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Sommario del 30/05/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI: Chiesa guidata dallo Spirito nonostante debolezza dell'uomo, Dio consola sempre nelle tribolazioni
  • Padre Lombardi: elucubrazioni giornalistiche le ipotesi di dimissioni del Papa
  • Mons. Becciu: immagine Santa Sede deformata. Cardinale Comastri: in Vaticano c'è dialettica non lotta
  • Terremoto in Emilia: 17 morti. Appello del Papa. Il vescovo di Carpi: chiediamo aiuto agli italiani
  • Nomina
  • Milano. Il cardinale Ravasi apre l'Incontro mondiale delle famiglie: fate entrare Dio nelle vostre case
  • Incontro famiglie. Don Violoni: da Milano proposte concrete di sostegno a genitori e figli
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Nuova strage in Siria: Hollande non esclude intervento militare Onu, ma c'è il no di Mosca
  • Nord e Sud Sudan cercano l'accordo sulle zone di confine ricche di petrolio
  • Riparte l'emigrazione italiana. In tre anni 500mila giovani lasciano il Paese
  • Campagna di Antea per le cure palliative
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Liberia: condannato a 50 anni di reclusione l’ex presidente Charles Taylor
  • Myanmar: primo viaggio all’estero per Aung San Suu Kyi
  • Siria: i timori dei cristiani dopo la strage di Houla
  • Rifugiati siriani accolti dai gesuiti nel convento di San Vartan
  • Somalia: pronto il piano di assistenza dell’Onu per gli sfollati
  • India: in Kerala concessa la libertà su cauzione ai due marò
  • Ancora l’Egitto nella lista nera della Commissione Usa per la libertà religiosa
  • Mosca: il metropolita Hilarion incontra i vertici di Aiuto alla Chiesa che Soffre
  • Onu: Ban Ki-moon ricorda i 120mila Caschi blu che operano nel mondo
  • Il Meeting di Rimini 2012 fa tappa a Beirut
  • Turchia. “L’aborto è omicidio”: il premier Erdogan ne chiede l’abolizione
  • L'Osservatore Romano: da questo mese inserto dedicato alle donne
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI: Chiesa guidata dallo Spirito nonostante debolezza dell'uomo, Dio consola sempre nelle tribolazioni

    ◊   Un chiaro e sentito riferimento all’attualità ha dominato l’udienza generale di Benedetto XVI, stamani in Piazza San Pietro. La riflessione del Papa si è quindi concentrata sul senso della preghiera e sulla consolazione di Dio nei momenti di difficoltà. Il servizio di Giada Aquilino:

    Alla “tristezza” per la vicenda della diffusione, negli ultimi giorni, di documenti riservati vaticani si affianca la “ferma certezza” del sostegno di Dio a tutta la Chiesa. Questo il senso delle parole di Benedetto XVI oggi all’udienza generale:

    “Gli avvenimenti successi in questi giorni circa la Curia ed i miei collaboratori hanno recato tristezza nel mio cuore, ma non si è mai offuscata la ferma certezza che nonostante la debolezza dell’uomo, le difficoltà e le prove la Chiesa è guidata dallo Spirito Santo e il Signore mai le farà mancare il suo aiuto per sostenerla nel suo cammino. Si sono moltiplicate, tuttavia, illazioni amplificate da alcuni mezzi di comunicazione, del tutto gratuite e che sono andate ben oltre i fatti, offrendo un’immagine della Santa Sede che non risponde alla realtà. Desidero per questo rinnovare la mia fiducia, il mio incoraggiamento ai miei più stretti collaboratori e a tutti coloro che quotidianamente, con fedeltà, spirito di sacrificio e nel silenzio mi aiutano nell’adempimento del mio ministero”.

    D’altra parte, aveva anticipato il Papa in Piazza San Pietro, accolto da calorosi applausi e tributi d’affetto dai presenti, Dio “ci consola in ogni nostra tribolazione, perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in ogni genere di afflizione”. Anche oggi, il Santo Padre si è affidato per la catechesi alle parole di San Paolo, in particolare alla preghiera di benedizione e ringraziamento a Dio con cui l’apostolo apre la Seconda Lettera ai Corinzi:

    “Domina - accanto al tema delle afflizioni - il tema della consolazione, da non intendersi solo come semplice conforto, ma soprattutto come incoraggiamento ed esortazione a non lasciarsi vincere dalla tribolazione e dalle difficoltà. L’invito è a vivere ogni situazione uniti a Cristo, che carica su di sé tutta la sofferenza e il peccato del mondo per portare luce, speranza e redenzione. E così Gesù ci rende capaci di consolare a nostra volta quelli che si trovano in ogni genere di afflizione. La profonda unione con Cristo nella preghiera, la fiducia nella sua presenza, conducono alla disponibilità a condividere le sofferenze e le afflizioni dei fratelli”.

    “Quindi Paolo - ha ricordato il Papa - vive nelle tribolazioni, sono molte le difficoltà e le afflizioni che ha dovuto attraversare, ma non ha mai ceduto allo scoraggiamento, sorretto dalla grazia e dalla vicinanza del Signore Gesù Cristo” a cui aveva consegnato “tutta la propria esistenza”. Non c’è stato, insomma, alcun momento della vita dell’apostolo “in cui abbia sentito venir meno il sostegno del Padre misericordioso, del Dio di ogni consolazione”. Nemmeno quando, ha proseguito, per annunziare Cristo ha subito “persecuzioni, fino ad essere rinchiuso in carcere”:

    “La nostra vita e il nostro cammino cristiano sono segnati spesso da difficoltà, da incomprensioni, da sofferenze. Nel rapporto fedele con il Signore, nella preghiera costante, quotidiana, possiamo anche noi sentire concretamente la consolazione che viene da Dio. E questo rafforza la nostra fede, perché ci fa sperimentare in modo concreto il «sì» di Dio all’uomo in Cristo, la fedeltà del suo amore, che giunge fino al dono del suo Figlio sulla Croce”.

    Soffermandosi sul “sostegno incrollabile” che viene dall’alto “e non da noi”, il Santo Padre ha spiegato che “la fede non è primariamente azione umana, ma dono gratuito di Dio”, che ci fa comprendere come “vivere la nostra esistenza amando Lui e i fratelli”. Tutta la storia della salvezza, ha proseguito, “è un progressivo rivelarsi di questa fedeltà di Dio, nonostante le nostre infedeltà e i nostri rinnegamenti”.

    “Di fronte ai contrasti nelle relazioni umane, spesso anche familiari, noi siamo portati a non perseverare nell’amore gratuito, che costa impegno e sacrificio. Invece, Dio non si stanca con noi, non si stanca mai di avere pazienza con noi e con la sua immensa misericordia ci precede sempre, ci viene incontro per primo, è assolutamente affidabile questo suo sì. Nell’evento della Croce ci offre la misura del suo amore, che non calcola, che non ha misura”.

    Attraverso lo Spirito Santo – “che rende continuamente presente e vivo il «sì» di Dio in Gesù Cristo” - nel nostro cuore cresce “il desiderio di seguirlo per entrare totalmente, un giorno, nel suo amore”. “Non c’è persona - ha aggiunto Benedetto XVI - che non sia raggiunta e interpellata da questo amore fedele, capace di attendere anche quanti continuano a rispondere con il no del rifiuto o dell’indurimento del cuore”. Perché Dio “cerca sempre” l’uomo, per donargli “pienezza di vita, di speranza e di pace”.

    Nell’incontro col Padre, entrano in dialogo dunque il “sì” fedele di Dio e l’amen fiducioso dei credenti, cioè “la risposta della fede che chiude sempre la nostra preghiera personale e comunitaria”, e che esprime il nostro “sì” all’iniziativa di Dio. L’invito del Papa è stato a cogliere il significato profondo del termine “amen”, perché spesso lo pronunciamo “per abitudine”. In ebraico e in aramaico, significa “rendere stabile”, “consolidare” e, di conseguenza, “essere certo” o “dire la verità”. E l’amen della tradizione giudaica è diventato l’amen delle prime comunità cristiane:

    “La preghiera è l’incontro con una Persona viva da ascoltare e con cui dialogare; è l’incontro con Dio che rinnova la sua fedeltà incrollabile, il suo «sì» all’uomo, a ciascuno di noi, per donarci la sua consolazione in mezzo alle tempeste della vita e farci vivere, uniti a Lui, un’esistenza piena di gioia e di bene, che troverà il suo compimento nella vita eterna”.

    Con l’amen dell’adesione a Lui, d’altro canto, capiamo che “questa fedeltà non la possiamo mai conquistare con le nostre forze”: viene da Dio ed “è Cristo stesso che vive in noi”. Congedandosi nelle varie lingue dai fedeli riuniti in Piazza San Pietro, il Pontefice ha infine salutato tra gli altri i pellegrini vietnamiti dell’arcidiocesi di Hochiminh City, affidata al cardinale Jean-Baptiste Pham Minh Man, i partecipanti al prossimo simposio buddista-cristiano di Castelgandolfo e i giovani polacchi che si preparano all’incontro di Lednica.

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    Padre Lombardi: elucubrazioni giornalistiche le ipotesi di dimissioni del Papa

    ◊   Sulla vicenda della diffusione di documenti vaticani riservati, per la quale è agli arresti l’aiutante di Camera del Papa, Paolo Gabriele, stamani il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha avuto un nuovo incontro con i giornalisti. Il servizio di Giancarlo La Vella:

    Il caso dei documenti vaticani rubati continua a suscitare l’interesse della stampa, ma il quadro della situazione - ha detto padre Lombardi - sarà più chiaro dopo l’inizio delle indagini e degli interrogatori formali, che per ora sono a livello preliminare. Gli organi interessati a questa fase sono la magistratura vaticana e la Commissione cardinalizia. Sarà un momento decisivo, quello, per chiedere la possibile collaborazione della magistratura italiana. Il direttore della Sala Stampa ha riferito poi che l’unico accusato, Paolo Gabriele, ha avuto stamani un nuovo colloquio con i suoi legali, che starebbero per presentare un’istanza di libertà vigilata o arresti domiciliari per il loro assistito, che al momento si trova in una camera di sicurezza in Vaticano. Nuova smentita, inoltre, allo stato attuale delle indagini, sulla presenza nell’abitazione di Gabriele di plichi già pronti ad essere spediti a specifici destinatari, ma - ha detto padre Lombardi - il materiale trovato in possesso dell’aiutante di Camera del Papa è ancora in fase di studio e di catalogazione. E’ importante che la comunicazione su questo evento, doloroso per il Papa e la Chiesa - ha detto padre Lombardi - sia ispirato a criteri di estrema verità:

    “Mi pare che una linea di volontà di verità, di volontà di chiarezza, di volontà di trasparenza, questa – anche se con dei tempi graduali – fa i suoi passi, e quindi onestamente ritengo che stiamo cercando di gestire questa situazione nuova: cerchiamo la verità, cerchiamo di capire che cosa oggettivamente sia successo. Però, prima bisogna capirlo con sicurezza, anche per rispetto delle persone e della verità”.

    Rispondendo ai giornalisti ad una domanda sulla sfiducia nei confronti dell’ex presidente dello Ior, Ettore Gotti Tedeschi, il direttore della Sala Stampa ha sottolineato che la decisione è stata comunicata dal Consiglio di Sovrintendenza dell’Istituto e non c’è mai stata una colazione d’affari, come riportato da alcuni organi di stampa, tra il segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, e un gruppo di esperti di finanza.

    Infine, domande anche su notizie pubblicate in merito all’ipotesi di dimissioni del Papa. Si tratta di elucubrazioni di alcuni giornalisti - ha detto padre Lombardi . La Curia - ha concluso - continua a esprimere solidarietà al Pontefice e a operare in piena comunione con il Successore di Pietro:

    “E’ proprio il momento e la situazione in cui dimostrare la stima, l’apprezzamento per il Santo Padre, per il suo servizio, la piena solidarietà con lui e quindi dimostrare anche unione, unità e coerenza nel far fronte a questa situazione”.

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    Mons. Becciu: immagine Santa Sede deformata. Cardinale Comastri: in Vaticano c'è dialettica non lotta

    ◊   Un'immagine del Vaticano deformata, il dolore di Benedetto XVI per gli avvenimenti di questi giorni, anche se prevale in lui “la pietà per la persona coinvolta”, la pubblicazione delle lettere trafugate “atto immorale di inaudita gravità”: sono queste in sintesi le principali affermazioni del sostituto della Segreteria di Stato, l’arcivescovo Angelo Becciu, in un colloquio con il direttore dell’Osservatore Romano, Giovanni Maria Vian, pubblicato sul quotidiano della Santa Sede. Sulla vicenda è intervenuto anche il cardinale Angelo Comastri. Ce ne parla Sergio Centofanti.

    Mons. Becciu afferma che “non sono state semplicemente rubate delle carte al Papa, si è violentata la coscienza di chi a lui si rivolge come al vicario di Cristo” in un contesto “di totale fiducia” perché “si sente garantito dalla assoluta riservatezza”. A chi giustifica la pubblicazione dei documenti in base a criteri di trasparenza, l’arcivescovo risponde che “i sofismi non portano molto lontano. I miei genitori – afferma - mi hanno insegnato non solo a non rubare, ma a non accettare mai cose rubate da altri”. “I giornalisti, insieme al dovere di dare conto di quanto sta avvenendo” – sottolinea – dovrebbero avere “anche un sussulto etico, cioè il coraggio di una presa di distanza netta dall'iniziativa di un loro collega che non esito a definire criminosa”.

    Inoltre – aggiunge il presule - dietro alcuni articoli “pare di trovare un'ipocrisia di fondo. Da una parte si accusa il carattere assolutista e monarchico del governo centrale della Chiesa, dall'altra ci si scandalizza perché alcuni scrivendo al Papa esprimono idee o anche lamentele sull'organizzazione del governo stesso. Molti documenti pubblicati non rivelano lotte o vendette, ma quella libertà di pensiero che invece si rimprovera alla Chiesa di non permettere”. E allora, “dov'è lo scandalo? Obbedienza non significa rinunciare ad avere un proprio giudizio”. Così della Santa Sede esce dai mass media un'immagine deformata.

    Sulla vicenda è intervenuto anche il vicario del Papa per la Città del Vaticano, il cardinale Angelo Comastri, in una intervista al Messaggero dove ribadisce: “Si leggono descrizioni fantasiose. Tra noi non ci sono le trame oscure che qualcuno con ostinazione vuol far credere. C’è ovviamente una dialettica. Ci possono essere diverse sensibilità, Dio non ci ha fatti in fotocopia, ma tra tutti i cardinali c’è un amore viscerale per il Signore”. Certamente – prosegue il porporato - c’è dietro un progetto per indebolire la Chiesa, ma la Chiesa da sempre è andata avanti in mezzo alle lotte. La Chiesa non è forse iniziata con una crocifissione? L’avventura cristiana – conclude il cardinale Comastri - nasce dal tradimento di Giuda e dal rinnegamento di Pietro. Quello della Chiesa non è un cammino trionfale, ma un’esperienza drammatica di lotta tra il bene e il male, con una certezza, che Cristo è risorto e vince”.

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    Terremoto in Emilia: 17 morti. Appello del Papa. Il vescovo di Carpi: chiediamo aiuto agli italiani

    ◊   Il Papa si stringe con affetto attorno alle popolazioni dell’Emilia colpite dal sisma. All’udienza generale in piazza San Pietro, oggi, Benedetto XVI ha rivolto un appello agli italiani chiedendo il loro sostegno a favore dei terremotati:

    “Il mio pensiero va ancora una volta alle care popolazioni dell’Emilia, colpite da ulteriori forti scosse sismiche, che hanno causato vittime e ingenti danni, specialmente alle chiese. Sono vicino con la preghiera e l’affetto ai feriti, come pure a coloro che hanno subito disagi, ed esprimo il più sentito cordoglio ai familiari di quanti hanno perso la vita. Auspico che con l’aiuto di tutti e la solidarietà dell’intera Nazione possa riprendere al più presto la vita normale in quelle terre così duramente provate”.

    E’ di 17 il numero delle vittime del sisma. Due corpi sono stati estratti questa mattina dalle macerie dell’azienda Haematronic di Medolla. Le scosse sono proseguite per tutta la notte nelle province di Modena e Mantova. Per il 4 giugno il Consiglio dei ministri ha proclamato una giornata di lutto nazionale, mentre il presidente Napolitano parla di prevenzione inadeguata. Servizio di Francesca Sabatinelli:

    Si chiamava Biagio Santucci uno dei due operai estratti dalle macerie questa mattina. Era l’ultimo disperso di Medolla, con lui è stato recuperato il corpo di un altro operaio, un terzo è stato individuato sotto pesanti travi. Si chiude a 17 il numero dei morti del terremoto che non sta dando tregua alle popolazioni dell’Emilia. Alle vittime di ieri si aggiungono le sette del sisma del 20 maggio scorso, per un totale di 24, 350 i feriti, 13 mila gli sfollati. Sono state decine le scosse che si sono susseguite nelle ultime ore nella zona. La più forte, di magnitudo 3.8, si è registrata questa mattina alle 8. “Sarà una sequenza sismica lunga, che potrebbe durare mesi o anni”: avverte il presidente dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia Stefano Gresta. Dal Consiglio dei ministri di stamattina sono arrivate le misure per affrontare la situazione. Il governo ha deciso l’aumento di due centesimi delle accise sui carburanti, ha rinviato la scadenza dei versamenti fiscali e contributi a settembre, e ha previsto la deroga del Patto di stabilità, entro un limite definito per i Comuni, delle spese per la ricostruzione. Il Cdm ha inoltre esteso lo stato di emergenza alle Province di Reggio Emilia e Rovigo e decretato per lunedì prossimo il lutto nazionale. Dure le parole del presidente Napolitano, che ha criticato le politiche di prevenzione dei disastri, definendole “gravemente inadeguate”. Il capo dello Stato ha poi confermato le celebrazioni del 2 giugno. La Repubblica non può “rinunciare a celebrare la sua nascita”, ha detto, invitando il paese a dare “esempio di fermezza e serenità”. “Non possiamo solo piangerci addosso – ha aggiunto Napolitano – abbiamo il dovere di dare un messaggio di fiducia e ci sono le ragioni per farlo”. La procura di Modena ha intanto aperto un’inchiesta sulle morti degli operai rimasti travolti dal crollo dei capannoni per far soprattutto luce sulle modalità con le quali sono stati costruiti. Ma il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, liquida la polemica definendola “artificiosa”. Si continua nel frattempo la conta dei danni: al patrimonio storico, per la cui ricostruzione si è impegnata anche l’Unesco, e a quello produttivo. Per la Coldiretti ammontano a 500 milioni di euro i danni al comparto alimentare, mentre per la Confindustria il quadro della crisi ne uscirà ulteriormente aggravato. La presidenza della Conferenza episcopale italiana, che ha messo a disposizione un milione di euro proveniente dall’otto per mille, ha annunciato per domenica 10 giugno una colletta nazionale da tenersi in tutte le chiese. La Caritas italiana ha messo a disposizione centomila euro e l’aiuto arriva anche dall’Ue, pronta, ha detto il presidente della Commissione europea Barroso, “ad aiutare concretamente l'Italia a far fronte alle conseguenze di questa e precedenti catastrofi naturali".

    Tra le vittime della nuova scossa c’è anche il parroco della frazione di Rovereto nel comune di Novi di Modena, don Ivan Martini, che voleva portare fuori dalla chiesa la statua della Madonna perché fosse vicina agli sfollati. Ingenti i danni al patrimonio culturale e religioso al tessuto produttivo dell’Emilia. E’ quanto sottolinea, al microfono di Luca Collodi, il vescovo della diocesi di Carpi, mons. Francesco Cavina:

    R. – La diocesi di Carpi era già stata colpita, solo che i giornali non ne avevano parlato affatto perché non c’erano stati morti. Soprattutto per quanto riguarda gli edifici di culto, con le scosse di ieri, siamo a venti chiese distrutte e tutte le altre sono inagibili. Questo è un danno gravissimo per la vita di queste comunità, perché la parrocchia rappresenta l’unico punto di aggregazione da una punto di vista sociale e non solo come sede. Ed è necessario partire immediatamente per la ricostruzione, perché altrimenti, queste comunità corrono veramente il rischio di smarrirsi, di perdere se stesse. Quindi, chiedo veramente che ci si affretti nel mettere in opera la ricostruzione.

    D. – Mons. Cavina, avete fiducia nell’operato dello Stato per la ricostruzione?

    R. - Non possiamo fare altro, perché l’economia è in ginocchio, le aziende sono crollate, per cui non c’è più nulla; resistono le case, però i danni morali e materiali sono veramente incalcolabili. Tra l’atro, la gente vive nella paura, perché queste scosse non finiscono mai. Chiediamo l’aiuto a tutti per quanto è possibile.

    D. - È doveroso il ricordo di don Ivan vittima di un crollo mentre cercava di salvare una statua della Madonna...

    R. - Era un parroco molto zelante, e molto amato dalla propria gente. Tanto è vero che ieri, quando sono andato sul posto, la gente esprimeva tutto il proprio dolore, lo sconcerto, dicendo: “E adesso come faremo senza don Ivan?” Queste, sono parrocchie dove la figura del parroco, gioca ancora un ruolo importante come punto di riferimento e di aggregazione delle persone. Questo me lo dicevano anche le persone non credenti che hanno espresso la loro sofferenza per questo grave incidente.

    D. - La macchina dei soccorsi è soddisfacente?

    R. - La Protezione civile, i Vigili del Fuoco sono veramente encomiabili. Ho incontrato vigili e membri della Protezione civile, che non chiudevano occhio da tre giorni, medici dell’ospedale che hanno evacuato l’ospedale di Carpi a rischio della propria vita. Queste continue scosse iniziano veramente a mettere a dura la resistenza fisica e psichica. Per cui avremo proprio bisogno di vedere dei segni concreti, per dire: “si ricomincia daccapo, si ricomincia a ricostruire, e soprattutto a mettere in sicurezza tante opere e tante chiese, che corrono il rischio di crollare”. Il Duomo di Carpi è gravemente danneggiato, la cupola corre il rischio di crollare, il Palazzo vescovile è totalmente inagibile, quindi anche io mi trovo fuori casa. Bisogna ricominciare, ma subito.

    D. – Mons. Cavina, come possiamo aiutarvi?

    R. - L’idea che mi era venuta, proprio per sostenere le nostre comunità parrocchiali è questa: se ci fossero parrocchie in Italia che vogliono fare un gemellaggio con le nostre di Carpi come segno di solidarietà, giovani che vengono qui per rianimare in nostri giovani -non subito ma una volta che queste scosse saranno finite- sarebbe, per me un aiuto enorme perché aiuterebbe la ricostruzione spirituale e morale delle persone, soprattutto dei giovani. L’altro aspetto è quello più materiale: anche un centesimo, offerto, può aiutarci nella ricostruzione, perché è quello che dobbiamo iniziare a fare senza troppi ritardi e senza troppe burocrazie. Vorrei ringraziare la Segreteria di Stato della Santa Sede, perché ho ricevuto veramente tanti attestati di solidarietà. Fino a tre mesi fa, ho lavorato lì, e quindi volevo veramente esprimere la gratitudine a tutti gli amici, ai vescovi, ai cardinali che mi hanno contattato per esprimere la loro vicinanza.

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    Nomina

    ◊   Benedetto XVI ha nominato vescovo della diocesi di Guanhães (Brasile) il rev. sacerdote Jeremias Antônio de Jesus, del clero della diocesi di Bragança Paulista, finora parroco della Parrocchia di Cristo Rei, nella città di Atibaia. Il rev. Jeremias Antônio de Jesus è nato il 27 maggio 1966 ad Atibaia, nella diocesi di Bragança Paulista, Stato di São Paulo. Dopo aver frequentato le scuole primarie nella sua città di origine, ha compiuto gli studi filosofici presso il Seminario Bom Jesus dell’arcidiocesi di Aparecida e gli studi teologici presso l'Istituto Teologico Pio XI nella città di São Paulo. Ha, poi, frequentato il Corso Internazionale per i Rettori di Seminari presso l'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum in Roma. Il 10 dicembre 1993 ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale ed è stato incardinato nel clero della diocesi di Bragança Paulista, nella quale ha ricoperto i seguenti incarichi: rettore del Seminario Maggiore diocesano Imaculada Conceição (1994-1995 e 1998-2005), amministratore parrocchiale della Parrocchia São Sebastião (1996-1997). Dal 1999 è responsabile della Scuola di Teologia per i Laici ad Atibaia; dal 2006 è parroco della Parrocchia Cristo Rei in Atibaia e dal 2007 è vicario foraneo del Decanato di Atibaia.

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    Milano. Il cardinale Ravasi apre l'Incontro mondiale delle famiglie: fate entrare Dio nelle vostre case

    ◊   La famiglia può avere le stanze della propria casa piene di gioia o afflitte dal dolore, ma è solo con Dio che può avere la speranza. E’ il messaggio che il cardinale Gianfranco Ravasi ha affidato alle migliaia di persone che questa mattina, a Milano, hanno ascoltato la sua relazione in apertura del settimo Incontro mondiale delle famiglie. I lavori della Conferenza introduttiva – incentrata sul rapporto della famiglia con il tempo del lavoro e della festa – proseguiranno fino a venerdì prossimo, quando a Milano giungerà Benedetto XVI per gli eventi conclusivi del raduno. Da Milano, la cronaca della mattina nel servizio dell’inviato, Alessandro De Carolis:

    La prima scena che cattura lo sguardo come una sorta di titolo d’inizio sono i bambini. Ospiti di norma inesistenti – se non in parti “invisibili” – dei convegni che vedono ospiti relatori di grande prestigio accademico, qui, nella grande struttura di Fieramilanocity, sono centinaia e vivacissimi già dal primo mattino e pronti a vivere a modo loro questi giorni del raduno mondiale delle famiglie. Colori della pelle e taglio d’occhi sono diversi, gli schiamazzi dei giochi e delle risate invece universali e sono il segno che la Conferenza inaugurata a Milano ha qualcosa di diverso. Diverso il colpo d’occhio al piano di sopra, nella grande sala da 4 mila posti – gremita per due terzi e più - dove siedono i genitori e dove verso le 10 il cardinale arcivescovo di Milano, Angelo Scola e il cardinale Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio della Famiglia, aprono ufficialmente il settimo Incontro mondiale.

    Primo tra i 111 relatori di 27 Paesi che da oggi a venerdì affronteranno le cento e più facce che compongono il prisma della famiglia è il cardinale Gianfranco Ravasi, il quale esplora – con la consueta profondità di pensiero e cultura, spaziando dalla Genesi al Talmud, dal Vangelo ai pensatori protestanti – il “simbolo” per eccellenza di una famiglia: la casa. Le sue fondamenta – dice in avvio - sono rappresentate dalla coppia, con la sua spinta dei coniugi a fondere le proprie vite, con amore e passione, fino a essere una sola carne: “sola” come meravigliosamente lo è la carne di un figlio. Quindi il porporato passa a osservare le “pareti”della casa, cioè i figli, la fecondità di una famiglia, dove i genitori, con la capacità di dare vita, più si avvicinano a Dio, il Creatore di ogni vita. Dalla visione della casa a quella delle sue “stanze”, il cardinale Ravasi individua la “stanza del dolore” – ovvero dei drammi che talvolta investono una famiglia - la stanza del “lavoro”, che oggi – ha osservato – “è adiacente” a quella del dolore per via della crisi, per approdare infine alla terza stanza, anch’essa oggetto di riflessione della Conferenza, quella della “festa”. “L’uomo è la donna – considera – sono creati il sesto giorno”, giorno dell’imperfezione nella Bibbia, che però è seguito dal settimo, il giorno del “riposo di Dio”, dove l’uomo celebra la festa, il culto. Il suo auspicio conclusivo è questo: rimanere affacciati alla finestra che dà sulla casa di Dio per entrare in quella dimensione divina che permette all’uomo di non restare “incapsulato nel sesto giorno”.

    Nella seconda parte della mattina, il microfono passa al prof. Luigi Bruni, docente di economia politica all’Università di Milano-Bicocca, che indaga sul rapporto tra lavoro e festa nel mondo contemporaneo. Uno degli aspetti maggiormente approfonditi è quello della “gratuità”, che stride – ha asserito – nelle società fondate sul consumo. Gratuità – sostenuto con toni pacati ma critici – che il mondo del business confonde con una propensione all’indigenza, o peggio considera una sorta di debolezza da sfruttare. Viceversa, scandisce, la gratuità è quel valore che esprime il senso nel dono nel mondo del lavor: mondo pieno di sperequazioni e ingiustizie che, ha affermato, “remunera con stipendi milionari” manager del settore privato e pubblico, lasciando compensi minimi a chi si occupa del massimo, l’educazione e la formazione dei bambini, famiglie e scuole. Due secoli di capitalismo, insiste il prof. Bruni, hanno costruito un “sistema di ricompense” incapace di riconoscere il valore del dono nel lavoro: quello ad esempio che si traduce in passione e creatività da parte del dipendente e di cui l’azienda si giova, se c’è, ma che l’azienda non può comprare per contratto e della cui mancanza, oggi frequente, paga le conseguenze.

    In questo scenario, la cultura capitalistica finisce per non capire nemmeno il senso della festa, che per natura nasce dalla gratuità dei rapporti umani. “Grave errore”, opina il prof. Bruni, si configura allora la volontà manifestata da alcuni governi di voler “tagliare i tempi della festa” in tempi di crisi del lavoro. Il mondo, dice ancora, patisce anzi una “indigenza di festa”: rinunciare a essa vuol dire in sostanza “rinunciare ai tempi della famiglia e della vita”. Molti applausi accompagnano le conclusioni del prof. Bruni, quando esorta a tutelare i figli dagli eccessi dell’avere tutto e subito: sono “troppo preziosi – ricorda – per lasciarli in mano ai mercanti del consumo”. O quando invita a non confondere i tempi sani della festa della famiglia con quelli malsani del gioco d’azzardo, delle scommesse, pessima imitazione di una possibile festa. Senza sobrietà – senza cioè quell’essere “un po’ poveri” di qualcosa in modo equilibrato – da un lato – ribadisce il prof. Bruni – si ruba l’infanzia ai bambini pasciuti di tutto e incapaci di sorprendersi, dall’altro la dimensione interiore dell’uomo finisce per essere riempita da “merci” e non da idealità. Le uniche, termina, dalle quali nasce invece la forza dell’individuo per continuare a vivere e della coesione sociale che migliora la società, a partire dalle famiglie.

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    Incontro famiglie. Don Violoni: da Milano proposte concrete di sostegno a genitori e figli

    ◊   Nel pomeriggio, alla Fieramilanocity, verrà presentata una ricerca di taglio sociologico sul mondo della famiglia, specie italiana, commissionata dal competente dicastero vaticano e con una letture dei dati statistici annunciate come innovative. Intanto, nella Chiesa ambrosiana e nelle diocesi lombarde è tutto un fervere di attività come racconta don Luca Violoni, segretario della Fondazione Milano Famiglie 2012, al microfono di Antonella Palermo:

    R. – Abbiamo riscontrato una grande collaborazione da parte del mondo ecclesiale, ma anche da parte delle istituzioni civili, in particolare il Comune, la Provincia e la Regione e tutte le realtà connesse, proprio perché un po’ c’è questo spirito “ambrosiano” – potremmo dire – che è sempre molto fattivo e molto costruttivo. E poi anche perché si sta percependo che è un evento davvero unico. Quindi è veramente un qualcosa di speciale. Poi, devo dire, che forse anche il fatto che siamo in prossimità dell’Expo, rende il mondo civile particolarmente “avvertito” rispetto al fatto che ci sarà un evento di massa in città. E rispetto al mondo ecclesiale, devo dire che la situazione di sfida che stiamo vivendo rende questo incontro estremamente attento, estremamente pronto, anche di più di quello che sarebbe normalmente. Per cui, per questa somma di motivi c’è un grande interesse. Senza negare che siamo, però, in un momento molto delicato che tutti sappiamo, quindi anche con le difficoltà connesse.

    D. – Proprio sui temi della crisi, che sono in agenda in diversi dei dibattiti in programma in questo Incontro, secondo Lei potranno venir fuori delle proposte concrete anche da sottoporre ai “livelli alti” delle istituzioni politiche?

    R. – Io penso che verranno fuori alcuni messaggi molto importanti che toccano anche le politiche familiari, partendo certo da un quadro che è anche teologico, ma che vanno poi a raggiungere le politiche familiari. Ci sono anche delle ricerche che abbiamo preparato e che presenteremo e che danno un ulteriore supporto a questo. Quindi sicuramente verranno fuori delle indicazioni importanti. Per cui questo Incontro, di fatto – anche se non era stato pensato così – viene ad essere un incontro che dà un contributo importante anche lungo il tragitto della crisi.

    D. – Come può valutare la disponibilità all’accoglienza da parte della diocesi di Milano?

    R. – E’ stata veramente importante, perché alla fine abbiamo avuto la disponibilità di posti per oltre 33mila persone durante tutta la settimana, con un picco per sabato notte. Abbiamo avuto una disponibilità molto pronta da tutte le parrocchie e dalle realtà civili. C’è davvero una disponibilità concreta. Molte famiglie hanno anche discusso, al loro interno, su cosa significa accogliere ed è stato utile anche a loro fare questo tragitto.

    D. – Che città troverà il Papa al suo arrivo a Milano? Una città in crisi, una città frenetica, una città in prevalenza di famiglie mononucleari, una città integrata dal punto di vista sociale? Può farci una “fotografia” per quanto possibile?

    R. – Sicuramente troverà una città che è molto interessata e molto attenta riguardo a questa visita e quindi c’è un clima di reale attenzione ed anche di trepidazione. E’ una città, però, in cui ci sono 190mila persone che vivono da sole o per ragioni di età – anziani, studenti – o perché single; è una città in cui ci sono 85mila persone che stanno cercando una casa e non l’hanno; insomma, è una città che ha una straordinaria vitalità, ma ha anche tante situazioni che ha bisogno di mettere a fuoco. Quindi aspetta sicuramente una parola di riferimento, un quadro di riferimento importante per i credenti in relazione alla propria fede, ma per tutti anche rispetto ad un cammino importante rispetto alla società. E’ una città che sta cercando di fare un cammino, di innestare una marcia in più, di essere anche un laboratorio di idee rispetto anche a come cercare nuove strade di sviluppo. Quindi è veramente un momento particolare quello in cui il Papa arriva.

    D. – Che significato ha l’incontro con i cresimandi che si ritroveranno a San Siro per un appuntamento speciale con il Papa? Che messaggio si attendono dal Papa?

    R. – Noi abbiamo tenuto molto a questo incontro: mons. De Scalzi, che è il presidente della Fondazione Milano Famiglie 2012, ha molto creduto in questo ed ha spinto su questo sin dall’inizio perché ci sembra bellissimo che il Papa incontri chi ha ricevuto la cresima o la deve ricevere, in quanto il Papa è colui che conferma nella fede, questo è il suo compito. E quindi, questi ragazzi che hanno appena ricevuto il sacramento della maturità cristiana o della conclusione dell’iniziazione, davvero trovano il sigillo più alto rispetto a questo. Però vuol dire anche incontrare ragazzi che poi devono decidere circa il loro cammino: in genere, finita la cresima, un po’ ci si disperde, i cammini dei pre-adolescenti e degli adolescenti si interrompono. Invece no, il messaggio dell’incontro con il Papa è “andare al largo con Pietro”, cioè andare al largo nella propria vita, partire da qui per trovare il proprio posto nella Chiesa e nella società come adolescenti e poi come giovani. Quindi vuol dire indirizzare uno sguardo al loro futuro anche in chiave di vocazione, andando al largo. E poi vuol dire incontrare anche le loro famiglie – o per lo meno i rappresentanti, perché non potranno venire tutti – e quindi vuol dire lanciare un grosso messaggio alle famiglie.

    D. – Con quale criterio avete scelto le testimonianze, soprattutto quelle che arrivano dall’estero? E come si svolgerà la loro festa?

    R. – Abbiamo vari tipi di testimonianze: ci saranno quelle innanzitutto durante il Congresso in cui ci sono 20 famiglie che vengono da tutto il mondo e che porteranno la loro testimonianza, magari anche solo con dieci minuti arricchendo i vari incontri del Congresso che sono 31. E poi c’è il momento culminante - che è la “Festa delle testimonianze” che comincia sabato alle 16.00, ma poi ha il momento culminante dalle 20.30 alle 21. 30 con il Santo Padre, in cui interverranno famiglie che sono state scelte per esprimere tutti e cinque i continenti. Per cui le famiglie hanno un ventaglio di provenienze geografiche che tocca tutti i continenti e che tocca anche, diciamo, alcune fasi differenti evolutive della famiglia, per cui ci sono famiglie più all’inizio, famiglie più a metà, famiglie nella loro maturità, in modo tale che si tocchino differenti stagioni della vita di una famiglia e poi, naturalmente, in cui si tengano in conto aspetti positivi, aspetti di lode, aspetti di ringraziamento, ma anche domande, questioni aperte su cui si vuole avere luce.

    D. – Che spazio sarà riservato ai bambini che della famiglia sono anima fondamentale?

    R. – Durante il Congresso, c’è anche il Congresso dei ragazzi cui hanno aderito 900 ragazzi, insieme ai loro genitori. Un Congresso per 900 ragazzi sul tema della famiglia credo che non sia mai stato fatto! Sono divisi in cinque fasce d’età dai 3 ai 17 anni, abbiamo tanti animatori, c’è un’équipe che sta lavorando da mesi su questo. Invece, rispetto agli altri eventi, noi invitiamo naturalmente i ragazzi ad andare alla “Festa delle testimonianze” e alla Messa con i loro genitori, proprio perché sia un momento da vivere, da condividere insieme. Quindi, è un po’ un duplice momento: il Congresso che si vive in parallelo e poi la sera ci si ritrova insieme, si discute e si condivide quanto vissuto e poi, invece, gli eventi culminanti da vivere assolutamente insieme.

    D. – Cosa possiamo dire sul vasto “popolo dei volontari”?

    R. – Questo è veramente un tesoro prezioso, perché sono 5.800 e noi ne attendevamo 5mila. Molti, naturalmente – 4mila circa – vengono dalla nostra diocesi, però vengono anche da tante nazioni del mondo, anche da altri continenti. Da tempo è iniziato un cammino di formazione con i team-leader e poi con tutti gli altri volontari. E’ una grande occasione, per loro, di incontrarsi tra loro e poi di mettersi alla prova anche su questa sfida, ma è anche un grandissimo segno di vitalità: per esempio, oltre il 40% di questi volontari ha meno di 25 anni, quindi comunque ci sono anche tanti giovani. Ed è un’occasione anche rispetto alla propria vocazione, perché uno viene interrogato su temi fondamentali e vive questo attraverso il servizio. Quindi io penso che sia una ricchezza, poi, anche per la diocesi, ma per tutte le parti del mondo: uno che ha fatto il volontario, che ha fatto un’esperienza così, non è uno che può tornare anonimo nella sua realtà, ma è uno che deve essere valorizzato – se non lo è già – ed è una ricchezza. Questa esperienza è un dono innanzitutto per lui/lei, per il suo cammino e per il suo percorso.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Falsata l’immagine della Santa Sede: espressa vicinanza alle popolazioni colpite dal sisma in Emilia, all’udienza generale il Papa definisce gratuite le illazioni di alcuni media sulla Curia.

    In prima pagina, un editoriale del direttore dal titolo “Un inserto al femminile”: da oggi “L’Osservatore Romano” pubblicherà, nel numero dell’ultimo giovedì di ogni mese, un inserto femminile (quattro pagine a colori) su “donne, Chiesa, mondo”.

    Centralità della persona umana nello sviluppo sociale ed economico: nell’informazione internazionale, l’intervento della Santa Sede a Doha.

    In cultura, riguardo alla mostra (che si inaugura oggi alla Camera dei Deputati) “Famiglia all’italiana”, gli articoli di mons. Dario Edoardo Viganò e di Gaetano Vallini su genitori, figli, fratelli, scuola e parrocchia protagonisti del cinema dal dopo guerra a oggi.

    Il segreto delle vetrate di Annaba: Silvia Guidi sulla lunga e complessa opera di restauro nella basilica di Sant’Agostino in Algeria.

    Nessuno vada nella terra senza luna: Domenico Pompili sul pellegrinaggio al Santuario della Trinità a Vallepietra.

    Madrid rende omaggio al pittore della solitudine: una mostra - al Museo Thyssen Bornemisza - dedicata ad Edward Hopper.

    Un messaggio di civiltà e speranza: nell’informazione religiosa, un articolo sull’Incontro mondiale delle famiglie apertosi a Milano.

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    Oggi in Primo Piano



    Nuova strage in Siria: Hollande non esclude intervento militare Onu, ma c'è il no di Mosca

    ◊   Il capo degli osservatori dell'Onu in Siria, generale Roberto Mood, ha denunciato oggi un nuovo "orribile" crimine nella provincia di Deir Ezzor, nel nord-est del Paese, dove i cadaveri di 13 persone 'giustiziate' sommariamente sono stati trovati ieri sera. L'inviato speciale Onu per la Siria, Kofi Annan, è oggi in Giordania e in Libano per consultazioni sulla crisi siriana, all'indomani del colloquio con Assad e dopo l'espulsione degli ambasciatori siriani da numerosi Paesi occidentali. Venerdì si riunirà a Ginevra in seduta speciale il Consiglio dei diritti Umani delle Nazioni Unite. Il presidente francese Hollande si è spinto fino a non escludere un intervento militare autorizzato dall’Onu ma la Russia, criticando questa dichiarazione, ha subito assicurato che opporrebbe il suo veto. Fausta Speranza ha chiesto al prof. Alessandro Colombo, docente di relazioni internazionali all'Università degli Studi di Milano, se siamo di fronte a una impasse diplomatica:

    R. – Naturalmente sì. Credo che sia anche la ragione per la quale Hollande ha fatto la voce grossa. Credo che se ci fosse davvero la possibilità di un voto favorevole, quindi l’eventualità di un intervento vero sul terreno militare, Hollande e i governi europei sarebbero stati più cauti. Penso che in questo momento molti governi europei si nascondano dietro le ampie spalle della Federazione russa perché non c’è alcuna possibilità di fare quello che è stato fatto l’anno scorso in Libia allo stesso “prezzo”, basso, anche in termini di ricadute regionali.

    D. - Sarebbe una strage per la popolazione e sarebbe un costo anche economico troppo alto…?

    R. – Sì, credo che dal punto di vista politico, diplomatico, sarebbe molto pericoloso. Gli stessi Stati Uniti sono molto cauti per diverse ragioni. Da un lato, c’è il timore che ciò che avviene in Siria, a differenza da ciò che avveniva in Libia un anno fa, possa avere ripercussioni su tutta la regione, in modo particolare sul Libano dove ci sono già segni di estensione del conflitto e su tutto il versante del Mediterraneo del Medio Oriente, che coinvolge anche Israele. L’altro problema, l’altro timore, evidentissimo soprattutto nelle cautele americane, è legato al fatto che non si conosce in realtà né la leadership, né la natura dell’opposizione siriana. Credo che, al di là delle inevitabili dichiarazioni di tipo umanitario, in molte diplomazie occidentali ci sia il timore di avere, dopo Assad, un regime ancora meno “addomesticabile” di quello siriano degli ultimi vent’anni. E’ un regime autoritario, naturalmente, ma con il quale sia Israele, sia i Paesi occidentali avevano trovato un modo di convivere, quasi paradossale, ma un modo di convivere. Temo che, al di là della retorica dei diritti umani, in molte diplomazie occidentali ci sia una considerazione di tipo realistico legata a un eventuale contraccolpo negativo sia in termini di stabilità, sia in termini di aggravamento delle inimicizie.

    D. – L’inviato speciale dell’Onu, Annan, dopo il colloquio ieri con Assad, oggi è in missione diplomatica in Giordania e in Libano … Dunque, si cerca una mediazione?

    R. – Sì, ma è molto difficile la mediazione. Tanto per cominciare, per mediare bisogna sapere per chi si sta mediando. Una delle due parti è molto chiara ed è il regime di Assad. L’altra parte è molto meno chiara perché è facile immaginare che in un contesto come questo non esista una opposizione ma esistano tante opposizioni. Tra l’altro l’opposizione siriana, se vogliamo definirla al singolare, ha già mostrato molte tensioni e divisioni al proprio interno. L’altro grande elemento è il fatto che nel collasso dello Stato siriano - perché quella che viviamo in Siria in questo momento è già una guerra civile - c’è l’inserimento di una pletora di attori esterni che in una condizione come questa contribuiscono meno a frenare e più ad alimentare il conflitto.

    D. – Ne nominiamo qualcuno?

    R. – Da un lato, naturalmente, c’è la conclamata amicizia dell’Iran al regime attuale della Siria ma dall’altro lato probabilmente ci sono ancora di più le mire politiche, diplomatiche, di Paesi come l’Arabia Saudita, come il Qatar, come i Paesi che si erano già mossi in occasione della crisi libica e che in questo momento stanno giocando una partita regionale sull’egemonia contro l’Iran. Io credo che la Siria stia diventando sempre di più una pedina di questo grande gioco mediorientale.

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    Nord e Sud Sudan cercano l'accordo sulle zone di confine ricche di petrolio

    ◊   Sono in corso ad Addis Abeba, in Etiopia, i colloqui di pace tra Nord e Sud Sudan, con la mediazione dell’Unione Africana. Per l’occasione Khartoum ha ritirato le proprie truppe, così come già fatto da Juba, dalla regione contesa dell’Abyei. Al centro dei negoziati il conflitto sulla gestione delle zone di confine ricche di petrolio, che ha causato lo scontro armato tra i due eserciti e una grave situazione umanitaria. Anche altre e delicate le questioni da discutere in questi negoziati. Ma che cosa ha portato Nord e Sud Sudan a questa fase di distensione? Giancarlo La Vella ne ha parlato con Anna Bono, docente di Storia dei Paesi e delle Istituzioni africane all’Università di Torino:

    R. – Il cambiamento fondamentale consiste nel fatto che i colloqui avviati dall’Unione Africana hanno avuto un primo esito positivo, cioè hanno portato Khartoum – come avevano già fatto in precedenza le autorità di Juba – a ritirare le proprie truppe da questa regione contesa. Se non altro sul terreno, la situazione si è leggermente alleggerita e si può parlare di un discreto segnale di buona volontà. Restano però enormi questioni da affrontare e da risolvere, di difficilissima soluzione.

    D. – Guardando proprio al futuro dei rapporti tra i due Sudan: al centro, chiaramente, la gestione delle zone petrolifere di confine. C’è già qualcosa che faccia pensare ad un accordo?

    R. – Il problema fondamentale è che Khartoum non può permettersi di perdere altre risorse petrolifere. Ha già perso tre quarti di queste risorse, con ripercussioni pesantissime sulla sua economia e ogni iniziativa da parte del Sud Sudan di rivendicare porzioni di territorio sulla base di confini tracciati nel passato, è una minaccia per Khartoum che non può permettersi di accettare. E quindi, la tensione tra questi due Paesi non si stempererà finché non verrà definita in modo chiaro la linea di confine tra i due Paesi. E resta la questione del contendere fondamentale a cui bisogna aggiungere lo status e la posizione delle popolazioni che vivono in queste regioni di confine: una parte delle etnie che vivono in queste regioni, durante la lunghissima guerra civile si era schierata con il Sud Sudan e continua a vedere con preoccupazione e malvolentieri il fatto di rimanere parte del Sudan con capitale Khartoum.

    D. – Su tutto questo pesa la grave situazione umanitaria: sono tantissimi i profughi fuggiti dalle violenze, per i quali bisogna fare qualcosa …

    R. – Sono tantissimi e sono da mesi in questa situazione. Da questo punto di vista, gli interventi umanitari per fortuna sono possibili e hanno una certa efficacia. Ma, al di là di questo, la soluzione che però sembra ancora abbastanza remota, è quella che realmente i due eserciti decidano di sospendere le ostilità, che si crei eventualmente – come si sta pensando di fare – una zona cuscinetto in modo da separare le due forze armate e cercare man mano di riportare queste regioni alla normalità. Bisogna aggiungere un altro problema, che è quello delle centinaia di migliaia di sud sudanesi che ancora vivono nel Nord e il cui status è assolutamente critico perché da qualche settimana dovrebbero o riuscire a dimostrare di avere un lavoro, un’attività o lasciare il Paese. Questo è un altro fattore di crisi tra i due Stati, perché per il Sud Sudan – parliamo di uno Stato poverissimo – il rientro di 700 mila persone senza mezzi di sussistenza rappresenta un altro problema enorme. Altro problema critico è quello del trasporto del greggio sud-sudanese a Port Sudan, che è il terminale da cui il greggio sud-sudanese può essere smerciato. Il Nord impone tariffe esorbitanti e il Sud Sudan, infatti, ha in gran parte sospeso la produzione di greggio perché non accetta queste tariffe.

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    Riparte l'emigrazione italiana. In tre anni 500mila giovani lasciano il Paese

    ◊   Aumenta il numero degli italiani nel mondo. Secondo il rapporto Migrantes, al primo gennaio 2012 gli iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero erano oltre 4 milioni e duecentomila, circa 93mila persone in più rispetto al 2011. Dati comunque in difetto, secondo gli estensori dell’indagine, perché non è possibile contare tutti coloro che emigrano. Alessandro Guarasci:

    Gli emigrati incidono per il 6,9% sulla popolazione residente in Italia. Ma se calcoliamo gli oriundi arriviamo a oltre 60 milioni. Il 47% degli italiani all'estero sono donne e quasi il 16 per cento sono minori. Ma l’emigrazione, negli ultimi anni, sta cambiando forma. Mons. Giancarlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes:

    “In tre anni 500mila giovani, soprattutto dal sud, hanno scelto un altro Paese al mondo per mettere a frutto i propri studi, la propria professionalità. Cresce soprattutto un’emigrazione che diventa e può diventare un valore aggiunto per la crescita del nostro Paese; persone che sono presenti nella storia economica, culturale e sociale in questo mondo ormai globalizzato”.

    Il 53,3% è partito dal Meridione e quasi il 55 per cento si trova in Europa. Le principali nazioni d’approdo sono Argentina, Germania e Svizzera. E proprio la Svizzera è la meta di tanti piccoli imprenditori, che lì vanno perché c’è meno burocrazia e le tasse sono più basse. Franco Plutino, presidente delle Acli Svizzera:

    “Specialmente anche in Ticino è un fenomeno che si sta verificando molto intensamente in questo periodo. La conoscenza e la formazione permettono senz’altro a piccoli imprenditori che vogliono sfruttare questi meccanismi di aprire attività interessanti”.

    Energie che vanno via e che bisogna far tornare se si vuole davvero far ripartire il Paese.

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    Campagna di Antea per le cure palliative

    ◊   Antea Onlus ha presentato al Senato lo spot tv “Un mantello per la vita”, per promuovere la cultura delle cure palliative e la terapia del dolore. Da 25 anni l’associazione si occupa di assistenza alle persone in fase avanzata di malattia, garantendo loro dignità e sollievo. A Giuseppe Casale, coordinatore sanitario di Antea Onlus, Eliana Astorri ha chiesto se sono soddisfatti dei risultati ottenuti:

    R. – Sì, soddisfatti ma non ci sentiamo arrivati, perché abbiamo ancora tantissimi anni davanti. Soddisfatti perché siamo riusciti a portare sia alle persone che abbiamo seguito, sia alle loro famiglie, un momento di serenità, che non è facile negli ultimi momenti della loro vita. Però, ovviamente, nei nostri obiettivi c’è l'auspicio che in Italia tutti i cittadini possano ricevere – come viene ribadito dalla legge 38 – le cure palliative e la terapia del dolore, in maniera adeguata e con personale competente.

    D. – Quando siete partiti nell’87 avreste mai pensato di raggiungere questi obiettivi?

    R. – No, perché in tutti questi anni le difficoltà – che ancora ci aspetteranno – sono state tante; però forse, vedere mano mano i risultati – anche soltanto il sorriso di una persona che abbiamo aiutato – ci ha spinto ad essere perseveranti e ad essere degli “arieti contro tutto e tutti”, nel senso buono ovviamente, per ottenere semplicemente dei benefici per i nostri pazienti.

    D. – E’ stato presentato uno spot televisivo per le cure palliative e la terapia del dolore, che verrà trasmesso su Rai e Mediaset: qual è il messaggio?

    R. – Il messaggio è molto semplice: le cure palliative non sono inutili. Il nome cure palliative deriva dal termine pallium che significa mantello, non a caso, il primo fotogramma dello spot fa vedere un mantello che vola in aria. La cosa più importante è che le cure palliative possono aiutare una persona, giovane o non giovane, a vivere i suoi ultimi giorni in maniera dignitosa. E questo spot – che sarà diffuso in televisione e nei cinema - sarà un messaggio per le persone che non ne sanno veramente nulla e per portare a conoscenza dei cittadini, che le cure palliative sono qualcosa di estremamente utile e addirittura – come ribadisce la legge 38 – sono un diritto per ognuno.

    D. – Ma quando si parla di palliativo, non si ha l’idea di qualcosa di superfluo, che non serve? E’ sbagliato forse proprio il termine?

    R. – Sì, diciamo che in Italia abbiamo tentato molte volte di cambiarlo, però in tutto il mondo si chiamano cure palliative. In Italia quando parliamo di palliativo, appunto, si intende qualcosa di inutile, ma la stessa legge ribadisce - in articoli ben precisi - che chi si occupa di cure palliative deve avere una formazione specifica, quindi avere una professionalità specifica, addirittura attraverso master universitari e corsi di formazione specifici, proprio a ribadire che non è una cosa inutile saperlo fare. Un’altra cosa importante: gli ultimi dati scientifici hanno perfino dimostrato che le cure palliative, oltre al fatto di non essere inutili, sono estremamente efficaci, allungano addirittura la vita dei pazienti, oltre a dare una qualità infinitamente migliore.

    D. – Per sostenere Antea?

    R. – Per sostenere Antea, visitate il nostro sito www.antea.net. Potete poi sostenerci in tanti modi: facendo volontariato, oppure donandoci quello che potete.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Liberia: condannato a 50 anni di reclusione l’ex presidente Charles Taylor

    ◊   L'ex presidente della Liberia, Charles Taylor, è stato condannato a 50 anni di reclusione, dai giudici del Tribunale speciale per la Sierra Leone (Tssl) che lo aveva riconosciuto colpevole di crimini contro l'umanità e di guerra durante il conflitto in questo Paese africano. Il giudice Richard Lussick, in una udienza pubblica a Leidschendam, alla periferia dell'Aja in Olanda, ha sottolineato che Taylor è stato condannato per “crimini di estrema gravità in termini di scala e brutalità”. Taylor, 64 anni, era stato riconosciuto colpevole, il mese scorso, di 11 capi di imputazione per aiuto e favoreggiamento dei ribelli durante la guerra terminata nel 2002 e che ha provocato la morte di oltre 50 mila persone. Omicidio, stupro, tortura e arruolamento di bambini soldati sono solo alcuni dei crimini commessi durante il conflitto dai ribelli del Fronte Rivoluzionario Unito L'ex presidente liberiano è il primo ex capo di Stato ad essere condannato da una Corte internazionale per crimini di guerra dalla Seconda Guerra mondiale. L'accusa aveva chiesto una condanna a 80 anni di reclusione. L'ex presidente liberiano sconterà la pena in un carcere britannico. “Il male che Taylor ha fatto è irreparabile", commenta all'agenzia Fides il padre saveriano Gerardo Caglioni, con una lunga esperienza missionaria in Sierra Leone. "Si pensi solo alle migliaia e migliaia di persone costrette a spostarsi da una nazione all’altra, con traumi dei quali ancora risentono i bambini soldato e il resto della popolazione per gli abusi sessuali e le violenze inaudite, fisiche e morali, che non potranno essere riparate dagli uomini” dice padre Caglioni. “Mi viene in mente un ragazzo a cui i guerriglieri del Ruf hanno bruciato vivi i genitori nella capanna, gli hanno tagliato le orecchie e a cui, prima di ucciderla, gli hanno chiesto di abusare di sua madre. Adesso quel ragazzo è rimasto solo, senza famiglia, con turbe psichiche che nessuno sarà in grado di guarire”. “Di fronte a migliaia di casi come questi, non sono i 50 anni di prigione inflitti a Taylor che possono offrire una concreta speranza a queste persone. Penso quindi che l’umanità dovrebbe ridare un pezzo di vita alle vittime di Taylor, dando loro una possibilità di riscatto diversa” afferma il missionario. Padre Caglioni si sofferma inoltra sull’atteggiamento di Taylor: “Nel corso del processo non ha mostrato alcun segno di sincero pentimento per i drammi che ha causato. Mi auguro che possa pentirsi e riconciliarsi con Dio, con l’umanità e soprattutto con le sue vittime”. Il missionario ricorda infine che proprio ieri, 29 maggio, era l’anniversario dell’erezione della prefettura apostolica di Makeni nel 1952 (poi divenuta diocesi). “La Chiesa di Makeni ha subito le violenze peggiori del Ruf. E questa Chiesa è stata capace nel corso degli anni di sanare, in qualche modo, le ferite purulente lasciate dalla guerra civile. È la Chiesa che ha dato un riscatto morale oltre che materiale alla popolazione provata da tanta violenza” conclude il missionario. (A.L.)

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    Myanmar: primo viaggio all’estero per Aung San Suu Kyi

    ◊   È la Thailandia a ricevere la visita della parlamentare birmana Aung San Suu Kyi, nel suo primo viaggio oltre i confini del Myanmar. Dopo 24 anni da prigioniera in patria, molti dei quali vissuti agli arresti domiciliari a causa delle sue lotte per i diritti umani, la leader dell’opposizione birmana è arrivata ieri a Bangkok per intervenire il 1° giugno al Forum economico mondiale. Il suo discorso sarà incentrato sul ruolo della donna nello sviluppo dei Paesi che compongono l’Association of South-East Asian Nations (Asean). Il primo incontro di oggi - riferisce l'agenzia AsiaNews - è avvenuto con i lavoratori migranti birmani di Mahachai, 30 km a sud della capitale thailandese, che hanno accolto con entusiasmo la visita della leader democratica. “Non dovete abbattervi perché la storia cambia continuamente”, ha detto la Suu Kyi alle migliaia di migranti giunti con striscioni inneggianti alla democrazia. Oltre agli appuntamenti istituzionali, che prevedono l’incontro con il primo ministro thai Yingluck Shinawatra e il leader dell'opposizione thai Abhisit Vejjajiva, la parlamentare birmana visiterà il campo profughi di Tak, nella Thailandia settentrionale, dove vivono 100 mila migranti appartenenti alle minoranze etniche del Myanmar, fuggiti dalla repressione della giunta militare. Al ritorno da questo primo viaggio, Aung San Suu Kyi farà tappa a Ginevra, per un intervento presso l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, a Oslo, dove riceverà il Premio Nobel per la pace assegnatole nel 1991, e infine a Londra dove incontrerà il parlamento. (A.C)

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    Siria: i timori dei cristiani dopo la strage di Houla

    ◊   I cristiani siriani sono un possibile bersaglio della vendetta di gruppi armati e di miliziani islamici sunniti che vogliono vendicare il massacro di Houla. E sono vittime privilegiate di sequestri. Quanto dicono famiglie di profughi siriani fuggite dall’area di Homs è confermato da fonti della Chiesa siriana. Come riferito all’agenzia Fides dalla Caritas Libano, famiglie impaurite di profughi siriani continuano a varcare il confine. Si tratta di musulmani alawiti e di cristiani, soprattutto coloro che erano impiegati in uffici pubblici. Giungono per la maggior parte da villaggi nell’area di Homs, come Qusayr e altri. I cristiani preferiscono fuggire perché vengono considerati “vicini al regime o protetti dal regime di Bashar al-Assad”. Con il prolungarsi della violenza e dopo episodi come il massacro di Houla, attribuito per ora all’esercito siriano – anche se le versioni sono discordanti – aumenta anche il desiderio di vendetta dei miliziani, nelle file dell’opposizione, contro i civili “sostenitori del regime”. Se i miliziani sunniti cercano di vendicare i propri cari uccisi, il bersaglio sono gli alawiti (minoranza a cui appartiene Assad) ma anche i cristiani. Una famiglia greco cattolica siriana, giunta in Libano da Qusayr, racconta a Fides di aver lasciato il villaggio a causa di combattimenti fra esercito e ribelli, ma soprattutto per la piaga dei sequestri: molti cristiani vengono prelevati da uomini mascherati, alcuni con accento locale, altri no. I sequestratori chiedono ingenti riscatti. Uno dei loro parenti cristiani – raccontano i profughi – è stato ucciso, altri rapiti e torturati perchè “non allineati con i rivoluzionari”. Anche il padre e il cugino del sacerdote cattolico padre Issam Kassouha sono stati rapiti nei giorni scorsi e poi, fortunatamente, rilasciati. “Non sappiamo se i terroristi erano militanti sunniti in cerca di vendetta o criminali che vogliono approfittare del caos, colpendo i più deboli”, spiegano i profughi. “Se avverranno altri massacri come quello di Houla, i cristiani potranno pagare un alto prezzo”, concludono. (R.P.)

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    Rifugiati siriani accolti dai gesuiti nel convento di San Vartan

    ◊   Famiglie di sfollati siriani, fuggite dal conflitto che infuri nell'Ovest del Paese, hanno trovato accoglienza e ospitalità nel convento di San Vartan, gestito dai gesuiti nel quartiere di Midan, nel cuore di Aleppo. Il convento, dedicato al Santo armeno, era un secolo fa una scuola armena, poi servita ad accogliere i rifugiati armeni. Nel novembre 2008 - riferisce l'agenzia Fides - i gesuiti, tramite il “Jesuit Refugees Service”, dopo averlo restaurato, vi hanno aperto un Centro di accoglienza per rifugiati, con attività di dopo scuola per ragazzi e attività sociali. A beneficiarne sono stati rifugiati iracheni e bambini di famiglie povere siriane. Il Centro ha continuato ad accogliere fino al 2010 nuove famiglie dall’Iraq, che si sono gradualmente inserite nel tessuto sociale della città, stabilendosi n Siria. Oggi il Centro è aperto a sfollati e bisognosi, senza alcuna discriminazione di religione, gruppo etnico, provenienza. Data la violenza che prosegue in Siria, alcuni sfollati interni siriani sono arrivati al Centro e hanno trovato un'oasi di accoglienza e soldiarietà. Il dramma dei rifugiati siriani continua: secondo l'ultimo rapporto Unicef, sono oltre 54.000 i rifugiati siriani in Giordania, Libano, Iraq e Turchia. Il 50% sono bambini che hanno lasciato le scuole, soffrono la povertà e traumi causati dalla fuga. (R.P.)

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    Somalia: pronto il piano di assistenza dell’Onu per gli sfollati

    ◊   In Somalia, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Acnur) e le agenzie partner sono pronte per fornire assistenza alle persone sfollate da Afgooye in arrivo nella capitale Mogadiscio. Sono circa 14 mila le persone sfollate da Afgooye dallo scorso 22 maggio a causa dell’attività militare nell’area. La comunità internazionale ha approntato un piano d’emergenza per 20 mila famiglie ma finora solo poco più di 10 mila persone hanno raggiunto la capitale. L’aumento di controlli di sicurezza lungo la strada per la capitale starebbero creando, secondo fonti locali, numerose difficoltà agli sfollati. Secondo il personale locale dell’Acnur, coloro che sono riusciti a raggiungere Mogadiscio vengono accolti nelle comunità locali da parenti. L’Acnur e i suoi partner sono pronti a consegnare agli sfollati alloggi ed altri aiuti di emergenza come teli di plastica, coperte, materassi, utensili per cucinare e taniche per l’acqua. L’esodo è rallentato dopo il picco toccato lo scorso 23 maggio quando sono stati registrati quasi 5.000 sfollati. La strada per Mogadiscio resta aperta. L’Acnur prevede spostamenti di persone in cerca di assistenza umanitaria nella capitale proseguiranno, ma non ai livelli della scorsa settimana. (A.L.)

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    India: in Kerala concessa la libertà su cauzione ai due marò

    ◊   L'Alta Corte del Kerala ha concesso la libertà su cauzione ai marò italiani Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Lo conferma all'agenzia AsiaNews padre Stephen Kulakkayathil, parroco di Quilon. La cauzione stabilita è di 10 milioni di rupie (circa 145 mila euro). I fucilieri del Battaglione San Marco dovranno rendersi disponibili per qualunque ulteriore interrogatorio. "Le condizioni poste dalla Corte - spiega il sacerdote - sono molto forti. È probabile che le autorità non consegneranno subito loro i passaporti, quindi per il momento resteranno in India, nell'ambasciata". Due cittadini indiani, ha aggiunto il sacerdote, "faranno da garanti". Il governo del Kerala avrebbe inoltre ritirato parte delle accuse, in particolare quella prevista dal ‘Sua Act’ sul terrorismo marittimo. I due marò sono gli unici indagati per la morte di due pescatori indiani, Jelestein e Ajesh Binki, rimasti uccisi in un incidente al largo delle coste del Kerala il 15 febbraio scorso. I militari erano a bordo della petroliera italiana Enrica Lexie, e secondo l’accusa avrebbero scambiato i pescatori per pirati. (A.L.)

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    Ancora l’Egitto nella lista nera della Commissione Usa per la libertà religiosa

    ◊   Per il secondo anno consecutivo l’Egitto compare nella lista dei Paesi di particolare preoccupazione (“Countries of particular concern” – Cpc) segnalati al Segretario di Stato dalla speciale Commissione Usa per la libertà religiosa internazionale (U.S. Commission on International Religious Freedom – Uscirf). Secondo il suo ultimo rapporto annuale, pubblicato di recente, il Governo di transizione egiziano “ha continuato ad essere coinvolto e a tollerare continue, sistematiche e gravi violazioni della libertà di pensiero, coscienza, religiosa o di fede”. Tra le principali vittime delle violenze settarie la comunità cristiana: un centinaio i copti assassinati per la loro appartenenza religiosa nel 2011, più di tutto il decennio precedente. “Questo livello di violenza e la mancata punizione dei responsabili – osserva la Commissione – hanno continuato ad alimentare un clima di impunità, aumentando la possibilità di nuove violenze”. Il rapporto, citato dall’agenzia Cns, rileva inoltre che le autorità egiziane non hanno impedito ai mezzi di comunicazione controllati dallo Stato di diffondere contenuti offensivi e degradanti nei confronti di alcune comunità religiose: in particolare contro gli stessi copti, ebrei e baha’i. La Uscirf raccomanda quindi all’Amministrazione americana di premere sull’attuale esecutivo di transizione e sul futuro governo civile affinché adottino misure che possano migliorare la situazione della libertà religiosa nel Paese. Tra queste l’abolizione dell’obbligo di specificare nei documenti la religione di appartenenza e l’introduzione di una legislazione uniforme in materia di costruzione e ristrutturazione dei luoghi di culto. Il rapporto chiede poi un intervento più deciso per reprimere i gruppi settari violenti. Nella lista stilata dalla Uscirf dei Paesi che hanno commesso gravi e sistematiche violazioni della libertà religiosa, oltre all’Egitto, figurano quest’’anno: Myanmar, Nord Corea, Eritrea, Iran, Iraq, Nigeria, Pakistan, Cina, Arabia Saudita, Sudan, Tagikistan, Turchia , Turkmenistan, Uzbekistan e Vietnam. Tra quelli sotto osservazione invece: Afghanistan, Bielorussia , Cuba, India, Indonesia, Laos, Russia, Somalia e Venezuela. Prima di essere inserito l’anno scorso tra i Cpc, l’Egitto, dal 2002, era inserito in quest’ultima categoria. (L.Z.)

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    Mosca: il metropolita Hilarion incontra i vertici di Aiuto alla Chiesa che Soffre

    ◊   «In un mondo segnato dal materialismo e dal consumismo, cattolici e ortodossi hanno una missione comune». Così il metropolita Hilarion di Volokolamsk ha aperto l’incontro con i vertici di Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs). Nel giorno di Pentecoste, a Mosca, il capo del dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato moscovita ha ospitato il barone Johannes von Heereman, presidente esecutivo della Fondazione pontificia, l’assistente ecclesiastico di Acs, padre Martin Barta, ed il responsabile internazionale della sezione Russia, Peter Humeniuk. «L’unione eucaristica tra le nostre due Chiese non si realizzerà in pochi anni - ha affermato Hilarion – ma non dobbiamo aspettare. Bisogna agire subito». Il vescovo ortodosso ha espresso in più occasioni la sua preoccupazione per la condizione dei cristiani in Medio Oriente e nei Paesi a maggioranza islamica, dove «la situazione dei fedeli peggiora drammaticamente». Un tema ovviamente emerso nel colloquio con Aiuto alla Chiesa che Soffre che sin dalla sua fondazione nel 1947 è sempre stata al fianco della Chiesa perseguitata. Nella difesa delle minoranze cristiane si manifesta da tempo «un’alleanza strategica» tra cattolici e ortodossi. Ma occorre intervenire anche in altri campi. Ad esempio nel fronteggiare quelle tendenze che nelle moderne società secolarizzate sono in contrasto con valori cristiani fondamentali, quali il matrimonio, la famiglia e la difesa della vita. Per questo il “ministro degli esteri” di Kirill auspica in futuro ulteriori momenti di confronto tra le due Chiese sorelle: «per perseguire nuovi approcci e liberarci dai fardelli del passato». Il barone von Heereman ha garantito la piena collaborazione di Acs ed ha ringraziato Hilarion per le sentite parole di riconoscenza alla Fondazione pontificia. Da più di 20 anni Acs sostiene la Chiesa ortodossa russa - a cui nel 2010 ha donato 700mila euro – e promuove numerosi progetti interconfessionali, a testimonianza del grande impegno ecumenico dell’Opera. «Saremo sempre grati ad Aiuto alla Chiesa che Soffre», ha detto il presule russo prima di concludere l’incontro con un ultimo invito: «Di fronte alle grandi sfide che attendono le nostre due comunità, è importante guardare al futuro insieme». (R.P.)

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    Onu: Ban Ki-moon ricorda i 120mila Caschi blu che operano nel mondo

    ◊   “Rendere omaggio ai 120 mila caschi blu in servizio in diciassette missioni in alcuni dei luoghi più instabili e pericolosi al mondo” e impegnarsi “a rafforzare la collaborazione globale perché” essi “siano un segnale di speranza per milioni di persone nel mondo”. Ieri, nella Giornata internazionale dei peacekeeper delle Nazioni Unite, il segretario generale Ban Ki-moon ha spiegato nel suo messaggio che “questo giorno è anche il momento per piangere i peacekeeper caduti”: 112 uomini e donne nel solo 2011. Nei primi quattro mesi 2012 ne sono morti altri 27. “Oggi - prosegue Ban - onoriamo la memoria degli oltre 2.900 caschi blu che hanno perso la vita adempiendo le loro funzioni nel corso degli anni, e ci impegniamo a portare avanti il loro lavoro per raggiungere la stabilità nei Paesi devastati dalla guerra”. Attualmente “116 Stati membri contribuiscono con personale militare e di polizia alle nostre operazioni”. Con riferimento alla nuova missione di osservatori in Siria, Ban afferma: “Serve coraggio per aiutare a sostenere le parti, a cominciare dal governo della Siria, ai loro impegni per far cessare la violenza che ha ucciso migliaia di persone”. Questo, conclude, “fa parte dei più grandi sforzi delle Nazioni Unite guidati dall‘inviato speciale congiunto Kofi Annan per porre fine alla violenza e cercare una soluzione politica alla crisi”. (R.P.)

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    Il Meeting di Rimini 2012 fa tappa a Beirut

    ◊   Arriva in Libano il percorso di avvicinamento alla XXXIII edizione del Meeting di Rimini, previsto dal 19 al 25 agosto prossimo. A Beirut - riporta l'agenzia Zenit - ieri è stata presentata l’esperienza della manifestazione riminese attraverso un incontro organizzato presso l’ambasciata italiana. Ad intervenire, oltre ad Emilia Guarnieri, presidente della Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli, sono stati invitati l’ambasciatore italiano Giuseppe Morabito, Ivan Caracalla, direttore del Caracalla Dance Theatre, Tarek Mitri, già ministro del governo libanese, Mohammed Sammak, segretario generale del Comitato nazionale del dialogo islamo-cristiano in Libano, Ibrahim M.M. Shamseddine, fondatore dell’Imam Shamseddine Foundation for Dialogue di Beirut. La presidente Emilia Guarnieri, a proposito del tema scelto per Meeting di quest’anno, “La natura dell’uomo è rapporto con l’Infinito”, ha dichiarato: “Proprio tale natura, essendo comune a tutti gli uomini, consente l’esperienza dell’incontro tra persone di fede e culture diverse, come anche quest’anno cercheremo di testimoniare, iniziando da questi momenti di incontro all’estero”. Prossima tappa del percorso sarà la Serbia, dove il Meeting si sposterà il 3 e 4 giugno a Nis e Belgrado. Il programma ufficiale della manifestazione 2012 sarà presentato, invece, il 6 giugno all’ambasciata italiana presso la Santa Sede. (A.C.)

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    Turchia. “L’aborto è omicidio”: il premier Erdogan ne chiede l’abolizione

    ◊   Il primo ministro della Turchia, Recep Tayyip Erdogan, ha annunciato l’intenzione da parte del governo di preparare una legge per l’abolizione dell’aborto nel Paese. “Qual è la differenza tra uccidere un bambino nel grembo di una madre e uccidere un bambino dopo la nascita?” ha chiesto, intervenendo durante un incontro con gruppi e associazioni femminili. L’aborto in Turchia - riferisce l'agenzia Fides - è legale dal 1983 per le prime 10 settimane di gravidanza. Il Premier islamico, invece, ha esortato a mantenere un alto tasso di natalità per rinforzare socialmente ed economicamente il Paese, incoraggiando ogni famiglia ad avere almeno 3 figli. Secondo Erdogan il sostegno all’aborto è solo un “piano subdolo per indebolire il Paese”. (A.C)

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    L'Osservatore Romano: da questo mese inserto dedicato alle donne

    ◊   «L’Osservatore Romano» esce da questo mese arricchito da un inserto dedicato alle donne: "Donne, chiesa, mondo", donne di tutto il mondo con particolare attenzione al loro rapporto con la Chiesa. Un foglio che uscirà l'ultimo giovedì di ogni mese, che informa sulla vita e la condizione femminile, senza tralasciare i temi più “caldi”, come tutto ciò che è connesso con la procreazione, l’accesso alla cultura e l’emancipazione. Ci sono tante notizie interessanti, in genere trascurate dagli organi di informazione e che invece dovrebbero essere diffuse, per fornire un livello più alto di consapevolezza sulla situazione femminile oggi. La prima pagina dell’inserto sarà dedicata alle donne che svolgono un ruolo importante nella Chiesa e non sono conosciute, o sono conosciute troppo poco. Il loro contributo, siano religiose o laiche, si sta facendo sempre più vasto e significativo — basti pensare che le religiose nel mondo sono oggi 740.000, a fronte di 460.000 religiosi e sacerdoti — ma è ancora nascosto. Renderlo noto, quindi, aiuterà anche a modificare pregiudizi e idee preconcette sulla Chiesa cattolica e sul suo atteggiamento verso le donne. In ogni inserto ci saranno uno spazio destinato alla spiritualità femminile, un’inchiesta su temi legati alle donne e alla vita religiosa, la segnalazione di un romanzo, di un saggio e di un film, anche se non sempre legati alla religione. Speriamo in questo modo di offrire un servizio utile, che ampli le informazioni e contribuisca ad approfondire la conoscenza sul ruolo delle donne nella Chiesa oggi e nel passato. Abbiamo scelto di cominciare nel mese di maggio per porre questa nuova iniziativa sotto il manto protettivo della Vergine. Sempre a Maria si riferisce la frase della Scrittura a cui ci siamo ispirate, che ricorre due volte nel vangelo di Luca (2, 19 e 51). E abbiamo preferito la traduzione “confrontava ” al più usuale “meditava” perché nell’animo della Vergine si agitavano e si confrontavano situazioni ed eventi differenti, sempre in movimento, in una turbolenza che trovava la pace ma non la piatta acquiescenza. (A cura di Lucetta Scaraffia)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 151

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Barbara Innocenti.