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Sommario del 27/03/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Messa del Papa a Santiago di Cuba: mondo inospitale se Dio è estromesso, ma Dio rispetta la libertà umana
  • Il Papa all’arrivo a Cuba: il Paese guarda già al domani e amplia i suoi orizzonti
  • La Chiesa cubana in dialogo per un futuro migliore: intervista con padre Cardajal Sureda
  • Padre Lombardi: Chiesa viva nella società cubana, ma c’è ancora un cammino da fare
  • L’"adiós" del Papa al Messico: siate fedeli alle vostre radici cristiane, non lasciatevi intimorire dal male
  • Il Papa ai giovani della Gmg: siate missionari della gioia, quella che nasce da Dio e non tradisce
  • Il cardinale Filoni all'Urbaniana: l'evangelizzazione è cantiere aperto di creatività
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria: Assad accetta il piano di pace Onu, ma gli scontri sconfinano in Libano
  • Sudan: scontri armati tra Nord e Sud, contesa una zona ricca di petrolio
  • Tunisia: "no" alla sharia come fonte di diritto
  • Rapporto di Amnesty International sulla pena di morte: nel 2011 uccise 676 persone
  • Il cardinale Bagnasco: equità e rigore contro la crisi, pensare ai giovani e al lavoro
  • Sanità e innovazione al centro di un convegno a Roma
  • Lettura quaresimale dei "Ritratti di Santi" dedicata Jérôme Lejeune, lo scopritore della sindrome di Down
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Mali: l’Onu condanna il golpe. Negoziato di pace dei leader religiosi
  • Israele rompe con il Consiglio per i diritti umani dell'Onu
  • Pakistan: attacchi di estremisti islamici in un sobborgo di Karachi
  • India: i cristiani vincono una battaglia legale sul matrimonio interreligioso
  • Turchia: nel 2013 riapertura della Facoltà teologica di Halki
  • Pakistan: aumenta la tratta di esseri umani nella provincia del Sindh
  • Convenzione per limitare l’inquinamento dei rifiuti elettrici ed elettronici
  • Slovenia: soddisfazione dei vescovi per il "no" al nuovo Codice di Famiglia
  • Ungheria: piena riabilitazione del cardinale Mindszenty
  • Inghilterra: ricostituito il dialogo ecumenico cattolici-anglicani
  • Roma. Funerali del militare ucciso in Afghanistan. Mons. Pelvi: “Un operatore di pace”
  • Family 2012: pronto il "kit della famiglia" con pass e gadget
  • Italia: Pax Christi chiede al governo di investire in legalità, giustizia e disarmo
  • Auser: il bullismo scolastico si combatte con il volontariato
  • Il Papa e la Santa Sede



    Messa del Papa a Santiago di Cuba: mondo inospitale se Dio è estromesso, ma Dio rispetta la libertà umana

    ◊   Seconda giornata del Papa a Cuba. Oggi Benedetto XVI si reca nel Santuario della Vergine della Carità del Cobre. Ieri sera, oltre 200 mila persone hanno partecipato, nonostante la pioggia, alla Messa presieduta dal Papa nella Plaza Antonio Maceo di Santiago di Cuba proprio in occasione del quattrocentesimo anniversario della scoperta dell’immagine della Patrona del Paese. Presente anche il capo di Stato cubano Raúl Castro. Nella Solennità dell’Annunciazione Benedetto XVI ha offerto una rosa d’oro alla "Virgen de la Caridad", spiegando nell’omelia il significato del mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio. Da Cuba, il servizio del nostro inviato Luca Collodi:

    “Un viaggio desiderato” nel quale il Papa non manca di esortare i cubani a dare nuovo vigore alla loro fede e con le armi della pace, del perdono e della comprensione, costruire una società aperta e rinnovata. E ne indica la strada: “quando Dio è estromesso, il mondo si trasforma in un luogo inospitale per l’uomo”. La Vergine Maria – sottolinea Benedetto XVI - rappresenta l’immagine e il modello della Chiesa chiamata ad accogliere in sé il Mistero di Dio che viene ad abitare in essa. Un’adesione al mistero divino, ricorda il Papa, che si basa “sul consenso libero di una sua creatura”. Ed “è commovente vedere come Dio non solo rispetta la libertà umana, ma sembra averne bisogno”. Benedetto XVI si rivolge ai cattolici cubani invitandoli a seguire Gesù sulla via della croce “senza timori né complessi”, accettando “con pazienza e fede qualsiasi contrarietà o afflizione, con la convinzione che, nella sua risurrezione, Egli ha sconfitto il potere del male che tutto oscura e ha fatto germogliare un mondo nuovo, il mondo di Dio, quello della luce, della verità e della gioia”:

    “Queridos hermanos, sé con cuánto esfuerzo, audacia y abnegación…
    Cari fratelli, so con quanto sforzo, audacia e abnegazione, lavorate ogni giorno affinché , nelle circostanze concrete del vostro Paese, e in questo momento storico, la Chiesa rifletta sempre più il suo vero volto come luogo nel quale Dio si avvicina e incontra gli uomini”.

    Poi ha ricordato che “Dio ha affidato alla famiglia fondata sul matrimonio l’altissima missione di essere cellula fondamentale della società e vera Chiesa domestica”:

    “Con esta certeza, ustedes, queridos esposos…
    Con questa certezza, voi, cari sposi, dovete essere, in modo speciale per i vostri figli , segno reale e visibile dell’amore di Cristo per la Chiesa. Cuba necessita della testimonianza della vostra fedeltà, della vostra unità, della vostra capacità di accogliere la vita umana, specialmente la più difesa e bisognosa”.

    “L’obbedienza nella fede – ha concluso - è la vera libertà, l’autentica redenzione, che conduce la volontà umana alla comunione con la volontà divina”.

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    Il Papa all’arrivo a Cuba: il Paese guarda già al domani e amplia i suoi orizzonti

    ◊   Primo atto della visita a Cuba è stata la cerimonia di benvenuto all’aeroporto internazionale di Santiago de Cuba, che ha preceduto la grande Messa a “Plaza Antonio Maceo”. Il Papa, accolto dal presidente Raul Castro, ha subito portato un messaggio di grande speranza, esortando il popolo cubano a guardare con fiducia al domani. Un affetto ricambiato da decine di migliaia di persone che hanno salutato il Pontefice lungo il tragitto che lo ha portato, in papamobile, all’arcivescovado di Santiago. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Musica solenne e 21 salve di cannone per sottolineare la fine di un’attesa lunga 14 anni. Il Papa è di nuovo a Cuba. Ieri, Giovanni Paolo II oggi Benedetto XVI. Ma l’affetto della gente è lo stesso. Tantissimi, fin dai primi momenti, vogliono manifestare la propria gioia per l’arrivo in terra cubana del “pellegrino della carità”. Lo aspettano cantando, lo salutano al passaggio della papamobile. E Benedetto XVI entra subito in sintonia con “questa bella isola e tutti i cubani”. Un discorso, quello della cerimonia di benvenuto, tutto improntato alla speranza, alla fiducia nel futuro:

    “Queridos amigos, estoy convencido de que Cuba…”
    “Cari amici – afferma il Papa – sono convinto che Cuba, in questo momento così importante della sua storia, sta guardando già al domani, e per questo si sforza di rinnovare e ampliare i suoi orizzonti”. A questo, ne è convinto il Papa, “coopererà quell’immenso patrimonio di valori spirituali e morali che hanno plasmato la sua identità più genuina e che si trovano scolpiti nell’opera e nella vita di molti insigni padri della patria”.

    “La Iglesia, por su parte, ha sabido contribuir…”
    “La Chiesa, da parte sua – soggiunge – ha saputo contribuire con impegno alla promozione di tali valori mediante la sua generosa e instancabile missione pastorale e rinnova i suoi propositi di continuare a lavorare senza tregua per servire meglio tutti i cubani”. Sottolinea, dunque, qual è la finalità del suo viaggio: confermare i fratelli nella fede, “incoraggiarli nella speranza”:

    “Llevo en mi corazón las justas…”
    “Porto nel mio cuore – confida – le giuste aspirazioni e i legittimi desideri di tutti i cubani, dovunque si trovino, le loro sofferenze e gioie, le loro preoccupazioni e gli aneliti più nobili, in modo speciale dei giovani e degli anziani, degli adolescenti e dei bambini, degli infermi e dei lavoratori, dei detenuti e dei loro familiari, così come dei poveri e dei bisognosi”. Il Papa non manca poi di rammentare, con emozione, lo storico viaggio di Giovanni Paolo II:

    “En efecto, su paso por la isla fue come…”
    “In effetti – osserva – il suo passaggio nell’isola fu come una brezza soave di aria fresca che diede nuovo vigore alla Chiesa in Cuba, destando in molti una rinnovata coscienza dell’importanza della fede”. E ricorda come il suo amato predecessore incoraggiò “ad aprire i cuori a Cristo, e, nello stesso tempo illuminò la speranza e stimolò il desiderio di lavorare con audacia per un futuro migliore”:

    “Uno de los frutos importantes…”
    “Uno dei frutti importanti di quella visita – rileva – fu l’inaugurazione di una nuova fase nelle relazioni tra la Chiesa e lo Stato cubano, con uno spirito di maggiore collaborazione e fiducia, benché rimangano ancora molti aspetti nei quali si può e si deve avanzare, specialmente per quanto si riferisce al contributo imprescindibile che la religione è chiamata a svolgere nell’ambito pubblico della società”. Un contributo, quello della fede, che a Cuba è legato alla devozione mariana. Nel 400.mo della scoperta dell’immagine della Vergine della Carità del “Cobre”, Benedetto XVI afferma, dunque, che proprio questo amore per Maria sostiene la fede e incoraggia “la difesa e la promozione di ciò che rende degna la condizione umana” e i suoi “diritti fondamentali”.

    Nel suo discorso, il Pontefice non manca infine di soffermarsi sulla crisi economica che oggi coinvolge tanta parte dell’umanità e che, avverte, è innanzitutto “una profonda crisi di tipo spirituale e morale”. Una riflessione condivisa dal presidente Raul Castro che, nel suo saluto al Papa - dopo aver espresso l’onore di riceverlo - ha criticato i poteri finanziari che affamano i popoli ed ha ribadito la denuncia contro l’embargo imposto dagli Usa. “La crisi globale – ha detto Castro – ha anche una dimensione morale”, “la corruzione dalla politica e l’assenza di una vera democrazia sono mali del nostro tempo”.

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    La Chiesa cubana in dialogo per un futuro migliore: intervista con padre Cardajal Sureda

    ◊   La Chiesa a Cuba sta dunque vivendo una nuova stagione improntata in particolare sulla dimensione del dialogo: ascoltiamo, in proposito, padre Yosvany Cardajal Sureda, direttore del Centro culturale cristiano “Felix Varela” dell’Avana. Lo ha intervistato il nostro inviato a Cuba, Luca Collodi:

    R. – Bisogna sempre optare per il dialogo, perché anche se la Chiesa non fa politica, non è un partito, non è un’associazione di politici, è però un’entità viva, morale e il suo ruolo è appunto di cercare il dialogo tra tutti. La Chiesa deve dialogare sempre con lo Stato per cercare di trovare strade giuste, per arrivare ad un futuro migliore. E anche lo Stato, a Cuba, posso dire, riconosce sempre di più il ruolo che ha la Chiesa. In questo senso, lo Stato riconosce e direi rispetta di più che in passato i diritti della Chiesa. In questi ultimi anni, soprattutto, abbiamo visto come la Chiesa cresca e come venga riconosciuto anche dallo Stato il fatto che essa debba mediare, che sia quella che aiuta sempre il dialogo. Questo è molto buono. Noi auspichiamo che nessuno sia contrario a questo suo ruolo. Questo è lo stile della Chiesa: mai uno stile politico di lotta, ma sempre lo stile di Gesù di Nazareth, che è quello dell’amore, quello della riconciliazione, quello del perdono. Senza quelle parole non si può arrivare mai ad una società dove tutti possano trovarsi, guardarsi negli occhi e camminare insieme verso un futuro migliore.(ap)

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    Padre Lombardi: Chiesa viva nella società cubana, ma c’è ancora un cammino da fare

    ◊   Il Papa è rimasto sorpreso dal numero di persone che lo hanno accolto a Cuba: un vero e proprio bagno di folla che lo ha ricevuto con gioia ed entusiasmo. Lo ha riferito padre Federico Lombardi, in un briefing per i giornalisti. Il direttore della Sala Stampa vaticana ha anche detto che un incontro di Benedetto XVI con l’ex leader cubano Fidel Castro è possibile. Ma sull’accoglienza del Papa nell’isola caraibica, ascoltiamo padre Lombardi al microfono di Luca Collodi:

    R. - Si vede che l’attesa era molto viva, perché abbiamo visto tantissime persone che sono venute ad aspettare il Papa, con molta gioia e con molto ascolto. La circostanza qui è molto bella, perché è l’anno giubilare della Virgen de la Caridad del Cobre, che è un po’ la madre spirituale dei cubani, da loro tanto amata e venerata. Il fatto che il Papa sia venuto a venerarla insieme a loro, naturalmente tocca il loro cuore. Il Papa può però fare molti discorsi che riguardano la vita della Chiesa in questa isola: una Chiesa che viene da situazioni difficili e che sta, in un certo senso, rinascendo con una testimonianza molto pura e molto vivace di carità e di presenza attiva e umile nella vita della sua gente e una vicinanza anche ad un popolo che cerca e che spera, che vive situazioni difficili, ma che spera di avere un futuro, un futuro migliore, in quella prospettiva che Giovanni Paolo II aveva saputo annunciare così bene ed efficacemente quando diceva che Cuba si apre al mondo e che il mondo si apra a Cuba: parole che rimangono di perfetta attualità anche oggi.

    D. - Cuba sembra in qualche modo riscoprire la fede, anche grazie al Giubileo mariano: un percorso che porta ad una riconciliazione del Paese…

    R. - Questo è quello che si spera, è quello che il Papa vuole annunciare e che vuole proporre come una via di pace e anche di costruzione di una società riappacificata e capace di guardare in avanti, con nuovo entusiasmo. Bisogna, però, farlo: non basta dirlo e quindi il Papa sa bene che lancia dei messaggi, che poi devono essere messi in pratica dalle persone che lo ascoltano, dalla Chiesa che lo ascolta e anche dalle persone di buona volontà che vogliono ascoltarlo.

    D. - In questo cammino la Chiesa locale è molto attiva…

    R. - Sì, la Chiesa locale di Cuba da parte di coloro che la conoscono viene descritta come una Chiesa vivace e come una Chiesa che può dare un contributo importante alla situazione del suo popolo, che è un popolo che ha bisogno anche di speranza e che viene da una situazione in cui anche l’ideologia marxista lo ha privato di valori spirituali che facevano parte della sua tradizione e che, quindi, deve rivivificare un po’ la sua radice spirituale. La Chiesa si manifesta vitale e si manifesta anche un’istituzione che si merita il rispetto e che quindi è capace anche di interloquire con le autorità della società cubana, come probabilmente nessun’altra istituzione oggi è in grado di fare. Questa è una grande responsabilità, ma anche - speriamo - un bellissimo contributo che la Chiesa può dare.

    D. - Il dialogo tra Chiesa e Stato fa anche ben sperare per gli sviluppi futuri della società cubana …

    R. - Certamente, il rapporto tra Chiesa e Stato, il fatto dei buoni rapporti tra la Santa Sede e lo Stato cubano, questi buoni rapporti - diciamo - facilitano o vogliono aiutare ed essere al servizio dei buoni rapporti tra la Chiesa locale e la società in cui vive e le autorità della nazione, perché poi la Chiesa vive nei diversi luoghi e lì c’è la concretezza quotidiana del suo operare. Quindi i buoni rapporti tra la Santa Sede e Cuba sono al servizio di questa presenza viva, umile ma costruttiva, della Chiesa locale. Questa certamente è una bella realtà. Bisogna, però, che si possa sviluppare. Il Papa vuole anche contribuire a questo dicendo che si è fatto un cammino in questi anni, ma c’è ancora un ulteriore cammino da fare, tante cose che si possono migliorare per dare anche alla Chiesa più spazi di attività, per esempio in campo educativo, in campo comunicativo, in campo sanitario…. (mg)

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    L’"adiós" del Papa al Messico: siate fedeli alle vostre radici cristiane, non lasciatevi intimorire dal male

    ◊   Benedetto XVI si è congedato ieri dal Messico, prima tappa del suo 23.mo viaggio apostolico internazionale, con una breve ma toccante cerimonia all’aeroporto di León-Guanajuato, dove il Pontefice è stato salutato dal presidente Calderón, dalle autorità civili e religiose. Il servizio del nostro inviato a León, Giancarlo La Vella:

    “La conclusione della visita in Messico non è la fine del mio affetto e della mia vicinanza a un Paese che porto nell’intimo di me stesso”. Il Papa, dopo il saluto del presidente Calderón, lascia un’altra traccia del suo amore ad un popolo che il Pontefice esorta ad essere fedele alle proprie tradizioni e a non lasciarsi intimorire dalle forze del male, ma a guardare al futuro alla luce delle sue radici cristiane. Benedetto XVI ricorda poi i problemi, le preoccupazioni e le lacerazioni di questo Paese. Condivido le gioie e i dolori dei fratelli messicani – ha detto il Papa – li porto con me per metterli in preghiera ai piedi della Croce, nel cuore redentore di Cristo. Ha poi continuato:

    “En estas circunstancias, aliento ardientemente...
    In queste circostanze, esorto ardentemente i cattolici messicani e tutti gli uomini e donne di buona volontà a non cedere alla mentalità utilitarista, che finisce sempre col sacrificare i più deboli ed indifesi. Li invito ad un sforzo solidale che permetta alla società di rinnovarsi dalle sue fondamenta per realizzare una vita degna, giusta ed in pace per tutti”.

    E questo, attraverso le virtù evangeliche della promozione umana e della carità. Infine l’adios del Papa ai messicani nel senso ispanico del termine: “Rimanete con Dio”, “nell’amore di Cristo, nel quale tutti ci incontriamo e ci incontreremo”. Poi il decollo dell’aereo papale alla volta di Cuba, accompagnato dai canti tradizionali dei mariachi, che hanno fatto da colonna sonora a tutta la permanenza di Benedetto XVI a Guanajuato.

    Archiviata, dunque, la visita messicana: rimangono parole, suoni, emozioni, intenzioni, che difficilmente la gente di qui potrà dimenticare.

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    Il Papa ai giovani della Gmg: siate missionari della gioia, quella che nasce da Dio e non tradisce

    ◊   “Un cristiano non può mai essere triste perché ha incontrato Cristo, che ha dato la sua vita per lui”. Lo scrive Benedetto XVI nel Messaggio per la Giornata mondiale della gioventù, che verrà celebrata a livello diocesano nella prossima Domenica delle Palme. Nel testo, reso noto oggi, il Papa guarda alla Gmg di Rio 2013 ed esorta i giovani a essere “missionari della gioia” cristiana perché, afferma, “non si può essere felici se gli altri non lo sono”. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    La prova “dell’affidabilità” della fede cristiana è questa: che in un mondo triste e inquieto il cristiano vero mantiene in sé, e diffonde attorno a sé, la gioia. Parte da questa considerazione il lungo Messaggio di Benedetto XVI, che guarda alla Gmg del primo aprile, ma parla fin d’ora ai giovani, specialmente a quelli – nota – che “hanno un immenso bisogno di sentire che il messaggio cristiano è un messaggio di gioia e di speranza”. Il Papa sviluppa la sua riflessione in sette punti, partendo da un assunto incontestabile: il cuore umano “è fatto per la gioia”, perché – afferma – è l’ingrediente che chiunque cerca per “dare sapore” alla propria esistenza. La famiglia, un’amicizia “condivisa”, un “lavoro ben fatto”, la natura con le sue meraviglie, un “amore sincero e puro”: tutto questo, osserva, è fonte di gioia. Come pure il fatto “di esprimersi e di sentirsi capiti”, di poter essere utili agli altri, di aprirsi a nuove esperienze con la cultura e i viaggi. Ma guardando a ciò, si chiede Benedetto XVI, dov’è il confine tra “gioia piena” e duratura e “piacere immediato e ingannevole”? La risposta il Papa la ribadisce alla riga successiva: le “gioie autentiche – dice – quelle piccole del quotidiano o quelle grandi della vita, trovano tutte origine in Dio”. Da Lui proviene la gioia che “non ci abbandona nei momenti difficili”, perché Dio ci ha creati per amore e “vuole renderci partecipi della sua gioia”, che a differenza di quella umana è “divina ed eterna”. Ed è in Gesù, prosegue il Papa, che questa gioia di Dio diventa tangibile e si radica dentro, nel profondo del cuore. Perfino la Passione e la Croce sono fonte di gioia, quella della salvezza. “Il male – assicura Benedetto XVI – non ha l’ultima parola sulla nostra vita, ma la fede in Cristo Salvatore ci dice che l’amore di Dio vince”.

    Stabilita l’origine della gioia cristiana, il passo successivo è comprendere come questo tipo di gioia si possa “ricevere e conservare”. Anche qui, il Papa ripete ai giovani una verità bimillenaria: la gioia spirituale – quella che resta e non tradisce anche quando la vita è difficile – si riceve e conserva andando incontro a Cristo. “Cari giovani – esorta Benedetto XVI – non abbiate paura di mettere in gioco la vostra vita”, puntando “tutto su di Lui” e sul Vangelo. Riconoscete “ogni giorno la sua presenza, la sua amicizia” negli avvenimenti della quotidianità e “sappiate che non vi abbandonerà mai”. Cercatelo, incalza, nella sua Parola; trovatelo nei Sacramenti. Un cristiano, annota, non sa cosa sia la tristezza perché ha incontrato chi ha dato la vita per lui. Poi, da esperto dell’anima, Benedetto XVI si trasferisce nei panni del fine pedagogo. Affermando che gioia e amore sono intimamente legati, perché la prima “è una forma” del secondo, il Papa si sofferma sul valore dell’impegno e della costanza. Lealtà e fedeltà nei rapporti e nel lavoro, chiarisce, sono imprescindibili. La gioia è come una porta e per entrarvi, puntualizza, “siamo chiamati anche ad essere generosi, a non accontentarci di dare il minimo, ma ad impegnarci a fondo nella vita, con un’attenzione particolare per i più bisognosi. Il mondo – ricorda – ha necessità di uomini e donne competenti e generosi, che si mettano al servizio del bene comune”. Dunque, ripete ai giovani, “impegnatevi a studiare con serietà; coltivate i vostri talenti e metteteli fin d’ora al servizio del prossimo”, lasciandovi sedurre dallo spirito di servizio piuttosto che dall’avidità di soldi, successo o potere. Ciò, avverte, impone di individuare bene su quali “traguardi” puntare: non certamente quelli di “comsumo”, figli di una diffusa logica commerciale, ma sulla felicità che Dio promette a chi orienta a Lui i grandi progetti della vita: la vocazione al matrimonio quanto quella al sacerdozio o alla consacrazione.

    Benedetto XVI tira le fila del suo discorso evocando due figure d’eccellenza: il Beato Pier Giorgio Frassati – che amava dire che “ogni cattolico non può non essere allegro” – e la Beata Chiara Badano, testimone di come anche il dolore di una grave malattia, che l’ha portata via a soli 18 anni, “possa essere trasfigurato dall’amore ed essere misteriosamente abitato dalla gioia”. È questo, per Benedetto XVI, il punto più alto della gioia: quella che resiste “nelle prove”. La conclusione è allora diretta e coinvolgente, con echi che riportano a quanto detto all’inizio del Pontificato, poco prima della Gmg di Colonia: “A volte – sostiene il Papa – viene dipinta un’immagine del Cristianesimo come di una proposta di vita che opprime la nostra libertà, che va contro il nostro desiderio di felicità e di gioia. Ma questo non risponde a verità! I cristiani sono uomini e donne veramente felici perché sanno di non essere mai soli, ma di essere sorretti sempre dalle mani di Dio!”. Dunque, termina Benedetto XVI, siate “missionari della gioia. Non si può essere felici se gli altri non lo sono: la gioia quindi deve essere condivisa”.

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    Il cardinale Filoni all'Urbaniana: l'evangelizzazione è cantiere aperto di creatività

    ◊   In occasione della solennità dell’Annunciazione del Signore, la Pontificia Università Urbaniana ha celebrato oggi la propria festa patronale con una Messa nella Cappella del Collegio Urbano, presieduta dal cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei popoli e gran cancelliere di un ateneo che prepara i missionari cattolici che dovranno diffondere il messaggio del Vangelo nel mondo. Massimo Pittarello lo ha intervistato:

    R. – L’Università è uno strumento straordinario nelle mani della Chiesa, in particolare della Chiesa missionaria: qui noi formiamo quei sacerdoti, quei religiosi, quelle religiose che servono per un servizio qualificato nelle missioni. Quindi, è molto bello raccogliere questo anelito delle chiese missionarie, in modo che abbiano un personale capace ad affrontare le varie esigenze delle Chiese e far sì che qui trovino un ambiente idoneo. Io considero questo luogo un po’ come il "cuore" della Chiesa missionaria: qui c’è l’impulso dato non solo dal fatto che formiamo persone, giovani, sacerdoti, ma che anche perchè diamo loro quelle qualifiche intellettuali e culturali che sono così indispensabili per una Chiesa che cresce anche nelle missioni.

    D. – Lei ha fatto riferimento alla differente diffusione dell’evangelizzazione in Europa rispetto alle altre parti del mondo…

    R. – La Chiesa missionaria è in espansione. Noi come Congregazione ci sentiamo come un cantiere aperto e siamo questa realtà: creiamo le diocesi, ci occupiamo dei vescovi, aiutiamo i seminari, aiutiamo le istituzioni culturali delle varie diocesi… Siamo in una dimensione creativa ed è molto bello pensare che proprio la Congregazione, questo "cantiere", e l’istituzione, in particolare l’Università, partecipino con una qualifica specifica. (bf)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, sul viaggio del Papa a Cuba un editoriale del direttore dal titolo "Sulle orme del predecessore".

    Missionari gioiosi della nuova evangelizzazione: il messaggio di Benedetto XVI per la XXVII Giornata mondiale della gioventù (A Rio de Janeiro nell'estate del 2013).

    In rilievo, nell'informazione internazionale, l'invito alla cooperazione per combattere il terrorismo nucleare (contenuto nella dichiarazione approvata al vertice di Seoul).

    Il plus valore del Cielo e il "software" operativo della Parola: in cultura, Maria Antonia Labrada su Benedetto XVI e il linguaggio della nuova evangelizzazione.

    Chi ha inventato "aleph" e "beth"?: Cristiana Dobner su Ouaknin che spiega ai bambini il motore del comunicare.

    Che delusione, abbiamo solo scoperto l'America: Silvia Guidi sul retroterra culturale e spirituale di Amerigo Vespucci, il mercante che capì di essere di fronte a un nuovo continente.

    Un articolo di Eugenio Fizzotti dal titolo "Profeta delle nevrosi contemporanee": la logoterapia e l'analisi esistenziale di Viktor Frankl.

    Un articolo di Giulia Galeotti dal titolo "Se la piazza si ferma gridando in silenzio il suo no alla guerra": ogni giorno per quasi un minuto a Savona.

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    Oggi in Primo Piano



    Siria: Assad accetta il piano di pace Onu, ma gli scontri sconfinano in Libano

    ◊   Giornata importante per l’evoluzione dalla crisi siriana. Un portavoce di Kofi Annan ha affermato che il regime di Damasco ha accettato il piano di pace dell’Inviato dell’Onu. La notizia è stata accolta con grande soddisfazione dal nunzio apostolico in Siria, mons. Mario Zenari, che, all'agenzia Misna, ha commentato: "Il successo del piano Annan sarebbe il più bel regalo di Pasqua". Intanto, però, gli scontri tra lealisti e ribelli si sono oggi estesi fino a sconfinare in territorio libanese. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Il governo siriano ha scritto all'inviato speciale dell'Onu e della Lega Araba per la Siria, Kofi Annan, per accettare il suo piano di pace in sei punti, sostenuto dal Consiglio di sicurezza dell'Onu per risolvere la crisi nel Paese. E’ quanto affermato dal portavoce di Annan, Ahmad Fawzi. Dal canto suo, l'ex segretario generale dell'Onu ha lanciato un appello ai "Paesi chiave affinché sostengano questo sviluppo e contribuiscano a garantirne l'effettiva attuazione". La notizia è arrivata mentre fonti locali parlano di truppe siriane che avrebbero oltrepassato stamani il confine libanese scontrandosi con i ribelli anti-regime. Gli scontri, secondo testimoni oculari, sono avvenuti nei pressi di al-Qaa nel nord della valle della Bekaa. Le forze siriane hanno successivamente bombardato l'area con l'artiglieria. Intanto, da Seul, dove si tiene il vertice sulla sicurezza nucleare, il presidente russo Dmitri Medvedev, ha dichiarato che un’eventuale deposizione di Assad, che oggi ha visitato a sorpresa la città ribelle di Homs, non porrebbe fine agli scontri armati in Siria. Per Medvedev, inoltre, deve essere il popolo siriano a decidere il suo destino e non le potenze straniere. Una dichiarazione in linea con quanto afferma la Lega Araba che, giovedì prossimo, terrà un vertice a Baghdad, il primo nella capitale dell’Iraq da 22 anni. Per il ministro degli Esteri iracheno, Zibari, i Paesi arabi esprimeranno “sostegno ad un corso politico che porti ad un cambiamento pacifico del regime, ma sotto la dirigenza siriana”.

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    Sudan: scontri armati tra Nord e Sud, contesa una zona ricca di petrolio

    ◊   Precipita la situazione tra i due Sudan. Il presidente del Sud Sudan, proclamatosi indipendente lo scorso luglio, ha affermato che ormai è guerra al confine con il Nord Sudan. Ad essere contesa è una regione ricca di petrolio. Proprio su questa disputa territoriale era stato convocato un vertice tra i due presidenti ma gli eventi hanno fatto aggravare la situazione. I vescovi del Sud Sudan sono riuniti in assemblea straordinaria a Juba per analizzare la questione. Ma era prevedibile un deterioramento della crisi? Al microfono di Benedetta Capelli risponde Massimo Alberizzi, africanista del “Corriere della Sera”:

    R. – In parte era prevedibile, ma dipende anche molto dalla situazione interna del Nord Sudan e dalle varie fazioni che si combattono. C’è una parte dell’establishment, che ha detestato la decisione di tenere un referendum che ha dato l’indipendenza al Sud. Io credo sia impensabile riconquistare il Sud, ma si vuole impedire che alcune parti del Nord, popolate da gente del Sud come Kordofan, Blu Nile, il Darfur - che non c’entra niente con il Sud ma che comunque ha delle mire secessioniste - possano anche loro staccarsi in qualche modo dal governo di Karthoum. Quindi, queste azioni militari sono soprattutto dirette in questo senso. C’è anche il fattore petrolio, ovviamente, che non guasta mai. Proprio quella zona è piena di petrolio e quindi perderla sarebbe deleterio per Karthoum e soprattutto per queste fazioni “hard line”. La guerra non è totale, ma anche se è solamente in quelle zone è una guerra che rischia di far saltare tutto.

    D. – Negli ultimi tempi c’era stata una sorta di avvicinamento tra il Sud Sudan e il Sudan, non soltanto con l’annuncio del vertice di Juba del 3 aprile, che ovviamente è stato cancellato, ma anche con gli accordi sugli status dei cittadini. Sono accordi o vertici di facciata oppure c’è un reale avvicinamento, nonostante il terreno ci dica altro?

    R. – E’ ondivago: un giorno ci si riavvicina e l’altro giorno ci si riallontana pesantemente, secondo chi prende le redini in quel momento. Io, francamente, non credo che il governo del Sud Sudan possa arrivare, almeno in questo momento, ad una pacificazione, anche perché comunque il governo del Sud Sudan ha dato appoggio e sostegno ai guerriglieri darfuriani. Quindi, la situazione è molto complicata. In realtà, in quelle zone del Sud Sudan non si combatte solo per il Sud Sudan, ma si combatte anche con i darfuriani dentro. La situazione, dunque, è molto, molto complicata. Consideriamo che ci sono i Beja, in una zona di Port Sudan, che sono anche loro in fermento contro il governo centrale di Karthoum. Quindi, dare una lezione dove stanno cercando di darla è destinato ad essere un “warning”, cioè un avviso a tutte quelle tribù che in qualche modo oggi scalpitano.

    D. – Chi potrebbe essere il terzo attore per cercare di pacificare questa zona?

    R. – In questo momento è molto difficile dirlo, perché anche gli Stati Uniti sono un po’ spiazzati: un giorno appoggiano i darfuriani e un giorno invece vanno dal presidente nord-sudanese Bashir e cercano di dialogare con lui. Consideriamo, comunque, che Bashir è sempre ricercato dal Tribunale Penale Internazionale per crimini contro l’umanità e adesso ha annunciato che andrà a fare dei tour nella zona, andrà alla Lega Araba, cosa che destabilizza comunque tutta l’area e la regione.

    D. – Invece per quanto riguarda la gestione delle risorse petrolifere, c’è un problema anche da questo punto di vista. Una soluzione è impossibile?

    R. – Lì giocano anche altri fattori. Il fatto per esempio che molti dei campi petroliferi siano in mano ai cinesi. Quindi, gli occidentali sono in concorrenza. La destabilizzazione in quelle aree potrebbe compromettere la presenza cinese che appoggia Bashir sempre e comunque e quindi che fa rientrare in gioco le compagnie occidentali. E’ un altro scacchiere dello stesso teatro. (ap)

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    Tunisia: "no" alla sharia come fonte di diritto

    ◊   La Tunisia si allontana dalla sharia, la legge coranica, come fonte di diritto. Lo ha stabilito nei fatti ieri il primo partito del Paese l’islamico, l'Ennahda - vincitore alle elezioni generali che si sono tenute dopo la Rivoluzione che ha portato all’uscita di scena del presidente Ben Ali - al termine di due giorni di lavori della Commissione incaricata di scrivere la nuova Costituzione. Il partito infatti ha deciso di mantenere inalterato l'art. 1 della Costituzione, in vigore dal 1959, che definisce la "Tunisia come uno stato libero, indipendente e sovrano, che ha l'Islam come religione di stato, ha l'arabo come lingua ufficiale ed è una repubblica". Il leader di Ennahda, Rachid Ghannouchi, ha ribadito che “l'inserimento nella Costituzione tunisina di una norma sulla Sharia come fonte del diritto avrebbe prodotto una spaccatura profonda nella società”. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Renzo Guolo, docente di Sociologia delle Religioni presso l’Università di Trieste:

    R. - E’ sicuramente una posizione importante per un partito che si vuole islamista, dal momento in cui, la ragione sociale di questi partiti consiste proprio nella fondazione di uno Stato islamico e l’applicazione della sharia. Ma è anche comprensibile nell’evoluzione che questi partiti hanno avuto: sono partiti che in qualche modo, soprattutto l’Ennada tunisino, ormai guardano più ad altri sodali - sul tipo dei Fratelli musulmani, dell’Akp turco - piuttosto che alle sue "ali" salafite, che non a caso non sono comprese nelle coalizioni di governo di questi Paesi, compresa la Tunisia, o addirittura dissentono in maniera radicale dalla decisione di Ennada in materia.

    D. - Per quanto riguarda, ad esempio, l’Egitto c’è un’affermazione maggiore dell’ala salafita…

    R. - Sicuramente, la Tunisia ha intanto una struttura più laica e in ogni caso - come spesso è accaduto in altre realtà - il voto dato a Ennada ha premiato anche la tenacia e la lunga opposizione del suo leader Ghannushi - in esilio da tantissimo tempo - ma al contempo queste opposizioni, non sono opposizioni emerse negli ultimi tempi. Ennada già negli ultimi anni, aveva detto che non avrebbe cercato l’instaurazione di uno stato islamico, ma sostanzialmente avrebbe cercato di immettere nel sistema un maggior tasso di considerazione della religione. Non è un caso che Ennada si sia felicitata per il mantenimento dell’islam come riferimento della religione di Stato, ma non abbia combattuto perché la sharia fosse indicata come prima nella gerarchia delle fonti. Anche perché Ennada è un partito estremamente realista e sa benissimo che una scelta di questo tipo avrebbe allontanato gli investimenti esteri, ed avrebbe anche diviso un Paese che è l’eredità di Habib Bourguiba - e in qualche modo anche quella molto contestata di Ben Ali. Un Paese reso laico rispetto ad altre realtà del mondo arabo islamico.

    D. - Nelle ultime settimane, ci sono state manifestazioni e migliaia di persone sono scese in piazza sostenendo l’importanza della legge coranica. Questa decisione chiude definitivamente questo capitolo, oppure resta sempre una discussione che potrebbe riservare delle sorprese?

    R. - Difficilmente penso che Ennada possa tornare indietro, anche se tutto è possibile. Oltretutto, la Costituzione alla fine potrebbe essere sottoposta a un giudizio di sovranità popolare, quindi è evidente che una Costituzione di questo tipo avrebbe anche il consenso dalla parte laica. Il dissenso è soprattutto dell’ala salafita, che è un’ala appunto radicale e che considera la posizione di Ennada sul mancato inserimento della sharia in Costituzione una sorta di cedimento a una secolarizzazione che avanza, nonché all’idea che non si possa mai pensare alla Costituzione di uno Stato islamico. Tuttavia, è una divisione che - come vedremo in altre realtà come quella egiziana e altre ancora - si produrrà comunque: questo perchè oggi il movimento islamista è diviso in due ali: una più realista e una più radicale salafita, che in qualche modo invece punta ad applicare il vecchio modello, con la fondazione dello Stato islamico ed una sharia come elemento principale.

    D. - Dopo la "primavera araba", dopo l’uscita di Ben Ali, qual è il volto che sta assumendo la Tunisia?

    R. - E’ un volto ancora in transizione, in una situazione in cui la crisi economica è molto molto difficile. Ma se si stabilisce una tregua di unità istituzionale tra le forze laiche e un partito come Ennada, è possibile che lentamente la Tunisia ritorni a pieno titolo nei ranghi della comunità internazionale - non solo per quanto riguarda le situazioni diplomatiche, ma anche per quanto riguarda gli aiuti internazionali - e che possa riprendere pure a crescere economicamente. Certo che il passo di ieri è stato importante, perché mostra una tendenza del sistema politico a mettere i margini all’ala radicale ed estremista. (cp)

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    Rapporto di Amnesty International sulla pena di morte: nel 2011 uccise 676 persone

    ◊   Diminuiscono i Paesi in cui la pena di morte è in vigore, ma il livello delle esecuzioni in quelli che ancora uccidono è allarmante: 676 sono state le condanne eseguite lo scorso anno. Al microfono di Roberta Barbi il portavoce di Amnesty International Italia, Riccardo Noury, fa il punto sulla situazione fotografata nel rapporto 2011 pubblicato oggi:

    R. - Quest’anno descrive un mondo che è sempre più vicino all’abolizione della pena di morte, con 9 Paesi su 10 che non vi ricorrono più, ma quel 10 per cento che la usa lo fa in maniera veramente allarmante e sistematica.

    D. - Il Medio Oriente registra un consistente aumento delle esecuzioni ufficiali, il 50% in più rispetto allo scorso anno. Preoccupa in particolare l’Iran, che ha messo a morte tre prigionieri per reati commessi quando erano minori …

    R. - Sono i Paesi che non hanno cambiato governo, sono i "vecchi Paesi": Arabia Saudita con 82 esecuzioni, Iran con 360, Iraq 68, Yemen 41. Dell’Iran quello che però preoccupa - oltre l’uso della pena di morte per adulterio e sodomia - è che l’esecuzioni segrete o comunque non riconosciute ufficialmente, sono state probabilmente tante quante quelle ufficiali. Quindi forse il dato effettivo sono le 700 esecuzioni nel 2011: in Iraq erano state 68 nel 2011, e sono già 69 nei primi tre mesi del 2012.

    D. - In Cina il governo ha eliminato la pena di morte per 13 reati, ma resta ancora il segreto di Stato sulle esecuzioni e sui casi di tortura …

    R. - Sì, questo è un problema che Amnesty International sottolinea ogni anno. Noi abbiamo deciso di non rendere pubblici i dati, raccolti a fatica, sull’uso della pena di morte in Cina, perché è il governo che deve fornire queste informazioni. Il governo continua a sostenere che la pena di morte è diminuita di intensità, perché la Corte suprema ha ripreso a controllare tutti i processi. Sarebbe diminuito il numero dei reati capitali e aumentate la garanzie; la Cina citi dunque i dati in modo che possiamo dargli ragione. Fino a quando non lo faranno, non potremo verificare se questi progressi ci sono stati o meno.

    D. - Negli Stati Uniti ed in Bielorussia - unico Stato in Europa - la pena di morte è ancora in vigore. Quali sono le possibili soluzioni?

    R. - Per quanto riguarda la Bielorussia, bisogna che l’Europa faccia pressioni ulteriori: non solo mantiene la pena di morte, ma la applica in modo inaccettabile - al termine di processi irregolari - neanche avvisando le famiglie e restituendo i corpi. Negli Stati Uniti il numero delle esecuzioni continua a diminuire - sono state 43 - diminuisce molto il numero delle nuove condanne a morte, aumenta invece il numero degli Stati della federazione statunitense, che non ricorrono più alle esecuzioni.

    D. - Quali sono i principali risultati raggiunti quest’anno, rispetto al rapporto precedente?

    R. - Certamente il Giappone, che non ha messo a morte prigionieri per la prima volta dopo 19 anni. In Africa abbiamo avuto due Paesi, che hanno rispettivamente annunciato e confermato una moratoria sulle esecuzioni, cioè Sierra Leone e Nigeria. Il Benin ha annunciato l’adozione di una legislazione per ratificare un trattato dell’Onu, che ha per scopo l’abolizione della pena di morte. Possiamo dire, per quanto riguarda la zona del Pacifico, che sarebbe libera dalla pena di morte, se non fosse per 5 condanne emesse ma non ancora eseguite, in Papua Nuova Guinea. Per quanto riguarda le Americhe e gli Stati Uniti, restano le uniche eccezioni ad un principio abolizionista, che ormai ha pervaso tutto il continente. (cp)

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    Il cardinale Bagnasco: equità e rigore contro la crisi, pensare ai giovani e al lavoro

    ◊   “Nella realtà odierna nessuno può pensare di preservare automaticamente delle rendite di posizione”. Nella prolusione del Consiglio episcopale permanente, che si è aperto a Roma, il presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco, invita a non avere paura del futuro. Dunque, in questo momento di passaggio per l’Italia, i vescovi chiedono di tenere assieme “equità e rigore”. Alessandro Guarasci:

    Il confronto non può essere rimandato. Per il cardinale Bagnasco “bisogna sapersi misurare con le mutazioni incalzanti che costringono ad un pensare nuovo”. Servono nuovi stili di vita, ovvero: uscire dall’immobilismo, fare manutenzione del territorio, combattere l’evasione fiscale, semplificare la pubblica amministrazione. Ma questo sia un periodo anche di rinnovamento per i partiti, se vogliono “riassumere direttamente nelle loro mani la guida del Paese”: non hanno alternativa. L’obiettivo deve essere ricreare “opportunità di impiego”, rilanciare gli investimenti, dare più fiducia ai giovani, perché “i padri, lottando, hanno ottenuto garanzie che oggi appaiono sproporzionate rispetto alle disponibilità riconosciute ai loro figli”. Il cardinale Bagnasco mette in luce come i giovani “nonostante la precarietà che sta segnando la loro giovinezza, non possono rinunciare a costruirsi come persone stabili, interiormente solide, capaci di idealità e dunque resistenti alle sfide”. E poi attenzione all’invidualismo. Dunque sì alla tutela della famiglia fondata dall’unione tra uomo e donna, perche "prima e più dei diritti veri o presunti degli adulti, ci sono - ricorda - i diritti dei bambini: avere un padre e una madre certi, dunque una famiglia caratterizzata non da confini precari e da tempi incerti". No invece all’aborto, all’eutanasia, al suicidio assistito, al divorzio breve. E c’è chi vorrebbe addirittura proporre l’infanticidio, definito dal cardinale “aberrante, mostruoso”. Preoccupa anche la tesi "apparsa pure in sede scientifica internazionale", secondo la quale "la nutrizione e l'idratazione dovrebbero essere sospese a tutti i pazienti in stato vegetativo permanente, salvo che non ci sia l'evidenza di una volontà esplicita del soggetto gravemente ammalato". Inoltre, difesa della domenica, quale giorno dedicato al Signore, giorno che non può essere sacrificato “per ragioni economiche”, altrimenti il rischio è che la società diventi “meno coesa e forse solamente più agiata”. Infine soddisfazione per la soluzione trovata sulla questione del pagamento dell'Imu da parte della strutture commerciali della Chiesa.

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    Sanità e innovazione al centro di un convegno a Roma

    ◊   “Il ruolo dell’innovazione in Sanità” è il convegno che si tiene oggi all’Istituto San Gallicano in Trastevere, a Roma. Si tratta di un momento di confronto intorno al nuovo concetto di salute, che implica un nuovo rapporto tra medico-paziente attraverso le più avanzate tecnologie. Benedetta Capelli ha intervistato Pasquale Tarallo, promotore dell’incontro:

    R. – Anzitutto, per innovazione intendiamo tutto ciò che sono novità e scoperte, quindi sia dal punto di vista tecnologico, che dal punto di vista medico-scientifico. In altre parole, mettere il paziente al centro di ogni attenzione di cura: in questo senso la tecnologia aiuta.
    D. – L’Unione Europea ha definito entro il 2020 alcuni obiettivi da raggiungere, tra questi anche la salute e il benessere di tutti: è una scadenza che potrà essere rispettata?

    R. – Noi, come italiani, siamo sulla buona strada: alcuni Paesi stanno cercando di prendere degli spunti dal sistema sanitario italiano. Devo dire che, però, ci sono delle sacche d’inefficienza, soprattutto nel centro-sud del Paese. Ci sono alcune regioni – come l’Emilia, la Lombardia e la Toscana – che sono molto avanti, mentre altre purtroppo sono veramente molto indietro. Assistiamo di nuovo alla dicotomia nord-sud per tutto quanto riguarda l’innovazione. Anche se il 2020 è di là da venire, ci sono molti passaggi ancora da compiere.

    D. – Quali sono questi passaggi?

    R. – Il primo passaggio è sicuramente rendere fattore comune le chiavi di successo che le regioni migliori – la Lombardia, l’Emilia Romagna e la Toscana, come dicevo, ma anche il Veneto – hanno già portato avanti. Un fattore poi sicuramente da chiarire, a livello non solo di sanità, ma anche di pubblica amministrazione, è l’accesso ai dati e quindi la possibilità di avere interoperabilità dei dati: avere la capacità di tutte le regioni di condividere quelli che possono essere gli strumenti necessari per mettere il paziente al centro di questa innovazione.

    D. - Si parla spesso di “E-health”: cosa significa?

    R. - Un errore che si è fatto spesso è di associare il tema dell'“E-health” a quello della medicina a distanza: quella “E” sta per elettronica e quindi sicuramente si riferisce il ruolo delle tecnologie elettroniche, dell’informazione, della comunicazione. Ma significa anche efficienza, equità: significa tutto ciò che in qualche modo può mettere il paziente al centro e quindi anche rendere un po’ edotti i pazienti stessi di quelle che sono le novità.

    D. - Ci sono progetti-pilota che sono di esempio per l’innovazione nella sanità?

    R. - Ce ne sono tanti. Il Cnr, in particolare, si è fatto carico di portare avanti in tutte le regioni progetti come "Telemaco". Poi, lo ripeto, sono le singole regioni che con i propri organi, anche con le proprie società informatiche – sto pensando alla Lombardia con la “Lombardia informatica” – riescono in qualche modo a portare avanti questi progetti, attraverso gli strumenti delle loro società satellite, detenute al cento per cento dalla regioni stesse. Di progetti ce ne sono forse fin troppi: bisognerebbe condividere quelli che hanno avuto maggior successo e riuscire poi a coagularli attorno a un unico centro di attenzione. In questo, il Ministero della salute si sta attivando molto proprio perché ci siano dei tavoli comuni.

    D. - Negli ultimi giorni, si è parlato del caso di una donna morta dopo l’assunzione di un farmaco comprato da Ebay: l’innovazione può anche nascondere delle insidie?

    R. - Sicuramente, ci sono delle insidie e ci vuole sempre un professionista che possa valutare le condizioni del paziente, verificando le condizioni di ipersensibilità del paziente stesso verso alcuni farmaci. Non c’è solo il caso della paziente in questione: ci sono casi anche più eclatanti e penso, per esempio, alla due vittime illustri in campo sportivo, una in Inghilterra e un’altra in Italia, dove anche con strumenti tecnologici - di assistenza a distanza, di conoscenza di quelli che possono essere i valori del paziente - si può giungere a una soluzione prima che l’evento nefasto si manifesti. In questo senso, la tecnologia aiuta, perché da un lato garantisce un maggior accesso alla comunicazione e all’informazione del paziente, dall’altro permette al medico o alla struttura sanitaria che si fa carico del paziente di seguirlo passo passo. (mg)

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    Lettura quaresimale dei "Ritratti di Santi" dedicata Jérôme Lejeune, lo scopritore della sindrome di Down

    ◊   La compassione è un sentimento che ogni medico dovrebbe avere. Si esprimeva così Jérôme Lejeune, il padre della genetica moderna, colui che scoprì l’anomalia cromosomica alla base della sindrome di Down. Il medico che riesce ad annunciare a dei genitori che il loro bambino è gravemente malato senza sentire il cuore schiantarsi - scriveva Lejeune non è degno del suo mestiere”. A questo Servo di Dio, convinto sostenitore pro-life, è dedicata la serata odierna nella Chiesa romana di Santa Maria della Vittoria per il ciclo quaresimale “Ritratti di Santi”. A leggere la vita di Lejeune, dagli scritti del padre carmelitano Antonio Maria Sicari, è l’attore Vincenzo Bocciarelli. Paolo Ondarza lo ha intervistato:

    R. - La cosa che mi ha colpito di più di Jérôme Lejeune è il suo rapporto con i bambini che soffrivano di questa patologia molto complessa, ma soprattutto il rapporto che aveva anche con i genitori: il conforto, la parola di speranza, di fede che riusciva a trasmettere.

    D. - "L’uomo che riesce ad annunciare a dei genitori che il loro bambino è gravemente malato, senza sentire il cuore schiantarsi al pensiero del dolore che li assalirà - sosteneva Lejeune - non è degno del suo mestiere". Un atteggiamento che tante volte manca, non è comune…

    R. - Sì, perché il sapere ascoltare è una dote che - soprattutto oggigiorno, che siamo presi dalla frenesia - è una cosa importante.

    D. - Jérôme Lejeune non aveva paura di parlare un linguaggio poco politicamente corretto. Famosi i suoi “no”: no all’aborto perché, diceva, si tratta di omicidio e non dà sollievo a nessuno. E no alla pillola abortiva, "pesticida umano"…

    R. - Sì, il suo è amore per la vita. Io spero attraverso questa lettura di poter rendere vivo e sottolineare questo concetto della speranza.

    D. - Amare la vita, andare contro la cultura della morte è qualcosa che si può testimoniare non solo facendo il medico, ma lo si può fare anche facendo altre professioni, come ad esempio l’attore…

    R. - Sì, io devo dire che, da quando ebbi questo grande privilegio di recitare per Giovanni Paolo II, ho provato questo senso di sentirmi utile, di poter trasmettere un messaggio. Per me attore, essere interprete di questi testi lo ritengo una fortuna, ed invece spesso si tende subito a etichettare in un certo modo l’attore che fa sempre cose sacre. Recitare invece cose “alte” è una cosa che arricchisce il percorso di continua ricerca, che secondo me dovrebbe fare un artista. Io ho scelto di fare l’attore anche per un senso di ricerca continua, di conoscenza di me stesso, degli altri e dell’essere umano, attraverso il rapporto con il pubblico. Secondo me, per essere un bravo attore bisogna soprattutto lavorare sull’anima: se non si è buone persone, non avviene quel meccanismo catartico che invece è fondamentale, perché avvenga quella scintilla tra spettatore ed interprete.

    D. - Si avverte una responsabilità maggiore quando ci si confronta con testi sacri, o comunque ci si confronta con figure di uomini di fede…

    R. - Sì, per quanto mi riguarda io cerco di creare un giusto equilibrio tra il sentire veramente quello che recito e, tecnicamente, una tensione particolare per la parola. Io cerco di mettere da parte il mio essere attore, per diventare uno strumento. Trovo anche una forma di preghiera altissima con il massimo dell’umiltà. Forse, qualcuno lassù ha deciso che io faccia questo percorso e mi senta strumento di certi messaggi. (cp)

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Mali: l’Onu condanna il golpe. Negoziato di pace dei leader religiosi

    ◊   Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite "condanna fermamente" il colpo di stato compiuto il 22 marzo dalle forze militari ribelli in Mali. Attraverso una dichiarazione del presidente di turno dei Quindici, l'ambasciatore inglese Mark Lyall Grant, l’organo dell’Onu chiede alle truppe ribelli di cessare immediatamente ogni violenza in modo da ripristinare l'ordine e far sì che le elezioni si tengano come previsto a fine aprile. Il Consiglio di Sicurezza si dichiara altresì "fortemente preoccupato per il deteriorarsi della sicurezza e della situazione umanitaria nella regione del Sahel", complicata ulteriormente dalla presenza sul territorio di gruppi armati e di terroristi che minacciano la pace di tutto il Paese. I Quindici chiedono infine alle autorità nazionali e internazionali, insieme alle organizzazioni locali, di adottare immediatamente tutte le misure necessarie per riportare la stabilità nella regione. Sul piano interno i principali leader religiosi del Mali sono impegnati in negoziati per trovare una soluzione alla crisi politica scaturita dal golpe militare. “Ieri ho partecipato con mons. Jean Zerbo, arcivescovo di Bamako, insieme ai leader protestanti e islamici del Paese, ad una riunione con i partiti politici che sono contrari al golpe. Oggetto della riunione era quello di trovare una soluzione affinché i militari cedano il potere il più presto possibile” dice all’agenzia Fides Don Edmond Dembele, segretario della Conferenza episcopale del Mali. Nel frattempo la situazione del Paese sembra normalizzarsi. “Ieri sono state riaperte parzialmente le frontiere, permettendo l’importazione delle merci di prima necessità” riferisce don Dembele “La capitale appare calma - prosegue il sacerdote -. Ho appena attraversato il centro della città ed ho potuto constatare che la popolazione ha ripreso il lavoro. La circolazione stradale è tornata quasi normale, vi sono diverse automobili e moto che circolano. Ieri c’è stata una piccola manifestazione di alcune centinaia di giovani che hanno accolto l’appello lanciato da alcuni partiti politici di protestare contro il golpe militare. La manifestazione, che si è svolta di fronte alla Bourse du Travail, la sede dell’Union National des Travailleurs du Mali (il sindacato principale del Paese), non è stata repressa e si è svolta pacificamente” conclude don Dembele. (R.G.)

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    Israele rompe con il Consiglio per i diritti umani dell'Onu

    ◊   L’annuncio è arrivato ieri, dopo una consultazione presieduta dal ministro degli Esteri Lieberman, ma il provvedimento era nell'aria da giorni. Il Consiglio Onu, che ha sede a Ginevra, aveva infatti la scorsa settimana - su richiesta dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) – incaricato una Commissione d’indagare ''sull'influenza delle colonie ebraiche sulla vita nei Territori'' della popolazione palestinese. Ma Israele non autorizzerà la Commissione ad entrare nei propri confini, né le inoltrerà – ha precisato un portavoce governativo - alcun documento in merito ''e nemmeno risponderà alle sue telefonate''. A Ginevra, la presidente del Consiglio per diritti umani dell’Onu, Laura Dupuy Lasserre, ha definito ''molto spiacevole'' la decisione di Israele, sebbene non sia giunta una conferma ufficiale. Del resto per Tel Aviv il Consiglio è destituito di attendibilità da quando, nel 2009, chiese al giudice Richard Goldstone di scrivere un rapporto sull’operazione 'Piombo fuso' condotta da Israele a Gaza contro Hamas. Un rapporto che Israele ha trovato parziale e diffamatorio e da cui lo stesso Goldstone ha poi preso, in certa misura, le distanze. Da parte sua il premier israeliano Netanyahu ha rilevato nei giorni scorsi che il Consiglio per i diritti umani ''ha adottato finora 91 decisioni: 39 di esse riguardavano Israele, tre la Siria e una l'Iran''. Un Consiglio che appare dunque, almeno secondo i dirigenti dello Stato ebraico, ‘ossessionato’ da Israele. (A cura di Roberta Gisotti)

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    Pakistan: attacchi di estremisti islamici in un sobborgo di Karachi

    ◊   La popolazione cristiana è terrorizzata: aumentano le incursioni violente, diurne e notturne, di gruppi di estremisti islamici a Essa Nagri, sobborgo cristiano della città di Karachi. Nel quartiere, densamente popolato, vivono circa 50.000 cristiani, in condizioni di estrema povertà e nella mancanza di servizi di base. Secondo fonti locali dell'agenzia Fides, nel sobborgo di Essa Nagri vi sono circa 15 chiese di varie denominazioni: cattolica, presbiteriana, pentecostale, avventista del Settimo Giorno, Esercito della Salvezza e altre. Nell’area operano diverse Ong con progetti di istruzione, sostegno sociale ed economico alla comunità. Fra queste, l’Ong “Mission and Action for Social Services” (Mass), ha informato Fides di aver presentato una denuncia ufficiale alla polizia, perché negli ultimi mesi sono cresciuti a ritmo vertiginoso gli attacchi di militanti islamici contro le famiglie del quartiere. Come riferito da fonti a Karachi, i militanti entrano in Essa Nagri impugnando pistole e mitragliatrici, saccheggiano le case e commettono violenze di ogni tipo contro famiglie indifese. Rubano, estorcono denaro dicendo che devono riscuotere la “Jizya” (la tassa imposta, secondo la sharia, sulle minoranze non musulmane), percuotono vittime innocenti, abusano delle donne per puro divertimento. L’Ong “Mass” afferma di aver chiesto alle autorità di “prendere provvedimenti contro questi terroristi”. Il fenomeno era stato già segnalato dal parlamentare cattolico del Sindh, Michael Javed che aveva parlato di “stupri e torture di donne e bambini cristiani” nei sobborghi di Karachi. Nei giorni scorsi, una donna cristiana di Essa Nagri ha raccontato scioccata: “Uomini armati e ubriachi hanno fatto irruzione nella mia casa e hanno violentato le mie due figlie sotto i miei occhi. Chi ci protegge?”. Vi sono anche numerosi casi in cui i militanti hanno rapito le ragazze cristiane, costringendole al matrimonio e alla conversione all’islam. (R.P.)

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    India: i cristiani vincono una battaglia legale sul matrimonio interreligioso

    ◊   I cristiani vincono un ricorso legale e il matrimonio interreligioso riassume piena validità civile: ieri, 26 marzo, con una sentenza storica, l’Alta Corte dello Stato di Gujarat, ha dichiarato valido e legittimo il matrimonio contratto fra un cristiano e una donna indù, dopo che il governo dello Stato lo aveva invalidato, sulla base della legge “Freedom of Religion Act” (definita “legge anticonversioni”), in vigore dal 2003. Come spiegato all'agenzia Fides da Joseph D'Souza, presidente dell’All India Christian Council (Aicc), “la sentenza avrà importanti conseguenze e costituirà un utile precedente. Implica che i cristiani possono sposarsi con persone di loro scelta, anche di altre fedi”. I cristiani affermano che il governo del Gujarat, guidato dal leader nazionalista indù Narendra Modi, del partito “Barathiya Janata Party” (Bjp), cerca di utilizzare il “Freedom of Religion Act” per impedire i matrimoni interreligiosi. Il ricorso era stato presentato dal cristiano Subashchandra Parmar contro un’ordinanza dello Stato di Gujarat. Parmar è un funzionario statale e cancelliere che nel 2009, sulla base dell’ “Indian Christian Marriage Act”, legge in vigore dal 1872, aveva celebrato il matrimonio tra il cristiano Pinakin Macwan e la ragazza indù Vishrutiben Shukla: la ragazza, come consentito dalla legge, era rimasta della sua fede. Dopo oltre un anno, nel 2010, un parente della ragazza ha chiesto inspiegabilmente al governo di annullare il matrimonio, ai sensi della “Freedom of Religion Act”, che mira a “regolare” le conversioni. Nel 2011 il governo lo ha annullato, accusando Parmar di aver legittimato una conversione non autorizzata, revocandogli il permesso di celebrare matrimoni e avviando un procedimento penale a suo carico. Ora la sentenza dell’Alta Corte dà ragione al cristiano, che aveva applicato la legge esistente, confermando l’ammissibilità e la piena validità dei matrimoni interreligiosi. (R.P.)

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    Turchia: nel 2013 riapertura della Facoltà teologica di Halki

    ◊   In occasione del Summit per la sicurezza nucleare che si è svolto a Seul, il presidente degli Stati Uniti d’America, Barack Obama, ha incontrato a margine il primo ministro turco, Recep Tayyip Erdoðan, che gli ha annunciato la riapertura della Facoltà teologica di Halki. La notizia, rilanciata dall’agenzia di stampa greca Romfea.gr e ripresa dall'agenzia Sir, appare oggi su molti siti dei patriarcati ortodossi. Secondo Romfea.gr, il presidente Obama si è congratulato con il primo ministro Erdogan “per gli sforzi che ha fatto in Turchia in difesa delle minoranza religiose”, aggiungendo la sua personale soddisfazione per la riapertura della Facoltà di Halki. La notizia è poi confermata dalla agenzia greca amen.gr. Venerdì scorso il patriarca ecumenico Bartolomeo I ha incontrato George Papandreou, ex primo ministro greco e attualmente presidente dell‘Internazionale socialista, al quale il Patriarca ha affermato che “i pochi rimanenti ostacoli giuridici per la riapertura di Halki saranno risolti dalla revisione della Costituzione, che dovrebbe essere completata entro la fine di quest‘anno” e pertanto c’è la speranza che la scuola possa riaprirsi per gli inizi del 2013. Il seminario di Halki è stato chiuso dalle autorità turche nel 1971, a seguito della decisione della Corte costituzionale relativa all‘annullamento di alcune clausole della legge 625 sull‘ordinamento dell‘insegnamento privato. L‘istituzione fu fondata all‘inizio del XIX secolo, con l‘intento di formare il personale religioso e fornire un insegnamento teologico ecumenico. La scuola teologica di Halki ha svolto un ruolo fondamentale per l‘educazione dell‘alto clero ortodosso: in oltre 130 anni di attività, ben dodici prelati diplomatisi nel seminario hanno successivamente ricoperto la carica di Patriarca; lo stesso Bartolomeo I ha compiuto i suoi studi presso la scuola teologica di Halki. Per la sua riapertura il Patriarcato ha lavorato intensamente in questi anni, premendo sulla comunità internazionale e in particolare sul presidente degli Stati Uniti d’America (che il Patriarca incontrò nel 2009) e sull’Unione europea. (R.P.)

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    Pakistan: aumenta la tratta di esseri umani nella provincia del Sindh

    ◊   Dall’inizio dell’anno è stato registrato un forte incremento nella tratta di esseri umani nella provincia pakistana del Sindh, e la tendenza potrebbe continuare, a meno che le autorità non intervengano prontamente. Secondo il responsabile della Ong Madadgaar Helpline, che si occupa di donne e bambini vittime di abusi e di traffico umano, nei primi due mesi del 2012 sono stati registrati 190 casi. Nel 2011 i casi erano stati in tutto 288. Le famiglie ricevono denaro in cambio dei propri figli. I trafficanti - riporta l'agenzia Fides - prendono donne e bambini dai villaggi con la promessa di portarli a lavorare nelle città. Una volta pagata una certa cifra, questi malviventi sfruttano le vittime trattandole come schiavi. La maggior parte provengono dal Bangladesh e dall’Afghanistan, dove la povertà e i conflitti hanno reso difficile per la gente soddisfare le proprie necessità primarie. Secondo fonti del Ministero per i Diritti Umani del Sindh, la povertà obbliga le persone a dare via i propri figli. Nelle grandi città come Karachi, Hyderabad, Larkana ci sono bambini con meno di 5 anni sfruttati come servitù, nonostante la Costituzione del Paese garantisca la tutela dei minori. Dopo le inondazioni del 2010 e 2011, nella provincia del Sindh la povertà è aumentata, e molte famiglie dipendenti dall’agricoltura non hanno avuto altra scelta che mandare i propri figli nelle grandi città. Secondo un rapporto del 2011 del Dipartimento degli Stati Uniti per la Tratta di esseri umani, il Pakistan è un Paese di transito oltre che una meta per le vittime della tratta. Il principale problema è legato al lavoro forzato, prevalentemente in Sindh e Punjab, molto diffuso nelle fabbriche di mattoni, tappeti, nell’agricoltura, e nella pesca, nelle miniere, nell’industria conciaria e nella produzione di braccialetti di vetro. I dati dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro riportano che ogni anno in tutto il mondo 12 milioni di persone sono vittime di tratta. Circa il 70% sono donne con meno di 25 anni di età. (R.P.)

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    Convenzione per limitare l’inquinamento dei rifiuti elettrici ed elettronici

    ◊   Una Convenzione ad hoc per limitare l'inquinamento provocato dai rifiuti elettrici ed elettronici. A siglarla è stata l'Unione internazionale delle telecomunicazioni (Itu), e le parti firmatarie della Convenzione di Basilea (Sbc) sul controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e del loro smaltimento, già operativa dal 1992. Si vuole rafforzare la collaborazione fra il settore dell'information e communication technology (Ict), i referenti politici sulle questioni ambientali e l’industria del riciclo. L'obiettivo è quello di promuovere la raccolta e il riciclo dei materiali pericolosi, introducendo misure per migliorare la gestione delle apparecchiature. Secondo stime dell'Itu, i rifiuti elettronici sono in crescita esponenziale, specie nei Paesi in via di sviluppo, ma solo il 13% attualmente viene riciclato, spesso senza applicare procedure di sicurezza. ''Il settore dell'Ict - spiega il segretario generale dell'Itu, Hamadoun Touré - sta già facendo progressi significativi nel migliorare le sue prestazioni e nel ridurre i rifiuti elettronici attraverso migliori standard e migliori pratiche''. I rifiuti elettronici contengono materiali tossici impiegati nei processi di lavorazione e possono causare danni all'ambiente ma anche alla salute umana. ''Le apparecchiature Ict - aggiunge il segretario esecutivo della Convenzione di Basilea, Jim Willis - deve essere gestito pensando al suo intero ciclo di vita, e questo include il periodo in cui l'apparecchiatura diventa di seconda mano e poi un rifiuto elettronico''. (R.G.)

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    Slovenia: soddisfazione dei vescovi per il "no" al nuovo Codice di Famiglia

    ◊   “Salutiamo la decisione degli elettori che hanno votato contro la nuova Legge sulla famiglia”: così i vescovi della Slovenia commentano il risultato del referendum svoltosi ieri nel Paese, con cui gli elettori hanno respinto il nuovo Codice di Famiglia. Circa il 55% dei votanti (contro il 45%, l'affluenza è stata del 26%) ha, infatti, bocciato la nuova normativa che prevedeva, fra l'altro, l'ampliamento di alcuni diritti per le coppie omosessuali, in primo luogo quello all'adozione limitata. Il testo contemplava anche tutta una serie di provvedimenti riguardanti le unioni di fatto. La legge, votata l'anno scorso dal precedente Parlamento di Lubiana, è stata bloccata da organizzazioni e associazioni che hanno raccolto le firme necessarie per indire il referendum. In una nota diffusa da mons. Anton Stres, arcivescovo metropolita di Ljubljana e presidente della Conferenza Episcopale Slovena (Ces), si ringraziano “tutti coloro che si sono impegnati personalmente per raggiungere tale scopo ed hanno favorito agli elettori di riconoscere il ruolo insostituibile che ha la famiglia nella nostra vita”. Tuttavia, mette ancora in guardia la Chiesa di Lubiana, “i valori della famiglia con il risultato del referendum non sono ancora assicurati, infatti, bisogna viverli quotidianamente nelle relazioni interpersonali”. “La famiglia – conclude la Ces - nella quale i bambini possono crescere con l’aiuto dell’educazione materna e paterna, rimane quindi la nostra alleanza e per questo ci impegneremo anche in futuro”. (R.P.)

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    Ungheria: piena riabilitazione del cardinale Mindszenty

    ◊   Il sito web dell’arcidiocesi Esztergom-Budapest, dà notizia della piena riabilitazione legale, morale e politica del cardinale József Mindszenty. Il processo di riabilitazione del servo di Dio, il cardinale Mindszenty, si è concluso ufficialmente su richiesta del suo successore, il cardinale Péter Erdő, con l’ordinanza della Procura Generale. Alla fine del 1989 la Procura Generale aveva ordinato la revisione del processo Nr. IX. 254/1949, istruito dal Tribunale Popolare di Budapest a carico del cardinal József Mindszenty, che lo accusava di alto tradimento. Con la legge Nr. XXVI. del 1990, il parlamento ha disposto poi la riparazione dei cosiddetti processi farsa e quindi delle condanne illegittime. L’ordinanza attuale conclude così ufficialmente l’antecedente revisione del processo e nello stesso tempo dichiara la piena riabilitazione giuridica, morale e politica del cardinale József Mindszenty. Il cardinale Péter Erdő ha affermato che questa è “la conclusione di una storia lunga, piena di sofferenze”, che “contribuirà alla conoscenza della verità del nostro passato, al risanamento spirituale e all’innalzamento morale del nostro popolo”. “Questa decisione – ha concluso il porporato – dimostra univocamente che la nostra legislazione ha rotto con l’eredità pesante dei processi farsa e s’impegna seriamente a far valere le richieste fondamentali e umane della giustizia”. (T.C.)

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    Inghilterra: ricostituito il dialogo ecumenico cattolici-anglicani

    ◊   L‘evangelizzazione nel contesto di una società sempre più secolarizzata. Sarà questo il “tema chiave” sul quale i membri del Comitato anglicano-cattolico di Inghilterra (Arc inglese) lavoreranno per i prossimi cinque anni. Il Comitato - completamente riconfigurato e presieduto dall‘arcivescovo cattolico di Birmingham, mons. Bernard Longley, e dal vescovo anglicano di Truro, il rev. Tim Thornton - si è incontrato nei giorni 23 e 24 marzo nella cattedrale di Canterbury per decidere l’agenda di lavoro. Tra gli argomenti scelti - riferisce l'agenzia Sir - figura una riflessione su come “le nostre due Chiese possono testimoniare insieme nel settore pubblico, in particolare su temi quali il bene comune e su questioni sociali ed etiche”. Inoltre, l’Arc inglese informerà “i membri di entrambe le Chiese sul progresso ecumenico già fatto negli ultimi cinquant’anni, sottolineando quanto le nostre Chiese hanno in comune”; per favorire l‘ecumenismo spirituale, le Chiese si impegnano a promuovere momenti di “preghiera comune e di culto (liturgie della Parola)”. Il Comitato farà riferimento alle riunioni congiunte dei vescovi inglesi anglicani e cattolici che si svolgono ogni due anni e, alla fine del suo programma quinquennale, produrrà una relazione per entrambe le Chiese sul lavoro svolto. (R.P.)

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    Roma. Funerali del militare ucciso in Afghanistan. Mons. Pelvi: “Un operatore di pace”

    ◊   Una persona “convinta che la pace si costruisce persino con un pezzo di pane e una scuola che riapre”. Così l’arcivescovo ordinario militare per l’Italia, mons. Vincenzo Pelvi, ha reso omaggio al sergente maggiore Michele Silvestri, caduto in Afghanistan sabato scorso, nell’omelia dei funerali di Stato celebrati ieri pomeriggio nella chiesa di Santa Maria degli Angeli a Roma. Cinquantesima vittima italiana della missione Isaf (International security assistance force), “Michele è stato capace di dire al Signore: ‘Eccomi’, cioè sono pronto per il servizio alla pace. Ha giurato fedeltà alla Patria, mettendosi pienamente a disposizione degli altri. Per lui l’amore non è dipendenza ma dono”. Michele “sta davanti a noi come segno di consolazione, d’incoraggiamento, di speranza” ha aggiunto mons. Pelvi, ricordando poi tutti i soldati italiani impegnati nelle missioni internazionali. “Sono un po’ speciali - ha detto - perché portano con sé quel bagaglio di umanità e di fede che contraddistingue da sempre i nostri militari impegnati in missioni di sicurezza nel mondo”. Nel concludere, mons. Pelvi ha sottolineato l’urgenza di “educare alla cittadinanza mondiale, consapevoli che le differenze etniche e culturali non sono una minaccia, bensì una risorsa”. (G.M.)

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    Family 2012: pronto il "kit della famiglia" con pass e gadget

    ◊   Da oggi il popolo atteso a Milano per il VII Incontro Mondiale delle Famiglie (30 maggio - 3 giugno) può trovare sul sito di Family 2012 (www.family2012.com) il “Kit della Famiglia” per l’evento: zaini, cappelli, spille, foulard e gadget prodotti da Brums, produttore ufficiale e unico rivenditore autorizzato. Il kit - riferisce l'agenzia Sir - contiene anche una serie di strumenti che permettono alle famiglie di partecipare con tranquillità e in sicurezza all’evento: pass di accesso, polizza assicurativa, trasporti pubblici urbani della città di Milano e ferroviari regionali, entrata gratuita alle iniziative culturali programmate, sussidio liturgico e guida della famiglia. Lo zaino è stato pensato in due colori, rosso e beige, mentre il colore guida di tutti gli articoli è il bianco sopra al quale il vero protagonista è il logo di Family 2012, che si caratterizza per il calore delle diverse tonalità di giallo, arancio, rosso e ciclamino. Su ogni articolo parte del merchandising ufficiale campeggia il logo dell’incontro che ha al centro l’immagine stilizzata del Duomo. Una scelta che da un lato identifica il luogo in cui dove si terrà il VII Incontro Mondiale delle Famiglie, dall’altro sta a rappresentare l’abbraccio di Maria Nascente alle famiglie che da tutto il mondo raggiungeranno Milano. (R.P.)

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    Italia: Pax Christi chiede al governo di investire in legalità, giustizia e disarmo

    ◊   Legalità, giustizia e disarmo: sono queste le tre priorità su cui deve investire il Paese per una migliore redistribuzione delle risorse e il bene comune. Lo scrive Pax Christi Italia in una lettera aperta al governo e al Parlamento, evidenziando ''una situazione di grande sofferenza per milioni di italiani''. Pax Christi chiede, in particolare, di ''agire con determinazione contro la diffusa corruzione economico-politica (anche con una legge, oggi in cantiere) e contro la criminalità che sta riciclando ovunque i suoi immensi guadagni''. Chiede anche di ''ridurre le colossali sperequazioni nella distribuzione del reddito e i privilegi di corporazioni potenti e di persone che utilizzano senza scrupoli il potere della ricchezza in ambito pubblico e privato, industriale, finanziario, politico e militare; eliminare sprechi e favori di ogni tipo; colpire l'evasione fiscale mirando, soprattutto, ai grandi patrimoni, alle rendite finanziarie, ai capitali all''estero, ai paradisi fiscali''. E, non ultimo, Pax Christi invita a ''tagliare realmente le spese militari senza artifici contabili volti a produrre e acquistare nuovi sistemi d''arma costosissimi, pericolosissimi, inaffidabili, con scarse ricadute occupazionali e anticostituzionali; bloccare il progetto degli F35; difendere la legge 185/90 che controlla il mercato delle armi''. (R.G.)

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    Auser: il bullismo scolastico si combatte con il volontariato

    ◊   Dal disagio tipico dell’età adolescenziale, che può trasformarsi talvolta in atti di bullismo, alla solidarietà. È da queste premesse che è nata la collaborazione tra l’associazione di volontariato Auser di Livorno, dedicata agli anziani e l’istituto superiore “Buontalenti-Cappellini-Orlando”. “Abbiamo firmato - spiega Fiorella Cateni, presidente dell’Auser livornese — un protocollo che ha come finalità di fornire a tutti gli studenti dell’istituto che abbiano compiuto i 14 anni di stare accanto ai nostri volontari e svolgere alcuni dei nostri servizi a favore degli anziani. Un modo – aggiunge - di promuovere l’educazione alla solidarietà sociale”. L’iniziativa offre anche la possibilità di acquisire crediti formativi scolastici o, ancora, di convertire un provvedimento di sospensione dalle lezioni, per esempio per atti di bullismo, in attività socialmente utili. “La sospensione - precisa la vicepreside Patrizia Pampana - non deve essere vista come un provvedimento coercitivo e l’esperienza accanto ai volontari dell’Auser può essere utile”. Esperienza per la quale è necessario il consenso dei genitori. Per una volta, è la conclusione degli organizzatori, “un atto di bullismo o un episodio grave potranno diventare l‘occasione per avere un‘esperienza di vita concreta, una nuova occasione per diventare poi volontari”. (G.M.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 87

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Barbara Innocenti.