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Sommario del 09/03/2012
Matrimonio e famiglia al centro del discorso del Papa ai vescovi Usa
◊ L'insegnamento delal Chiesa sulla famiglia e sul matrimonio è stato al centro del discorso del Papa al gruppo dei vescovi statunitensi, incontrati stamani in Vaticano per la visita ad Limina. Benedetto XVI denuncia il tentativo di "alterare la definizione legale di matrimonio". Il servizio di Fausta Speranza:
Il Papa chiede di “sviluppare una pastorale chiara e norme liturgiche per una degna celebrazione del matrimonio” che – aggiunge – “comporti una testimonianza non ambigua delle oggettive esigenze della morale cristiana”. Benedetto XVI parla di “carenze nella catechesi degli anni recenti” e spiega che carenze ci sono state nella comunicazione della dottrina della Chiesa cattolica che in tema di Sacramento del matrimonio e di castità è chiara. Il Papa nel suo discorso ricorda alcuni punti fermi: “il Sacramento del matrimonio è indissolubile”, “le differenze sessuali nella definizione di matrimonio non possono essere considerate irrilevanti”. Parla della ricchezza della “visione cristiana della sessualità umana e della castità”, della “specifica comunione delle persone, essenzialmente radicata nella complementarietà dei sessi e orientata alla procreazione”. Il Papa ricorda che tale dottrina è espressa dal magistero del dopo Concilio e presentata nel Catechismo della Chiesa cattolica e nel Compendio della Dottrina sociale della Chiesa. E afferma: “C’è bisogno che tali insegnamenti siano ricollocati al loro giusto posto nella preghiera e nelle indicazioni catechetiche”.
Benedetto XVI parla di “crisi del matrimonio e della famiglia”, della “crescente pratica della convivenza che – dice - viene praticata “spesso da parte di coppie che non sono consapevoli del fatto che si tratta di una situazione gravemente peccaminosa”. “Per non dire – aggiunge – che danneggia la stabilità della società”. A questo proposito il Papa ricorda i tanti problemi della società attuale che non tutela a sufficienza la famiglia. E denuncia le "correnti culturali che cercano di alterare la definizione legale di matrimonio". Poi il Papa spende parole di apprezzamento per l’impegno dei vescovi statunitensi nelle loro diocesi: attraverso le parrocchie, le scuole, gli organismi umanitari, assicurano - dice - che ci siano “persone che stanno accanto a quanti sono in situazioni matrimoniali difficili, in particolare divorziati e separati, genitori single, madri giovanissime e donne che prendono in considerazione l’aborto, così come – aggiunge - minori che soffrono le conseguenze della rottura della famiglia”.
Il Papa alla Penitenzieria Apostolica: la nuova evangelizzazione parte anche dal Confessionale
◊ La Confessione sacramentale è via per la nuova evangelizzazione: è questo il cuore dell’intervento del Papa, in Aula Paolo VI, rivolto ai partecipanti al Corso su Foro interno promosso dalla Penitenzieria Apostolica, che si chiude oggi. Ai circa 1.300 presenti, accompagnati dal penitenziere maggiore, il cardinale Manuel Monteiro de Castro, Benedetto XVI ha chiesto un rinnovato coraggio pastorale nella pedagogia delle comunità cristiane per proporre la pratica del Sacramento della Riconciliazione. Il servizio di Debora Donnini:
Il legame fra la Confessione sacramentale e la nuova evangelizzazione: su questa unione si snoda il discorso del Papa ai partecipanti al Corso promosso dalla Penitenziaria Apostolica. Prima di tutto, afferma, “la nuova evangelizzazione trae linfa vitale dalla santità dei figli della Chiesa, dal cammino quotidiano di conversione personale e comunitaria per conformarsi sempre più profondamente a Cristo”. Tramite la confessione, il peccatore pentito “abbandona l’uomo vecchio per rivestirsi dell’uomo nuovo” e dunque “solo chi si è lasciato profondamente rinnovare dalla Grazia divina, può portare, in se stesso, e quindi annunciare la novità del Vangelo”. La reale conversione dei cuori “è il motore di ogni riforma e si traduce in vera forza evangelizzattrice”. Benedetto XVI ribadisce quindi l’appello di Giovanni Paolo a “un rinnovato coraggio pastorale”, perché “la quotidiana pedagogia delle comunità cristiane sappia proporre in modo suadente ed efficace la pratica del sacramento della Riconciliazione”. Nella nuova evangelizzazione e nel Sacramento della Penitenza, aggiunge Benedetto XVI, bisogna far riscoprire il volto di Cristo “come colui nel quale Dio ci mostra il suo cuore compassionevole”:
“In un’epoca di emergenza educativa, come la nostra, in cui il relativismo mette in discussione la possibilità stessa di un’educazione intesa come progressiva introduzione alla conoscenza della verità, al senso profondo della realtà, quindi come progressiva introduzione al rapporto con la Verità che è Dio, in tale epoca i cristiani sono chiamati ad annunciare con vigore la possibilità dell’incontro dell’uomo di oggi e Gesù Cristo, in cui Dio si è fatto così vicino da poterlo vedere e ascoltare”.
Il Sacramento della Penitenza aiuta, quindi, a volgere lo sguardo a Dio perché entri nella nostra vita:
“La certezza che Dio è vicino e nella sua misericordia attende l’uomo, anche quello coinvolto nel peccato, per guarire le sue infermità con la grazia del Sacramento della Riconciliazione, è sempre una luce di speranza per il mondo”.
Chi si rivolge al Sacramento della Confessione sperimenta in se stesso il desiderio di cambiamento. Ai sacerdoti il Papa ricorda quindi che sono “protagonisti di tanti possibili nuovi inizi” dei penitenti che si accosteranno alla Confessione, tenendo presente che il significato di ogni novità “non consiste tanto nell’abbandono o nella rimozione del passato, quanto nell’accogliere Cristo” capace di “illuminare tutte le zone d’ombra”:
“La nuova evangelizzazione, allora, parte anche dal Confessionale! Parte cioè dal misterioso incontro tra l’inesauribile domanda dell’uomo, segno in lui del Mistero Creatore, e la Misericordia di Dio, unica risposta adeguata al bisogno umano dell infinito”.
“Se la celebrazione del Sacramento della Riconciliazione sarà questo, - aggiunge - se in essa i fedeli faranno reale esperienza di quella Misericordia che Gesù di Nazaret, Signore e Cristo, ci ha donato, allora diverranno essi stessi testimoni credibili di quella santità, che è il fine della nuova evangelizzazione”. E tutto questo, se è vero per i fedeli laici, acquista ancora maggiore rilevanza per i sacerdoti, ricorda Benedetto XVI: il ministro del Sacramento collabora all’evangelizzazione rinnovando per primo la coscienza del bisogno di accostarsi al perdono sacramentale, perché “si rinnovi l’incontro con Cristo”. “Chi vi incontra – è l’augurio del Papa – (…) possa proclamare “abbiamo incontrato il Messia”. In questo modo ogni confessione “rappresenterà un passo in avanti della nuova evangelizzazione”.
Scomparso a 91 anni il cardinale José Sanchez. Il Papa: "un'anima nobile"
◊ Un ricordo grato per “un’anima nobile”. Lo scrive Benedetto XVI in un telegramma di cordoglio riferendosi alla scomparsa, avvenuta oggi, del cardinale José T. Sanchez, prefetto emerito della Congregazione per il Clero. Il porporato è morto nelle Filippine all’età di 91 anni e per molti anni – ricorda il Papa – aveva servito la Santa Sede sotto il Pontificato del Beato Giovanni Paolo II. “Prego – scrive Benedetto XVI – affinché la sua testimonianza possa ispirare altri a dedicare la loro vita al servizio del Signore e della sua Santa Chiesa, specialmente nel sacerdozio”.
Predica di Quaresima. P. Cantalamessa: se non c'è la fede l'evangelizzazione è propaganda
◊ La divinità di Cristo, lo Spirito Santo, la Trinità, la conoscenza di Dio: sono gli argomenti che il predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa, svilupperà per quattro venerdì nelle prediche di Quaresima al Papa e alla Curia Romana. Stamattina, nella Cappella Redemptoris Mater del Palazzo apostolico, il religioso cappuccino ha spiegato che quest’anno offrirà riflessioni sui grandi dottori della Chiesa orientale: Atanasio, Basilio, Gregorio Nazianzeno e Gregorio Nisseno, “per vedere cosa ognuno di essi dice a noi oggi”. Da qui il titolo del ciclo delle prediche “Ricordatevi dei vostri capi. Imitatene la fede”. Il servizio di Tiziana Campisi:
Imparare dai Padri della Chiesa “l’approfondimento della propria fede, riscoprire, dietro di essi, la ricchezza, la bellezza e la felicità del credere, passare (…) da una fede creduta a una fede vissuta”: padre Raniero Cantalamessa ha scelto di “attingere slancio e ridare freschezza al nostro credere”, ricorrendo all’insegnamento dei “giganti della fede”. E ha cominciato da Sant’Atanasio, vissuto fra il III e IV secolo, il primo, tra l’altro, ad avere rivendicato la libertà della Chiesa anche in uno Stato cristiano. Merito grande del vescovo di Alessandria è stato quello di spiegare la piena divinità di Cristo, che è Figlio, generato dal Padre ma non creato:
"La divinità di Cristo è oggi (…) la verità con la quale la Chiesa sta o cade".
Da qui, ha aggiunto il predicatore della Casa Pontificia, “il problema vitale per l’uomo d’oggi”: stabilire "in che modo viene giustificato il peccatore, quando neppure si crede più di avere bisogno di una giustificazione, o si è convinti di trovarla in se stessi”. La risposta, come dice Atanasio, è proprio Cristo:
"La divinità di Cristo è la pietra angolare che sorregge i due misteri principali della fede cristiana; la Trinità e l'incarnazione. Essi sono come due porte che si aprono e si chiudono insieme. Scartata quella pietra, tutto l'edificio della fede cristiana crolla su se stesso: se il Figlio non è Dio, da chi è formata la Trinità?".
C’è da demolire in credenti ed uomini di Chiesa, ha proseguito padre Cantalamessa, “la falsa persuasione di credere già, di stare a posto per quanto riguarda la fede. Bisogna provocare il dubbio (…) per poterci mettere poi alla ricerca di una fede più autentica”. Perché – insegna Atanasio – “la fede nella divinità di Cristo non è possibile, se non si fa anche l’esperienza della salvezza operata da Cristo”. “Senza questa – ha proseguito – la divinità di Cristo diventa facilmente un’idea, una tesi, e si sa che a un’idea si può sempre opporre un’altra idea, e a una tesi, un’altra tesi”. Ma come fare esperienza di tale salvezza?. “Leggendo la parola di Dio (e prendendola per quello che è, parola di Dio!) – ha concluso il predicatore della Casa Pontificia”, amministrando e ricevendo i sacramenti, soprattutto l’Eucaristia, luogo privilegiato della presenza del Risorto, esercitando i carismi, mantenendo un contatto con la vita della comunità credente, pregando”. La divinità di Cristo “illumina, rischiara l’intera vita cristiana. Senza la fede nella divinità di Cristo: Dio è lontano, Cristo resta nel suo tempo, il Vangelo è uno dei tanti libri religiosi dell’umanità, la Chiesa una semplice istituzione, l’evangelizzazione una propaganda, la liturgia rievocazione di un passato che non c’è più, la morale cristiana un peso tutt’altro che leggero e un giogo tutt’altro che soave”.
Santa Sede. Orientamenti sessuali: no a discriminazioni, ma no anche a diritti speciali
◊ L’osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio Onu di Ginevra, mons. Silvano Maria Tomasi, ha tenuto due discorsi alla sessione del Consiglio per i diritti umani in corso nella città elvetica: il primo, ieri, sul tema della violenza contro i bambini nel mondo, il secondo, pronunciato stamane, sulla questione delle discriminazioni in base agli orientamenti sessuali e all’identità di genere. Ascoltiamo mons. Tomasi a partire da quest’ultimo intervento. L’intervista è di Sergio Centofanti:
R. – Ho voluto ribadire, a nome della Santa Sede, che i nuovi tentativi di creare diritti per minoranze, per piccoli gruppi non portano nella direzione giusta, nel senso che mentre vogliamo rispettare la dignità e prevenire violenza e discriminazione contro qualsiasi persona, incluse le persone che hanno un comportamento sessuale diverso, si vuole insistere sul fatto che i principi proclamati nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo già prevedono e già provvedono che non ci sia questa discriminazione, per cui arrivare a proporre eventualmente dei diritti particolari va a indebolire il principio dell’universalità dei diritti come è stata finora intesa. Questo è il punto cruciale, mi sembra, da dover tenere in considerazione. E poi, adesso parliamo di risposta a tendenze che alcuni Stati e alcuni gruppi di pressione stanno promuovendo, cioè il diritto non solo al rispetto e alla non discriminazione delle persone che hanno comportamenti sessuali diversi, ma addirittura in alcuni Stati è stato introdotto il matrimonio tra persone dello stesso sesso che comporta una interpretazione nuova di questa istituzione. Dobbiamo quindi prendere posizione e cercare di far capire come, nell’interesse della società e nell’interesse del bene comune, questi passi non portino a conclusioni positive.
D. – Lei è intervenuto anche sulla questione dell’identità di genere, della teoria del “gender”, che va oltre la categoria di “uomo” e “donna” …
R. – Sì: parte di questa nuova cultura che sta emergendo è la teoria del genere. Questa teoria del genere si basa su una ideologia, cioè: io non sono uomo o donna perché sono nato con identità fisiche molto precise, che il Creatore mi ha dato, ma io posso definire in maniera ideologica quello che oggi sono, che domani posso essere, cambiare la mia identità e quindi agire poi di conseguenza, in base a questa costruzione ideologica di quella che io considero essere la mia identità sessuale. E questo pone un principio per cui se noi partiamo dal presupposto che la realtà non conta, perché quello che conta è come io costruisco la realtà, creiamo le premesse per una grande confusione, non solo: ma anche possibilità di conflitti e di autodistruzione. Il realismo cristiano parte dall’essere come tale, da come un tavolo è un tavolo e una pera è una pera e una pianta o un fiore sono quello che sono: per quanto io cerchi di cambiarli nella mia immaginazione, rimangono quello che sono. Così anche per le persone: dobbiamo partire da questa premessa fondamentale. Poi, dobbiamo naturalmente tener conto che ci sono comportamenti sessuali diversi. Lì, la società dovrà avere rispetto, salvaguardare la dignità di tutte le persone ma allo stesso tempo fare in modo che le soluzioni legislative per queste situazioni non indeboliscano la famiglia, perché il primo dovere dello Stato è la protezione della famiglia. Quindi, garantire attraverso questa istituzione fondamentale la continuità della società. Di fatto, vediamo che in tutta la storia e nella totalità delle Costituzioni degli Stati moderni, c’è sia una definizione di matrimonio tra uomo e donna sia clausole per la protezione della famiglia. Davanti quindi alle nuove idee di genere - costruzione ideologica dovuta a comportamenti che rispondono semplicemente a impulsi o a tendenze che sono di particolari gruppi - dobbiamo stare molto attenti sia a non discriminare queste persone, ma allo stesso tempo a mantenere forte e chiara la tradizione e la legislazione internazionale degli Stati, che vede la famiglia soprattutto come bene comune e la vede intesa come unione stabile di un uomo e di una donna, in vista di un’eventuale procreazione.
D. – Lei ha avuto anche un altro intervento sulla violenza contro i bambini...
R. – Sì, di fatto, se noi guardiamo alla situazione attuale, vediamo che ci sono ancora forti problemi di violenza contro i bambini: ci sono circa 300 mila bambini che sono forzatamente reclutati in gruppi di combattimento, per sostenere più di 30 conflitti nel mondo; ci sono poi circa 115 milioni di bambini, su un totale di 215 milioni di minori lavoratori, che sono costretti a lavori pericolosi. Quindi, la necessità di enfatizzare e di richiamare l’attenzione della comunità internazionale su questa realtà è abbastanza urgente. Ci sono poi una varietà di tipi di violenze contro i bambini: c’è purtroppo la violenza in famiglia, a scuola o nei centri di detenzione, dove, per esempio, bambini minorenni che sono in cerca di asilo politico o di una soluzione alla loro vita, vengono trattenuti. Davanti a questa realtà, la Chiesa ha voluto anche rimediare a quella triste esperienza che abbiamo vissuto in questi ultimi anni della violenza sessuale contro i bambini da parte di ministri religiosi, di persone che ufficialmente dovrebbero rappresentare le loro Chiese e invece hanno tradito questo senso di fiducia e hanno abusato di bambini. Ho voluto poi mettere l’accento forte sul fatto che la Chiesa cattolica si sia veramente impegnata a prendere delle misure molto strette e molto esigenti. Infatti, parliamo di tolleranza zero davanti a queste situazioni di persone di Chiesa che abusano di bambini sessualmente, per prevenire che questi fatti riaccadano in futuro e fare in modo che i bambini siano protetti nelle istituzioni della Chiesa. Dobbiamo, però, anche essere molto realistici. Questa triste esperienza non capita solo nelle Chiese. Purtroppo ci sono numerosi casi di abuso che vengono commessi in famiglia, nell’ambiente quotidiano di vita e attività dei fanciulli. Questo crea una doppia responsabilità per la comunità internazionale: non solo quella di educare al rispetto dei bambini, ma anche quella di provvedere alle leggi, a meccanismi di protezione, affinché siano davvero efficaci, ricordando che i bambini sono il futuro della società. (gf, ap)
Padre Lombardi: prosegue l'impegno della Santa Sede per la trasparenza finanziaria
◊ Il Rapporto annuale americano sulla “International Narcotics Control Strategy” ha citato quest’anno la Santa Sede nella lista dei Paesi oggetto di “concern” dal punto di vista del riciclaggio di denaro o altri crimini finanziari. Ciò ha richiamato una certa attenzione e dato luogo a diversi commenti spesso non bene informati. In proposito abbiamo posto alcune domande al direttore della Sala Stampa, padre Federico Lombardi:
D. - Padre Lombardi, il Rapporto americano ha suscitato interrogativi, perché inserisce la Santa Sede fra i Paesi oggetto di “concern”…
R. - Anzitutto bisogna osservare bene con quali criteri i vari Paesi vengono inseriti nelle diverse liste del Rapporto. Si tratta di una serie complessa di criteri, tra cui si trovano sia i volumi di flussi di denaro oggetto di riciclaggio, sia le normative attuate nel campo della lotta al riciclaggio, sia altri fattori. Tanto vero che nella lista dei Paesi oggetto di “primary concern”, quindi di maggiore attenzione, non c’è la Santa Sede, ma ci sono l’Italia, la Francia, la Germania, il Regno Unito e gli stessi Stati Uniti, ovviamente date le dimensioni dell’economia e quindi dei problemi di riciclaggio in questi Paesi.
D. - Ma ha colpito il fatto che sia la prima volta che il Rapporto nomina la Santa Sede. E’ un indice di nuove preoccupazioni?
R. - La Santa Sede è inserita per la prima volta fra i Paesi di cui parla il Rapporto. Ciò ha suscitato domande, ma in realtà non deve affatto stupire. Il Rapporto stesso nota infatti che proprio nel corso del 2011 la Santa Sede è diventata osservatore attivo di Moneyval, ha avviato cioè il suo inserimento partecipativo nel sistema internazionale di controlli dell’attività finanziaria per la lotta contro il terrorismo e la droga. E’ quindi naturale che ora sia inserita nel Rapporto a differenza del passato.
D. - Ma non è strano o preoccupante che la Santa Sede sia inserita nella lista dei Paesi oggetto di “concern”?
R. - No. E’ naturale che la Santa Sede sia recensita nel Rapporto in questa categoria. Questa è infatti la categoria in cui si trovano i Paesi che sono oggetto di ulteriore valutazione quanto all’efficacia delle normative contro i crimini finanziari. Ciò corrisponde alla situazione attuale della Santa Sede, che ha fatto domanda di avviare il processo di valutazione da parte di Moneyval, processo che – com’è noto – è in corso e richiederà ancora diverse tappe e diverso tempo. La Santa Sede ha già messo e sta attivamente mettendo a punto leggi, regolamenti e provvedimenti in tal senso. Si può osservare, ad esempio – come appare da una delle Tabelle -, che il Rapporto in questione riguarda lo scorso anno e quindi non è ancora informato della recente ratifica da parte della Santa Sede di alcune convenzioni internazionali, avvenuta appunto in gennaio.
D. - Quindi, nessun nuovo motivo di “scandalo” finanziario per la Santa Sede?
R. - No, al contrario, direi che la notizia dell’inserimento della Santa Sede nel Rapporto americano, per chi lo sa leggere, è una “non notizia”, o se si vuole una “buona notizia”, in quanto riflette esattamente la realtà dell’impegno attivo attuale della Santa Sede per una piena trasparenza delle attività economiche e finanziarie.
Mons. Zimowski: testimoniare l’amore nelle ultime fasi della vita
◊ Stare accanto nelle ultime fasi della vita “significa testimoniare l’Amore, rispettare la Vita ribadendone il significato di valore non negoziabile, dal suo inizio al suo naturale termine, accettare ed amare la vulnerabilità testimoniando vicinanza, empatia, pietas”. E’ quanto ha affermato in un messaggio l’arcivescovo Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, ad un Convegno dedicato al fine-vita presso l’Auditorium della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma.
“Come è oramai ben noto – ha sottolineato - la malattia non coincide mai solo con i suoi sintomi ed il dolore dell’organo malato ma si ripercuote inevitabilmente sull’intero organismo e coinvolge tutte le dimensioni della persona, travalicando il solo aspetto fisico e giungendo a quello psicologico e spirituale. Perciò – ha proseguito - la fragilità umana ‘ben compresa’ è un invito all’uomo ad aprirsi ad orizzonti più alti, al superamento di sé stessi. In tal senso, il Beato Giovanni Paolo II nella Sua Lettera Apostolica ‘Salvifici Doloris’ afferma sul senso della sofferenza umana: «anche se all’uomo sono note e vicine le sofferenze proprie del mondo degli animali, tuttavia ciò che esprimiamo con la parola ‘sofferenza’ sembra essere particolarmente essenziale alla natura dell’uomo. Ciò è tanto profondo quanto l’uomo, appunto perché manifesta a suo modo quella profondità che è propria dell’uomo, ed a suo modo la supera. La sofferenza sembra appartenere alla trascendenza dell’uomo: essa è uno di quei punti nei quali l’uomo viene in un certo senso ‘destinato’ a superare sé stesso, e viene a ciò chiamato in modo misterioso»”.
Il presule ha quindi sottolineato che “la condizione di fragilità non sminuisce ma esalta la preziosità singolare della vita umana ed, al contempo, rende ancora più forte ed urgente l’esigenza di prendersene cura in ogni circostanza e contesto, in particolar modo in situazione di malattia grave ed inguaribile”. Citando ancora la Salvifici doloris ha ricordato che «la dignità della persona umana non dipende certo dalla sua efficienza o da quanto essa “valga” agli occhi degli altri». Ha quindi esortato gli operatori sanitari ad essere “custodi e servitori della vita umana”, “custodi di un incontro tra una fiducia ed una coscienza”, ovvero “di una relazione in cui la fiducia di un uomo bisognevole, poiché infermo, si affida” alla coscienza dell’operatore “chiedendo non solo perizia professionale ma, sempre, personale partecipazione alla propria condizione”. Mons. Zimowski ha concluso con le parole di Benedetto XVI nell’Enciclica Spe Salvi: “la misura dell’umanità si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza e col sofferente”.
Aperto il concorso di musica sacra " F. Siciliani" col patrocinio del dicastero della Cultura
◊ Nasce un nuovo Concorso internazionale di composizione per un’opera di musica sacra e il Pontificio Consiglio della Cultura sceglie di patrocinarlo. “Innesterà sul tronco del patrimonio musicale liturgico la linfa vitale del linguaggio di oggi e arricchirà il prossimo Anno della fede”: lo ha detto il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del dicastero vaticano, presentando oggi a Roma la competizione nata in collaborazione con la Sagra Musicale Umbra e la Fondazione Perugia musica classica. Il servizio di Gabriella Ceraso:
Ci sarà tempo fino al 20 luglio per compositori di ogni età e nazionalità per presentare una opera per coro con o senza organo, di massimo 15 minuti su un testo obbligato, ovvero il "Credo Apostolico". Una sfida e uno stimolo, nello stesso tempo, a mediare tra antico e moderno cui il Pontificio Consiglio tiene in modo particolare, anche in vista del contributo che il concorso potrà dare all’Anno della fede. Il cardinale Gianfranco Ravasi:
“La vera spiritualità, la vera fede, di sua natura suppone ininterrottamente questa capacità di diventare un linguaggio anche contemporaneo. E’ quando è solo religiosità che allora diventa conservazione, schema fisso …”.
E la stessa cosa vale in ambito musicale. Ancora il porporato:
“Da una parte, bisogna sempre recuperare la grande tradizione, anche di opere a volte minori, che però hanno in sé una straordinaria e sorprendente capacità evocativa del Mistero. Dall’altra parte, però, bisogna ininterrottamente ritessere il dialogo tenendo conto che la musica ha adottato effettivamente nuove grammatiche”.
Il testo obbligato su cui mettersi alla prova sarà dunque quello del Credo, non il "Niceno-costantinopolitano", ma il più antico che si fa risalire agli Apostoli e che ha una speciale apertura ecumenica:
“Offre la possibilità di una ritrascrizione anche molto sobria, ieratica appunto, come è il linguaggio tipico della liturgia, ma anche da concerto, se si vuole, per la musica sacra perché è un testo sacro. E soprattutto, può essere anche ecumenico perché non ha un problema di tipo teologico, il problema del 'filioque', lo Spirito Santo che discende dal Padre e dal Figlio, che non è riconosciuto all’interno dell’ortodossia, cioè dalle Chiese ortodosse. Quindi, se un musicista dell’Oriente cristiano intesse la sua musica su questo testo, avremo la possibilità di proporlo anche almeno ad un pubblico completamente diverso, come quello delle Chiese ortodosse”.
I tre finalisti si esibiranno il 14 settembre nella Basilica di San Pietro a Perugia e saranno premiati anche dal pubblico e dalla critica oltre che da una Giuria di tre illustri direttori di Coro: don Massimo Palombella, alla guida della Cappella Sistina, Filippo Maria Bressan, fondatore dell’Athesis Chorus e già all’Accademia di Santa Cecilia, e Gary Graden, che guida gli svedesi della Chiesa di St. Jacob. Alberto Batisti è il presidente della Sagra Umbra:
“Io credo che l’espressione della musica sacra, anche in una contemporaneità, non possa prescindere dal coro. Questo anche per facilitare poi l’esecuzione: perché tutte le chiese hanno un coro, mentre non necessariamente le chiese hanno un’orchestra o un gruppo di strumenti”.
A guidare la giuria è il georgiano Giya Kancheli, un compositore “super partes” secondo Alberto Batisti:
“Non appartiene alla tradizione cattolica; non appartiene nemmeno al 'main stream' della musica contemporanea. Appartiene a sé stesso, essenzialmente, e ha una fortissima spiritualità. La musica di Kancheli è veramente una musica grondante spiritualità”.
Il nuovo concorso è intitolato a Francesco Siciliani, per 50 anni "anima" della Sagra Musicale Umbra, una delle più antiche rassegne musicali d’Europa da sempre consacrata all repertorio spirituale, e questo nell’intento di perseguire il suo spirito e il suo esempio di illuminato operatore musicale. (gf)
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Il discorso di Benedetto XVI nell'incontro con i vescovi statunitensi in visita ad limina apostolorum.
La nuova evangelizzazione parte anche dal confessionale: il Papa ai partecipanti al Corso sul foro interno organizzato dalla Penitenzieria Apostolica.
Nell'informazione internazionale, in primo piano l'economia: esito positivo per le iniziative di riduzione del debito greco.
Giuseppe e i suoi fratelli: l'arcivescovo di Parigi, Jean-Marie Lustiger, sull'esempio di Roncalli sul rapporto tra cristiani ed ebrei.
Qualcosa di nuovo sugli etruschi: Maurizio Sannibale sulle testimonianze inedite o poco conosciute esposte ad Asti.
Una diga di grazia plebea all’avanzata del barocco: Giuliano Zanchi sulla mostra di Carlo Ceresa allestita al Museo Bernareggi e all’Accademia Carrara di Bergamo.
Musica liturgica contemporanea: il Pontificio Consiglio della Cultura promuove un concorso internazionale di composizione.
Halal o kosher purché si sappia: nell'informazione religiosa, il dibattito in Francia sulla macelleria rituale.
Tensione tra Roma e Londra dopo il tragico blitz in Nigeria
◊ Rischio di crisi diplomatica tra Italia e Gran Bretagna, dopo il fallito blitz condotto ieri in Nigeria da Forze speciali britanniche e nigeriane, nel quale sono stati uccisi due tecnici stranieri: l’italiano, Franco Lamolinara, e il britannico, Chris McManus, ostaggi del gruppo islamico Boko Haram. Drammatici i particolari della vicenda: i due sarebbero stati trucidati dai terroristi con colpi d’arma da fuoco alla testa. Intanto, il presidente del Consiglio italiano, Mario Monti, chiede una ricostruzione dettagliata di quanto avvenuto. Sulla vicenda, che rischia di raffreddare i rapporti tra Roma e Londra, Giancarlo La Vella ha intervistato Arduino Paniccia, docente di Studi Strategici all’Università di Trieste:
R. – Credo sia assolutamente da evitare lo scontro diplomatico di due Paesi europei componenti della Nato, il cui obiettivo è naturalmente quello di combattere il terrorismo internazionale, che si è dato un nuovo volto: ha scelto infatti altre aree e sostanzialmente in buona parte si è trasferito in Africa, non solo nelle aree che conosciamo – come la vicenda della Somalia – ma ormai decisamente anche in Nigeria. Dobbiamo anche conoscere meglio i particolari: è chiaro che, se vi sono state delle discrepanze nelle operazioni, queste sono state dovute anche al fatto che l’iniziativa è stata condotta in buona parte dalle forze nigeriane, e quindi è ovvio che il presidente del Consiglio Monti si sia rivolto al presidente nigeriano.
D. – Secondo lei, si sta sottovalutando l’entità di un gruppo come Boko Haram che si ispira, ormai in modo palese, ad Al Qaeda?
R. – L’abbiamo sottovalutato e abbiamo sottovalutato pure tutto quello che è capitato anche in altre aree, nei confronti dei cristiani e dei cattolici, perché non siamo riusciti ancora a decifrare la nuova strategia di Al Qaeda la quale, rispetto al passato, assume caratteristiche di guerra religiosa in maniera sempre più forte. Direi che valga la pena riflettere più su questo, che sugli scontri diplomatici e di potere, che naturalmente fanno parte della vita degli Stati e delle nazioni. E e direi che stiamo trascurando la sostanza per andare molto spesso soltanto sulla forma.
D. – Secondo lei, costituirebbe motivo di distensione una ridistribuzione delle ricchezze, soprattutto a livello di greggio, di cui dispone la Nigeria?
R. – Certamente. Abbiamo trascurato sicuramente la valutazione di un rapporto vero con questo continente, che tra l’altro per noi – sponda mediterranea d’Europa – è fondamentale. Anche per loro è fondamentale il rapporto con l’Unione Europea, che adesso va assolutamente ripreso. Il tentativo di avere governi migliori e più giusti, che riescano in qualche modo a essere meno corrotti e meno penetrabili, come per esempio lo sono state le invasioni cinesi in Africa che presentano aspetti assolutamente oscuri. Riguardo tutto questo, non solo non abbiamo più convocato conferenze internazionali, né approfondito questo tema così da far appannare da tempo anche l’opera delle Nazioni Unite, ma finisce che ci scontriamo senza però vedere i nodi di fondo. (cp)
Crisi economica: Grecia salvata dallo "swap". Ora via libera agli aiuti europei
◊ "L'adesione allo swap ha superato l'85%". A comunicarlo il ministero delle finanze di Atene. Una volta ratificato l'accordo le istituzioni internazionali potranno dare il via libera alla seconda tranche di aiuti da 130 miliardi senza i quali il Paese sarebbe entrato in default. Ma cosa è uno swap? Salvatore Sabatino lo ha chiesto all’economista Gianfranco Viesti, dell’Università di Bari:
R. – E’ uno scambio. I creditori danno indietro i loro titoli e non li incassano più, in cambio ne ricevono altri che però hanno un valore più basso, una scadenza più lunga e interessi più contenuti. Quindi, ci perdono i creditori ma è l’unico modo per salvare la vita al debitore, altrimenti gli rimarrebbe in mano solo carta straccia.
D. – Questa è una modalità che fa emergere quello che era realmente il rischio di default del Paese …
R. – Certo: così il Paese non fallisce, perché sono formalmente i creditori che accettano questo scambio. Se si fosse arrivati al fallimento con un “non ti pago e basta”, tutto ciò avrebbe avuto conseguenze a catena. Così invece viene fatta una specie di transazione.
D. – Chi è che viene effettivamente a perderci?
R. – Soprattutto chi ha guadagnato tantissimi interessi comprando quei titoli greci, sapendo che erano a rischio. Quindi, prevalentemente il sistema bancario, soprattutto quello francese e tedesco rispetto a quello degli altri Paesi, e i grandi investitori che avevano questi titoli.
D. - A questo punto la Grecia può dirsi salva?
R. – Abbiamo fatto metà dell’opera, ora dobbiamo fare l’altra metà. La metà fatta è quella di mettere un po’ in sicurezza il bilancio e quindi far sì che le autorità greche abbiano i soldi per pagare gli stipendi e per tenere in vita il Paese. Non si va però da nessuna parte se non c’è crescita economica, in Grecia come nel resto d’Europa. Con la mano destra quindi abbiamo frenato i pericoli, ora con la mano sinistra dobbiamo agire per rilanciare le attività.
D. – Salvare la Grecia, quanto garantisce una sicurezza maggiore per l’intera Europa?
R. – Questo risultato, che non era scontato, è buono perché la circostanza più preoccupante di tutta questa crisi è appunto il contagio, cioè il fatto che passi da un Paese all’altro senza necessariamente che questo sia nazionale. E’ come quando tutti si spaventano e cominciano a correre all’impazzata. Abbiamo messo un punto ma non siamo ancora salvi. Guardandoci indietro è un buon risultato, ma siamo ancora a metà dell’opera.
D. – Più fonti dicono che il picco della crisi economica è superato. E’ veramente così o c’è un pericolo che si arrivi ad un nuovo allarme?
R. – Ahimé, nel picco ci siamo! Soprattutto in Italia abbiamo una forte recessione, ora avremo anche gli effetti dei tagli ancora del governo Berlusconi e dell’aumento delle tasse del governo Monti. Questo 2012 è duro, molto duro. Certamente, quello che conta in economia è guardare avanti alle prospettive che ci sono. In Europa, ma anche in Italia, circola un po’ di ottimismo sul fatto che a fine d’anno le cose possano migliorare, però la strada è molto lunga. Bisogna tenere ben salda la situazione nel corso di tutto quest’anno. (cp)
Alfano: no sfiducia a Riccardi. Sulla vicenda l'opinione di Patriarca delle Settimane Sociali
◊ Il segretario del Pdl, Angelino Alfano, ha detto che non ci sarà alcuna sfiducia nei confronti del ministro Andrea Riccardi e di aver già informato il premier italiano, Mario Monti. La vicenda oggi comunque occupa ampio spazio sui giornali. Alessandro Guarasci ha chiesto un commento a Edoardo Patriarca, segretario del Comitato Organizzatore delle Settimane Sociali dei Cattolici Italiani:
R. – Io, di questi fuori-onda, ne ho sentiti tanti e di peggiori. Probabilmente ad Andrea Riccardi è sfuggita questa battuta, fra l’altro una battuta – se devo proprio essere sincero – che è nella bocca di tantissimi italiani, rispetto a questa politica, a questo modo di rapportarsi con la politica. Il continuare a fare polemica su questa battuta mostra forse qualche altro obiettivo: mi riferisco ai problemi dentro al Pdl, che sono evidenti a tutti, mi riferisco ai problemi del Pd, che sono, anche quelli, raccontati tutti i giorni. Proviamo a parlare di cose più serie. La domanda che farei ai partiti è sapere come il Pdl intenderà prepararsi alla prossima competizione elettorale. E mi piacerebbe domandare a Bersani come il Pd intenderà prepararsi, e anche domandare a Casini cosa intenda fare dell’Udc, del suo progetto spesso evocato, che mi pare non trovi però ancora uno sbocco. Forse gli italiani vogliono sapere questo.
D. – Secondo lei, Riccardi non sarà stato attaccato anche per alcune posizioni per esempio sull’immigrazione? E’ sorprendente che questi attacchi arrivino anche da esponenti cattolici come Gasparri?
R. – Riccardi è conosciuto e quando è stato scelto si sapeva bene quali fossero le sue posizioni, quelle della Comunità di Sant’Egidio e, direi, anche il loro impegno. E mi pare che Sant’Egidio, a Milano e in altre città, svolga un’opera preziosa. Mi meraviglia che si meraviglino. Credo che un ministro, se viene chiamato, certo dovrà tenere conto del quadro generale, ma non potrà rinunciare alle sue competenze, al suo percorso formativo, culturale.
D. – Secondo lei, dunque, la gente è più interessata a che cosa fa Riccardi, a che cosa pensa, piuttosto che ad una diatriba di tipo politico?
R. – Mi pare che le dichiarazioni di Riccardi siano state tutte improntate sulla prudenza, sul realismo, anche quando si è discusso della cittadinanza ai ragazzi, ai bambini, nati in questo nostro Paese. Tra l’altro, devo dire, e lo ricordo ai cattolici tutti, questa è stata un’indicazione che è emersa con chiarezza e convinzione dalle Settimane Sociali dei cattolici. Stupisce che alcuni cattolici si stupiscano, perché questa è stata una posizione condivisa. Credo che questo lavoro debba essere portato avanti con pazienza e convinzione, uscendo da questi opposti estremismi, che avevano legato l’immigrazione al tema della sicurezza e al tema forse utopistico dell’accogliere tutti sempre e comunque. (ap)
La Cina ammette trapianti di organi da condannati a morte
◊ I condannati a morte giustiziati sono in Cina la fonte principale di organi per i trapianti, a causa della carenza di donatori volontari. E’ quanto ha reso noto il ministro cinese della Salute, Huang Jiefu, sollevando reazioni di sdegno a livello internazionale. L’ammissione scuote ma il fenomeno era noto, come spiega, nell’intervista di Fausta Speranza, il prof. Nanni Costa, direttore del Centro Nazionale Trapianti di Roma:
R. - La Cina in campo trapiantologico ha un dato negativo: una parte dei donatori d’organo sono i soggetti condannati a morte. Questo è un fatto inaccettabile sul piano etico tanto che lo stesso governo cinese ha riconosciuto questo fatto e negli ultimi anni sta cercando di incrementare la pratica della donazione nei soggetti ricoverati negli ospedali in condizione di morte accertata con criteri neurologici, cioè nelle stesse condizioni in cui le donazioni vengono fatte nel mondo occidentale.
D. – Dunque in qualche modo sta prendendo atto della drammatica questione?
R. – Esistono colloqui fra il governo cinese e l’Organizzazione Mondiale della Sanità che sono in questa direzione ma ci sono stati anche impegni pubblici del governo cinese in questo senso. Le agenzie che sono arrivate in questi giorni ci dicono tuttavia che esiste una reale difficoltà del sistema cinese a modificare le procedure, almeno in una loro parte rilevante.
D. – Qual è il peso dell’opinione pubblica, quali sono le convinzioni che stanno dietro questa pratica?
R. – Io non credo ci sia il peso dell’opinione pubblica. In Cina viene fatto un numero molto elevato di trapianti all’anno: 10.000. La Cina è il secondo Paese per numero di trapianti dopo gli Stati Uniti, il secondo Paese al mondo. Purtroppo è un sistema che è cresciuto su un’inaccettabile modalità di prelievo degli organi dai condannati e nel momento in cui il governo cerca in qualche modo di uscire rispetto a questo problema si trova di fronte, da una parte, a una richiesta terapeutica proveniente dai pazienti in lista di attesa e, dall’altra parte, a una procedura inaccettabile. Tornare indietro, ragionevolmente, non è semplice, ma io credo che la modalità giusta dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sia proprio quella di cercare di lavorare per introdurre all’interno del sistema cinese elementi giuridicamente analoghi a quelli che ci sono nel resto del mondo occidentale: cioè, se non si innestano nel sistema buone pratiche il problema è irrisolvibile.
D. – Accenniamo anche ad altre situazioni internazionali di emergenza nella questione trapianti…
R. – Credo che la Cina, per i volumi, sia la situazione più difficile sul piano mondiale e la nostra valutazione è l’assoluta inaccettabilità, dal punto di vista etico, dei comportamenti. Non esiste un’altra situazione così drammatica. Esiste, invece, - cerchiamo di guardarla in positivo - dal 2008, una posizione ufficiale di tutte le organizzazioni mondiali, in un trattato, che è il Trattato di Istanbul, nel quale viene detto con chiarezza quali sono le pratiche da sostenere e quali sono le pratiche inaccettabili. Ad esempio, è inaccettabile la pratica che viene definita del “turismo trapiantologico” che riguarda non il prelievo di organi da soggetti messi a morte ma riguarda la donazione di reni da parte di soggetti deboli che vengono pagati per dare l’organo a pazienti provenienti da altri Paesi. Non avviene nei Paesi dell’Unione Europea: questo va detto con chiarezza. Però c’è una posizione nei Paesi emergenti o in altri continenti che è assolutamente negativa come valutazione rispetto a queste pratiche. L’Oms e tutte le organizzazioni internazionali, comprese le organizzazioni scientifiche, hanno preso una forte posizione contro ogni forma di turismo trapiantologico. C’è un sostegno invece alla direzione opposta, che è quella della autosostenibilità dell’attività di trapianto in ogni Paese. Quindi ogni Paese è chiamato a cercare di fare tutto il possibile per aumentare il numero dei trapianti e per evitare questi viaggi di turismo trapiantologico. (bf)
Rapporto Studi strategici: il mondo cambia, specie quello arabo, l'Onu va aggiornata
◊ E’ stato presentato ieri al parlamento italiano il rapporto dell’Osservatorio di politica internazionale sull’"Analisi dei rischi strategici" per il 2012. Secondo gli esperti, i prossimi mesi, soprattutto sull’onda della “primavera araba”, saranno ancora all’insegna dei cambiamenti: non tutti i segnali, tuttavia, devono essere fonte di preoccupazione. E’ quanto ha spiegato al microfono di Davide Maggiore l’ambasciatore Giancarlo Aragona, presidente dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale:
R. – Nel linguaggio corrente, si parla molto di crisi e di tensioni. In molti casi, queste crisi sono piuttosto dei fenomeni di risveglio sociale. Nel mondo arabo sono stati dei fenomeni spontanei, molto diversi da Paese a Paese, ma tutti caratterizzati da questo risveglio della società che, appunto, non ha però ancora trovato i suoi assetti. Io non parlerei di crisi, parlerei piuttosto di un risveglio sociale che poi deve incanalarsi in forme istituzionali stabili, in forme istituzionali democratiche. E’ chiaro che il mondo attraversa una fase di grande dinamismo, in cui altre aree invece attraversano momenti più difficili.
D. – Ad esempio, elementi di tensione provengono dall’area dell’Africa subsahariana...
R. – Effettivamente, l’Africa subsahariana denuncia fenomeni anche vistosi di instabilità, di violenze, di tensioni e queste violenze e tensioni, già gravi di per sé, sono suscettibili di far sentire i loro effetti in un’area anche molto più vasta. Guardiamo ad esempio alla situazione nel Corno d’Africa. Le instabilità, i cosiddetti fallimenti dello Stato, le tensioni interne favoriscono anche insediamenti terroristici: sono dei fatti che dobbiamo considerare naturalmente in tutta la loro potenziale gravità.
D. – Rispetto agli ultimi dodici mesi, esistono invece scenari in cui è avvenuta un’evoluzione in senso pacifico o c’è stato un allentamento della tensione?
R. – I segnali positivi, a mio avviso, sono tutto sommato maggiori dei segnali negativi, soprattutto se si guarda al medio o lungo termine. Certamente, dinamiche sociali, dinamiche politiche in molte parti del mondo sono accompagnate da instabilità, anche da violenze, però a lungo termine sono suscettibili nel portare a società più giuste, società più aperte, società più democratiche. Quindi, come è giusto, noi crediamo che da questi fenomeni poi scaturisca anche una maggiore stabilità internazionale. Direi che la tendenza generale non necessariamente deve, ma può portare a sbocchi positivi. Guardando poi più all’immediato, vi sono dei casi certamente di sviluppi positivi in concreto, sia nel mondo arabo e in fondo anche in Myanmar.
D. – Sullo sfondo resta il nodo dell’azione per risolvere o prevenire gli sviluppi preoccupanti dei diversi scenari. Di fronte a una comunità internazionale a volte paralizzata, e a Stati nazionali spesso troppo piccoli per "pesare" da soli, esiste un’alternativa?
R. – Indubbiamente, il governo globale, “the global governance”, ha bisogno di un ripensamento profondo. E quando parlo di “global governance” non parlo solo della “global governance” economica: penso anche alla “global governance” politica, quindi, al ruolo delle Nazioni Unite, delle organizzazioni regionali. In un mondo che cambia in maniera prepotente, anche le strutture di governo globale, che sono state pensate 50 o 60 anni fa, debbono essere adeguate. Quello che porterebbe un apporto decisivo è anche una più forte presenza e un ruolo più incisivo dell’Europa.(ap)
Il priore generale dei Carmelitani: cresce tra i cristiani la sete della Parola di Dio
◊ In questo periodo di Quaresima sono tante le iniziative nelle chiese di tutto il mondo che ripropongono la Lectio divina, ovvero la meditazione orante della Parola di Dio. Una pratica risalente agli albori del cristianesimo e caldeggiata in modo particolare da Benedetto XVI. Oggi, alle 18.30, nella Chiesa romana di Santa Maria in Traspontina, retta dai Carmelitani, si svolge il 200.mo incontro di Lectio divina. La meditazione sarà guidata dal priore generale dei Carmelitani, padre Fernando Millán Romeral. Sergio Centofanti gli ha chiesto quale sia il cuore della Lectio divina:
R. - Il cuore è veramente la Parola. Molte volte puntiamo - forse troppo - sulle persone che fanno il commento, sugli autori, mentre la Lectio ci ricorda sempre che il cuore è la Parola di Dio: Dio che parla e il credente che ascolta. Perciò la Lectio non è una questione “accademica”, non è una questione di riti, è soprattutto un atteggiamento spirituale. Perché la Lectio possa funzionare è molto importante un atteggiamento di silenzio, di ascolto, di meditazione.
D. - San Giacomo ci dice “Siate di quelli che mettono in pratica la Parola, e non soltanto ascoltatori illudendo voi stessi”. Come far fruttare questo ascolto?
R. - Anche questo aspetto è molto importante, perché la Parola viene ascoltata, viene meditata, c’è questa celebre “ruminatio”, vale a dire, lasciamo che la Parola entri veramente in noi e possa veramente fruttificare. Però la Parola ci fa missionari dello stile di vita del Vangelo. Dunque l’ultimo traguardo della Parola è assecondare la vita stessa, cambiare la nostra realtà e cambiare la realtà che ci circonda.
D. - Ma oggi, c’è sete della Parola di Dio tra i cristiani?
R. - Io penso che ci sia una sete veramente grandissima. Penso che molti cattolici abbiano riscoperto la centralità della Parola. Fa impressione vedere come tanti credenti, tanti fedeli, quando partecipano a questa Lectio divina, riscoprono l’importanza, la vivacità della Parola, nella loro vita di fede. È un mondo nuovo che si apre, che dovremmo già conoscere. Però a volte è una scoperta, è una vera novità.
D. - Come evitare il rischio di un approccio individualistico alla Sacra Scrittura?
R. - Questo è sempre stato un pericolo, un rischio. E appunto questa pratica della Lectio divina, combina queste due possibilità: l’ascolto comunitario - nel senso che non ascoltiamo la Parola da soli - e la riflessione personale, cioè dobbiamo far sì che la Parola possa entrare nel nostro cuore, nel cuore di ognuno. Dunque questi due poli, questi due elementi, l’aspetto comunitario e l’aspetto personale, ci arricchiscono, e fanno in modo che la Parola possa fruttificare. Dunque una lettura individualista, una lettura meramente a livello di studio, necessaria in parte, ma non completa, se non letta all’interno della comunità e della Chiesa.
D. - Benedetto XVI in questi anni di Pontificato, più volte ha invitato alla pratica della Lectio divina...
R. - Addirittura nella Verbum Domini, il Papa ha confermato l’indulgenza plenaria a coloro che partecipano alla Lectio. Dunque è un Papa veramente innamorato della Parola, della centralità e dell’importanza della Parola nella vita cristiana.
D. - Duecento incontri di Lectio divina in Santa Maria in Traspontina: qual è la sua esperienza?
R. - Se penso ai duecento incontri, il primo sentimento che provo è quello di ringraziamento verso tutti coloro che hanno partecipato, verso tutti coloro che fanno il loro possibile per prendere parte a questa esperienza, e soprattutto, provo un po’ di sano orgoglio. Sono molto fiero che questi Carmelitani e tutti i collaboratori, dall’autunno del 1996 fino ad oggi, in maniera continuativa senza interruzione, hanno preparato questi incontri ed hanno avvicinato tante persone alla Parola di Dio. Noi Carmelitani siamo nati nella Terra Santa, sul Monte Carmelo e siamo fortemente legati alla figura di Elia. Abbiamo un nocciolo spirituale, carismatico, legato alla Parola. Penso che quello che facciamo sia un servizio umile, ma la nostra Lectio Divina qui a Roma è sicuramente un servizio ottimo alla Chiesa di Dio.
India. Ucciso cattolico accusato ingiustamente di stregoneria
◊ Nello Stato indiano dell’Orissa, la conversione al cattolicesimo può costare la vita. È quanto dimostra l’ennesimo omicidio ai danni di un membro della comunità cristiana accusato ingiustamente di praticare la “stregoneria”. Secondo le prime ricostruzioni dei fatti, riportate dall’agenzia Fides, nella tarda serata del 3 marzo scorso, Goresa Mallick, un uomo di circa 50 anni, del villaggio di Salimagocha, aveva partecipato a una riunione con 16 abitanti di un villaggio indù vicino. Dopo aver bevuto insieme, il gruppo stava tornando a casa. A un certo punto, i 16 uomini hanno assalito l'uomo, gli hanno tagliato il collo e hanno poi bruciato il corpo nella foresta. Il giorno dopo, i familiari, venuti a conoscenza dell’episodio, hanno presentato una denuncia alla polizia. Secondo gli inquirenti - che hanno fermato i presunti assassini e stanno continuando le indagini - il movente del delitto è la “stregoneria”. Goresa Mallick lascia moglie e tre figli che negano ogni coinvolgimento di Mallick in pratiche esoteriche. Sulla vicenda ha fatto chiarezza padre Jeebanta Nayak, viceparroco nella chiesa di S. Antonio di Padova, raccontando che l’uomo si era convertito al cattolicesimo da cinque mesi e che non aveva mai praticato la stregoneria. I killer, riferisce padre Nayak alla Fides, “sono analfabeti e credono fortemente nella superstizione”, ricordando, che in passato, vi sono stati almeno altri tre episodi di persone uccise per false accuse di stregoneria. (M.G.)
La Caritas del Sud Sudan elabora un piano per le migliaia di sfollati nel Paese
◊ Una settimana di incontri per disegnare un piano di solidarietà per una delle aree più afflitte del pianeta, il Sud Sudan. È quanto è accaduto a Juba, dove da martedì scorso fino a ieri si sono riuniti una sessantina di delegati, giunti dalle sette diocesi del Sud Sudan ma anche da Stati Uniti, Italia, Francia, Belgio e altri Paesi europei per discutere de bisogni di decine di migliaia di sfollati sud sudanesi. “Il nostro obiettivo – ha detto durante i lavori alla Misna Gabriel Manjeth, segretario generale di Caritas Sud Sudan – è riuscire a portare assistenza in tutte le aree di crisi, dalla zona di Abyei alle regioni di Unity e Jonglei, dove decine di migliaia di sfollati hanno bisogno di cibo, medicine e ripari”. Caritas Sud Sudan è nata a novembre, quattro mesi dopo la proclamazione d’indipendenza del nuovo Stato da Khartoum. Il piano strategico discusso in questi giorni dovrà essere approvato dalla Conferenza episcopale del Sudan, durante una riunione in programma a giugno. (A.D.C.)
Siria, nuove vittime nel venerdì di protesta. Congresso Usa vota nuove sanzioni
◊ In Siria, è di almeno 38 morti, fra cui tre bambini, il bilancio provvisorio dell’odierna giornata di proteste in tutto il Paese, come è consuetudine nel venerdì di preghiera islamica. Lo riferiscono i comitati locali d’opposizione, precisando che la maggior parte delle vittime si registrano nella città ribelle di Homs. Intanto, ferve l’attività diplomatica internazionale per porre fine alla crisi siriana: la Commissione per gli Affari esteri del Congresso Usa ha approvato nuove sanzioni nei confronti del governo di Damasco. La Russia si è invece opposta al nuovo progetto di risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'Onu, che definisce “non equilibrato”. Il ministro degli Esteri di Mosca, Sergei Lavrov, ha iniziato oggi una missione diplomatica per mediare sulla situazione. Lavrov farà tappa prima a Il Cairo, per incontri con le sue controparti della Lega araba, e poi a New York, per una serie di colloqui a margine della riunione di lunedì del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Infine, la Cina ha annunciato l’invio di un suo emissario a Riad, il Cairo e Parigi per illustrare un piano di pace in sei punti proposto domenica scorsa e già accettato dal governo di Bashar al-ssad. (A cura di Marco Guerra)
Perù: accordo Chiesa-Stato per l’assistenza religiosa nelle carceri
◊ Promuovere, incoraggiare e sviluppare l'assistenza religiosa e le attività complementari legate al reinserimento sociale dei detenuti ospitati nelle carceri del Paese, attraverso l’azione della Pastorale carceraria in ciascuna giurisdizione ecclesiastica. Con questo intento, i rappresentanti della Conferenza episcopale peruviana (Cep) e dell'Istituto Nazionale Penitenziario del Perù (Inpe) hanno firmato un accordo che rinnova i legami di cooperazione tra le due istituzioni. Secondo quanto riferisce la Fides, l'incontro si è svolto il 7 marzo nell'auditorium della Conferenza episcopale, a Lima, alla presenza di mons. Salvador Piñeiro, arcivescovo di Ayacucho e presidente della Conferenza episcopale peruviana, del dottor Juan Jimenez Mayor, ministro della Giustizia, e del dottor Jose Luis Pérez Guadalupe, capo dell’Inpe. Allo stesso tempo – riferisce una nota dei vescovi – si cercherà di stabilire, attraverso i direttori delle prigioni e in coordinamento con la Commissione pastorale della Chiesa cattolica, quali siano i meccanismi e i requisiti necessari perché il programma di lavoro per la promozione umana e lo sviluppo personale, portato avanti dalla Commissione pastorale, sia accettato come parte del trattamento dei detenuti, maschi e femmine, e la loro partecipazione possa essere considerata nelle relazioni psicologiche e sociali. (M.G.)
L’Ue contro lo sfruttamento minorile nelle piantagioni di cacao
◊ L’Unione Europea, “quale principale consumatore mondiale di cacao, deve assicurarsi che non ci sia sfruttamento della forza lavoro minorile durante la raccolta delle fave di cacao”. È uno dei passaggi salienti della risoluzione – di cui da notizia il Sir – che sarà votata nella sessione plenaria dell’Europarlamento in programma a Strasburgo dal 12 al 15 marzo prossimi. Il testo si pone l’obiettivo di proporre un accordo internazionale sulla produzione e commercio del cacao che vincoli i firmatari a migliorare le condizioni di lavoro in questo settore, specialmente per evitare lo sfruttamento minorile. Una nota del parlamento europeo segnala in proposito che, “secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro, oltre 215 milioni di bambini in tutto il mondo vengono utilizzati come manodopera” e alcuni studi indicano in particolare che i “bambini potrebbero essere stati obbligati a lavorare nelle fattorie di cacao in Ghana e in Costa d’Avorio”. Nel testo dell’accordo, l’articolo 42 stabilisce che i Paesi aderenti “si adopereranno per migliorare il tenore di vita e le condizioni di lavoro delle persone che lavorano nel settore del cacao, compatibilmente con il loro grado di sviluppo e in ottemperanza dei principi riconosciuti a livello internazionale”. (M.G.)
Brasile. Presto in vigore legge sulla parità dei salari tra uomini e donne con stesse mansioni
◊ Il Brasile fa un passo avanti nella sfida della parità dei diritti tra uomo e donna. Questa volta, riferisce la Misna, è un progetto di legge già approvato dal Congresso – e in attesa solo della firma della presidente, Dilma Rousseff, per entrare in vigore – a stabilire che tutte le aziende che, a parità di mansioni, verseranno alle donne salari più bassi rispetto agli uomini saranno sanzionate con una multa equivalente a cinque volte la differenza accumulata per l’intera durata del contratto. Il progetto ha ottenuto anche l’approvazione della Commissione dei diritti umani del Senato brasiliano in modo unanime e “terminativo”, vale a dire senza la necessità di una votazione plenaria, così come era già accaduto alla Camera. Secondo dati dell’Istituto brasiliano di geografia e statistica, le donne in Brasile ricevono in media un salario equivalente al 70% di quello degli uomini: nel 2010 percepivano pari a circa 430 euro mensili, a fronte dei 610 degli uomini. “L’accesso delle donne al mercato del lavoro sta crescendo in modo notevole, ma continuano a guadagnare di meno. Questo cambierà solo se si applicheranno sanzioni”, ha dichiarato ai giornalisti da Brasilia il deputato Marcal Filho del ‘Partido do Movimento Democrático Brasileiro’ (Pmdb, coalizione di governo), promotore dell’iniziativa. (A.D.C.)
Giappone. Mons. Ikenaga: il terremoto ci ha mostrato il sostegno del mondo
◊ A un anno dal disastroso terremoto e del conseguente tsunami che hanno colpito il Giappone orientale, il presidente della Conferenza episcopale del Paese e arcivescovo di Osaka, mons. Leo Jun Ikenaga, ha scritto una lettera a tutti i fedeli, invitandoli a pregare affinché le vittime della tragedia "possano godere dell'eterno riposo nelle mani di Dio e perché le aree colpite dal disastro possano essere ricostruite il prima possibile, in modo che le persone che le abitano possano ricostruire anche le loro vite”. Nella lettera, di cui da notizia AsiaNews, il presule si rivolto anche ai vescovi giapponesi chiedendo loro di celebrare in tutte le diocesi una Messa di commemorazione “in modo da unire la nazione nella preghiera”. Inoltre, è previsto un incontro di preghiera con i membri delle altre denominazioni cristiane. Mons. Ikenaga ha quindi sottolineato come l’emergenza in questione abbia “mostrato l’amore del mondo” per il Giappone. “Dopo questo terremoto – ha aggiunto – abbiamo potuto riscoprire quanto sia meraviglioso il sostegno del popolo e della comunità umana. Le donazioni sono iniziate ad arrivare da tutto il mondo. Inoltre, esperti da tutto il mondo hanno offerto un generoso sostegno per mantenere al minimo i danni provocati dal disastro nucleare”. L’arcivescovo di Osaka ha poi garantito che le attività di volontariato organizzate dalla diocesi di Sendai e dalla Caritas giapponese andranno avanti grazie alle offerte dei fedeli del Paese e delle chiese di varie nazioni, ma anche grazie all’impegno sul campo di chi non è cattolico. “Questo impegno andrà avanti per molti anni ancora", ha scritto infine mons. Ikenaga. "Quindi, abbiamo di continuo bisogno di volontari e di impegno. Io chiedo a tutti voi di continuare a sostenere la ricostruzione come potete, con la preghiera e con l'azione, oggi e in futuro”. (M.G.)
Cina: la comunità cattolica impegnata in un intenso cammino quaresimale
◊ Gli scrutini dei catecumeni, i ritiri spirituali e diverse occasioni per rafforzare la fede: sono le iniziative che contraddistinguono l’intenso cammino quaresimale dei cattolici cinesi del continente, di cui riferisce l’agenzia Fides. Tra i momenti spirituali vissuti dalle tante comunità in questo periodo liturgico, viene messa in risalto la celebrazione gli scrutini dopo un lungo periodo di catechismo da parte di 11 catecumeni della parrocchia di Xi Tang, dedicata alla Medaglia Miracolosa, nella diocesi di Pechino. Nella solenne celebrazione svoltasi la prima domenica di Quaresima, hanno mostrato la loro volontà di essere autentici seguaci di Cristo. Il parroco ha invitato la comunità a pregare per loro e ad accompagnargli con amore e attenzione. Il Messaggio per la Quaresima di Benedetto XVI, intitolato “Prestiamo attenzione gli uni agli altri, per stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone”, è stato invece il tema del ritiro spirituale dei sacerdoti della diocesi di Hai Men nella provincia di Jiang Su, svoltosi il 6 marzo scorso. Essendo un periodo particolarmente impegnativo per i sacerdoti, che devono seguire da vicino le loro comunità che stanno vivendo la quaresima, l’incontro è stato breve ma intenso: i sacerdoti hanno studiato insieme il Messaggio del Papa quindi hanno concluso con la recita del Rosario. (M.G.)
Mons. Fisichella: l'Occidente che si vergogna delle sue radici cristiane non avrà futuro
◊ ''Se l'Occidente si vergogna di ciò che è stato, delle radici che lo sostengono e dell'identità cristiana che ancora lo plasma allora non avrà futuro. La conclusione potrà essere solo quella di un declino irreversibile''. Lo ha affermato l'arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Nuova evangelizzazione nel corso del “Dies academicus” svoltosi ieri all'Università Gregoriana sul tema ''Nuova evangelizzazione: orizzonti, problemi e responsabilità''. Secondo mons. Fisichella, in Paesi che sono stati plasmati e formati dalla fede cristiana ''la scelta che molti stanno compiendo di rimanere neutrali dinanzi alla religione è niente di più dannoso che si possa immaginare''. ''Vivere di indifferenza, agnosticismo e ateismo - ha soggiunto il capo dicastero - non solo non consentirà mai di giungere a una risposta sul tema fondamentale del senso della vita, ma non permetterà di raggiungere l'obiettivo dell'unita' di queste terre". Noi cattolici - ha precisato - "non indietreggeremo in questa assunzione di responsabilità e non accetteremo di essere emarginati''.
Francia: i vescovi a Lourdes per i 50 anni del Vaticano II
◊ “Gioia e speranza”: un titolo che richiama la Gaudium et spes, la Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, tra i documenti principali del Concilio Vaticano II. Si intitola così l’incontro nazionale promosso dalla Conferenza episcopale francese (Cef) per celebrare i 50 anni dall’apertura del Concilio. L’evento avrà luogo a Lourdes il 24 e 25 marzo. “Saranno presenti 2.500 persone – spiega mons. Laurent Ulrich, vicepresidente della Cef – tante quanti erano i Padri conciliari”. In pratica, spiega il presule, “ciascun vescovo di Francia ha invitato una cinquantina di persone, tra sacerdoti, diaconi e laici, guardando ad un unico criterio: la metà delle delegazioni deve essere composta da cattolici che non erano nati al momento del Concilio”, che si svolse in varie fasi tra il 1962 ed il 1965. Tre gli argomenti centrali dell’evento di Lourdes: Cristo, la Chiesa e l’uomo, che saranno al centro di numerose conferenze tenute dai vescovi e saranno accompagnati da video testimonianze ed esperienze di condivisione. L’evento ha un duplice obiettivo, continua mons. Ulrich: “Far comprendere ai cattolici in che modo il Concilio ha rinnovato il loro modo di essere cristiani” e “mostrare come il Vaticano II ha permesso alla Chiesa di prepararsi ai cambiamenti che sono avvenuti nel tempo”. Infine, ampio spazio verrà dato alla liturgia, attraverso le numerose celebrazioni previste, tra cui Messe, veglie di preghiera, adorazioni eucaristiche e processioni mariane. (I.P.)
I vescovi pakistani producono album di musica liturgica per aiutare l'evangelizzazione
◊ Evangelizzare con la musica. È l’obiettivo del progetto Conferenza episcopale del Pakistan in occasione dell’Anno della Fede, che sarà perseguito attraverso la diffusione del Cd di musiche liturgiche e non “Kalam ke Geet”, che in lingua urdu significa “Canzoni della Parola di Dio”. Padre John Shakir Nadeem – direttore dello studio “Wave” e segretario della Commissione episcopale per le Comunicazioni Sociali, sentito dalla Fides – ha spiegato che “la musica ha il potere di raggiungere anche le zone più lontane del Paese, in cui è costoso o difficile recarsi di persona”. “Nell’Anno della Fede – ha proseguito il religioso – la nostra musica sarà utilizzata per iniziative e progetti di evangelizzazione, in collaborazione con la Commissione Biblica. Con la musica di Wave, è facile raggiungere il cuore della gente. Quanti la ascoltano ne hanno un arricchimento interiore. La musica è un seme della nuova evangelizzazione”. Lo studio Wave è stato creato a Lahore nel 1977 dalla Conferenza episcopale pakistana con il motto “Pace attraverso la musica”. Procedendo accanto al Progetto pastorale nazionale della Chiesa cattolica, ha realizzato produzioni audiovisive e sussidi per la pastorale in lingue urdu e in punjabi. Le produzioni mirano a raggiungere migliaia di fedeli ma anche i non cristiani. Fra le ultime produzioni, il progetto di musicare i Salmi ha riscosso apprezzamento anche in India. La musica prodotta da Wave viene utilizzata in diverse stazioni radio come Radio Veritas, Radio Vaticana, Radio Pakistan, altre stazioni TV e canali via cavo. Il principale canale di distribuzione del materiale audiovisivo è quello delle Figlie di San Paolo, presenti a Lahore, Karachi, Rawalpindi. (M.G.)
Ospedale Bambin Gesù: nuovo protocollo per diagnosi e cura del tumore all’occhio
◊ Un nuovo protocollo terapeutico contro il tumore all’occhio in età pediatrica che sarà applicato su tutto il territorio italiano. È quanto elaborato da un gruppo di esperti coordinato dall'Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma su mandato dell'Aieop, l'Associazione italiana di ematologia ed oncologia pediatrica. Obiettivo del nuovo percorso è riconoscere tempestivamente il retinoblastoma, il più aggressivo tumore dell'occhio nei bambini - spiega in una nota l’ospedale Bambino Gesù - identificando correttamente i pazienti che possono essere avviati a una cura conservativa. Attraverso un’innovativa integrazione di trattamenti - chemioterapia, laser, brachiterapia e termo-chemioterapia - si punta a salvare l'occhio e, conseguentemente, la vista ad un numero crescente di bambini. Il retinoblastoma in Italia colpisce circa 50 bambini all'anno, generalmente entro i primi tre anni di vita. Secondo il protocollo, dopo una diagnosi quanto più tempestiva possibile, ed effettuati tutti gli accertamenti del caso, la massa tumorale viene neutralizzata con l'obiettivo di conservare l'occhio del bambino per non comprometterne lo sviluppo e l'apprendimento. A questo fine, il Bambin Gesù si è dotato di un ambulatorio oculistico dedicato esclusivamente ai neonati e, sul fronte delle terapie, è l'unico Centro pediatrico in Italia in cui viene eseguita la brachiterapia su piccoli pazienti con tumore che non risponde alle cure convenzionali. Per condividere il nuovo protocollo con gli specialisti del settore, oncologi e oculisti, chiamati ad adottarlo nelle proprie strutture per una migliore e uniforme qualità delle cure nel Paese, il Bambino Gesù ha organizzato un incontro che si terrà il 12 marzo alle 10.30, presso l'aula Salviati dell'Ospedale pediatrico a Roma. (M.G.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 69