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Sommario del 25/03/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI ai bambini messicani a Guanajuato: “Ciascuno di voi è un regalo di Dio per il Messico e per il mondo”
  • Il Papa e il presidente Calderon: serve un trattato sulle armi leggere. L'incontro con i parenti delle vittime della criminalità
  • Briefing di padre Lombardi a Leon: il Pontefice ha sempre operato per la verità e la trasparenza
  • Oggi il Santo Padre celebra la Santa Messa al Parco del Bicentenario di León
  • Messico: l'abbraccio a Benedetto XVI e il ricordo di Giovanni Paolo II
  • I messicani emigrati negli Usa seguono con speranza il viaggio di Benedetto XVI nella loro patria
  • Il Papa domani a Cuba: intervista al prof. Baggio
  • Oggi in Primo Piano

  • Referendum in Slovenia. Il cardinale Rodé: si rischia la distruzione del concetto di famiglia
  • L'appello dell'Unicef per i bambini del Sahel
  • Disputa sulle 'terre rare'. Se ne discute all'Organizzazione mondiale del commercio
  • Italia: avviata la campagna del Movimento politico per l'unità per chiedere una nuova legge elettorale
  • Nella Cattedrale di Pennabilli, il saluto a Tonino Guerra
  • Carità in azione: mensa per i poveri in una parrocchia romana
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Kofi Annan a Mosca per il piano di pace sulla Siria
  • Orissa: liberato l'ostaggio italiano Colangelo
  • Nucleare iraniano. Obama: sta per chiudersi la finestra diplomatica
  • Mali: le incognite dopo il colpo di Stato
  • Senegal: oggi il ballottaggio per le presidenziali
  • Al via la missione dei soldati africani contro il gruppo armato dell'Lra
  • Cordoglio in Italia per la morte in Afghanistan del sergente Silvestri
  • El Salvador: le celebrazioni in memoria di mons. Romero
  • Gmg: incontro a Rocca di Papa su Madrid 2011, con lo sguardo a Rio 2013
  • Gmg 2013: i giovani di Rio ad Ipanema per la Domenica delle Palme
  • Filippine. Chiese e Ong al governo: più impegno sui diritti umani
  • 25-29 luglio: V edizione del Fiuggi Family Festival
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI ai bambini messicani a Guanajuato: “Ciascuno di voi è un regalo di Dio per il Messico e per il mondo”

    ◊   La seconda giornata del Papa in Messico è cominciata con la Messa in privato a León, nel Collegio Santisima Virgen de Miraflores, residenza pontificia, alla quale hanno partecipato una trentina di suore dell’istituto. A conclusione della giornata, nella quale Benedetto XVI ha ricevuto le chiavi delle città di León e Guanajuato, il caloroso incontro con i bambini proprio a Guanajuato: il Santo Padre, dopo il colloquio col presidente messicano Felipe Calderon, si è infatti affacciato al balcone del Palazzo "Casa del Conde Rul", sulla Plaza de la Paz. Ci riferisce il nostro inviato, Giancarlo La Vella:

    (canti e saluti dei bambini al Papa)

    Una carezza ai piccoli amici messicani, un saluto che è un forte segno di speranza, un abbraccio del Papa al Messico di domani. L’incontro del Pontefice con i bambini a Guanajuato porta con sé questi significati, in un Paese dove sono proprio i minori – ha detto il Papa, più volte interrotto dagli applausi dei ragazzi – a portare il peso della sofferenza, dell’abbandono, della violenza e della fame causata dalla siccità di questi ultimi mesi. Ma anche di fronte alle difficoltà – ha affermato il Santo Padre – bisogna lasciare entrare in noi l’amore di Cristo. Egli conosce chi lo ama. Questa è l’unica forza che cambia il nostro cuore e il mondo. Ognuno sia seminatore e messaggero di quella pace per la quale Cristo donò la sua vita.

    “El discipulo de Jesus…”
    “Il discepolo di Gesù non risponde al male con il male, bensì è sempre strumento del bene, araldo del perdono, portatore di allegria, servitore dell’unità. Gesù vuole scrivere in ognuna delle vostre vite una storia di amicizia. Abbiatelo, allora, come il migliore dei vostri amici”.

    Ciascuno di voi – ha detto ancora Benedetto XVI – è un regalo di Dio per il Messico e per il mondo. Famiglia, Chiesa, scuola, società devono lavorare unite, affinché voi possiate avere un mondo migliore, senza invidie e divisioni.

    “Por ello, deseo elevar…”
    “Per questo, desidero levare la mia voce invitando tutti a proteggere e accudire i bambini, perché mai si spenga il loro sorriso, possano vivere in pace e guardare al futuro con fiducia”.

    Infine, l’auspicio del Papa: “Pregate per tutti, pregate per me. Io pregherò per voi, affinché il Messico sia un focolare nel quale tutti i suoi figli vivano in serenità e armonia.

    (applausi e saluti dei bambini)

    Un simbolico volo di colombe bianche ha concluso l’incontro, nel quale il Papa, prima della Messa al parco del Bicentenario, ha invitato tutto il Messico, attraverso i suoi figli più piccoli, a guardare con fiducia ad un futuro di pace e fratellanza vere.

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    Il Papa e il presidente Calderon: serve un trattato sulle armi leggere. L'incontro con i parenti delle vittime della criminalità

    ◊   La proliferazione delle armi leggere e di piccolo taglio ha “ha favorito l'azione criminale della delinquenza organizzata”. Lo hanno sottolineato Benedetto XVI e il presidente messicano Felipe Calderon, nel loro colloquio privato di circa mezz’ora alla “Casa del Conde Rul” di Guanajuato. Il servizio di Giada Aquilino:

    Compiere passi avanti sulla via del disarmo nucleare e arrivare rapidamente alla stipula del trattato internazionale sul commercio delle armi piccole e leggere. Lo hanno auspicato Benedetto XVI ed il presidente Felipe Calderon, secondo quanto riferisce un comunicato della presidenza della Repubblica messicana. Durante l’incontro, il Papa e il capo di Stato - spiega la nota - “hanno commentato le sfide globali che oggi il mondo affronta e sulle quali sia il Messico sia la Santa Sede mantengono una posizione attiva a livello mondiale”. Tra queste, si citano “il mutamento climatico e le sue conseguenze, la sicurezza alimentare e la lotta contro la fame nel mondo, il desiderio di avanzare verso il disarmo nucleare e - appunto - la necessità di raggiungere un trattato internazionale sul commercio delle armi piccole e leggere visto che la loro proliferazione ha favorito l'azione criminale della delinquenza organizzata”. Sottolineato inoltre “il lavoro di aiuto che la Chiesa cattolica porta avanti a livello internazionale in tema dei disastri naturali e dell’assistenza umanitaria”. Attenzione è stata prestata anche “alla situazione degli attuali conflitti nel mondo”. Il direttore della sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha inoltre spiegato che nel colloquio tra il Pontefice e il presidente è stato toccato pure il tema dell'educazione, con riferimento alle giovani generazioni; si è invece soltanto brevemente accennato al tema della libertà religiosa, su cui in Messico si sta lavorando a una riforma costituzionale.

    Nell’occasione del colloquio tra il Papa e il presidente Calderon, si è svolto anche un incontro tra la delegazione vaticana, guidata dal segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone, e dal segretario per i rapporti con gli Stati, l’arcivescovo Dominique Mamberti, e quella del governo messicano, con i ministri dell'Interno, Alejandro Poire', e degli Esteri, Patricia Espinosa. Tra i temi toccati, le ventennali relazioni bilaterali, la presidenza messicana del G20, “la lotta contro la criminalità organizzata transnazionale”, le migrazioni, il riscaldamento globale. Ribadita la necessità di un cammino verso il disarmo nucleare e di “concludere a breve il Trattato sul commercio delle armi (ATT)”. Riconosciuto infine il ruolo della Santa Sede nelle questioni mondiali, “come la lotta alla fame, la prevenzione dei disastri naturali, gli aiuti umanitari, il diritto umanitario internazionale, i diritti umani e l'abolizione della pena di morte”. Al termine dei colloqui, lo scambio dei doni.

    Subito dopo, Benedetto XVI ha incontrato un gruppo di familiari di vittime della criminalità organizzata, tra cui la madre di un poliziotto federale, la sorella di una sequestrata ed un ex ostaggio.

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    Briefing di padre Lombardi a Leon: il Pontefice ha sempre operato per la verità e la trasparenza

    ◊   Un milione di persone ha salutato e festeggiato oggi Benedetto XVI tra Leon e Guanajuato, sia nelle due città, che lungo la strada di collegamento percorsa dal corteo del Papa. Lo ha riferito il portavoce della Sala stampa vaticana al seguito del Papa, padre Federico Lombardi, in un briefing a Leon con la stampa. Il servizio di Roberto Piermarini:

    Nell’incontro con i giornalisti il padre Lombardi ha sottolineato il calore e l’allegria dell’incontro di Benedetto XVI con bambini a Guanajato; l’educazione culturale, morale e della coscienza dei giovani come unica via indicata dal Papa per combattere la violenza, ha escluso un incontro del Pontefice con i candidati presidenziali ed un possibile incontro a Cuba con il presidente venezuelano Chavez ed ha riaffermato che in relazione al tema della libertà religiosa, la Chiesa non chiede privilegi ma di partecipare alla vita della società messicana. Padre Lombardi – che ha confermato l’incontro di Benedetto XVI con le famiglie delle vittime del terrorismo e del narcotraffico – ha poi escluso un incontro con le vittime della pedofilia. Quando questi sono avvenuti in altri Paesi – ha ricordato – “erano stati richiesti dai vescovi, c’era stata una preparazione, ed erano inseriti in un processo di dialogo ed assistenza in cui la Chiesa era coinvolta. Comunque – ha affermato padre Lombardi – in alcuni viaggi del Papa gli incontri ci sono stati, in altri no, come in Portogallo e in Francia”. Da parte delle vittime, secondo il portavoce vaticano, c’è stata una certa ‘aggressività’ nel chiedere l’incontro. “E anche una certa ambiguità – ha sottolineato - : si diceva di voler incontrare il Papa, ma non lo si voleva ascoltare in un dialogo profondo, di spiritualità”. “E’ ingiusto parlare di Benedetto XVI come di un Papa che ha operato contro la verità e contro la trasparenza” ha detto padre Lombardi che ha così respinto fermamente l’accusa secondo cui l’allora cardinale Ratzinger fin dal 1998 fosse al corrente degli abusi commessi da Maciel, poi sospeso ‘a divinis’ dallo stesso Benedetto XVI. “Questo vale anche per Giovanni Paolo II – ha aggiunto -. Non aveva coscienza della doppia vita, del lato oscuro di Maciel. Su questo c’è stata anche una solenne dichiarazione nel corso del processo di beatificazione”. “ I due Papi – ha concluso padre Lombardi – sono sempre stati per la verità e la trasparenza su questo tema.

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    Oggi il Santo Padre celebra la Santa Messa al Parco del Bicentenario di León

    ◊   Oggi, nella V domenica di Quaresima, Benedetto XVI celebrerà, alle 18.00 ora italiana, la Santa Messa al Parco del Bicentenario di León, un ampio spazio commemorativo dello Stato di Guanajuato, culla della lotta nazionale messicana, voluto per celebrare i 200 anni d’indipendenza del Paese. Arrivando in elicottero al Parco, il Pontefice sorvolerà il Santuario del Cristo Rey. Al termine della Messa, il Papa guiderà la recita dell’Angelus. Quindi il rientro al Colegio Miraflores di León. Alle nostre 2.00 del mattino, il Pontefice celebrerà i Vespri con i vescovi del Messico e dell’America Latina, nella Cattedrale della città. La diretta pomeridiana della nostra emittente partirà alle ore 17.50.

    Sull’appuntamento dei messicani col Papa, oggi al Parco del Bicentenario di León, il nostro inviato Giancarlo La Vella ha intervistato padre Jesus Maria dei Missionari di Cristo Redentore, che ha accompagnato un gruppo di 1.200 pellegrini per assistere all’evento:

    R. - Vogliamo essere vicini al nostro Papa. Il Messico è un Paese con un amore tutto speciale per il Pontefice. Per noi, poi, è anche un’opportunità per parlare di vocazioni. Sono 130 mila i giovani che hanno partecipato alla veglia di attesa del Pontefice e, quindi, vogliamo approfittare di quest’opportunità per far conoscere la nostra giovane organizzazione religiosa, che è stata fondata soltanto 20 anni fa.

    D. – Per un giovane che cosa rappresenta nel mondo di oggi - un mondo fortemente laicizzato e secolarizzato - la scelta vocazionale, il diventare un sacerdote?

    R. – E’ soprattutto un’opportunità per fare la differenza. Crediamo che anche i giovani abbiano delle aspettative per un futuro diverso. Noi facciamo questo invito a tutti i ragazzi per far sì che possano fare la differenza in questo mondo, nonostante le incertezze e le difficoltà. Possiamo trasmettere la nostra fede a questi giovani, come un incitamento a fare cose diverse, cose di cui questo mondo ha davvero molto bisogno.

    D. – Il Papa ha detto di avere nel cuore il Messico e la popolazione messicana, che sta soffrendo molto. Fede, speranza e carità sono la ‘ricetta’ per poter uscire fuori da una situazione difficile: ma come fare, poi, a mettere concretamente in pratica tale 'ricetta'?

    R. – Crediamo che questa visita in Messico da parte del Sommo Pontefice rappresenti un’opportunità, per tutti, per ricevere da egli stesso l’invito a riflettere su tutti i temi cui noi guardiamo, adesso, con grande preoccupazione: pensiamo, ad esempio, all’insicurezza e alla sofferenza di tante persone che hanno subito violenze; pensiamo alle persone che lasciano il nostro Paese per cercare una vita diversa. Crediamo che il Sommo Pontefice conosca questa realtà, che sappia che noi messicani crediamo in Dio e, per noi, qualche parola di speranza può aiutarci a percorrere il cammino di fede con una forza ed una coerenza maggiori: non come un rifugio, piuttosto come una risposta sincera alle necessità di ogni uomo e donna di questo Paese, per poterci incontrare nuovamente. (vv)

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    Messico: l'abbraccio a Benedetto XVI e il ricordo di Giovanni Paolo II

    ◊   Nella memoria dei messicani indelebili rimangono le visite del Beato Giovanni Paolo II nel Paese. In questi giorni la popolazione sta imparando a conoscere direttamente anche Benedetto XVI. Ce ne parla uno dei fedeli presenti a León, Hans Valluit, intervistato dal nostro inviato Giancarlo La Vella:

    R. – In Messico, Papa Giovanni Paolo II è venuto cinque volte e anche la sua reliquia è stata in pellegrinaggio; ora conosciamo personalmente anche la figura di Papa Benedetto. Penso sia molto importante. I messaggi che il Papa ha portato, di pace, di concordia, l’appello a porre fine alla criminalità sono positivi per un Paese che in questo momento si trova in una situazione difficile, a causa del narcotraffico, della violenza. Penso che sia molto positiva questa visita. Poi, c’è un aspetto nuovo: questo Papa è un teologo, un uomo di grande sapienza. Il suo messaggio arriverà a tutti.

    D. – In che modo la popolazione civile viene coinvolta da questi drammi, come la violenza e il narcotraffico?

    R. – In realtà, colpisce tutti. Colpisce la vita quotidiana perché non si può camminare liberamente in strada la notte, è complicato; in alcune zone della città c’è un alto tasso di criminalità: è una vita in cui la libertà è limitata. Penso che in questo nostro percorso la fede sia un aspetto importante, perché la fede fa sì che tutti si impegnino ad essere persone migliori e questo contribuisce a limitare la criminalità. (gf)

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    I messicani emigrati negli Usa seguono con speranza il viaggio di Benedetto XVI nella loro patria

    ◊   La visita del Papa in Messico è seguita con emozione anche dai tanti messicani che si trovano negli Stati Uniti dove, attraverso il sacrificio dell'emigrazione, sono riusciti a trovare una dimensione lavorativa e sociale, ma con il cuore sempre rivolto alla propria patria. Il nostro inviato a León, Giancarlo La Vella, ne ha parlato con padre Jorge Ortiz-Garay, sacerdote messicano che opera nella diocesi americana di Brooklyn e sta seguendo la visita del Papa:

    D. – Cosa ci si aspetta da questo viaggio del Papa?

    R. – Ci si aspetta una parola di speranza, una parola di consolazione, per un futuro in cui il Messico e tutti i messicani possano essere uniti come erano prima, senza violenza, senza paura. Questo è quello che ci si aspetta: la parola del Papa piena di speranza.

    D. – Gli Stati Uniti rappresentano un miraggio, un obiettivo per tanti messicani in cerca di lavoro in quella terra. Come i messicani, che sono riusciti ad andare a lavorare negli Stati Uniti, ora vedono la situazione in Messico?

    R. – Con molta tristezza, perché quando lasciano il Messico, il loro cuore rimane sempre lì, con la famiglia, mentre aspettano che la situazione cambi. Il popolo messicano è sempre stato un popolo sofferente. La Madonna di Guadalupe è molto importante per noi e abbiamo sempre nel cuore l'esortazione: “Non abbiate paura: questa è tua madre”. Questa è anche la realtà del messicano negli Stati Uniti, dove ci sono pure lì molti problemi, soprattutto di lavoro. Quello che mi sembra, però, che unisca i messicani sono la patria, la religione e l’amore per la Vergine di Guadalupe.

    D. – Vivendo negli Stati Uniti c’è il rischio di un affievolimento della proverbiale profondità di fede che hanno i messicani? Si affievolisce la fede stando in un Paese come gli Stati Uniti?

    R. – Il messicano che arriva negli Stati Uniti rischia di perdere tre cose: la famiglia, le tradizioni e la fede. Questo è adesso il nostro lavoro, come preti.

    D. – Quindi, il vostro lavoro è quello di rinsaldare nella fede i messicani che sono andati via dal loro Paese?

    R. – Sì, questo è il mio lavoro ed è un mandato del vescovo Di Marzio. Io sono l’unico sacerdote messicano nella diocesi di Brooklyn-Queens. Quindi, il vescovo Di Marzio mi dice sempre di andare e cercare i messicani. Quando i messicani arrivano negli Stati Uniti si sentono molto soli...

    D. – Comunque la parola “speranza” rimane il leitmotiv di questo viaggio...

    R. – Sempre. La speranza nella famiglia da parte dei messicani negli Stati Uniti dà forza, dà coraggio; assieme alla speranza che i figli mantengano la fede nella Chiesa cattolica e la speranza che questi figli cambino la società americana, come hanno fatto gli italiani. Penso che ora sia il tempo del messicano. (ap)

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    Il Papa domani a Cuba: intervista al prof. Baggio

    ◊   Domani pomeriggio - in serata, da noi - il Papa si trasferirà a Cuba, per il 400° anniversario del rinvenimento della statuetta della Virgen de la Caridad del Cobre. Quale significato assume allora la visita di Benedetto XVI per il futuro di Cuba? Il nostro inviato all’Avana Luca Collodi lo ha chiesto al prof. Antonio Maria Baggio, docente di Filosofia politica presso l’Istituto universitario “Sophia” di Loppiano, in questo periodo a Cuba per la formazione dei laici cattolici alla Dottrina Sociale della Chiesa, in collaborazione con la Chiesa cubana:

    R. – Penso – ed è un’opinione personale – che la visita del Papa si inserisca nel programma della Chiesa: viene come pellegrino. Viene, però, per confermare nella fede i fratelli cubani, per sottolineare l’elemento di unità. Il tema dell’anno giubilare è: “A Gesù per Maria. La carità ci unisce”. Il Papa viene a testimoniare l’unità della Chiesa di Cuba con la Chiesa universale e con l’umanità. E’ un segnale che dice che ciò che accade a Cuba accade anche nella Chiesa, accade nel mondo e lo guardiamo con attenzione. Penso che gli effetti che ci potranno essere sono certamente un incremento del dialogo, perché questa unità nella fede di tutta la popolazione cubana deve manifestarsi anche accettando le differenze interne. E credo che il dialogo si possa sviluppare su due fronti. Intanto un dialogo interno tra tutte le componenti della popolazione di Cuba e poi un dialogo con i cubani della diaspora, cioè i tanti che sono andati via dall’isola per cercare una vita migliore. Si tratta di un unico popolo, sia come sentimenti, sia perché molti cubani vivono delle rimesse degli emigrati che vengono inviate soprattutto dagli Stati Uniti. Forse si potrebbe passare da questa situazione di invio di aiuti in denaro ad una maggiore partecipazione, cioè ad un aiuto allo sviluppo stesso dell’isola da parte dei cubani che sono fuori. Certo, bisogna eliminare tutte le posizioni di antagonismo radicale e di estremismo e ci vuole un’apertura da tutte le parti, perché solo da questo viene il bene di Cuba. Il Papa può spingere in questo senso: non direttamente, ma con la sua presenza.

    D. – Qual è il ruolo della Chiesa, oggi, nella società cubana?

    R. – C’è un ruolo di riferimento valoriale, perché sempre di più la Chiesa di Cuba si staglia, con le sue differenti forme di presenza, come il luogo dei valori, che preserva la dignità della persona e che continua a predicare la fraternità e la speranza. Questo è importantissimo nella situazione dell’isola, che è una situazione, per forza di cose, critica. In questo momento, quando si comprende che l’economia socialista non funziona – e questo non è un torto cubano ma una realtà di fatto che è comune a tutto il grande blocco socialista che si è creato nel Novecento - e si cerca di aprire la vita economica all’iniziativa privata delle persone, si creano difficoltà perché contemporaneamente si continua a sottolineare la visione marxista-leninista. Durante tutti questi anni di socialismo, la gente non è stata preparata all’iniziativa privata. La Chiesa può fare molto in questo senso e lo sta facendo, perché sta formando delle persone ad un’economia libera ma, allo stesso tempo, anche responsabile. Tra i due sistemi, quello capitalistico selvaggio che si è voluto rifiutare con la rivoluzione e il socialismo, ci sono molte altre possibilità di economia libera ma anche responsabile, solidale, civile. Credo che la Chiesa, in questo, possa aiutare molto.

    D. – Dopo l’annuncio del viaggio del Papa a Cuba, il governo ha risposto con il varo dell’indulto e la liberazione di alcuni carcerati. E’ un segno del dialogo aperto tra Stato e Chiesa?

    R. – Sì. E’ un segno apicale, ma ce ne sono molti altri a livello locale. La liberazione dei prigionieri è stata una cosa molto opportuna, dal punto di vista di Raul Castro, che ha ereditato dal fratello questa situazione drammatica, incancrenita, di carceri piene di prigionieri politici e non vedeva l’ora di risolvere questo problema. Qui si vede anche l’intelligenza dell’uomo che ha colto l’occasione, offerta dal cardinale arcivescovo dell’Avana, che invece ha agito non certo per calcolo politico ma per coscienza di pastore cristiano. Ha chiesto la liberazione dei prigionieri politici perché questo è ciò che chiede la fede: il rispetto dei diritti umani. Quindi, diciamo che la Chiesa ha agito non per assecondare un regime, ma in base alla propria missione. Questo però ha messo anche il governo cubano nelle condizioni di poter fare una cosa buona e speriamo che sia l’inizio di un percorso lungo il quale, in collaborazione, si possa servire sempre meglio la realtà del popolo di Cuba.

    D. – Ma gli esuli cubani come guardano al ruolo della Chiesa?

    R. – Ci sono le posizioni più diverse e non bisogna nascondere che c’è anche chi non apprezza il dialogo che si sta svolgendo ad alto livello, soprattutto tra il cardinale Ortega y Alamino – con tutti i vescovi – e le istituzioni. Posso però dire, anche per quanto mi risulta, che la maggioranza dei cubani della diaspora vorrebbe un miglioramento della situazione attraverso il dialogo, non certo organizzando uno scontro o una pressione, tantomeno violenta, da fuori. La cosa di cui è importante convincersi è che la situazione può migliorare soltanto per opera dei cubani, senza ingerenze estranee e attraverso un dialogo che deve svilupparsi. Quindi, di cosa ha bisogno Cuba? Di amici veri, che aiutino questo dialogo, che diano ciò di cui le persone hanno bisogno. Una cosa importante, a mio avviso, è smettere di guardare a Cuba attraverso pregiudizi ideologici, perché se si continua a guardare Cuba sulla base di una battaglia ideologica che avviene nel resto del mondo, non si rispetta la realtà di questo popolo. Posso raccontare un episodio: un’anziana suora colombiana mi disse che, quando fu fatta la rivoluzione e Castro con i suoi entrò all’Avana, lei – che aveva una scuola cattolica – con tutti i bambini era lì a festeggiare i rivoluzionari con la bandiera cubana, perché il regime che veniva abbattuto era un regime odiato, inviso. Ma noi dobbiamo tener conto dei 50 anni successivi, della storia che c’è stata dopo e guardare questa realtà. Quindi, superiamo l’aspetto ideologico, altrimenti ciascuno – da una parte e dall’altra – strumentalizzerà sempre Cuba. E questa non è la linea della Chiesa, che invece vuole un lavoro molto più concreto e sui fatti.

    D. – Lei frequenta dal 2005 Cuba per il suo lavoro di formazione dei laici alla vita sociale del Paese, in collaborazione con la Chiesa locale. Lei nota segni di novità nella vita quotidiana delle città, delle persone, del Paese?

    R. – Diciamo che materialmente la situazione mi sembra stazionaria. Quello che si vede è che ci sono esperimenti in atto, come del resto adesso consente la legge secondo le ultime direttive, di iniziativa privata nel campo agricolo e nel campo dei servizi. Si vede una maggiore possibilità di dialogo, di discussione pubblica. Anche recentemente, ho avuto la possibilità di tenere una conferenza il cui titolo era “La dottrina sociale cristiana e la democrazia”, con un dibattito pubblico, con diverse posizioni: cosa impensabile soltanto due o tre anni fa. Quindi è importante registrare che questi spazi ci sono, darne atto e vedere che il dialogo è qualcosa di continuo e che sta crescendo. E’ difficile capire fino a dove arriverà. Certo che la Chiesa, che si fa garante di questo dialogo e che propone anche persone che sono capaci con serenità di condurlo, è – secondo me – una garanzia importante per il futuro dell’isola. (gf)

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    Oggi in Primo Piano



    Referendum in Slovenia. Il cardinale Rodé: si rischia la distruzione del concetto di famiglia

    ◊   Giornata di referendum oggi in Slovenia per esprimersi sul nuovo Codice della famiglia che prevede, fra l'altro, l'ampliamento di alcuni diritti per le coppie omosessuali, in primo luogo quello all'adozione limitata. Il testo contempla anche tutta una serie di provvedimenti riguardanti le unioni di fatto. La legge, votata l'anno scorso dal precedente Parlamento di Lubiana, è stata bloccata da organizzazioni e associazioni che hanno raccolto le firme necessarie per indire il referendum. In caso di vittoria del ‘no’, la legge non potrebbe entrare in vigore e il Parlamento non potrebbe legiferare in questa materia per i prossimi dodici mesi. Nei giorni scorsi, in una dichiarazione congiunta, l’arcivescovo della capitale slovena, mons. Anton Stres, e i leader religiosi ortodossi e musulmani del Paese hanno sottolineato “l’obbligo di proteggere i valori del matrimonio e della famiglia come una comunità di marito, moglie e figli”. Col nuovo Codice si intende dunque cambiare la definizione di famiglia? Risponde il cardinale sloveno Franc Rodé, prefetto emerito della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, intervistato da Giada Aquilino:

    R. – Il nuovo Codice, che è stato adottato dal precedente governo di sinistra, è stato poi subito contestato da una parte importante della popolazione: un gruppo di laici ha raccolto oltre 40 mila firme per indire un referendum contro questo Codice, che la Corte Costituzionale ha autorizzato. Domani, dunque, la Slovenia voterà per il ‘sì’ o per il ‘no’, dicendosi favorevole o contraria ad esso. Perché la Chiesa è contro? Le unioni di fatto omosessuali sono, in pratica, equiparate alla famiglia tradizionale e classica, ossia uomo-donna-bambini. Questo è inaccettabile per la morale cattolica, come anche per la maggior parte della popolazione. Questo Codice, infatti, non riconosce l’importanza, per il bambino, di avere un padre ed una madre. Questo nuovo concetto di famiglia proposto nel testo verrà poi insegnato nelle scuole, dove verranno formate le nuove generazioni secondo tale mentalità, che la famiglia possa cioè essere questa o quella. Ci troviamo praticamente dinanzi alla distruzione della famiglia e, di conseguenza, davanti alla distruzione della nazione. Una nazione così non ha futuro. Solo 10 Stati, tra i 194 esistenti, hanno una legislazione come quella proposta in Slovenia. Sono, dunque, una piccola minoranza. Va riconosciuta la nostra grande preoccupazione su come possano procedere le cose. La Chiesa cattolica ha fatto tutto il possibile affinché questa legge non sia adottata dalla legislazione slovena. Devo inoltre anche dire che i parenti biologici, secondo questo concetto della famiglia, non hanno più importanza: gli omosessuali possono adottare chi vogliono ed il fatto di avere un certo padre, non sapere chi possa essere tua madre o tuo padre non riveste più alcuna importanza, secondo questo nuovo concetto di famiglia contenuto del Codice.

    D. – Sembra di capire, quindi, come ci sia un tentativo di cambiare la definizione di famiglia. Ma la Slovenia, oggi, che Paese è?

    R. – Abbiamo un governo con una presenza importante di cattolici e credenti, il 78 per cento della popolazione è cattolica e battezzata, con un 20-25 per cento di pratica religiosa settimanale. E’, dunque, un Paese cattolico che ha però, al suo interno, una corrente anti-clericale, anti-chiesa ed anti-cristiana molto forte. Direi che tutto ciò è una conseguenza del regime precedente, quello comunista, che è durato 50 anni e ancora adesso questo si ripercuote sui mezzi di comunicazione sociale, sulla cultura, come anche in altri importanti settori della vita pubblica. Comunque più della metà della popolazione slovena ascolta la voce della Chiesa; quindi credo che niente sia perso. La Slovenia lotta per la sua identità cattolica. Il popolo è un po’ assopito e smarrito e si impone - come del resto in tutto il mondo - una nuova evangelizzazione, che sia più incisiva, più forte, più vicina alla gente. Infine, per il momento, grazie a Dio, non c’è la crisi delle vocazioni, come invece c’è in Austria, in Germania ed in Francia.

    D. – Dal dialogo interreligioso cosa può venire per il futuro del Paese?

    R. – Abbiamo dei rapporti molto buoni con gli ortodossi, anche quelli che si trovano in Serbia. Con i musulmani – che rappresentano il due per cento - non risultano esserci problemi: so che il loro leader in Slovenia si è unito alla dichiarazione dell’arcivescovo Stres, come del resto anche il parroco della parrocchia degli ortodossi di Lubiana. La Chiesa cattolica è aperta, conservando però sempre la propria identità. (vv)

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    L'appello dell'Unicef per i bambini del Sahel

    ◊   Bambini sempre più a rischio nella regione africana del Sahel e in Afganistan. A lanciare l’allarme è l’Unicef, secondo il quale carestie senza precedenti, siccità senza soluzione di continuità, violenze e conflitti tra opposte fazioni potrebbero uccidere milioni di innocenti. Una catastrofe devastante che va evitata con ogni mezzo, spiega Davide Usai, direttore generale di Unicef Italia, al microfono di Federico Piana:

    R. - Si tratta di una vera e propria catastrofe: secondo le stime dell’Unicef, si attende che nei prossimi sei mesi più di un milione di bambini dovranno essere inseriti in centri nutrizionali, perché colpiti da malnutrizione grave. Questo perché - da un lato – ci sono stati una grandissima carestia, dovuta alla mancanza di piogge e quindi scarsità di raccolti che hanno colpito circa 10 milioni di persone, e - dall’altro - il conflitto del Mali, che ha costretto molte persone a fuggire dalle proprie case, aumentando la richiesta di assistenza non solo in questo Paese, ma anche nei Paesi vicini. Questa rappresenterà una gravissima emergenza nei prossimi mesi e quindi è necessaria, anche in questo caso, grande attenzione mediatica sul problema del Sahel.

    D. - Qui cosa servirebbe? Quali sono le cose che vanno immediatamente portate lì?

    R. - L’Unicef ha ricevuto 24 milioni di dollari, ma gli appelli per l’emergenza ne richiedevano 119 solamente per il 2012 per fornire cibo e assistenza a queste persone che rischiano veramente di morire di fame.

    D. - Avete lanciato anche un appello per quanto riguarda l’Afghanistan, perché anche lì molti bambini, migliaia di bambini continuano a morire…

    R. - E’ stato lanciato l’ennesimo appello, perché le parti in conflitto facciano il possibile per proteggere la vita e i diritti dei bambini. L’Afghanistan è uno dei Paesi con il più alto tasso di mortalità materna al mondo, circa 1.400 mamme muoiono ogni 100 mila parti: questo a causa dei trasporti, dell’assenza delle vie di comunicazione, della difficoltà a raggiungere gli ospedali. A tutto questo si aggiunge che nel Paese le tradizioni impediscono spesso alle donne di farsi visitare da un medico uomo e questo fa sì che, nelle zone rurali, 9 donne su 10 partoriscano a casa, senza l’aiuto di levatrici preparate.

    D. - Questo crea, ovviamente, delle complicazioni, ma crea anche danni alle donne che tante volte - come ricordava lei - possono anche morire… Non bastano questi aiuti, ma bisogna fare un po’ di più…

    R. - Assolutamente. Altro dato preoccupante è che c’è un’altissima mortalità infantile soprattutto dei bambini sotto i 5 anni: 134 bambini su mille muoiono nel primo anno di vita. Le cause di morte sono morbillo, diarrea, malattie respiratorie… In Afghanistan, l’Unicef ha stimato - per seguire tutti i progetti - una cifra che si aggira intorno ai 31 milioni di dollari: nel 2011 era di 22 milioni di dollari, ma purtroppo sono stati raccolti soltanto 5 milioni di dollari. Questo dà una chiara percezione del gap che c’è tra le necessità reali e quanto poi si riesce effettivamente a raccogliere in termini di risorse da destinare ai programmi e ai progetti. (mg)

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    Disputa sulle 'terre rare'. Se ne discute all'Organizzazione mondiale del commercio

    ◊   Resta aperta la disputa che oppone Usa e Cina sulle ‘terre rare’. Il caso è esploso in seno all’Organizzazione mondiale del commercio dopo la decisione di Pechino di contingentare la vendita di ben 17 diversi tipi di materie prime minerali essenziali per l’industria high tech. La Cina attualmente controlla il 97% della produzione di queste preziose risorse e la limitazione del loro commercio potrebbe avere ricadute anche in settori delicati come la sicurezza militare. Ci spiega il perché Luca La Bella, responsabile del Desk Asia del Centro Studi Internazionali, al microfono di Stefano Leszczynski:

    R. – C’è una dimensione strategica, militare, rispetto alla disputa sulle ‘terre rare’ e c’è una questione di sicurezza nazionale che viene sollevata dal quasi monopolio esercitato dalla Repubblica popolare cinese su commercio, scoperta e sfruttamento di questi minerali. Tutta una serie di capacità militari degli Stati Uniti e in generale delle forze armate moderne del 21 secolo - quindi le forze armate ad alto contenuto elettronico e tecnologico, dall’equipaggiamento per i visori notturni all’avionica degli aerei, ai sistemi radar, ai satelliti, alle munizioni ad alta precisione, le famose bombe intelligenti - sono tutte capacità militari che fanno grosso impiego di minerali che appartengono a queste famose ‘terre rare’.

    D. – La Cina ha fatto sapere che queste ‘terre rare’ non sono inesauribili. Questo può provocare un po’ una rincorsa alla ricerca di altre aree geografiche dove estrarre?

    R. – Assolutamente sì. La Cina è una sorta di monopolista nelle ‘terre rare’. Queste sono chiamate ‘terre rare’ ma è un po’ un paradosso perché in effetti rare non sono. Il fatto è che sfruttarle rappresenta una grossa minaccia per la salute pubblica, per la salute umana, perché le miniere di ‘terre rare’ producono ingenti quantità di inquinamento, paragonabili forse in certi casi ad alcuni tipi di miniera di uranio.

    D. – Quindi, quando la Cina adduce problemi ambientali per dire di dover limitare i propri scavi lascia un po’ perplessi…

    R. - Lascia un po’ perplessi tanto per incominciare perché su tutta una serie di problematiche che attengono all’inquinamento in Cina non esiste lo stesso tipo di priorità politica, quindi non si capisce come mai proprio adesso si parli della questione dell’inquinamento. Poi, le miniere di ‘terre rare’ cinesi non si trovano vicino a grossi agglomerati urbani o sono in zone considerate abbastanza disabitate e quindi il fattore inquinamento ha automaticamente una valenza inferiore. Potrebbe trattarsi di un espediente retorico. (bf)

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    Italia: avviata la campagna del Movimento politico per l'unità per chiedere una nuova legge elettorale

    ◊   Presentata a Roma la campagna del Movimento politico per l'unità. In primo piano la necessità di una nuova legge elettorale. Il servizio di Adriana Masotti:

    Oggi i partiti hanno davanti a sé una grande occasione. Sta a loro assumersi la responsabilità di realizzare la loro vocazione: essere al servizio dei cittadini. E’ l’appello consegnato agli esponenti della politica nei giorni scorsi al Seminario che ha visto insieme rappresentanti di schieramenti diversi, studiosi e giovani davanti ad un pubblico molto vario ed attento. A organizzare l’evento, un gruppo di parlamentari che aderisce al Movimento politico per l’unità, che si ispira all’idea di fondo del Movimento dei Focolari, fondato da Chiara Lubich. Al centro dell’incontro, la riforma della legge elettorale. Ma perché tale riforma è tanto necessaria? Paolo Loriga, coordinatore nazionale del Movimento politico per l’unità:

    R. – Perché il Parlamento è un Parlamento con deputati e senatori nominati dai partiti, anzi, dalle segreterie dei partiti, quindi una ristretta oligarchia, che ha dato la fisionomia a tutto il Parlamento, espropriando i cittadini di quello che è un loro diritto fondamentale: quello di potere eleggere i rappresentanti del popolo e dei cittadini. Dunque, è un Parlamento di “nominati” e non di “eletti”. Da qui, la grande debolezza.

    Anna Chiara e Raffaele, due giovani intervenuti al seminario:

    R. – (Anna Chiara) Noi vorremmo dai politici una maggiore partecipazione ai nostri problemi e auspichiamo una collaborazione con loro. Vorremmo proprio “mettere le mani in pasta” per poter realizzare una società in cui il bene di tutti sia messo al primo posto, soprattutto creando un rapporto di questo genere anche a livello internazionale.

    R. – (Raffaele) Noi ci siamo concentrati in particolare sul meccanismo delle liste bloccate che, secondo noi, non permette di instaurare un rapporto diretto tra gli eletti e gli elettori, perché impedisce di eleggere direttamente i rappresentanti. Quello che noi chiediamo è, appunto, ricuperare questo rapporto fondamentale tra chi ci rappresenta e noi che siamo gli elettori. In questo senso noi promuoviamo un nuovo approccio alla politica, che si basa sul principio, espresso anche dalla Rivoluzione francese, della fraternità che secondo noi può essere la chiave per raggiungere quella unità nazionale a cui spesso anche il presidente Napolitano fa riferimento. Per questo, noi non ci proponiamo come “anti-politica”, ma a favore della politica.

    Ma quali possibilità reali ci sono che i partiti lavorino e riescano a trovare un accordo su una nuova legge elettorale? Ancora Paolo Loriga:

    R. – Il realismo non invita a sperare molto. Però, noi siamo qui, fiduciosi che ci sia un colpo d’ala e un senso di responsabilità ulteriore da parte dei parlamentari, altrimenti il rischio è che pochissima gente andrà a votare. E il Paese, con questi partiti, sarà in una situazione ancora più difficile. (gf)

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    Nella Cattedrale di Pennabilli, il saluto a Tonino Guerra

    ◊   Oggi a Pennabilli, cittadina emiliana dove viveva, si svolge la cerimonia religiosa voluta per salutare Tonino Guerra, scomparso il 21 marzo. La funzione si tiene sul sagrato della cattedrale di Pennabilli, presieduta dal vescovo di San Marino e Montefeltro, mons. Luigi Negri. Il servizio è di Fausta Speranza:

    Tonino Guerra è stato poeta e sceneggiatore di fama internazionale. Ha dato lustro alla poesia in dialetto e ha legato il suo nome ai più famosi film di Fellini. Ma ha anche firmato quadri di valore. Ha ricevuto premi in Francia, negli Stati Uniti, in Russia. Nelle sue opere artistiche torna il valore della bellezza, che per chi ha avuto il privilegio di incontrarlo si rivelava anche come tratto dell’anima. Ne abbiamo parlato con mons. Luigi Negri:

    “Credo che la bellezza sia un sentiero che si percorre ed è un sentiero che finisce in Dio. E’ per questo che la tradizione cristiana dice: ‘la bellezza è lo splendore della verità’. Chi percorre il sentiero, anche per poco, è certamente un uomo a cui la Chiesa guarda con molto rispetto e che considera in qualche modo legato a sé. Ogni uomo percorre le beatitudini che può percorrere e Tonino Guerra ha percorso un buon tratto di beatitudini”.

    Uno dei più grandi amici, il giornalista-scrittore e parlamentare Sergio Zavoli, ha tenuto ieri l’orazione funebre del poeta a Santarcangelo di Romagna, dove Tonino Guerra era nato nel 1920. “Tonino - ha detto Zavoli - aveva la capacità di dire cose che un attimo prima non c’erano, di sfogliare la realtà per arrivare all’essenza come solo i grandi poeti sanno fare”.

    Per il saluto, una gigantografia di Tonino Guerra con la scritta ‘la bellezza ci salverà’ ha accolto la folla di gente arrivata a Santarcangelo di Romagna. Come desiderava Guerra, il monumento al centro della piazza è stato contornato da un soffice prato verde, su cui è stato adagiato il feretro. Ai lati due mandorli in fiore, alberi particolarmente amati da Guerra, la cui abitazione a Pennabilli si chiama proprio ‘La Casa dei Mandorli’. Tonino Guerra “era tutt’uno con questo piccolo mondo, trasformato nell’universo delle sue poesie, ognuna con infallibile precisione”, ha affermato commosso Sergio Zavoli. Ha ricordato l’amicizia e l’intesa con Fellini, espressa al massimo nella collaborazione per il film 'Amarcord', e ha affermato: due anime nate a pochi chilometri di distanza che hanno incantato il mondo. A proposito della poesia di Guerra, Zavoli ha parlato di “inevitabile alleanza degli occhi e del cuore di un poeta che porta i pensieri e le cose a un’altezza sorprendente”. “Tonino - ha spiegato l'amico di una vita - non amava gli abbandoni crepuscolari, gli ingannevoli riti del consenso, sapeva fare l’uso appropriato di un’ironia mille miglia lontana dalle tentazioni melodrammatiche”.

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    Carità in azione: mensa per i poveri in una parrocchia romana

    ◊   Prestare attenzione ai fratelli e stimolarsi reciprocamente alla carità e alle opere buone: è il centro del messaggio del Papa ai fedeli in occasione dell’inizio della Quaresima di quest’anno. Un esercizio di carità che nella parrocchia romana di Santa Maria della Provvidenza, nel quartiere Monteverde, prende le forme di una mensa domenicale per i poveri, denominata, appunto, “Mensa della Carità”, in cui sono impegnati molti parrocchiani. Al microfono di Roberta Barbi, il parroco don Alberto Orlando racconta quest’esperienza:

    R. – Ogni domenica diamo da mangiare a 100-130 persone che non hanno l’occasione del pasto. Organizziamo tre turni da 47, che sono i posti che abbiamo. La scelta del giorno, fare la mensa la domenica, è perché volevamo offrire il pasto della festa, che per queste persone significasse non solo mangiare ma anche trovarsi in famiglia.

    D. – Com'è nata l’idea della mensa?

    R. - La mensa ha un’origine antica, cioè la missione cittadina di Roma prima del Giubileo. Il Papa ci disse di spingerci fuori dalla parrocchia e noi cominciammo con l’Adorazione Eucaristica. Nel 2004 l’Adorazione Eucaristica è diventata perpetua e da essa è venuta la spinta verso i poveri. Le molte richieste di cibo che ci vennero fatte proprio qui a Roma da tante persone in difficoltà ci hanno fatto aprire la mensa. Abbiamo fatto una proposta ai parrocchiani, c’è stata una riunione con più o meno 70 persone. Abbiamo invitato una responsabile di una mensa della Comunità di Sant’Egidio per poterci guidare nell’inizio. Da lì è partita l’organizzazione. Adesso abbiamo 10 coordinatori e più o meno sono passati di qua più di 100 volontari. Quello che più mi piace è che abbiamo 72 persone o famiglie che ci cucinano a casa, così la cucina è veramente casalinga. Altre 10 persone cucinano il primo in parrocchia in una cucina che abbiamo allestito. I nostri ospiti ci dicono che da noi si mangia bene e alcuni vengono da noi perché si è sparsa la voce.

    D. – Chi si occupa ogni domenica del servizio?

    R. - Il servizio a tavola viene svolto dai volontari. Abbiamo anche una piccola cassetta di raccolta delle offerte per la mensa, ma devo dire che quasi non riesco a spendere i soldi perché le offerte sono molto generose. Le persone, cucinando a casa, mi offrono tutto.

    D. – Il Santo Padre nel messaggio per la Quaresima 2012 invita i fedeli ad ascoltare la voce del Signore che ci chiama a prenderci cura dei fratelli. Pensa che questa esperienza abbia cambiato i parrocchiani che vi sono coinvolti?

    R. – L’impostazione di una mensa è quella di una scuola di carità. Nel senso che la cosa primaria è che la nostra parrocchia, la nostra comunità, entri in contatto con i poveri. Una volta un signore ha detto a una signora che aveva fatto la crostata per tutti: lei mi ha fatto felice oggi! La signora ha risposto: sì, ho usato la marmellata fatta in casa e l’ho fatta come la faccio ai miei nipoti ma sentirsi dire “mi hai fatto felice” mi sembra troppo! Ci piace questo contatto tra le persone e i poveri, questo ci fa crescere. Ci siamo accorti in una verifica che gli adulti si sentono molto accolti ma gli adolescenti e i giovani no. Faremo lavori, cercheremo di preparare le persone per poter accogliere i giovani. Questa è l’evoluzione, dall’adorazione all’attenzione ai poveri. Ci sono diverse povertà. Una è quella fisica, del cibo, l’altra è la povertà educativa, dei giovani. (bf)

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Kofi Annan a Mosca per il piano di pace sulla Siria

    ◊   Proseguono i combattimenti in Siria: in diverse città anche oggi ci sono stati scontri tra esercito e forze degli oppositori al governo di Bashar el-Assad, con diversi morti. Intanto il presidente statunitense Obama e il primo ministro turco Erdogan si sono detti d’accordo nel fornire un aiuto “non militare” ai dissidenti siriani. Gli aiuti all’opposizione potranno riguardare, ad esempio, apparecchiature per la comunicazione, ha spiegato un funzionario Usa. Ben Rhodes, vice consigliere per la Sicurezza nazionale di Washington, ha aggiunto che Obama e Erdogan sperano in una concessione di questi aiuti e di materiale sanitario da parte della Conferenza degli “amici della Siria”, che si terrà il primo aprile a Istanbul. L’annuncio arriva mentre l’inviato speciale di Onu e Lega Araba per la Siria, Kofi Annan, si trova a Mosca per incontrare il presidente russo Dmitri Medvedev e il ministro degli Esteri Sergei Lavrov. Annan, che martedì e mercoledì prossimo farà visita anche alle autorità cinesi, è impegnato a discutere con i due grandi alleati di Damasco il suo piano di pace. Questo prevede il ritiro delle truppe dalle città, il rilascio dei detenuti arrestati arbitrariamente e l’avvio di un processo democratico. Al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, Russia e Cina hanno già bloccato con il veto due risoluzioni di condanna della repressione in Siria, ma negli scorsi giorni hanno votato a favore del sostegno al piano Annan. (D.M.)

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    Orissa: liberato l'ostaggio italiano Colangelo

    ◊   In India è stato liberato Claudio Colangelo, uno dei due italiani rapiti dai guerriglieri maoisti in Orissa. L’ex ricercatore medico ha parlato con i giornalisti e con il console generale italiano Joel Melchiori, confermando di essere in buone condizioni. Lo ha riferito da Roma il ministro degli Esteri italiano, Giulio Terzi, che ha espresso la sua soddisfazione, ribadendo l’impegno per il rilascio del secondo ostaggio. Parlando con i giornalisti a cui è stato consegnato, anche Colangelo si è augurato che presto venga rilasciato il suo compagno di prigionia, Paolo Bosusco. Entrambi sono stati trattati bene dai sequestratori, ha spiegato l’italiano liberato, aggiungendo di non sapere “nulla” delle condizioni poste per il rilascio di Bosusco. Le richieste includevano la scarcerazione di diversi militanti maoisti e la sospensione delle attività militari nel dipartimento di Kandhamal. La notizia della liberazione è arrivata dopo dodici ore in cui le voci di un rilascio di entrambi gli ostaggi, riprese da alcuni mezzi di comunicazione indiani, non erano state confermate dalle autorità. Le trattative tra sequestratori e governo dell’Orissa si erano interrotte nella serata di ieri: i mediatori indicati dai guerriglieri avevano abbandonato i negoziati, citando “incidenti che danneggiano la pace”. Tra questi, il rapimento di un parlamentare locale da parte di una seconda fazione maoista. Annunciando la sospensione delle trattative, tuttavia, i negoziatori avevano chiesto di liberare tutti e tre gli ostaggi, come “gesto di umanità”. (a cura di Davide Maggiore)

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    Nucleare iraniano. Obama: sta per chiudersi la finestra diplomatica

    ◊   Sul programma nucleare iraniano c’è ancora tempo per una soluzione diplomatica ma “questa finestra si sta chiudendo”. Lo ha dichiarato il presidente statunitense Barack Obama dalla Corea del Sud, dove parteciperà al summit internazionale di Seul sulla sicurezza nucleare, che si aprirà domani. Oggi Obama ha anche visitato la zona demilitarizzata lungo il 38° parallelo, che divide le due Coree, proprio nei giorni in cui il governo sudcoreano ha accusato le autorità del Nord di riprendere i test di missili a lungo raggio, ufficialmente sospesi, giustificandoli con il lancio di un satellite. Questa operazione aumenterebbe l’isolamento di Pyongyang, ha dichiarato Obama, che ha incontrato anche il presidente della Corea del Sud, Lee Myung-bak. Secondo quanto riferito da quest’ultimo, i due capi di Stato hanno concordato sul fatto che ogni “provocazione” troverebbe una risposta “ferma”. (D.M.)

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    Mali: le incognite dopo il colpo di Stato

    ◊   Il colpo di Stato di Bamako è stato messo a segno da ufficiali subalterni che potrebbero non riuscire a unire dietro di sé l’esercito: lo riferiscono all'agenzia Misna missionari che vivono nella capitale, al termine di una giornata segnata anche da voci su difficoltà del nuovo potere ad assumere saldamente il controllo. “Il golpe – sottolinea suor Rosanna Gatto Monticone, delle Figlie di Maria Ausiliatrice – sembra essere stato gestito da ufficiali che volevano protestare contro la cattiva gestione del conflitto con i ribelli del nord del Mali ma che si sono poi ritrovati in una situazione più complessa e grande di loro”. Il capitano Amadou Sanogo, capo della giunta che ha assunto il potere nella notte tra mercoledì e giovedì, è intervenuto ieri sulle frequenze della televisione nazionale per smentire le voci su un suo assassinio e dire che è “in buone condizioni di salute”. L’ipotesi di un contro-golpe aveva cominciato a farsi largo ieri sera, dopo che erano stati uditi spari nei pressi della sede della televisione di Stato e per circa un’ora l’emittente aveva sospeso le trasmissioni. A Bamako, dicono le fonti della Misna, quasi tutte le stazioni di servizio sono state chiuse dopo i primi prelievi di carburante effettuati dai militari di pattuglia a bordo dei loro pick-up. L’idea di un potere tutto da consolidare sarebbe suggerita dall’opposizione al golpe espressa dai maggiori partiti politici, ma anche da aspetti in apparenza secondari. “Di fronte alle telecamere – sottolinea suor Rosanna – gli esponenti della giunta dicono un paio di frasi in francese e poi passano subito al bambara, uno degli 80 dialetti del Mali, comprensibile solo a una minoranza”. Un problema, quello delle minoranze e dell’unità, drammaticamente attuale in Mali. Ieri i ribelli di matrice tuareg del Movimento nazionale per la liberazione dell’Azawad (Mnla) hanno sostenuto di esser pronti a prendere Kidal, una delle città più importanti del Nord. Per avviare negoziati vorrebbero “garanzie dalle grandi potenze” e aspetterebbero di capire quanto sia stabile il potere dei golpisti, se siano “rappresentativi” e abbiano il “sostegno della classe politica”. (R.P.)

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    Senegal: oggi il ballottaggio per le presidenziali

    ◊   Dopo una campagna durata 17 giorni e svoltasi nella calma, salvo alcuni episodi isolati di tensione, oggi quasi cinque milioni e 100.000 senegalesi sono chiamati alle urne per scegliere chi guiderà il paese per i prossimi sette anni fra il presidente uscente, l’85enne Abdoulaye Wade, e il suo ex delfino, Macky Sall. Contemporaneamente andranno anche a votare più di 200.000 cittadini senegalesi residenti all’estero, in 42 Paesi. La Commissione elettorale nazionale autonoma (Cena) ha assicurato che i preparativi sono finiti e che quasi 2000 agenti sono stati dispiegati in 6.190 seggi nei 45 dipartimenti del Paese. Rimane tuttavia una certa confusione sul numero effettivo degli aventi diritto – alcune fonti riferiscono di cinque milioni e 300.000 – e di quelli che hanno già ritirato il certificato elettorale, che può essere richiesto lo stesso giorno delle votazioni. La scorsa settimana hanno già votato nella calma circa 23.000 militari e paramilitari. Al primo turno, lo scorso 26 febbraio, il capo di Stato uscente è arrivato in testa, con il 34,81% delle preferenze, seguito dall’ex primo ministro Sall, che ha ottenuto il 26,58% dei voti. Wade gode ancora di sostegno popolare nella sua regione settentrionale, dove è nato, in quella meridionale della Casamance e presumibilmente anche di quello della potente confraternita Mouride. Fondatore nel lontano 1974 del suo liberale Partito democratico senegalese (Pds), nel 1978 fu per la prima volta candidato alle presidenziali. Fu eletto per un primo mandato di sette anni soltanto nel 2000, diventando il terzo presidente dall’indipendenza dell’ex colonia francese, raggiunta nel 1960. Il voto di 12 anni fa si svolse pacificamente, facendo incamminare il Senegal sulla via del pluralismo politico dopo 40 anni di governo socialista. Nel 2007 ‘Gorgi’, l’anziano in lingua locale wolof, è stato riconfermato al primo turno con il 55,86% dei consensi e con un mandato di cinque anni. Il suo contendente è il cinquantunenne Sall, nativo di Fatick, geologo di formazione e entrato in politica nel 1980 col ‘Pds’. Nel corso degli anni di militanza ha guadagnato sempre di più la stima di Wade che lo scelse nel 2001 come ministro delle Miniere, quindi come primo ministro, incarico ricoperto dal 2004 al 2007, prima di diventare presidente dell’Assemblea nazionale fino al 2008. La sua rapida ascesa politica si è fermata quando ha convocato in aula per un’audizione parlamentare il figlio di Wade, Karim, che ha rifiutato di presentarsi. Da allora Sall è caduto in disgrazia, allontanato dal partito al potere e processato con l’accusa di corruzione, dalla quale è stato prosciolto. Nel dicembre 2008 assieme a una trentina di dirigenti fuoriusciti dal ‘Pds’ ha fondato ‘l’Alleanza per la Repubblica’ (Apr-Yaakaar), che alle municipali del 2009 ha ottenuto una schiacciante vittoria nel suo feudo di Fatick, di cui è sindaco, in una dozzina di centri del Nord e in tre al Sud. In Senegal viene sopranominato ‘Nianga Sall’ (‘Sall il severo’ in lingua wolof) per il suo carattere introverso e poco carismatico, ma gode di buona fama per la sua integrità e competenza professionale. Candidato con la coalizione ‘Macky 2012’ ha scelto come slogan elettorale ‘La vera strada per lo sviluppo’. Va al ballottaggio forte del sostegno del ‘Movimento del 23 Giugno’, ampio fronte di opposizione della società civile, e di un folto gruppo di candidati sconfitti al primo turno riuniti nel ‘Raggruppamento delle forze per il cambiamento’ (Rfc) sotto la bandiera ‘Benno bokk Yaakkar’ (‘Uniti dalla stessa speranza’, in lingua wolof). Il suo obiettivo dichiarato è vincere il secondo turno delle presidenziali per “cacciare Wade dal potere”. La principale incognita del voto è il tasso di partecipazione degli aventi diritto dopo il deludente 48% di affluenza del mese scorso. Il 17 giugno i senegalesi saranno nuovamente chiamati alle urne per le elezioni legislative. (R.P.)

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    Al via la missione dei soldati africani contro il gruppo armato dell'Lra

    ◊   Cinquemila soldati di quattro Paesi per contrastare l’Esercito di resistenza del Signore (Lra), un gruppo armato responsabile di stragi e sequestri in un’ampia regione dell’Africa centrale e orientale: la missione militare, sotto l’egida dell’Onu e dell’Unione Africana, è comincia ieri con una cerimonia ufficiale in Sud Sudan. Francisco Madeira, l’inviato speciale delle Nazioni Unite per l’Lra, ha sottolineato che da ieri al nuovo Centro per il coordinamento congiunto delle operazioni faranno capo 5000 soldati dell’Uganda, del Sud Sudan, della Repubblica Democratica del Congo e del Centrafrica. L’azione di contrasto all’Lra - riporta l'agenzia Misna - dovrebbe essere favorita da un accordo che dà ai militari piena libertà di spostarsi attraverso le frontiere dei quattro Paesi. La missione è stata autorizzata dell’Onu e dall’Unione Africana, che a novembre ha inserito il gruppo costituito negli anni ’80 dall’ugandese Joseph Kony nella lista delle organizzazioni terroristiche. Il quartier generale del Centro per il coordinamento congiunto delle operazioni avrà sede nella città sud-sudanese di Yambio, capoluogo di una delle regioni più colpite dalle violenze dell’Lra. All’intervento congiunto dovrebbero partecipare anche 100 militari inviati dagli Stati Uniti in Uganda, Sud Sudan, Repubblica Democratica del Congo e Centrafrica nei mesi scorsi. (R.P.)

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    Cordoglio in Italia per la morte in Afghanistan del sergente Silvestri

    ◊   In Afghanistan, un altro soldato della missione Nato è morto, ucciso insieme a 8 militari afghani da una mina nella provincia di Kandahar, nel sud del Paese. La nazionalità della vittima non è stata resa nota. In Italia, intanto, è cordoglio per la morte del sergente Michele Silvestri, campano, la cui salma domani rientrerà a Roma per i funerali di Stato. Il presidente della Repubblica Napolitano ha ricordato che la vittima ed i 5 commilitoni feriti sono stati colpiti “mentre assolvevano con onore il proprio compito” e ieri sera il vescovo di Pozzuoli, mons. Gennaro Pascarella, ha invitato le diplomazie internazionali a “individuare una soluzione di pace”. (D.M.)

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    El Salvador: le celebrazioni in memoria di mons. Romero

    ◊   “Guardiamo al passato ma anche al futuro, ispirati dalla profezia di un mondo nuovo, come società e come Chiesa”: così parlando all'agenzia Misna, il vescovo ausiliare di San Salvador, mons. Gregorio Rosa Chavez, che ieri ha presieduto nella capitale salvadoregna, la concelebrazione eucaristica per il 32° anniversario del sacrificio di mons. Oscar Romero. La Messa, nella chiesa del Rosario, è stata uno dei momenti centrali di una giornata di commemorazioni. All’arcivescovo di San Salvador, assassinato il 24 marzo 1980 dopo aver chiesto ai militari di cessare la repressione e le violenze, è stato dedicato anche un evento culturale che ha visto affluire in piazza Divino Salvador del Mundo migliaia di fedeli, comunità religiose e gruppi sociali. Mons. Chavez sottolinea che questo anniversario arriva in un momento importante della storia del Salvador, sia come Paese che come Chiesa. “Le elezioni legislative dell’11 marzo – dice il vescovo – hanno rafforzato la speranza di un Paese fraterno e solidale, una speranza centrale nella figura e nell’impegno di monsignor Romero”. Più che il risultato del voto, un testa a testa tra l’opposizione di destra e gli ex guerriglieri che hanno conquistato la presidenza tre anni fa, conta la voglia di costruire il futuro in un Paese ferito dalla guerra civile (1980-1992). Un Paese, sottolinea monsignor Chavez, dove un terzo della popolazione resta senza lavoro e si sopravvive grazie alle rimesse degli emigrati. Ma nelle commemorazioni di ieri c’è di più. “Il momento è straordinariamente importante – dice il vescovo – anche alla luce del Sinodo di ottobre dedicato al tema della nuova evangelizzazione”. Nelle parole di mons. Chavez c’è l’urgenza di una Chiesa missionaria che, a 50 anni dal Concilio vaticano secondo e dal Decreto “Ad gentes”, sappia porsi “in dialogo con il mondo”. (R.P.)

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    Gmg: incontro a Rocca di Papa su Madrid 2011, con lo sguardo a Rio 2013

    ◊   Quattro giorni per celebrare, “sempre lieti nel Signore” (Fil 4,4), la XXVII Giornata Mondiale della Gioventù. L’appuntamento è a Rocca di Papa dove, dal 29 marzo al 1 aprile prossimi, su invito del Pontificio Consiglio per i Laici, si incontreranno i responsabili di pastorale giovanile di tutto il mondo. Si tratta del primo incontro internazionale degli incaricati delle Gmg in vista dell’evento di Rio de Janeiro, in programma per l’estate 2013: un importante momento di riflessione per gli operatori – più di 300 in rappresentanza di circa 98 paesi e 45 comunità, associazioni e movimenti giovanili cattolici. All’incontro parteciperanno inoltre i Comitati organizzatori locali di Madrid 2011 e di Rio de Janeiro 2013 al completo. Dopo l’importante discorso pronunciato da papa Benedetto XVI, lo scorso 22 dicembre alla Curia Romana, dedicato in gran parte alla Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid, il 2012 è l’anno chiave per l’evoluzione di questi importanti eventi: seguendo l’itinerario pastorale tracciato dal Santo Padre per i prossimi anni, la dinamica dell’incontro andrà alla XXVI Gmg: "Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede" (cfr. Col 2,7), attraverso: "Siate sempre lieti nel Signore!" (Fil 4,4) per arrivare alla dimensione missionaria, esplicita nel tema della XXVIII GMG: "Andate e fate discepoli tutti i popoli" (Mt 28,19). I lavori del convegno - riferisce l'agenzia Zenit - inizieranno giovedì 29 marzo con il saluto introduttivo del cardinale Stanislaw Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici. L’intera giornata sarà dedicata alla verifica di Madrid 2011, “una vera cascata di luce e di speranza”, con gli interventi del cardinale Antonio Maria Rouco Varela, arcivescovo di Madrid, Yago de la Cierva, direttore esecutivo della Gmg 2011, e don Gregorio Roldan, segretario generale della Gmg 2011, che analizzeranno gli aspetti organizzativi e pastorali dell’evento, il suo impatto sulla diocesi di Madrid e sulla pastorale giovanile dell’intera Spagna. Si farà un bilancio dei frutti pastorali della Gmg nei cinque continenti, arricchito da interventi e testimonianze dei partecipanti. La celebrazione eucaristica presieduta dal cardinale Rouco Varela concluderà la giornata. Verso Rio 2013 è invece il tema dei lavori di venerdì 30 marzo: si comincerà a conoscere la ricchezza delle Chiesa brasiliana con mons. Orani Joao Tempesta, arcivescovo di Rio e Janeiro, mons. Eduardo Pinheiro da Silva, presidente della Commissione episcopale per Gioventù del Brasile, e don Carlos Savio, responsabile del Settore Gioventù della Conferenza episcopale del Brasile che, insieme a tutto il Comitato organizzatore, presenteranno le ragioni, le sfide e le aspettative di questa nuova tappa delle Giornate Mondiali. La giornata di sabato 31 marzo sarà infine l’occasione per una riflessione comune sul tema: "Formare i giovani: una missione prioritaria della Chiesa", con gli interventi di mons. Josef Clemens, Segretario del Pontificio Consiglio per i Laici, e di don Fabio Attard, Consigliere generale dei Salesiani per la pastorale giovanile, seguiti da diverse testimonianze e approfondimenti sul tema. Domenica 1 aprile i delegati parteciperanno alla Santa Messa delle Palme, presieduta da Benedetto XVI in piazza San Pietro, con la celebrazione diocesana della XXVII Giornata Mondiale della Gioventù. L’incontro si concluderà presso il Centro internazionale giovanile San Lorenzo. (R.P.)

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    Gmg 2013: i giovani di Rio ad Ipanema per la Domenica delle Palme

    ◊   Preghiera, musica e riflessione: sarà incentrata su questi tre momenti la celebrazione diocesana della Giornata mondiale della Gioventù del 1 aprile, Domenica delle Palme, dei giovani dell’arcidiocesi di Rio de Janeiro, città che ospiterà l’edizione 2013 della Gmg. L’evento, promosso dalla locale arcidiocesi e dal Comitato organizzatore della Gmg del 2013, prenderà avvio già dal pomeriggio del 31 marzo, da Ipanema, quartiere della zona sud della città, con un tempo di musica e festa cui seguirà uno spettacolo dal titolo “Sambadorando”. Nella piazza di Nostra Signora della pace, luogo scelto per l’incontro, saranno presenti numerosi operatori per dare informazioni sulla partecipazione alla Gmg del 2013 e per raccogliere le iscrizioni dei volontari. Punto centrale del pomeriggio la messa delle Palme celebrata dal vescovo ausiliare di Rio de Janeiro dom Nelson Francelino e la processione lungo la spiaggia, accompagnata dalle note del trio musicale “God First”. La serata - riferisce l'agenzia Sir - sarà chiusa da un tempo di adorazione. Uno dei momenti più attesi è in programma il giorno dopo, con il saluto in diretta video da Roma, dell’arcivescovo di Rio, dom Orani João Tempesta che si rivolgerà ai giovani radunati ad Ipanema. L’arcivescovo, infatti, sarà a Roma per partecipare all’incontro internazionale dei delegati delle Gmg, promosso dal Pontificio Consiglio per i Laici. (R.P.)

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    Filippine. Chiese e Ong al governo: più impegno sui diritti umani

    ◊   “La situazione delle violazioni dei diritti umani rimane preoccupante nelle Filippine. Si registrano diffamazione, molestie, tortura, sfollamento a causa di operazioni militari e altri trattamenti disumani dei prigionieri politici”: è l’allarme lanciato dal Consiglio Ecumenico delle Chiese (Cec), in un nota inviata all’agenzia Fides, a conclusione di un recente incontro tenutosi a Manila con esponenti del governo filippino. Il rev. Olav Fykse Tveit, segretario generale del Cec, insieme con Hilao Enriquez, presidente dell’Ong “Karapatan”, impegnata nella difesa dei diritti umani, ha segnalato le persistenti violazioni dei diritti umani che avvengono in territorio filippino. Hilao-Enriquez ha ricordato i continui sforzi da parte di chiese e gruppi della società civile nel chiedere al presidente delle Filippine Benigno Aquino e alla sua amministrazione più impegno nella tutela della dignità e dei diritti basilari dell’uomo. Gli appelli, hanno riferito, giungono “soprattutto da giovani, donne e popolazioni indigene” che vedono i loro diritti violati. Il Segretario generale del Cec ha elogiato lo spirito delle chiese e delle Ong che operano instancabilmente per la pace e la giustizia nelle Filippine, rimarcando che “il Dio della vita, ci conduce alla giustizia e alla pace”. Il Segretario ha sottolineato l'importanza delle chiese asiatiche all’interno del movimento ecumenico, notando il contributo che offrono, in contesti molto difficili, a questioni cruciali che toccano i diritti, la dignità umana, le libertà individuali, la pacifica convivenza. “Il Dio della vita conduce alla giustizia e alla pace” costituirà il tema ufficiale della prossima Assemblea del Consiglio Ecumenico delle Chiese, che si terrà a Busan, in Corea nel 2013. (R.P.)

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    25-29 luglio: V edizione del Fiuggi Family Festival

    ◊   Il Fiuggi Family Festival prepara la sua quinta edizione, in programma nella cittadina termale dal 25 al 29 luglio. La kermesse, nata dall’intuizione del noto pediatra Gianni Astrei, prima e unica manifestazione che coniuga il grande cinema con l’intrattenimento di grandi e piccini, si è attestata tra gli eventi cinematografici più attesi della stagione sia dalle case di produzione cinematografica che dai circa 30.000 visitatori che ogni anno vivono il festival come una vera e propria vacanza family-friendly. Non solo cinema e anteprime nazionali, quindi, ma anche divertimento e cultura in convegni e dibattiti; workshop; concerti; open space di laboratorio tra videogiochi, danza, graffiti e altro; ospiti del mondo dello spettacolo; e momenti di sport, tra judo e minirugby. Come direttore artistico è stata confermata Mussi Bollini. Il tema di quest’anno - riferisce l'agenzia Zenit - sarà Il Bello della Famiglia, “Un vero inno allo stare insieme con gioia e serenità – spiega la presidente Antonella Bevere Astrei – in uno scenario colmo di divertimenti e momenti di svago adatti a tutta la famiglia”. Ancora in via di strutturazione il programma definitivo della quinta edizione del Festival, come di consueto realizzata in collaborazione con il Forum delle Associazioni Familiari. La manifestazione sarà presente con una serie di iniziative collaterali in altre località italiane (Film Family Fest); mentre quest’anno è ancora Fiuggi ad ospitare nel suggestivo scenario del borgo medievale il concorso internazionale assieme alle tradizionali attività della kermesse (Fiuggi Family Festival). Tra le novità della prossima edizione, il coinvolgimento delle più importanti emittenti televisive con rilevante programmazione per i bambini, quali ad esempio Rai, Deakids e Turner, in un’intera giornata a loro dedicata. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 85

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