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Sommario del 11/03/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all'Angelus: la violenza, strumento dell'anticristo, non serve all’umanità, la disumanizza. Appello per il Madagascar
  • Dialogo ecumenico con pazienza, magnanimità e perdono reciproco: così il Papa ai Vespri con Rowan Williams
  • L'arcivescovo di Canterbury: lavoriamo per la piena unità
  • Oggi in Primo Piano

  • Nigeria. Attacco a una Chiesa: 10 morti. Il vescovo di Same: paura di un contagio fondamentalista in Tanzania
  • Il Giappone ad un anno dal terremoto. Padre Sugawara: 10-15 anni per tornare alla normalità
  • Ragazzi israeliani e palestinesi insieme per la pace: l'esperienza di Rondine
  • Libia: migliaia in piazza a Bengasi e Tripoli contro la divisione del Paese
  • Giornata europea in ricordo delle vittime del terrorismo
  • Congedi per i neopapà. Una "svolta culturale" secondo il Forum delle Famiglie
  • Giornata del Pellegrino a Loreto. Mons. Tonucci: accogliere il sì di Maria nella nostra vita
  • Il Movimento dei Focolari ricorda il quarto anniversario della scomparsa di Chiara Lubich
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Soldato Usa spara contro civili afghani: è strage
  • Proseguono i raid israeliani a Gaza: ucciso dodicenne, 17 le vittime palestinesi
  • Elezioni in Slovacchia: trionfo dei socialdemocratici
  • Francia: riflessione della Chiesa sulle prossime presidenziali
  • Video su Kony, tiranno dei bambini soldato. Commento della Chiesa ugandese
  • Sud Corea: la Chiesa protesta contro la nuova base militare di Jeju
  • L'arcivescovo di Pamplona per la "Javierada": dalla crisi nascerà la società della condivisione
  • Lettera di Quaresima del vescovo di Port-Louis: la fede spinge ad impegnarsi per il bene comune
  • Polonia: iniziative proposte ai giovani per la Quaresima
  • Comece: plenaria di primavera e rinnovo delle cariche
  • Al Festival del Cinema di Guadalajara il dramma dei migranti centroamericani
  • Debutto di Music Visions, un video musicale che celebra la maternità
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all'Angelus: la violenza, strumento dell'anticristo, non serve all’umanità, la disumanizza. Appello per il Madagascar

    ◊   “La violenza non serve mai all’umanità, ma la disumanizza”: è quanto ha detto il Papa all’Angelus, commentando il passo evangelico della cacciata dei mercanti dal Tempio, davanti ad alcune migliaia di pellegrini radunati in Piazza San Pietro. Al termine della preghiera mariana, Benedetto XVI ha lanciato un appello per le popolazioni del Madagascar colpite da una devastante tempesta tropicale. Il servizio di Sergio Centofanti.

    Gesù scaccia i mercanti dal Tempio di Gerusalemme: un episodio che poteva essere visto come un gesto profetico e di denuncia, pur tra le domande dei Giudei che pretendevano un segno per dimostrare che agisse veramente in nome di Dio. Ma la cacciata dei venditori dal Tempio – sottolinea il Papa – “è stata anche interpretata in senso politico-rivoluzionario, collocando Gesù nella linea del movimento degli zeloti … pronti ad usare la violenza” per far rispettare la legge divina. Ai tempi di Gesù, infatti, “attendevano un Messia che liberasse Israele dal dominio dei Romani”:

    “Ma Gesù deluse questa attesa, tanto che alcuni discepoli lo abbandonarono e Giuda Iscariota addirittura lo tradì. In realtà, è impossibile interpretare Gesù come un violento: la violenza è contraria al Regno di Dio, è uno strumento dell’anticristo. La violenza non serve mai all’umanità, ma la disumanizza”.

    Il monito di Gesù a non rendere la casa del Padre un mercato ricorda quanto sta scritto in un Salmo: “Mi divora lo zelo per la tua casa” (69,10). “Questo salmo – spiega il Papa - è un’invocazione di aiuto in una situazione di estremo pericolo a causa dell’odio dei nemici: la situazione che Gesù vivrà nella sua passione”:

    “Lo zelo per il Padre e per la sua casa lo porterà fino alla croce: il suo è lo zelo dell’amore che paga di persona, non quello che vorrebbe servire Dio mediante la violenza. Infatti il ‘segno’ che Gesù darà come prova della sua autorità sarà proprio la sua morte e risurrezione. ‘Distruggete questo tempio – disse – e in tre giorni lo farò risorgere’”.

    E san Giovanni annota: “Egli parlava del tempio del suo corpo” (Gv 2,20-21):

    “Con la Pasqua di Gesù inizia un nuovo culto, il culto dell’amore, e un nuovo tempio che è Lui stesso, Cristo risorto, mediante il quale ogni credente può adorare Dio Padre ‘in spirito e verità’ (Gv 4,23)”.

    Nei saluti nelle altre lingue il Papa ha osservato che anche noi siamo un vero tempio di Dio “se consentiamo a Gesù di prendere forma dentro di noi”; ma occorre rinunciare “alle opere del male” e non avere “paura di cambiare le nostre abitudini e i nostri comportamenti”. E’ nel Sacramento della penitenza – ha proseguito - che “il Signore ci offre la possibilità di rinnovare costantemente questa presenza. Con ogni Confessione Lui ci rinnova come tempio in cui Egli stesso prende dimora”.

    Al termine dell’Angelus il Papa ha rivolto il suo pensiero alle popolazioni del Madagascar, colpite nei giorni scorsi da una violenta tempesta tropicale che ha causato oltre 70 morti e quasi 80 mila sfollati, distruggendo case e coltivazioni:

    “Mentre assicuro la mia preghiera per le vittime e per le famiglie maggiormente provate, auspico e incoraggio il generoso soccorso della comunità internazionale”.

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    Dialogo ecumenico con pazienza, magnanimità e perdono reciproco: così il Papa ai Vespri con Rowan Williams

    ◊   “Scegliere Dio vuol dire coltivare pazientemente, accettando i suoi tempi, il dialogo ecumenico e interreligioso, sempre tenendo fede al carisma originario”. Così il Papa ieri sera durante i Vespri nella Basilica dei Santi Andrea e Gregorio al Celio, con la partecipazione dell’arcivescovo di Canterbury e primate della Comunione anglicana, Rowan Williams. Una celebrazione, che si inserisce nei festeggiamenti per il millennio di fondazione dell’Eremo di Camaldoli. Il servizio di Cecilia Seppia.

    E’ il Monastero di San Gregorio al Celio ad ospitare la preghiera dei Vespri in un rinnovato abbraccio ecumenico tra la Chiesa di Roma e la Comunione anglicana. Ai Monaci camaldolesi, ripercorrendo i brani di San Paolo, il Papa rivolge alcune esortazioni: quella di aprirsi alla grazia, “di approfittare del momento opportuno” e di accogliere nella propria vita Gesù stesso, la sua Persona, la sua Parola e il suo Spirito. E quella di sforzarsi per essere fedele a Dio ogni giorno nel proprio ministero “perché esso sia efficace e non risulti invece ostacolo per la fede”.

    “Queste parole ci fanno pensare a san Gregorio Magno, alla testimonianza luminosa che diede al popolo di Roma e alla Chiesa intera con un servizio irreprensibile e pieno di zelo per il Vangelo. Veramente si può applicare anche a Gregorio ciò che Paolo scrisse di sé: la grazia di Dio in lui non è stata vana (cfr 1 Cor 15,10). E’ questo, in realtà, il segreto per la vita di ciascuno di noi: accogliere la grazia di Dio e acconsentire con tutto il cuore e con tutte le forze alla sua azione. E’ questo il segreto anche della vera gioia, e della pace profonda”.

    Ancora il Papa insiste sulle parole che l’Apostolo rivolge ai Colossesi per formarli secondo il Vangelo, perchè agiscano nel nome del Signore in qualunque cosa facciano, “e perchè vivano secondo la misura alta della vita cristiana che è la santità”.

    “Anche qui alla base di tutto c’è la grazia di Dio, c’è il dono della chiamata, il mistero dell’incontro con Gesù vivo. Ma questa grazia domanda la risposta dei battezzati: richiede l’impegno di rivestirsi dei sentimenti di Cristo: tenerezza, bontà, umiltà, mansuetudine, magnanimità, perdono reciproco, e sopra tutto, come sintesi e coronamento, l’agape, l’amore che Dio ci ha donato mediante Gesù e che lo Spirito Santo ha effuso nei nostri cuori. E per rivestirsi di Cristo è necessario che la sua Parola abiti tra noi e in noi con tutta la sua ricchezza, e in abbondanza”.

    “La Congregazione dei Monaci Camaldolesi – dice Benedetto XVI – ha potuto percorrere mille anni di storia nutrendosi quotidianamente della Parola di Dio nell’Eucarestia”, come aveva fatto il loro fondatore San Romualdo, secondo il “triplex bonum”, della solitudine, della vita in comune e dell’evangelizzazione. Da qui il Papa prende spunto per ricordare alcune personalità di spicco, zelanti Pastori della Chiesa che hanno saputo mostrare gli orizzonti e la grande fecondità della tradizione camaldolese. Ricorda le foresterie, importanti luoghi di accoglienza, il “Codice di Camaldoli”, una delle fonti più significative per la costituzione della Repubblica Italiana, gli anni propizi del Concilio Vaticano II, per la nascita di nuovi insediamenti della Congregazione negli Stati Uniti, in India, Tanzania e Brasile. Ancora riprendendo le parole di Giovanni Paolo II, il Papa invita i monaci a scegliere sempre Dio nella vita eremitica come nella preghiera comune e ad accogliere sempre i fratelli, secondo il motto dei Camaldolesi “Ego Vobis, Vos Mihi”, sintesi della formula di alleanza tra Dio e il suo Popolo.

    “Il mio Beato Predecessore sottolineò inoltre che 'scegliere Dio vuol dire anche coltivare umilmente e pazientemente – accettando, appunto, i tempi di Dio – il dialogo ecumenico e il dialogo interreligioso', sempre a partire dalla fedeltà al carisma originario ricevuto da san Romualdo e trasmesso attraverso una millenaria e pluriforme tradizione”.

    L’esortazione finale che il Pontefice rivolge ai presenti, è di condividere la gioia del cristianesimo, ma anche l’impegno di pregare costantemente e di operare insieme cattolici e anglicani per raggiungere la piena unità.

    Prima del discorso del Papa anche le parole dell’arcivescovo di Canterbury Rowan Williams che passa in rassegna le virtù di San Gregorio e il cuore della sua visione monastica: “l’essere immersi nella vita sacramentale del Corpo di Cristo” per poi riuscire a riconoscersi e ad amarsi davvero gli uni gli altri:

    The Church is called upon to show that same prophetic spirit ...
    "La Chiesa è chiamata a mostrare quel medesimo spirito profetico che è riconosciuto a San Gregorio, la capacità di vedere dove si trova il bisogno autentico e di rispondere alla chiamata di Dio che si manifesta nella persona del bisognoso. Per fare ciò, ci è richiesto un habitus di discernimento, la capacità di penetrare al di là dei pregiudizi e degli stereotipi che colpiscono anche i credenti, in una cultura che è così precipitosa e superficiale in tanti dei suoi giudizi. E all’habitus del discernimento appartiene l’habitus di riconoscerci gli uni gli altri come agenti della grazia, della compassione e della redenzione di Cristo”.

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    L'arcivescovo di Canterbury: lavoriamo per la piena unità

    ◊   L’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, concluderà la sua visita in Italia nel pomeriggio di domani con una visita a Montecassino. Ieri mattina l’udienza privata dal Papa in Vaticano. Ascoltiamo in proposito il primate della Comunione anglicana al microfono di Philippa Hitchen:

    R. – Very much a private conversation, just touching days. …
    E’ stata una conversazione prettamente privata; sono giornate che toccano nel profondo … Abbiamo parlato un po’ della situazione in Medio Oriente e della risposta delle Chiese ad essa, e del nostro comune sentimento di profonda ansia, frustrazione e incertezza per quello che il futuro ci può riservare in quell’area. Abbiamo parlato del Sinodo sulla nuova evangelizzazione e di quello che dirò quando in autunno verrò per partecipare al Sinodo, ed anche dell’intervento che recentemente ho svolto a Ginevra, a proposito dei diritti umani e della necessità di ricreare il collegamento tra la teologia cristiana e i diritti umani. Come sempre, dunque, una conversazione molto impegnata.

    D. – Lei è venuto per celebrare i Vespri insieme a Benedetto XVI nella chiesa di San Gregorio al Celio, seguendo una tradizione inaugurata dai suoi immediati predecessori: quindi, in realtà, non lo si può definire un evento “storico”. Ma quanto importante è, comunque, secondo lei, per sottolineare questa comunione reale per quanto imperfetta tra le due Chiese?

    R. – I think the fact that three successors archbishops have been to San Gregorio …
    Credo che il fatto che tre arcivescovi di Canterbury abbiano ripetuto e conservato la consuetudine della visita a San Gregorio, significhi il riconoscimento del fatto storico che la missione cristiana in Inghilterra è iniziata qui, ed è bene venire ed onorare la memoria di San Gregorio e di Agostino di Canterbury; e con questo, tornare indietro a radici comuni, ad una storia comune, ad un passato condiviso per affermare una comunione che, in qualche modo, è comunque dentro di noi, anche in questo nostro presente. Infatti, noi guardiamo indietro a questo passato comune: perfino i più protestanti dei cristiani inglesi riconoscono che le radici della missione si trovano qui. Così, affermiamo che sì, abbiamo un’ascendenza in comune, che sì, quest’ascendenza comune ci da oggi qualcosa di molto simile ad un vero rapporto familiare; e che sì, naturalmente noi lavoriamo affinché questo rapporto possa essere pieno, sacramentale e visibile nel tempo che Dio vorrà.

    D. – Il motivo principale di questa sua visita è la celebrazione del millennio della comunità camaldolese che ha la sua sede in San Gregorio. In questi tre giorni, lei pone ripetutamente l’accento sui valori monastici come una sorta di “road map” per quella che attualmente, purtroppo, molti considerano una sorta di strada senza uscita nel cammino ecumenico …

    R. – The importance of monasticism both for ecumenism and mission …
    L’importanza del monachesimo sia per l’ecumenismo, sia per la missione – e anche di questo si parla in maniera approfondita in questi giorni – credo consista nel fatto che la comunità monastica è di per sé una comunità riunita attorno alla Parola di Dio: si tratta, infatti, di una comunità di persone che non hanno tra di loro affinità naturali o doveri di lealtà “tribale”, che semplicemente sono chiamate a vivere insieme come “comunità”, che insieme recitano i Salmi, che si identificano tra di loro nella preghiera di Cristo. Ora, questo concetto di per sé ci dice delle radici più profonde dell’ecumenismo, e ci dice anche della missione. Ci dice che una comunità che vive in quel modo è una comunità che attrae, che irradia qualcosa … A Montecassino, il mio intervento riguarda in modo più specifico la dimensione missionaria della vita monastica. Questo non significa che tutti i monaci debbano partire ed essere missionari ma, come Beda dice nella sua “Historia”, gli albori della cristianità in Inghilterra hanno molto a che vedere con la vita apostolica come la vivevano Agostino ed i suoi compagni, richiamando la gente per la loro povertà, semplicità e per l’ospitalità che proponevano … (gf)

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    Oggi in Primo Piano



    Nigeria. Attacco a una Chiesa: 10 morti. Il vescovo di Same: paura di un contagio fondamentalista in Tanzania

    ◊   Nuovo attacco in Nigeria contro la comunità cattolica. Secondo un bilancio ancora provvisorio, almeno 10 persone sono morte e diverse sono rimaste ferite in un attentato kamikaze contro una chiesa della città di Jos, capoluogo dello Stato federato di Plateau. In base ad una prima ricostruzione, l'attentatore suicida si è lanciato contro la chiesa situata nel centro della città a bordo di un'auto piena di esplosivo. L’attentato è avvenuto in una zona al centro della Nigeria già teatro, anche nel recente passato, di sanguinosi attacchi contro i cristiani. Dopo l’attacco, secondo fonti locali, si sarebbero verificate alcune azioni di rappresaglia in cui avrebbero perso la vita almeno 10 persone.

    Intanto, dalla Tanzania, giunge la preoccupazione di mons. Rogatus Kimaryo, vescovo di Same, nel nord del Paese, a proposito dei timori di un possibile contagio del fondamentalismo islamico di matrice nigeriana. A darne notizia è ‘Aiuto alla Chiesa che soffre’, che ricorda come i 45 milioni di tanzanesi siano “cristiani per il 53 per cento - tra questi 12 milioni di cattolici - musulmani per il 32 per cento e animisti per il 13 per cento”. Fino ad oggi la coesistenza tra musulmani e cristiani è stata “all’insegna di una completa armonia”, ma gli scontri in Nigeria e gli attentati degli estremisti islamici Boko Haram allarmano la comunità cristiana della Tanzania. Giada Aquilino ne ha parlato proprio con mons. Rogatus Kimaryo, raggiunto telefonicamente a Same:

    R. - Nel mio Paese, dall’indipendenza ad oggi, abbiamo sperimentato un clima di pace. Da una decina d’anni in qua, però, ci sono dei gruppi di fondamentalisti musulmani che vanno in giro, parlano male dei cristiani, anche della Chiesa cattolica. Ci accusano di approfittare degli aiuti del governo e della ricchezza del Paese. Questi sono gruppi fondamentalisti. Ci sono stati episodi di scontri, anche se di lieve entità, a Dar es-Salaam.

    D. - Pensa che quello che sta succedendo in Nigeria possa ripercuotersi anche in Tanzania e in altre nazioni africane?

    R. - Abbiamo questa paura perché se succede qualcosa in un Paese può facilmente diffondersi negli altri Stati africani. Quindi quello che sta accadendo in Nigeria con i Boko Haram è pericoloso, io stesso ho paura. Dobbiamo incontrare i leader politici, i leader musulmani per dialogare su queste vicende.

    D. - Ma fino ad oggi la coesistenza tra musulmani e cristiani in Tanzania come è stata?

    R. - La Tanzania è un Paese che ha sempre vissuto in pace, grazie al padre della patria - il nostro primo presidente, Nyerere - che si è prodigato per la pace e la giustizia, sperimentandole nella vita. C’è insomma una base di rispetto. Ma ci sono pure questi gruppi che iniziano a portare una tensione che potrebbe trasformarsi in un grande problema per il nostro Paese.

    D. - Come lei ha detto, si tratta di fazioni isolate di estremisti. Allora il dialogo per dove può passare?

    R. - Prima di intraprendere un dialogo, penso che il governo debba essere molto chiaro su questo: il rispetto della religione dell’altro. Il nostro è un Paese laico, che non ha una religione ufficiale; ma le persone professano la loro fede. Allora il governo e i parlamentari devono essere chiari su questo aspetto. Poi bisogna dialogare con i leader della religione musulmana, auspicando che questi dialoghino con tali fondamentalisti.

    D. - Come è impegnata la Chiesa locale nel dialogo con i musulmani?

    R. - A livello di Conferenza episcopale abbiamo un ufficio che è responsabile di portare avanti il dialogo per avvicinarsi ai musulmani, alle altre religioni, agli altri gruppi cristiani. La nostra gente vive in modo molto semplice, nel senso che nello stesso villaggio, nella stessa casa, ci sono membri di più comunità: ci sono musulmani e ci sono cristiani che sono cattolici, per esempio. La nostra vita quotidiana è vissuta in amicizia. Ma in mezzo a ciò, c’è una lacuna, qualcosa che manca: quando sono attivi gruppi fondamentalisti, come si arriva a parlare con loro? Perché sono fondamentalisti? È il governo che deve seguire tali formazioni. C’è paura che possano, a poco a poco, minare la pace.

    D. - Qual è allora il suo augurio per il futuro della Tanzania e della sua diocesi?

    R. – L’auspicio è che continuiamo a vivere la nostra fede in un clima di pace, di tolleranza insieme a tutti. Se non c’è la pace, viene meno anche quella situazione di rispetto verso Dio, verso gli altri, verso la natura. Facciamo un passo avanti verso l’altro: noi cattolici dobbiamo mostrare interesse verso le altre religioni e viceversa; così anche i leader musulmani. (bi)

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    Il Giappone ad un anno dal terremoto. Padre Sugawara: 10-15 anni per tornare alla normalità

    ◊   L’11 marzo di un anno fa la parte nord orientale del Giappone veniva devastata da un terremoto di magnitudo 9, mentre il conseguente tsunami, a sua volta, provocava la crisi nucleare di Fukushima, la peggiore da Chernobyl. Nel corso della commemorazione ufficiale di Tokyo, il premier, Yoshihiko Noda, ha ribadito l'impegno a completare la ricostruzione “il prima possibile”. Sentiamo Marco Guerra:

    Nel primo anniversario della triplice catastrofe nazionale il Giappone si è fermato in un minuto di silenzio alle 14.46, l’orario della potentissima scossa che ha innescato lo Tsunami. In poche ore le onde dell’Oceano Pacifico hanno spazzato via tutto quello che incontravano lungo la costa nordorientale del Paese, provocando il disastro della centrale di Fukushima, il peggior incidente nucleare dopo quello di Chernobyl. L’ultimo bilancio complessivo parla di circa 16mila morti e 3300 dispersi. Le abitazioni distrutte ammontano a 130mila, 254mila quelle danneggiate, per un totale di 350mila evacuati su scala nazionale, di cui 80.000 provenienti dalla “no-entry zone” dei 20 km intorno alla centrale nucleare di Fukushima. Nel corso di una commemorazione al Teatro nazionale di Tokyo, il premier Yoshihiko Noda ha ribadito l'impegno a completare la ricostruzione “il prima possibile”. Finora sono stati investiti circa 200 miliardi di euro, ciò nonostante non mancano le polemiche per i ritardi che si registrano in molte località ancora sommerse dalle macerie. Confronto acceso anche sull’uso civile dell’energia nucleare. La giornata delle celebrazioni è stata, infatti, segnata da tante manifestazioni anti-atomo.

    E ieri sera a Roma, presso l'Oratorio del Caravita, si è tenuto un concerto di commemorazione e preghiera ad un anno dal terremoto, organizzato dalla comunità cattolica giapponese della capitale. Il responsabile della comunità, padre Yujii Sugawara, ci racconta lo spirito che ha animato l’evento. L'intervista è di Massimo Pittarello:

    R. - Vogliamo stare vicini alle vittime: per questo abbiamo deciso di fare un concerto, in cui non vogliamo solamente offrire la musica, ma pregare insieme con il popolo italiano che ha preso parte a questo evento.

    D. - Più che il sostegno economico, per un Paese come il Giappone, è importante la vicinanza morale..

    R. - La gente italiana, ha mostrato una notevole benevolenza l’anno scorso, soprattutto il soccorso in termini materiali. Ma anche la vicinanza spirituale ha incoraggiato molto le persone, soprattutto nella zona rurale, quella maggiormente colpita dal terremoto. E' necessario dimostrare che siamo vicini.

    D. - Come verranno utilizzati i fondi raccolti?

    R. – Anche quest’anno, le offerte ricevute in occasione di questo concerto, saranno mandate tramite una parrocchia, ad una comunità cattolica straniera, in particolare alla comunità cattolica delle Filippine.

    D. - Il Giappone, nei secoli, ha imparato a convivere e a non aver paura dei terremoti. Il nucleare invece, incute timore?

    R. - C’è aria di sospetto verso il governo, il quale non ci aveva fornito informazioni corrette.

    D. - A un anno dal terremoto, come si vive in Giappone? Quando si potrà tornare ad una vita pressoché normale?

    R. - Tutti sanno che ci vorranno 10-15 anni per tornare alla vita di prima. Però, la vita è ripresa. Un anno è decisamente troppo poco tempo per riuscire a dimenticare. (bi)

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    Ragazzi israeliani e palestinesi insieme per la pace: l'esperienza di Rondine

    ◊   Una delegazione dell'Associazione Rondine, Cittadella della Pace, guidata dal presidente Franco Vaccari, è giunta nei giorni scorsi a Roma per celebrare il quindicesimo compleanno dell'organizzazione e lanciare un nuovo progetto, 'Sponda Sud', dedicato ai giovani protagonisti della Primavera araba. Nell'occasione i rappresentanti di Rondine, uno studentato internazionale in provincia di Arezzo che riunisce giovani provenienti da zone di conflitto, hanno partecipato all'udienza generale di mercoledì scorso. Fabio Colagrande ha intervistato due studenti dell'associazione: la palestinese Kameliah e l’israeliano Guy, chiedendo loro quali frutti hanno ottenuto dall'esperienza compiuta a Rondine.

    D. - Kameliah, cos’è “Rondine”?

    R. - “Rondine” non è solo una scuola di pace: per me è stata una scuola di vita, perché qui ho vissuto non solo con Guy ma anche con altre ragazze e ragazzi di altre culture. Paradossalmente, posso dire che ho litigato più con altri studenti che con Guy, che è israeliano. Ho scoperto che noi palestinesi ed israeliani, possiamo vivere insieme, è una cosa possibile. Quando invece ero a casa mia, in Palestina, non pensavo mai alla possibilità di poter vivere con un israeliano. Del conflitto tra di noi parliamo tranquillamente, non dico che non ne parliamo, anzi…

    D. - Discutete anche …

    R. - Sì. E discutiamo anche molto.

    D. - Ma con una prospettiva forse diversa da quella che avevi quando ti trovavi in Palestina …

    R. - Sì, certo. Prima di venire qui pensavo che avrei litigato molto con Guy, Helad e gli altri studenti israeliani. Nella mia testa c’era proprio il conflitto, pensavo che loro non fossero esseri umani, ed invece no. Quando mi sono trovata a confrontarmi con loro ho visto che, come me, non sono favorevoli a quello che sta succedendo in Terra Santa, non lo approvano.

    D. - Guy, qual è la tua opinione su quello che ha appena detto la tua collega?

    R. - Sono d’accordo con lei, dato che abbiamo condiviso, insieme, un processo molto lungo e molto intenso, un’esperienza che mi sembra difficile spiegare a parole perché forse, ancora, non l’ho capita appieno nemmeno io. Credo che passerà qualche decennio prima che io riesca a comprendere il peso che avrà quest’esperienza sulla mia vita e sul mio futuro. Mi sento comunque molto fortunato per aver avuto la possibilità di vivere quest’esperienza, di vivere a “Rondine” in questo microcosmo fatto di tanti popoli, di tante religioni e di tante culture. Mi ha insegnato soprattutto a conoscere meglio me stesso.

    D. - Credi che il conflitto israelo-palestinese, se fosse affrontato nella prospettiva con cui lo state affrontando voi, come amici, colleghi e studenti a “Rondine”, potrebbe avviarsi verso una diversa soluzione?

    R. - Sicuramente. La cosa che ho capito a “Rondine” è che i politici sbagliano. I nostri politici cercano di separare le persone, di costruire muri e Stati. Cercano l’indipendenza invece di cercare l’inter-dipendenza e la cooperazione. Invece di separare le persone, bisognerebbe farle convivere insieme e cercare di farle star bene insieme. E’ questa la chiave per la pace nel Medio Oriente e, secondo me, anche in tutti gli altri Paesi.

    D. - Sei d’accordo, Kameliah?

    R. - Sono d’accordissimo. (vv)

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    Libia: migliaia in piazza a Bengasi e Tripoli contro la divisione del Paese

    ◊   Migliaia di persone sono scese in piazza ieri a Tripoli e Bengasi per manifestare contro la dichiarazione unilaterale di autonomia della Cirenaica. A pochi mesi dalla fine della guerra civile, conclusasi con l’uccisione del colonnello Gheddafi, si riaffaccia nel Paese il rischio di guerra civile. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Arturo Varvelli, ricercatore dell’Istituto Studi di Politica Internazionale, esperto di Libia:

    R. - Solamente nei prossimi mesi e soprattutto in vista delle lezioni di giugno, si potrà capire che cosa succederà. Ci sono ancora prospettive che possono far pensare che il Paese rimanga insieme. C’è innanzi tutto la funzione che hanno il petrolio e la distribuzione della rendita che il governo centrale sta già organizzando. Questo di fatto, potrebbe aiutare ad unificare il Paese, perché naturalmente per usufruire dei proventi del greggio, bisogna che vi sia un’unità di intenti e una gestione comune e ordinata del settore petrolifero, che costituisce circa il 95% delle entrate della Libia. Invece, per quanto riguarda la democrazia, sono molto più scettico.

    D. - Se il Consiglio nazionale di transizione (Cnt) è stato un’espressione della Cirenaica, per quale motivo ora si è creata questa frattura tra Tripoli e Bengasi?

    R. - In realtà è stata un’espressione di alcuni elementi del vecchio regime che si sono riuniti in Cirenaica; infatti questa regione è la parte che è stata liberata e che si è sollevata per prima. Però c’è stato subito un problema di legittimità, di rappresentanza del Cnt, rispetto per esempio alle milizie anti-Gheddafi. Questi reparti, che hanno combattuto strenuamente sul campo, non sono mai state rappresentate politicamente all’interno dell’organismo dell’autorità centrale: il Cnt appunto. E questo è il problema principale che si è creato, quello tra il braccio militare della rivoluzione, ossia le varie milizie sparse ormai per il Paese, e l’organo politico, che invece ha una forte legittimità esterna, in quanto è sorretto dai governi europei, dai governi arabi e gli Stati Uniti.

    D. - C’è il rischio di una guerra civile?

    R. - Secondo me è un rischio ancora relativamente basso. Più che una nuova guerra civile, il problema è una sorta di “semi anarchia”, dove il Cnt o il governo centrale non hanno un pieno controllo di tutto il territorio che viene lasciato alle milizie. Queste possono in qualche maniera rifarsi a tradizioni del passato. Ricordiamo che la rivalità tra Cirenaica e Tripolitania esiste ancora, e possono anche basarsi sul tessuto sociale clanico, tribale di cui oggi la Libia è ancora in gran parte espressione. Quindi in pratica, il modo in cui interagiranno l’identità nazionale, regionale e l’identità clanico-tribale, è l’aspetto rimane sicuramente ancora un’incognita per il prossimo futuro.

    D. - Il Consiglio nazionale di transizione sembra in difficoltà di fornte alla comunità internazionale per le accuse ricevute in relazione ai campi di addestramento di miliziani anti-Assad che operano in Siria...

    R. - È sicuro che vi siano molti libici che hanno cercato di liberare il Paese dal regime di Gheddafi e che ora si sono dirottati sul regime siriano e sono in Siria a combattere. Questi sono dati accertati, come era accertato che, in passato, molti libici, provenienti soprattutto dalla Cirenaica, fossero presenti sui teatri iracheno ed afghano. Molto più difficile dire se vi siano dei campi di addestramento in Libia. Non vedo i libici così pronti ad addestrare altre persone, dato che hanno fatto molta fatica ad addestrare loro stessi. (bi)

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    Giornata europea in ricordo delle vittime del terrorismo

    ◊   Il ruolo delle vittime del terrorismo per prevenire la radicalizzazione della violenza. Questo lo spirito dell’ottava giornata Europea in ricordo delle vittime del terrorismo, indetta per oggi dalla Commissione Europea. Sulle attuali sfide nel vecchio continente Eugenio Bonanata ha intervistato Maurizio Calvi, presidente del Centro alti studi per la lotta al terrorismo e alla violenza Politica:

    R. - Una prima emergenza nasce dalla mancata autonomia dei popoli. Questa forma di terrorismo, è un terrorismo che si esporta nel contesto dei vari settori, soprattutto qui in Europa. L’altro problema è quello del terrorismo islamico a carattere ideologico, politico.

    D. - Il pericolo legato all’estremismo islamico è in aumento rispetto al passato?

    R. - Io direi che in questa fase, in questo momento storico, questo rischio si è in parte attenuato, almeno per quanto riguarda i Paesi occidentali e soprattutto in Europa. Ovviamente, è ancora forte nelle realtà dominate da fazioni di “uno contro l’altro” nel contesto della lotta politica, di quelle realtà dove ci sono soprattutto territori contesi.

    D. - Nel fenomeno terroristico rientrano anche le mafie, che sono molto attive in Italia...

    R. - Un’ultima indagine che è in corso fa ritenere che una sorta di pacificazione tra mafia e Stato sia stata la conseguenza dell’azione di Borsellino che ha contrastato questa sorta di patto che la mafia voleva imporre allo Stato. Dalle ultime indagini, dalle ultime informazioni che si hanno, sembra che Borsellino abbia pagato con la sua vita il prezzo di questo sforzo.

    D. - La crisi economica favorisce il terrorismo?

    R. - Noi ci dobbiamo preoccupare delle tensioni sociali del nostro Paese. Nella nostra storia, tanto più forti sono state le tensioni sociali, tanto più forte è stata la spinta del terrorismo. Quindi, starà sicuramente compito delle forze politiche determinare le condizioni perché ci sia un rapporto di pacificazione nel nostro Paese. (bi)

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    Congedi per i neopapà. Una "svolta culturale" secondo il Forum delle Famiglie

    ◊   Obbligo di congedo per i papà lavoratori per almeno 3 giorni di seguito nei primi 5 mesi di vita del figlio. E’ quanto si legge in una nuova proposta di legge che la prossima settimana sarà allo studio della commissione lavoro alla Camera. Il testo prevede anche la possibilità per il padre di concordare con il datore di lavoro un congedo più lungo, ma “part time". In occasione dell’8 marzo il presidente Napolitano aveva auspicato un ricorso ai congedi parentali per entrambi i genitori al fine di aiutare la donna a conciliare meglio lavoro e famiglia. Soddisfazione dal Forum delle Famiglie. Il presidente Francesco Belletti parla di “svolta culturale”. Paolo Ondarza lo ha intervistato:

    R. – E’ molto importante che, finalmente, questo tema della conciliazione entri nell’agenda del Paese. E’ un bene perché c’è una responsabilità sia del padre e sia della madre nella cura dei piccoli. In Italia ci sono già delle buone leggi sui congedi parentali, ma quando un padre chiede di poter stare a casa per curare il figlio, si sente rispondere: “No, non hai tua moglie che può farlo?”. Forse non introdurrei il congedo come un "obbligo", lascerei maggiore libertà, anche se, forse, l'obbligo è l’unica garanzia per far sì che i datori di lavoro non si mettano di traverso.

    D. – Infatti è difficile abbattere resistenze culturali...

    R. – Credo che, più in generale, sia scandalosa la situazione del nostro Paese: la presenza di carichi familiari, da noi, è vissuta con sospetto o magari con fastidio dai contesti aziendali. In tanti altri Paesi europei, la flessibilità che protegge la famiglia è operativa: parlo di Paesi in cui magari le famiglie sono più fragili, ma al contempo ci sono molto part-time e molti sostegni per i figli. Nel nostro Paese si parla tanto di famiglia, ma quando un lavoratore o una lavoratrice chiedono di poter stare a casa per poter curare i propri figli piccoli, o magari per assistere i propri genitori anziani, in questo caso il mondo del lavoro ti butta fuori.

    D. – Il congedo per i papà rappresenta quindi un incentivo a far figli – anche se di fatto prevede un obbligo di soli tre giorni– ma è anche un modo per sottolineare come l’apporto dei padri sia fondamentale, dopo la nascita di un figlio...

    R. – Sì. Questa è una delle grandi battaglie del Forum. Dire, cioè, che la conciliazione famiglia-lavoro non è una questione prettamente femminile ma è una questione di famiglia. Credo che anche per gli uomini non sia il massimo dover vivere l’esperienza lavorativa con 10-12 ore di lavoro al giorno e senza poter recuperare tempo per le relazioni familiari e per la vita domestica. Diciamo, quindi, che l’iniziativa dei tre giorni ha un valore poco più che simbolico.

    D. – Le ricadute economiche per le aziende quali saranno, ci andranno a perdere?

    R. – Credo di no. Ci andranno a perdere i modelli organizzativi, e quindi dovranno inventarsi nuove possibilità di gestire la funzionalità degli uffici, dei lavori, senza una persona per tre giorni. Mi sembra un problema minimo, perché l’obbligo significa anche riconoscerlo come diritto. E credo che sarà riconosciuto dall’Inps come copertura finanziaria. Oggi, in Italia, ci sono aziende – come Luxottica, la Bracco o la Lubiam – che hanno lanciato, al proprio interno, una particolare attenzione alla conciliazione sul tema degli orari e dei turni. Questo genera maggior efficienza e maggior motivazione nei lavoratori e, di conseguenza, è una scelta di efficienza aziendale. Sulla conciliazione si costruisce il rilancio dell’impresa ed anche un rilancio del sistema economico nel suo complesso. Una donna che ha un uomo accanto nella cura dei figli ha qualche chance in più di rientrare nel mercato del lavoro. Peraltro, il presidente Giorgio Napolitano, proprio in occasione dell’8 marzo, ha affermato che sulla conciliazione famiglia-lavoro si costruisce anche la tutela della donna.

    D. – Siamo di fronte ad una svolta culturale?

    R. – Sì. La svolta culturale si sta innescando. Prima c’era maggior contrapposizione tra femminismo, tutela della donna e dimensione familiare. Oggi si capisce che la promozione della donna non può prescindere dallo sviluppo delle politiche familiari. La svolta culturale sta iniziando ad affermarsi. (vv)

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    Giornata del Pellegrino a Loreto. Mons. Tonucci: accogliere il sì di Maria nella nostra vita

    ◊   Sono oltre 2000, provenienti soprattutto dalle Marche dall’Umbria e dall’Abruzzo, i partecipanti alla settima edizione della Giornata del pellegrino organizzata per questa domenica nel Palazzo dello Sport di Loreto dall’Opera Romana pellegrinaggi. Durante l’incontro, che ha come tema “Il Pellegrinaggio, un cammino di educazione alla vita buona del Vangelo”, i fedeli compiono l’atto di affidamento alla Madonna di Fatima alla presenza della Statua pellegrina. Sul tema della giornata, ascoltiamo - al microfono di Marina Tomarro - il commento di mons. Giovanni Tonucci, arcivescovo prelato di Loreto e delegato pontificio per il Santuario della Santa Casa:

    R. – E’ un tema che si rifà alla campagna lanciata dalla Conferenza episcopale per il decennio che stiamo vivendo. Si nota che l’educazione ha perso un po’ della sua forza e soprattutto la famiglia ha perso la sua capacità di educare, di trasmettere i valori del Vangelo. La Chiesa quindi si fa carico di questa necessità e il tema viene ripresentato anche in occasione di questo pellegrinaggio per richiamare tutti a un dovere che ci appartiene.

    D. – Loreto è una meta di eccellenza dei pellegrinaggi mariani. Cosa cercano coloro che vengono a visitare la Santa Casa?

    R. – Quelli che venendo a Loreto sanno che cosa provano, vogliono cercare il silenzio, la tranquillità e la forza di un messaggio che non è devozionale ma è profondamente teologico. A Loreto si riflette sul sì di Maria all’annuncio dell’Angelo, per cui entrando nella Santa Casa è come se ci ponessimo ancora una volta all’ascolto di queste parole che naturalmente ci richiamano a un impegno nostro personale.

    D. - Nell’incontro c’è anche un collegamento con il patriarca Latino di Gerusalemme. Quanto sono vicine la Terra Santa e Loreto?

    R. - Loreto è un pezzo di Terra Santa. Abbiamo le due parti, Nazareth e Loreto, che si incontrano. Il collegamento con il patriarca Fouad Twal è qualcosa che nasce da un desiderio di scambio, ma nasce anche da una spontanea amicizia, che si alimenta in visite incontri e pellegrinaggi. Quindi vogliamo rinnovare questo vincolo, che sentiremo particolarmente vivo avendo un contatto diretto con il patriarca.

    Ma oggi cosa spinge le persone ad andare in pellegrinaggio? Ascoltiamo padre Cesare Atuire, delegato di Opera romana pellegrinaggi:

    R. - Quello che spinge le persone ad andare in pellegrinaggio è una specie di chiamata interiore. Quando uno sente questo bisogno di fare un cambiamento nella propria vita, magari sente proprio che c’è il bisogno di riempire l’anima di qualcosa di diverso: è così che molte persone poi decidono di partire verso questi luoghi che sono luoghi che sono stati toccati dalla mano di Dio.

    D. – Ma oggi quali sono i luoghi maggiormente frequentati dai pellegrini?

    R. – Naturalmente c’è Lourdes, Fatima, Santiago di Compostela e la Terra Santa, Gerusalemme. Ma non dimentichiamo che Roma è una meta di pellegrinaggio importante e molti pellegrini vengono a Roma. Ma se poi, dopo, vogliamo parlare dell’Italia, in particolare, allora i luoghi più frequentati dai nostri pellegrini sono Roma, come ho detto, San Giovanni Rotondo, Loreto, Pompei e Sant’Antonio di Padova, e naturalmente, anche Assisi. Questi sono luoghi importanti. Pertanto la geografia dei luoghi santi è presente in tutto il Paese. (bf)

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    Il Movimento dei Focolari ricorda il quarto anniversario della scomparsa di Chiara Lubich

    ◊   Molti gli appuntamenti promossi dal Movimento dei Focolari in tutto il mondo, durante il mese di marzo, per ricordare la fondatrice, Chiara Lubich, a 4 anni dalla scomparsa. Celebrazioni liturgiche, incontri ecumenici o interreligiosi, eventi culturali. “Chiara e le nuove generazioni” sarà il tema della manifestazione promossa al Centro Mariapoli di Castel Gandolfo che, questo pomeriggio, accoglierà soprattutto giovani. Il servizio di Adriana Masotti:

    Chiara Lubich e i giovani, ovvero il fascino di un ideale di vita proposto nella sua interezza, e subito accolto con entusiasmo e generosità. E’ il 1967, quando nasce ufficialmente il Movimento Gen, la seconda generazione del Movimento da lei fondato. La proposta di Chiara parla di Dio-Amore, di Vangelo e di un mondo unito. Un’utopia? Chiara Lubich era convinta di no:

    “Ciò che mi convince più di tutti, sapete chi è? Siete voi Gen, voi giovani … Perché voi non siete nati da una volontà umana: voi siete nati per volontà di Dio, perché è venuto sulla terra un carisma, che è il carisma proprio dell’unità. E voi siete stati informati di questo carisma e voi avete incominciato questa marcia del mondo verso l’unità”.

    E i giovani di allora, facendo proprio il carisma ricevuto, hanno trasformato la loro esistenza personale e il loro ambiente. Chiara Grillo, cantautrice, è una di loro:

    “Intanto, la bellezza della sua proposta, perché mi dava grandissima libertà. Noi avevamo rapporti con culture diverse, con ragazzi di altre nazioni. Tutto era possibile, con chiunque. Questo mi faceva sentire parte del mondo. Chiara ci invitava ad essere ‘uomo-mondo’. Chiara mi ha insegnato ad amare, in ogni situazione; Chiara mi ha insegnato che ogni cosa, se tu ami, è uguale: nulla è piccolo se è fatto per amore. Un’altra cosa che mi affascinava di Chiara era questo entrare nella pelle dell’altro. Mi ha aiutato tanto, questo, anche nel mio lavoro, perché studiare musica, cantare, perfezionarmi coincideva col crescere nell’entrare nella pelle dell’altro. Quindi, essere l’altro quando scrivo una canzone, per poter far sì che tutti possano capire”.

    A dare la sua testimonianza a Castel Gandolfo è anche Emanuele Pili, uno studente di Genova:

    “Ho incontrato l’ideale di Chiara una decina di anni fa, ed ero in ricerca. Chiara mi ha parlato di un amore che è universale e questo amore più grande, Chiara mi ha fatto capire che ha radici soltanto nella Croce di Gesù. Ho capito che l’unico modo veramente per passare qualcosa è quello di un amore spinto all’estremo; vuol dire, questo, amare fino a morire per gli altri”.

    Al termine della manifestazione, l’invito della presidente dei Focolari, Maria Voce, a fare di questo quarto anniversario dalla dipartita di Chiara Lubich un punto di partenza. Grati del dono ricevuto, dirà, comunichiamolo a quanti ci circondano per contribuire all’edificazione della fraternità universale: il “che tutti siano uno”, che è il sogno di Gesù. (gf)

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Soldato Usa spara contro civili afghani: è strage

    ◊   Shock e orrore in Afghanistan per la strage provocata da un soldato statunitense che, senza un apparente motivo, ha ucciso 16 civili, fra i quali diverse donne e bambini, nella provincia di Kandahar. Il militare, che soffriva di un esaurimento nervoso e la cui identità non è stata resa nota, ha lasciato la sua base nelle prime ore del mattino e ha aperto il fuoco contro tre abitazioni del villaggio di Alkozai. Dopo la sparatoria, il soldato si è costituito alle autorità americane. A confermarlo in una nota il comando Nato senza riferire ulteriori dettagli. Sull'episodio è stata aperta un'inchiesta che sarà condotta dalle autorità locali affiancate dagli americani.

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    Proseguono i raid israeliani a Gaza: ucciso dodicenne, 17 le vittime palestinesi

    ◊   Proseguono per il terzo giorno consecutivo i raid israeliani su Gaza: oggi hanno perso la vita un miliziano palestinese e un ragazzo di 12 anni. Dall’inizio di questa nuova ondata di violenze, il bilancio delle vittime palestinesi sale così a 17. Al contempo sono piovuti circa 120 razzi sul sud di Israele, causando il ferimento di almeno 4 persone. Adesso cresce il timore che le milizie palestinesi ricorrano a razzi con una gittata superiore in grado di raggiungere la periferia meridionale di Tel Aviv. Hamas, da parte sua, si è rivolto all'Egitto affinché faccia pressioni adeguate per fermare “l'aggressione israeliana”. All'origine di questa nuova escalation di violenza, l'uccisione venerdì a Gaza – con un'esecuzione mirata condotta da un velivolo israeliano – di Zuheir al-Kaisi, comandante dei Comitati di resistenza popolare, formazione armata alleata di Hamas.

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    Elezioni in Slovacchia: trionfo dei socialdemocratici

    ◊   Netta affermazione del partito socialdemocratico alle lezioni politiche svoltesi ieri in Slovacchia. Il partito dell’ex premier Robert Fico ha conquistato il 44,79 % dei voti ottenendo 84 seggi su 150. E’ la prima volta nella storia della Slovacchia, Paese ex comunista indipendente dal 1993, che un partito ottiene la maggioranza assoluta nel parlamento unicamerale. L'affluenza alle urne è stata del 59%. Il 47enne Fico, leader europeista della sinistra slovacca, aveva governato il Paese dal 2006 al 2010 traghettandolo nell'euro nel 2009. I nuovi obiettivi dichiarati sono il risanamento delle finanze pubbliche e il rilancio del welfare per difendere le classi meno abbienti.

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    Francia: riflessione della Chiesa sulle prossime presidenziali

    ◊   "Non possiamo più accontentarci di promesse"; occorre "un vero cambiamento, anzi un radicale rinnovamento nella nostra società. Abbiamo più che mai bisogno di speranza e di un potere politico che la incarni dando una direzione chiara, proponendo scelte coerenti ed eque in ambito sociale, economico, morale, ecologico". A poco più di un mese dalle elezioni presidenziali del 22 aprile (primo turno) e del 6 maggio (secondo turno) - riferisce l'agenzia Sir - mons. Norbert Turini, vescovo di Cahors, propone una breve riflessione (testo integrale su www.eglise.catholique.fr) . Rammentando che è "dovere di tutti i cittadini andare a votare", il presule spiega che "la Chiesa non dà indicazioni di voto" ma "la sua missione" è "illuminare le coscienze, nel rispetto della libertà di voto di ognuno". Di qui il richiamo al documento dello scorso ottobre "Elezioni: un voto per quale società?", del Consiglio permanente della Cef. "Votando – osserva mons. Turini - ognuno di noi" esprime "in un certo senso, attraverso la scelta che compie, che tipo di società vuole per sé, i propri figli e per il suo Paese". Per il presule "queste elezioni si svolgeranno in un clima di crisi globale, i cui effetti non hanno cessato di farsi sentire". Tempi che "chiedono a chi governa il nostro Paese, fino ai più alti livelli dello Stato, qualunque sia il suo colore politico, di raccogliere molte sfide". Tuttavia "l'avvicinarsi di un'elezione è anche una buona occasione per fare un esame di coscienza e scoprire su quali punti dobbiamo cambiare le nostre mentalità. Il potere politico, come ogni potere, ha i suoi limiti e quello che uscirà dalle urne non sfuggirà alla regola. Non bisogna aspettarsi più di quello che può dare. Non bisogna, soprattutto, idealizzarlo". Inoltre, "la crisi che stiamo attraversando – secondo mons. Turini - ci ha fatto comprendere che alcuni, se pure alla guida dello Stato, non bastano a risolvere tutti i problemi sociali e politici e a realizzare i nostri sogni di benessere, di grandezza e sicurezza materiale"; la crisi ricorda ad ogni cittadino che "egli è corresponsabile con coloro che lo governano del futuro del Paese". Infine, pur ribadendo che i vescovi non intendono offrire indicazioni di voto, il presule invita ad esaminare il modo in cui programmi e progetti di partiti e candidati affrontano i temi della vita nascente e del fine vita, della famiglia, dell'istruzione. Ma anche le questioni "città e periferie", ambiente, economia e giustizia, immigrazione, handicap, "costruzione europea", e laicità (relazioni Stato-Chiesa) sono punti chiave per operare con discernimento la propria scelta. (L.Z.)

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    Video su Kony, tiranno dei bambini soldato. Commento della Chiesa ugandese

    ◊   L’Uganda è divenuto all’improvviso “il centro del mondo” grazie a Internet: un video su Joseph Kony, definito “il tiranno dei bambini soldato” ha avuto oltre 70 milioni di spettatori su Youtube ed è stato diffuso in tutto il mondo grazie a blog e social media. Il documentario, chiamato “Kony 2012” e realizzato dalla Ong americana “Invisible Children”, racconta la vita dei bambini soldato in Uganda. I bambini sono assoldati dal “Lord's Resistance Army” (Lra), nota organizzazione militare guidata da Kony che lotta contro il governo ugandese dal 1987. In 25 anni, secondo il video, il Lra ha utilizzato oltre 20.000 bambini rapiti da tribù e villaggi, e sfruttato bambini e bambine per la prostituzione. Joseph Kony dal 2005 è ricercato dalla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja per crimini contro l’umanità e crimini di guerra. Secondo la Chiesa locale, il video ha il merito di aver riportato l’attenzione su un fenomeno e una guerra che ha creato immane sofferenza alla nazione. Commentando il video, mons. Juan José Aguirre, vescovo di Bangassou, ha dichiarato: “Ho contato ogni lacrima di questo popolo e lo incoraggio a non perdere la speranza. Soprattutto mi rivolgo alle tante famiglie che hanno visto i loro figli sequestrati e indottrinati con la forza e le figlie trasformate in schiave sessuali. Da molti anni la Chiesa ugandese segnala questo fenomeno ma nulla si è mosso. Ora che il mostro si è svegliato, voglia Dio, che possa sparire per sempre”. (R.P.)

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    Sud Corea: la Chiesa protesta contro la nuova base militare di Jeju

    ◊   I lavori di demolizione sull'isola di Jeju "non hanno senso. Noi viviamo in una democrazia, non in una dittatura. Ma il governo vuole concludere la sua base navale prima che arrivino le elezioni generali, e per questo non ascolta le legittime proteste della popolazione". A parlare all'agenzia AsiaNews è il vescovo di Jeju e presidente della Conferenza episcopale coreana, mons. Pietro Kang woo-il. Il presule si riferisce al cantiere aperto lo scorso 8 marzo sull'isola, dove dovrebbe sorgere una base militare navale. Il progetto, presentato nel 2008, era stato accolto da molte critiche da parte della società civile e della Chiesa ed era stato messo da parte. Fino all'arrivo delle squadre di lavoro, che hanno persino fatto esplodere alcuni tratti di costa. L'isola di Jeju si trova a sud della penisola, nello stretto di Corea ed è retta da un governo provinciale autonomo. É famosa per la natura incontaminata e per gli splendidi paesaggi. I dimostranti si oppongono alla costruzione della base navale per salvaguardare ambiente e turismo. Il governo afferma invece che la nuova base navale, del costo di 970 milioni di dollari Usa, è necessaria per la sicurezza nazionale. Secondo mons. Kang, "alla fine del 2011 l'Assemblea nazionale di Seoul ha bloccato lo stanziamento di fondi e i lavori. Si diceva che c'erano troppi problemi e che il progetto andava rivisto. Invece hanno iniziato: non capisco perché il governo si sia rifiutato di comunicare alla popolazione questo cambiamento. Non siamo sotto una dittatura". La questione non è soltanto locale: "Anche se rappresentano soltanto l'1 % della popolazione, i residenti di Jeju hanno la forza per opporsi. Qui c'è in ballo la pace nell'area, perché una base navale ridiscute tutti gli assetti già approvati. Ho parlato con il primo ministro e con altri ufficiali, ma non mi hanno dato risposte soddisfacenti". Sull'argomento è intervenuto anche mons. Mattia Lee Yong-hun, vescovo di Suwon e presidente della Commissione giustizia e pace della Conferenza episcopale. Con un comunicato, il presule ha condannato le esplosioni "che in realtà hanno colpito le opinioni dei residenti, e non solo la loro costa. Il governo sta erodendo la fiducia della popolazione, un grave errore". (R.P.)

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    L'arcivescovo di Pamplona per la "Javierada": dalla crisi nascerà la società della condivisione

    ◊   Il Castello di Saverio (Navarra, Spagna) dove è nato San Francesco Saverio, è stato anche quest’anno meta di pellegrinaggi durante la novena chiamata della “grazia” tra il 4 e il 12 marzo. Nella mattina di domenica scorsa si è svolta la prima marcia a piedi alla quale hanno partecipato oltre diecimila pellegrini provenienti non solo dalla provincia di Navarra ma anche da altre regioni spagnole. Seguendo un rito ormai tradizionale, tutti i pellegrini si sono radunati nella città di Sangüesa, a otto chilometri dal Castello di Saverio, da dove sono poi ripartiti a piedi recitando la Via Crucis. Al Santuario, poi, è stata celebrata l’Eucaristia – all’aperto. Nella sua omelia, mons. Francesco Perez, arcivescovo di Pamplona, ha affrontato in particolare due argomenti: la pacificazione della Navarra e dei Paesi Baschi, dopo tanti anni di terrorismo, e l’attuale crisi socioeconomica. Nel suo intervento ha chiesto la fine della violenza e la riconciliazione. “Solo il perdono e la giusta riparazione portano alla pace” ha detto. Riguardo all’attuale crisi socioeconomica ha affermato che per la carità e l’amore fraterno sono inammissibili misure di restrizioni economiche. L’arcivescovo di Pamplona era accompagnato da mons. José Ignacio Munilla, vescovo di San Sebastian, e da mons. Julian Martorell, vescovo di Huesca; insieme al padre gesuita Jose Luis Cincunegui, superiore del Santuario, hanno concelebrato circa 50 sacerdoti. Ieri, poi, ha avuto luogo la seconda marcia al Castello di Saverio. In questa occasione, l’arcivescovo di Pamplona ha ricordato a tutti l’impegno dei cristiani di offrire agli altri la luce della fede che permette alla società di trovare la sua vera identità. Riferendosi poi alla attuale crisi ha detto che la società del benessere sta per scomparire “e che sarà sostituita dalla società della condivisione, della convivenza e della fratellanza”. (A cura di padre Ignacio Arregui)

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    Lettera di Quaresima del vescovo di Port-Louis: la fede spinge ad impegnarsi per il bene comune

    ◊   È dedicata all’Anno della Fede – indetto da Benedetto XVI per il 2012-2013, a cinquant’anni dall’apertura del Concilio Vaticano II - la Lettera pastorale per la Quaresima scritta da mons. Maurice Piat, vescovo di Port-Louis, nelle Isole Mauritius. Suddivisa in quattro parti, la lunga missiva affronta la questione della fede nell’uomo e nel mondo contemporaneo, promuovendo l’evangelizzazione. “L’Anno della fede – scrive mons. Piat – ci invita a ritrovare l’audacia di condividere il Vangelo”, poiché “la fede è come una pianta che bisogna curare tutti i giorni”. Al primo punto, dunque, il presule pone la necessità di “risvegliare la fede”, superando i pregiudizi, rispondendo alla sete spirituale di ogni uomo, vivendo gioia del credere. Poi, scrive mons. Piat, bisogna “coltivare la fede”, soprattutto attraverso “una catechesi di iniziazione per gli adulti”, poiché “senza un’iniziazione cristiana degli adulti, nessuna vita comunitaria è possibile nella Chiesa”. Anche perché, continua il vescovo di Port-Louis, “per iniziare alla fede, bisogna innanzitutto aver iniziato se stessi”. Quindi, al terzo punto, mons. Piat pone “la condivisione della fede” resa nella “testimonianza di vita”: in questo contesto, il presule invita a ricordare che “la fede rende liberi, apre ad una fraternità più grande, spinge ad impegnarsi per il bene comune”. Infine, come ultimo punto, il presule ricorda l’importanza della “iniziazione cristiana dei bambini”, per la quale giocano un ruolo fondamentale la famiglia, la scuola e la parrocchia. In quest’ottica, mons. Piat ribadisce l’importanza, per le famiglie, della Messa domenicale, che può divenire uno “spazio intergenerazionale molto stimolante in cui le persone di ogni età ricevono il nutrimento spirituale adatto alla propria fede e, allo stesso tempo, possono condividere il tesoro della fede con gli altri”. A conclusione della sua Lettera pastorale, il vescovo di Port-Louis esorta i fedeli a guardare all’esempio della Vergine Maria, “donna di grande fede”: in suo onore, nella diocesi di Port-Louis, il 14 ottobre prossimo verrà celebrata una Messa solenne presso il monumento a “Maria Regina della Pace”. In quell’occasione, conclude mons. Piat, verrà inaugurato ufficialmente l’Anno della Fede a livello diocesano. (I.P.)

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    Polonia: iniziative proposte ai giovani per la Quaresima

    ◊   Da quando, nel 1992, è stato reintrodotto nelle scuole polacche l'insegnamento della religione soppresso dalle autorità del regime comunista, nel periodo della Quaresima gli studenti hanno diritto a usufruire di tre giorni di sospensione delle regolari attività didattiche per partecipare agli esercizi spirituali. In alcuni casi le giornate sono organizzate nelle scuole con la partecipazione di catechisti, genitori e insegnanti che il vescovo di Radom e responsabile per la pastorale dei giovani della Conferenza episcopale polacca, mons. Henryk Tomasik, definisce "preziosissima". Gli esercizi possono essere organizzati anche a livello parrocchiale, non di rado in collaborazione tra più parrocchie confinanti. Quest'anno – riferisce l’agenzia Sir - gli esercizi per studenti sono stati preceduti da un'approfondita discussione dei catechisti con mons. Tomasik finalizzata "a trovare delle modalità di svolgimento delle giornate di riflessione per massimizzare i loro frutti". Le ore di catechesi e di riflessione assumono forme e modalità diverse, il più possibile conformi alle necessità locali, e spesso sono arricchite da spettacoli teatrali, discussioni, conferenze e incontri. Tra i giovani sempre più popolari sono gli esercizi spirituali via internet. Padre Jozef Augustyn, in concomitanza con la Quaresima, propone agli internauti di fare un esame di coscienza, ricordando loro che i principi morali sono validi anche in rete: "L'anonimato della rete richiede una trasparenza morale la purezza del cuore e della mente". Tra le iniziative sul web dei gesuiti stanno riscuotendo una crescente popolarità la "Preghiera in cammino", sito internet creato in lingua polacca oltre un anno fa' su modello dell'inglese "Pray-as-you-go", e la proposta per ora unica al mondo dei benedettini della storica abbazia di Tyniec che hanno messo in rete, in formato audio digitale, tutta la Bibbia, accompagnandola con le osservazioni di molti tra i più noti conoscitori delle Sacre Scritture. La Bibbia è anche disponibile su Facebook dove si possono inserire commenti e avviare discussioni. (L.Z.)

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    Comece: plenaria di primavera e rinnovo delle cariche

    ◊   “Solidarietà come principio dell’Unione Europea”: è il tema che sarà sviluppato il 21 marzo nel corso di un incontro pubblico promosso dalla Comece (Commissione degli episcopati della Comunità europea) a Bruxelles a margine della riunione plenaria di primavera dell’organismo ecclesiale. La relazione, affidata a Michel Camdessus, già direttore del Fondo monetario internazionale e presidente onorario delle Settimane sociali di Francia, giungerà a chiusura della prima giornata di lavori dell’assemblea Comece che proseguirà fino al 23 marzo, durante la quale i vescovi delegati dalla Conferenze episcopali eleggeranno il nuovo presidente e quattro vice presidenti. La prima giornata della plenaria farà inoltre il punto degli impegni svolti dalla Commissione e fisserà i prossimi per il 2012 e 2013. Il presidente uscente, mons. Adrianus Van Luyn (Rotterdam), presenterà un suo rapporto, seguito da quello del segretario generale, mons. Piotr Mazurkiewicz. La seconda giornata svilupperà, grazie al contributo di alcuni esperti, il tema centrale dell’assemblea, legato alla “dignità di ogni persona che invecchia” e alla “necessità di una maggiore solidarietà intergenerazionale”. Nel corso della tre-giorni si parlerà anche delle attività del Consiglio d’Europa e di quelle del Ccee. È infine prevista la presentazione del “European Office for Catholic Youth and Adult Education”. (R.P.)

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    Al Festival del Cinema di Guadalajara il dramma dei migranti centroamericani

    ◊   Gli immigrati clandestini negli Stati Uniti in pochi anni rifonderanno il sistema politico e sociale di quel Paese: ad affermato è il sacerdote messicano Alejandro Solalinde che ha presentato a Guadalajara un documentario sul rifugio per i migranti del quale è responsabile nello Stato meridionale di Oaxaca. “Stanno diventando una rivoluzione nascosta, silenziosa, che rifonderà gli Stati Uniti e li farà diventare una vera democrazia” ha detto ad una agenzia di stampa padre Solalinde. Padre Alejandro Solalinde, molto conosciuto per la sua attività a favore dei migranti, partecipa al Festival Internazionale del Cinema di Guadalajara, dove presenta un documentario sul suo centro di accoglienza per i migranti centroamericani situato ad Oaxaca, nel Messico del sud. Il sacerdote ha detto che il flusso migratorio sta crescendo di giorno in giorno a causa delle pessime condizioni economiche dei Paesi del Centro America, e questo "dimostra il fallimento" del sistema e delle istituzioni di governo in Messico e negli Stati Uniti. La nota inviata all’Agenzia Fides illustra il contenuto del film presentato a Guadalajara. Il documentario "El albergue" (2012) mostra il centro fondato da padre Solalinde, che fornisce cibo, riparo e consulenza agli uomini e alle donne che lasciano i paesi dell'America centrale e attraversano il Messico per raggiungere il "sogno americano" negli Usa. Il film mette in luce gli abusi e i sequestri commessi dalla criminalità organizzata, in complicità con le autorità messicane, contro quanti cercano di raggiungere gli Stati Uniti e si fermano qualche giorno nel centro di accoglienza, situato a Ciudad Ixtepec, Stato di Oaxaca, un punto geografico "strategico" per contrabbandare armi, droga e persone, ha sottolineato padre Solalinde. (R.P.)

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    Debutto di Music Visions, un video musicale che celebra la maternità

    ◊   Ha debuttato Music Visions, un progetto no-profit che produce video musicali orientati a valori che cercano di costruire una cultura della vita, intrattenere e ispirare le generazioni future, formato da un team di professionisti appassionati di musica e desiderosi di dare visibilità a nuovi artisti, con un messaggio positivo di fede, di gioia e di speranza. Il debutto ufficiale è avvenuto con il lancio di "Beside You", un video musicale che celebra la gioia della maternità. Girato a Roma, scritto ed interpretato da Mario Maneri e dagli attori Giulia Perelli e Gian Marco Tavani, il video musicale è diretto da Manuel de Teffé, direttore e fondatore di Music Visions che spiega le motivazioni alla base dell'iniziativa. "Abbiamo scelto questo campo perché il video musicale è di gran lunga il contenuto più popolare su Internet: nella Top 20 mondiale di YouTube, tra i contenuti più guardati di tutti i tempi e in tutte le categorie, sedici sono video musicali. Stiamo parlando, quindi, di più di quattro miliardi di telespettatori” afferma Teffè. “L'impatto sociale dei video musicali attraverso YouTube ed altri canali è innegabile, - aggiunge - ma purtroppo oggi la cultura dei video musicali non rispetta più la dignità della persona umana. Centinaia di milioni di giovani trascorrono gli anni più formativi della loro vita a guardare video musicali, che spesso promuovono uno stile di vita apertamente distruttivo”. “Sembra che non venga lasciato nessuno spazio agli altri artisti che, nonostante il loro talento, non possono condividere la loro musica semplicemente per la mancanza di un video musicale ben prodotto. Music Visions vorrebbe cambiare la situazione". È stato possibile realizzare Music Visions grazie alla collaborazione con Radio Catholic and Television Network e il patrocinio di Aiuto alla Chiesa che Soffre. Grazie a queste organizzazioni, il progetto avrà la possibilità, quindi, di presentare la cultura della vita attraverso i nuovi canali di comunicazione, dove i giovani d’oggi cercano i loro valori. Music Visions è alla ricerca di artisti di talento con canzoni ancora inedite; di sponsor che capiscono l'importanza di questa sfida culturale e di emittenti interessate a dare una possibilità a qualcosa di audace e nuovo. Organizzazioni internazionali pro-life sono invitate a contattare Music Visions per vedere come questi video musicali possono servire alla missione più grande: promuovere una cultura della vita. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 71

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.org/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Barbara Innocenti.