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Sommario del 19/03/2012
La Chiesa festeggia San Giuseppe. Il Papa: rinunciò al suo progetto per servire quello di Dio
◊ La Chiesa è oggi in festa per il Santo per eccellenza, Giuseppe, il padre putativo di Gesù. Innumerevoli sono i messaggi d’auguri di personaggi pubblici, come di semplici fedeli, giunti in queste ore a Benedetto XVI per il suo onomastico. Ma quale valore ha la figura di un Santo la cui discrezione e la cui umiltà appaiono quasi una provocazione per l’epoca attuale, tutta protesa alla massima visibilità garantita dalle reti sociali? Alessandro De Carolis offre una risposta attraverso il Magistero dedicato dal Papa allo sposo di Maria:
Amare la propria famiglia senza dire cose memorabili. Fare del bene ai propri amici senza farsi pubblicità. In una parola: esserci sempre senza apparire mai. Visto dall’esterno, decisamente un uomo “sbagliato”, San Giuseppe, per l’era dell’homo ipermediaticus. Un anti-personaggio, uno fuori dalla “rete” – quella per cui si "è" se si è “amici di” e “condivisi su” – e dunque uno che non conta. Visto dall’interno, il profilo “invisibile” di San Giuseppe è invece all’origine di un network fittissimo, che vanta ininterrottamente “amici” da duemila anni, che si aggiungono solo e non si cancellano: ovvero le migliaia di istituti, associazioni, gruppi che a lui – il Santo schivo, l’artigiano dell'umiltà – hanno voluto intitolare e affidare la propria opera. Lui fu il compagno fedele e amorevole della sua sposa – quello che ogni sposa vorrebbe accanto. Lui fu il padre affettuoso di un ragazzo figlio di una Paternità tanto più grande da poter essere servita con gioia, invece che subita con malanimo. Un aspetto sottolineato due anni fa da Benedetto XVI:
“Sant’Ambrogio commenta che ‘in Giuseppe ci fu l’amabilità e la figura del giusto, per rendere più degna la sua qualità di testimone’ (...) Pur avendo provato turbamento, Giuseppe agisce ‘come gli aveva ordinato l’angelo del Signore’, certo di compiere la cosa giusta”. (Angelus, 19 dicembre 2010)
Giuseppe di Nazaret è l’uomo che ha educato e cresciuto Dio. È l’esempio che il Dio incarnato ha avuto davanti per anni per capire cosa volesse dire essere un uomo, che usa per il bene il talento dell’intelligenza e rafforza ogni giorno il dono della fede:
“Così, nel ritmo delle giornate trascorse a Nazaret, tra la semplice casa e il laboratorio di Giuseppe, Gesù ha imparato ad alternare preghiera e lavoro, e ad offrire a Dio anche la fatica per guadagnare il pane necessario alla famiglia”. (Udienza generale, 28 dicembre 2010)
Ecco perché, commentò un paio d’anni fa il Papa, è nel silenzio pieno di azione e anima di San Giuseppe che si coglie da sempre un profilo dalla modernità inarrivabile. In lui, affermò…
“…si profila l’uomo nuovo, che guarda con fiducia e coraggio al futuro, non segue il proprio progetto, ma si affida totalmente all’infinita misericordia di Colui che avvera le profezie e apre il tempo della salvezza”. (Angelus, 19 dicembre 2010)
Ieri all’Angelus, come in altre occasioni, Benedetto XVI ha ringraziato in anticipo chi oggi vorrà dedicargli una preghiera nel giorno dell’onomastico. Da parte sua, il Papa non ha mai smesso di cercare la sua protezione. La protezione umile di un operaio per l’“umile operaio” che da sette anni regge la Vigna del Signore, come ha ripeté spontaneamente un anno fa al termine degli esercizi spirituali della Quaresima:
“Ci affidiamo, in questo momento, alla sua custodia; preghiamo perché ci aiuti nel nostro umile servizio; andiamo avanti con coraggio sotto questa protezione. (19 marzo 2011, discorso in chiusura degli Esercizi spirituali)
Scambio di auguri tra il Papa e il premier italiano Mario Monti
◊ Benedetto XVI e il presidente del Consiglio dei ministri italiano, Mario Monti, hanno avuto oggi una conversazione telefonica molto cordiale. E’ quanto riferisce la Sala Stampa vaticana. Nel corso del colloquio, il prof. Monti ha rivolto il proprio augurio personale al Santo Padre, in occasione del suo onomastico. Dal canto suo, Benedetto XVI ha rivolto al prof. Monti espressioni augurali, in occasione del 69.mo compleanno del presidente del Consiglio.
Onomastico del Papa. Padre Lombardi: Benedetto XVI si ispira a San Giuseppe, uomo giusto e umile
◊ Al coro di auguri e di affetto all'inidirizzo del Papa si unisce certamente anche la voce dei media della Santa Sede. A esprimerli a nome di tutti i membri della Radio Vaticana, del Centro Televisivo Vaticano e della Sala Stampa della Santa Sede è questo pensiero di padre Federico Lombardi:
San Giuseppe governava la sua famiglia “come colui che serve”. Egli ci insegna che si può amare senza possedere e ci svela il segreto di vivere alla presenza del mistero. In lui non c’è separazione fra fede e azione, perché la sua fede orienta in maniera decisiva le sue azioni. E’ un “uomo giusto” perché la sua esistenza è sempre “aggiustata” sulla parola di Dio. Così il Papa ci parlava del suo Patrono qualche tempo fa, in una bellissima omelia da cui traspariva la sua devozione e il suo ispirarsi a questo umile e sublime modello (18 marzo 2009, Vespri a Yaoundé). In questo stesso spirito gli auguriamo tutti di cuore una festa onomastica serena e corroborante, in vista dei prossimi impegni di fede e di servizio. Tanti auguri, Santo Padre!
Una Guida per racchiudere l’immenso patrimonio della Biblioteca Apostolica Vaticana
◊ L'immenso patrimonio culturale della Biblioteca Apostolica Vaticana è ora raccolto in un solo libro. E' stata appena pubblicata, infatti, la Guida ai fondi manoscritti, numismatici e a stampa della Biblioteca, due tomi di Francesco D'Aiuto e Paolo Vian, costati dodici anni di lavoro, che prendono per mano il lettore guidandolo alla scoperta dei 250 fondi della Biblioteca e della loro storia. L'opera, quasi unica nel suo genere e molto attesa dai ricercatori, conferma la vocazione umanistica della Biblioteca dei Papi, un'istituzione di conservazione e studio che vuole essere "veramente cattolica", cioè universale, aperta "alla ricerca e al travaglio dell'uomo". Dunque un luogo che - smentendo triti luoghi comuni - non cela misteri, né segreti, ma è anzi aperto a ogni conoscenza che può migliorare l'umanità. Fabio Colagrande ne ha parlato con il prefetto della Biblioteca, mons. Cesare Pasini:
R. – Direi, un condurre per mano chi si accosta a questo ben di Dio che è conservato nella Biblioteca Apostolica Vaticana, affinché possa arrivare a conoscere gli elementi importanti di quel volume o di quella raccolta che lui vuole studiare, vuole affrontare, vuole prendere in mano … Bisogna condurre per mano, affinché nel grande ambito – come in una grande città – non si disperda fra una via e l’altra; dare un po’ il percorso che ti consente di arrivare là, dirti di ogni gruppo di volumi o delle medaglie che ci sono, o delle monete o degli altri materiali, dirti le indicazioni fondamentali grazie alle quali tu poi tu parti con la tua ricerca.
D. – Sicuramente, un’opera che conferma la vocazione umanistica della Biblioteca Apostolica Vaticana …
R. - … che è una vocazione di aprire questi beni. Spesso noi diciamo: “Conserviamo questi beni dell’umanità per l’umanità”. Ma come aprirli, se non si danno gli strumenti, così che ci si possa accostare in maniera corretta? Ecco: siamo in questa tradizione, in questa missione. E’ bello aiutare le persone a conoscere. Anzitutto, in prima battuta, devo aiutare il ricercatore. Può essere un ricercatore abituale della Biblioteca, e allora molte strumentazioni se le sarà già fatte durante gli anni; ma se mi affaccio per la prima volta, ho proprio bisogno di questi strumenti. Nessuno ha voglia mai di tenere chiuse le conoscenza su ciò che una biblioteca conserva: sarebbe contraddittorio allo spirito stesso della biblioteca …
D. – Anche perché Papa Niccolò V, nel 1451, aprì la Biblioteca Vaticana – come disse lui – “alla comune utilità degli uomini di scienza” …
R. – Certo. E poi, questa espressione che in quell’epoca significava un primo passo – fondamentale, grandioso, ma un primo passo – a mano a mano si è aggiornata con i tempi ed è diventata una disponibilità sempre più ampia, sia come disponibilità di orari all’ingresso in Biblioteca, sia come afflusso da tutte le parti del mondo, sia come strumentazioni preparate per facilitare le ricerche. Quest’ultimo strumento, quello della guida, direi che è quello che completa il servizio di aiuto e di apertura che la Biblioteca vuol dare. (gf)
Tolosa: killer uccide insegnante e tre bambine in scuola ebraica. Santa Sede: atto orribile
◊ Orrore in Francia per l’attentato contro la scuola ebraica di Tolosa che questa mattina ha provocato la morte di un insegnante e tre bambine. Il presidente Nicolas Sarkozy ha annullato tutti gli impegni di campagna elettorale per accorrere sul posto. In un messaggio di cordoglio, il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, definisce l’accaduto “un atto orribile e ignominioso”, che suscita “profonda indignazione e sconcerto e la più risoluta condanna ed esecrazione, anche per l’età e l’innocenza delle piccole vittime e perché avvenuto presso una pacifica istituzione educativa ebraica”. Padre Lombardi conclude unendosi alla solidarietà espressa dall’arcivescovo di Tolosa: alle famiglie delle vittime e alle comunità ebraiche, scrive, esprimiamo “la nostra più viva partecipazione, la nostra preoccupazione per questo fatto orribile, e la nostra solidarietà spirituale più profonda". La cronaca del dramma nel servizio di Stefano Leszczynski:
La Francia sotto choc per l’attentato avvenuto intorno alle otto di questa mattina davanti alla scuola ebraica di Tolosa, dove un killer con il casco, su uno scooter nero, ha aperto il fuoco sui bambini fermi davanti all’istituto. Il bilancio è di quattro morti: un insegnante di religione di 30 anni e le sue due figlie di 3 e 6 anni, oltre a un’altra bambina di 8. Un altro studente è invece rimasto ferito. I sospetti puntano sul killer che la settimana scorsa ha compiuto sempre a Tolosa due agguati contro militari in libera uscita, con un bilancio totale di tre morti e un ferito. Anche le armi utilizzate – due pistole semiautomatiche – sembrerebbero le stesse. Drammatico il resoconto fatto dal procuratore Michel Valet, secondo il quale il killer avrebbe inseguito alcuni bambini anche all'interno della scuola. Dopo l’attentato – e di fronte alle preoccupazioni della comunità ebraica – è stato dato ordine immediato di rafforzare le misure di sicurezza davanti alle scuole israelitiche di tutto il Paese.
Intanto, a Tolosa è giunto il presidente Sarkozy, accompagnato dal ministro dell’Interno, Gueant. Per domani è stato proclamato un minuto di silenzio a livello nazionale per commemorare le vittime. Gli investigatori ignorano per il momento gli obiettivi e il movente del killer, mentre il ministro della Difesa, Longuet, ha parlato del gesto di un folle. Preoccupazione per l’accaduto è stata espressa anche dal ministro degli Esteri israeliano, che si è detto inorridito dall’attacco contro la scuola ebraica di Tolosa. Le più profonde condoglianze sono state espresse anche dal presidente della Commissione europea, Barroso, che ha detto: “Nulla è più intollerabile che l'assassinio di bambini innocenti''.
Delegazione Onu per la seconda volta in Siria, scontri a Damasco
◊ Tre rivoltosi e un membro delle forze di sicurezza siriane morti. E’ il bilancio, secondo la Tv di Stato, della repressione che da questa notte coinvolge il quartiere Mazzeh, a Damasco, città dove ieri si sono verificati due attentati con 27 morti. Secondo gli attivisti, oggi, sono state usate mitragliatrici pesanti e granate a razzo. Scontri sarebbero in corso anche a Daraha ed Homs e il regime starebbe continuando a blindare le frontiere con le mine, per impedire l’entrata delle armi e l’uscita dei profughi. Tutto mentre, per la seconda volta, una delegazione Onu-Lega araba è in Siria per valutare la situazione sul fronte umanitario a e capire come districare una matassa che da un anno ha lasciato sul terreno almeno 8 mila morti. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Paolo Magri, direttore dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale:
R. – La novità è che questi scontri avvengono nel centro di Damasco, ma non solo: in uno dei quartieri più controllati perché vi hanno sede edifici della sicurezza. Quindi, questo è un ulteriore elemento che sottolinea l’escalation. Il vero punto, direi, è che non si intravede una soluzione ad oggi a questa crisi. L’intervento esterno armato è bloccato dal veto Onu, ma dietro a questo veto Onu si nasconde la freddezza, da parte di tutte le principali potenze, ad entrare in modo armato in una vicenda come quella siriana, di cui non si sa quali possano essere le conseguenze, sia perché l’esercito siriano è forte, sia perché non è chiaro quello che succederà dopo.
D. – La Siria starebbe mettendo mine antiuomo lungo i confini; secondo gli attivisti si stanno usando anche gas letali. In questo scenario si parla della necessità di costituire dei corridoi umanitari …
R. – Un corridoio umanitario concordato con altri non verrà mai accettato dal regime siriano, perché significherebbe consentire un’intromissione legalizzata dall’esterno. Quindi, un corridoio umanitario non autorizzato dal regime siriano, per contro, significa un intervento armato: bisogna essere pronti a difendere dei corridoi con la forza, e questo significa essere pronti allo scontro. E qui, di nuovo, ci si ritrova di fronte alle difficoltà che si pongono le principali potenze, inclusa la Turchia, a coinvolgersi in modo più esplicito e diretto.
D. – Dopo la tentata mediazione, dopo l’incontro tra Kofi Annan – lo ricordiamo, l’inviato per Onu e Lega Araba – con Assad, oggi è in Siria per la seconda volta una delegazione Onu per cercare di dipanare questa matassa. Secondo lei, ci sono margini di manovra?
R. – I margini sono molto limitati e Kofi Annan parte già con un difetto di fondo: quello di essere rappresentante della Lega Araba, una Lega Araba che ha voluto fortemente e che vuole fortemente un cambio di regime. Quindi, è una corsa ad ostacoli quella che affronta Kofi Annan nel negoziato.
D. – Sul fronte di Mosca lavora la Croce Rossa: questa è una strada che porterà frutti?
R. – Il presidente della Croce Rossa internazionale è a Mosca ad incontrare il ministro degli Esteri, Lavrov, cercando di stimolare ulteriori pressioni russe. La Russia attualmente non è molto soddisfatta della lentezza con cui Assad sta reagendo alle richieste esterne, e quindi questa mediazione della Croce Rossa su Lavrov potrebbe portare a qualche risultato positivo.
D. – Guardando quello che sta succedendo, secondo le vostre analisi quali sono gli scenari?
R. – Il punto essenziale – e torniamo alla questione di partenza – è se Assad è disposto a concedere qualcosa o se – l’altro scenario, quello più probabile – si andrà lentamente verso un intervento armato, sottotraccia, dei ribelli; ma noi abbiamo esperienza passata che armare ribelli per cambiare un regime, ci può portare a situazioni non gradite, successivamente. Pensiamo a quello è stato fatto con i talebani in Afghanistan e alle conseguenze che stiamo vivendo ancora. (gf)
◊ Le autorità dello Stato indiano dell’Orissa stanno intensificando i loro sforzi per garantire la liberazione dei due italiani, Paolo Bosusco e Claudio Colangelo, rapiti dai ribelli maoisti che li accusano di aver scattato foto indecorose alle donne di un villaggio, mentre facevano il bagno in un fiume. Lo riferisce la stampa locale, dopo che ieri sera è scaduto l'ultimatum posto dai sequestratori, guidati dal leader Sabyasachi Panda. Nelle scorse ore il governo di Bhubaneswar si era detto disponibile, “nell'ambito della legge”, al dialogo coi rapitori e - secondo i media - avrebbe chiesto a New Delhi la sospensione delle attività militari anti-guerriglia. Ma i maoisti hanno posto sul tavolo un pacchetto di 13 richieste - comunicate in queste ore al governo locale - per giungere al rilascio di Bosusco e Colangelo, fra cui la liberazione di tre leader del Partito comunista. L’agenzia AsiaNews riporta che i vescovi dell'Orissa, attraverso mons. John Barwa, arcivescovo di Cuttack-Bhubaneshwar e presidente della Conferenza episcopale cattolica dell'Orissa, hanno chiesto il “rilascio immediato” e “senza violenza” dei due italiani. Per un quadro delle azioni dei maoisti in India, ascoltiamo Stefano Caldirola, docente di Storia contemporanea dell’Asia all’Università degli studi di Bergamo, intervistato da Giada Aquilino:
R. - La guerriglia maoista in India è attiva dalla fine degli anni Sessanta - inizio anni Settanta. I maoisti in India vengono conosciuti anche con il nome di “Naxalite”, dal distretto di Naxalbari, nel Bengala settentrionale, in cui alla fine degli anni Sessanta iniziò una prima rivolta ideologicamente orientata al maoismo, una rivolta contadina. La guerriglia poi ha proseguito nel corso degli anni, spostandosi in diverse aree del Paese, soprattutto in quello che viene definito “corridoio rosso”, che parte dal Bihar e arriva fino a sud, all’Andhra Pradesh, attraversando una zona dell’India centro-orientale particolarmente povera e remota. Abbiamo assistito negli ultimi decenni ad una guerriglia ininterrotta, anche se veniva considerata dallo Stato indiano - almeno fino ad alcuni anni fa - una sorta di guerriglia a bassa intensità. Nell’ultimo decennio in particolare, abbiamo visto una recrudescenza degli episodi da un lato di guerriglia contro le forze di polizia e contro le forze governative e dall’altro un tentativo da parte dei governi locali e di quello centrale di reprimere duramente questa rivolta.
D. - Per quale motivo il leader dei maoisti dell’Orissa, Sabyasachi Panda, porta avanti la lotta armata? Tra l’altro è contestato anche sul fronte interno...
R. - I gruppi maoisti indiani sono sempre stati divisi all’interno in diverse correnti, in diversi movimenti. Panda è considerato un leader moderato all’interno dello schieramento guerrigliero; è contestato in alcuni casi perché considerato fautore di una linea troppo morbida. Si tratta di una guerriglia, quella dell’Orissa, che reclama innanzi tutto una maggiore dignità per le popolazioni rurali e le popolazioni tribali all’interno dello Stato. Questa guerriglia ha avuto un notevole successo nel reclutare nuovi adepti proprio tra le popolazioni tribali, in seguito ad una serie di acquisizioni di territorio da parte delle compagnie minerarie - alcune delle quali straniere - che ha creato un fortissimo malcontento nell’area. Occorre considerare che molti intellettuali indiani, ad esempio pur non appoggiando in modo aperto i maoisti, si sono espressi con parole molto dure nei confronti di quello che il governo sta facendo in particolare alle popolazioni tribali dell’Orissa, del Chhattisgarh, del Jharkhand, in cui vi sono vasti giacimenti minerari. E queste parole di intellettuali indiani - penso soprattutto a Arundhati Roy - secondo alcuni hanno suonato come una sorta di giustificazione delle attività della guerriglia maoista.
D. - Il leader guerrigliero Panda - come lei ha anticipato - è visto come un moderato da alcuni: eppure recentemente è stato accusato di stupri, torture, atrocità…
R. - Il termine moderato è utilizzato come linea politica, non tanto come riferimento ad attività che sono pur sempre considerate illegali dal governo. Per quanto riguarda le accuse, siamo in una situazione di guerra che va avanti da diversi anni. È chiaro che in passato i guerrieri maoisti si sono resi responsabili di violenze, anche nei confronti della popolazione civile. Pure le forze governative hanno fatto altrettanto. Inoltre c’è una propaganda da entrambe la parti che tende a ingigantire quelle che sono le cosiddette “atrocità” portate avanti dallo schieramento opposto. Poi è anche vero che le truppe paramilitari della regione si sono macchiate di reati simili. Purtroppo è una situazione di guerra con pochi media indipendenti in grado di verificare, di controllare e, indubbiamente, gli eccessi sono all’ordine del giorno da una parte e dall’altra.D. - I maoisti come continuano a finanziarsi?
R. - Questo è uno dei grandi misteri, secondo alcuni osservatori. Principalmente i maoisti si autofinanziano: innanzi tutto le armi che utilizzano sono spesso frutto di attacchi e assalti a stazioni di polizia. Hanno una notevole capacità di nascondersi all’interno delle foreste e sicuramente godono di un certo appoggio da parte delle popolazioni locali. Vivono di “imposte rivoluzionarie” fatte valere su alcuni villaggi, tramite le quali riescono a finanziare una guerriglia che però non è una guerriglia particolarmente sofisticata dal punto di vista militare e dal punto di vista degli armamenti, per cui non richiede neanche delle somme ingenti per sostenersi.
D. - E lo strumento dei rapimenti?
R. - Lo strumento dei rapimenti è nuovo per quanto riguarda gli stranieri. I rapimenti finora erano stati organizzati in particolare per ufficiali di polizia indiani. Però per quanto riguarda gli stranieri, questa è una novità assoluta nell’intera Asia meridionale perché la guerriglia maoista non è attiva solo in India: era attiva fino ad alcuni anni fa in Nepal, mentre oggi i maoisti fanno parte del nuovo corso nepalese. Però anche in quei casi non vi erano mai stati rapimenti di turisti. Questa è un’escalation, una novità. (bi)
Immigrati, Boldrini: a Lampedusa serve un nuovo centro di primo soccorso
◊ Dopo l’ennesima tragedia in mare che sabato scorso è costata la vita a cinque immigrati, trovati morti su un gommone partito dalla Libia e diretto a Lampedusa, si continuano a perlustrare le acque nel Canale di Sicilia. Al momento non si registrano altri avvistamenti, ma l’attenzione resta alta. Sull’emergenza sbarchi, Cristina Bianconi ha intervistato Laura Boldrini, portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati:
R. – E’ fisiologico che con la buona stagione ci sia un aumento degli sbarchi, ma la cosa che preoccupa è che ci siano state delle persone che sono morte. Quindi è importante che le autorità provvedano quanto prima a rendere disponibile un centro di prima accoglienza e di transito, un luogo di primo soccorso. E’ chiaro che Lampedusa ha per vocazione una natura di primo soccorso, ma ogni volta che ci sono stati dei problemi è bene ricordarlo - come l’incendio lo scorso settembre o anche l’altro incendio nel 2010 - è perché quel centro è stato trasformato in un centro di trattenimento, contrariamente, invece, a come era stato concepito: cioè un centro di prima accoglienza e di transito.
D. – Cosa è cambiato a Lampedusa dall’inizio dell’emergenza?
R. – C’è un’ordinanza che la dichiara “porto non sicuro”. Il centro di prima accoglienza non è più agibile e questo rende il lavoro di chi soccorre in mare molto più complicato, perché impone sette-otto ore di navigazione per arrivare a Porto Empedocle, il che significa lasciare sguarnito il mare intorno a Lampedusa. Quindi, nell’eventualità di nuovi soccorsi, si rischia poi di non poter intervenire. Allora è importante che questo provvedimento venga riconsiderato, così come è necessario che sia o ristrutturato il centro andato a fuoco, o trovata un’altra soluzione che possa sopperire al bisogno di accoglienza. (gf)
Cresce la discriminazione anticristiana in Europa
◊ Si registrano sempre più casi di cristianofobia in Europa, ma allo stesso tempo c’è un crescente interessamento dei media: è quanto emerge dal Rapporto 2011 dell’Osservatorio sull’intolleranza e la discriminazione contro i cristiani in Europa, pubblicato oggi sul sito dell’organizzazione. “I vescovi d’Europa ricordano che la libertà religiosa è un bene prezioso che va custodito, così da continuare a essere un pilastro della pace nel nostro Continente”, dichiara mons. Andras Veres, vescovo di Szombathely (Ungheria), e incaricato di seguire le attività dell’organismo per conto della Ccee, il Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa. Dal Rapporto emerge fra l’altro che il 74% di quanti hanno risposto ad un sondaggio nel Regno Unito ritiene che ci siano più discriminazioni verso i cristiani che verso persone di altre religioni. Perché questo? Debora Donnini lo ha chiesto a padre Duarte da Cuhna, segretario generale della Ccee:
R. – Il motivo credo che comprenderlo sia una sfida per tutti noi. Ci sono fenomeni storici, però sembra che oggi la maggior parte degli attacchi contro i cristiani venga dalla difficoltà che alcuni gruppi, alcuni lobbisti, hanno nell’accettare sia la presenza della Chiesa sia il fatto che essa difenda pubblicamente alcuni valori che le stanno particolarmente a cuore come la famiglia, il matrimonio, la difesa della vita e quindi anche la presenza della tradizione cristiana nell’arte e nella cultura europea.
D. – Nel Rapporto, ad esempio, si parla del caso di una farmacia in Germania le cui finestre sono state mandate in frantumi perché il padrone non vendeva la cosiddetta “pillola del giorno dopo”. Quante violazioni alla libertà di coscienza ci sono in Europa?
R. – Noi non sappiamo quante. Questo Rapporto inizia proprio affermando che questo fenomeno è generale e non c’è un numero esatto su quante violazioni siano state perpetrate. C'è una serie di casi che dimostra come la situazione sia molto più diffusa di quanto si possa pensare. Ci sono altri casi come questo. Ad esempio, la distruzione delle immagini della Madonna o di Gesù nel Crocifisso: sono casi in cui si vede che c’è una mentalità che non sembra preoccuparsi di offendere il cristianesimo. La nostra preoccupazione non quella di fare guerra contro chi discrimina o mostra intolleranza verso i cristiani, quanto piuttosto promuovere un dialogo perché tutti i diritti di tutti vengano rispettati.
D. - Nel Rapporto si parla anche di emarginazione dei cristiani dalla vita sociale e pubblica…
R. – Ci sono stati alcuni casi: ad esempio, una professoressa è stato licenziata perché ha mostrato un filmato sull’aborto e questo dimostra che non si tratta di discriminazioni solo verso il fatto di essere cristiani, ma nei riguardi di valori collegati alla fede cristiana. Non sono mai casi così eclatanti come lo è stato – ad esempio – il caso di Buttiglione qualche anno fa, in cui per il fatto stesso di avere assunto una posizione chiara sul matrimonio non è stato accettato come commissario nella Commissione europea. Ci sono però, a volte, casi di rilievo minore, ai quali vale la pena fare comunque attenzione perché la loro moltiplicazione dimostra l’estensione del fenomeno.
D. – Non si rischia, a volte, di far passare per omofobia l’insegnamento della Chiesa cattolica sul matrimonio e sull’amore?
R. – Se consideriamo che la Chiesa difende il matrimonio tra un uomo e una donna come un bene non esclusivo per i cristiani, ma un bene pubblico, immagino sia chiaro che la Chiesa abbia il diritto di affermarlo pubblicamente e di difenderlo. E le istituzioni della Chiesa nel loro ambiente hanno il diritto di fare in modo che questo sia molto chiaro. La Chiesa non attacca, rispetta e non vuole discriminare nessuno, ma in questo senso lotta perché la verità sul matrimonio e sulla famiglia sia riconosciuta come un bene universale. L’accusa di omofobia si rivela spesso quando la Chiesa difende una verità che riguarda la persona umana e la sua sessualità e la Chiesa sa che spesso queste accuse sono ingiuste ma non può tacere. Non è una buona argomentazione se nel corso di un dialogo o di una discussione, quando una persona difende una posizione – come la Chiesa difende il matrimonio – questa viene subito accusata di omofobia, quasi come se si volesse concludere il discorso con un’accusa. Ma il dialogo significa accettare anche che la Chiesa dica il suo pensiero, basato su fondamenti del quale non solo la Chiesa ma anche molte altre culture e religioni si trovano d’accordo.
D. – C’è poi la questione degli insulti e dell’insegnamento nelle scuole di principi che, a volte, possono essere diversi da quelli dei genitori…
R. – Ci sono casi che riguardano la violazione dei diritti dei genitori all’educazione dei figli: ci sono stati casi molto evidenti in Spagna – ma in queste ultime settimane è stata cambiata la legge – di genitori che avevano chiesto che i figli non frequentassero una classe in cui si insegnavano cose che non rispecchiavano i loro valori riguardo alla vita, al matrimonio e alla famiglia. Questa è stata una vittoria molto recente, perché per tutto il 2011 è stata una battaglia dura…
D. – In senso positivo, poi, c’è stata la sentenza della Corte di Strasburgo sulla questione del Crocifisso nelle aule scolastiche, che era stata sollevata da una donna, in Italia…
R. – Sì. E’ un fatto che la religione acquisti un sempre maggiore riconoscimento, nell’ambito del Consiglio d’Europa e nella Corte europea dei diritti dell’uomo, come fattore di coesione sociale importantissimo e da valorizzare. L’Osservatorio, insieme al lavoro che il Ccee, i vescovi europei in generale, o la Comece stanno svolgendo per mettere in rilievo questi casi, non ha altro scopo che cercare positivamente la promozione della libertà religiosa. E vediamo che ci sono persone che comprendono la nostra sensibilità e che cresce la coscienza sociale. (gf)
Messa di suffragio per Marco Biagi, ucciso dieci anni fa dalle Brigate Rosse
◊ Sono passati dieci anni dal brutale assassinio a Bologna del giuslavorista, Marco Biagi, ucciso la sera del 19 marzo del 2002, a pochi passi dal portone di casa, da un commando delle “Nuove Brigate Rosse”. Durante la Messa di suffragio celebrata stamattina a Modena, l’arcivescovo della città, mons. Antonio Lanfranchi, ha ricordato il prof. Biagi definendolo “un testimone della fede” e un laico che ha perseguito “il senso della giustizia come strumento del bene comune”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Con il suo lavoro – ha detto l’arcivescovo di Modena – il prof. Marco Biagi “ha difeso le fasce più deboli". “Ancora oggi – ha affermato il presidente del Senato, Renato Schifani – il suo contributo alle riforme del mondo del lavoro rimane fondamentale per il nostro sistema produttivo”. L'opinione di Carlo Costalli, presidente del Movimento Cristiano lavoratori:
“A distanza di dieci anni, il contributo e la proposta di Biagi sono ancora più attuali. E’ chiaro che dobbiamo chiudere con delle relazioni industriali antagoniste. Bisogna chiudere con posizioni conservatrici, anche per molta parte del sindacato, e deve essere visto il tema del lavoro in una prospettiva diversa, che è quella della globalizzazione”.
Come trovare oggi quell’equilibrio, auspicato dal prof. Biagi, tra le esigenze della competitività e la tutela dei diritti dei lavoratori?
“La tutela va fatta al lavoratore, non tanto al posto di lavoro, perché ormai il posto di lavoro sicuro non esiste più. Quindi, bisogna garantire tante opportunità di lavoro, essere flessibili anche nei momenti di difficoltà, essere garantiti attraverso forme di ammortizzatori sociali riformati. E’ una rivoluzione culturale, che deve riportare tutti ad un grande senso di responsabilità”.
Questa è una settimana cruciale per la riforma del mercato del lavoro. Alla vigilia dell’incontro di domani con il premier Mario Monti, i leader di Cisl, Cgil e Uil si sono incontrati per definire una strategia comune su tipologie di contratti, articolo 18 e sussidi. Ma anche senza un accordo tra le parti sociali – ha detto il ministro del Lavoro, Elsa Fornero – “il governo presenterà lo stesso al parlamento la riforma del lavoro”.
“Gli scogli sono due: il problema degli ammortizzatori sociali e l’art. 18, su cui ancora si arenano tutte le trattative. Sugli ammortizzatori sociali dobbiamo essere estremamente chiari. Ci sono delle coperture, delle garanzie che vanno date a tutti, magari anche ridotte nel tempo. E poi non c’è dubbio che il problema della flessibilità in uscita va affrontato una volta per tutte”.
"Una voce per comunicare la bellezza di Dio". Claudia Koll "legge" Elisabetta della Trinità
◊ “I santi hanno appreso la vera scienza: quella che ci fa evadere dalle cose create, per lanciarci in Dio e non vivere che di lui”. Scriveva così la Beata Elisabetta della Trinità, carmelitana, morta in un convento in Francia a soli ventisei anni all’inizio del 20.mo secolo. Alla sua vita è dedicata la lettura che questa sera, come ogni lunedì di Quaresima, si svolge nella chiesa romana di Santa Maria della Vittoria all’’interno della rassegna “Ritratti di Santi”. A presentare il profilo della Beata, attraverso gli scritti del padre carmelitano Antonio Maria Sicari, è l’attrice Claudia Koll che, al microfono di Paolo Ondarza, racconta il suo incontro con Elisabetta della Trinità:
R. – Non è la prima volta che mi capita di leggere di questa Santa. Questa lettura mi ha colpito perché è estremamente asciutta, essenziale, ma diretta, diretta al cuore: cioè, ti fa entrare dentro la vita di questa Beata, ti fa innamorare ancora di più della fede. Elisabetta è una testimone della fede, conoscerla ti mette “in movimento” dentro, suscita in te alcuni interrogativi. Era una grande innamorata della Trinità ed ha generato in me un ardore maggiore verso il Signore: le sue parole “infiammano” il cuore.
D. – Un amore, un innamoramento, verso la Trinità che la Beata Elisabetta della Trinità coltivò fino al punto di morte quando, colpita dal morbo di Addison, disse: “Vado verso la luce, l’amore, la vita”. Una testimonianza di grande fede nella Risurrezione che può dire molto anche ai nostri giorni…
R. - Sì, lei aveva capito che nel suo letto saliva su un altare dove si incontrava con Cristo crocifisso. Lei aveva accettato pienamente la sua malattia e la viveva con serenità. A volte era attraversata anche dal desiderio di morire per il troppo dolore, tanto è vero che c’è un passo della sua vita in cui Elisabetta dice alla sua priora: “Ma lei si fida a lasciarmi da sola? Io potrei anche decidere di suicidarmi”. E’ forte quello che sto raccontando, me ne rendo conto, ma letto all’interno dell’intera vita di Elisabetta si comprende meglio; lei avvertiva il peso di quello che stava vivendo ma lo viveva con amore. Non aveva smarrito la fede, pure in quel grande momento di prova.
D. –Elisabetta della Trinità ci testimonia che ci si può avvicinare ad un mistero tanto grande come quello della Trinità nella quotidianità. Diceva: “Trovo il Signore ovunque, tanto facendo il bucato tanto stando raccolta in preghiera”. Quindi Dio si può trovare in qualsiasi circostanza, anche su un palcoscenico, davanti a una telecamera, come ad esempio accade nel suo mestiere?
R. - Sì, perché Dio lo portiamo nel cuore. Basta non interrompere il colloquio intimo con Lui, sapere che siamo immersi in Lui, che in ogni circostanza in cui ci troviamo Lui è presente e vive con noi quell’attimo. C’era una volta un sacerdote che diceva: “Anche mentre beviamo il caffè Lui è presente”. Credo che questa presenza costante di Dio nella nostra vita sia la cosa più bella.
D. – Che cosa l’ha spinta a partecipare a questa iniziativa “Ritratti di Santi”?
R. – Ho già partecipato in passato e lessi la storia del Beato Giovanni Paolo II, un altro uomo di Dio che ha fortemente influenzato la mia vita, la mia formazione cristiana e quindi la mia fede. I Santi hanno questa capacità: ci attirano di più a Dio. Penso che la Beata Elisabetta della Trinità abbia bisogno di una voce per comunicare la bellezza di Dio a noi che oggi viviamo la nostra fede immersi in un’epoca diversa: ma Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre.
D. - Tra l’altro, c’è qualcosa che accomuna lei a Santa Elisabetta della Trinità, ovvero la spiritualità carmelitana?
R. - Sì, lei era un’amante dell’arte, amava la musica e la danza. Io, di contro, posso dire che ho amato tanto e amo tanto i Santi carmelitani tra cui Santa Teresina di Lisieux: amo la semplicità con cui ha amato il Signore e con cui si è lasciata plasmare da Dio. I santi carmelitani hanno una grande forza, un grande carattere, ma anche un rapporto diretto con il Signore, molto semplice.
D. - Chi sono i santi per Claudia Koll?
R. – I santi sono vivi, non sono un’esperienza raccontata in un libro. Sono in Cielo, sono alla presenza di Dio e intercedono per noi. Io ogni tanto li disturbo, come amici, e chiedo la loro intercessione. (bf)
Il cordoglio del cardinale Péter Erdő per la morte di Papa Shenouda III
◊ Anche il cardinale Péter Erdő, arcivescovo di Esztergom-Budapest e presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa, ha espresso il suo cordoglio per la morte, sabato scorso al Cairo, di Papa Shenouda III, il Patriarca dei Copti ortodossi d'Egitto. Con la sua persona – sottolinea il porporato - il mondo cristiano ha perso uno dei suoi “leader esemplari”. Il ricordo della sua visita lo scorso anno in Ungheria, i suoi “saggi insegnamenti e la sua determinazione esemplare” – prosegue – “vivono ancora nei nostri cuori”. Il cardinale Erdő ricorda quindi che proprio “grazie al Patriarca Shenouda sono state stabilite relazioni fraterne ed ecumeniche tra la Chiesa cattolica ungherese e la Chiesa copto-ortodossa”. Infine, affidando la sua anima a Dio, eleva la sua preghiera perché il “Signore della storia” sostenga con la sua Provvidenza l'intera comunità cristiana in Egitto.
India. Quaresima periodo a rischio per i cristiani, perseguitati dai nazionalisti indù
◊ Tre nuove aggressioni anticristiane in West Bengal, Delhi e Madhya Pradesh, solo nell'ultima settimana. La denuncia – riferisce l’agenzia Asianews – giunge dal "Global Council of Indian Christians" (Gcic) e sottolinea come la Quaresima, insieme all'Avvento e al Natale, sia uno dei periodi "preferiti" dagli ultranazionalisti indù per tormentare e terrorizzare la minoranza cristiana, “sempre più vulnerabile”. Il 14 marzo, la polizia di Burnpur (West Bengal) ha arrestato cinque fedeli della Chiesa pentecostale Brethren Gospel, denunciati da alcuni abitanti del villaggio "infastiditi" dalle loro preghiere. Poche ore dopo il rilascio, elementi ultranazionalisti indù hanno costretto la polizia ad arrestare di nuovo i cinque accusati di "provocare disarmonia sociale" ed "associazione illegale". Il 12 marzo, in uno slum di Govindpuri, a sud di Delhi, circa 30 indù del Bajrang Dal sono entrati in una casa privata, trascinando fuori il pastore pentecostale Jagdish e chiamando la polizia per arrestarlo e costringerlo poi per il rilascio a mettere per iscritto di non condurre più servizi di preghiera. Il giorno prima, altri attivisti del Bajrang Dal hanno fatto irruzione durante un incontro religioso a Multai, nel distretto di Betul, Madhya Pradesh, accusando il pastore Motilal Gujare di praticare conversioni forzate. Al loro arrivo, le forze dell'ordine hanno arrestato il pastore e il fedele Prakash Masih per aver deliberatamente urtato i sentimenti religiosi di altre persone. "Questi radicali indù – dichiara Sajan George, presidente del Gcic – godono di protezione politica. Si sentono ancora più forti e fabbricano false accuse per poter vessare la comunità cristiana. E la polizia, per soddisfare i capricci di questi nazionalisti, arresta dei cristiani innocenti, senza nemmeno concedere loro processi equi". (R.G.)
Africa: un milione di bambini minacciati dalla fame nel Sahel
◊ In otto Paesi della regione africana del Sahel, oltre un milione di bambini con meno di 5 anni rischiano fame e malnutrizione. Questo ennesimo allarme è stato recentemente lanciato dal Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia, Unicef, che ha denunciato una crescente situazione di pericolo in particolare in Ciad, Burkina Faso, Mauritania, Mali, Niger, Nigeria, Camerun e Senegal del nord, per la crisi provocata dalla siccità in quelle zone del continente africano. I problemi causati dalle scarse precipitazioni e dalla perdita dei raccolti riguardano un totale di 10 milioni di persone di queste zone. La tragedia colpirà maggiormente i bambini del Sahel. Secondo gli esperti, infatti, nei prossimi 6 mesi, un milione e 500 mila bambini affetti dalla malnutrizione dovranno essere trattati presso centri nutrizionali. (R.P.)
Lettera aperta all’Onu: interventi mirati per i diritti dei bambini di strada
◊ Esperti di tutto il mondo sollecitano l’Onu a porre la dovuta attenzione “al tema dei diritti economici, sociali e culturali” dei bambini di strada. In una Lettera aperta – inviata all’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, Navanethem Pillay – 74 studiosi ed esponenti della società civile propongono un diverso approccio alla materia. La missiva è stata redatta a margine dell'Assemblea Onu sui diritti umani, in corso a Ginevra dal 27 febbraio al 23 marzo. In questo ambito, è stato infatti presentato il “Rapporto mondiale sui bambini/e che lavorano e vivono in strada”. I firmatari – coordinati da Cristiano Morsolin per l’America Latina e da Antonella Invernizzi e Brian Milne per Europa, l’Africa e l’Asia – esprimono preoccupazione rispetto i contenuti dello studio e suggeriscono di adottare “un campione più ampio e meglio strutturato”, per adottare “politiche valide ed efficaci così come azioni per promuovere i diritti dei bambini” di strada. Gli esperti lamentano che lo studio dell’Onu analizzi solo gli anni dal 2000 al 2010, tralasciando la produzione accademica precedente e proponendo un approccio “schiacciato dalla prospettiva protezionista e/o assistenzialista”, invece che poggiare su “una visione inclusiva”. Tra i firmatari della Lettera, il rettore dell’Università Politecnica Salesiana dell’Ecuador, don Javier Herran, e il prof. Rene Unda, coordinatore del Master sull’infanzia nello stesso Ateneo, dove insegna anche Cristiano Morsolin. All’inizativa ha aderito in Italia il Coordinamento di associazioni di Solidarietà e Cooperazione Internazionale. “L'eliminazione di questo fenomeno – dichiara il presidente del Cipsi Guido Barbera – è una sfida enorme”, “che richiede interventi a 360 gradi, di socializzazione, aiuti economici alle famiglie, educazione primaria gratuita ecc.”. “Esistono – spiega Barbera – tanti punti di vista” sulla vita dei bambini di strada. Dunque, “non ci devono essere barriere teoriche e concettuali per la costruzione di un quadro flessibile di riferimento'', dove esperti del mondo universitario, delle associazioni specializzate della società civile e delle agenzie Onu possano lavorare insieme. Per questo “i firmatari della lettera – conclude Barbera – ritengono necessario andare avanti in questa direzione''. (A cura di Roberta Gisotti)
Filippine: progetto di solidarietà per dare un alloggio alle famiglie con persone disabili
◊ Sedici piccole case costruite a Manila dai Servi della Carità e destinate alle famiglie con persone disabili saranno consegnate il 18 aprile prossimo, dopo la Messa domenicale. Realizzato grazie ad una rete di benefattori, locali e internazionali, il progetto – riferisce l’agenzia Fides – accoglierà gradualmente le famiglie con bisogni speciali, le quali riceveranno anche aiuto dal vicino Centro don Guanella per l’educazione e la riabilitazione delle persone con disabilità. “Abbiamo una famiglia con una mamma cieca, un’altra con 6 bambini di cui 5 autistici ed altre ancora con problematiche diverse”, spiega padre Luigi De Giambattista, superiore della delegazione guanelliana. “Miriamo – aggiunge – a costruire comunità tra queste famiglie che hanno in comune, oltre all’indigenza materiale, bisogno di aiuto per continuare a portare la croce che pesa sulle loro spalle”. Da evidenziare la catena di solidarietà che si è andata formando attorno a questo progetto e che continuerà a coinvolgere tanti laici guanelliani. “C’è chi ha disegnato il progetto e seguito la sua esecuzione del tutto gratuitamente, chi ha sollecitato e offerto aiuto in denaro o in sacchi di cemento e centinaia di mattoni, chi porterà avanti per mesi la formazione umana e cristiana di queste famiglie, organizzandole secondo il modello delle comunità cristiane di base, chi ha preparato i documenti legali che assicurino il controllo del progetto da parte della comunità. Ancora, chi offre del tempo a insegnare come realizzare piccoli lavori che porteranno qualche entrata alla famiglia” ha spiegato padre Luigi. Ogni singola casa sarà posta sotto la protezione di un Santo della carità o di particolare devozione tra la gente del luogo. (R.G.)
Argentina: la Chiesa chiede di rispettare il diritto all'istruzione cattolica nelle scuole pubbliche
◊ Il diritto degli studenti delle scuole pubbliche che desiderano ricevere l'insegnamento della religione cattolica. A chiederne il rispetto – riferisce l’agenzia Fides – è stato il vicario generale dell'arcidiocesi di Salta in Argentina, mons. Dante Bernacki, a seguito della sentenza emessa l’8 marzo scorso dal giudice, Marcelo Dominguez, dove viene ribadito il divieto di pratiche cattoliche nelle scuole pubbliche in quella provincia. Il giudice, ha osservato il presule, ha considerato “i diritti di una minoranza, ma ha ignorato quelli della maggioranza, specialmente dei più poveri, che non hanno accesso alle scuole confessionali private o a pagamento. Sono sempre stati rispettati i diritti di tutti in questo campo e l'esenzione può finire per diventare una regola". L'insegnamento della religione nelle scuole pubbliche è un diritto dei genitori e dei bambini, sottolinea una nota dell’arcidiocesi di Salta sottoscritta dall'arcivescovo, mons. Mario Cargnello, dal vescovo di Oran, mons. Marcelo Colombo, dal vescovo della prelatura di Cafayate, mons. Mariano Moreno e dal vescovo della prelatura di Humahuaca, mons. Pedro Olmedo. “Noi non pretendiamo di insegnare a tutti i bambini i contenuti della religione cattolica, ma che tutti i bambini possano ricevere un'istruzione religiosa, o essere esenti, secondo la decisione dei loro genitori”, si legge nel testo. "Siamo convinti che l'educazione religiosa promuove l'identità, alimenta il legittimo pluralismo e contribuisce allo sviluppo della nostra società" conclude il documento. (R.G.)
A novembre la seconda edizione del Meeting Cairo
◊ È stata annunciata nella capitale egiziana la prossima edizione del Meeting Cairo, manifestazione svoltasi per la prima volta, sulle orme del Meeting di Rimini per l’amicizia tra i popoli, in Egitto nel 2010 e sostenuta dal lavoro di 150 volontari cristiani e musulmani. La seconda edizione si svolgerà dal 2 al 4 novembre prossimi con il tema: «Educazione alla libertà». Per Wael Farouq, docente all’American University e fondatore del Meeting Cairo questo «è un momento storico per noi, quella che è stata un’avventura nel 2010 diventa oggi un vero e proprio soggetto civile della società egiziana». Infatti, è stata costituita la fondazione Meeting Cairo, la prima fondazione che nasce dopo la rivoluzione in Egitto, da coloro che nel 2010 avevano promosso l’evento: alcuni giuristi musulmani desiderosi di portare nel loro Paese l’esperienza di dialogo e amicizia vissuta al Meeting di Rimini. La manifestazione - riporta L'Osservatore Romano - sarà promossa dalla Fondazione stessa, in collaborazione con il Meeting di Rimini. «Con noi — ha aggiunto Wael Farouq — ci saranno oltre cento volontari egiziani e in tanti ci stanno chiedendo di partecipare dagli Stati Uniti e dall’Europa». Sostengono l’evento anche le Chiese copto ortodossa, copto cattolica e l’università di Al Azhar. (L.Z.)
Nasce l’Associazione “Giuseppe de Carli” per promuovere l’informazione religiosa
◊ Inaugura oggi la sua attività l’Associazione culturale “Giuseppe De Carli – Per l’informazione religiosa”, intitolata al giornalista, scomparso due anni fa, responsabile della struttura Rai Vaticano. L’associazione intende mantenere vivo il ricordo e l'insegnamento del vaticanista e scrittore, promuovendo iniziative di formazione, riflessione e confronto sull'informazione religiosa. Fondata da Elisabetta Lo Iacono, Giovanni Tridente, Rita Megliorin e Paolo Cecilia, avvierà a breve una serie di incontri periodici di approfondimento, con la partecipazione di professionisti, studiosi ed esponenti del mondo ecclesiale, “per favorire – informa una nota – momenti di riflessione, dibattito e proposta per un’informazione religiosa che sappia contemperare le esigenze informative con la serietà, la professionalità e il rispetto della verità”. Nei prossimi mesi, verrà quindi bandito il Premio nazionale “Giuseppe De Carli” destinato ai giornalisti che operano nell'ambito dell'informazione religiosa e a giovani studenti e ricercatori universitari delle Facoltà di comunicazione e giornalismo, sia private che pubbliche. Per aggiornamenti sulle attività dell’associazione si può visitare il sito (R.G.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 79