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Sommario del 23/03/2012
Benedetto XVI in volo verso il Messico: un viaggio nel segno della speranza e della carità
◊ Benedetto XVI è in volo verso il Messico per il suo 23.mo viaggio apostolico internazionale, che proseguirà lunedì prossimo a Cuba. Stamani la partenza da Fiumicino, con il saluto del premier italiano Mario Monti. Nell’aereo papale, si è tenuta la consueta conferenza stampa con i giornalisti al seguito. Una conversazione che ha spaziato su molti temi di attualità: dalla piaga del narcotraffico in Messico alla situazione sociale a Cuba e, ancora, alla sfida della nuova evangelizzazione nel Continente latinoamericano. Il servizio di Alessandro Gisotti:
“Vado per incoraggiare e per imparare, per confortare nella fede, nella speranza e nella carità”: così, Benedetto XVI ha riassunto lo spirito che animerà il suo viaggio apostolico in Messico e a Cuba. Ed ha sottolineato che la sua visita si compie sulle tracce degli storici viaggi di Giovanni Paolo II in terra cubana e messicana. Il Papa, rispondendo ad una domanda, si è soffermato sul problema del narcotraffico e della violenza in Messico. Ed ha sottolineato che la Chiesa cattolica ha una grande responsabilità nell’affrontare questa piaga:
“Dobbiamo fare il possibile contro questo male distruttivo dell’umanità e della nostra gioventù. Direi che il primo atto è annunciare Dio”.
E’ responsabilità della Chiesa, ha soggiunto, “educare le coscienze, educare alla responsabilità morale” e “smascherare il male”. Bisogna “smascherare questa idolatria del denaro che schiavizza gli uomini”, “smascherare queste false promesse”. Ancora, il Papa ha affermato che la Chiesa “smaschera il male”, rendendo “presente la bontà di Dio”, “la sua verità”. A proposito della situazione socio-politica a Cuba, il Papa ha ricordato come con la visita di Giovanni Paolo II di 14 anni fa sia stata “inaugurata una strada di collaborazione e dialogo”, una via che “esige pazienza” ma che “va avanti”. Del resto, ha aggiunto, l'ideologia marxista “non risponde più alla realtà”. Ha quindi assicurato che la Chiesa vuole aiutare “in spirito di dialogo” per dar vita ad una società più giusta”. La Chiesa, ha soggiunto, “sta sempre dalla parte della libertà”, di coscienza e di religione. Riguardo poi all’impegno della nuova evangelizzazione in America Latina, ha ribadito che vanno collegati il cuore e la ragione per confrontarsi con la secolarizzazione. Il Pontefice non ha poi mancato di confermare l’impegno della Chiesa per la giustizia sociale. “La Chiesa – ha avvertito - non è un potere politico, non è un partito, ma è una realtà morale, un'autorità morale”. Dunque, è responsabilità della Chiesa “educare le coscienze e così creare la responsabilità necessaria; educare le coscienze sia nella sfera individuale sia nella sfera pubblica”. E questo, ha osservato, soprattutto perché in America Latina e altrove, “presso non pochi cattolici”, si riscontra una certa “schizofrenia tra morale individuale e pubblica”. Nella sfera individuale, ha affermato, “sono cattolici credenti, ma nella vita pubblica si seguono altre strade che non rispondono ai grandi valori del Vangelo che sono necessari per la fondazione di una società giusta”.
Il Papa a Napolitano: in Messico e Cuba per portare un messaggio di speranza
◊ Mi reco in Messico e Cuba per “sostenere la missione della Chiesa locale e portare un messaggio di speranza”: è quanto scrive Benedetto XVI al presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, nel telegramma alla partenza da Roma. Il Papa rivolge all’Italia auspici “per il benessere spirituale, civile e sociale del popolo italiano”. Dal canto suo, nel messaggio di risposta, Napolitano scrive che “grande è l'attenzione con cui l'intera comunità internazionale” guarda a questa “nuova missione” del Papa, così come “intense sono l'attesa e la speranza delle popolazioni che si accinge a incontrare”. Il presidente italiano si dice convinto che la visita del Papa “trasmetterà profondi sentimenti di vicinanza e di comunione alle popolazioni di questi Paesi e dell’intero continente latinoamericano”. Questa visita, conclude, “costituirà un alto richiamo morale ad affrontare in spirito di rinnovata solidarietà e unità le importanti sfide civili e sociali che attendono” le nazioni messicane e cubane. (A.G.)
Messico. Il cardinale Barragán: il Papa messaggero dell'amore di Dio per l'America Latina
◊ Guanajuato, León e Silao sono le città messicane che da oggi vedranno la presenza del Papa fino al pomeriggio, ora locale, di lunedì prossimo, quando Benedetto XVI partirà alla volta di Cuba. Migliaia di persone stanno convergendo da tutto il Messico verso queste due località, dove fervono gli ultimi preparativi e dove cresce l'attenzione mediatica internazionale. Da León, il racconto del nostro inviato, Giancarlo La Vella:
Cinquecentomila pellegrini, duemila giornalisti di 500 testate di tutto il mondo, per stampa, radio, televisioni e web. E ancora: 15 mila invitati speciali per la messa al Parco del Bicentenario di domenica prossima, quattro unità sanitarie d’emergenza, con 10 ambulanze e 40 posti letto ciascuna. Il tutto sotto il controllo di almeno tremila fra agenti della polizia federale e militari. Questi i numeri del viaggio del Papa, che inizierà ufficialmente tra alcune ore con il benvenuto delle autorità a Benedetto XVI. C’è già attesa per le prime parole che il Santo Padre rivolgerà, a sua volta, allo Stato di Guanajuato e a tutto il Messico, che per la sesta volta riceve la visita di un Papa. Dopo la cerimonia di saluto, Benedetto XVI si trasferirà nel Collegio della Santissima Vergine di Miraflores, un grande complesso scolastico gestito dalle Suore Serve della Santissima Eucarestia e della Madre di Dio, che sarà la residenza pontificia durante la permanenza del Santo Padre in Messico. E ieri, alla presenza delle autorità religiose e civili del Paese, l’inaugurazione della sala stampa, punto di riferimento per i giornalisti che seguiranno il viaggio. Un viaggio che avviene in Quaresima e si proietta verso la Pasqua di Resurrezione: un aspetto, questo, fortemente emblematico per il Messico di oggi. Sentiamo il nunzio apostolico nel Paese latino-americano, mons. Cristophe Pierre:
“Io penso che la Quaresima dica molto al popolo messicano ed è significativo che il Papa venga proprio alcuni giorni prima della Pasqua di Resurrezione. Certamente il Papa ci aiuterà a sperimentare la presenza di Cristo. La celebrazione principale sarà la Santa Messa, vicino alla Montagna del Cubilete, dove si incontra Cristo, Cristo Re, Cristo che apre le sue braccia per accoglierci. Il Papa è un missionario di Cristo, di Cristo Resuscitato, di Cristo che ci ama”.
E per quanti vorranno seguire la visita del Papa sul web, già da diverse settimane è in funzione il sito ufficiale della visita apostolica, www.benedictomexico.mx, promosso dalla locale Conferenza episcopale. Oltre alla biografia del Papa, il sito presenta i dettagli della visita papale corredati da foto dei luoghi, dall’itinerario, dal programma generale, i discorsi e le celebrazioni. Proprio attraverso questo sito, è stato possibile raccogliere l’adesione dei tanti giovani che prestano la loro opera di volontariato in questi giorni.
Tra circa dieci ore, dunque – quando in Messico saranno le 16.30, le 23.30 in Italia – Benedetto XVI atterrerà all’aeroporto di León. Quella messicana è una società che oggi si sta molto impegnando per risolvere gravi problemi sociali e le ricadute della crisi economica globale. Il nostro inviato in Messico, Giancarlo La Vella, ne ha parlato con il cardinale Xavier Lozano Barragán, presidente emerito del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, al seguito del Papa in questa visita apostolica:
R. – Lo spirito nella profondità e nell’unità è la fortezza che il Papa ci infonde, l’unità è nel Signore. Ci dà poi la fortezza per andare sempre avanti. Questa è la funzione del Papa.
D. – Il popolo messicano come vive valori importanti, ad esempio la difesa della vita?
R. – Prima di tutto dobbiamo dire che lo scopo del Papa, andando lì, si estende a tutta l’America Latina, non soltanto al popolo messicano, perché lui va specificatamente per celebrare il bicentenario dell’indipendenza di tutti i nostri popoli – 22 nazioni – e va per confermarci nella nostra identità e aprirci verso il futuro. Certamente, poi, si basa sulla dignità della persona umana, anche sulla difesa della vita, ma prima di tutto si basa su quello che il Signore Gesù è per noi tutti: la radice della nostra unità e fortezza, della quale è rappresentante, come successore di San Pietro, Benedetto XVI.
D. – Il Messico è un Paese con alcuni problemi sociali, ma con una grande fede. Ecco, come si coniugano questi due aspetti?
R. – Riguardo ai problemi sociali, non sono minori di quelli che hanno in Europa con la crisi, ma sotto l’aspetto economico, la nostra crescita, nel 2011, è stata del 2,5%, cosa che non è successa in nessun Paese in Europa. Parlare allora dei problemi sociali come di un qualcosa di specifico del Messico è un errore. Quello che abbiamo sono le mafie del narcotraffico di tutto il mondo, che si concentrano adesso in Messico, avendo 3500 chilometri di frontiera con gli Stati Uniti: ci sono 20 milioni di consumatori di droga e i principali boss della droga di tutto il mondo con i quali, disgraziatamente, prospera anche il traffico di armi. Questo è un problema molto serio, come pure il riciclaggio di denaro che si fa negli Stati Uniti e il traffico di persone. Tutto questo è contro la vita della persona umana, contro la stessa sovranità nazionale e penso che, in occasione della visita del Papa, si debbano rivedere a fondo questi nostri rapporti internazionali, per restare proprio sulla scia della vita.
D. – Il Papa porterà sicuramente anche un messaggio d’amore...
R. – Sì, certamente. Il Papa fa un viaggio pastorale, cioè un viaggio in nome del Signore Gesù, al di là degli interessi economici o politici di qualsiasi nazione. Il Papa va per confermarci nella fede del Signore, come un incontro con il Signore Gesù, che ci fa tutti fratelli e perciò ci parla dell’amore effettivo, non soltanto fatto di parole, ma effettivo, che abbraccia l’economia, la politica, la cultura: tutto, davvero tutto. (ap)
In sintonia con le convinzioni del cardinale Barragan è la comunità cattolica del Messico, che non nasconde la speranza che la presenza di Benedetto XVI porti a uno salto di qualità nella sfera dei rapporti tra Chiesa e Stato. Lo conferma padre Jorge Raul Villegas Chavez, portavoce dell'arcidiocesi di León, intervistato da Giancarlo La Vella:
R. - Noi auspichiamo che, una volta terminata la visita del Papa, rimanga la speranza. Siamo un popolo che ha bisogno di speranza. Noi abbiamo diversi problemi legati allo sviluppo del nostro Paese: ci sono molte difficoltà politiche, economiche e di carattere religioso. Le difficoltà legate alla libertà religiosa sono tema difficile da affrontare. Speriamo che dopo la visita del Papa, ci siano degli sviluppi positivi che portino a una maggiore chiarezza nel rapporto tra governo e la Chiesa riguardo la libertà religiosa. Noi abbiamo necessità di un’autentica libertà religiosa.
D. - Una visita questa di Benedetto XVI che avviene in vista della Pasqua. Anche questo è un aspetto molto simbolico: la resurrezione che il popolo messicano anela da tempo...
R. - E' una visita che implica senso di dono da cui aspettiamo la resurrezione. Dopo la visita, il Messico dovrebbe resuscitare. (bi)
Viaggio a Cuba. La voce di un parroco: vivere il Vangelo per noi è una festa della fede
◊ I giovani di Cuba hanno bisogno di riscoprire nuovi e più alti ideali. È una delle molte voci che, in questi giorni di attesa del Papa, si levano dalla parrocchie cubane, i luoghi dove viene svolto il lavoro più incisivo di evangelizzazione nell’isola. Il nostro inviato a L’Avana, Luca Collodi, ha chiesto a don Boris Moreno – parroco nel paese di San Josè de Las Lajas, nella campagna cubana – in che modo i giovani del posto partecipino alla vita ecclesiale:
R. – Dipende dalle parrocchie, dalla mentalità attuale, dall’influsso del comunismo e dall’onda rivoluzionaria che ha toccato il cuore dei giovani. I gruppi di giovani, di adolescenti e di bambini delle nostre parrocchie non sono grandi e credo che questo sia l’elemento più debole della nostra evangelizzazione. Sia la mentalità attuale che la lontananza dei giovani rispetto al Vangelo, la frattura delle famiglie, tutto questo crea difficoltà, distanza, una separazione dei giovani dalla Chiesa.
D. – Le nuove generazioni sono ancora attratte dagli ideali sociali più che religiosi?
R. – Io credo che a Cuba ci sia stato un cambiamento culturale molto grande con la caduta del comunismo, come nell’Unione Sovietica e nell’Europa dell’Est, e ciò ha avuto un influsso sulla mentalità delle persone. Ma oggi i giovani, e questo ci fa piangere, non hanno un desiderio, non hanno la capacità di mettere il cuore nelle cose, non hanno idee in cui credere. Tutto ciò è molto preoccupante, perché quando i giovani non mettono il cuore in una Persona o in un’idea diventano deboli. La maggior parte dei giovani, qui a Cuba, pensa soltanto a vivere alla giornata. Tanti altri pensano solo a come andare negli Stati Uniti. Questo è un grande problema per il nostro rapporto con loro e per la nostra capacità di trasmettere il Vangelo.
D. – Allora, come cercate di scuotere i giovani?
R. – Cerchiamo di creare gruppi di giovani e un ambiente in cui si possano riconoscere come amici, possano capire e anche riconoscere l’importanza di stabilire un’amicizia sia con un altra persona che col Signore Gesù. Mettiamo anche in pratica altre iniziative, come la proiezione di film con messaggi importanti e a volte le nostre parrocchie si trasformano in spazi di festa. Questa è anche un’altra maniera di attrarre i giovani, presentando loro la capacità di vivere con gioia, di vivere con un grande desiderio, di ballare, di cantare, e tutto questo farlo vicino e dentro il Signore Gesù.
D. – Il clima della festa entra anche nelle liturgie?
R. – Se le nostre celebrazioni eucaristiche non fossero festose non verrebbe nessuno, perché l’anima cubana è un’anima festosa, che canta, che balla, che piange ma anche che ride. Questo non toglie la devozione, la capacità di riconoscere che siamo in presenza del mistero di Dio. Speriamo che lo saranno anche le celebrazioni con il Papa! Noi non conosciamo molto il latino, ma conosciamo veramente Gesù. La cosa più importante è l’amicizia con Gesù: vogliamo cantare con i nostri canti e pregare con la nostra lingua spagnola. (bf)
Quaresima. Terza predica di padre Cantalamessa dedicata alla divinità dello Spirito Santo
◊ Si è soffermato sulla divinità dello Spirito Santo questa mattina padre Raniero Cantalamessa, che nella Cappella Redemptoris Mater del Palazzo Apostolico, in Vaticano, ha tenuto la terza predica di Quaresima. Proseguendo le sue catechesi sugli insegnamenti dei Padri della Chiesa Orientale, il predicatore della Casa Pontificia ha parlato di San Basilio, mettendone in luce, in particolare, la descrizione dell’azione dello Spirito Santo nella storia della salvezza e nella vita della Chiesa. Il servizio di Tiziana Campisi:
“È per la volontà del Padre che gli spiriti creati sussistono; è per la forza operativa del Figlio che sono condotti all’essere ed è per la presenza dello Spirito che giungono alla perfezione”: spiega così l’opera della Trinità, Basilio, vescovo e dottore della Chiesa vissuto nel IV secolo, che nel noto trattato sullo Spirito Santo descrive l’azione della Terza Persona divina, evidenziandone l’uguaglianza con il Padre e il Figlio. Questa azione dello Spirito, ha detto padre Raniero Cantalamessa, consiste nel far passare “l’universo, la Chiesa e ogni persona … dal disordine all’ordine, dalla confusione all’armonia, dalla deformità alla bellezza, dalla vetustà alla novità”:
“Non è che Dio Padre avesse creato qualcosa di caotico che aveva bisogno di essere corretto dallo Spirito Santo. Spiega proprio San Basilio che fu il disegno del Padre di creare il mondo per mezzo del Figlio e di portarlo alla perfezione mediante lo Spirito Santo”.
E illustrando poi la presenza dello Spirito nell’opera della Redenzione, così come delineata da Basilio, il predicatore della Casa Pontificia ha aggiunto:
“Lo Spirito Santo è all’opera già nell’annuncio dei profeti e nella preparazione della venuta del Salvatore; è per sua opera che si realizza l’incarnazione nel seno di Maria, perché è per opera dello Spirito Santo che Maria concepì; è lui il crisma con il quale Gesù fu unto nel battesimo. Con il dito di Dio, con lo Spirito Santo, Gesù scaccia i demoni. In conclusione, dice Basilio, lo Spirito Santo fu ‘il compagno inseparabile’ di Gesù in tutta la sua vita”.
E lo Spirito Santo, ha scritto Basilio, è pure presente nella Chiesa e “nella vita personale del cristiano”, purificandone l’anima dal peccato, illuminandola e portandola all’intimità con Dio. Si tratta, ha concluso padre Cantalamessa, di “riportare alla luce e rendere sempre più splendente l’immagine di Dio che il peccato tende continuamente a ricoprire”. E’ tutto questo è possibile grazie allo Spirito Santo.
Seminario del dicastero delle Comunicazioni Sociali a Beirut per le Chiese del Medio Oriente
◊ Il Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali a Beirut per formare le Chiese dell’area in tema di media e cultura digitale. Accadrà dal 17 al 20 aprile prossimi, quando il dicastero vaticano – in collaborazione con i Patriarchi del Medio Oriente – darà vita nella capitale libanese a un Seminario dal titolo “La comunicazione in Medio Oriente come strumento di evangelizzazione, di dialogo e di pace”. Ai lavori è prevista la partecipazione di 50 vescovi della regione. La collega della redazione inglese della nostra emittente, Tracey Mcclure, ne ha parlato con il presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, l’arcivescovo Claudio Maria Celli:
R. – Il primo aspetto della comunicazione è la testimonianza. E’ però innegabile il fatto che le nuove tecnologie mettono a nostra disposizione delle grandi opportunità, e mi sembra che queste opportunità debbano essere accolte ed utilizzate. Le nuove opportunità esigono però, da parte della Chiesa, una grande attenzione: le nuove tecnologie non sono solamente uno strumento, ma danno origine a una nuova cultura. Sono un “ambiente di vita” e quindi non sono più solamente uno strumento che io accendo o spengo, ma un “ambiente di vita” nel quale l’uomo di oggi – specialmente i giovani – vive. Il nostro problema, quindi, è quello di vedere come annunciare il Vangelo in questo contesto e in questa cultura. Come annunciare il Vangelo all’uomo ed alla donna di oggi, che vivono e sono nativi di questa cultura. E’ questa la sfida che la Chiesa deve affrontare: non è soltanto quella di avere la consapevolezza di ciò che portiamo nel nostro cuore, nella fedeltà a Cristo Signore e al Suo Vangelo, ma anche la capacità di utilizzare un linguaggio che l’uomo e la donna di oggi possano comprendere. Non si tratta di una cosa semplice. Benedetto XVI ce lo ricorda in maniera molto esplicita in uno dei suoi ultimi messaggi per la Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali, quando sottolinea che i primi annunciatori del Vangelo dovettero far fronte alla cultura greco-romana per annunciare il Vangelo stesso. Oggi, è la cultura digitale uno degli aspetti di questo nostro tempo. E’ una cultura che ha dei suoi linguaggi propri, ed allora la grande sfida è proprio quella di essere capaci, di essere conoscitori profondi di questa nuova cultura per far sì che nel contesto di questa nuova cultura possa risuonare il messaggio del Vangelo. Come può ben capire, il tema sarà, ancora una volta, provocatorio: se da un lato dobbiamo far sì che quest’utilizzo delle tecnologie moderne sia vero, concreto, preciso ed attento, dall’altro lato, però, abbiamo sempre il bisogno che le comunità locali siano capaci di accogliere chi ha incontrato Gesù Cristo nelle grandi autostrade di Internet. Oggi, ad esempio, specialmente fra i giovani ma non soltanto tra loro, molti hanno un incontro con Gesù Cristo proprio attraverso le nuove tecnologie. La nuova tecnologia però, non può racchiudere l’esperienza religiosa di Gesù Cristo di una persona, per quanto un sito Internet possa essere bello, vivo o attuale.
D. – Manca il contatto umano?
R. – Questa persona ha poi bisogno di trovare una comunità che lo accolga e che lo aiuti a camminare. E’ però innegabile: molti incontri avvengono sul web. Ricordo ancora – e lo cito regolarmente – un mio amico parroco, a Madrid, il quale mi diceva giustamente che, dopo aver aperto il sito della parrocchia, c’era più gente che visitava il sito rispetto a quella che si recava alla Messa domenicale. Ed è vero: molti non mettono piede in Chiesa, ma possono ritrovare un annuncio onesto, rispettoso e dialogante in Internet. E noi vorremmo proprio questo: che la Chiesa – in questo caso la Chiesa del Medio Oriente – i suoi vescovi e i suoi sacerdoti, ma anche i suoi laici, possano ritrovarsi insieme per vedere quali programmi formulare per il futuro e come rispondere a questo grande interrogativo e a questa grande sfida che la Chiesa sta affrontando nei nostri giorni. Vedere cioè come, nelle grandi autostrade del mondo cibernetico, possiamo far sì che ci sia quella tenda misteriosa dove l’uomo possa ancora incontrare Dio e dialogare con lui. (vv)
Presentata l'edizione del "Cortile dei Gentili" di Palermo
◊ La prossima settimana Palermo sarà teatro della nuova edizione del "Cortile dei Gentili", l'iniziativa lanciata dal Pontificio Consiglio della Cultura, già svoltasi in altre città italiane ed europee. Oggi, la manifestazione è stata presentata nel capoluogo siciliano, alla presenza del cardinale arcivescovo della città, Paolo Romeo. I dettagli nel servizio da Palermo di Alessandra Zaffiro:
Per il cardinale di Palermo, Paolo Romeo, la cosa più bella del Cortile dei Gentili è “quella di aprire le vie del dialogo, perché – spiega – oggi che i mezzi di comunicazione hanno facilitato molto il dialogo fra la gente, prevale la cultura dello scontro, quindi del non ascolto. Credo che questa iniziativa – aggiunge – vuole mettere le persone all’ascolto e quindi mettere a proprio agio nell’esporre, sicuri che siano rispettati i loro cammini, le loro idee, perché queste idee fanno parte del cammino delle singole persone”.
Il programma del Cortile dei Gentili, incentrato su “Cultura della legalità e società multireligiosa”, che approda nel capoluogo siciliano il 29 e 30 marzo, è stato presentato questa mattina all’università di Palermo, alla presenza dell’arcivescovo Paolo Romeo, del magnifico rettore, Roberto Lagalla, di monsignor Antonino Raspanti, vescovo di Acireale e coordinatore dell’incontro, e del vescovo ausiliare di Palermo, monsignor Carmelo Cuttitta.
Dopo la conferenza introduttiva su “Società, cultura e fede” del cardinale Ravasi, direttore esecutivo dell’evento e Presidente del Pontificio consiglio per la cultura, che avrà luogo nel duomo di Monreale, il 30 marzo il Cortile si trasferirà a Palazzo Steri, sede del Rettorato, dove religiosi, filosofi, giuristi, storici e letterati si confronteranno su “Diritto divino e giustizia umana”, “Religioni e diritti umani”, “Pluralismo e universalismo” e “Religioni e spazio pubblico”.
“Tematiche che affondano nella storia – ha spiegato monsignor Raspanti – che però si proiettano nel futuro in quanto, da Palermo ed in Palermo, se si riesce a sperimentare dei modelli utili, validi, per esempio proprio nel campo del diritto, un diritto che tenga a bada queste forme terribili di antistato e antiuomo, come sono le mafie nel mondo, si può diffondere un modello utile e interessante, come quello di una convivenza, di un dialogo sereno, pacifico, anzi costruttivo tra le religioni”.
Alle 20,45 il dibattito si sposta sul sagrato della Cattedrale: “Si è voluto aprire il Cortile dei Gentili a tutti – ha spiegato Mons. Cuttitta – dando la possibilità che non rimanesse solo un fatto destinato a uomini di cultura, ma entrasse nel vissuto e nel tessuto della città stessa, della Diocesi, intitolando questo spazio “Palermo: cultura della legalità e società multireligiosa”.
Un evento aperto a tutti, soprattutto ai giovani, per allargare lo scambio di idee e di opinioni espresse attraverso parole, gesti, suoni, danze: dal coro gospel della Chiesa Valdese all’intervento del procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso; dalle note di un cantante palestinese alle parole di fratel Biagio Conte della Missione Speranza e Carità; e ancora, dal Gruppo canoro della Chiesa Metodista al contributo di un imam islamico.
In programma anche un “Cortile dei bambini”, nel quale decine di piccoli disegneranno come vedono la loro isola su un foglio lungo 30 metri. E ancora lo Spazio comunicazione, coordinato da Suor Fernanda Di Monte, presso la Libreria delle Paoline, di fronte alla cattedrale, con interviste, testimonianze e confronti a cura delle Figlie di San Paolo e di diversi giornalisti.
“E’ importante ricordare che Palermo – si legge nella brochure del Cortile dei Gentili – oggi nel mondo, è contemporaneamente un simbolo doppio: è la capitale della mafia, ma è anche la città-simbolo della lotta alle mafie, giacché è stata firmata proprio qui, nel dicembre del 2000, la Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale”.
“Il Cortile dei Gentili – si legge ancora – pone al centro due valori fondamentali quali la Giustizia, nello snodo tra moralità e legalità, e la Tradizione multireligiosa e multiculturale che ha contraddistinto l’Isola mediterranea, rendendola “casa” delle culture che hanno animato le rive del “Mare tra le terre”: buona pratica di una terra chiamata ancor oggi a sviluppare la sua naturale vocazione al dialogo tra le religioni e tra le civiltà di fronte al vasto movimento del risveglio dei popoli arabi della riva sud ed orientale del “Mare nostrum”.
“Il Cortile – si sostiene – può fare di più mostrando che quei due valori fondamentali sono intimamente intrecciati, dal momento che il dialogo tra le religioni e il dialogo interreligioso e interculturale costituiscono una risorsa cruciale per elaborare e diffondere nelle pieghe della società siciliana la cultura della legalità e per contribuire a rafforzarne il tessuto democratico e spirituale. Si tratta di un impegno tanto più urgente e nobile se si pensa che la mafia, anche grazie alla crisi economica mondiale, è divenuta la prima impresa italiana per fatturato, assurgendo nel medesimo tempo a inquietante soggetto globale con potenti ramificazioni in Europa, nelle Americhe e in Africa”.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ In prima pagina, un articolo dell'inviato Mario Ponzi sul viaggio del Papa in Messico e a Cuba.
Nell'informazione internazionale, in rilievo i colloqui tra Pyongyang e l'Aiea per far ripartire le ispezioni nei siti nucleari della Corea del Nord.
In cultura, gli interventi dell cardinale Kurt Koch e di Giuseppe Dalla Torre al convegno, a Lugano, su "Giovanni Paolo II: legislatore della Chiesa".
Non c'è frattura tra storia e vita: Fabrizio Bisconti su epitaffi e incisioni tombali nel cristianesimo antico.
Un articolo di Inos Biffi dal titolo "Se i teologi delegittimano il Dio dei filosofi": Tommaso, le cinque vie e l'ateismo contemporaneo.
Il saggio introduttivo di Vittorio Sgarbi al volume "L'ombra del Divino nell'arte contemporanea".
Un articolo di Cristian Martini Grimaldi dal titolo "Quel 'buen retiro' che non c'è più": dall'agorà alla home nell'era dei social network.
Nuove sanzioni Ue contro la Siria. Kofi Annan media con Mosca e Pechino
◊ In Siria non si fermano le violenze del regime contro gli oppositori, mentre l’Unione Europea ha deciso nuove sanzioni per la moglie, la sorella e la cognata del presidente Bashar Al Assad. In questo scenario arriva la conferma che l'emissario speciale dell'Onu e della Lega araba per la crisi, Kofi Annan, si recherà questo fine settimana a Mosca e a Pechino. Massimiliano Menichetti:
La Comunità internazionale stringe ancora di più la morsa sul regime siriano, oggi i 27 ministri degli esteri della Ue da Bruxelles hanno deciso nuove restrizioni per la moglie di Bashar al Assad, Asma, la madre, la sorella e la cognata del presidente. Non saranno concessi visti e saranno congelati i loro beni. Oltre a loro, sanzioni anche per il ministro dell'Elettricità e quello dell'Amministrazione locale, cinque sottosegretari ed un uomo d'affari. Colpite pure due compagnie petrolifere. Una “black list” che si allunga e che già contiene 150 nomi dell’entourage del regime. Sul terreno però la violenza non si placa: scontri tra antigovernativi e truppe fedeli al regime si registrano oggi vicino la capitale Damasco, ad Homs e Daraha. 70 le vittime secondo fonti locali nelle ultime 24 ore. Una situazione drammatica che in un anno ha causato 8mila morti, secondo l’Onu, che adesso è compatta nel chiedere la fine delle violenze e l’apertura di corridoi umanitari. Incessante il lavoro dell'emissario speciale delle Nazioni Unite e della Lega araba per la Siria, Kofi Annan, che da domani sarà a Mosca, poi a Pechino per fare il punto della situazione. Intanto Burhan Ghalioun, il presidente del Consiglio nazionale siriano, ovvero la piattaforma che riunisce gli oppositori, ha dichiarato che la risoluzione dell’Onu adottata mercoledì “ha il merito di rappresentare una posizione comune della comunità internazionale, ma non risponde ai bisogni reali del popolo” che “si aspetta delle misure all'altezza del dramma che sta vivendo''.
Sulle sanzioni decise dall'Ue, Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Roberto Menotti, coordinatore scientifico dei programmi internazionali di Aspen-Italia:
R. – Effettivamente, colpire direttamente i membri del regime - quando si tratta di regimi così personalizzati e legati ad una famiglia ad un gruppo molto ristretto - può essere di grande efficacia. Non dimentichiamo anche che veniamo da un ciclo di sanzioni molto più rigide negli ultimi mesi, perché stiamo colpendo direttamente i due settori chiave dell’economia siriana: il settore bancario e quello energetico. Quindi si tratta di un passo significativo, importante e direi non soltanto simbolico, soprattutto perché il fronte delle sanzioni sembra, a questo punto, piuttosto compatto fra Europa e Stati Uniti in particolare.
D. – E’ stato confermato che Kofi Annan – l’emissario speciale delle Nazioni Unite e della Lega Araba per la crisi siriana – sarà nel fine settimana a Mosca e Pechino …
R. – Si tratta anche qui di un passaggio dal punto di vista diplomatico molto importante. Qui non si tratta di un cambiamento radicale sul terreno, ma di un passaggio che assolutamente andava realizzato: tenere assieme almeno diplomaticamente Russia e Cina, per superare il loro veto, che finora è stato determinante e che ha impedito l’adozione di una vera risoluzione del Consiglio di sicurezza. Ora lavoriamo sulla base – il mandato che ha Annan rientra in questo tipo di percorso – di una dichiarazione del presidente del Consiglio di sicurezza (in questo caso la Gran Bretagna), che è meglio di niente e che anche se non ha la stessa forza di una risoluzione, consente di far lavorare l’inviato Annan. Credo, quindi, che siamo anche sulla strada di una maggiore collaborazione con Russia e Cina, almeno sul piano di una pressione umanitaria.
D. – Se da una parte la comunità internazionale sembra compattarsi, però il regime siriano non sembra dare segni di cedimento e di apertura alcuna …
R. – Purtroppo sul terreno la situazione non sta affatto migliorando, anzi diciamo che sta gradualmente peggiorando. Inoltre c’è la sensazione – devo dire fin dall’inizio di questa crisi – che il regime non abbia intenzione di negoziare, perché sa di non poter sopravvivere se comincia a negoziare. Si tratta di una struttura, diciamo, legata ad una famiglia e comunque ad una minoranza – quella alawita - che probabilmente ritiene di poter soltanto combattere fino alla fine: o prevalere o scomparire. Se questo è il calcolo politico che ha fatto Assad e la sua cerchia, ovviamente, tutti gli sforzi per trovare una soluzione sono vani; e si tratterebbe di rimuovere non soltanto un personaggio ma un gruppo dirigente. Questa situazione richiama quella libica che come sappiamo è stata molto complicata: la Siria comunque lo sarà di più. (cp)
Ecuador. Marcia degli Indios per l’acqua e la terra, contro lo strapotere delle multinazionali
◊ Il movimento degli Indios protagonista in Ecuador di una marcia di protesta che ha travalicato i confini del Paese latinoamericano per interrogare la comunità internazionale sul rispetto dei diritti delle minoranze e la tutela dell’ambiente amazzonico e lo strapotere di società multinazionali. Il servizio di Roberta Gisotti:
“Per la vita, l’acqua e la terra”: circa duemila tra Indios e altri sostenitori hanno marciato per 14 giorni percorrendo 700 chilometri ed arrivare ieri nella capitale, Quito. Protestano contro l’accordo - siglato dal governo con una società canadese controllata da imprese cinesi - per realizzare una miniera di rame, oro e argento, nel sud dell’Amazzonia, il più grande progetto a cielo aperto nella storia dell’Ecuador. Sergio Marelli, segretario generale della Focsiv-volontari nel mondo:
R. - Sacrificare foreste, sacrificare risorse naturali, sacrificare un patrimonio che è dell’umanità, per un ulteriore sfruttamento delle materie prime, in particolare delle risorse minerali, penso sia la giusta motivazione dell’indignazione di questa popolazione.
D. - Eppure il presidente ecuadoregno Correa, difende la politica mineraria del governo, denunciando che gli Indios sarebbero manipolati dalla partitocrazia e dalla stampa corrotta...
R. - Sono i giochi che si instaurano fra i diversi poteri e le diverse forze sociali in campo. Bisogna ricordare, tra l’altro, che il presidente Correa, ha origini proprio dalla comunità indigena di questo Paese. Ha dimostrato in passato, anche di fronte alla comunità internazionale, di avere il coraggio di compiere delle scelte risolute e determinate. Basti pensare a questo progetto, a questa proposta che ha annunciato in sede di Nazioni Unite, del cosiddetto “Parco Yasunì Itt”. Ciò mostra la sua disponibilità a rinunciare ad estrarre petrolio, in uno dei siti di maggiore biodiversità a livello mondiale, che si trova all’interno del confini del suo Paese, l’Ecuador. Quindi sicuramente, un presidente che non può essere accusato di insensibilità a queste tematiche, però è allo stesso tempo, un presidente della Repubblica, che quindi deve fare i conti anche con le necessarie mediazioni che chi accetta di governare un Paese, probabilmente si trova costretto a fare.
D. - Le proteste degli Indios in America Latina, negli ultimi anni, sono venute alla luce a livello internazionale. Quindi possiamo dire che il movimento di rivendicazione dei loro diritti, ma anche della tutela dell’ambiente, abbiano avuto un vantaggio?
R. – Sicuramente, quale rappresentante di una realtà di società civile, in questo, mi sento un po’ fiero, perché anche grazie alla mobilitazione - che al livello mondiale le organizzazioni della società civile hanno promosso in questi ultimi decenni - la questione indigena, è stata posta finalmente tra le priorità dell’agenda della comunità internazionale. Ormai non c’è più conferenza internazionale, non c’è più dichiarazione della comunità internazionale, che non inserisca tra le grandi priorità, proprio la difesa dei diritti degli uomini e delle comunità indigene a qualunque Paese esse appartengano. Quindi sicuramente un risultato importante, un risultato che tuttavia ha ancora bisogno di essere messo in pratica e di concretizzazioni che facciano in modo che i diritti di queste minoranze, che rischiano di essere schiacciate dai grandi interessi dei grandi potentati economico-commerciali a livello mondiale, debbano essere salvaguardati. (bi)
Mons. Romero. Il vescovo di Vera Paz: continuare ad essere voce dei "senza voce"
◊ Fitto è il programma romano per celebrare il 32.mo anniversario della morte di mons. Oscar Romero, l’arcivescovo di San Salvador assassinato mentre celebrava la Messa, per il suo impegno costante nel contrasto ad ogni forma di violazione dei diritti umani. Avviate il 17 marzo, le iniziative culminano questa sera alle 19.00 nella Chiesa di San Marcelllo al Corso, con la celebrazione ecumenica presieduta da mons. Rodolfo Valenzuela, vescovo di Vera Paz e presidente della Conferenza episcopale del Guatemala, che ai nostri microfoni sottolinea il valore della memoria di questo martire emblematico per la Chiesa tutta. L’intervista è di Gabriella Ceraso:
R. - Dopo 32 anni è necessario soprattutto non perdere la memoria e la coscienza dell’importanza di mons. Romero in Salvador per tutta la Chiesa. Non si tratta soltanto di ricordare qualcosa del passato: è una memoria che ci serve ancora, che ci fa continuare nello sforzo in favore della dignità umana, della vita e della pace. E’, insomma, un lavoro che ha una grande attualità. Le nuove generazioni, che non hanno vissuto quei giorni, forse non sono così sensibili davanti a queste figure e a questo tipo di discorso.
D. - Quindi come parlare, a loro, di mons. Romero?
R. - Mons. Romero è senz’altro una figura molto ispiratrice: una volta che i giovani riescono a conoscerla bene, possono trovare qualche luce, che è poi la luce di Cristo, della verità, dell’amore per la pace e per la vita. Uno dei principali impegni della Chiesa, durante questi giorni, è proprio quello di far conoscere questa figura che, per molti giovani, è forse sconosciuta.
D. - Un atto di violenza ha posto fine alla vita di mons. Romero. Oggi qual è la situazione?
R. - La situazione di confronto tra una destra militarizzata ed anche una sinistra che operava con la guerriglia è già stata superata. Ci sono, però, delle nuove violenze, ad esempio nel Centro America - in particolare in Messico - scaturite dal narcotraffico. E c’è ancora molta gente che viene assassinata. Nel Guatemala ci sono, ogni giorno, più morti rispetto a quelli che c’erano negli anni Ottanta.
D. - La Chiesa riesce ad incidere?
R. - La Chiesa continua ad essere, prima di tutto, una voce con una certa autorità, una voce vicina alla gente. Questa è davvero una grande sfida per noi. Il nostro dovere, in questo momento, è quello di incidere per non perdere queste memorie, per denunciare le violazioni dei diritti umani e, principalmente, del diritto alla vita.
D. - Il Papa è in volo verso le terre dell’America. Sono terre, quelle americane, difficili, ed immagino che lei lo segua con il pensiero. Dato che lei conosce il territorio, cosa può significare, in questo momento, la presenza del Pontefice lì, per la gente ed anche per le autorità dei singoli Paesi?
R. - Particolarmente in Messico, il problema del narcotraffico è di notevoli dimensioni ed il Paese sta chiaramente soffrendo questa situazione. E quando ci sono scontri con i narcotrafficanti, in Messico, questi si estendono anche nel resto del Centro America. La presenza del Papa sarà senz’altro un invito molto diretto e molto forte in favore della pace. Penso che il popolo messicano, che ama tanto il Papa e la Chiesa, troverà dei motivi di speranza e di ottimismo in mezzo ad una situazione che non è affatto facile. Credo che anche il viaggio a Cuba sarà molto interessante: Cuba è sempre nei pensieri e nell’anima di tutti i latinoamericani. E’ un popolo, quello cubano, con una situazione ed una storia alquanto particolari, ed ultimamente si vede a Cuba una crescita per quanto riguarda il rispetto nei confronti della Chiesa cattolica.
D. - C’è un ricordo o un insegnamento che lei porta con sé della persona di mons. Romero?
R. - Io ero in seminario: conoscevamo Romero, ascoltavamo le sue omelie. La sua figura era davvero molto apprezzata, e devo dire che per il mio impegno in favore dei più poveri, delle persone che sono “senza voce”, Romero continua ad essere ispiratore. (vv)
Convegno di Liberal: cristiani, ebrei e musulmani insieme per la libertà religiosa
◊ “La religione delle libertà, contro le persecuzioni anticristiane e contro tutte le violazioni dei diritti dell’uomo”. Questo il tema del convegno organizzato dalla Fondazione Liberal, che si è svolto ieri pomeriggio a Roma. Un’occasione di confronto tra istituzioni e grandi personalità del mondo cristiano, ebraico e musulmano, per promuovere il dialogo interreligioso e condannare ogni discriminazione. Il servizio di Michele Raviart:
I cristiani sono il gruppo più perseguitato nel mondo per la propria fede; l’antisemitismo è ancora una piaga che affligge Europa e Medio Oriente; il mondo islamico lotta per scollarsi di dosso le superficiali identificazioni con l’estremismo e il terrorismo. Questa le realtà che devono affrontare oggi le tre grandi religioni monoteiste, in una fase storica nella quale la libertà religiosa appare sempre meno solida. La libertà di fede va garantita e tutelata per tutte le confessioni, ha spiegato il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto emerito della Congregazione dei vescovi, perché è la pietra angolare dell’esistenza dell’individuo e riguarda il più alto dei rapporti possibile: quello tra uomo e Dio. Un diritto prioritario tutelato dalle più importanti convenzioni internazionali, ma che, per il porporato, rimane spesso lettera morta, come dimostrano i 32 Paesi del mondo in cui i cristiani sono sistematicamente perseguitati. Tolleranza e integrazione devono essere le linee guida delle istituzioni, che rimangono colpevolmente impotenti davanti a tragedie come quella di Tolosa. Giulio Terzi di Sant’Agata, ministro degli Esteri italiano:
“La strage di Tolosa è un orribile episodio di un brutale antisemitismo mosso dalla follia. Una follia che, però, è generata dall’estremismo. Credo che si dimostri, ancor più in un momento del genere, il bisogno di un impegno molto forte per anticipare le sensibilizzazioni piuttosto che piangere sulle tragedie. E’ un impegno che dev’essere tale a livello di formazione, di scuola, di attività diplomatica, ma deve riguardare anche l’Unione Europea stessa e quello che possiamo fare tutti noi nella vita di tutti i giorni per arrivare ad affermare la libertà della religione, del pensiero, dei diritti umani e della dignità dell’uomo”
La solidarietà tra istituzioni, popoli e autorità religiose è la chiave per combattere il terrorismo ed evitare una pericolosa “caccia alle streghe”, ha affermato Abdellah Redouane, del Centro culturale islamico, che ha poi ricordato come nel Corano sia esplicitamente affermata la libertà per ogni confessione religiosa. La battaglia per la coesistenza pacifica tra le fedi deve essere combattuta esclusivamente sul piano culturale, valorizzando modelli positivi attraverso l’educazione e il dialogo interreligioso, ha dichiarato Mino Bahbout, rabbino capo della comunità ebraica di Napoli.
“Penso che si potrà veramente cambiare l’uomo soltanto nel momento in cui le tre religioni monoteiste arriveranno seriamente a mettersi d’accordo nel combattere queste forme di terrorismo. L’uomo non si cambia con i decreti. Bisogna educare la società partendo dalla scuola e dalla famiglia. L’educazione è fondamentale: il più delle volte ci soffermiamo soltanto nel mondo in cui deve reagire la società per eliminare queste frange estremiste. Ed invece non basta: bisogna educare fin dalla fanciullezza”.
Il peggior nemico della libertà e della democrazia è l’indifferenza, ha concluso il rabbino, e la maggioranza non può e non deve rimanere in silenzio di fronte all’odio e al terrore.
◊ Cresce l’attesa a Venezia per l’insediamento del nuovo patriarca, mons. Francesco Moraglia. La cerimonia ufficiale si terrà domenica prossima, 25 marzo, con una Messa solenne nella Basilica di San Marco, alle ore 16.15. Mons. Moraglia, lo ricordiamo, è stato nominato dal Papa il 31 gennaio e negli ultimi quattro anni ha guidato la diocesi della Spezia. Ma con quali sentimenti si prepara a questa nuova missione episcopale? Ascoltiamo lo stesso patriarca al microfono di Isabella Piro:
R. – I sentimenti sono quelli dell’attesa e, quindi, il desiderio di incontrare la realtà viva della diocesi, soprattutto le persone, le attività in cui le persone cercano di esprimere il loro amore per la Chiesa e per il Signore.
D. - Domani, lei attraverserà le diocesi veneziane, facendo tappa a Mira, Marghera e Mestre, e poi cenerà tra i poveri di Ca’ Letizia...
R. – Sì, indubbiamente abbiamo scelto le priorità: i giovani, i poveri e l’Eucaristia. L’incontro del pomeriggio di domani è soprattutto incentrato sull’adorazione eucaristica, chiamando i giovani a questo momento di raccoglimento e, poi, vedendo l’incontro successivo con le persone in difficoltà, offrendo loro il conforto di un pasto, servendolo anche materialmente. Questo vorrebbe essere un modo di tradurre l’Eucaristia in un gesto concreto, che dovrebbe, soprattutto per noi e per i giovani, tradursi in un modo diverso di guardare il prossimo.
D. – Domenica 25 marzo, invece, alle 16.15, il solenne insediamento nella Basilica di San Marco. Con quali parole inizierà la sua nuova missione da Patriarca?
R. – Io penso di incentrare un po’ tutto il discorso sul tema della fede, che è la priorità fondamentale. Un vescovo deve esprimere in ogni cosa che fa una fede concreta per sé e per la sua Chiesa. Poi le priorità saranno di andare incontro a quelli che hanno chiesto di essere incontrati e a quelli che il Patriarca vuole incontrare, proprio per avere un’idea più vera, più reale della sua Chiesa.
D. – Lei lascia la diocesi della Spezia. Quale ricordo e quale esperienza porterà con sé a Venezia?
R. – Il ricordo di un periodo breve, intenso, sereno, in cui ho voluto bene e non ho faticato a voler bene alla gente, evidentemente per merito di queste persone, che il Signore mi ha dato la grazia di incontrare e delle quali sono stato vescovo per quattro anni; quindi, un po’ di nostalgia e, certamente, l’entusiasmo di guardare ad una realtà bella come quella di Venezia, e anche la grande gratitudine al Signore, per questa esperienza episcopale, per le persone che mi ha fatto incontrare in questi quattro anni.
D. – Quindi, quali sono le sue speranze per la Chiesa oggi?
R. – Che la Chiesa riesca ad essere se stessa; che la Chiesa possa ritrovare se stessa, per essere affascinante agli occhi degli uomini. Per questo ho voluto iniziare l’incontro, soprattutto con i giovani, intorno all’Eucarestia, che è la Passione ultima che il Signore ha consegnato alla sua Chiesa, pensando che la vera celebrazione eucaristica entra nella vita e ci aiuta veramente a pensare, a parlare e ad assumere gli stili di Gesù. Penso che una Chiesa che si orienta in modo eucaristico, in questi termini, abbia risolto le difficoltà che può trovare nell’evangelizzare e nell’essere credibile agli occhi del mondo. (ap)
Il Forum di GreenAccord in Costa Rica per un progresso rispettoso dell'ambiente
◊ Per la sua decima edizione, dal prossimo 30 ottobre al 2 Novembre, il Forum Internazionale dell’Informazione per la Salvaguardia della Natura, organizzato dall’associazione culturale GreenAccord Onlus, lascia l’Italia e attraversa l’Atlantico per sbarcare in Costa Rica. Lo ha annunciato ieri a Roma in conferenza stampa, il presidente dell’associazione Alfonso Cauteruccio. Il progetto è stato reso possibile grazie alla collaborazione di Unioncamere e del governo costaricense. Ma perché la scelta di questo Paese sudamericano? Marina Tomarro lo ha chiesto ad Andrea Masullo, responsabile del comitato scientifico di GreenAccord:
R. - Due anni fa, abbiamo iniziato un nuovo ciclo che si chiama “People building future”. Cerchiamo le soluzioni, per portare l’umanità verso un futuro di progresso, a fronte degli esperti che, negli anni precedenti, ci hanno detto che il modello attuale ci porterà verso disastri ambientali e verso un regresso piuttosto che un progresso. Proprio in quella circostanza, abbiamo incontrato la vice-ministra dell’Ambiente, Anna Lorena Guevara, della Costa Rica che ci ha invitato a veder cosa sta facendo quel Paese. Ebbene, abbiamo scoperto qualcosa di eccezionale: un Paese che già dal 1949 ha abolito l’esercito, convertendo le sue spese militari in spese per la protezione dell’ambiente e per lo sviluppo umano. Certo, è un Paese - come tanti dell’America Latina - pieno di difficoltà, ma è anche un Paese che, da un’indagine mondiale, si è dichiarato molto felice. E noi vogliamo andare a scoprire questo segreto.
D. – IL tema di questo decimo Forum sarà “La ricetta della felicità? Capitale naturale e capitale umano”: che cosa vuol dire?
R. – Ispirandoci alla Caritas in veritate di Benedetto XVI, noi pensiamo che l’economia non può essere solo orientata dal capitale finanziario, ma deve scoprire la sua vera ragion d’essere che è la valorizzazione del capitale umano. Come si può fare questo? Qualsiasi azione economica non può che basarsi su quello che è il capitale naturale, che i mercati chiamano in maniera molto asettica, “risorse”. Se non partiamo dall'orientare l’economia verso la valorizzazione del capitale umano, rispettando le risorse naturali in modo da averne a disposizione sempre, in maniera rinnovabile, anche per il futuro, l’economia non potrà che continuare su una strada senza prospettive future.
D. – Italia e Costa Rica, cosa hanno in comune tra di loro?
R. – L’Italia è un Paese ricco, un Paese che ha, come tutto il mondo industrializzato, delle difficoltà economico-finanziarie in questo momento. Ma le difficoltà di un italiano medio, non sono neanche comparabili con la povertà economica di un Paese come la Costa Rica. Per questo motivo “stride” la felicità dei cittadini di questo Paese, rispetto al disorientamento dei cittadini del nostro. Il segreto della felicità evidentemente non dipende soltanto dal benessere finanziario, ma da altri valori e da altri fattori. Nel nostro viaggio in Costa Rica, cercheremo anche di scoprire questo segreto. (bi)
Chiude a Roma il Centro di aiuto alle vittime della tortura
◊ Dopo otto anni di attività e più di mille vittime di tortura visitate e curate, dopo riconoscimenti e successi chiude, senza preavviso, per problemi meramente burocratici, il Centro per il trattamento delle patologie post-traumatiche e da stress dell’Ospedale San Giovanni-Addolorata di Roma. Luca Attanasio ha raccolto il grido d’allarme del direttore del centro, il dott. Massimo Germani, e di Mohamed, un rifugiato afghano scampato alle torture dal suo Paese:
D. – Dottor Massimo Germani, lei per anni ha diretto il Centro per il trattamento delle vittime di tortura del San Giovanni-Addolorata…
R. – Il Centro nasce nel 2004 per dare una risposta specialistica a un gran numero di persone richiedenti asilo, rifugiati provenienti da vari Paesi del mondo, che avevano vissuto esperienze di torture, violenze, abusi. Uomini e donne che, arrivati nel nostro Paese, non solo vivevano il dramma dell’esilio, ma portavano nel corpo – e molto più spesso nell’anima – i segni delle violenze subite, con conseguenze patologiche molto gravi che impedivano un cammino, un percorso verso un’integrazione, una risposta del sistema sanitario pubblico, fino a quel momento mai esistita in Italia. In questi otto anni, sono passati oltre mille sopravvissuti a torture e violenze.
D. – Un Centro che rappresenta l’eccellenza e che improvvisamente ha ricevuto un avviso di chiusura…
R. – Una cosa inspiegabile. In questi ultimi due anni, proprio con l’emergenza Africa abbiamo raddoppiato le prestazioni. Nel 2011, abbiamo avuto oltre 1300 prestazioni e circa 280 nuovi pazienti. La direzione generale del mio ospedale ha detto che, venendo meno la convenzione col Ministero dell’interno, tutta la struttura doveva chiudere. L’esecuzione della delibera è stata fatta in modo improvviso e non è stato dato il tempo di finire le terapie in corso, di avviare i pazienti verso altri centri e quindi i pazienti in carico – che in questo momento sono più di 200, spesso con gravi patologie di vario tipo – hanno trovato semplicemente la porta chiusa.
D. – Mohamed, da quanto tempo sei in Italia e perché sei fuggito dall’Afghanistan?
R. – Sono in Italia da quattro anni. Si viene da una zona di guerra per rifugiarsi in un Paese dove si vive più tranquilli. Quando sono arrivato a Roma avevo difficoltà a causa delle torture subite e ho potuto parlare con un medico dello stress che avevo e piano, piano, mi sono recuperato. Purtroppo, ultimamente sono andato allo studio e l’ho trovato chiuso.
Iraq: a Mosul ucciso un fotografo cristiano
◊ Nuova ondata di violenza in Iraq. A Mosul, ieri mattina, è stato ritrovato il cadavere di un fotografo cattolico, Salman Dawoud Salman, sequestrato 4 giorni prima probabilmente a scopo di estorsione. Il corpo dell’uomo – riferisce l'agenzia Asianews - era crivellato di colpi esplosi a distanza ravvicinata. Mosul ormai da tempo è una roccaforte del fondamentalismo sunnita wahabita, che ha stretti legami con l'Arabia Saudita, l’obiettivo degli estremisti è di fondare uno Stato in cui vige la sharia. Dalla città irachena sono andate via moltissime persone e tante famiglie cristiane. Fonti ecclesiastiche locali sottolineano che chi ha lasciato il Paese lo ha fatto perché non ha più fiducia nelle istituzioni e che il governo non è stato in grado di proteggerli. Da tempo la comunità cristiana nel nord dell'Iraq è vittima di rapimenti a scopo estorsivo e di una guerra incrociata fra arabi, turcomanni e curdi per la conquista del potere e per il controllo degli enormi giacimenti petroliferi. In un decennio, le stime parlano di una minoranza "più che dimezzata", dal 2003 al dicembre 2011, data del ritiro completo delle truppe americane dal Paese, sono morte quasi 100mila persone. (B.C.)
Siria. Oltre 20 mila rifugiati in Libano: per la Caritas è “emergenza umanitaria”
◊ Sono circa 20mila i rifugiati siriani in Libano ed è già in corso una “emergenza umanitaria”: lo comunica la Caritas Libano, impegnata nell’assistenza umanitaria nel Nord del paese. Padre Simon Faddoul, presidente di Caritas Libano, spiega in un colloquio con l'agenzia Fides: “Le cifre ufficiali dell’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati parlano di 8-9.000 sfollati siriani, registrati ufficialmente. Ma solo una minima parte dei profughi si registra, perché i profughi sono terrorizzati, temono per la loro vita e per la vita dei loro familiari che sono ancora in Siria. Secondo nostre stime, ve ne sono già oltre 20mila, e il flusso continua. I rifugiati – prosegue il presidente di Caritas Libano – sono cristiani e musulmani, sono stremati e disperati. I nostri volontari notano che hanno molta paura di ritorsioni, alcuni da parte delle forze del regime siriano, altri da parte delle forze di opposizione. Non vogliono essere fotografati, non vogliono dare i loro nomi e preferiscono restare in incognito”. Padre Simon lancia l’allarme: “La situazione si è aggravata negli ultimi due mesi. Ogni giorno arrivano nuovi profughi. L’emergenza umanitaria già c’è, ma attualmente riusciamo a contenerla. Se l’esodo continua, però, la situazione potrebbe presto diventare insostenibile”. La Caritas Libano in alcune aree nel Nordest del Paese è l’unica organizzazione presente con i suoi volontari. Dallo scorso anno la Caritas si prende cura di circa 3-400 famiglie di profughi siriani (circa 2.000 persone) e, negli ultimi due mesi, garantisce assistenza ad altre 300 famiglie (altri 2.000 sfollati). (R.P.)
Il cardinale Marx nuovo presidente della Commissione degli episcopati Ue
◊ Il cardinale tedesco Reinhard Marx, è il nuovo presidente della Comece, Commissione degli episcopati della Comunità europea. Succede al vescovo di Rotterdam, mons. Adrianus Van Luyn, alla guida dell’organismo ecclesiale che ha sede a Bruxelles negli ultimi sei anni. Il porporato - riferisce l'agenzia Sir - è stato eletto dai vescovi delegati che fanno parte della Comece in rappresentanza degli episcopati degli Stati membri dell’Ue, al termine dell’Assemblea plenaria che si è conclusa oggi, durante la quale sono stati affrontati molteplici argomenti inerenti l’integrazione comunitaria, la solidarietà tra i popoli europei, l’apertura dell’Europa agli altri continenti. Nato a Geseke il 21 settembre 1953, il cardinale Reinhard Marx è dal 2007 arcivescovo di Monaco e Frisinga. Dal 2009 è diventato vice-presidente della Comece e Benedetto XVI lo ha elevato al rango di cardinale nel concistoro del 20 novembre 2010. Il cardinale Marx, che resterà in carica per tre anni, avrà quattro vicepresidenti (finora erano due): mons. Gianni Ambrosio (vescovo di Piacenza-Bobbio, Italia), mons. Virgil Bercea (vescovo di Oradea Mare, Romania), mons. Piotr Jarecki (vescovo ausiliare di Varsavia, Polonia, confermato nell’incarico) e mons. Jean Kockerols (ausiliare di Bruxelles-Malines, Belgio). (R.P.)
Episcopati europei: politiche più adeguate per famiglia e natalità
◊ Al termine della sessione di lavori terminata dopo tre giorni di confronto, dedicata ai temi demografici e sociali, i 23 vescovi della Commissione degli Espiscopati Europei (Comece) che la compongono, “desiderano riaffermare che l’invecchiamento non deve essere considerato semplicemente come un fardello, ma come una risorsa per la società: gli anziani sono dotati di esperienza umana e professionale che deve essere trasmessa alle generazioni più giovani”. La Commissione degli episcopati europei afferma ancora: “La volontà degli anziani di impegnarsi in attività di volontariato, nei movimenti a carattere civile e in particolare nel lavoro pastorale nelle parrocchie e comunità ecclesiali, è fondamentale per il bene comune delle nostre società”. Ciascuna generazione non può vivere solo per se stessa, ricordano i vescovi, ma deve fare affidamento sulle altre. Dunque “il dialogo e la solidarietà tra generazione più anziana e più giovane è la base dello sviluppo umano delle nostre società”. La Comece afferma inoltre: “Il ruolo chiave della famiglia nella cura degli anziani richiede il sostegno dello Stato e delle altre istituzioni pubbliche. Questo può, per esempio, assumere la forma di permessi retribuiti” per le persone che si dedicano a un anziano. Inoltre si possono prevedere - suggeriscono i vescovi - altri tipi di sostegno. “Il tempo trascorso a casa per impegni di cura familiari dovrebbe essere preso in considerazione per valutare i termini per il pensionamento” e per il valore delle pensioni. In un altro passo delle conclusioni dell'Assemblea, i vescovi della Comece affermano che “tutti gli studi mostrano che gli europei aspirano ad avere più figli di quanti ne abbiano in realtà. Occorre dunque che si sviluppino delle politiche pubbliche per consentire a tali aspirazioni di realizzarsi”. Sempre sui temi della famiglia, dell’invecchiamento attivo, della solidarietà tra le generazioni, la Commissione degli episcopati dell’Ue afferma: “Occorre mettere in atto delle misure appropriate” per favorire la natalità; “ad esempio delle politiche fiscali favorevoli alla famiglia, la creazione di strutture di cura per l’infanzia e altre azioni che favoriscano l’equilibrio tra vita professionale e vita familiare”. (R.P.)
India: in Orissa società civile e tribali manifestano per il rilascio degli ostaggi italiani
◊ Tribali, donne, associazioni della società civile, preti, religiose, hanno manifestato pacificamente oggi in diverse località dell’Orissa per chiedere il rilascio dei due ostaggi italiani, Paolo Bosusco e Francesco Colangelo, in mano ai ribelli maoisti. Come informano fonti locali dell'agenzia Fides, manifestazioni si sono svolte nella capitale Bhubaneshwar e anche nel distretto di Kandhamal, dove è avvenuto il sequestro, con ampia partecipazioni delle comunità tribali. “Questa mobilitazione della società è un buon segno. Nel distretto di Kandhamal si sono uniti anche gli studenti delle scuole. L’appello viene dal basso, dalla popolazione, mentre i negoziati sono in corso”, nota padre Santosh Digal, responsabile delle Comunicazioni sociali dell’arcidiocesi di Cuttack-Bhubaneshwar. Il sacerdote si trova attualmente nel distretto di Kandhamal, inviato dal vescovo per monitorare da vicino la situazione. Sui negoziati padre Santosh dice: “Il dialogo è avviato, e questo è un primo passo importante. Siamo fiduciosi su un esito positivo. Credo che il governo cederà su alcune richieste dei ribelli e questi acconsentiranno al rilascio. E’ la logica del compromesso, che penso si raggiungerà in breve tempo”. Il sacerdote informa che “anche oggi la polizia ci ha contattato per sapere il parere della Chiesa e avere il sostegno informale della comunità cristiana nell’opera di mediazione: siamo considerati importanti soprattutto per il nostro stretto rapporto con le comunità tribali”, rimarca padre Santosh. (R.P.)
New Delhi: Via Crucis per mons. Romero, contro la corruzione in India
◊ Una liturgia speciale e una Via Crucis a New Delhi, in memoria del 32mo anniversario del martirio di mons. Oscar Romero, arcivescovo di San Salvador. Così la Commissione giustizia, pace e sviluppo della Conferenza episcopale indiana e il consolato del Salvador hanno ricordato oggi la morte del prelato, ucciso da un cecchino il 24 marzo 1980 mentre celebrava una messa. Ha celebrare la liturgia mons. Vincent Concessao, arcivescovo di New Delhi, il quale ha sottolineato che "Il ministero profetico di verità e giustizia dell'arcivescovo Romero è fondamentale per la Chiesa indiana". Domani 24 marzo - riferisce l'agenzia AsiaNews - sarà anche la 19ma Giornata di preghiera e digiuno per i missionari martiri. "La corruzione - spiega il prelato - è un male nazionale che sta distruggendo il Paese, producendo ingiustizia, sfruttamento e violazioni dei diritti umani. Per questo, la Chiesa è impegnata a richiamare l'etica e la moralità nella vita pubblica. Mons. Romero si è sempre opposto contro le ingiustizie, al punto di dare la sua vita per la causa. È un grande esempio per ciascuno di noi". Di recente, un caso di ingiustizia ha coinvolto in modo diretto la Chiesa cattolica. Il governo del Tamil Nadu ha bloccato i conti bancari di quattro Ong, accusandole di usare in modo illegale i finanziamenti stranieri per sostenere le proteste contro la costruzione della centrale nucleare di Kudankulam. Tra queste, vi sono anche due Ong diocesane, dirette dall'arcivescovo di Tuticorin Yvon Ambroise. Secondo mons. Concessao, un atto inconcepibile: "Da sempre la Chiesa segue con attenzione e precisione le regole poste dal governo. I fondi stranieri sono diretti in modo esclusivo a programmi per poveri, malati, orfani: bloccare quei conti significa privare queste persone di un sostegno importante. In tutto il Paese le organizzazioni religiose lavorano per alleviare le pene dei bisognosi, aiutando il governo in ciò che esso, in realtà, dovrebbe fare". (R.P.)
In Mali avviati colloqui dopo il golpe
◊ Diversi testimoni riferiscono che in Mali la situazione è più calma dopo il golpe di ieri dei militari. La popolazione – riferisce l’agenzia Fides – preferisce però rimanere in casa. Intanto l’Unione Europea ha chiesto il ritorno ad un governo civile dopo che i golpisti hanno destituito il presidente Amadou Toumani Touré, accusato di incompetenza nella gestione delle operazioni militari nel nord del Paese contro il movimento separatista a maggioranza Tuareg e i gruppi islamisti che vi operano. Sono comunque in corso i colloqui tra i militari, i rappresentanti politici e le autorità religiose per spiegare la situazione e soprattutto per arrivare alla formazione di un governo provvisorio. Già ieri vi sono stati degli incontri con alcuni esponenti politici e la leadership musulmana. Difficile capire gli umori della popolazione; da un lato si comprende la rabbia dei militari ma dall’altro alcuni pensano che sarebbe stato meglio attendere l’esito delle elezioni presidenziali del 29 aprile. (B.C.)
Madagascar: i danni nella diocesi di Moramanga dopo i cicloni Giovanna e Irina
◊ Si è conclusa, ieri 22 marzo, la riunione del Consiglio presbiterale della diocesi di Moramanga, nel corso della quale i parroci degli 8 distretti missionari della diocesi hanno riferito le ultime notizie sui danni causati dal passaggio dei due cicloni, Giovanna e Irina, che hanno di recente devastato il Paese. Anche Benedetto XVI aveva lanciato un appello per il Madagascar all’Angelus di domenica 11 marzo. Mons. Gaetano Di Pierro, vescovo di Moramanga, riferisce all’agenzia Fides che il quadro generale riporta 8 morti, oltre 1000 persone sinistrate, 800 capanne distrutte (la maggioranza della popolazione della foresta abita in capanne, alcune con il tetto in lamiera), 14 scuole distrutte, 42 chiese devastate o molto danneggiate, 3 dispensari della missione danneggiati, l’80% delle colture di vario genere distrutte. “Abbiamo quantificato i danni e questo è il risultato ottenuto” sottolinea il vescovo. “Ci sarebbe bisogno di lamiere per i tetti. Il costo di una lamiera corrisponde a 10 euro: un quarto dello stipendio mensile di un salariato. Sono poi necessari almeno 500 kg di semenze di riso, 200 kg di mais, 200 kg di legumi. Si tratta di cibo sufficiente per tre mesi, almeno fino al prossimo raccolto, per una cinquantina di famiglie – continua il vescovo -. Occorrono inoltre medicinali di prima necessità contro il paludismo e le malattie intestinali.” Mons. Di Pierro conclude ringraziando tutti gli amici che hanno pregato per la gente del Madagascar. (R.P.)
Pakistan: uccise quasi mille donne nel 2011, accusate di “crimini di onore”
◊ Secondo un recente rapporto di una organizzazione per la difesa dei diritti umani, quasi mille donne hanno perso la vita nel 2011 in Pakistan accusate di “crimini di onore”, molto frequenti nel sud dell’Asia. Un totale di 943 donne sono morte a causa di questi reati, per mano delle loro stesse famiglie o dei consigli tribali, che intendevano punirle per aver violato il loro codice. La Commissione dei Diritti Umani del Pakistan (Hrcp) riferisce che 93 delle donne uccise erano minorenni. I delitti d’onore - riferisce l'agenzia Fides - si verificano quando una famiglia pachistana, in genere nelle aree rurali, ritiene che il suo onore sia stato “macchiato” dall’atteggiamento di una donna di casa che avrebbe rifiutato di sposarsi, o che potrebbe essere fuggita con un altro uomo o che cerca di sposare persona non gradita né approvata dalla famiglia. La Hrcp segnala anche che nel 2011 sono stati registrati 4.500 casi di violenza domestica e 701 suicidi femminili, senza specificarne i motivi. Dall’altra parte, un totale di 389 persone hanno perso la vita in attacchi rivolti contro diverse sette islamiche e 16 giornalisti sono morti mentre facevano il loro lavoro. Altri 2.307 cittadini sono rimasti vittima di aggressioni da parte dei terroristi. (R.P.)
Pakistan: espulso dal partito di Bhatti un parlamentare cristiano
◊ Dopo diversi richiami alla fine la decisione del partito, All Pakistan Minorities Alliance (Apma), è stata presa all’unanimità. Il parlamentare del Punjab Pervaiz Rafique è stato espulso dalla formazione politica perché il suo comportamento non sarebbe in linea con i principi ispiratori del movimento fondato da Shahbaz Bhatti, ministro cattolico per le Minoranze assassinato dai fondamentalisti islamici. In una nota affidata all'agenzia AsiaNews, Paul Bhatti - attuale consigliere speciale del premier per l'Armonia nazionale - ha spiegato che la condotta di Rafique è "contraria alle norme e agli ideali dell'alleanza" e "macchia i principi ispiratori del fondatore, il martire Shahbaz Bhatti". Lo scorso 31 gennaio scorso Apma aveva inviato una lettera di richiamo al parlamentare del Punjab, chiedendo una spiegazione formale "entro sette giorni" del suo comportamento ma Rafique non aveva mai risposto e ha continuano i suoi "traffici" macchiando "il buon nome dell'Alleanza" e "ingannando le persone sfruttando il nome di Shahbaz Bhatti e la piattaforma di Apma". (B.C.)
La Chiesa australiana a sostegno delle ricerca sulle cellule staminali adulte
◊ Due ricercatori australiani del Royal Prince Alfred Hospital - il professore John Rasko e la dottoressa Janet Macpherson – hanno ottenuto da parte dell’arcidiocesi di Sidney un sussidio pari a centomila dollari per finanziare un progetto di ricerca sull’uso medico delle cellule staminali adulte, che sono ritenute eticamente accettabili, a differenza dell’uso delle staminali embrionali. A conferire il riconoscimento - scrive l’Osservatore Romano – il cardinale George Pell, arcivescovo di Sydney, che ha affermato che il progetto “potrebbe rivoluzionare il trattamento di tutta una serie di malattie, si tratta di una delle meravigliose strade della ricerca che ci viene aperta dalle cellule staminali adulte, nella speranza della guarigione”. E’ il quinto finanziamento promosso dalla Chiesa cattolica. L’ultimo bando era stato aperto nel 2011. La possibilità di utilizzare il finanziamento è strettamente legata al rispetto di precisi parametri, stabiliti nel “Code of Ethical Standards for Catholic Health and Aged Care Services”. In particolare occorre rispettare la dignità delle persone e avere come obiettivo costante il servizio al bene comune. Nel testo è anche evidenziato che la ricerca medica che coinvolge gli embrioni o i feti vivi può essere svolta solo “in vivo” e quando vi è una certezza morale di non causare danni alla vita o all’integrità dell’embrione o del feto. Per la Chiesa — si osserva dall’arcidiocesi di Sydney — l’uso di embrioni in eccedenza per ricerche scientifiche costituisce un atto orientato alla distruzione della vita, anche se si tratta appunto di embrioni che non hanno possibilità di essere impiantati. La ricerca sulle staminali embrionali, che comporta evidenti problemi di carattere etico non presenta, dal punto di vista dell’applicazione terapeutica, nessun vantaggio dimostrato rispetto a quella sulle staminali adulte, che non suscita gli stessi interrogativi morali. Il cardinale Pell ha inoltre rivolto auguri di successo ai due ricercatori, sottolineando l’innovazione del loro percorso di ricerca. Dal 2003 — spiegano dall’arcidiocesi — sono aumentate in maniera considerevole le domande da parte dei ricercatori australiani per ottenere sovvenzioni a sostegno della ricerca sulle cellule staminali adulte. Questi finanziamenti hanno aiutato diversi team di ricerca a capire la biologia delle cellule staminali adulte e la loro applicazione clinica nelle persone con lesioni del midollo spinale, con disturbi cerebrali, malattie come la schizofrenia, il morbo di Parkinson, malattia del motoneurone, sclerosi multipla e varie forme di cancro. L’obiettivo finale è che la medicina rigenerativa possa utilizzare le cellule staminali del paziente stesso per una terapia a lungo termine.
Slovenia: dichiarazione di cattolici, ortodossi e musulmani in difesa della famiglia
◊ Urne aperte, domenica 25 marzo, in Slovenia per il referendum sul Codice di Famiglia, che mira a legalizzare le unioni tra persone dello stesso sesso, permettendo loro l’adozione di figli. In vista di questo appuntamento, i rappresentanti cattolici, ortodossi e musulmani del Paese hanno siglato una dichiarazione congiunta in cui ribadiscono l’importanza della famiglia basata sul matrimonio e chiedono ai cittadini di tutelarla. Nel documento - a firma dell’arcivescovo metropolita di Lubiana, mons. Anton Stres, dell’esponente della Chiesa ortodossa serba della Provincia metropolitana di Zagabria-Lubiana, Tomo Ćirković, e del mufti della comunità islamica della Repubblica di Slovenia, Nedžad Grabus - si legge che “il matrimonio e la famiglia sono di estrema importanza per lo sviluppo della persona umana e della società”. “Per questo – continua il testo – tutti noi abbiamo l’obbligo di proteggere i valori del matrimonio e della famiglia come una comunità di marito, moglie e figli”. Sottolineando, poi, la necessità di “difendere il diritto di ogni singolo bambino ad un ambiente familiare in cui siano presenti il padre e la madre”, i firmatari della dichiarazione affermano: “Siamo fortemente e profondamente convinti del fatto che la famiglia è la cellula basilare della società, in cui valori come l’amore, la vita, il rispetto reciproco, la solidarietà e l’accoglienza vengono alimentati in modo speciale”. Inoltre, si legge ancora nel testo, “l’ambiente familiare è il terreno più fertile per la trasmissione delle tradizioni religiose e culturali da una generazione all’altra”. Di conseguenza, continuano i tre rappresentati religiosi, “porre le unioni tra persone dello stesso sesso alla pari delle coppie formate da un uomo e una donna quando si tratta di adottare un bambino, è davvero ingiustificato, poiché l’unione tra persone dello stesso sesso non sarà mai in grado di fornire i ruoli essenziali e non intercambiabili del padre e della madre, che sono cruciali per lo sviluppo armonioso e sano dei figli”. Di qui, l’esortazione che cattolici, ortodossi e musulmani fanno “a tutti i cittadini e alle organizzazioni civili affinché prendano posizione in favore della difesa e la tutela dei valori della famiglia e per l’adozione di una legislazione appropriata che protegga la vita familiare e i diritti fondamentali dei bambini”. “L’enfasi inclusiva sui diritti individuali a scapito delle relazioni sociali istituzionalizzate – sottolinea la dichiarazione congiunta – a lungo andare può mandare in rovina qualsiasi civiltà”. Inoltre, i tre esponenti religiosi ribadiscono che “la vita familiare è la pietra angolare di ogni società e Stato e ciò significa che lo Stato deve essere a servizio della famiglia e non il contrario”. Le ultime righe della dichiarazione riportano, infine, un ringraziamento particolare a “tutti i cittadini e le istituzioni che operano per conto delle famiglie, per il loro sforzo nobile e disinteressato”. (A cura di Isabella Piro)
Belgio: domenica la terza Marcia per la vita
◊ In Belgio, già sotto choc per la morte di 22 bambini nell’incidente stradale avvenuto lo scorso 13 marzo in Svizzera, domenica si svolgerà la terza Marcia per la Vita. Ad organizzarla – riferisce l'agenzia Zenit - l’associazione “Giovani per la vita” che ha dato appuntamento alle 14 a Bruxelles. Ogni anno, secondo i dati dell’associazione, circa 20mila bambini sono vittime dell’aborto nel Paese, vale a dire più di 50 al giorno. Un numero che con il passare degli anni è andato crescendo anche per la depenalizzazione dell’interruzione di gravidanza, 22 anni fa. Intento dell’iniziativa è di far luce sul trauma che la donna subisce. “Ciascuna donna – si legge nel comunicato dell’organizzazione – ha diritto ad un’informazione corretta sulle conseguenze fisiche e psico-affettive dell’aborto”. “Le autorità e le istituzioni dovrebbero invece investire di più nell’aiuto alle donne incinte e promuovere l’adozione – conclude il testo - come soluzione alternativa all’aborto perché uccidere non è mai una soluzione”. (B.C.)
Spagna: non ci sarà la "processione atea" il Giovedì Santo a Madrid
◊ Ha avuto esito positivo la “battaglia” portata avanti da MasLibres.org per impedire una processione atea il Giovedì Santo a Madrid, in difesa del diritto dei credenti a esigere rispetto per la loro fede e i loro simboli religiosi. Infatti, dopo la consegna alla delegata del governo di Madrid, Cristina Cifuentes, di 31.000 firme di cittadini che chiedevano la proibizione della processione atea convocata per il prossimo Giovedì Santo, la delegazione del governo di Madrid ha reso nota la sua decisione di impedire il corteo. Tra i motivi addotti - riferisce l'agenzia Sir - la delegazione ha evidenziato che questa manifestazione atea aveva “un’evidente volontà di provocazione” contro i cattolici. Adesso MasLibres.org annuncia di “voler continuare a vigilare affinché i provocatori, che hanno convocato questa manifestazione offensiva pubblica, non ottengano il permesso di farla in un’altra data, come è successo lo scorso anno, quando la processione atea fu vietata il Giovedì Santo, ma fatta a maggio”. Il video registrato e diffuso da MasLibres.org sulla marcia degli atei dello scorso anno dimostra, infatti, il carattere provocatorio e insultante di queste iniziative. (R.P.)
Spagna: al via il "Cammino ignaziano"
◊ Un nuovo itinerario di pellegrinaggio religioso é stato presentato alla opinione pubblica nelle cittá di Barcellona (Catalogna) e San Sebastian (Paesi Baschi) in Spagna. Il progetto che conta ormai sulla esperienza di numerosi pellegrini, porta il nome di “Cammino ignaziano”. Il percorso, lungo 650 kilometri, segue le orme di Sant’ Ignazio di Loyola che dopo la sua conversione alla santitá nella sua casa di Loyola nei Paesi Baschi é partito come pellegrino a piedi verso la Catalogna con l’intenzione di arrivare come ultima tappa in TerraSanta. Il “Camino ignaziano” intende rivivere il proceso di trasformazione spirituale vissuto da Sant’Ignazio nel 1522. Lungo il percorso sono di notevole interesse alcune tra le sue 27 tappe del Cammino attraverso i Paesi Baschi, la Navarra, la Rioja, Aragon e Catalunya. Inizia a Loyola e si conclude a Montserrat-Manresa. Oltre al significato religioso l’itinerario permette anche conoscere importanti monumenti religiosi e civili, cittá storiche, paesaggi naturali molto diversi, e lo stile di vita di alcune regioni caratterizzate dall’artigianato, la gastronomía, e la produzione agrícola. Nell’atto di presentazione del "Cammino ignaziano", uno dei suoi promotori il professore statunitense Chris Lowney, di rinomata fama internazionale nell’ambito del mondo imprenditoriale, ha dichiarato: “Se il Cammino di Ignazio ha cambiato la sua vita, lo stesso puó accaderé oggi con gli uomini e le donne del XXI secolo”. Questo progetto che comincia a fare i primi passi guarda verso l’ anno 2022 come un traguardo importante tenendo conto che in quell’ anno si celebrerá il quinto centenario dell’arrivo di Sant’Ignazio a Manresa. Per chi volesse un'informazione piú ampia é stato aperto il sito: 'www.caminoignaciano.org'. (Dalla Spagna, padre Ignazio Arregui)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 83