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Sommario del 04/09/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • I vescovi della Colombia in visita ad Limina: "La Chiesa, Buon samaritano fra le vittime della guerriglia"
  • Funerali del cardinale Martini. Il Papa: pastore generoso e fedele, aperto al dialogo con tutti
  • Papa nomina nuovo sottosegretario al dicastero per l'Unità dei Cristiani
  • Il cardinale Koch ricorda Carlo Maria Martini: era "di casa" nella Parola di Dio
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria: 25 mila morti totali. Robert Bouchaine: siriani delusi dal silenzio occidentale
  • In Europa attesa per il vertice Bce di giovedì e le misure anti-spread
  • Michelle Obama apre la Convention Democratica in North Carolina
  • Presentato "Dieci piazze per dieci comandamenti", maratona della fede lungo l'Italia
  • Roma. Aperto il 23.mo Congresso mariologico internazionale: bilanci dal Vaticano II a oggi
  • Festival di Venezia. Mons. Moraglia consegna a Ken Loach il Premio Bresson
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Il patriarca Gregorios III chiede “una campagna internazionale per la riconciliazione in Siria
  • Siria: drammatica la situazione umanitaria. I deboli pagano il prezzo più alto
  • Pakistan: due nuovi testimoni in favore di Rimsha. Minacce a Paul Bhatti
  • Pakistan: a Faisalabad cristiana di 10 anni violentata da un mercante musulmano
  • Usa: il cardinale Dolan parteciperà anche alla Convention democratica a Charlotte
  • Congo: un milione di firme per la pace consegnato all'Onu
  • Terra Santa: ordinari e Patriarcato condannano la violenza anticristiana
  • Sudafrica: per il vescovo il rilascio dei minatori di Marikana è passo importante
  • Brasile. Il cardinale Damasceno Assis: accogliere, difendere e promuovere il dono della vita
  • Honduras: appello della Chiesa contro la violenza nel Paese
  • Perù: a Trujillo si è svolta la "Marcia per la vita e per la pace"
  • Messico: nel Chiapas una mensa per accogliere bambini di strada e migranti
  • Paraguay: il 90% dei bambini di strada consuma droghe
  • Cipro: iniziato il confronto delle Chiese europee sulla coesione sociale
  • Plenaria dei vescovi dell’Oceano Indiano su 50.mo del Concilio e Anno della fede
  • Polonia: 300 scienziati contro la fecondazione in vitro
  • Ucraina: Messaggio della Chiesa greco-cattolica per il Sinodo dei vescovi in Canada
  • La Comunità di Sant'Egidio presenta l'Incontro mondiale della pace a Sarajevo
  • Il Papa e la Santa Sede



    I vescovi della Colombia in visita ad Limina: "La Chiesa, Buon samaritano fra le vittime della guerriglia"

    ◊   La Chiesa in Colombia ha in cuore di restituire a una nazione logorata dalla violenza la speranza della pace. Mentre governo di Bogotà e guerriglia, con la mediazione stessa della Chiesa, perseguono da giorni questo obiettivo, un gruppo di vescovi colombiani è giunto in questi giorni in Vaticano in visita ad Limina per portare la situazione socio-pastorale del Paese all’attenzione di Benedetto XVI e della Curia Romana. Alberto Goroni ha incontrato uno dei presuli ricevuti ieri dal Papa, mons. Héctor Epalza Quintero, vescovo di Buenaventura, una delle diocesi più martoriate dalla guerriglia:

    R. – Yo soy obispo de una diocesis...
    Io sono vescovo di una diocesi, dove la maggior parte, l’80%, sono di provenienza africana, il 3% di provenienza indigena e gli altri, il 17%, meticci. E’ una diocesi che si trova molto ai margini, nella parte occidentale della Colombia, nel Mar Pacifico. Lì, però, al centro del conflitto armato, che ancora è presente in Colombia, noi annunciamo il Vangelo della vita - come diceva il caro Beato Giovanni Paolo II - che è la nostra carta di navigazione, il Vangelo della verità, come dice Papa Benedetto XVI. Cosìcché, la nostra missione è molto dura, però noi siamo lì, testimoni di speranza. Soprattutto, nella regione dove vivo, ci sono molti morti, molti scomparsi, sfollati e la Chiesa cerca di essere quel Buon samaritano che accoglie, che accompagna. Per esempio, nella diocesi di Buenaventura, il 2 novembre è la Giornata della solidarietà con le vittime ed io, come vescovo, celebro Messa nel cimitero, nella parrocchia dove ci sono state più morti, assassinii e scomparsi e porto una parola di conforto. Stiamo inoltre cercando di recuperare la memoria storica, nella cappella della memoria, con le fotografie degli scomparsi, soprattutto. E’ molto dura, però il Signore ci dà la forza per compiere questa missione evangelizzatrice.

    D. – I pastori della Colombia sono molto impegnati nel cammino della pace e della riconciliazione. Il Papa raccomanda soprattutto la preghiera, in questo momento difficile del mondo...

    D. – Si, nosotros en nuestro plan pastoral...
    Sì, noi nel nostro piano pastorale diamo molta importanza al mese di settembre, quando si celebra la settimana per la pace. A motivo della mia visita a Roma, è stata spostata all’ultima settimana. In Colombia, il governo ha emesso una legge, che si chiama “Verità, giustizia e riparazione”. Noi vescovi, però, seguendo il Vangelo diciamo che oltre a questo bisogna che ci sia il perdono e la riconciliazione, che sono propri del cristiano. Allora, il motto di quest’anno per la Settimana per la pace, nella diocesi di Buenaventura, è “Rendiamo visibile l’invisibile”. Alle vittime, alle famiglie degli scomparsi diciamo: lavoriamo per la pace. Abbiamo una Commissione “Vita, Giustizia, Solidarietà e Pace” che è molto impegnata nella pace, nell’arco di tutto l’anno, con comunicati, denunce, per esempio della violenza contro le donne. Quest’anno hanno assassinato 17 donne, 40 sono stati gli scomparsi e 140 i morti violenti. Tutto questo ci fa male, perché è un attentato contro la vita e quindi contro la pace.

    D. – L’importanza dell’incontro con il vescovo di Roma e il vostro cammino per l’Anno della fede?

    R. – Nosotros estamos empeñados...
    Siamo impegnati nella nuova evangelizzazione. Mi pare che il Papa abbia questa intuizione: che noi, come Chiesa particolare, dobbiamo riceverla, e di fatto la riceviamo, per poter cogliere sempre il fuoco della fede, della speranza e dell’amore nelle persone e nelle comunità. Ancora addolorata, come il mondo intero, per la violenza, l’America Latina sarà la forza dell’amore di Cristo.

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    Funerali del cardinale Martini. Il Papa: pastore generoso e fedele, aperto al dialogo con tutti

    ◊   Grande commozione ieri pomeriggio a Milano per i funerali del cardinale Carlo Maria Martini. Alle esequie officiate dal cardinale arcivescovo di Milano, Angelo Scola, hanno preso parte almeno 20 mila fedeli, molti dei quali si sono raccolti nella piazza antistante il Duomo, nonostante la pioggia battente. Numerose le autorità istituzionali presenti, tra cui il premier italiano, Mario Monti. All’inizio della celebrazione, il cardinale Angelo Comastri, vicario del Papa per la Città del Vaticano, ha letto un messaggio inviato da Benedetto XVI, su cui ci riferisce Alessandro Gisotti:

    Un Pastore “generoso e fedele della Chiesa”, “un uomo di Dio” che ha amato la Sacra Scrittura, facendone “la luce della sua vita”. Benedetto XVI tratteggia così la figura del cardinale Carlo Maria Martini. Un pastore, si legge nel messaggio, che “è stato capace di insegnare ai credenti e a coloro che sono alla ricerca della verità che l’unica Parola degna di essere ascoltata, accolta e seguita è quella di Dio, perché indica a tutti il cammino della verità e dell’amore”.

    “Lo è stato con una grande apertura d’animo, non rifiutando mai l’incontro e il dialogo con tutti, rispondendo concretamente all’invito dell’Apostolo di essere ‘pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi’".

    Lo è stato, scrive ancora il Pontefice, “con uno spirito di carità pastorale profonda, secondo il suo motto episcopale, Pro veritate adversa diligere, attento a tutte le situazioni, specialmente quelle più difficili, vicino, con amore, a chi era nello smarrimento, nella povertà, nella sofferenza”. Il Signore, che ha guidato il cardinale Martini in tutta la sua esistenza, conclude il Papa, “accolga questo instancabile servitore del Vangelo e della Chiesa nella Gerusalemme del Cielo”.

    Per rivivere alcuni dei momenti della celebrazione funebre di ieri, la cronaca nel servizio da Milano di Fabio Brenna:

    Decine e decine di vescovi e cardinali, fra cui il Presidente del Pontificio consiglio per la Cultura, il cardinale Gianfranco Ravasi, il presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco. Ad assistere fra gli altri, il presidente del Consiglio italiano Mario Monti, con vari ministri. Nell’omelia, il cardinale Scola ha ricordato come il cardinale Martini non “ci abbia lasciato un testamento spirituale, ma la sua eredità è tutta nella sua vita e nel suo magistero a cui dovremo continuare ad attingervi a lungo”, sottolineando però la centralità della Parola:

    “Ha però scelto la frase da porre sulla sua tomba, tratta dal Salmo già citato dal Santo Padre: ‘Lampada per i miei passi è la tua Parola, luce sul mio cammino’. In tal modo, egli stesso ci ha dato la chiave per interpretare tutta la sua esistenza e il suo ministero”.

    Dell’affetto testimoniato dalle 200 mila persone che sono sfilate da sabato scorso davanti al feretro di Martini, si è fatto portavoce il suo successore sulla cattedra di Ambrogio, cardinale Dionigi Tettamanzi:

    “Noi ti abbiamo amato per il tuo sorriso e la tua parola, per il tuo chinarti sulle nostre fragilità e per il tuo sguardo, capace di vedere lontano, per la tua fede nei giorni della gioia e in quelli del dolore, per la tua arte di ascoltare e di dare speranza a tutti, a tutti”.

    Al termine della celebrazione, la tumulazione in forma privata nella navata sinistra del Duomo, proprio sotto la croce di S. Carlo Borromeo.

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    Papa nomina nuovo sottosegretario al dicastero per l'Unità dei Cristiani

    ◊   Beendetto XVI ha nominato sottosegretario del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani il sacerdote Andrea Palmieri, finora officiale del medesimo dicastero.

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    Il cardinale Koch ricorda Carlo Maria Martini: era "di casa" nella Parola di Dio

    ◊   In questi giorni, in molti hanno sottolineato il valore del magistero del cardinale Martini per ciò che concerne lo sviluppo del dialogo ecumenico. Sul punto si sofferma - al microfono del collega della redazione tedesca della Radio Vaticana, Mario Galgano - il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani, che ricorda il porporato scomparso e si sofferma anche sull’incontro del Papa con i suoi ex allievi, da poco terminato a Castel Gandolfo:

    R. – Es sind zunächst einmal zwei sehr schone Erinnerungen an ihn…
    Intanto, due bei ricordi proprio di lui. Il primo riguarda un incontro con lui a Graz in occasione del secondo incontro ecumenico europeo, del quale egli era stato il presidente e per il quale io ero stato chiamato a tenere l’omelia nella Messa di conclusione, in quanto vescovo di Basilea. E’ stato un incontro molto bello. Il secondo ricordo riguarda l’invito che, come Conferenza episcopale svizzera, avevamo rivolto al cardinale Martini perché ci offrisse delle giornate di riflessione. In quell’occasione, abbiamo potuto sperimentare il suo grandissimo carisma. Egli era, come noto, un biblista e lo era rimasto anche da cardinale, ma era un biblista che non soltanto annunciava e spiegava la Parola di Dio, ma che era “di casa” nella Parola di Dio, che viveva con la Parola di Dio. Credo che questo abbia anche un profondo valore ecumenico: infatti, la separazione nella Chiesa, che risale al XVI secolo, si è verificata anche a causa di una diversa lettura delle Sacre Scritture. Così, la riconquista dell’unità dei cristiani è imprescindibilmente legata al fatto che impariamo di nuovo a leggere insieme la Parola di Dio.

    D. – Il fine settimana scorso si è svolto il cosiddetto “Ratzinger-Schuelerkreis” al quale ha partecipato anche Lei. Un tema centrale era l’ecumenismo. Cosa l’ha impressionata di questo incontro?

    R. – Das Thema des Treffens des Schülerkreises wird ja immer mit…
    L’argomento dell’incontro del “Schülerkreis” è sempre concordato con il Santo Padre. I suggerimenti e le idee vengono dal circolo e sono presentate al Santo Padre. L’anno scorso egli ha scelto con piacere, come argomento di dibattito per quest’anno, il tema dell’ecumenismo. Due erano i punti centrali: il dialogo con i luterani e il dialogo con gli anglicani. Si è visto in questa occasione quanto il dialogo ecumenico stia a cuore al Santo Padre. Egli ha anche detto espressamente: “Anche se l’unità dei cristiani non è ancora vicina, anche se dobbiamo percorrere ancora una lunga strada, il dialogo ecumenico rimane assolutamente imprescindibile, perché impariamo a conoscere meglio tutta la ricchezza della fede cristiana, anche attraverso gli occhi degli altri, e affinché diventiamo cristiani sempre migliori”. Questa incredibile dedicazione all’ecumenismo, di cui egli ha reso testimonianza con queste parole, è stato naturalmente un grandissimo incoraggiamento anche per me, per continuare da un lato a camminare sulla via dell’ecumenismo e dall’altro a non avere la pressione del successo immediato, ma a vivere il dialogo ecumenico nel suo significato primario.

    D. – Fra qualche giorno, il Santo Padre visiterà il Libano, un Paese che è crocevia per il dialogo tra le diverse confessioni cristiane. Cosa spera che porti questo viaggio?

    R. – Also, diese Reise hat natürlich drei Dimensionen. Erstens, eine ökumenische…
    Intanto, questa visita ha tre dimensioni. In primo luogo, quella ecumenica e cristiana, con lo scopo di rafforzare la presenza dei cristiani nel Medio Oriente, dove il fenomeno dell’emigrazione è un problema molto serio. Poi, per quanto riguarda il Medio Oriente, svolge ruolo centrale anche il dialogo interreligioso con la forte presenza dell’islam: è importante il dialogo con i musulmani. La terza dimensione è quella che abbraccia la storia universale: portare una parola di riconciliazione e di pace in questa regione tormentata da grandi insicurezze e spaccature. In questo senso, sono convinto che il viaggio del Santo Padre in Libano sarà un segno di speranza per tutti.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   L’omelia di Benedetto XVI durante la messa con i suoi ex allievi presieduta domenica a Castel Gandolfo.

    In prima pagina, la crisi economica: Mario Draghi difende lo scudo antispread.

    Nell’informazione internazionale, la Siria: l’inviato speciale dell’Onu e della Lega Araba, Lakhdar Brahimi incontrerà Assad a Damasco.

    Non si converte se non quello che si ama: Loris Francesco Capovilla, vescovo titolare di Mesembria, su come Papa Giovanni XXIII pensava al rapporto tra la Chiesa e gli artisti.

    L’inventore del silenzio: Marcello Filotei sul centenario della nascita del compositore statunitense John Cage.

    Era comodo credere di essere il nostro dna: Giulia Galeotti a colloquio con Emiliano Giardina cercando di capire cosa realmente siano, dicano e implichino i test genetici.

    Sguardo fisso sui precari della vita: il testo pronunciato da monsignor Francesco Moraglia, patriarca di Venezia, durante la consegna al regista britannico Ken Loach del premio Bresson della Fondazione Ente per lo Spettacolo.

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    Oggi in Primo Piano



    Siria: 25 mila morti totali. Robert Bouchaine: siriani delusi dal silenzio occidentale

    ◊   Almeno 25 mila i morti in Siria, dall’inizio del conflitto nel marzo 2011 e oltre 223 mila i rifugiati all’estero in Giordania, Libano, Turchia, secondo fonti dell’Onu. Un flusso in forte crescendo: nel mese di agosto a fuggire dal Paese sono stati più di 100 mila. E se le armi non tacciono - 200 le vittime solo ieri - silente appare la diplomazia. Roberta Gisotti ha intervistato Roger Bouchahine, direttore dell’Osservatorio geopolitico mediorientale:

    D. - Dott. Bouchahine, Brahimi, inviato dell’Onu e della Lega araba, ha detto ieri: è una “missione quasi impossibile”. Cosa nasconde la parola quasi, forse un passo avanti rispetto al suo predecessore Annan, che prima di lasciare l’incarico aveva dichiarato “missione impossibile”?

    R. – Non so se è un eventuale spiraglio di una soluzione che lui ha a portata di mano, perché sembra che lui abbia qualche soluzione ma non si espone. Noi, come analisti, in questo momento ci illudiamo pensando che ci possa essere una soluzione che vada bene per tutto il sacrificio che ha fatto quel Paese. Il popolo siriano in questo momento continua a essere deluso della mancanza di aiuti, della mancanza di appoggio da parte dell’Occidente, come è accaduto in tutta l’area. Questo lo dimostrano diversi esponenti della parte dei ribelli o dell’esercito libero, come viene chiamato dalla stampa, o dei gruppi lasciati al loro destino.

    D. - Quindi, la partita si gioca in gran parte fuori dai confini della Siria?

    R. - La situazione siriana è drammatica, totalmente drammatica, perché quello che vedremo, quello che sentiamo, non dico che sia manipolato, ma è completamente lontano dalla verità. Il regime siriano continua a essere a tutt'oggi completamente in funzione: ha perso tanti pezzi, ma sono pezzi che non hanno destabilizzato la sua organizzazione, sia del partito, sia delle forze di sicurezza, che mantengono il regime in vita. Questo ci lascia senza parole. L’Occidente ormai non conta più i morti.

    D. – A questo proposito, è in corso una guerra mediatica: le medie ufficiali governative non danno più neanche le vittime militari, oltre a non avere mai dato quelle civili…

    R. – Chiaramente, perché poi c’è un’altra componente di oscurità del totale numero dei morti. Se si va a controllare la stampa araba, quella contro il regime, si contano tra 100, 150, 200 morti tra i ribelli… Sembra che il regime compia attentati o faccia incursioni in certi quartieri o in certe città senza avere mai perdite di uomini e questo ci lascia ulteriormente sconcertati per quanto riguarda il numero dei morti, perché alla fine invece i morti si contano da una parte e dall’altra.

    D. – Quindi, c’è da auspicare che ad esempio il Consiglio di sicurezza Onu trovi unanimità nelle sue decisioni?

    R. – La storia ce lo ha insegnato: è chiaro che la guerra civile è una brutta bestia, e lo è per tutto il popolo siriano. La guerra civile in Libano è stata qualcosa di allucinante e sappiamo precisamente che non è mai servita a nulla, non ha fatto vincere nessuno, si sono solo contati i morti ed è stato distrutto un intero Paese. Ma che un popolo rimanga sotto una finta guerra civile - agli occhi di chi lo vuole vedere in quel modo - e che la gente muoia senza un aiuto, senza una possibilità di poter essere allo stesso livello, perché è stata inventata questa espressione, esercito “libero” contro esercito “regolare”, come per dare via una guerra di uguaglianza, di uguale livello di combattimento, invece non è così. I ribelli siriani, li ho visti con i miei occhi, ero in Siria tre settimane fa, vivono di kalashnikov e cartucce. Ad oggi, non hanno occupato una caserma del regime, non hanno ottenuto aerei, non hanno ottenuto cannoni… Ricostruiscono, li ho visti costruire cose con i tubi di acciaio. Queste sono cose che accadevano 50 anni fa. Allora, se questa guerra è ingiusta in quel modo, in quella direzione, non dico che dobbiamo dare le armi per distruggere tutti quanti, ma almeno frenare il regime e i modi ci sono.

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    In Europa attesa per il vertice Bce di giovedì e le misure anti-spread

    ◊   Sono in corso in queste ore due importanti incontri che riguardano la crisi dell’Euro: a Roma, il premier italiano, Mario Monti, è a colloquio con il presidente francese, Francois Hollande, e a Berlino la cancelliera, Angela Merkel incontra il presidente del Consiglio dell’Unione Europea, Herman Van Rompuy. Ieri, il governatore della Banca centrale europea (Bce), Mario Draghi, ha difeso gli acquisti di titoli di Stato contro lo spread, mentre la stessa Merkel ha messo sotto accusa il ruolo della finanza nella crisi. E per giovedì è attesa una importante riunione del vertice della Bce. Davide Maggiore ha sentito l’opinione dell’economista Riccardo Moro:

    R. – Draghi è da tempo che, in modo molto sistematico, sta insistendo su un ruolo istituzionale di responsabilità della Banca Centrale, interpretata non come una sorta di osservatore asettico, ma come un soggetto che certamente ha una sua autonomia nello svolgimento del suo servizio, ma che svolge delle azioni positive come, in questo caso, azioni che servono a dare ai mercati segnali di fiducia.

    D. – D’altra parte, Draghi ribadisce che per i Paesi che chiederanno questo aiuto ci sarà bisogno di accettare delle condizioni. Se queste condizioni fossero troppo stringenti, non si rischierebbe di vanificare tutta l’azione di cui lei ha appena parlato?

    R. – Assolutamente sì, nel senso che se noi costringiamo i Paesi a fare dei sacrifici che sono assolutamente fuori di ogni buon senso, è chiaro che staremo facendo una cosa che non ha alcun senso. In realtà, c’è un forte dibattito a livello europeo, a livello internazionale: questo meccanismo di stabilità europea non richiede più solo politiche draconiane, ma si sta orientando verso una logica di favorire la crescita, e questo mi pare, alla fine, sostanzialmente sensato. Mi sembra che questo oramai stia diventando consenso generale. Anche la Merkel quando parla pubblicamente dice queste cose e sono cose diverse da quelle che diceva fino a tre mesi fa.

    D. – La linea tedesca diventa una linea meno intransigente. Perché?

    R. – Perché tutte le elezioni dei Länder regionali tedeschi hanno dato risultati diversi da quelli che si attendeva il cancelliere. Il cancelliere è oggi pressato anche da forze interne: il suo stesso partito sta tenendo una posizione che – direi – è certamente più responsabile e che guarda non a esigenze semplicemente elettorali.

    D. – D’altra parte, poche ore dopo le parole di Angela Merkel è arrivato il verdetto di Moody’s sulle prospettive del debito sovrano europeo, il cui outlook è stato rivisto in “negativo”…

    R. – Francamente, appare difficile riconoscere una logica davvero stringente nelle giustificazioni di queste variazioni di rating. Non è stato abbassato il rating: è stata valutata con un elemento maggiore di rischio la prospettiva futura, giustificandola proprio con il fatto che, nel momento in cui il meccanismo di stabilità europeo non venga effettivamente messo in atto, questo potrebbe essere una difficoltà. E noi abbiamo la prossima settimana un appuntamento molto importante che è quello della Corte costituzionale tedesca che deve dire se il meccanismo è coerente o meno con la Costituzione tedesca. Francamente, mi sembrano però considerazioni a cui si dà eccessiva importanza:constatare che fra una settimana, quando lo si sa già da tre mesi, la Corte si deve riunire non è giustificazione per modificare il giudizio politico su una Unione o su un singolo Stato.

    D. – Desta, però, in qualche modo allarme la situazione della Spagna, in cui molte regioni chiedono aiuto al governo centrale. D’altra parte, ci sono dei dati molto preoccupanti da Madrid sulla disoccupazione. Potrebbe essere la Spagna il prossimo fronte della crisi europea?

    R. – La Spagna è, effettivamente, in una situazione preoccupante. In Spagna, più che in ogni altro Paese europeo, è stato fatto ciò che è stato fatto negli Stati Uniti negli anni passati: vale a dire un uso molto disinvolto del mercato finanziario e del mercato immobiliare. Il punto, ancora una volta, è dare stimoli espansivi. Abbiamo tutti gli strumenti. Il problema è usarli, e usarli il più presto possibile.

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    Michelle Obama apre la Convention Democratica in North Carolina

    ◊   Con il discorso della First Lady, Michelle Obama, prende il via oggi a Charlotte, in North Carolina, la Convention democratica che ha l’obiettivo di rilanciare la presidenza Obama alle prese con la crisi economica e il perdurare del tasso di disoccupazione sopra l’8%. Sulla differenza tra questa Convention e quella che quattro anni fa, a Denver, lanciò la corsa di Obama alla Casa Bianca, Alessandro Gisotti ha intervistato Marilisa Palumbo, americanista del Corriere della Sera:

    R. – Il clima sarà molto diverso da allora, perché allora fu davvero un’“incoronazione”, il culmine di un sogno, almeno fino alle elezioni. L’entusiasmo era palpabile tra i delegati nello stadio di Denver. Quest’anno sarà molto diverso, perché Obama è testa a testa nei sondaggi. La Convention repubblicana non ha dato grande slancio a Romney, ma resta il fatto che le condizioni sul terreno di gioco tra i due contendenti non sono molto favorevoli per Obama, il suo indice di approvazione è piuttosto basso. Le notizie sulla disoccupazione sono sempre abbastanza nere. Tra l’altro, lui parlerà giovedì sera e venerdì ci sarà il rapporto sulla disoccupazione… Obama cercherà di dipingere le elezioni come una scelta molto netta tra il passato e il futuro, cioè dirà che Romney vuole riportare l’orologio della politica indietro di anni, tutelare sempre i più ricchi, ignorare la middle class… Quindi, credo che questi saranno i temi su cui Obama insisterà molto e avrà un aiutante d’eccezione che sarà Bill Clinton, che parlerà mercoledì sera. Clinton deve far ricordare ai democratici come si stava bene quando lui era presidente e dirà che è Obama l’unica persona che può riportare l’America a quei fasti.

    D. - L’economia è senza dubbio il tema forte di queste elezioni presidenziali. Su questo si giocherà la partita e su questo Obama deve convincere gli americani che meglio di quanto è stato fatto non si potesse fare…

    R. – Non è un’impresa facile, perché secondo tutti i sondaggi almeno 7 americani su 10 dicono di stare peggio o comunque di stare come quattro anni fa. Questi sono numeri da far tremare i polsi a qualsiasi presidente uscente. Però, resta il fatto che Obama ha un grande vantaggio che conserva e che non ha mai perso: il livello personale, il feeling degli elettori con lui è rimasto sempre molto forte e anche da parte dell’elettorato repubblicano c’è rispetto per la sua persona e la sua figura. Questo, e anche il fatto che Romney sia una persona molto poco carismatica, rappresenta un vantaggio per Obama.

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    Presentato "Dieci piazze per dieci comandamenti", maratona della fede lungo l'Italia

    ◊   Ritrovare il senso del vivere comune alla luce dei 10 comandamenti. Questa la finalità di “10 piazze per 10 comandamenti” iniziativa promossa dal Rinnovamento per lo Spirito Santo e patrocinata dal Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. L’evento è stato presentato questa mattina a Roma, in Campidoglio. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    “Dieci piazze per dieci comandamenti” è una maratona di evangelizzazione, che accompagna tutto l’Anno della fede, tra il 2012 e il 2013, e si snoderà attraverso le principali piazze italiane. L’iniziativa, che prenderà il via il prossimo 8 settembre a Roma, in Piazza del Popolo, annuncerà la prima parte del primo comandamento “Io sono il Signore tuo Dio”, ribadendo il tema generale del progetto: "Quando l’amore dà senso alla tua vita". L’evento vuole essere un momento gioioso di coinvolgimento popolare e di testimonianza di fede in un tempo storico di smarrimento spirituale e di disagio economico e sociale.

    Dopo Roma, il percorso alla luce dei dieci comandamenti proseguirà in altre città italiane. Un modo inedito – questa iniziativa di Rinnovamento nello Spirito – per proporre una rilettura creativa dei dieci comandamenti e per avvicinare soprattutto gli uomini del nostro tempo ai loro problemi e alle loro attese.

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    Roma. Aperto il 23.mo Congresso mariologico internazionale: bilanci dal Vaticano II a oggi

    ◊   Si è aperto questo pomeriggio con una celebrazione nella Basilica romana di Santa Maria Maggiore, presieduta dal cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, il 23. mo Congresso mariologico mariano internazionale. In occasione del 50.mo anniversario dell’inizio dei lavori conciliari, il tema di studio sarà “La mariologia a partire dal Concilio Vaticano II. Ricezione, bilancio e prospettive”. Ampia la partecipazione di studiosi docenti e cultori di mariologia provenienti da tutti i continenti. Ben 16 i gruppi di lavoro linguistici organizzati. Adriana Masotti ha chiesto a padre Vincenzo Battaglia, presidente della Pontificia Accademia Mariana Internationalis, che organizza il Congresso, se dal Concilio sia emersa una comprensione particolare di Maria:

    R. – Il Concilio Vaticano II, con il capitolo VIII della Lumen Gentium, ha voluto sottolineare soprattutto il posto e il ruolo della missione di Maria nella storia della salvezza, il ruolo della Vergine Maria come figlia prediletta del Padre, come Madre del Figlio di Dio, Gesù Cristo - sua discepola fedele, lo ha accompagnato nella sua missione - e ancora la Vergine Maria nel mistero della Chiesa come Madre innanzitutto, poi anche come modello della Chiesa, modello per quello che sono le autentiche virtù cristiane.

    D. – Questa sottolineatura veniva a correggere qualche altra visione di Maria precedente?

    R. – Questa sottolineatura ha aiutato il popolo di Dio a sentirla più presente: madre ma anche sorella, madre che accompagna, che sta con la Chiesa, che sta con l’umanità.

    D. – Oltre a un bilancio della mariologia a partire dal Concilio, argomento del vostro Congresso è anche guardare alle prospettive. Che cosa può dirci a questo riguardo? C’è ancora da capire di più, da approfondire su Maria?

    R. – Certamente, c’è ancora da approfondire di più. Tra le altre piste da percorrere ancora, c’è da approfondire sempre di più il dialogo ecumenico, il dialogo multiculturale, anche all’interno della Chiesa. E la Mariologia lo può favorire, a partire dalle varie sensibilità culturali - europea, asiatica, africana - pensiamo all’America del Nord e all’America Latina. Siccome ci sono tantissime tradizioni mariane, in questo senso ciò che è importante è anche utilizzare al meglio queste tradizioni. Oltretutto, ci sono anche tematiche, come per esempio il ruolo della donna, che possono essere ben illuminate a partire proprio dalla mariologia. Ho fatto un paio di esempi, ma se ne potrebbero fare altri.

    D. – Il Concilio Vaticano II ha rilanciato anche il dialogo ecumenico. Sappiamo che Maria non ricopre lo stesso ruolo in tutte le confessioni cristiane, ad esempio tra gli anglicani. Come si colloca la Madre di Cristo in questo contesto? E’ ancora un ostacolo o è un ostacolo ormai superato?

    R. – Alla luce di quanto è avvenuto nell’ambito dei dialoghi in campo ecumenico, possiamo dire con grande soddisfazione che Maria è sempre di più Madre dell’unità, perché i dialoghi ecumenici recenti hanno messo in luce quale sia l’attenzione e la crescente intesa che c’è tra le varie confessioni cristiane attorno alla Vergine Maria. Davvero, sempre più c’è questac apertura e allora la Vergine Maria aiuta e aiuta i discepoli del suo Figlio, tutti i cristiani, anche sulla strada dell’incontro sempre più intenso tra di loro. Lei, con la sua presenza, apre cammini di unità e di incontro.

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    Festival di Venezia. Mons. Moraglia consegna a Ken Loach il Premio Bresson

    ◊   Consegnato questa mattina alla Mostra del Cinema di Venezia il Premio Bresson della Fondazione Ente dello Spettacolo al regista inglese Ken Loach. A lui la gratitudine del patriarca mons. Francesco Moraglia, per aver fatto entrare nel suo cinema i volti e le vicende umane degli ultimi privilegiando l’uomo e la sua dignità. Il servizio di Luca Pellegrini.

    Un patriarca che è sempre stato attento al mondo del lavoro, degli ultimi, dei senza tetto, e un regista che a questa classe sociale, la classe operaia, ha da sempre rivolto il suo sguardo sereno e serissimo. Il Premio Bresson ricorda quest’anno il mondo del lavoro e dei poveri, degli ultimi e dei dimenticati. Alberto Barbera, direttore della Mostra, rende omaggio al grande regista inglese per la coerenza, l’attenzione ai temi che oggi, con la crisi, sono diventati di primo piano, la sua rara disponibilità ad ascoltare tutti, senza che il confronto mai prevarichi, ma la verità emerga. “Il cinema è un piccolo strumento nel grande mondo”, ha detto pacato l’artista, “e può dialogare con la Chiesa per risolverne i grandi problemi”.

    Il patriarca di Venezia, mons. Francesco Moraglia, gli ha consegnato il Premio. Rappresenta, il vescovo, la Chiesa di una città di cultura, di dialogo e di cinema:

    R. – Se Venezia certamente è la città del dialogo e della cultura, il cinema è certamente oggi un veicolo maggiore per quello che riguarda il dialogo tra le culture e per la cultura del dialogo. Quindi, penso che la mostra del cinema la si inserisca proprio in questo dna veneziano. Però, mi consenta anche di dire che Venezia è anche fatta di Porto Marghera, di Mestre, di tante sofferenze per situazioni lavorative in difficoltà. Quindi, certamente Venezia è la Venezia del mare, la Venezia della cultura ma è anche la Venezia della terraferma. Venezia ha veramente volti plurimi.

    D. – Eccellenza, il cardinale Martini aveva fondato la cattedra dei non credenti, il cardinale Ravasi apre il Cortile dei Gentili, Venezia ha un’istituzione illustre come il Marcianum: e qui abbiamo oggi un Premio Bresson che viene dato a un regista laico, non credente e che però indaga le profondità dell’umano e la coscienza di una società. Questo è un programma che la Chiesa, dunque, ha preso fortemente in considerazione…

    R. – Io penso che l’antropologia e la ragione dell’uomo siano momenti di comunione al di là di visioni ideali legittime da parte di alcuni e non di altri. Quindi, io penso che veramente l’uomo sia il Cortile dei Gentili, l’uomo sia veramente la cattedra dei non credenti, come l’uomo sia anche la cattedra dei credenti e il Cortile dei Credenti. Se noi riusciamo, in qualche modo, ad andare ad un’antropologia che non sfugga la realtà, ma ponga l’uomo di fronte a quelle che sono le realtà propriamente umane, io penso che sia possibile porsi delle domande. Mi sembra che il cardinale Martini dicesse, in un senso non sbagliato, come ho sentito invece interpretare da altri, che lui confidava molto negli uomini che pensavano, negli uomini che ragionavano. E credo che la figura del cardinale Martini ci lasci proprio questa passione per l’uomo. Io spero che esca sempre di più la grandezza di questo credente, che era il cardinale Martini.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Il patriarca Gregorios III chiede “una campagna internazionale per la riconciliazione in Siria

    ◊   “Per la Siria la riconciliazione è l'unica ancora di salvezza”. Per questo urge “una campagna internazionale per la riconciliazione in Siria” condivisa da tutte le Chiese del mondo: è l'accorato appello del Patriarca greco-cattolico melkita di Damasco, Gregorio III Laham, lanciato in una lettera aperta, mentre la situazione in Siria degenera e “il linguaggio della violenza ha travolto tutti gli altri tipi di linguaggi”. La missiva – inviata all'agenzia Fides – si rivolge ai cristiani e a tutti i cittadini siriani, al mondo intero, rimarcando “con gli occhi e il cuore pieni di lacrime”, che le vittime, in ogni comunità della popolazione siriana, lasciano una scia di “angoscia familiare, sociale e nazionale”. Come strada per risolvere la crisi, il Patriarca, per l'ennesima volta, richiama tutti al dialogo, “per andare oltre le nostre ferite, le sofferenze e gli spargimenti di sangue”, invitando ad un percorso di “riconciliazione faccia a faccia”. L’appello nota che “questa è la strada più difficile ma è l'unica ragionevole, in quanto rappresenta una garanzia per il futuro”. In ogni caso, aggiunge, “è inevitabile”, poiché nessuna delle parti in lotta riesce ad avere la meglio sull'altra. “La violenza genera violenza, il dialogo rafforza e fa fruttificare dialogo. La riconciliazione prepara i cuori e le menti per ulteriore dialogo e riconciliazione”. Il leader della Chiesa greco-cattolica ricorda che “la Chiesa in Siria è chiamata al ministero della riconciliazione, con tutti i mezzi disponibili”, appoggiando il prezioso lavoro del movimento “Mussalaha” (“Riconciliazione”), iniziativa popolare interreligiosa, nata nella società civile siriana. Il Patriarca, auspicando uno sforzo di pace condiviso da “tutte le Chiese sorelle in tutto il mondo cattolico, ortodosso e protestante”, chiede ai leader spirituali di unire la loro voce a quella della Chiesa in Siria in “una campagna internazionale per la riconciliazione in Siria”. Ai fedeli cristiani siriani si chiede “pazienza” e di non lasciare il Paese, mentre a tutti i cittadini siriani si rivolge la preghiera a cercare “una strada diversa dalla violenza”, “perché alla fine nessuno vince con la violenza, ma tutti vincono con il perdono”. “Per il ministero della riconciliazione sono pronto a dare la mia vita” conclude Gregorio III. (R.P.)

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    Siria: drammatica la situazione umanitaria. I deboli pagano il prezzo più alto

    ◊   Sono stati 103.416 i cittadini siriani registrati dall’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Acnur) o in attesa di registrazione: un dato che riguarda chi è riuscito a raggiungere i Paesi confinanti della Siria, che fa riferimento al solo mese di agosto e non tiene conto degli sfollati interni che ammontano a diverse centinaia di migliaia. La preoccupante fotografia del quadro umanitario a un anno e mezzo dall’inizio della crisi siriana - riferisce l'agenzia Misna - è stata fornita oggi dall’Acnur secondo cui agosto è stato finora il mese con il più alto numero di rifugiati registrati da quando il conflitto è cominciato. Parlando a Ginevra con i giornalisti, la portavoce dell’organismo delle Nazioni Unite, Melissa Fleming, ha detto che gran parte dei rifugiati sostiene di aver scelto la fuga per motivi precauzionali e solo in alcuni casi per minacce dirette, ma non per questo la situazione sembra meno grave. Tra le fasce della popolazione più vulnerabili sono i rifugiati che avevano scelto la Siria come loro destinazione negli anni scorsi, in particolare gli iracheni. Di questi, secondo il governo di Baghdad, almeno 35.000 hanno fatto ritorno in Iraq tra luglio e agosto. Secondo l’Unrwa – l’agenzia dell’Onu impegnata al fianco dei rifugiati palestinesi – almeno 225.000 palestinesi potrebbero aver subito conseguenze dirette del conflitto e 4000 di loro sono fuggiti in Libano e Giordania. Difficili sono poi le condizioni degli sfollati che solo in parte stanno ricevendo aiuti dalle organizzazioni umanitarie, in particolare della Mezzaluna Rossa e del Comitato internazionale della Croce Rossa. Il presidente di quest’ultima, Peter Maurer, oggi ha incontrato a Damasco il capo di Stato siriano Bashar Al Assad e secondo l’agenzia di stampa Sana sono stati concordati meccanismi necessari per rafforzare la cooperazione. Maurer resterà in Siria fino a giovedì. (R.P.)

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    Pakistan: due nuovi testimoni in favore di Rimsha. Minacce a Paul Bhatti

    ◊   Si rafforza il fronte giuridico in favore di Rimsha Masih: ieri due nuovi testimoni si sono aggiunti a Hafiz Zubair, vice imam della moschea, confermando le accuse contro l’imam Khalid Jadoon di aver falsificato le prove. Sulla vicenda di Rimsha si è trovato un largo consenso dei leader musulmani moderati come Hafiz Tahir Ashrafi, leader dell’ “All Pakistan Ulema Council”. Nonostante ciò il caso alimenta tensioni: ieri - riferisce l'agenzia Fides - Paul Bhatti, Consigliere Speciale del Primo Ministro per l’Armonia Nazionale, molto attivo nel caso di Rimsha, è stato costretto a restare chiuso nel suo ufficio, al Ministero dell’Armonia, a causa di un allarme per la sua sicurezza personale, per possibili attentati alla sua vita. Bhatti doveva partecipare a un dibattito televisivo su “Dunya News Tv” insieme con Tahir Ashrafi e con padre Rehmat Hakam Michael, vicario generale della diocesi di Islamabad-Rawalpindi, ma ha potuto solo stabilire un collegamento dal suo ufficio. A Bhatti oggi è stata assegnata una nuova scorta speciale e il Consigliere si è recato al Senato per la sessione assembleare. Intanto, come anticipato all'agenzia Fides da padre Francis Nadeem, si conferma che dietro al caso di Rimsha vi sia la mafia dei terreni: alcuni speculatori intendevano cacciare i cristiani dal sobborgo di Mehrabadi per motivi economici, dato che il valore delle case in quell’area di Islamabad, è salito. Per questo hanno montato il caso di blasfemia, che doveva servire da grimaldello. La maggior parte delle famiglie del sobborgo, dicono fonti di Fides, sono fedeli fuggiti da Gojra, località data alle fiamme da radicali islamici nel 2009, per un supposto caso di blasfemia. Fu Shahbaz Bhatti, allora Ministro delle Minoranze, a far assegnare agli sfollati interni tali alloggi nella periferia della capitale. (R.P.)

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    Pakistan: a Faisalabad cristiana di 10 anni violentata da un mercante musulmano

    ◊   In Pakistan continua l'ondata di violenze ai danni di cristiane, vittime di abusi perpetrati in nome della legge sulla blasfemia o di violenze a sfondo sessuale secondo una logica che equipara le ragazzine della minoranza religiosa a mero oggetti di piacere personale. Mentre la comunità internazionale dibatte il drammatico caso di Rimsha Masih, la giovane disabile mentale in carcere per aver violato secondo una falsa accusa la "legge nera", a fine agosto - ma la notizia è emersa ieri - una minorenne è stata stuprata senza pietà e abbandonata sul pavimento esanime. Il 25 agosto scorso Allah Rakhi, 10 anni, originaria di Yousafabad, a Medina Town, Faisalabad, appartenente a una famiglia cristiana molto povera è stata violentata da un commerciante di rottami musulmano. Fonti locali raccontano che la polizia ha aperto un fascicolo di inchiesta e avrebbe già arrestato l'uomo il giorno in cui si è consumato lo stupro. Intervistato dall'agenzia AsiaNews, Sarfraz Masih, padre della bambina, riferisce che "siamo persone povere" e "non siamo in grado di batterci contro questi riccastri". Egli conferma "le ripetute minacce" subite, ma promette di voler "combattere per la giustizia" e assicura che "non arretreremo di un passo, né di fronte a minacce né a lusinghe". Per ragioni di sicurezza, egli ha già nascosto la figlia, che è ancora in condizioni "critiche", in un luogo nascosto. Sulla triste vicenda interviene anche padre Khalid Rashid Asi, vicario generale della diocesi di Faisalabad, secondo cui "a causa della mancanza di giustizia in Pakistan, i ricchi e i potenti pensano di poter compiere gesti simili restando impuniti" come spesso avviene. E aggiunge che se questo crimine terribile fosse successo ai danni di una bambina musulmana "con molta probabilità avrebbero dato alle fiamme tutte le case cristiane della zona". La legge deve essere uguale per tutti, conclude il sacerdote, e "i colpevoli vanno puniti". (R.P.)

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    Usa: il cardinale Dolan parteciperà anche alla Convention democratica a Charlotte

    ◊   Dopo Tampa, il cardinale Timothy Dolan interverrà anche alla Convention Democratica al via oggi fino al 6 settembre a Charlotte, nel Nord Carolina. La conferma da parte democratica è venuta dopo le polemiche suscitate dalla partecipazione del presidente della Conferenza episcopale americana alla Convention Repubblicana, dove il 30 agosto ha presieduto la preghiera conclusiva. Nella preghiera, riferisce l’agenzia Cns, ha invocato l’aiuto di Dio per illuminare i governanti e chi aspira ad incarichi pubblici, aiutandoli in particolare a “ricordare che l’unico governo giusto è il governo che serve i cittadini e non se stesso”. Ha inoltre pregato per i bambini non nati , per chi ha deciso di porre fine alla sua vita, per le famiglie americane e per quelle di recente immigrazione, i militari e i disoccupati e per le vittime del maltempo e degli incendi. Il cardinale Dolan ha quindi ringraziato Dio “per il dono sacro e inalienabile della vita” e per quello “unico della libertà”, pregando per un “rinnovato rispetto della libertà religiosa” e un “nuovo senso di responsabilità per la causa della libertà”. La notizia della partecipazione del Presidente della Usccb alla Convention di Tampa aveva suscitato polemiche perché interpretata da alcuni come una sorta di benedizione del candidato repubblicano alle presidenziali Mitt Romney e un’implicita bocciatura dell’Amministrazione Obama con il quale l’arcivescovo di New York ha avuto in questi mesi un vivace confronto sul tema della riforma sanitaria e dei matrimoni omosessuali. In realtà l’invito di personalità religiose alle Convention Repubblicane e Democratiche per guidare momenti di preghiera e di raccoglimento, è una tradizione consolidata negli Stati Uniti. Oltre all’arcivescovo di New York, a Tampa sono intervenuti il Rabbino Meir Soloveichik della Yeshiva University; il reverendo Samuel Rodriguez dell'Assemblea di Dio, pastore guida del National Hispanic Christian Leadership Conference, l’arcivescovo greco-ortodosso Demetrios, e Ishwar Singh, primo leader di una comunità Sikh ad essere invitato a una Convention repubblicana. (L.Z.)

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    Congo: un milione di firme per la pace consegnato all'Onu

    ◊   Una petizione firmata da più di un milione di congolesi contro la guerra nell’est della Repubblica Democratica del Congo (Rdc) e la balcanizzazione del Paese, è stata consegnata alla sede Onu di New York, a Hervé Ladsous, segretario aggiunto dell’Onu incaricato del mantenimento della pace in rappresentanza del Segretario Generale dell’Onu, Ban Ki Moon, che si trova in Iran, da una delegazione di leader religiosi congolesi. La delegazione - riferisce l'agenzia Fides - era guidata da mons. Nicolas Djomo, presidente della Conferenza episcopale congolese (Cenco). Insieme a lui mons. Pierre Marini Bodho, presidente dell’Eglise du Christ au Congo, e El Hadj Cheick Abdallah Mandala, presidente della Comunità islamica in Congo. La missione dei leader religiosi congolesi negli Stati Uniti ha lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica e la leadership politica, economica e religiosa statunitense sulla strategia di destabilizzazione dell’est della Rdc da parte di movimenti di guerriglia come l’M23, che da mesi sta terrorizzando le popolazione del Nord Kivu. L’obiettivo di questi gruppi, sponsorizzati da potenze ed interessi esterni, è quello di sfruttare illecitamente le immense risorse minerarie dell’area. Nei giorni scorsi la delegazione congolese ha tenuto alcuni incontri pubblici ed ha incontrato alcuni leader religiosi americani. Oggi verrà ricevuta dal Congresso di Washington e incontrerà alcuni funzionari della Casa Bianca. (R.P.)

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    Terra Santa: ordinari e Patriarcato condannano la violenza anticristiana

    ◊   Il portale dell‘abbazia di Latrun, situata a 15 km a ovest di Gerusalemme, è stato bruciato questa mattina all’alba da sconosciuti che hanno lasciato anche graffiti blasfemi, scritti in ebraico, sui muri. Dura la condanna del Patriarcato latino di Gerusalemme che si è detto “indignato” per la “bruttezza” di tali atti “vergognosi” che “sporcano luoghi cristiani in Israele e offendono la figura di Cristo, figlio della Terra Santa”. "Questa mattina - rende noto il Patriarcato - i monaci trappisti di Latrun hanno trovato la porta del convento completamente bruciata. I vandali hanno anche insozzato le mura con iscrizioni in ebraico contro Cristo definito ‘una scimmia’. Altri graffiti fanno riferimento ad una colonia di recente evacuata, Migron”. Dal Patriarcato - riferisce l'agenzia Sir - anche la condanna di ogni tentativo di “creare divisioni tra le comunità” e l’esortazione “al rispetto, alla tolleranza, valori che testimoniano la grandezza umana”. “Perché i cristiani sono ancora presi di mira?” è la domanda sollevata dall’Assemblea degli Ordinari cattolici di Terra Santa (Aocts) che in una nota condanna l’accaduto. “Cosa sta succedendo nella società israeliana al punto che i cristiani sono capri espiatori di una simile violenza? Coloro che hanno lasciato i loro slogan di odio, hanno espresso rabbia per lo smantellamento degli insediamenti ebraici illegali in Cisgiordania. Ma perché la scaricano contro i cristiani e i loro luoghi di culto? Che genere di disprezzo verso i cristiani viene insegnato nelle loro scuole e nelle loro case? E perché i colpevoli non si trovano e non vengono consegnati alla giustizia? È giunto il momento per le autorità - chiede l’Aocts - di agire per porre fine a questa violenza insensata e garantire l’insegnamento del rispetto nelle scuole”. Non è la prima volta che si verificano episodi di “criminalità anticristiana”: lo scorso febbraio erano stati presi di mira una chiesa battista ed un monastero a Gerusalemme Ovest, con scritte ingiuriose contro i cristiani. (R.P.)

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    Sudafrica: per il vescovo il rilascio dei minatori di Marikana è passo importante

    ◊   “Il rilascio di buona parte dei minatori arrestati dopo gli scontri del 16 agosto è un passo importante per pacificare gli animi” dice all’agenzia Fides mons. Kevin Dowling, vescovo di Rustenburg (Sudafrica), nel cui territorio rientra la miniera di platino di Marikana, dove permane lo stato di agitazione dei minatori dopo gli scontri con la polizia del 16 agosto che hanno provocato 44 vittime. La giustizia sudafricana ha rilasciato 162 dei 270 minatori arrestati, dopo la sospensione della loro incriminazione per omicidio dei loro colleghi. Nel frattempo continuano i negoziati per la cosiddetta pacificazione tra i sindacati e la società mineraria con la mediazione del governo. “La trattativa continua, ma una delle sigle sindacali ha affermato che occorre concentrarsi sulla questione salaria - dice mons. Dowling -. I minatori chiedono un forte aumento salariale, passando dagli attuali 4.000 rand mensili a 12.500”. “Finora però non si è trovato un accordo tra i diversi gruppi sindacali, che sono a loro volta divisi. D’altro canto la società mineraria preme perché il lavoro nella miniera riprenda al più presto, perché si trova in difficoltà finanziaria. Speriamo quindi che si raggiunga presto un accordo, magari entro la serata di oggi” conclude il vescovo. (R.P.)

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    Brasile. Il cardinale Damasceno Assis: accogliere, difendere e promuovere il dono della vita

    ◊   “Bisogna rispettare la vita. Essa è un dono di Dio. Dobbiamo accoglierla, difenderla e promuoverla”: sono le parole del cardinale Raymundo Damasceno Assis, presidente della Conferenza episcopale del Brasile (Cnbb). Interpellato dai giornalisti, il porporato ha commentato così la risoluzione 1995/2012 emanata il 30 agosto dal Consiglio federale di medicina, riguardante il fine-vita. In particolare, il documento stabilisce il “range” terapeutico per i malati terminali, che potranno fissare, con l’aiuto di un medico, i criteri per l'utilizzo di trattamenti ritenuti invasivi o dolorosi, nei casi in cui non vi sia alcuna possibilità di guarigione. Ribadendo che “in Brasile, l’eutanasia non è permessa per legge” e che “al medico è proibito abbreviare la vita di un malato, anche su richiesta del paziente stesso o di un suo rappresentante legale”, il cardinale Damasceno Assis sottolinea che “la vita è un dono prezioso, il primo che riceviamo. Esso è alla base e al fondamento di tutti i diritti della persona umana”. Poi, il presidente dei vescovi brasiliani osserva: “Nessuno è obbligato o impedito nel ricorso ad interventi straordinari per restare in vita”; compito del medico, quindi, sarà quello di “curare il paziente nel miglior modo possibile, utilizzando tutti i metodi naturali, normali per il suo trattamento”. Di conseguenza, evidenzia il porporato, “non si può privare un malato del cibo o dell’acqua, ai quali ha diritto, perché significherebbe ucciderlo”. E quindi, “tutti i trattamenti normali, naturali, ovvero le così dette ‘cure palliative’, devono essere utilizzate dal medico per curare il malato”. Di qui, il parere contrario che la Cnbb dà sulla risoluzione 1995/2012, ricordando anche i principi del Codice deontologico medico ed invitando gli ospedali a monitorare l’eventuale applicazione della normativa. Infine, il cardinale Damasceno Assis si appella alla fede, ricordando come i credenti, “discepoli missionari di Gesù, abbiano sempre una ferma speranza in un intervento straordinario di Dio, che contraddica tutte le logiche mediche o terapeutiche”. (A cura di Isabella Piro)

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    Honduras: appello della Chiesa contro la violenza nel Paese

    ◊   Il vescovo ausiliare di Tegucigalpa, mons. Juan José Pineda, ha esortato i fedeli ad agire in modo coerente con la religione cattolica, per contrastare la violenza che insanguina la nazione. Nel contesto dell'inizio del mese della patria in Honduras, domenica scorsa il vescovo ha ricordato che "nella storia e nei testi del nostro inno nazionale, i nostri eroi e il nostro popolo sono stati macchiati di sangue, oggi l’Honduras continua ad essere ‘macchiato di sangue’ a causa della violenza nel Paese”. Una nota pervenuta all’agenzia Fides riferisce della riflessione fatta dal vescovo nella sua omelia, dove ha denunciato: “nel nostro Paese c'è violenza, non c'è la pace. C'è ancora odio e non vediamo la fraternità. Per un cristiano non basta andare a Messa la domenica. Non dico che non sia importante questa celebrazione, ma ad essa deve corrispondere una vita coerente". Mons. Pineda ha esortato i fedeli a vivere la fede, ad aiutare i bisognosi, a non "sporcarsi le mani con la violenza e le cose di questo mondo", che spesso allontanano da Dio. La persona che vive la giustizia non è impegnata in cose straordinarie, ma vive in modo onesto, ha intenzioni leali, non pensa di fare del male al prossimo, né calunnia il suo vicino, non presta denaro a usura, né agisce contro l'innocente. Da qualche settimana pubblicazioni e autorità religiose hanno commentato l'ultimo rapporto pubblicato dall’Osservatorio della Violenza, stilato dall'Università Nazionale Autonoma dell’Honduras (Unah), dove si legge che nell'anno 2011 la media giornaliera degli omicidi era arrivata a 20 vittime. Il rapporto, diffuso anche dalla stampa locale, fa notare un aumento rispetto al 2010. Il totale di morti per cause esterne è stato di 9.799 (7.104 omicidi, 1.098 incidenti stradali, 730 morti per cause non determinate, 551 per altre cause e 316 suicidi). (R.P.)

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    Perù: a Trujillo si è svolta la "Marcia per la vita e per la pace"

    ◊   Guidata dall'arcivescovo di Trujillo, mons. Miguel Cabrejos Vidarte e dai rappresentanti delle diverse istituzioni di Trujillo e La Libertad, il 1° settembre si è svolta la "Marcia di impegno per la vita e per la pace", caratterizzata da un’ampia partecipazione di migliaia di persone tutti i gruppi sociali della città. La nota inviata all’agenzia Fides dalla Conferenza episcopale peruviana riferisce che la Marcia è partita da quattro punti estremi per arrivare alla piazza centrale della città di Trujillo, dove alcune autorità e rappresentanti della società civile hanno preso la parola per far conoscere il loro impegno per la pace. L'evento è culminato con un accordo che è stato firmato da tutte le autorità. Mons. Cabrejos ha sottolineato che la Marcia “è un impegno per la vita, per la sicurezza, per la responsabilità e la pace nella regione”. Malgrado non abbia partecipato alla Marcia, il Ministro dell'Interno, Wilfredo Pedraza Sierra, si è recato subito dopo in episcopio per ricevere dalle mani dell'arcivescovo Cabrejos Vidarte, l’ "Atto di impegno per la Vita e per la Pace" firmato da tutte le autorità. Lo stesso ministro ha ringraziato per il lavoro coordinato delle autorità civili e della Chiesa cattolica a beneficio della sicurezza dei cittadini, e ha riferito che avrebbe consegnato l'Atto al Presidente della Repubblica, Ollanta Humala. La città di Trujillo ha subito molti atti di violenza a causa della delinquenza che è cresciuta negli ultimi mesi. La Chiesa ha proposto anche una campagna di sensibilizzazione e di formazione, da realizzare nelle scuole, sul rispetto della vita e a favore dei diritti dei cittadini, allo scopo di arrivare a una fraterna convivenza. (R.P.)

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    Messico: nel Chiapas una mensa per accogliere bambini di strada e migranti

    ◊   Centinaia di minori centroamericani, la maggior parte dei bambini guatemaltechi, vagano per le strade di Tapachula, in Chiapas, lavorano da 10 a 12 ore al giorno per compensi irrisori, vendono dolci, alcuni vengono sfruttati dai familiari, altri dagli amici o da sconosciuti e quasi tutti dagli usurai. Per arginare questo fenomeno, l’associazione civile Todo por Ellos ha appena inaugurato una mensa per i piccoli migranti e per quelli che vivono in strada. Si chiama Pan de Vida e si occupa di dare un pasto caldo e una bevanda ai bambini e agli adolescenti che ne hanno bisogno. All’inizio vengono usati piatti usa e getta, in mancanza di tazze e cucchiai: l'intento è di raccogliere utensili di plastica per ridurre i rifiuti e riutilizzare i materiali. Manca anche una pentola per cucinare sulle stufe mobili, così che gran parte del cibo possa essere preparato nella sede dell’organizzazione. Tuttavia gli operatori distribuiscono il cibo con quello che hanno, e quando terminano con i piccoli, se avanza qualcosa lo danno agli adulti. Todo por Ellos ha denunciato ed evidenziato problemi di traffico di esseri umani, come pure lo stato di abbandono nel quale vivono i bambini di strada, e per questo hanno deciso di agire e dare loro un riparo e cibo attraverso la mensa appena aperta. (R.P.)

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    Paraguay: il 90% dei bambini di strada consuma droghe

    ◊   Il 90% dei bambini paraguaiani che vivono nelle strade è dipendente dalle droghe. Questa la triste realtà emersa da uno studio realizzato dalla Segreteria nazionale per l’Infanzia e l’Adolescenza denominato Programma di Assistenza Integrale a bambini, bambine e adolescenti di strada. Dalla sua prima fase - riporta l'agenzia Fides - risulta che in Paraguay il 90% dei piccoli tra 12 e 16 anni di età, senza casa e che vivono in situazioni di vulnerabilità, ha problemi di dipendenza e finisce per troncare i vincoli familiari per vivere in strada e pulire i vetri delle automobili al fine di sopravvivere. Negli ultimi mesi è stato registrato un numero ancora più elevato di ragazzi che dormono in strada, nei mercati popolari e in altri luoghi di Asunción. L’analisi ha mostrato la dura realtà dello stato di avanzamento del consumo di droga nel settore giovanile e in molti casi il conseguente rifiuto dell’interessato di sottoporsi al trattamento per la disintossicazione. Secondo i coordinatori del Programma, il luogo principale dove si radunano i piccoli e i giovani è la piazza centrale della città, nota come uno dei centri dove si fa maggiore uso di droghe. (R.P.)

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    Cipro: iniziato il confronto delle Chiese europee sulla coesione sociale

    ◊   Con il benvenuto di mons. Youssef Soueif nell’arcivescovado dei maroniti di Nicosia si è ufficialmente aperto ieri sera l’incontro sulla coesione sociale promosso dalla Commissione Ccee “Caritas in veritate”. I vescovi delle Conferenze episcopali europee, intervenuti all’incontro, hanno dapprima partecipato alla messa presieduta da mons. André-Joseph Léonard, arcivescovo di Malines-Bruxelles, e successivamente ai Vespri con l’arcivescovo di Cipro. Quest’ultima funzione è stata celebrata secondo la Liturgia antiochena siro-maronita. Gli ospiti - riferisce l'agenzia Sir - hanno anche ricevuto il saluto del sindaco di Nicosia, Constantinos Yiorkadjis, che ha ricordato le importanti attività promosse in occasione della Presidenza cipriota dell’Unione europea: “Stiamo prendendo misure concrete - ha affermato - affinché la nostra capitale, così ricca di arte e storia, possa nel 2017 ricevere il titolo di ‘Capitale europea della cultura‘”. Nicosia rappresenta purtroppo l’ultima capitale europea divisa da un muro. La spaccatura è fortemente sentita dalla popolazione e in particolare dalla comunità maronita. Anche a loro si sono rivolte le preghiere dei vescovi europei che, questa mattina, hanno iniziato il dibattito attraverso gli interventi di mons. Diarmuid Martin, arcivescovo di Dublino, e di Vincenzo Buonomo, docente all’Università Lateranense. “In un momento di crisi e di insicurezza generale che sconvolge tutta l’Europa, la dottrina sociale cattolica può fornire un contributo essenziale, non tanto a livello di risposte tecniche, quanto per quelle religiose ed etiche, come ci illustra anche Benedetto XVI nella lettera enciclica ‘Caritas in veritate’, nella quale invita alla trasparenza, all’onestà e alla responsabilità, soprattutto quando si affrontano le questioni economiche”. Con queste parole mons. Giampaolo Crepaldi, vescovo di Trieste, ha poi aperto la seconda giornata dell’incontro. Affrontare una tematica così delicata e attuale è alla base anche dell’attività della Comece, rappresentata in questo contesto da mons. Gianni Ambrosio, presidente della Commissione sulle questioni sociali, che ha fornito un quadro della crisi economica e finanziaria europea e delle misure prese dal Consiglio europeo nell’ultimo vertice. Lo scorso 12 luglio la segreteria della Comece insieme ai partner ecumenici ha elaborato una posizione sul ruolo degli attori coinvolti nella crisi affinché non si focalizzi l’attenzione solo sulle risposte a breve termine, dettate spesso da logiche di mercato, ma anche su quelle a lungo raggio volte a “creare un orizzonte di valori più vasto”. Per mons. Ambrosio, “bisogna puntare a promuovere una coesione economica e territoriale basata sulla solidarietà in quanto naturale espressione della fede dei cristiani”. Concetto ripreso anche dall’arcivescovo dei maroniti di Cipro, mons. Youssef Soueif, che ha sottolineato con forza l’importanza di “pensare al bene comune, lottando contro ogni forma di individualismo”, ricordando anche le parole di speranza e di ritorno alle radici cristiane invocate spesso da Giovanni Paolo II. Centrale quindi concentrarsi sulla formazione, l’educazione e il conforto dei cittadini e in questo la Chiesa può fare molto come ha ribadito anche mons. Waldemar Stanislaw Sommertag, consigliere della Nunziatura apostolica a Cipro: “C’è bisogno di un impegno sociale della Chiesa non solo attraverso l’assistenza immediata, ma anche attraverso un supporto spirituale, come da anni svolge la Chiesa di Cipro”. E quest’isola, ha precisato il reverendo Evencio Herrera, vicario generale del Patriarca latino per Cipro, è “l’esempio lampante di quanto in un mondo sempre più variegato a livello religioso, etnico e linguistico sia importante investire sulla coesione sociale”. Presenti all’incontro anche alcuni membri della politica cipriota. (R.P.)

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    Plenaria dei vescovi dell’Oceano Indiano su 50.mo del Concilio e Anno della fede

    ◊   “La missione è molta, ma gli operai sono pochi”: su questo tema, parafrasato dal Vangelo di Luca, è in corso, dal 30 agosto fino al 7 settembre a Thabor, nell’Isola di Maurizio, l’assemblea annuale della Conferenza episcopale dell’Oceano Indiano che riunisce i vescovi delle Isole Seychelles , Mauritius, Rodrigues, Comore e Riunione. Come ogni anno, la riunione è stata preceduta da una sessione preparatoria di tre giorni, chiamata “avant-Cedoi”, alla quale hanno partecipato delegazioni di sacerdoti religiosi e laici delle diverse isole per condividere le loro esperienze pastorali e riflessioni sulle strategie per affrontare le sfide della Chiesa dell’area. Lo spunto delle riflessioni di questi giorni è l’Anno della Fede indetto da Benedetto XVI a partire dall’11 ottobre, in coincidenza con il 50° anniversario dell’inizio del Concilio Vaticano II e del 20° anniversario della pubblicazione del Catechismo della Chiesa cattolica. In particolare, durante la pre-sessione, che si è conclusa oggi, è stata fatta un’analisi retrospettiva sull’impatto del Concilio nelle Chiese dell’Oceano Indiano in questi cinquant’anni con riferimento, tra l’altro, alla partecipazione dei laici, alla riforma liturgica e al dialogo interreligioso. Altri relatori hanno invece illustrato le esperienze pastorali delle rispettive diocesi per fare il punto su come le Chiese locali stanno cercando di rispondere alle nuove sfide della missione nell’area. Nata nei primi anni Settanta come associazione informale di vescovi per iniziativa dell’allora vescovo di Port-Louis Jean Margéot e riconosciuta ufficialmente dalla Santa Sede nel 1976 con il nome di “Area Pastorale del Sud-Ovest Indiano”, la Cedoi ha assunto l’attuale denominazione di “Conferenza episcopale delle Isole dell’Oceano Indiano” nel 1985 e in tale qualità è membro del Secam, il Simposio delle Conferenze episcopali dell’Africa e del Madagascar, ed è rappresentata al Sinodo dei Vescovi. Anche se è una delle più piccole Conferenze episcopali del mondo, la Cedoi comprende territori molto eterogenei dal punto di vista politico, religioso e culturale con un totale di circa un milione di fedeli. Ne fanno infatti parte un Dipartimento francese d’Oltremare (la Riunione), una Repubblica islamica (l’Arcipelago delle Comore) e Stati membri del Commonwealth britannico. Il suo attuale presidente è mons. Denis Wiehe, vescovo di Port Victoria (Seychelles). (A cura di Lisa Zengarini)

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    Polonia: 300 scienziati contro la fecondazione in vitro

    ◊   Il Parlamento polacco nel settembre del 2009 aveva iniziato a lavorare su una normativa relativa alle procedure di fecondazione in vitro. 100 scienziati polacchi si mobilitarono immediatamente e presentarono un documento in cui si chiedeva al Parlamento un divieto legislativo sull’uso di tali metodi. Oggi quel documento è stato firmato da 300 scienziati che sottolineano come l’inseminazione in vitro comporti “la distruzione di esseri umani non nati” e che, i bambini nati da questo tipo di fecondazione siano due volte più esposti rispetto a bambini concepiti naturalmente al rischio di avere difetti alla nascita o ritardi mentali e fisici. A tal proposito, gli stessi scienziati hanno proposto la NaProTechnologia come metodo di diagnosi e cura della sterilità. “Questa – si legge nel comunicato - è basata sul Modello Creighton, utile proprio a seguire il corpo della donna durante il suo ciclo naturale. In nessuna fase di questo metodo vi è la distruzione di esseri umani non nati, né si distrugge la dignità dei coniugi e dell’essere umano concepito”. Questo metodo, come osserva l’agenzia Zenit, fu sviluppato da Thomas Hilgers nel 1991 e monitora e mantiene la salute del sistema riproduttivo femminile basandosi principalmente su metodi naturali, approvati dalla Chiesa cattolica, ovvero sulla capacità di riconoscere la propria fertilità da parte dei coniugi in cerca di prole. (L.P.)

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    Ucraina: Messaggio della Chiesa greco-cattolica per il Sinodo dei vescovi in Canada

    ◊   Il prossimo sinodo della Chiesa greco-cattolica ucraina (Ugcc) si svolgerà a Winnipeg (Canada) dal 9 al 16 settembre, in occasione del centenario dell’arrivo nel Paese del primo vescovo greco-cattolico mons. Mykyta Budka. I vescovi dell’Ugcc - riporta l'agenzia Sir - hanno indirizzato ai fedeli un messaggio speciale esprimendo la volontà di voler conoscere meglio la vita della comunità greco-cattolica ucraina in Canada. “Siamo desiderosi di incontrarli per manifestare loro le nostre preghiere, stima e amore”, si legge nel documento. Secondo i vescovi, mons. Mykyta in collaborazione con il clero e con i laici religiosamente impegnati ha lavorato con “grande impegno evangelico” per consolidare e rafforzare la comunità della Chiesa ucraina all’estero. “La nostra Chiesa è diventata la prima metropolia fuori dell’Ucraina; ha formato numerosi vescovi, sacerdoti e religiosi per la nostra Chiesa, non solo in Canada ma anche nel resto del mondo”, scrivono i vescovi, esprimendo gratitudine ai fedeli per il loro “impegno e fedeltà all’opera di Dio” che l’Ugcc ha sentito in modo particolare nel secolo scorso, specialmente negli anni ‘80 e all’inizio degli anni ‘90, quando “il Signore ha concesso libertà alla nazione dopo lunghi secoli di persecuzioni”. I prelati hanno inoltre espresso l’auspicio che il Sinodo possa essere un’occasione propizia affinché lo Spirito Santo “si diffonda nuovamente nella Chiesa e ci guidi nel futuro”. (R.P.)

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    La Comunità di Sant'Egidio presenta l'Incontro mondiale della pace a Sarajevo

    ◊   28 panel con relatori di tutte le religioni del mondo. Leader delle Chiese cristiane, rappresentanti delle religioni mondiali, politici, uomini di cultura, giornalisti discuteranno i temi che stanno a cuore delle società: povertà, immigrazione e Mediterraneo, pace e Medio Oriente, Africa e mondo arabo. Torna anche quest’anno l’Incontro Mondiale per la Pace “Living Together is the Future. Religioni e Culture in Dialogo” che avrà luogo a Sarajevo dal 9 all’11 settembre 2012. Un incontro - riferisce l'agenzia Sir - che a vent’anni dalla guerra dei Balcani che ha avuto nella città di Sarajevo uno dei luoghi più colpiti, la Comunità di Sant’Egidio promuove insieme alla Comunità Islamica in Bosnia e Erzegovina, alla Chiesa Serba Ortodossa, all’arcidiocesi di Vrhbosna-Sarajevo e alla Comunità ebraica in Bosnia e Erzegovina. Sarajevo 2012 - si legge in un comunicato della Sant’Egidio in cui rende noto anche il programma ufficiale della manifestazione - “è la prima occasione in cui tutte le parti religiose presenti in Bosnia si ritrovano per un evento comune dopo la guerra”. Tra gli altri saranno presenti anche il Presidente del Consiglio dei Ministri italiano Mario Monti, il Presidente del Consiglio Europeo Herman Van Rompuy, e numerose personalità internazionali, dal patriarca Serbo Irinej a Oded Wiener, direttore generale del Gran Rabbinato di Israele. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 248

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