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Sommario del 03/09/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • In udienza dal Papa un gruppo di vescovi della Colombia in visita "ad Limina"
  • Il Patriarca Gregorios Laham: la visita del Papa in Libano è un messaggio di pace per tutto il Medio Oriente
  • Milano. Nel pomeriggio le esequie del cardinale Martini. Il ricordo del cardinale Comastri e don Carron
  • Congresso panafricano dei laici cattolici. Ryłko: tutti i battezzati corresponsabili dell'evangelizzazione
  • Seminario di studi di Propaganda Fide per i vescovi nominati in terre di missione
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Arresto dell'imam in Pakistan, più vicina la liberazione di Rimsha. Ora vacilla la legge sulla blasfemia
  • Turchia: scontri tra governativi e ribelli curdi, almeno 30 vittime
  • Lavoro in calo nelle grandi imprese. Cresce la disoccupazione giovanile
  • Cipro. A Nicosia l'Incontro della Ccee sulla coesione sociale in Europa
  • Varese. A Villa Cagnola la 34.ma Settimana europea dedicata a Gerusalemme
  • Tent'anni fa la mafia uccideva Dalla Chiesa. Intervista col procuratore Caselli
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Siria. L'inviato Brahimi: “Missione quasi impossibile”. Altri 18 morti ad Aleppo
  • Elezioni in Angola: Dos Santos si riconferma presidente
  • Spagna: oltre 13 milioni di bambini in tutto il mondo non vanno a scuola
  • Colombia: in attesa del dialogo, la Chiesa prepara la "Settimana per la pace"
  • Oggi 12.mo anniversario di Beatificazione dei Pontefici Pio IX e Giovanni XXIII
  • India: manifestazione in Orissa nel quarto anniversario delle stragi di cristiani
  • Hanoi: famiglie vietnamite in pellegrinaggio per la libertà di 17 cristiani imprigionati
  • Mali: la situazione nel nord del Paese sotto il controllo dei ribelli Mujao
  • Iraq: a Kirkuk aperta una scuola per cristiani e musulmani
  • Ucraina: mons. Shevchuk al Sinodo mondiale dei vescovi greco-cattolici ucraini di Winnipeg
  • Scozia: i vescovi istituiscono la Commissione famiglia contro le unioni gay
  • Nuova Zelanda: no dei vescovi a emendamento che apre la strada ai matrimoni gay
  • Si è svolta in Uruguay la 34. ma Giornata nazionale della Gioventù
  • Filippine: nasce l’associazione laica “Ambasciatori di San Camillo” per i poveri e i sofferenti
  • Il Papa e la Santa Sede



    In udienza dal Papa un gruppo di vescovi della Colombia in visita "ad Limina"

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto nel cosro della mattinata, in successive udienze, il cardinale Carlo Caffarra, Arcivescovo di Bologna , e un gruppo di presuli della Conferenza episcopale della Colombia, in visita "ad Limina.

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    Il Patriarca Gregorios Laham: la visita del Papa in Libano è un messaggio di pace per tutto il Medio Oriente

    ◊   Sono felice di andare presto in Libano: è quanto affermato, ieri, dal Papa all'Angelus. E anche in Libano cresce sempre più l'attesa per il viaggio apostolico di Benedetto XVI, tra meno di due settimane. Una visita attesa non solo dalla comunità cristiana ma tutta la società civile libanese e alla quale guarda con grande speranza tutto il Medio Oriente. A sottolinearlo, nell’intervista di Alessandro Gisotti, è il Patriarca di Antiochia, Gregorios III Laham:

    R. – Siamo veramente molto lieti che il Santo Padre possa venire a fare un pellegrinaggio in questo Paese che è una parte della Terra Santa. E’ un Paese molto accogliente, malgrado le difficoltà e un po’ la paura: il Santo Padre verrà. Questa è la gioia di tutti i libanesi.

    D. – Quanto è importante questo viaggio per una testimonianza comune dei cristiani nella Regione, in un momento così delicato?

    R. – La visita è per il Libano, e tramite il Libano è una visita a tutto il Medio Oriente, proprio perché il Libano è un messaggio, come disse Giovanni Paolo II: il Libano è piccolo ma è un messaggio per il mondo intero, soprattutto per il Medio Oriente. Questa visita è consegnare l’Esortazione apostolica che è frutto del pensiero di tutti i vescovi e patriarchi orientali che hanno partecipato al Sinodo, e che è un segno di affetto e di grande sollecitudine del Santo Padre per il Libano, per il Medio Oriente.

    D. – Il Libano, la Siria, in fondo tutto il Medio Oriente ha bisogno di pace. Quanta speranza c’è che questa visita del Papa aiuti a rafforzare la pace?

    R. – La pace è un bene per tutti noi e perciò questa visita è veramente importante. E’ un messaggio di pace per il Libano ma soprattutto per la Siria. Non dimentichiamo poi che il Santo Padre, in questi 18 mesi di conflitto in Siria, ha già parlato quasi 15 volte e in molte altre occasioni, richiamando alla pace, al dialogo, all’unità in Siria. Dunque, il Santo Padre veramente ha nel suo cuore anche la Siria: credo che lascerà un messaggio speciale alla Siria!

    D. – Uno dei momenti più importanti della visita sarà sicuramente l’incontro del Papa con i leader musulmani. Quanto questo incontro può aiutare il dialogo tra cristiani e musulmani, e quanto anche potrà aiutare a rafforzare la libertà religiosa in tutto il Medio Oriente?

    R. – Abbiamo un dialogo di vita, soprattutto in Libano, e anche un dialogo costituzionale perché tutta la Costituzione prende in considerazione tutti i gruppi: musulmani, cristiani, drusi, sciiti … Dunque il Libano rappresenta una convivialità storica e costituzionale. Questo incontro con i leader musulmani credo che sarà anche un messaggio per tutti i musulmani del Medio Oriente, soprattutto nelle situazioni in cui il pericolo è rappresentato da alcuni estremisti. Se il dialogo riesce in Medio Oriente, malgrado la situazione attuale, vuol dire che sarà possibile un dialogo per il mondo intero. E credo che il Santo Padre pronuncerà parole molto importanti per rafforzare questo dialogo e questa convivenza, la costruzione comune di un mondo migliore in Libano e nel Medio Oriente.

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    Milano. Nel pomeriggio le esequie del cardinale Martini. Il ricordo del cardinale Comastri e don Carron

    ◊   Circa 200 mila persone hanno reso l’ultimo omaggio in questi giorni al cardinale Carlo Maria Martini. E altre migliaia sono attese per le 16 di oggi quando, nel Duomo di Milano, verranno celebrate le esequie del porporato, presiedute dal cardinale arcivescovo della città, Angelo Scola. Nella piazza antistante il Duomo sono stati allestiti anche due maxischermi per consentire ai fedeli di partecipare alla cerimonia. A rappresentare Benedetto XVI ai funerali vi sarà il cardinale Angelo Comastri, che al microfono di Antonella Palermo, ricorda il suo primo incontro con il cardinale Martini:

    R. – Il cardinale Martini nel 1991, l’anno dopo la mia nomina a vescovo di Massa Marittima e Piombino, mi invitò a fare una visita a Milano. Ero un giovanissimo vescovo e ricordo che mi disse parole molto belle di incoraggiamento. Mi disse: cammina nel solco del Vangelo perché è il solco della vera libertà ed è il solco della felicità, e insegna alla gente a camminare nel solco del Vangelo. Poi, quando nel 1993 ho avuto un intervento al cuore, ricordo che mi telefonò e fu una telefonata molto paterna. Mi disse: lei si abbandoni nelle mani del Signore perché il Signore sa dove condurci, lei si abbandoni. Questo me lo ricordo molto bene e fu per me un grande incoraggiamento e anche un’indicazione che mi rasserenò molto.

    D. – A proposito di sofferenza si sono scatenate, direi a sproposito, le polemiche sull’accanimento terapeutico che il cardinale avrebbe rifiutato. Qual è il suo pensiero, eminenza?

    R. – Anche la Chiesa ha sempre rifiutato l’accanimento terapeutico, sono strumentalizzazioni. Come quando Maria Teresa disse: io voglio le cure che fanno i poveri, ho scelto i poveri e voglio muovermi in fedeltà a questa mia scelta. Ma quella non era eutanasia, assolutamente. Il cardinale è un figlio della Chiesa e non deve e non può essere usato contro la Chiesa perché è stato fino in fondo figlio della Chiesa.

    D. – La sua più grande eredità spirituale?

    R. – L’amore per la Parola di Dio, perché la Parola di Dio è davvero la lampada che illumina il nostro cammino. Si può dire che è un po’ la sintesi del ministero e dell’episcopato del cardinale Martini.

    Tra i presenti alla cerimonia funebre vi sarà anche don Julian Carron, presidente del Movimento Comunione e Liberazione, che proprio a Milano vide i suoi inizi. Alessandro De Carolis gli ha chiesto un ricordo del cardinale Martini:

    R. – Prima di tutto, quella sua capacità di entrare in rapporto con tutto e con tutti: questa sua passione ecumenica, un’attenzione a intercettare qualsiasi frammento di verità che si trova in chiunque lui incontrava. Chi ha incontrato Cristo non può non avere questa passione e questo è un tesoro che tutti noi dobbiamo conservare nella figura del cardinale Martini, perché così l’ecumenismo non è una tolleranza generica – come a volte può sembrare – ma è un amore alla verità, presente, forse anche per un frammento, in chiunque.

    D. – Quali furono i rapporti del cardinale Martini con don Giussani?

    R. – Don Giussani era sempre colpito dalla paternità del cardinale Martini, che aveva abbracciato e accolto nella diocesi di Milano una realtà come Comunione e Liberazione. Anche se a volte il cardinale Martini inizialmente confessava di non capire il metodo di don Giussani, ne vedeva però i frutti ed incoraggiava ad andare avanti. Mi commuovono ancora le parole che, in uno degli incontri con i nostri preti, il cardinale Martini disse ringraziando don Giussani per la sua capacità di esprimere continuamente il nucleo del cristianesimo. Diceva: tu, ogni volta che parli, ritorni sempre a questo nucleo, che è l’incarnazione, e con mille modi diversi lo riproponi. Sono sicuro che insieme a don Giussani, il cardinale Martini ci accompagnerà dal cielo a diventare sempre più – quello che lo Spirito ha suscitato proprio nella Chiesa ambrosiana – un carisma come quello di Comunione e Liberazione. Il cardinale Martini, parlando della nuova evangelizzazione che sarà tema del prossimo Sinodo, diceva: è qualcosa che va sempre cercata, non in nuove tecniche di annuncio ma in un ritrovato entusiasmo di sentirsi credenti e nella fiducia dell’azione dello Spirito Santo.

    D. – Che impressione le hanno fatto queste file ininterrotte nel Duomo, questo affetto della gente verso il cardinale Martini?

    R. – Mi sembra che parli da sé: è una persona che è stata capace di sentire il bisogno degli uomini che incontrava lungo la strada. La Chiesa non può essere mai indifferente alle domande e ai bisogni degli uomini e queste domande sono una sfida per noi credenti come lo sono state per lui.

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    Congresso panafricano dei laici cattolici. Ryłko: tutti i battezzati corresponsabili dell'evangelizzazione

    ◊   Inizia domani a Yaoundé, in Camerun, il secondo Congresso panafricano dei laici cattolici sul tema “Essere testimoni di Gesù Cristo in Africa oggi. 'Sale della Terra...luce del mondo' (Mt. 5,13-14)”. Sugli obiettivi del Congresso, Stefano Leszczynski ha intervistato il cardinale Stanisław Ryłko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, dicastero che ha organizzato l’evento:

    R. - Il Congresso vuole risvegliare, innanzitutto, nei laici cattolici lo spirito di corresponsabilità e di impegno indispensabile nella missione di annunciare Cristo nel grande Continente africano. Essere missionari e testimoniare la propria fede fanno parte della nostra identità di cristiani. Tutta la Chiesa è missionaria per sua natura. E nei nostri tempi, la missione evangelizzatrice della Chiesa che vive in Africa deve affrontare sfide difficili, è chiamata a confrontarsi con scenari nuovi e, per certi versi, inediti in campo religioso, sociale, culturale, economico e politico. Uno degli obiettivi principali del nostro Congresso sarà proprio leggere attentamente queste sfide e riflettere sulle risposte che il laicato cattolico africano potrà dare ad esse.

    D. - Qual è il ruolo del laicato nel compiere la “nuova evangelizzazione” e perché è importante non perdere di vista la dottrina sociale della Chiesa in questa missione?

    R. - I fedeli laici svolgono un ruolo di primo piano nella nuova evangelizzazione nel Continente africano: basti ricordare i tanti catechisti laici – vere colonne portanti delle comunità cristiane in Africa. È compito dei laici assumersi la loro parte di responsabilità nella vita delle comunità cristiane. Sappiamo però che la loro missione principale – grazie al carattere secolare della loro vocazione – è quella di portare il Vangelo nel mondo. L’Esortazione postsinodale Africae munus definisce i laici come “«ambasciatori di Cristo» (2Cor 5,20) nello spazio pubblico e nel cuore del mondo” (n. 128). Essi cioè sono il “sale della terra”, la “luce del mondo”, il “lievito evangelico” che trasforma le realtà temporali dal di dentro. Da qui l’importanza della Dottrina sociale della Chiesa che non va intesa come un accessorio, ma come parte integrante della missione evangelizzatrice della Chiesa.

    D. - Quali sono gli obiettivi specifici di questo Congresso per quanto riguarda le realtà africane?

    R. - Il Congresso vuole essere un momento di ascolto attento di ciò che lo Spirito Santo dice alla Chiesa in Africa in questa ora e, in particolare, tramite i due Sinodi dei Vescovi dedicati all’Africa, quello del 1994 e quello del 2009. Allo stesso tempo il Congresso intende porsi in ascolto dell’Africa, una terra che sta attraversando profonde trasformazioni e gravi sfide (povertà, fame, guerre, fondamentalismi religiosi che sempre più spesso sfociano in atti di vera e propria persecuzione anticristiana, la secolarizzazione e l’invasione della cultura post-moderna occidentale che mettono in crisi non pochi valori autentici delle culture tradizionali africane e l’identità stessa dell’anima africana…). Ma, al contempo, l’Africa è carica di grandi speranze. Vogliamo riscoprire e valorizzare le tante ricchezze spirituali di questo Continente che possono servire l’umanità intera. In altre parole, vogliamo realizzare un Congresso di speranza, perché – come ci insegna Papa Benedetto XVI – i laici cattolici in Africa devono essere, in modo speciale, “servitori di speranza”, quella speranza radicata in Cristo, Signore della storia.

    D. - Benedetto XVI ha definito l’Africa come un grande polmone di spiritualità e un continente della speranza. Eppure la Chiesa africana per molti aspetti è ancora molto giovane…

    R. - Sì, la Chiesa in Africa è giovane da diversi punti di vista. È giovane perché la maggior parte della popolazione africana è giovane e ciò costituisce una grande risorsa umana per questo Continente, un motivo di grande speranza. La Chiesa in Africa è giovane, inoltre, perché in gran parte dei Paesi il primo annuncio del Vangelo è arrivato meno di duecento anni fa. La fede di questo Continente richiede, dunque, di essere adeguatamente consolidata. La Chiesa in Africa è giovane anche perché in forte crescita. All’inizio del XX secolo i cattolici erano meno di 2 milioni, alla fine di questo secolo hanno raggiunto i 140 milioni. Secondo il recente Annuario Statistico i cattolici in Africa sono 185 milioni, cioè il 18% della popolazione totale del Continente. Queste cifre indicano il forte dinamismo della Chiesa che vive in Africa, un dinamismo che - come dice il Papa Benedetto XVI - si esprime nella freschezza del sì alla vita, nella freschezza del senso religioso e della speranza. L’Africa - secondo le parole del Santo Padre - è una riserva di vita e di vitalità per il futuro. Ma occorre aver presente che tutto ciò esige un forte impegno a favore della nuova evangelizzazione.


    D. - Rafforzare il laicato nella propria identità cristiana. Quali sono i settori più importanti per la formazione del laicato africano?

    R. - Uno degli obiettivi principali del nostro Congresso è proprio rafforzare e consolidare l’identità cristiana del laicato cattolico dell’Africa. Vogliamo che questo Congresso sia uno strumento che aiuti i laici africani a riscoprire la bellezza della loro vocazione e della loro missione nella Chiesa e nel mondo. E questo significa riscoprire l’importanza del Battesimo, il sacramento da cui scaturisce tutta la vita e la missione di un cristiano. Formare laici adulti non è altro che aiutarli a vivere la realtà del Battesimo fino in fondo. San Leone Magno dice: “Riconosci, cristiano, la tua dignità!”, cioè la tua dignità battesimale. È formazione, inoltre, stimolare i laici a incontrare veramente Cristo nella vita, un incontro fondamentale per ogni cristiano così come afferma il Papa Benedetto XVI: “All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva” (Deus caritas est, n. 1). Infine, rafforzare l’identità laicale comporta anche riscoprire l’importanza e la bellezza del “carattere secolare” della vocazione laicale, che consiste proprio nell’impegno di trasformare il mondo secondo lo spirito del Vangelo. Per questo i laici cattolici devono essere i veri protagonisti e i promotori di giustizia, di riconciliazione e di pace nel Continente africano; essere “ambasciatori di Cristo” anche nella vita pubblica, anche nel mondo della politica – un ambito particolarmente esigente in Africa.

    D. - Che significato assume l’Anno della Fede nel continente africano e quale impatto si spera possa avere nelle società africane?

    R. - L’Anno della Fede ci ricorda ciò che è fondamentale per l’intera esistenza di un cristiano. Il Papa Benedetto XVI ci ammonisce dicendo che a volte ci preoccupiamo in maniera affannosa delle conseguenze sociali, culturali e politiche della fede, supponendo che la fede ci sia, ma ciò purtroppo - secondo il Papa - sta diventando sempre meno realista anche in Africa. Nella formazione del laicato, dunque, bisogna partire sempre dall’essenziale, cioè da Dio, quel Dio che si è rivelato nel volto del suo Figlio, Gesù Cristo. Bisogna partire dalla fede! Da qui la grande importanza del Catechismo della Chiesa Cattolica che dovrebbe diventare un compagno di cammino per ogni laico cattolico. L’ignoranza della fede è un grave pericolo per i cattolici non solo in Africa. Il nostro Congresso si propone, quindi, di lanciare un appello ai laici cattolici africani perché conoscano la fede, la sua bellezza, la sua ragionevolezza.

    D. - Quale importanza assumono nel contesto sociale e spirituale dei Paesi africani i movimenti ecclesiali?

    R. - Il luogo principale di formazione dei laici – oltre la famiglia cristiana – è costituito dalle parrocchie. Nei nostri tempi però la parrocchia ha bisogno di essere aiutata in questo compito da una vasta rete di piccole comunità. In Africa si dà molta importanza alle comunità cristiane di base che svolgono un significativo ruolo formativo. Tuttavia occorre senz’altro valorizzare la nuova stagione aggregativa dei fedeli laici, frutto del Concilio Vaticano II, che trova espressione nei nuovi carismi dai quali nascono i movimenti ecclesiali e le nuove comunità. È questo un motivo di grande speranza anche per la Chiesa africana. Il Beato Giovanni Paolo II ha visto nei movimenti e nelle nuove comunità delle realtà dotate di un grande dinamismo missionario, un vero dono di Dio per la nuova evangelizzazione. E il Papa Benedetto XVI ha sollecitato i Pastori di andare incontro a queste realtà con grande amore. È vasta la schiera dei laici – uomini e donne, giovani e adulti - che anche in Africa, grazie a questi nuovi carismi, ha scoperto la gioia della fede nonché l’affascinante bellezza di essere cristiani.

    D. - Quali i frutti maturati dai precedenti Congressi per i laici in altri continenti, in Asia per esempio?

    R. - L’organizzazione dei Convegni continentali o regionali del laicato cattolico è ormai da anni una delle attività rilevanti del Pontificio Consiglio per i Laici. In Africa simili raduni sono stati organizzati per ben due volte in passato: nel 1971 e nel 1982. Due anni fa abbiamo realizzato un Congresso dei Laici cattolici dell’Asia a Seoul, in Corea. Quanti partecipano a questi raduni vivono un’esperienza di Chiesa come mistero di comunione missionaria: laici, vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose uniti dallo stesso amore a Cristo e alla Chiesa e pronti ad annunciare il Vangelo nel mondo che li circonda. Ogni Congresso è una semina che intende risvegliare nei laici cattolici, soprattutto in quei luoghi in cui i cristiani sono una piccola minoranza, la consapevolezza della vocazione e della missione ricevuta; vogliono risvegliare il coraggio di una testimonianza cristiana esplicita e persuasiva che dà ragione della speranza che ogni cristiano porta in sé. Questi Congressi vogliono dire ai laici cattolici “non siete soli; non siete abbandonati”, “fate parte della grande famiglia dei discepoli di Cristo di dimensioni planetarie, che è la Chiesa cattolica”. Credo che siano questi i principali frutti generati dai Congressi finora organizzati e mi auguro che saranno anche i frutti del prossimo Congresso dei laici cattolici in Camerun.

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    Seminario di studi di Propaganda Fide per i vescovi nominati in terre di missione

    ◊   Si è aperto questa mattina presso il Pontificio Collegio di San Paolo apostolo a Roma il seminario di studio promosso dalla Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli e dedicato ai vescovi nominati negli ultimi due anni nelle circoscrizioni ecclesiastiche dipendenti dal dicastero missionario. All’evento partecipano 92 presuli provenienti da 42 nazioni di diversi continenti: 25 sono dell’Africa, 8 dell’Asia, 6 dell’America e 3 dell’Oceania. La giornata inaugurale è cominciata con la concelebrazione eucaristica presieduta dal cardinale Fernando Filoni, prefetto del dicastero missionario, ed è proseguita con la conferenza di padre Alberto Trevisiol, rettore della Pontificia Università Urbaniana, sul tema “L’attualità della missione Ad Gentes nella realtà del mondo e della Chiesa di oggi”e con la relazione, nel pomeriggio, del segretario della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, mons. Savio Hon Fai Tai.

    L’appuntamento – ricorda l’agenzia Fides – si concluderà il 15 settembre con la concelebrazione eucaristica sulla tomba dell’Apostolo Pietro e intende offrire ai vescovi che da poco si trovano a capo di diocesi o circoscrizioni ecclesiastiche in terre di missione, un tempo riservato alla preghiera, alla riflessione, all’approfondimento di temi come la vita e il ministero episcopale. Per il conseguimento di questo obiettivo, verranno in aiuto le relazioni di diversi cardinali: Antonio Canizares che parlerà del compito di amministrare i sacramenti (munus sanctificandi), Peter Turkson che tratterà il tema della Dottrina sociale della Chiesa e dell’evangelizzazione, Angelo Amato sulla spiritualità del vescovo, Marc Ouellet tratterà il munus gubernandi, Mauro Piacenza la paternità nei confornti dei presbiteri. Il cardinale Zenon Grocholewski, inoltre, si occuperà della formazione dei seminari e del clero, mentre Raymond Leo del servizio amministrativo, Joao Braz de Aviz della vita consacrata, Robert Sarah delle organizzazione amministrative nei Paesi di missione e Kurt Koch del dialogo interreligioso ed ecumenico. I neopresuli venerdì 7 settembre saranno ricevuti dal Papa a Castel Gandolfo. (A cura di Roberta Barbi)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   La vera religione è vivere in ascolto di Dio: il discorso di Benedetto XVI all’Angelus.

    Il Papa ricorda il cardinale Martini in un messaggio letto durante i funerali celebrati nel duomo di Milano.

    In prima pagina, l’economia: l’Europa attende Draghi, verso il Consiglio direttivo della Bce.

    Nell’informazione internazionale, in rilievo la Siria: dilagano i combattimenti ad Aleppo e a Damasco.

    I Salmi, unici come le persone: Silvia Guidi a colloquio con il rabbino Alon Goshen-Gottstein, fondatore dell’Elijah Interfaith Institute di Gerusalemme.

    L’eroe della pazienza e la pedagogia del dolore: Fabrizio Bisconti su come viene raffigurato Giobbe nell’arte cristiana dei primi secoli.

    Quando nel colore si scopre la spiritualità: un testo di Marko Ivan Rupnik sulla ricerca dei contenuti metafisici e simbolici nella pittura di Filippo Rossi.

    I tunnel di Freddie Quell: Luca Pellegrini sul film “The Master” presentato alla Mostra di Venezia.

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    Oggi in Primo Piano



    Arresto dell'imam in Pakistan, più vicina la liberazione di Rimsha. Ora vacilla la legge sulla blasfemia

    ◊   In Pakistan slitta a venerdì prossimo l’udienza del tribunale di Islamabad sulla richiesta di libertà dietro cauzione per la bambina cristiana, con sindrome di Down, accusata di blasfemia e in carcere dal 16 agosto. Ma intanto fa scalpore l’arresto dell'imam che ha accusato la tredicenne Rimsha Masih di aver bruciato pagine di un libro sacro islamico. Testimoni hanno parlato di false accuse costruite ad arte dall’imam. La Chiesa pakistana è certa dell'ormai prossima liberazione della bimba ed è convinta che questa vicenda sarà una vittoria non solo della verità ma per tutta la nazione. Infatti - come nota l'Agenzia Fides - non ci sono state proteste di gruppi integralisti e anche importanti leader musulmani hanno difeso Rimsha e denunciato gli abusi della legge sulla blasfemia, chiedendo la punizione dell'imam. Fausta Speranza ha parlato di tutto questo con l’avvocato della bambina, Tahir Naveed:

    R. – Yeah, I’m full happy and hopeful and thank God …
    Sì, sono veramente felice e fiducioso e ringrazio Iddio che la verità sia venuta a galla: ora non è più un segreto che Rimsha è innocente! Questo dimostra che si era trattato di una cospirazione. Noi l’abbiamo detto fin dal primo giorno che era tutta una storia organizzata. Si dimostra ora anche che l’intervento in un talk-show di quattro giorni fa dell'imam Khalid Jadoon, arrestato ieri pomeriggio e inviato in prigione, era inteso a manipolare gli spettatori. Era stato lui stesso, invece, a mettere il materiale contestato nella sacca di Rimsha. Questo dimostra che il suo agire era teso a cacciare i cristiani dalle loro abitazioni. Ecco, quindi dietro a tutta la faccenda – come possiamo vedere – c’era una cospirazione. Qui non si tratta soltanto di Rimsha, qui si tratta di molte altre cose che potranno essere riviste per il futuro. Come si sa, molte sono le persone che si oppongono all’abuso e all’uso improprio che si fa della Legge sulla blasfemia: ricordiamo tra queste il governatore del Punjab, Salman Taseer, e lo stesso ministro Shabaz Bhatti, che hanno perso la vita per questa causa. Ora, dopo questo caso, dopo l’arresto dell’imam Jadoon, tutti parlano e tutti riflettono sul fatto che di questa legge si faccia un uso improprio, se non proprio un abuso. Ci sono anche tanti altri esempi come questo … Penso che dopo questo caso, molte cose debbano essere riviste a tutti i livelli: tra i capi religiosi islamici, tra gli intellettuali e i partiti politici, affinché tutti si impegnino nella lotta contro l’uso improprio di questa legge.

    D. – In quanto avvocato di Rimsha, ha ricevuto pressioni?

    R. – I have no death pressure nor any threat, because I am not only lawyer, …
    Non ho ricevuto né minacce di morte né minacce di alcun genere, perché io non sono soltanto il suo avvocato, sono un membro della “All Pakistan Minorities Alliance”, l’organizzazione più importante di questo genere in Pakistan, fondata dallo stesso Shabaz Bhatti. Inoltre, sono anche membro del Parlamento del Punjab. Sono cristiano e seguace di Gesù Cristo. E comunque provo amore cristiano per questa povera figlia, Rimsha, e seguirò questo caso con l’impegno e la dedizione insegnati da Gesù.

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    Turchia: scontri tra governativi e ribelli curdi, almeno 30 vittime

    ◊   E' salito ad una trentina di morti il bilancio degli scontri tra forze di sicurezza turche e ribelli curdi nel sudest della Turchia: uccisi 9 tra poliziotti e militari e una ventina di militanti del Partito dei lavoratori del Kurdistan. Il servizio è di Salvatore Sabatino:

    Tutto è iniziato con l’attacco di un gruppo di ribelli ad un complesso della polizia; attacco, di certo pianificato da tempo, perché condotto con mitragliatrici e razzi. Inevitabile la reazione di polizia e soldati, che hanno ingaggiato violenti scontri; alla fine è stata una carneficina, con una trentina di morti, tra i quali si conterebbero anche alcuni civili. Uno stillicidio di vittime che continua da settimane e che ripropone quello dell’autonomia curda, come uno dei maggiori problemi del Paese anatolico; una vera spina nel fianco del premier Erdogan. Ne abbiamo parlato con il giornalista turco Dundar Kesapli:

    R. - E’ un problema che purtroppo va avanti da anni senza risoluzione ma bisogna specificare e sottolineare una cosa: non si tratta di un problema curdo, ma di estremismo curdo; sono gli estremisti che stanno facendo un gioco politico contro il governo turco. La maggior parte delle popolazioni che vivono nel sud-est della Turchia sono di origine curda e quando gli estremisti del Pkk fanno attentati contro i civili, uccidono persone della loro stessa etnia.

    D. – Quanto la tragedia siriana che si sta consumando alle porte della Turchia può rinfocolare ulteriormente le tensioni interne nel Paese sul fronte curdo?

    R. – Tutto è possibile perché purtroppo fra Siria e Turchia ci sono sempre stati momenti di tensione. La Siria è un Paese dove molti estremisti del Pkk facevano addestramento; quindi, dietro tutto questo potrebbe esserci la mano dei siriani.

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    Lavoro in calo nelle grandi imprese. Cresce la disoccupazione giovanile

    ◊   In Italia, l’occupazione nelle grandi imprese, ovvero quelle con almeno 500 dipendenti, scende su base mensile dello 0,2% al lordo dei dipendenti in cassa integrazione. Secondo stime di Confcommercio, quest’anno potrebbero chiudere oltre 150 mila attività commerciali. Aumenta poi la disoccupazione giovanile, con un incremento del 20% in cinque anni. Su questi dati si sofferma al microfono di Amedeo Lomonaco, il prof. Tito Boeri, docente di Economia del lavoro alla Bocconi:

    R. – Non sarà facile riuscire a rilanciare il nostro mercato del lavoro, dato che comunque quest’anno sarà un anno di recessione, il prossimo anno difficilmente la nostra economia potrà ripartire con forza. Sin qui, le imprese che hanno retto sono quelle che sono più esposte alla concorrenza internazionale, che hanno beneficiato del fatto che altri Paesi hanno continuato a crescere. Per quanto riguarda il nostro Paese, credo che il governo italiano dovrà fare presto delle scelte importanti, anche negli incontri con le parti sociali, previsti questa settimana, e le risorse sono davvero limitate. Forse, una cosa su cui varrebbe la pena di riflettere è se non sia il caso di utilizzare le risorse disponibili dalla spending review che si volevano destinare ad evitare l’incremento dell’Iva: utilizzarle per ridurre il cuneo fiscale sul lavoro.

    D. – Un altro dato penalizzante per l’Italia è la disoccupazione giovanile. Il numero dei giovani occupati tra i 15 ed i 34 anni cala del 20%, con una riduzione in cinque anni di un milione e mezzo di posti di lavoro. Ma c’è un dato, poi, in controtendenza, rispetto a questo. Nella fascia tra i 55 e i 64 anni, si registra un aumento tra gli occupati di 626 mila unità, con un incremento negli ultimi cinque anni del 26%…

    R. – Qui non c’è un fenomeno di lavoratori anziani che tolgono il lavoro ai giovani. Il fatto che aumentino gli occupati al di sopra dei 55 anni è un effetto della riforma previdenziale fatta in questi anni, che ha condotto ad un prolungamento della vita lavorativa. Quindi, questo è un dato che continuerà a manifestarsi nei prossimi anni, man mano che i lavoratori di quelle generazioni continueranno a rimanere nel mercato del lavoro. Il problema giovanile è un problema di altra natura: non appena la congiuntura peggiora, sono i primi che vengono penalizzati. E la simmetria – davvero – tra giovani ed altri lavoratori nel nostro mercato del lavoro è fortissima. Solo l’Italia è un Paese in cui la disoccupazione tra i giovani è quattro volte più alta che per le altre fasce d’età.

    D. – E cresce anche il numero di coloro che dichiarano di non essere alla ricerca di un lavoro, perché ritengono di non riuscire a trovarlo: sono più di 1 milione 660 mila. Quali i settori in Italia in cui invece la ricerca di un lavoro ha maggiori probabilità di successo?

    R. – In effetti, aumentano i cosiddetti lavoratori scoraggiati: sono persone che a un certo punto decidono di smettere anche l’attività di ricerca del lavoro e quindi come tali non vengono definiti e contabilizzati più come lavoratori disoccupati. Credo che le opportunità di impiego per i giovani, in futuro, saranno soprattutto nei servizi e soprattutto nei servizi avanzati nel campo della sanità, per esempio, dove l’invecchiamento della popolazione sta generando una domanda sempre più forte di servizi. Saranno nei servizi alle imprese – anche qui si tratta di servizi avanzati che richiedono qualifiche importanti. Quindi, sarà una domanda rivolta soprattutto anche a profili che hanno un certo grado di qualifica a livello di istruzione terziaria: questo è un dato molto importante per chi sta facendo le proprie scelte di scuola, di investimento in capitale umano. Davvero, il fatto di avere almeno una laurea, di avere specializzazioni è molto importante per l’ingresso nel mercato del lavoro. Sulle qualifiche più basse credo che avremo ancora un incremento della domanda per i servizi alle persone, ma qui la competizione degli immigrati è più forte, quindi può essere difficile anche per un italiano riuscire a trovare un lavoro.

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    Cipro. A Nicosia l'Incontro della Ccee sulla coesione sociale in Europa

    ◊   “L’impegno della Chiesa nella promozione della coesione sociale in Europa”: se ne parlerà da domani per tre giorni a Nicosia. L’incontro, promosso dalla Commissione delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee), è stato organizzato dal governo di Cipro, presidente di turno dell’Unione Europea. Presenti una trentina di vescovi, delegati per le questioni sociali ed esperti di economia e diritto. Roberta Gisotti ha intervistato il prof. Vincenzo Buonomo, decano della Facoltà di Diritto civile alla Pontificia Università Lateranense:

    D. – Professor Buonomo, quale può essere la politica della coesione sociale in Europa di fronte alla crisi economica, alle spinte centripete e perfino al paventato rigetto della moneta unica?

    R. – In questo momento, l’Europa discute sul suo futuro con una strategia per la coesione sociale chiamata “Strategia 2020”, nella quale individua alcuni punti fondamentali che sono sempre legati alle questioni economiche o all’integrazione economica del continente. Ciò che si rileva in un momento di crisi dell’economia è proprio l’assenza o la carenza di una riflessione sui temi etici, sui cosiddetti valori che debbono sostenere l’integrazione. Se l’attività economica per l’Unione Europea ha il primo posto in base ai Trattati istitutivi, certamente questa attività non può dimenticare che la persona è inserita in un contesto sociale nel quale prevalgono poi situazioni di ordine etico, situazioni di ordine culturale e anche situazioni di ordine religioso che invece si vedono escluse da questo tipo di approccio. Di fronte ad una crisi che ormai interessa quasi tutti i Paesi europei, certamente c’è da pensare se la crisi sia soltanto determinata da fattori tecnicamente definiti come finanza, spread o divario tra economie e se non sia anche un problema di crisi di valori essenziali che sono alla base del vivere della persona e del suo inserimento nel contesto sociale.

    D. – Quindi, la Chiesa potrà giocare un ruolo importante per ricreare coesione sociale?

    R. – Qui, c’è una prospettiva che, attraverso le riflessioni dei vari episcopati, sta venendo fuori: quella di aprire la Chiesa a essere un soggetto protagonista attraverso le sue associazioni, attraverso le sue forze, ma protagonista della strategia di coesione sociale non soltanto supplente di fronte alla carenza che c’è da parte delle istituzioni, sia nazionali sia europee.

    D. – Da questo incontro, si aspetta un documento finale?

    R. – Questo incontro dovrà elaborare alcune linee che serviranno a guidare i diversi episcopati nazionali ma soprattutto l’episcopato europeo in quanto tale, perché possa essere di spinta e propulsore di idee per concorrere a quella vera integrazione. E’ interessante questo riferimento alle radici dell’integrazione: la Dichiarazione di Schuman del 1950 individuava nella solidarietà e nella sussidiarietà i due elementi portanti di questa coesione sociale. Oggi, recuperarne le radici significa appunto riprendere anche le radici dell’integrazione europea.

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    Varese. A Villa Cagnola la 34.ma Settimana europea dedicata a Gerusalemme

    ◊   “Una città tra terra e cielo. Gerusalemme, le religioni, le Chiese”: con questo tema si apre oggi a Villa Cagnola, in provincia di Varese, la 34.ma Settimana europea dedicata alla storia religiosa euro-mediterranea. Promossa dalla Fondazione Ambrosiana Paolo VI, l’iniziativa vuole essere uno strumento di sensibilizzazione al dialogo in un’area difficile, come quella del Medio Oriente. Isabella Piro ne ha parlato con mons. Eros Monti, direttore dell’Istituto di Studi religiosi di Villa Cagnola:

    R. - La Settimana europea è un’iniziativa attraverso la quale è possibile andare alle radici cristiane dei popoli europei. Quindi, in tutte le passate edizioni si è focalizzata su ogni singola tradizione religiosa dentro una precisa realtà geografica e culturale d’Europa. La novità di questi ultimi anni è stata lo sporgersi oltre, cioè l’allargamento all’Oriente, e in particolare al bacino mediterraneo. Quest’anno, l’attenzione andrà focalizzata su Gerusalemme, città appunto crocevia di religioni e di culture, e il progetto prevede poi che si prosegua nella direzione della realtà egiziana, copta, quella magrebina, e poi speriamo magari si possano toccare le radici religiose di altri Paesi del mondo.

    D. - Il titolo di questa 34.ma edizione della Settimana europea è “Una città tra terra e cielo. Gerusalemme, le religioni, le Chiese”.

    R. - L’argomento principale è proprio la singolarità di questa città, che è un po’ simbolo dell’intera vicenda religiosa e laica dell’umanità. Sarà un percorso che parte dalla Gerusalemme antica, quindi la Gerusalemme biblica dell’Antico Testamento, sede del Tempio. “Gerusalemme, città tra cielo e terra”, nel senso che nel Tempio, è il luogo dove si realizza l’incontro tra Israele e il suo Dio, tra Israele e il Signore, quindi città "santa" per eccellenza. Poi, il successivo passaggio sarà esaminare la Gerusalemme cristiana, la Gerusalemme che appunto sgorga dalla Pasqua di Gesù, dalla sua morte e risurrezione, quindi sede della prima comunità apostolica. Tappe successive esamineranno Gerusalemme nella storia, quindi le sue vicissitudini storiche, in particolare la figura del pellegrinaggio cristiano, come modalità di ritoro alle origini, alle sorgenti della propria fede, fino alla Gerusalemme contemporanea. Oggi, Gerusalemme si presenta come un crocevia, a volte anche drammatico, tra diverse fedi religiose - fondamentalmente l’ebraismo, il cristianesimo e l’islam - ma anche tra diversi popoli. Quindi, può diventare il luogo effettivo di pace, di una giustizia rinnovata, di convivenza nuova tra culture e popoli, anche se attualmente, si presenta tante volte come il luogo drammatico del mancato dialogo o addirittura dello scontro. Gerusalemme è però città promettente, città in tutto terrena, in tutto simile alle altre che però si protende verso Dio, verso il Cielo. E questo indica la sua unicità. Sarebbe bello che Gerusalemme fosse un po’ considerata davvero il cuore del mondo, una città diversa da tutte la altre, una città a cui tutti i popoli potrebbero guardare come luogo di un’unità rinnovata: un’unità tra i popoli che avviene non per omologazione, ma perché, pur avendo appartenenze culturali, storiche, religiose differenti, si può vivere insieme, si può guardare insieme verso l’alto, verso quel cielo che indica, appunto, la meta di ogni uomo e dell’intera umanità.

    D. - La Terra Santa non è soltanto un museo a cielo aperto, ma è soprattutto un luogo di pellegrinaggio. Come far capire questo, non solo ai turisti, ma anche ai fedeli?

    R. - Il pellegrinaggio non è soltanto un trasferirsi, un viaggio o addirittura raggiungere Gerusalemme come meta turistica. Il pellegrinaggio è un cammino spirituale che appartiene, è intrinseco alla logica della fede. Gesù ha chiamato a sé dei discepoli, invitandoli appunto a seguirlo. La dinamica del pellegrinaggio è un modo per comprendere, per vivere la fede, e in particolare la fede cristiana. Il pellegrinaggio diventa un po’ metafora dell’intera vita, del cammino delle persone, delle comunità e se vogliamo, dell’intera storia. Tutta la storia è pellegrinaggio verso Dio, tende verso Lui.

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    Tent'anni fa la mafia uccideva Dalla Chiesa. Intervista col procuratore Caselli

    ◊   Il 3 settembre di trent’anni fa a Palermo veniva ucciso dalla mafia il generale Carlo Alberto dalla Chiesa, insieme alla moglie Emanuela Setti Carraro e all’agente di scorta Domenico Russo. Il mandato del generale come prefetto del capoluogo siciliano durò appena cento giorni. Le istituzioni italiane lo commemorano con cerimonie a Palermo e Torino, e il presidente della Repubblica Napolitano ne ha ricordato la figura di “eccezionale servitore dello Stato”, il cui ricordo è ancora capace di mobilitare le coscienze. Secondo il ministro dell’interno, Anna Maria Cancellieri, “non fu inutile” il sacrificio del generale, che percorse “senza cedimenti la strada della legalità”. E del significato dell’azione di Dalla Chiesa, Davide Maggiore ha parlato con Giancarlo Caselli, procuratore di Torino, già magistrato a Palermo, che ricorda innanzitutto il contributo fondamentale dato dal futuro prefetto alla lotta antiterrorismo:

    R. - In una prima fase, Dalla Chiesa arresta con i suoi uomini tutti i capi storici delle Brigate Rosse, che vengono processati davanti alla Corte di Assise di Torino e condannati nel rispetto assoluto delle regole. C’è poi uno sviluppo successivo, dopo il sequestro dell’On. Moro, la strage delle sua scorta, la lunga prigionia di Moro e poi il suo omicidio: Dalla Chiesa viene “recuperato” per la lotta contro il terrorismo, i successi anche in questo caso arrivano in maniera consistente e, forte di questa credibilità, Dalla Chiesa viene invitato ad assumere le funzioni di prefetto antimafia a Palermo. I 100 giorni di Dalla Chiesa, sono però 100 giorni di sostanziale isolamento rispetto al palazzo, 100 giorni di terra bruciata che qualcuno gli fa intorno. Dalla Chiesa va a Palermo e non fa mistero del fatto che affronterà la mafia nella sua globalità, in tutte le sue articolazioni, in tutte le sue implicazioni. Non farà sconti.

    D. - Questo approccio senza sconti alla mafia potrebbe essere definito il "lascito" di Dalla Chiesa?

    R. - E’ un lascito sicuramente fondamentale. Un altro lascito di Dalla Chiesa, che si concretizza soltanto dopo la sua morte, è che, pochissimi giorni dopo, il nostro Paese finalmente si risveglia da un lungo sonno e nell’ordinamento dello Stato vengono introdotti due pilastri che funzionano ancora oggi: il reato associativo - la mafia punita in quanto tale - e i meccanismi che consentono di aggredire anche il portafoglio, ovvero i patrimoni dei mafiosi. Sono due cose che funzionano ancora oggi e sono il lascito tragico e importantissimo, fondamentale nella lotta alla mafia, di Dalla Chiesa e con lui di Pio La Torre.

    D. - Proprio all’indomani dell’omicidio di Pio La Torre, il generale Dalla Chiesa parlò dell’obiettivo di poter guardare in faccia il proprio interlocutore, poter ridere e parlare in terra di mafia. Quanto ci siamo avvicinati a questo obiettivo in questi 30 anni?

    R. - Dalla Chiesa trascorse una parte dei suoi 100 giorni cercando di bilanciare l’ostilità del palazzo, aprendosi alla società civile e quindi numerosissimi furono gli incontri con studenti, numerosissimi gli incontri con operai - in particolare dei cantieri navali di Palermo - numerosissimi gli incontri con familiari di tossicodipendenti. Voleva vivere nella società, non vivere barricato nel suo ufficio: era assolutamente consapevole che la mafia si sconfigge non soltanto con le manette. Nell’intervista rilasciata a Giorgio Bocca, che gli chiede cosa si può fare per sconfiggere la mafia, risponde: “Ho capito una cosa molto semplice, ma forse decisiva: ci sono diritti fondamentali dei cittadini che non sono loro assicurati; glieli dobbiamo assicurare effettivamente in modo da trasformarli da dipendenti della mafia in alleati dello Stato. Così si sconfigge la mafia”.

    D. - In questo senso, come si può creare una più generale cultura della legalità?

    R. - Parlando molto ai giovani, ma non soltanto ai giovani, di legalità in termini di vantaggio, in termini di convenienza, in termini di qualche cosa che, se c’è, ha una ricaduta potentissima sulla qualità della nostra vita. Più legalità significa più opportunità di lavoro libero, più opportunità d’iniziative imprenditoriali non condizionate dalla mafia, significa più possibilità per tanti giovani di essere padroni del loro futuro. Questo oggi accade sempre più significativamente, mi riferisco soprattutto a Libera (l’unione di associazioni che fa capo a un sacerdote torinese, don Ciotti), che opera anche in concreto, coordinando le cooperative di giovani che lavorano le terre confiscate ai mafiosi. Questi giovani realizzano un formidabile riscatto, in termini di dignità, di onore, di presidio del proprio futuro. Il nostro è un Paese che ha ancora tanti problemi di mafia, ma ci sono molti Paesi all’estero che ci prendono come modello, come punto di riferimento per quello che abbiamo saputo fare sul versante dell’antimafia - cosiddetta sociale - che ho cercato di descrivere facendo riferimento all’esperienza di Libera e delle cooperative.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Siria. L'inviato Brahimi: “Missione quasi impossibile”. Altri 18 morti ad Aleppo

    ◊   Ancora scontri e uccisioni in Siria. Quest’oggi, nei pressi di Aleppo, durante i bombardamenti aerei governativi hanno perso la vita almeno 18 persone, tra cui cinque donne e tre bambini. E un altro attentato, le cui conseguenze sono ancora tutte da verificare, sarebbe avvenuto in un sobborgo a sud di Damasco, già teatro, nei giorni scorsi, di alcuni attentati dinamitardi. A tal proposito, si è espresso Lakdar Brahimi, il nuovo inviato dell’Onu e della lega Araba per la crisi siriana nominato dopo la rinuncia nei giorni scorsi di Kofi Annan. Il delegato ha usato toni piuttosto pessimistici al riguardo, definendo la sua “una missione molto difficile, quasi impossibile, da affrontare con gli occhi aperti e nessuna illusione. La gente sta morendo e noi non stiamo facendo molto - afferma - Già solo questo è un peso terribile”. Ciò anche a causa di un Consiglio di sicurezza dell’Onu paralizzato dai veti di Russia e Cina che sostengono il governo siriano, come afferma Laurent Fabius, ministro degli Esteri francese, che ha definito Assad “un dittatore che uccide il suo popolo” in un conflitto che ha già causato la morte di circa 25mila persone. Il Ministro francese ha usato toni molto duri, dicendosi pronto ad una reazione massiccia e tempestiva in caso di uso di armi chimiche da parte del regime di Assad. (L.P.)

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    Elezioni in Angola: Dos Santos si riconferma presidente

    ◊   In Angola si sta aprendo la strada a un nuovo mandato del presidente uscente, José Eduardo Dos Santos, al potere ininterrottamente da 38 anni. Questo si profila essere il risultato – non ancora definitivo - delle elezioni svoltesi nel Paese il 31 agosto scorso: il partito dell’Mpla, di cui Dos Santos è il leader, avrebbe ottenuto il 72,85% delle preferenze e quindi, stando ai termini della Costituzione angolana, dovrebbe ottenere la presidenza. Seconda è arrivata la formazione dell’Unione nazionale per l’indipendenza totale dell’Angola (Unita) di Isaias Samakuva, con il 18,22% dei voti; terza la coalizione Convergenza ampia per la salvezza dell’Angola (Casa) con il 5,65: entrambe hanno denunciato irregolarità nelle elezioni e minacciato la presentazione di esposti. La tornata elettorale, invece, è stata “credibile e libera, trasparente e realizzata nel rispetto dei principi di elezioni democratiche in Africa”, secondo la missione degli osservatori dell’Unione Africana guidata da Pedro Pires, che, a due giorni dal voto, ha dato alcuni consigli all’esecutivo: migliorare il processo di accredito degli osservatori internazionali e il sistema di finanziamento pubblico ai partiti, curare l’educazione civica ed elettorale e la copertura e l’accesso alle emittenti pubbliche di tutti i partiti e i candidati. (R.B.)

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    Spagna: oltre 13 milioni di bambini in tutto il mondo non vanno a scuola

    ◊   Si apre oggi a Madrid il IV Incontro Internazionale contro il Lavoro Minorile, organizzato dalla Fundación Telefónica con l’appoggio dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (Ilo). L’obiettivo è trovare soluzioni a questo problema che registra in tutto il mondo oltre 250 milioni di bambini lavoratori e circa 13 milioni e 215 mila bambini che non vanno a scuola. Il fenomeno è particolarmente grave nel sudest asiatico e nell’Africa subsahariana. Tra i temi affrontati nell’Incontro - riferisce l'agenzia Fides - anche le forme di lavoro minorile pericoloso nell’agricoltura, lo sfruttamento sessuale dei piccoli, metodi innovativi nel campo dell’istruzione e nuove forme di mobilitazione sociale. Insieme ad un’ampia rete di Ong, la Fundación Telefónica ha dato la possibilità di frequentare la scuola a 285 mila bambini di 13 Paesi dell’Africa subsahariana. (R.P.)

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    Colombia: in attesa del dialogo, la Chiesa prepara la "Settimana per la pace"

    ◊   In un clima di speranza che i contatti del governo con le Farc giungano a risultati concreti, la Colombia si prepara a vivere l’annuale “Settimana per la Pace”. “Il presidente Juan Manuel Santos ci ha sempre detto di partecipare al dialogo di pace con le Farc, ma occorre considerare con prudenza il momento giusto per intervenire”afferma, in una nota inviata all’agenzia Fides, il vescovo della diocesi di Fontibon, mons. Juan Vicente Cordoba Villota. Mons. Córdoba sottolinea anche la speranza che le conversazioni con le Farc riescano ad arrivare a buon fine, in quanto non si tratta di un processo facile e bisogna avere molta prudenza. La Chiesa comunque aspetta un segnale dal Presidente per intervenire. Anche la Conferenza episcopale in un suo comunicato ha manifestando la sua totale disponibilità a partecipare al momento opportuno. Proprio in questi giorni intanto la Colombia sta preparando la celebrazione della “Settimana per la Pace 2012” che si svolgerà dal 9 al 15 settembre con una serie di attività nelle diverse città del Paese. Nell'arcidiocesi di Cartagena, per esempio, è stata organizzata una marcia che aprirà questa Settimana al fine di sensibilizzare la partecipazione di tutti. Lo slogan della Settimana sarà: “Accompagnando le vittime, si costruisce una via verso la pace”. L’invito è comunque a non pensare solo alle vittime del conflitto armato, ma anche alle tante vittime di abusi o della violazione dei diritti. (R.P.)

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    Oggi 12.mo anniversario di Beatificazione dei Pontefici Pio IX e Giovanni XXIII

    ◊   Era il 3 settembre del 2000 quando Giovanni Paolo II, nell’anno del Giubileo, proclamò beati Pio IX e Giovanni XXIII. Due Pontefici lontani tra loro nel tempo, ma così simili e vicini per la devozione a Maria, Madre di Gesù e per aver promosso i tentativi di riforma della Chiesa cattolica più importanti degli ultimi secoli: il Concilio Vaticano I, nel 1869, e il Concilio Vaticano II, nel 1962. Il Beato Pio IX, al secolo Giovanni Maria Mastai Ferretti, nato a Senigallia il 13 maggio 1792, fu eletto al Soglio Pontificio nel 1846, all’età di 54 anni, come successore di Papa Gregorio XVI. Il suo pontificato durò 32 anni, tra i più importanti e lunghi della storia - secondo per durata solo a quello di San Pietro - durante il quale dovette affrontare le correnti anti clericali che si erano diffuse in Europa a partire dalla rivoluzione francese e che caratterizzarono tutto il secolo XIX. Tra i molti aspetti che caratterizzano il Pontificato di Pio IX ci sono la definizione del dogma dell’Immacolata Concezione di Maria, avvenuta l’8 dicembre 1854, e il Concilio Vaticano I, aperto a Roma l’8 dicembre 1869, durante il quale fu promulgato il dogma dell’infallibilità del Papa quando, come maestro della fede e della vita cristiana, questi insegna “ex cathedra” con l’autorità di Cristo, come dottore universale della Chiesa. Il Beato Giovanni XXIII, al secolo Angelo Roncalli, nato a Sotto il Monte il 25 novembre 1881, fu invece eletto Pontefice nel 1958, all’età di 77 anni. Aspetto fondamentale del Suo pontificato fu l’apertura, l’11 ottobre 1962, del Concilio Vaticano II, annunciata nel 1959, appena un anno dopo la Sua elezione, di cui quest’anno si celebra il 50.mo anniversario. Il Concilio rappresenta un evento storico fondamentale per la Chiesa di Roma, la quale ne uscì fortemente rinnovata. Roncalli lo si era immaginato come un Papa di transizione che sarebbe stato presto dimenticato ma, per un disegno provvidenziale di Dio, la giovinezza della Chiesa si è realizzata proprio attraverso l’opera di un Pontefice anziano il cui Pontificato durò appena 5 anni. La Sua spiritualità, così come per Pio IX, aveva le sue radici in Maria, Madre di Gesù. Il “Papa buono” esortava i fedeli a pregare il Rosario ogni giorno, invitandoli alla preghiera a Maria ogni sera nelle proprie abitazioni, con le famiglie riunite. (L.P.)

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    India: manifestazione in Orissa nel quarto anniversario delle stragi di cristiani

    ◊   Per ricordare l’anniversario dei massacri che colpirono la comunità cristiana del distretto di Kandhamal, in Orissa, nel 2008, circa cinquemila persone sono scese in strada sabato scorso per chiedere “giustizia, pace e armonia” nello Stato indiano. Alcuni dei manifestanti, precisa la Fides, si erano coperti la bocca con nastro adesivo nero per simboleggiare il silenzio cui sono stati costretti negli anni. Accanto ai partecipanti ha sfilato anche il vescovo di Berhampur, mons. Sarat Nayak, che ha dichiarato pubblicamente che solo quando si ristabiliscono verità e giustizia può venire la pace. Padre Ajay Singh, attivista per i diritti umani, ha spiegato che la manifestazione aveva anche l’obiettivo di rendere omaggio alle vittime e di attirare l’attenzione del governo; l’Ong Christian Solidarity Worldwide, invece, ricorda che “l’unico modo per fermare gli estremisti è garantire legalità e giustizia”. Infine, l’arcivescovo di Cuttack-Bhubaneswar, in un messaggio inviato in occasione dell’anniversario, ha definito le stragi del 2008 “crimini contro l’umanità molto diffusi ed eseguiti con un’attenta pianificazione”. In Orissa, all’epoca dei fatti, furono uccisi un centinaio di cristiani e i profughi furono 56mila. (R.B.)

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    Hanoi: famiglie vietnamite in pellegrinaggio per la libertà di 17 cristiani imprigionati

    ◊   Un "viaggio" simbolo di "libertà", per chiedere al governo di rilasciare un gruppo di prigionieri rinchiusi per reati di coscienza e per la fede professata, il cristianesimo. È l'iniziativa lanciata nei giorni scorsi da un gruppo di parenti e amici di 17 fra cattolici e protestanti, da oltre un anno in prigione per crimini legati al pensiero e all'opinione. Le autorità vietnamite - riferisce l'agenzia AsiaNews - hanno represso con violenza la marcia pacifica. Tuttavia, questa manifestazione simbolica del dissenso è divenuta anche occasione per un pellegrinaggio in luoghi sacri, monasteri e luoghi di culto da tempo vittime della repressione del governo comunista di Hanoi, fra cui i fedeli della parrocchia di Thai Ha nella capitale. Dal 24 al 28 agosto almeno 30 famiglie cristiane, parenti di attivisti e intellettuali sotto processo, hanno compiuto questa sorta di pellegrinaggio con destinazione Hanoi. I familiari hanno sfilato per le vie della capitale brandendo cartelli con scritto "Le autorità vietnamite rilascino giovani innocenti", oppure "Il mio ragazzo è innocente" e ancora "Mio fratello è innocente". Per oltre un anno essi hanno lanciato appelli e petizioni al governo centrale, chiedendo di liberare persone incarcerate per la fede professata o le idee espresse. In risposta, le autorità hanno represso con la violenza queste dimostrazioni pacifiche arrestando i familiari; le forze di sicurezza hanno ammassato la gente a bordo di bus, rispedendoli senza troppi riguardi nelle zone di origine. Il governo ha inoltre rispedito al mittente le petizioni e hanno impedito una denuncia formale della vicenda al tribunale. Tuttavia, la quattro giorni di marcia in direzione di Hanoi è stata anche occasione per compiere un pellegrinaggio speciale in alcuni luoghi simbolo della fede e delle libertà personali, fra cui quella religiosa, troppo spesso negate dal governo comunista al potere. Durante il cammino, le famiglie hanno visitato il monastero cistercense di Chau Son, già distrutto dalle autorità comuniste - la comunità fuggita - e ora in fase di restauro. Esse hanno anche sostato per offerte e preghiere alla parrocchia di Thai Ha ad Hanoi, da tempo nel mirino delle autorità centrali. Il 28 agosto vi è stata l'adorazione eucaristica al santuario di Trai Gao, nella diocesi di Vinh, a cui è seguita la celebrazione della messa, con una preghiera speciale per i 17 cristiani tuttora in carcere. "I vostri figli e fratelli sono buoni cattolici e buoni cittadini - ha sottolineato padre Anthony durante l'omelia - in un periodo speciale della società vietnamita. Il governo non potrà comportarsi per sempre in questo modo". Infine, nei giorni scorsi almeno una dozzina di Organizzazioni non governative ha inviato una richiesta al governo, per il rilascio immediato dei cristiani incarcerati. (R.P.)

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    Mali: la situazione nel nord del Paese sotto il controllo dei ribelli Mujao

    ◊   Tra sabato e domenica il Movimento per l’unità e la Jihad in Africa occidentale (Mujao), che da molti mesi controlla larga parte del nord del Mali, è tornato a far parlare di sé con l’uccisione, per ora solo annunciata e in attesa di conferma, del vice-console algerino Tahar Touati a Gao, preso in ostaggio lo scorso 5 aprile. La morte del vice-console è stata annunciata da un comunicato del Mujao pubblicato dall’agenzia di stampa mauritana Ani attraverso il quale i ribelli sostengono che Algeri non stia rispondendo alle loro richieste e che la sorte toccata al diplomatico potrebbe essere la stessa per gli altri algerini presi in ostaggio. La notizia, come riferisci l’agenzia Misna, ha colto di sorpresa il governo algerino che ha sostenuto di non aver mai interrotto i negoziati con i ribelli. Inoltre i ribelli sono riusciti a consolidare il proprio potere nel nord del Paese grazie alla presa della città di Doeuntza, fino ad oggi rimasta indipendente ma situata nella zona controllata dal Mujao, lungo la direttrice che porta a Mopti, prima grande città rimasta sotto il controllo del governo centrale di Bamako. “Per il momento non sembra possibile un’avanzata militare verso Bamako dei gruppi armati che controllano il nord - afferma all'agenzia Fides don Edmond Dembele, segretario della Conferenza episcopale del Mali - ma sul piano ideologico e della propaganda ci sono segnali inquietanti. In alcune moschee di Bamako, per esempio, sono apparsi predicatori estremisti che hanno inscenato comizi, che le popolazioni locali non hanno però finora apprezzato”. Le popolazioni in fuga dal caos del nord si trovano infine ad affrontare le forti piogge che hanno colpito il Mali, e che hanno provocato inondazioni in alcune zone. “Le piogge aggravano una situazione già compromessa dalla crisi alimentare, perché favoriscono la diffusione del colera. Sul piano infettivo, le condizioni più preoccupanti sono al nord, anche se al sud sono segnalati focolai di colera. La situazione umanitaria rimane quindi preoccupante” conclude don Dembele. (L.P.)

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    Iraq: a Kirkuk aperta una scuola per cristiani e musulmani

    ◊   L'arcivescovo di Kirkuk mons. Louis Sako ha inaugurato la scuola elementare privata "Myriamana" (Maria Nostra Signora), vicino alla cattedrale caldea. Avvenuta il 1° settembre scorso, alla cerimonia hanno partecipato rappresentanti del clero locale, il direttore generale dell'Educazione nazionale, Schant, l'imam della grande moschea di Kirkuk, lo sceicco Ahmad Al-Hamad Al-Hamin, e lo sceicco Ismael Hadidi. Con le sue sei classi - oltre a un asilo e un nido - la scuola annovera già 100 alunni registrati, maschi e femmine, cristiani e musulmani. Il personale scolastico - riferisce l'agenzia AsiaNews - si compone di 15 elementi. Per i cristiani iracheni, il progetto rappresenta una ragione per sperare e rimanere, e un'occasione per dare nuova forza al vivere insieme. Nel saluto inaugurale, l'arcivescovo ha detto: "Nella tradizione cristiana, c'è sempre stata una scuola accanto a una chiesa. Perché la missione della Chiesa è di educare e formare. Essa è 'Mater et magistra'. Con questa iniziativa, non cerchiamo l'interesse materiale, ma di fornire un'educazione e una formazione solide per le nuove generazioni". Mons. Sako spiega che dal punto di vista economico "gli studenti più poveri non pagheranno la retta, quelli di fascia media pagheranno solo la metà. Il prezzo è simbolico, perché la scuola è finanziata dalla diocesi. Cristiani e musulmani studieranno insieme e impareranno i principi di entrambe le religioni in modo positivo, giusto e serio, perché possano vivere nel rispetto e nell'armonia reciproci, e promuovere un cultura di dialogo e pace, per garantire un futuro migliore". Il direttore Schak ha ricordato il ruolo dei cristiani nella cultura irachena, e il loro contributo nella costruzione del Paese. Nel suo intervento, l'imam ha invece lodato le diverse iniziative della Chiesa, per unire tutta la gente di Kirkuk. Questa scuola privata cristiana è la prima di Kirkuk. Sotto il regime di Saddam Hussein infatti, tutte le scuole erano state statalizzate. Tuttavia, l'attuale governo ha di nuovo permesso l'apertura di istituti e università privati. (R.P.)

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    Ucraina: mons. Shevchuk al Sinodo mondiale dei vescovi greco-cattolici ucraini di Winnipeg

    ◊   L'arcivescovo maggiore di Kiev, Sviatoslav Shevchuk, capo della Chiesa greco-cattolica ucraina, è nuovamente in Canada dove proseguirà nelle prossime settimane la visita iniziata a giugno alle diverse comunità greco-cattoliche presenti nel Paese. La visita rientra nell’ambito delle iniziative promosse quest’anno per il 100° anniversario dell’arrivo del primo vescovo greco-cattolico in Canada. Era infatti il 15 giugno 1912 quando venne eretto a Winnipeg l’Esarcato del Canada (diventato nel 1956 Arcieparchia di Winnipeg) con alla guida mons. Nykyta Budka (beatificato nel 2001 da Giovanni Paolo II) venuto direttamente dall’Ucraina per riunire e coordinare la crescente comunità di immigrati greco-cattolici ucraini sparsi nel vasto territorio canadese. E a Winnipeg – riporta l’agenzia Cns - mons. Shevchuk parteciperà al Sinodo mondiale dei vescovi greco-cattolici ucraini, previsto dal 9 al 16 settembre. Un evento – scrive l’arcivescovo maggiore in un messaggio che è stato letto ieri in tutte le parrocchie greco-cattoliche canadesi – che riempirà tutta la nostra comunità canadese della speciale benedizione dello Spirito Santo”. Nel messaggio mons. Shevchuk esprime parole di gratitudine ai fedeli canadesi di origine ucraina per avere preservato le loro tradizioni religiose e culturale e per il loro contributo alla rinascita della Chiesa cattolica di rito bizantino-ucraino dopo la fine del regime sovietico. Il Sinodo di Winnipeg, il cui programma non è stato ancora reso noto, sarà un’importante occasione per rinnovare i legami tra la Chiesa madre e quella in Canada, una delle più grandi della diaspora. Oggi la Chiesa greco-cattolica ucraina conta in tutto più di 5 milioni di fedeli che ne fanno la Chiesa cattolica orientale più numerosa. Nel programma della visita di mons. Shevchuk è compresa anche la partecipazione alla prossima plenaria dei vescovi canadesi che prenderà il via il prossimo 24 settembre a Sainte-Adele in Québec. A giugno il presule aveva visitato l’eparchia di Edmonton, Alberta. Agli inizi del 2013 sarà la volta di Toronto e del Canada orientale. (L.Z.)

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    Scozia: i vescovi istituiscono la Commissione famiglia contro le unioni gay

    ◊   La Conferenza episcopale scozzese torna a pronunciarsi sulla legge in materia di matrimoni gay proposta dal governo locale, e lo fa istituendo la Commissione per il matrimonio e la famiglia che sarà operativa dal mese di ottobre. La preoccupazione dei vescovi sul fatto che la nuova norma non abbia esplorato a sufficienza tutte le implicazioni del caso, è espressa ancora una volta dall’arcivescovo di St. Andrews ed Edimburgo, cardinale Keith O’Brien, che ricorda come in una consultazione pubblica, il 65% degli scozzesi si sia pronunciato contro le unioni omosessuali e la possibilità di definirle “matrimoni”. Il rischio, secondo il porporato, le cui parole vengono riferite dal Sir, è che la ridefinizione del matrimonio possa comportare l’ingresso di più partner nell’unione o l’obbligo per i ministri del culto di celebrare matrimoni gay, come accaduto in Danimarca alla Chiesa luterana evangelica. (R.B.)

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    Nuova Zelanda: no dei vescovi a emendamento che apre la strada ai matrimoni gay

    ◊   Anche la Nuova Zelanda si avvia alla legalizzazione dei matrimoni omosessuali. Il 29 agosto il Parlamento di Wellington ha infatti approvato in prima lettura, con 80 voti favorevoli contro 40, un emendamento presentato dall’opposizione laburista che ridefinisce il matrimonio come unione tra due persone quale che sia il loro “sesso, orientamento sessuale e identità di genere”. Grande disappunto e preoccupazione per il voto è stato espresso dai vescovi neo-zelandesi che fino all’ultimo hanno cercato di opporsi al provvedimento insieme ad altri leader religiosi. “Proporre una definizione alternativa del matrimonio – si legge in una nota firmata da mons. John A. Dew, arcivescovo di Wellington e presidente della Conferenza episcopale neo-zelandese – avrà implicazioni giuridiche e per la società, ma anche per l’educazione e la struttura della famiglia che nel corso della storia è stata considerata come una cellula fondamentale della società”. Questa, continua il testo citato dall’agenzia Cns, “non ha il diritto di privare un bambino della madre e del padre, ambedue importanti per la sua educazione”. Inoltre, “sappiamo che, come esseri umani, abbiamo tutti bisogno di sapere chi sono i nostri genitori biologici”. Anche se esistono famiglie monoparentali e bambini cresciuti da coppie dello stesso sesso, si osserva, occorre chiedersi se è il caso di legiferare per dare un nuovo statuto giuridico alla famiglia. I vescovi neo-zelandesi , che due settimane fa hanno rivolto un appello ai giovani ad opporsi ad ogni modifica della definizione del matrimonio, hanno ribadito che continueranno la loro battaglia. I promotori dell’emendamento sostengono, da parte loro, di volere eliminare le discriminazioni nei confronti delle persone omosessuali. (L.Z.)

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    Si è svolta in Uruguay la 34. ma Giornata nazionale della Gioventù

    ◊   Si è conclusa ieri a Maldonado, in Uruguay, la 34.ma Giornata nazionale della Gioventù uruguayana, cui hanno preso parte circa 4200 giovani. “Trova Cristo e la tua vita cambierà” era lo slogan scelto per l’evento, dagli organizzatori della Commissione per la Pastorale della gioventù della Conferenza episcopale del Paese, il cui obiettivo era che i giovani conoscessero meglio la Parola di Dio e approfondissero il significato della frequenza ai Sacramenti, in modo da potersi prendere un serio impegno all’interno della comunità. A questo impegno li ha richiamati anche il vescovo di Maldonado-Punta del Este, mons. Rodolfo Wirz Kraemer che, nel corso della celebrazione eucaristica finale - ricorda la Fides - li ha invitati a diventare “discepoli e missionari” e a considerare l’incontro con Cristo la forza per assumere una vera identità cristiana e rispondere con coraggio alla chiamata della Chiesa per la trasformazione della società, nella speranza di costruire un mondo migliore. Nella due giorni, infine, i giovani sono stati coinvolti in momenti di preghiera, di riflessione, letture bibliche e occasioni di scambio di esperienze. (R.B.)

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    Filippine: nasce l’associazione laica “Ambasciatori di San Camillo” per i poveri e i sofferenti

    ◊   Testimoniare l’amore misericordioso di Cristo verso i malati e i sofferenti: questo è l’intento dei Camilliani che vivono secondo la spiritualità di San Camillo e che si occupano delle persone sofferenti. Ora questa missione nelle Filippine è portata avanti anche da una nuova associazione formata da laici, gli “Ambasciatori di San Camillo”, ben vista dalla Provincia delle Filippine dell’Ordine dei Ministri degli Infermi con i quali collabora attivamente. La sfida cui cercano di dare insieme una risposta attraverso l’impegno apostolico verso i più vulnerabili, è quella che nel Paese viene lanciata dalla povertà, come ricorda l’agenzia Fides. Il 30 agosto scorso, ad esempio, l’associazione ha organizzato presso il Lung Center una raccolta di fondi cui ha preso parte anche il superiore provinciale dei Camilliani, padre Rolando J. Fernandez, e altri religiosi. (R.B.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 247

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