benedetto XVI gli ricorda la loro “prima responsabilità di uomini di Dio, chiamati alla preghiera e al servizio della sua Parola”:

    “Tenete lo sguardo fisso su Gesù, il Pastore dei pastori: il mondo di oggi ha bisogno di persone che parlino a Dio, per poter parlare di Dio. Solo così la Parola di salvezza porterà frutto”.

    Le Chiese di questi Paesi, evidenzia, conoscono bene l’instabilità che pesa sulla vita quotidiana della gente in modo preoccupante; le emergenze alimentari, sanitarie, educative che interrogano le comunità ecclesiali, la cui opera è apprezzata. E ancora, alle calamità naturali si aggiungono “discriminazioni culturali e religiose, intolleranze e faziosità, frutto di fondamentalismi che – dice - rivelano visioni antropologiche errate e che conducono a sottovalutare, se non a disconoscere, il diritto alla libertà religiosa, il rispetto dei più deboli, soprattutto dei bambini, delle donne e dei portatori di handicap”. Pesano anche “riaffioranti contrasti tra le etnie e le caste, che causano violenze ingiustificabili”:

    “Date fiducia al Vangelo, alla sua forza rinnovatrice, alla sua capacità di risvegliare le coscienze e di provocare dall’interno il riscatto delle persone e la creazione di una nuova fraternità. La diffusione della Parola del Signore fa fiorire il dono della riconciliazione e favorisce l’unità dei popoli”.

    Lo sguardo di Benedetto XVI è rivolto all’Anno della fede: “la fede è il dono più importante che ci è stato fatto nella vita: non possiamo – dice – tenerlo solo per noi!”. Tutti, sottolinea, “hanno il diritto di conoscere il valore di tale dono e di accedervi”. (Enc. Redemptoris missio, 11). La fede, infatti, è data perché sia condivisa e porti frutto:

    “Il Servo di Dio Paolo VI, riaffermando la priorità dell’evangelizzazione, affermava: «Gli uomini potranno salvarsi anche per altri sentieri, grazie alla misericordia di Dio, benché noi non annunziamo loro il Vangelo; ma potremo noi salvarci se, per negligenza, per paura, per vergogna o in conseguenza di idee false, trascuriamo di annunziarlo?» (Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 80). Tale interrogativo risuoni nel nostro cuore come appello a sentire l’assoluta priorità del compito dell’evangelizzazione”.

    In conclusione, il Papa affida le comunità dei nuovi vescovi dei Territori di missione a Maria, “prima evangelizzatrice, avendo dato al mondo il Verbo di Dio fatto carne”, a lei, “la Stella dell’evangelizzazione”.

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    Tra una settimana il Papa a Beirut. Il vescovo copto di Assiut: la sua presenza ci dice che non siamo soli

    ◊   Manca una settimana all’inizio del viaggio apostolico del Papa in Libano. Il 14 settembre prossimo, Benedetto XVI arriverà a Beirut nel primo pomeriggio, quindi in serata firmerà l’Esortazione apostolica per il Medio Oriente nella Basilica greco-melkita di St. Paul ad Harissa. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Beirut si sta vestendo a festa per la visita di Benedetto XVI. Bandiere e poster raffiguranti il Papa adornano le strade della capitale libanese, mentre tutte le diocesi del Paese sono impegnate in iniziative di preghiera e riflessione. La sera del 12 settembre - informa l’agenzia Fides - si terranno quattro processioni di giovani che partiranno da quattro punti della città per convergere nel cosiddetto “giardino di Maria”. Qui, si svolgerà una veglia con letture islamo-cristiane a cui parteciperanno migliaia di fedeli. Un evento, nella volontà dei promotori, che vuole mostrare a tutto il mondo come il Libano possa essere un esempio di convivenza tra cristiani e musulmani. All’incontro è prevista anche la partecipazione di rappresentanti e autorità di tutte le comunità religiose presenti nel Paese. Intanto, si apprestano ad arrivare in Libano i vescovi di tutta la regione, ai quali il Papa consegnerà l’Esortazione apostolica post-sinodale “Ecclesia in Medio Oriente”. Sull’importanza di questa visita anche per i cristiani d’Egitto, padre Jean-Pierre Yammine, responsabile del nostro programma arabo, ha intervistato il vescovo copto-cattolico di Assiut, Kyrillos William:

    R. - Ci prepariamo con sentimenti di gioia e di esultanza perché per noi la sua presenza ha un significato molto profondo. Ci ricordiamo delle parole di Gesù a Pietro: “Conferma i tuoi fratelli”. Noi attraversiamo un periodo difficile in Medio Oriente e la sua presenza ci rassicurerà, ci darà calma, pace e tranquillità. Non siamo soli, tutta la Chiesa pensa a noi e ci segue!

    D. - Qual è la testimonianza che i cristiani del Medio Oriente danno ai loro confratelli nel mondo?

    R. - La testimonianza che i cristiani del Medio Oriente danno è veramente molto sentita. Sono pochi di numero, però portano un cuore grande di amore e di fratellanza a tutti quanti. Tutte le opere sociali che la Chiesa ha nei nostri Paesi sono aperte a tutti quanti senza eccezione, senza escludere nessuno. Il lavoro di sviluppo e di promozione umana è per tutti e questo è un segno di un Vangelo praticato e vissuto.

    D. - La visita del Papa aiuterà a rafforzare la libertà religiosa e il dialogo interreligioso in Medio Oriente?

    R. - Questo lo speriamo. Sicuramente c’è un seme per favorire la convivenza pacifica, l’accettazione dell’altro, il dialogo interreligioso.

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    Altra udienza

    ◊   Il Papa ha ricevuto stamani un gruppo di presuli della Conferenza Episcopale della Colombia, in Visita "ad Limina Apostolorum".


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    Prima App per Android della Radio Vaticana

    ◊   La Radio Vaticana offre la sua prima App per Android con una forte impronta multimediale. Ascolto in diretta su cinque canali di tutti i programmi della Radio in 40 lingue diverse, dirette video, pagine web, servizi giornalistici, racchiusi in un unico strumento, che vi permette di conoscere e seguire gli appuntamenti quotidiani del Papa. L’App, interamente gratuita, è scaricabile dal market Google Play, all’indirizzo: http://rv.va/android

    L’applicazione si apre sull’Agenda degli appuntamenti pubblici del Papa (disponibili, in questa prima versione, in italiano, inglese, francese e spagnolo). Grazie ad un sistema ideato e prodotto dalla RV, il Vatican TIC, ad ogni singolo appuntamento sono collegati tutti gli articoli e i contenuti audio prodotti in quella lingua, ed anche dalle altre trentanove redazioni linguistiche della RV. Inoltre l’Agenda è costantemente aggiornata sulle trasmissioni in diretta audio e video delle celebrazioni del Papa, prodotte in collaborazione con il Centro Televisivo Vaticano. Allo stesso modo, è possibile leggere i testi dei discorsi pronunciati dal Papa e pubblicati dal sito vaticano: www.vatican.va

    L’App offre inoltre un servizio di News, con le ultime notizie prodotte dai giornali radio della RV sui principali avvenimenti di attualità nel mondo e nella Chiesa (disponibili, in questa prima versione, in italiano e inglese). Ed una sezione Radio con cinque canali audio, che corrispondono alle reti di diffusione degli oltre settanta programmi quotidiani nelle 40 lingue diverse della RV.

    In questa App, le funzioni Agenda del Papa e News sono disponibili per le versioni di Android dalla 2.3 e superiori; invece la funzionalità Radio, per l’ascolto dei canali audio in streaming, richiede una versione Android dalla 3.0 o superiore; e per vedere lo streaming video delle dirette è richiesta la versione di Android dalla 4.0 o superiore.

    L’offerta di App da parte della Radio Vaticana prevede, a breve, oltre alla piattaforma Android, una per Iphone/Ipad e un’altra per Windows Phone.

    La RV è composta da una comunità di lavoro internazionale e multiculturale, con persone provenienti da 60 paesi diversi, al servizio del Papa, della Chiesa e della varietà di popoli e culture a cui ci rivolgiamo. Aperti al mondo e al futuro, con una grande passione per l’universalità e il desiderio di servire la Buona Notizia, mettiamo a sua disposizione ogni mezzo che l’ingegnosità umana le offra, perché la comunicazione costruisca comunione e unione fra le persone.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Il messaggio di Benedetto XVI ai vescovi che partecipano al corso di formazione promosso dalla Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli.

    In prima pagina, un articolo di Manuel Nin dal titolo “Ecco la regina che germoglia da Iesse: la Nascita della Madre di Dio nella tradizione bizantina”.

    Nell'informazione internazionale, in rilievo l'economia: mossa di Draghi per fermare lo spread, il piano della Bce sull'acquisto dei titoli di Stato.

    Il popolo entrava e comprendeva tutto: Timothy Verdon, direttore del Museo dell’Opera del Duomo di Firenze, sul restauro della Porta del Paradiso di Lorenzo Ghiberti.

    Sul crinale doloroso tra felicità e tristezza: Luca Pellegrini sul film “Sinapupunan. Thy womb” del regista filippino Brillante Mendoza.

    Cemento dell’unità d’Italia: Sabino Caronia sul rapporto tra Alessandro Manzoni e il cattolicesimo.

    Cinquant’anni fa, in Brianza, l’arcivescovo Montini e madre Maria Candida Casero ridavano vita al monastero di Bernaga: sul tema, un articolo di Maria Maura Ronchi.

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    Oggi in Primo Piano



    Tragedia dell'immigrazione. Circa 80 i dispersi dopo il naufragio al largo di Lampedusa

    ◊   Ci sarebbero state oltre 130 persone sul barcone affondato la notte scorsa a largo dell’isola di Lampedusa. Tra loro donne e bambini. Dalle testimonianze dei superstiti il barcone era partito dalle coste tunisine. La procura di Agrigento ha aperto un’inchiesta per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e per omicidio. Servizio di Francesca Sabatinelli:

    Sono 56 i superstiti, circa un’ottantina i dispersi, finora è stato recuperato un solo cadavere. Sul barcone affondato vi sarebbero state 136 persone, in maggior parte uomini. Tra chi si è salvato vi sono una donna, in stato di gravidanza, e alcuni minori non accompagnati. L’allarme è stato lanciato da uno dei migranti che ha telefonato ai carabinieri di Agrigento. Sarebbero tutti tunisini, secondo quanto raccontato da loro stessi alla Guardia Costiera e alle organizzazioni che si trovano a Lampedusa per soccorrere chi sbarca. Veronica Lentini dell’Oim si trova sull’isola di Lampedusa:

    R. - In base a quello che i migranti ci hanno raccontato sono partiti dalla Tunisia, a un certo punto hanno cominciato a imbarcare acqua e la barca si è rovesciata. Molti si sono buttati in acqua, molti sono caduti, chi sapeva nuotare è riuscito a raggiungere l’isoletta di Lampione.

    D. – In che condizioni sono ora queste persone?

    R. – Sono arrivati molto provati, molto sofferenti, sono stanchi. Molti di loro riportano ferite, anche perché hanno incontrato un gruppo di meduse mentre nuotavano, hanno delle ferite sul corpo, una donna è stata portata in ospedale, anche un uomo che aveva una lesione alla gamba, per il resto diciamo che genericamente stanno abbastanza bene.

    D. – Se c’erano più di cento persone sulla barca si presume che tutti gli altri siano affogati, siano morti…

    R. – Presumo di sì. Alcuni hanno visto affondare i loro amici e gente che era con loro sulla barca, questo lo posso confermare.

    D. – E’ accertato che il naufragio sia stato in acque italiane?

    R. – In base alle notizie che ho sì, si trovavano a una certa distanza da Lampione, in acque italiane.

    E’ questa l’ennesima tragedia nel canale di Sicilia, dichiara il Cir, Consiglio italiano per i rifugiati. Le migrazioni possono essere governate, sottolinea il Cir, occorre, quindi inserire meccanismi di accesso protetto e regolare in Europa. Secondo i dati di Fortress Europe nel 2011 nel tentativo di raggiungere l’Europa sarebbero morti oltre 2.300 migranti. Di ieri la tragedia a largo della Turchia dove sono morte 58 persone in fuga da Siria, Iraq e altre zone di conflitto. Valerio Landri, direttore della Caritas di Agrigento:

    R. – Quello di cui ci rendiamo conto è innanzitutto che le condizioni meteo di ieri forse hanno agevolato l’idea di un viaggio. Quello che si spera è che la situazione politica che si va evolvendo in Tunisia, con le elezioni che avverranno tra qualche mese, non stimoli ulteriori viaggi. Noi siamo stati in Tunisia in agosto, con un campo lavoro che abbiamo organizzato come Caritas diocesana, e abbiamo potuto sentire dalla viva voce dei giovani tunisini ancora un profondo desiderio di arrivare in Europa, perché le condizioni di libertà ancora non ottimali, perché un processo democratico che si dovrebbe costruire dopo tanti anni di dittatura, non lasciano grandi speranze nel cuore del tunisino medio. Per cui c’è ancora una grande voglia dall’altra parte del mare di venire in Europa. C’è da aspettarsi che certamente altri viaggi verranno fatti, altre occasioni verranno colte. L’augurio che ci facciamo è che le esperienze della notte scorsa non si ripetano.

    D. – Non ci sono state tragedie, non ci sono state moltissimi sbarchi nell’estate che si è appena conclusa…

    R. – Abbiamo il paragone con l’anno scorso che non può reggere. L’anno scorso è stato un anno particolare dal punto di vista politico e sociale. Quest’anno il fenomeno migratorio ha avuto un’intensità molto inferiore. Questo è stato certamente un gran bene considerando che la struttura di Contrada Imbriacola, l’unico centro di accoglienza di Lampedusa, è stato aperto solamente pochi mesi fa. C’è da augurarsi che, di fatto, non ci siano state tragedie in mare non annunciate o non conosciute, perché anche questo è verosimile. Ci sono tante famiglie dall’altra parte del mare che hanno completamente perso i contatti con i loro parenti che sono partiti. C’è tanta gente che è morta in mare di cui nessuno saprà mai nulla.

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    Obama chiude la Convention dei democratici: "Possiamo farcela"

    ◊   Alla convention dei democratici in Nord Carolina Barak Obama rilancia la sua politica per il Paese e accetta la nomination per la Casa Bianca. Non ha negato le difficoltà che vivono gli Stati Uniti ma ha detto: “sono stato eletto per dire la verità”. ''I repubblicani vogliono il vostro voto ma non hanno un piano" - ha sottolineato - nel suo discorso a tutto tondo su politica interna ed estera. Il servizio è di Elena Molinari:

    Le parole chiave del 2008, speranza e cambiamento, sono state rimpiazzate da scelte difficili per le quali il presidente ha detto agli americani di prepararsi. Barack Obama ieri notte, ha ugualmente chiesto agli elettori di dargli fiducia per altri quattro anni, perché possa finire il lavoro iniziato. “Non mi avete eletto per dirvi quello che volete sentire, ma per dirvi la verità”, ha detto, accettando la nomination del partito democratico. Non ha fatto grosse promesse, il presidente in carica. Un milione di posti di lavoro entro il 2016, contro i 12 promessi dai repubblicani. Obama ha anche garantito che assumerà 100mila nuovi insegnati e dimezzerà le tasse universitarie. Il tutto, ha spiegato, mentre metterà in piedi un piano per ridurre il debito pubblico di 4mila miliardi in dieci anni. Al di là dei numeri, il capo della Casa Bianca ha detto che punterà sulle piccole imprese. E che si rifiuterà di approvare nuovi tagli alle tasse per i più ricchi. Obama, che ha citato il suo rivale Romney solo una volta, non ha parlato di aborto o matrimonio gay, che la piattaforma del suo partito approva. Ha parlato invece di scelta fra un’America per privilegiati e un’America per tutti. A concludere la convention è stato il cardinale Dolan, presidente dei vescovi americani, che ha pregato in casa democratica come aveva fatto la scorsa settimana alla convention repubblicana.

    Per un commento al discorso di Obama, ascoltiamo Paolo Mastrolilli, che per il quotidiano "La Stampa" ha seguito la Convention democratica. L'intervista è di Massimiliano Menichetti:

    R. – Obama ha difeso strenuamente il lavoro della sua amministrazione, dicendo che il lavoro non è completo, ma che ci sono stati molti progressi che sono stati compiuti, posti di lavoro creati e l’inizio – diciamo - della fine della crisi economica. Allo stesso tempo ha rivendicato i successi che ha avuto in politica estera - e in particolare, naturalmente, l’uccisione di Osama Bin Laden - e anche sul piano dell’industria con l’importante risultato ottenuto rilanciando l’attività delle aziende automobilistiche. Quindi, in sostanza, ha detto agli americani che la situazione è difficile, ma sta migliorando e se loro vogliono che questa svolta continui devono avere fiducia in lui, devono continuare a scommettere su di lui, perché solamente lui ha un piano che è aperto effettivamente a tutti quanti gli americani, che punta sull’istruzione, che punta sugli investimenti, che punta sul dare la possibilità a tutti quanti di avere un’occasione per avere successo all’interno della società americana. Un programma che naturalmente si contrappone a quello dei suoi avversari repubblicani, che ha invece accusato di voler fare solamente gli interessi delle classi più ricche.

    D. – Obama ha detto anche: “I tempi sono cambiati, anche io sono cambiato”…

    R. – Quello che diceva è che dopo quattro anni lui ha l’esperienza del presidente: sa quali sono i problemi, sa come bisogna affrontarli e quindi gli americani possono avere più fiducia in lui, perché presumibilmente non ripeterà gli errori che ha commesso nel primo mandato e sarà più pronto ad essere efficace nel secondo. Questa Convention sicuramente lo ha rilanciato. La cosa molto significativa che ha fatto Obama - mi pare nel suo discorso - è stata quella di cercare di rivolgersi a tutti quanti gli americani. Quindi, in sostanza, ha dipinto il programma dei suoi avversari come un programma partitico, che fa appunto gli interessi solamente delle classi più ricche, e il suo come un programma invece aperto a tutti.

    D. – Per quanto riguarda la politica interna Obama ha allontanato l’idea di chiedere sacrifici alla classe media e agli studenti; per la politica estera cerca di ribadire che gli Stati Uniti sono un attore di primo piano: questo rispondendo un po’ anche alle accuse che gli sono state mosse dai repubblicani, che dicevano che questo ruolo degli Stati Uniti si è indebolito nel mondo…

    R. – Questo lo hanno fatto tanto lui quando il vicepresidente. Uno spettatore distratto, che non avesse saputo prima di accendere il televisore che era in corso la Convention democratica, probabilmente avrebbe pensato – ascoltando il discorso di ieri sera – di trovarsi in realtà alla Convention repubblicana. E questo perché i democratici hanno approfittato del fatto che i repubblicani nella loro Convention non hanno parlato di politica estera: i democratici hanno quindi occupato, in sostanza scippandolo, questo tema della politica estera, della sicurezza nazionale e dei militari, che era un tema tradizionale dei repubblicani. Lo hanno fatto in due maniere. Il vicepresidente Biden ha detto ai repubblicani che sbagliano a scommettere contro gli americani e sbagliano a pensare che l’America sia in declino. Biden ha contrastato questa visione, dicendo che non è così, che l’America non è in declino e che i suoi giorni migliori devono ancora arrivare. Dopodiché Obama ha difeso i risultati che ha ottenuto in politica estera – che sono, appunto, la fine della guerra in Iraq, l’eliminazione di Osama Bin Laden e l’inizio del processo che porterà alla fine della guerra in Afghanistan – ribadendo soprattutto che gli Stati Uniti restano, quindi, la potenza mondiale indispensabile, l’unica superpotenza e l’unica in grado di continuare a guidare, ma a guidare secondo dei criteri diversi da quelli che erano stati adottati dalle ultime amministrazioni repubblicane, come quella di Bush. Facendo in modo, allo stesso tempo, che si possa risparmiare sulle spese militari per utilizzare i soldi che le amministrazioni precedenti – secondo lui – avevano sprecato in queste guerre, per cominciare a ricostruire gli Stati Uniti.

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    Vince la verità in Pakistan: liberata Rimsha, la bimba cristiana accusata di blasfemia

    ◊   Il tribunale di Islamabad ha accettato oggi la richiesta di libertà dietro cauzione per Rimsha Masih, la ragazzina cristiana affetta da sindrome di Down, in carcere dal 16 agosto con l’accusa di blasfemia. La decisione era attesa dopo che il suo accusatore, l'imam Khalid Chishti, era stato arrestato nei giorni scorsi per aver manipolato le prove contro la piccola. Rimsha è stata data in custodia a Paul Bhatti - consigliere speciale del primo ministro per l‘Armonia nazionale - il quale si è complimentato con il governo e le forze dell’ordine per aver scoperto la verità. Per un commento, Marco Guerra ha sentito il prof. Mobeen Shahid, presidente dell’Associazione pakistani cristiani in Italia:

    R. – E’ da apprezzare sia l’onestà del giudice sia la decisione coraggiosa. C’erano tutti i dati oggettivi per dichiararla innocente e darle la possibilità di raggiungere la propria famiglia. Questa è l’ennesima prova che la legge sulla blasfemia è fatta oggetto di abusi. Dagli anni ‘80, quando questo abuso è aumentato, è la prima volta che grazie ad una onesta, oggettiva, investigazione, si sia riusciti a provare che l’accusatore è il vero colpevole di blasfemia, in questo caso l’imam Chishiti.

    D. – Che ne sarà ora della bambina?

    R. - La bambina è già nella custodia dell’Apma (All Pakistan Minorities Alliance) di cui è presidente Paul Bhatti. Il processo continuerà perché Rimsha è stata liberata solo su cauzione. Quando sarà richiesta la sua presenza dal giudice dovrà ritornare in tribunale perché le indagini sono ancora in atto sia da parte della polizia sia da parte del tribunale.

    D. – La comunità cristiana rischia rappresaglie?

    R. - Rischia vari attacchi. Infatti, i vicini di Rimsha non sono ritornati ad abitare nelle proprie case perché hanno paura e non si fidano della difesa che il governo potrebbe dare loro. Si è già verificato un episodio di violenza a Karachi e due minorenni sono stati uccisi in questi giorni, durante i quali i media internazionali hanno particolarmente coperto il caso di Rimsha. Questo non si fermerà finché non si prenderanno provvedimenti importanti per evitare l’abuso della legge sulla blasfemia.

    D. – Cosa chiedete al governo pakistano e alla comunità internazionale?

    R. – Chiediamo al governo di intervenire sulla legislazione per evitare questo abuso… Il Pakistan da solo non riuscirà a farlo perché il governo è politicamente debole, perciò dovrà essere sostenuto dalla comunità internazionale. In questo caso noi, come cittadini pachistani, chiediamo l’intervento dell’Onu affinché possa sostenere le modifiche nell’applicazione della legge sulla blasfemia che ogni anno sta facendo migliaia di vittime.

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    Reazione positiva dei mercati dopo l'ok della Bce allo scudo antispread

    ◊   Continuano a volare le Borse europee dopo la decisione della Bce di acquistare titoli illimitati dei Paesi in difficoltà, in cambio di politiche rigorose. Si registra, infatti, una mattinata di rialzi, e la misura annunciata ieri da Draghi favorisce soprattutto Milano, in salita del 2%. Positive anche le altre Piazze europee, mentre lo spread fra Btp e Bund tedeschi scende a 351 punti. Gli analisti si concentrano, però, sull’atteggiamento negativo di Berlino. Sulla posizione tedesca Salvatore Sabatino ha intervistato Carlo Altomonte, docente di Politica Economica Europea presso l’Università Bocconi di Milano:

    R. – Secondo me dobbiamo distinguere tra linea ufficiale a beneficio degli elettori e linea effettiva. Non penso che Draghi avrebbe preso questa decisione senza il consenso del governo tedesco. Che poi, dietro le righe, la Bundesbank e i falchi tedeschi stiano vicini alla “pancia” dell’elettorato tedesco fa anche il gioco della Merkel.

    D. - Quanto la posizione tedesca sarà concretamente determinante affinché lo scudo antispread abbia un futuro certo?

    R. – Sostanzialmente non è determinante per niente perché la Bce decide a maggioranza e a maggioranza ha già deciso che lo scudo antispread verrà attivato nel momento in cui i Paesi ne faranno richiesta?

    D. – Quanto ci vorrà affinché lo scudo entri effettivamente in azione?

    R. - Bisognerà che gli Stati lo richiedano. Se Monti non lo richiede, se Rajoy non lo richiede, lo scudo non entra in azione, però se lo richiedono evidentemente siamo sottoposti a un piano di condizionalità che annulla ogni spazio di autonomia di politica fiscale e quindi – mi si consenta anche di dirlo – qualunque risultato elettorale sarebbe abbastanza inutile perché saremmo sottoposti al veto, a quel punto, stringentissimo dell’Europa.

    D. – Si può parlare di un primo passo verso una politica economica comune e reale?

    R. - Questo è il passo necessario a mettere in sicurezza l’Euro e a non farlo morire. Adesso bisogna farlo guarire e quindi bisogna iniziare a discutere o di unione fiscale o di unione bancaria.

    D. – Non a caso Draghi è tornato ancora una volta sull’irreversibilità dell’Euro, resta però in piedi il problema Grecia: ce la farà Atene a resistere oppure no?

    R. – Se l’Euro è irreversibile, per definizione, la Grecia non può uscire. Mi pare abbastanza tautologico. Poi, detto questo, tutto può succedere negli spazi della politica, però mi pare che ormai la questione greca sia semplicemente una questione di distribuzione dei costi del suo salvataggio.

    D. - Il premier britannico Cameron commentando le decisioni annunciate a Francoforte ha detto: “mai la Bce è stata più vicina a ciò che vuole Londra”. Si può prospettare anche sul lungo termine, a questo punto, un ingresso della Gran Bretagna nell’Eurozona?

    R. – Secondo me sì, perché la Gran Bretagna, quando la speculazione smetterà di interessare l’Europa, probabilmente inizierà a vedere che il Regno Unito ha il 550 per cento del rapporto tra debito e Pil tra pubblico e privato, mentre Paesi come Italia e Francia ce l’hanno al 300. Quindi, a quel punto, l’Inghilterra ci chiederà di diluire i suoi debiti nei debiti dell’Eurozona. Da questo punto di vista penso che non sia escluso - al di là della retorica politica - che l’Inghilterra ci chieda “per favore” di entrare nell’Euro nei prossimi anni; non è, comunque, una questione di mesi.

    D. – Intanto i mercati continuano a volare, un’ondata di rialzi solida, secondo lei, o solo temporanea?

    R. – Secondo me c’è un eccesso di euforia. E’ sicuramente vero che rispetto ai minimi di luglio noi stiamo lavorando su minimi più elevati perché abbiamo eliminato il rischio della reversibilità dell’Euro: cioè, avendo salvato la vita all’Euro e avendo chiarito a tutti che l’Euro non muore, questo ci riporta più in alto sui livelli minimi di quotazione. Però, come dicevamo prima,c’è ancora molta strada da fare per far guarire e far funzionare l’unione monetaria. A quel punto la palla passa alla politica e, secondo me, quando inizieranno i contrasti sul salvataggio della Grecia, sull’unione bancaria o unione fiscale, probabilmente vedremo un leggero ravvitamento dei mercati ma non dovremo più rivedere quotazioni da saldo o da fallimento che avevamo a luglio.


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    Scontri in Darfur: Khartoum vara il coprifuoco, migliaia di civili in fuga

    ◊   Le autorità sudanesi hanno introdotto ieri il coprifuoco e posto sotto il controllo militare due distretti nella regione del Darfur dopo settimane di continui scontri. Martedì scorso un attacco contro il governatore della città di Kutum, rimasto illeso, ha provocato la morte di alcuni membri della sicurezza. Cresce così il flusso di civili in fuga dalle zone di guerra. Più di 700 persone sono state uccise dall’inizio dell'anno. Sono almeno 300 mila le vittime e 1,8 milioni gli sfollati in Darfur dall'inizio della guerra, nel 2003, tra i ribelli e le forze governative sostenute da milizie arabe locali, secondo una stima delle Nazioni Unite. Fausta Speranza ha parlato di questa crisi dimenticata con Fabrizio Dal Passo, docente di storia contemporanea all’Università La Sapienza di Roma:

    R. – E' una emergenza irrisolta: è uno di quei casi evidenti di crisi etnica e soprattutto rappresenta un punto nevralgico a livello economico, che non è stato però riconosciuto e rispettato dalle grandi potenze internazionali. Si tratta di un conflitto che è rimasto irrisolto, per quanto sia stata dichiarata formalmente una tregua.

    D. – Nel frattempo il Sudan si è scisso – Sudan del Sud e Sudan del Nord – ma la questione Darfur è rimasta tale e quale e a livello politico non ci sono sviluppi…

    R. – Il problema tra Sud Sudan e Nord Sudan non ha mai toccato – neanche negli anni Cinquanta – il problema del Darfur, che già era un problema! Quindi, come dire, nessuna novità per quell’area e purtroppo quelle sparute tribù sono state lasciate a se stesse e nelle mani di signori delle guerra che si sono poi improvvisati nelle lotte e nelle guerre intestine fra le varie tribù.

    D. – Quindi, in sostanza, il Darfur dal 2003 è terra di nessuno?

    R. – In sostanza sì. I 7-8 mila uomini dell’Unione Africana, che sono stati inviati lì, hanno fatto ben poco per calmare la situazione, così come gli interventi dell’Onu non hanno avuto una influenza significativa, perché il problema di fatto è che si tratta di tribù isolate. Uno dei pochi interventi significativi è stata la creazione di un oleodotto. Il resto è rimasto abbandonato a se stesso!

    D. – Di recente sono stati scoperti sempre più giacimenti di petrolio in quella zona: è vero e questo soprattutto acuisce il conflitto?

    R. – Acuisce il conflitto perché questo, in qualche modo, ha provocato l’intervento massiccio anche degli Stati vicini e quindi del Ciad come anche dell’Egitto: quindi l’interesse di altri Paesi che ovviamente sostengono economicamente e militarmente – in maniera diretta e indiretta – i vari combattenti. Questo non ha impedito la creazione - come dicevo - anche con il supporto indiretto dell’Eritrea, di un oleodotto tra l’area del Darfur e l’area marittima del Mar Rosso e quindi con Port Sudan.

    D. – Il Darfur resta, comunque, una sconfitta dell’Onu e della Comunità internazionale, è così?

    R. – Sì. Indubbiamente è un’area ancora irrisolta, è un’area in crisi e non soltanto alimentare, in cui la violenza degli scontri etnici è ancora forte e in cui comunque l’intervento congiunto – ripeto – di varie forze, tra cui le forze dell’Onu e quelle dell’Unione Africana, non ha portato assolutamente alcun beneficio. E’ un’area veramente dimenticata da questo punto di vista e purtroppo non sono stati fatti interventi in grado di salvare la gente e specialmente le vittime di più giovane età.

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    Congresso panafricano dei laici cattolici: riscoprire la forza di essere cristiani

    ◊   Prosegue a Yaoundé, in Camerun, il Congresso panafricano dei laici cattolici. L’evento, che si svolge sul tema “Testimoni di Gesù Cristo in Africa oggi. Sale della terra... luce del mondo”, si concluderà domenica. Numerosi gli interventi che hanno ribadito il ruolo insostituibile dei laici nell’evangelizzazione, come ricordato anche da Benedetto XVI nel suo Messaggio. Silvia Koch ha raggiunto telefonicamente a Yaoundé Vittorio Scelzo, officiale del Pontificio Consiglio dei Laici, dicastero che ha promosso l’incontro:

    R. – Qui stiamo davvero riscoprendo la dignità di essere cristiani e la forza di essere cristiani. Il cardinale Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, nel suo intervento ha invitato tutti ad essere delle “minoranze creative”. Ci ha detto che il rischio non è quello di essere pochi, ma quello di essere insignificanti per la nostra scarsa testimonianza. Allora davvero questi giorni sono un grande momento di comunione: c’è la possibilità di scambiare esperienze, c’è stata anche la possibilità di ascoltare le parole del Santo Padre e le parole di alcuni eminenti cardinali. E’ davvero un momento per scambiare esperienze e per crescere. C’è bisogno di un laicato maturo. Mi ritornano in mente le parole del messaggio del Santo Padre, quando dice che nei suoi viaggi in Africa ha potuto notare la forza della gioia, il senso della vita che trionfa nelle liturgie africane, nell’accoglienza che egli ha ricevuto venendo qui in terra d’Africa.

    D. – Quali sono gli argomenti sul tavolo della discussione e quali risposte a queste problematiche possono venire dal laicato africano?

    R. – Questo è un grande momento di formazione e quindi noi stiamo provando ad andare in profondità nel riscoprire, appunto, l’identità africana. E’ emerso, per esempio, che in molti Paesi africani c’è l’aumento delle persone che vengono attratte da alcune sette e questo è stato attribuito anche ad una mancanza di formazione cristiana. Il dono che il Santo Padre ha voluto fare con l’indizione dell’Anno della Fede è considerato una grazia per la Chiesa qui, perché davvero c’è bisogno di formazione. C’è poi molto spazio per far parlare le associazioni, i movimenti ecclesiali, le nuove comunità che portano la loro testimonianza e che rappresentano una nuova primavera, una nuova effusione dello Spirito per l’Africa. Questa ricchezza dei movimenti e delle nuove comunità è anche al centro di questi giorni di congresso. Ci sono alcuni incontri che affrontano temi relativi all’impegno dei laici cattolici nella vita pubblica: il loro impegno nel mondo del lavoro, il loro impegno nel mondo dell’economia e della politica e il loro impegno sociale a partire dalla dottrina sociale della Chiesa.

    D. – Benedetto XVI ha definito l’Africa un grande polmone di spiritualità: quale apporto può venire di cattolici laici africani, dai suoi giovani, al resto del mondo e della comunità cattolica?

    R. – Il mondo ha bisogno dell’Africa davvero: ha bisogno della sua gioia nel vivere la fede, della sua freschezza, della novità che viene dal cattolicesimo africano. C’è una bellezza di essere cristiani che qui in Africa risplende nelle liturgie, così belle e commoventi che stiamo vivendo in questi giorni. Credo che il resto del mondo abbia bisogno di guardare all’Africa con occhi nuovi, di farsi guidare nella vita della gioia e di farsi guidare nella via delle riscoperta della bellezza di essere cristiani.


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    Legge sul fine vita. Carlo Casini: votare subito per contrastare derive eutanasiche

    ◊   Ha ricevuto già il sì ampio e trasversale del Parlamento tra marzo 2009 e luglio 2011, e per il voto finale manca solo la ratifica del Senato ad alcune modiche. Si tratta del Dat - “Dichiarazioni anticipate di trattamento”. Nonostante un lungo iter di quattordici mesi c’è ancora il rischio che il disegno di legge venga insabbiato, vanificando il lavoro compiuto su un testo non più rinviabile a fronte di molti avvenimenti degli ultimi anni. A questo proposito Pd, Pdl e Lega sono stati interpellati direttamente dal presidente del Movimento per la Vita Carlo Casini. Gabriella Ceraso lo ha intervistato:

    R. - Un dibattito per avvenire, bisogna che sia inscritto all’ordine del giorno, ordine formato della Conferenza dei capigruppo dei vari gruppi politici della maggioranza. Per questo io ho scritto alle forze che sono più numerose, in particolare a Bersani, perché è nell’ambito della sinistra che si erano raccolte le principali opposizioni.

    D. - C'è ostruzionismo perché si desiderano altre modifiche, o perché ci sono le prossime elezioni e quindi si ritiene inutile chiudere questa partita, se poi ci sarà un altro voto a breve?

    R. - Intanto si voti. E’ un lavoro che è stato fatto nell’arco di un’intera legislatura, faticosamente ma profondamente, non vedo perché - come per qualsiasi altra legge - non debba arrivare a conclusione. Nella prossima legislatura, se questa legge non sarà approvata, si tenterà di presentare proposte più fortemente a favore dell’eutanasia di quanto oggi sarebbe possibile fare. Se viceversa questa legge sarà approvata, è possibile che naturalmente le “forze anti-vita” tentino di nuovo di ribaltare la situazione, ma bisogna vedere se si riuscirà, se sarà la maggioranza e soprattutto se ci sarà la volontà di tornare su questo argomento, vediamo prima le applicazioni.

    D. - Ci può indicare quali sono le principali novità, di cui consta questo testo che ora è al Senato?

    R. - In sintesi: la volontà del paziente ha certamente un ruolo importante, ma deve essere una volontà attuale, non una volontà manifestata prima, senza la conoscenza esatta della situazione anche esistenziale - non solo tecnica - in cui si può venire a trovare un malato. Questo non può avvenire se il malato ha perso coscienza e non può esprimere la sua attuale volontà, quindi, in questi casi è soltanto un tenere conto - dice questa legge - di ciò che lui ha detto prima, ma senza vincoli. Quindi, la non vincolatività delle dichiarazioni precedenti e la richiesta che la volontà del malato sia rispettata solo se attuale, è il contenuto essenziale di questo provvedimento.

    D. - Perché lei ritiene che votare una legge e, quindi, avere a livello nazionale una legge sul “fine vita” sia una questione di democrazia?

    R. - Perché democrazia significa due cose: dal punto di vista formale, il voto, cioè la maggioranza che decide, quindi vediamo se c’è o non c’è questa maggioranza. Fino a questo momento la maggioranza per approvare questa legge c’era, non so cosa capiterà al Senato, ma sono fiducioso che ci sarà ancora. Comunque, misurarla, al termine di tanto lavoro è questione di democrazia formale; ma c’è anche una democrazia sostanziale. Il fondamento della democrazia è l’uguale dignità di ogni essere appartenente alla famiglia umana. Noi cerchiamo in tutti i modi di affermare la democrazia sostanziale dicendo che dal concepimento alla morte naturale siamo in presenza di un uomo che merita amore, fiducia e solidarietà, questo vale anche quando la morte è prossima, questo vale anche per coloro che sono in stato "vegetativo" o comunque privi di coscienza.

    D. - Potrà effettivamente, la presenza di una legge, aiutare nella giungla dei casi così tanto diversificati che ci sono?

    R. - Certo, dà un’indicazione al medico, ai familiari, un’indicazione di valore, una guida all’azione. C'è però il momento per tutti - purtroppo capita - in cui bisogna alzare bandiera bianca ed il medico deve dire “adesso è inutile insistere ”. Questo si capisce, è logico, avviene sempre, ma l’orientamento deve essere sempre quello del diritto alla vita, del vivere, della dignità, della speranza, non quello del diritto alla morte che si vorrebbe invocare come diritto di libertà.


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    Movimento cristiani lavoratori: i cattolici pensino a un programma per le elezioni

    ◊   A pochi mesi dalle elezioni i cattolici italiani devono mettere a punto un nuovo impegno sociale. E’ con questo obiettivo che si apre, oggi, a Senigallia l’annuale seminario di studi del Movimento Cristiano Lavoratori, l’Mcl. Una tre giorni di dibattiti, affinché i laici cristiani impegnati nella società possano dare un contributo per far uscire il Paese dalla crisi. Alessandro Guarasci ha sentito il presidente dell’Mcl, Carlo Costalli

    R. - Creare coesione sociale, aiutare complessivamente la crescita, sono problemi che riguardano la politica che sta attraversando un periodo difficile, soprattutto nel periodo delle future scadenze elettorali. I cattolici devono costruire una presenza della società, partendo dalla fede, ma proiettando verso un futuro di speranza.

    D. - E’ da diversi mesi che si parla di un nuovo protagonismo dei cattolici in politica. Se ne parla, ma di concreto che cosa c’è?

    R. - I cattolici, soprattutto nell’ultimo anno, anno e mezzo, hanno dimostrato una maggiore unità interna, e i "passaggi" di Todi lo hanno dimostrato. E’ evidente che adesso devono fare un passo in avanti. Ci stiamo avvicinando ad un periodo difficile, pre-elettorale, devono dimostrare che questa progettualità e questa sostanziale novità si proietta anche, intanto, nella preparazione di un programma e di un progetto futuro da presentare alle forze politiche, e poi, per alcuni, anche nella costruzione di un area in cui possiamo difendere i nostri valori.

    D. - C’è attesa per il convegno che si terrà a Todi il 21 ottobre, ma che cosa sarà?

    R. - La conclusione di un percorso di lavoro per presentare una proposta politica per il futuro della crescita del Paese. Dobbiamo uscire da lì con un programma da sottoporre a coloro che hanno interesse a partecipare alla competizione elettorale, un programma in cui emergono chiaramente i nostri valori ma non solo, un programma che dia anche alcune risposte ai temi economici e sociali del Paese.


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    Grande successo per le Paralimpiadi: la testimonianza di Assunta Legnante, oro nel lancio del peso

    ◊   Proseguono con grande successo di pubblico le Paralimpiadi di Londra. Oggi la Cina, prima nel medagliere, ha conquistato il suo 300.mo oro. Mercoledì scorso l'atleta italiana Assunta Legnante ha ottenuto oro e record del mondo nel lancio del peso. Pochi giorni prima della partenza per Londra aveva raccontato ai nostri microfoni la sua storia e le aspettative che portava con sé. Non vedente dal 2009, alla sua prima partecipazione ai Giochi Paralimpici, la Legnante poteva vantare già una lunga carriera sportiva, due medaglie d’oro e la partecipazione alle Olimpiadi di Pechino 2008. Oggi, dopo il successo di Londra, ci racconta la gioia e il valore di questo risultato. L’intervista è di Luca Pasquali:

    R. - Abbiamo lavorato bene per arrivare in forma e stare bene e così è stato alla fine. Si è rivelato un buon progetto, una buona gara.

    D. - Nella sua lunga carriera sportiva lei aveva già vinto tanto, questa però è la sua prima medaglia dal 2009 - da quando perse definitivamente la vista - che valore ha per lei questo risultato?

    R. - Un valore enorme, perché alla fine mi fa risentire viva e mi dà la possibilità di tornare a fare quello che mi piaceva e che era in passato il mio lavoro. Un’emozione grandissima nel sentirmi ancora protagonista di questo sport che amo tanto.

    D. - Tutti avranno notato sicuramente la particolare mascherina che hai indossato in gara, con degli occhi disegnati. Si leggeva in questo determinazione molta ironia…

    R. - E’ nato tutto per gioco: le mascherine sono quelle che si usano solitamente in aereo per dormire, un po’ anonime, allora con un amico di Ascoli Piceno abbiamo deciso di fare qualcosa di spiritoso ...

    D. - Prima di partire ci aveva raccontato anche un po’ le difficoltà del primo periodo nel 2009, quando aveva momentaneamente abbandonato lo sport per provare a curarsi. Oggi invece si leggono delle dichiarazioni in cui afferma che vorrebbe provare a diventare “l’Oscar (Pistorius) italiano”.

    R. - Le mie misure sono ancora molto basse per poter gareggiare di nuovo con i normodotati a livello internazionale. Però la voglia c’è, poi se il fisico mi assiste possiamo anche provarci in futuro.

    D. - Quindi, potremmo dire che è un po’ l’inizio di una seconda vita da sportiva professionale?

    R. - Sicuramente, sicuramente è una seconda vita di Assunta Legnante.

    D. - Cosa porterà con lei di questo periodo culminato con una medaglia d’oro?

    R. - Porterò con me un grande gruppo, perché ho conosciuto persone qui in nazionale - il gruppo della Fispes (Federazione italiana sport paralimpici e sperimentali) dell’atletica leggera in particolare - che mi ha sempre sostenuto e che, grazie anche alle tante medaglie delle altre ragazze e degli altri ragazzi, ha creato veramente un gruppo stupendo e fa capire che noi, con la passione, possiamo fare tutto.

    D. - C’è una dedica in particolare?

    R. - Una dedica in particolare sì: a mia madre, perché l’ho persa due mesi fa e prima di morire mi ha chiesto specificamente una medaglia, quindi questa è tutta sua.

    D. - Al di là del risultato, com’è stata questa Paralimpiade?

    R. - Stupenda sotto tutti i punti di vista: non solo parlando del risultato, ma anche come organizzazione, come visibilità. Sotto tutti gli aspetti, Londra si è comportata veramente da grande metropoli: un pubblico sempre attento e soprattutto competente, lo stadio completamente pieno fin dalle prime sessioni della mattina. Veramente un’emozione unica entrare in quello stadio.

    D. - Per l’Italia questi giochi sono ricchi di soddisfazioni, ha già portato a casa 21 medaglie di cui 7 d’oro - un ottimo risultato…

    R. - Davvero ottimo, perché comunque il movimento paralimpico ha bisogno di visibilità, ha bisogno di medaglie, ha bisogno di far sentire e di gridare a voce alta che siamo presenti e che vogliamo essere sempre più sostenuti da tutta l’Italia.


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    Nella Chiesa e nel mondo



    In Siria ancora violenze, almeno 70 morti

    ◊   In Siria non si arrestano le violenze. I comitati di coordinamento locali denunciano che almeno 70 persone sono morte oggi in seguito a bombardamenti governativi compiuti in diverse zone del Paese. La tv di Stato siriana ha riferito inoltre che un ordigno è esploso a Damasco davanti ad una moschea, al termine della preghiera del venerdì, provocando il ferimento di diverse persone. L’emittente ha precisato che si è trattato di un attentato terroristico compiuto con una motobomba. L’Osservatorio siriano per i diritti umani ha poi reso noto che nei dintorni della capitale sono stati trovati i cadaveri di 45 persone, tra cui donne e bambini. Sono proprio i più piccoli, in questa situazione di crescente destabilizzazione, ad essere i più vulnerabili. Secondo un bilancio fornito dall’Unicef, sono almeno un milione e trecento mila i bambini colpiti dalle violenze in Siria. Sul versante politico, intanto, il ministro degli Esteri italiano, Giulio Terzi, e quello francese, Laurent Fabius, hanno chiesto all’Unione Europea di “mantenere, e rafforzare ulteriormente il suo ruolo centrale” per la soluzione della crisi siriana. “Se falliamo in Siria – si legge in una lettera inviata dai ministri Terzi e Fabius al capo della diplomazia Ue Catherine Ashton - la stabilità in Medio Oriente sarà distrutta e la sicurezza in Europa seriamente minacciata”. In un’intervista all'agenzia spagnola ‘Efe’ il ministro Giulio Terzi ha anche dichiarato che il regime “ha già varcato la linea rossa”. “Bisogna concentrarsi sull’Ue - ha aggiunto - per far cessare i terribili massacri che hanno raggiunto livelli inauditi e rischiano di provocare destabilizzazioni nei Paesi vicini”. Si rafforza infine l’impegno umanitario per la Siria. Secondo fonti di stampa, la Commissione europea è pronta a stanziare altri 50 milioni di euro per aiutare i civili in fuga dalla guerra, arrivando ad un contributo totale di 119 milioni di euro. (A.L.)

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    Onu: nel mondo 775 milioni di analfabeti, 2/3 sono donne

    ◊   Circa 775 milioni di giovani e adulti in tutto il mondo non sanno ancora leggere e scrivere; 122 milioni di bambini in età scolare non hanno la possibilità di frequentare la scuola, sia primaria sia secondaria, e milioni di loro sono promossi con un livello inadeguato di competenza in scrittura e lettura. Le donne - riferisce l'agenzia Sir - costituiscono i due terzi della popolazione mondiale non alfabetizzata. Sono i dati resi noti dal segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon nel suo messaggio in occasione della Giornata internazionale dell’alfabetizzazione che si celebra domani. “L’alfabetizzazione - ricorda Ban - fornisce agli uomini e alle donne gli strumenti necessari per comprendere meglio il mondo e conformarlo alle loro aspirazioni. Essa è una fonte di dignità individuale e un elemento propulsore per un sano sviluppo della società”. La Giornata dell’alfabetizzazione è “un’opportunità per celebrare questa forza trasformatrice e mobilitarci per trarne il massimo vantaggio”. Questo mese l’Onu lancerà una nuova fase dell’iniziativa di “Education first”, centrata su tre priorità: fare in modo che ogni bambino vada a scuola; migliorare la qualità dell’apprendimento; promuovere la cittadinanza globale. Ban esorta i leader mondiali e tutti coloro che sono coinvolti nell’educazione a partecipare all’iniziativa. (R.P.)

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    Cina. Serie di terremoti nel sud-ovest: 7 morti, decine di feriti e 20mila case distrutte

    ◊   È di almeno sette morti, una ventina di feriti e oltre 20mila case crollate o con gravi danni strutturali il bilancio - finora provvisorio - di una serie di terremoti che hanno colpito il sud-ovest della Cina. Fonti governative riferiscono che le scosse hanno interessato le province dello Yunnan e del Guizhou; il sisma principale ha investito la zona di confine fra le contee di Yiliang (Yunnan) e Weining (Guizhou) alle 11 del mattino ora locale. Il China Earthquake Networks Center (Cenc) riferisce che il movimento tellurico si è sviluppato a una profondità di 14 km nel sottosuolo e ha fatto registrare un'intensità di magnitudo 5,7. A riferire dei gravi danni e delle vittime è il Dipartimento per gli affari civili della provincia dello Yunnan. Al momento - riferisce l'agenzia AsiaNews - non si hanno ancora stime indicative del disastro nel Guizhou, dove le autorità tardano a riferire della situazione. Il sisma principale è stato avvertito anche nella confinante provincia del Sichuan, colpita da un devastante terremoto nel maggio 2008 che ha causato decine di migliaia di morti, ed è stato seguito da numerose scosse di assestamento. Secondo gli esperti nella giornata di oggi si sono succedute almeno quattro scosse principali nella zona; la più importante di magnitudo 5,7, seguita da altri tre terremoti rispettivamente di 5,6, 3,2 e 4,4 (l'ultimo della serie, all'una e un quarto circa del pomeriggio) sulla scala Richter. Il Dipartimento della protezione civile cinese ha inviato squadre nelle zone interessate per portare soccorso alla popolazione e verificare i danni. Le prime testimonianze che giungono dalle zone colpite raccontano di persone terrorizzate a Shaotong, in fuga dagli edifici che hanno iniziato a oscillare in modo evidente a causa del sisma. In un messaggio rilanciato dai social network cinesi, un'abitante della città di nome Luo Shaojiang ha riferito di aver provato una forte sensazione di "vertigine", mentre gli oggetti si muovevano in modo vistoso. Anche nel vicino Sichuan la gente ha avvertito con nitidezza la scossa principale. (R.P.)

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    Niger: forti inondazioni. Decine di vittime e migliaia di sfollati

    ◊   Sono al momento 68 le vittime accertate in Niger a seguito delle inondazioni dovute alle forti piogge cadute nelle ultime settimane. Come riporta l’agenzia Misna, il bilancio parla anche di circa 500mila senzatetto. Le zone più colpite sono quelle a ridosso del fiume Niger, che ha rotto gli argini colpendo le città e i villaggi vicini. Amadou Tidjano, responsabile della Croce Rossa Niger, fa il quadro della situazione. “La questione più urgente – dichiara – è dare un alloggio a tutti gli sfollati. Per fortuna c’è tanta solidarietà e centinaia di famiglie non hanno esitato ad aprire la porta di casa per condividere le poche risorse con chi ha perso tutto”. Ma a destare forti preoccupazioni è anche la questione alimentare. “Le forti piogge sono usuali in questo periodo dell’anno in tutta la regione – racconta Serge Xavier Oga della Caritas Niger – ma il problema è che stavamo già fronteggiando una situazione di insicurezza alimentare che affligge sei milioni di persone. Sono troppe sfide assieme sia per il governo che per le Organizzazioni non governative”. Sulla base delle stime diffuse, gli sfollati avrebbero bisogno di circa 6000 tonnellate di cereali oltre a generi alimentari di prima necessità, vestiti, medicinali e acqua potabile. A rendere la situazione ancora più preoccupante, come avviene solitamente in caso di forti piogge, è il manifestarsi di vari casi di colera. Già 86 persone sarebbero decedute a causa di questa epidemia e altri 3800 casi sarebbero già sati accertati. (L.P.)

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    Migranti eritrei bloccati da una settimana sul confine israeliano. Critiche da organizzazioni umanitarie

    ◊   Un gruppo di una ventina di migranti eritrei - provenienti dal Sinai egiziano e diretti in Israele - è bloccato da quasi una settimana accanto ai reticolati di confine, mentre le pattuglie militari di Israele impediscono loro di procedere oltre. I mezzi di comunicazione locale cercano di seguire gli sviluppi della vicenda, ma i giornalisti non possono raggiungere gli eritrei perché l'area è stata proclamata 'zona militare chiusa'. Ieri la sorte dei migranti è stata discussa dalla Corte Suprema di Gerusalemme su richiesta di organizzazioni umanitarie, secondo cui la loro vita è in pericolo per la forte calura che incombe sulla zona. I giudici torneranno ad esaminare il caso domenica: nel frattempo l'esercito dovrà provvedere a fornire ai migranti viveri e bevande. Nel dibattito il Ministero degli Interni israeliano ha spiegato che si oppone ad autorizzare l'ingresso del gruppo nel timore di creare un precedente e di incoraggiare così l'arrivo di masse di africani lungo i 250 chilometri di reticolati che Israele sta completando sul confine con l'Egitto. Grazie alla erezione della barriera gli ingressi illegali di africani sono calati questo mese a 200, ossia un decimo rispetto ai mesi passati. Il premier Benyamin Netanyahu ha autorizzato un compromesso in virtù del quale potranno entrare in Israele le due donne che fanno parte del gruppo (una delle quali ha appena abortito) e un ragazzo di 14 anni. Ma gli altri non saranno ammessi in Israele. ''Siamo determinati a bloccare la marea di migranti'' ha detto Netanyahu. ''Occorre che tutti comprendano che Israele non può essere la stazione di arrivo per questi migranti''. Secondo alcune organizzazioni umanitarie locali, si tratta di una decisione disumana, che non fa onore ad Israele. Come nei giorni scorsi, è prevedibile che anche domani attivisti sociali cercheranno di forzare le postazioni militari per raggiungere gli eritrei e portare loro aiuti materiali. (S.C.)

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    Progressi verso l'eliminazione delle "bombe a grappolo"

    ◊   Progressi significativi per un mondo più libero dalle bombe cluster sono stati compiuti tra il 2011 e il 2012: lo sottolinea il Cluster Munition Report, il rapporto pubblicato ogni anno da cinque organizzazioni internazionali impegnate nel disarmo e in particolare contro mine antiuomo e bombe a grappolo (cluster). Presentato ieri a Londra, il rapporto evidenzia che soltanto nel 2011 sono state distrutte 107.000 munizioni e 17,6 milioni di sub-munizioni immagazzinate in arsenali. Operazioni di bonifica hanno inoltre consentito di disattivare 48.000 sub-munizioni inesplose in dieci Stati e due aree. Le cluster - riferisce l'agenzia Misna - sono contenitori che si aprono a mezz’aria rilasciando in un’ampia area piccoli ordigni (sub-munizioni) che non sempre esplodono a contatto con il suolo e che per questo motivo costituiscono una minaccia anche peggiore delle mine anti-uomo per la ripresa della vita in aree di conflitto. “Sono ordigni che colpiscono soprattutto i civili in maniera indiscriminata – dice all'agenzia Misna Giuseppe Schiavello, direttore della Campagna italiana contro le mine – costituendo un serio ostacolo per la vita sociale ed economica delle aree contaminate”. Nel 2011, tre nuovi Stati tra cui l’Italia hanno ratificato la Convenzione di Oslo contro le cluster, e nei primi sei mesi del 2012 altri tre Stati hanno seguito la stessa strada (Ungheria, Svezia e Svizzera). Tuttavia, si sono continuate a registrare vittime (55) in Cambogia, Iraq, Laos, Libano, Sudan e Sahara occidentale. “Il rapporto dimostra chiaramente che la Convenzione di Oslo sta raggiungendo l’obiettivo di mettere una fine alle sofferenze causate dalle cluster” ha detto Laura Cheesman, direttrice della Cluster munition coalition, la coalizione di Ong che riunisce la società civile internazionale su questo fronte. “Chiediamo a tutti i Paesi che ancora non lo hanno fatto di aderire alla Convenzione – ha concluso Cheesman – tutti devono dare il proprio contributo per eliminare questi ordigni così da prevenire conseguenze per i civili durante e dopo i conflitti armati”. Attualmente sono 111 i Paesi che hanno aderito alla Convenzione di Oslo e 75 di questi l’hanno ratificata. Non ne fanno però parte alcuni Paesi chiave come Stati Uniti, Russia e Cina. (R.P.)

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    Somalia: scelti i 25 candidati per le elezioni presidenziali del 10 settembre

    ◊   Sono 25 i candidati alle elezioni presidenziali somale del 10 settembre approvati dalla Commissione elettorale parlamentare. Oggi i candidati presenteranno al Parlamento somalo il proprio programma. Tra loro vi è pure il figlio dell’ex dittatore Siad Barre. Il Presidente della Somalia verrà votato dal Parlamento che si è insediato nelle scorse settimane. La procedura prevede che se nessun candidato raggiunge i due terzi dei consensi, si tiene una seconda votazione tra i quattro candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti. Se in questa seconda votazione nessun candidato riesce ad ottenere i due terzi dei consensi, è previsto un ballottaggio finale tra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti. L’elezione del Capo dello Stato - riferisce l'agenzia Fides - rientra nel processo di transizione promosso dall’Onu per ridare alla Somalia istituzioni statali credibili dopo più di 20 anni di assenza di uno Stato centrale. Il processo di stabilizzazione è ancora però lontano dall’essere concluso, in particolare sul piano militare. Continuano infatti i bombardamenti aerei, navali e terrestri su Chisimaio, l’ultima roccaforte degli Shabaab, da parte delle forze keniane (che sono intervenute in Somalia da mesi) in preparazione all’offensiva per conquistare la città da parte delle forze somale e di quelle Amisom (Missione dell’Unione Africana in Somalia). Gli Shabaab però dimostrano di essere ancora in grado di compiere attacchi in altre aree della Somalia, anche nella capitale Mogadiscio, dove il 6 settembre un ordigno ha colpito un mezzo blindato dell’Amisom. (R.P.)

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    Colombia: il presidente Santos esclude la tregua con le Farc

    ◊   Non ci sarà un cessate-il-fuoco tra esercito e Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc) nonostante governo e ribelli abbiano avviato primi colloqui di un ancora ipotetico percorso di pace: lo ha detto molto chiaramente il presidente colombiano Juan Manuel Santos in dichiarazioni citate da Radio Caracol. “Fino a quando i colloqui non condurranno alla fine del conflitto armato non cesseranno le operazioni militari” ha detto Santos. I colloqui tra le Farc e il governo - riferisce l'agenzia Misna - cominceranno il mese prossimo e si svolgeranno tra la Norvegia e Cuba. Per Bogotà sarà l’ex vice-presidente Umberto de la Calle a guidare la squadra di negoziatori. Le Farc saranno rappresentate a loro volta da alcuni loro alti esponenti. A sottolineare che, almeno per il momento, non ci sarà alcuna tregua, Santos ieri ha citato l’ultimo “successo” dell’esercito, l’uccisione di José Epidemio Molina, alias Danilo Garcia. Molina era considerato il numero due delle Farc e “responsabile di almeno il 70% delle azioni terroristiche” compiute nel Catatumbo, nel dipartimento di Norte de Santander, nel nord della Colombia. (R.P.)

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    Perù: sulla vicenda Cajamarca la Chiesa invita a riprendere il dialogo

    ◊   L'arcivescovo di Trujillo e membro della Commissione per il dialogo sulle vicende della zona di Cajamarca, mons. Miguel Cabrejos Vidarte, si è rallegrato per la decisione del governo di revocare lo stato di emergenza nella zona di Cajamarca: in questo modo infatti si rafforzeranno le condizioni per costruire la fiducia e contribuire all'avvio di un dialogo costruttivo tra tutte le parti interessate che risolva il problema alla radice. La popolazione di Cajamarca da tempo protesta contro il progetto minerario statunitense Conga, che prevede l’apertura di una serie di miniere nella zona, in quanto ritiene che la sua attuazione danneggerebbe in modo irreparabile l’ambiente e soprattutto le fonti di acqua. Le proteste hanno assunto toni violenti con morti e feriti e la dichiarazione dello stato di emergenza. Nella nota inviata dalla Conferenza episcopale all'agenzia Fides si leggono le parole dell’Arcivescovo Cabrejos: “Invito tutte le parti interessate nella questione mineraria di Cajamarca a fare il massimo degli sforzi, con le migliori disposizioni, per riprendere il dialogo, che porti ad analizzare le questioni in sospeso, fondamentali per il progresso e il benessere di tutto il popolo di Cajamarca". Secondo le informazioni raccolte da Fides, la stampa locale annuncia che nella zona si prepara una grande manifestazione contro il governo da parte degli insegnanti delle scuole per mercoledì prossimo, 12 settembre. Alla manifestazione si vuole dare una sfumatura politica e unirvi “la vicenda Conga”, cosa che ha creato nuovamente tensione fra gli abitanti che sono riusciti con notevole impegno a riportare la calma nella zona. La polizia, in tenuta antisommossa, è ancora presente in diversi luoghi della città di Cajamarca. (R.P.)

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    Bolivia: Giornata del migrante su “Migrazione e nuova evangelizzazione”

    ◊   ìDomenica prossima, 9 settembre, la Chiesa in Bolivia celebra la Giornata nazionale del migrante e del rifugiato con lo slogan: "Migrazione e nuova evangelizzazione". Quest’anno le principali attività si svolgeranno a Santa Cruz, dove alla chiusura della giornata il cardinale Julio Terrazas, arcivescovo di Santa Cruz de la Sierra, presiederà la concelebrazione eucaristica che sarà seguita da una grande fiera organizzata dalla Pastorale della Mobilità Umana. “Lo slogan Migrazione e nuova evangelizzazione vuole focalizzare l'attenzione sul fatto che i nostri emigranti boliviani, quando partono, portano con sé la propria cultura religiosa e, allo stesso tempo, i migranti che arrivano portano le proprie devozioni” ha detto il responsabile nazionale della pastorale dei migranti, Mario Videla. Almeno tre milioni di boliviani sono emigrati all'estero. "L'Argentina è il Paese che ha accolto il gruppo più numeroso, con circa 1.200.000 boliviani; gli altri sono distribuiti in Brasile, con 600.000 emigrati, Spagna e Stati Uniti; sappiamo che ci sono boliviani anche in Svezia, Finlandia e Paesi Bassi” ha affermato Videla. Nonostante gli sforzi per combattere la povertà da parte del governo nazionale, i boliviani stanno lasciando il Paese perché non ci sono le condizioni economiche per rimanervi. Nella nota inviata all'agenzia Fides si legge che in questi giorni, a Santa Cruz, si svolge la IV Conferenza Internazionale sul traffico di persone, alla quale partecipa anche la Pastorale della Mobilità Umana. A questo importante incontro partecipano esperti internazionali provenienti da vari Paesi e responsabili delle istituzioni della Bolivia, al fine di stabilire le linee guida per l'assistenza alle vittime della tratta e per contrastare il traffico di esseri umani in Bolivia. (R.P.)

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    Sudafrica: sulla miniera di Marikana la Chiesa invita a continuare il negoziato

    ◊   Tre sindacati dei minatori, la società Lomnine che gestisce la miniera di platino di Marikana (teatro della strage del 16 agosto quando l’intervento della polizia ha provocato la morte di 34 dimostranti) e il governo sudafricano hanno firmato un accordo per continuare pacificamente la trattativa salariale. “L’intesa non è stata sottoscritta dal sindacato Amcu e dai rappresentati dei minatori in lotta a Marikana. Questi affermano di essere interessati solo all’aumento salariale” dice all’agenzia Fides mons. Kevin Dowling, vescovo di Rustenburg (Sudafrica). “Si tratta di un aumento del 300%, passando dagli attuali 4.000 Rand mensili a 12.500. L’associazione delle società mineraria sudafricane ha però affermato che è impossibile concedere un aumento salariale di questo tipo, perché qualsiasi società mineraria con stipendi del genere andrebbe in fallimento”. È chiaro che concedere un aumento di questo tipo ai minatori di Marikana significa aprire una serie di vertenze sindacali in tutti i siti minerari del Paese per ottenere simili incrementi salariali. In base agli accordi firmati mercoledì, la trattativa salariale deve essere raggiunto in 30 giorni, in un clima di rispetto reciproco e di pace. Ma il fatto che il sindacato che ha avviato la protesta non abbia firmato l’accordo di pacificazione, rischia di far scoppiare ulteriori incidenti. “Ieri - afferma mons. Dowling - nel corso di una nuova manifestazione, sono state proferite addirittura minacce di morte nei confronti di alcuni dirigenti della miniera. La protesta è opera soprattutto di un nucleo duro di circa 3-4.000 minatori che l’hanno iniziata ad agosto. Gli altri minatori vorrebbero riprendere a lavorare, ma sono ancora sottoposti a minacce e intimidazioni” conclude il vescovo. (R.P.)

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    Indonesia: piccoli passi per ridurre la malnutrizione infantile

    ◊   In Indonesia 1 bambino con meno di 5 anni su 3 soffre di malnutrizione, sia nella forma acuta che in quella cronica, arresto della crescita e deperimento. Anche se, stando alle ultime statistiche del 2010, dal 1990 al 2010, il tasso di malnutrizione cronica si è ridotto del 2%, questo fenomeno contribuisce alla metà delle morti dei piccoli indonesiani prima che abbiano compiuto il loro quinto anno di età. Tuttavia - riferisce l'agenzia Fides - in questo ventennio, il numero complessivo di minori malnutriti con meno di 5 anni di età è aumentato, anche a causa dell’incremento della popolazione, da 179 a 237 milioni, oltre ad essere raddoppiati i piccoli con meno di 5 anni di età. Quelli che riescono a sopravvivere possono subire alterazioni nello sviluppo cerebrale e rallentamenti nella capacità di apprendimento, avere difese immunitarie precarie ed essere a maggior rischio di diabete, obesità, malattie cardiache e ictus. Il governo sta provvedendo a favorire la promozione dell’allattamento al seno e delle norme igieniche, oltre alla tempestiva alimentazione complementare nei bambini piccoli, somministrando vitamina A, ferro e integratori di zinco. Le statistiche nazionali per un arcipelago fatto da 17 mila isolotti, circa 900 dei quali permanentemente abitati, nascondono gravi disparità regionali. Nella Provincia orientale di Nusatenggara, circa 2 mila km ad est della capitale Giakarta, il 34% dei bambini è sottopeso, tasso simile a quello della Provincia occidentale di Nusatenggara che è del 30%, rispetto alla media nazionale del 18%. Queste zone sono soggette alla scarsità di generi alimentari e, soprattutto nei periodi di siccità, la malnutrizione rimane motivo di grande preoccupazione. Un altro grave problema nel paese che contribuisce alla morte di minori è la scarsa conoscenza delle misure sanitarie di base e alla mancanza di servizi igienico-sanitari. L’alimentazione precaria e la mancanza di acqua pulita sono fattori determinanti. Nel 2010 le cause principali della morte dei piccoli con meno di 5 anni di età sono state la polmonite, con il 14% di decessi, le nascite premature con il 21%, il 6% dovute a lesioni, e il 5% a morbillo e diarrea. Secondo gli esperti, il 48% di questi decessi avviene nei primi 28 giorni di vita. Stando all’Indonesia Health Profile del 2010, l’80% della popolazione del paese ha accesso a fonti di acqua potabile, ma solo il 52% utilizza servizi sanitari “sicuri”. (R.P.)

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    Germania: il cardinale Koch sul documento "Ecumenismo adesso!"

    ◊   “Non possiamo fare già da domani l’unità tra le Chiese perché molte sono le domande e le questione teologiche non ancora risolte”. Così all'agenzia Sir il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, parla del manifesto “Ecumenismo adesso! Un solo Dio, una sola fede, una sola chiesa” lanciato mercoledì scorso a Berlino. I 23 firmatari - per lo più rappresentanti della società civile e politici - chiedono di superare le divisioni tra le Chiese e lanciano il loro appello in occasione del 50° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II e in prospettiva del cinquecentenario della Riforma che si celebrerà nel 2017. Il testo - pubblicato sul sito www.oekumene-jetzt.de - è stato firmato già da oltre 1.000 persone. “Come ha giustamente sottolineato il presidente della Conferenza dei vescovi tedeschi, l’arcivescovo Robert Zollitsch - ha detto oggi il cardinale -, anch’io sono contento nel vedere che molti sono motivati alla causa ecumenica, che ritengono cioè che la situazione ecumenica non è ancora giunta alla fine e che dobbiamo continuare a lavorare per arrivare a questa meta. Molti dunque vedono la necessità dell’ecumenismo. Bisogna però capire che i politici che hanno sottoscritto questo testo vedono la situazione da un punto di vista politico. Ho l’impressione che non si vedono sufficientemente i motivi teologici della nostra situazione”. “La seconda considerazione - prosegue il cardinale - è che non è possibile superare la separazione tra le Chiese soltanto in Germania. Questo è un appello per la Germania e con la Chiesa luterana. Ma la Chiesa cattolica è una Chiesa universale per cui tutte le altre realtà sono implicate in questa situazione. Penso che gli autori del documento debbano vedere realisticamente la realtà della Chiesa cattolica”. Quindi il cardinale Koch ha aggiunto: “È triste se qualcuno ritiene che i problemi teologi siano risolti e che quindi è il governo della Chiesa che non vuole l’unità. Perché questa non è la verità: i problemi sono presenti e richiedono di essere risolti”. Nel manifesto, i firmatari affermano: “In tutte e due le Chiese c’è una grande nostalgia di unità, si soffre delle conseguenze della divisione”. E invitando i capi delle Chiese a far progredire il cammino ecumenico concludono: “Come cristiani nel Paese della riforma sentiamo una responsabilità particolare di dare segni concreti e di collaborare affinché si possa vivere una fede comune anche in una Chiesa comune”. (R.P.)

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    Cardinale Van Thuan: a 10 anni dalla morte una Messa il 14 settembre a Roma

    ◊   Una messa di suffragio in memoria del Servo di Dio il cardinale François Xavier Nguyên Van Thuân, in occasione del 10° anniversario della sua morte, sarà celebrata il 14 settembre alle ore 10 a Roma, presso la Basilica titolare di Santa Maria della Scala a Trastevere. Presiederà l’eucaristia il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Il cardinale François Xavier Nguyên Van Thuân nacque il 17 aprile 1928 a Huê (Viêt Nam). Nel 1885 - riferisce l'agenzia Sir - tutti gli abitanti del villaggio di sua madre furono bruciati nella chiesa parrocchiale, eccetto suo nonno, che in quel tempo studiava in Malesia. I suoi antenati paterni sono stati vittime di molte persecuzioni. È stato ordinato sacerdote l‘11 giugno 1953 e nominato da Paolo VI arcivescovo titolare di Vadesi e coadiutore di Saigon (Thành-Phô Chi Minh, Hôchiminh Ville) nel 1975. Dopo pochi mesi, però, con l‘avvento del regime comunista venne arrestato e messo in carcere. Ha vissuto in prigione per tredici anni, fino al 21 novembre 1988, senza giudizio né sentenza, trascorrendo nove anni in isolamento. Il 24 giugno 1998 è diventato presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace e nel 2001 Giovanni Paolo II lo ha elevato al rango di cardinale. E’ morto il 16 settembre 2002. Il 16 settembre 2007, a cinque anni esatti dalla morte, ha preso avvio la causa di beatificazione. (R.P.)

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    Il Patriarca latino di Gerusalemme insignito dell'Ordine della Stella d'Italia

    ◊   Il Patriarca ha ricevuto il mercoledì scorso la decorazione di Cavaliere di Gran Croce della Stella d’Italia. Ha ricevuto l’onorificenza – in nome del Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano – dalle mani del Ministro degli Esteri, Giulio Terzi di Sant’Agata. È stato il Presidente Napolitano a decidere di attribuire questa onorificenza al Patriarca, lo scorso 2 giugno, festa nazionale italiana. Si tratta del grado più alto dell’Ordine. L’Ordine della Stella d’Italia è un’istituzione onorifica della Repubblica Italiana, creata con una legge del 3 febbraio 2011 e deriva dal più antico Ordine della Stella della Solidarietà Italiana creato nel 1947. L’Ordine della Stella onora le persone che si sono distinte nella promozione di relazioni di amicizia con l’Italia. Gratifica inoltre tutti coloro che operano in favore della pace, della promozione dei diritti dell’uomo e della difesa della dignità umana. In questo caso, ha affermato il ministro “il Patriarca Fouad Twal è ed è sempre stato la voce della moderazione, della pace, rifiutando ogni estremismo e ogni forma di violenza. Sua Beatitudine è un faro per i Cristiani”. Nel suo discorso, inoltre, Giulio Terzi di sant’Agata ha sottolineato che questa è la prima volta che il Presidente della Repubblica assegna questa decorazione: “Il Patriarca è un vero amico dell’Italia e l’Italia, una vera amica che si fa carico dei cristiani di Terra Santa” Continuando, il ministro ha detto: “Ringraziamo il Patriarca Twal che è capace di parlare al cuore della gente per far loro comprendere che la Chiesa in Terra Santa è una chiesa costituita da persone, da pietre vive e non solamente da antichi monumenti”. (R.B.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 251

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