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Sommario del 28/05/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa riceve il presidente della Costa Rica: la tutela della vita al centro dei colloqui
  • I vescovi maltesi in udienza dal Papa. L'arcivescovo di Malta: puntare su famiglia e nuova evangelizzazione
  • Indagini in Vaticano. Padre Lombardi: nessun cardinale o donna indagati o sospettati
  • Benedetto XVI celebra i 35 anni della sua ordinazione episcopale
  • Incontro mondiale delle famiglie. Mons. De Scalzi: sulla loro tutela Chiesa e società si giocano il futuro
  • Altra udienza e nomine
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Strage di Hula: condanna Onu dimezzata per Damasco. Padre Dall’Oglio: sostenere il piano Annan
  • Primavera araba e crisi egiziana nel libro “Medio Oriente. Una storia dal 1991 a oggi”
  • Mali: infiltrazioni qaediste nella crisi dell'Azawad
  • Medio Oriente: settimana di preghiera per la pace, promossa dal Consiglio mondiale delle Chiese
  • Il forum di Todi: troppe scelte sbagliate, rinnovare la classe politica
  • Scandalo Calcioscommesse in Italia, nuova bufera giudiziaria
  • “Scollocarsi” per vivere meglio: in un libro, un’idea alternativa per uscire dalla crisi
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Rio 2013: tra i cinque patroni della Gmg anche il Beato Giovanni Paolo II
  • Siria: preghiera e digiuno di un prete cattolico nell'inferno del conflitto
  • Cristiani e musulmani in preghiera per la pace nel Mali sconvolto dal conflitto interno
  • Pakistan: massacrata in Punjab una famiglia cattolica
  • Nuovo attacco ai cristiani in Pakistan, tre uomini feriti a Karachi
  • Africa: chiave dello sviluppo è il commercio tra i Paesi del continente
  • Marocco: in migliaia in piazza per chiedere diritti sociali e cambiamenti
  • Congo. Instabilità nell'Ituri: oro e petrolio la posta in gioco
  • Onu: nuovo portale sui progetti di ecosviluppo nel sud del mondo
  • Tibet. Ancora proteste e auto-immolazioni: ieri due giovani si sono dati fuoco a Lhasa
  • Sud Corea: Forum per l'unità dei cristiani per testimoniare Cristo al mondo
  • Cile: la presenza della Chiesa ai tavoli di lavoro con le comunità indigene
  • Senegal: nuovo sito web per l’arcidiocesi di Dakar
  • Londra: altri 17 pastori anglicani accolti nell'Ordinariato
  • Cannes: la Palma d'oro al film dell'austriaco Michel Haneke "Amour"
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa riceve il presidente della Costa Rica: la tutela della vita al centro dei colloqui

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto, stamani, in udienza il presidente della Repubblica di Costa Rica, Laura Chinchilla Miranda. Durante i cordiali colloqui, informa una nota della Sala Stampa vaticana, “sono state evidenziate le buone relazioni esistenti fra la Santa Sede, la Chiesa e lo Stato e se ne è auspicato l’ulteriore rafforzamento con un Accordo rispettoso dell’identità del Paese e della sana autonomia e collaborazione esistente fra le autorità civili e quelle ecclesiastiche”. Nel corso della conversazione, prosegue la nota, ci si è “soffermati sull’importanza di continuare a tutelare la dignità fondamentale dell’essere umano fin dal suo concepimento”. Si è quindi ricordato “il particolare contributo offerto dalla Chiesa, tramite le sue istituzioni educative, sociali e caritative”.

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    I vescovi maltesi in udienza dal Papa. L'arcivescovo di Malta: puntare su famiglia e nuova evangelizzazione

    ◊   Il Papa ha ricevuto, stamani, in visita ad Limina un gruppo di vescovi di Malta, Paese che il Pontefice ha visitato nel 2010, a conclusione dell'Anno Paolino. Sulle attuali sfide della Chiesa maltese e sulle speranze riposte in questa visita, Isabella Piro ha intervistato mons. Paul Cremona, arcivescovo di Malta:

    R. - La Chiesa a Malta in questo periodo, ovviamente, fa parte anche del “villaggio globale”, e così anche noi ci troviamo davanti ai problemi, alle idee, ai disvalori che sono dappertutto, in tutto il mondo. Da noi, credo che la sfida è cercare di dare una fede più grande, più forte a questa cultura religiosa che noi abbiamo a Malta, perché la cultura religiosa è molto forte a Malta. Per affrontare queste problematiche nuove ci vuole anche una fede più radicata: noi abbiamo bisogno di vivere cristianamente.

    D. - Cosa ha lasciato la visita di Benedetto XVI nel 2010?

    R. - Una grande gioia ovunque. Noi vescovi ritorniamo sui discorsi pronunciati da Papa Benedetto quando era da noi e nella memoria dei maltesi è rimasto un momento veramente di gioia, ma anche di fede: una manifestazione della nostra fede davanti al mondo, davanti alla società.

    D. - Un anno fa, a Malta si è tenuto il referendum sul divorzio che ha visto la vittoria del sì. Come è cambiata la situazione della famiglia maltese?

    R. - Il problema è il matrimonio stesso, perché il matrimonio e la famiglia non sono considerati con il dovuto rispetto che dovrebbero avere, anche tra i giovani cattolici. La maggioranza ancora preferisce fare un matrimonio che sia un Sacramento, ma si vedono coppie che si separano ed è una cosa che sta aumentando: fino ad ora, credo che ci siano stati quattrocento casi di divorzio. L’anno prossimo, tutta la diocesi farà una riflessione sull’apostolato nella famiglia e tutti i gruppi staranno insieme per vedere cosa vuole Dio in questa società in cui viviamo. Speriamo che questa riflessione porti ad un piano che sia più oggettivo, più reale per questi tempi in cui viviamo.

    D. - Una delegazione di Malta sarà presente all’Incontro mondiale delle famiglie a Milano?

    R. - Sì, ci sarà un gruppo che viene da Malta per partecipare a questa celebrazione. Sarà un avvenimento di grande portata e un avvenimento anche di grande gioia, specialmente vedere tutte quelle famiglie che credono nel matrimonio e che fanno del loro meglio per far crescere la famiglia secondo la volontà di Dio, secondo i voti che hanno fatto durante il Rito matrimoniale.

    D. - Ad ottobre si terrà il Sinodo generale sulla Nuova evangelizzazione. In questo settore, la Chiesa di Malta e di Gozo come si sta muovendo?

    R. - Noi cerchiamo, anche nel nostro linguaggio, di usare questa nuova evangelizzazione che è tanto importante, specialmente per questa Europa in cui viviamo. Non possiamo parlare di nuova evangelizzazione per i Paesi che non hanno ancora accolto il Signore Gesù Cristo; noi facciamo questa nuova evangelizzazione per quei Paesi in cui una volta Cristo era presente nella vita delle persone, mentre adesso è diminuita l’influenza di Nostro Signore. Allora, con la nuova evangelizzazione dobbiamo vedere come fare per attirare la gente e portarla ad avere un’esperienza che non sia un’esperienza soltanto di Chiesa, ma sia un’esperienza di Cristo attraverso la Chiesa. Questa credo che sia la nuova evangelizzazione.

    D. - Malta è un’isola che è sempre stata un po’ al centro anche degli sbarchi dei migranti. Qual è attualmente la situazione e la Chiesa come si muove in questo campo?

    R. - Noi cerchiamo di aiutare: c’è il "Jesuit Refugee Service" dei gesuiti che cura soprattutto i diritti di coloro che cercano asilo a Malta; c’è anche la Commissione per gli emigranti - che adesso è più una Commissione per gli immigrati - che dà alloggio a diverse famiglie venute qui a Malta. Ci sono diversi problemi che devono essere risolti: per esempio, il problema della detenzione delle persone che vengono qui. Il fatto è che molte di queste persone che cercano asilo non è che vogliono stare a Malta, ma vedono un futuro più grande in Australia o negli Stati Uniti. E allora sono qua, aspettando di vivere questa nuova avventura in un nuovo Paese. Ma fino a quando saranno qui a Malta noi dobbiamo cercare, come cristiani, di fare per loro tutto il possibile, specialmente dando loro lavoro e rispettandoli come immagine di Dio, in cui crediamo.

    D. - Cosa vi dà l’incontro con il Papa?

    R. - Prima di tutto, l’esperienza di essere vicini al Papa è sempre un’esperienza spirituale grande, proprio per cercare di guidare la Chiesa qui a Malta come la Chiesa vuole. Speriamo di avere luci nuove sul modo in cui noi vescovi possiamo andare avanti in questo cammino della Chiesa.

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    Indagini in Vaticano. Padre Lombardi: nessun cardinale o donna indagati o sospettati

    ◊   Proseguono in Vaticano le indagini sulla vicenda della diffusione di documenti riservati. Il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, ha affermato che la commissione di cardinali istituita dal Papa per la questione continua i suoi lavori nei tempi richiesti dal caso, senza lasciarsi condizionare dalla pressione mediatica. Il portavoce vaticano ha smentito categoricamente la notizia diffusa da organi di stampa secondo la quale sarebbero sospettati o indagati un cardinale o una donna. Ha quindi affermato che l’aiutante di Camera del Papa, Paolo Gabriele, tuttora agli arresti, ha incontrato la moglie e i suoi legali, e che ha assicurato che offrirà la più ampia collaborazione per appurare la verità. Ha definito pure fantasie alcune notizie apparse sui media, come il ritrovamento, nella casa di Gabriele, di casse di documenti o apparecchiature fotografiche particolari. In questo contesto, ha esortato i giornalisti ad evitare di diffondere notizie non fondate e motivate solo dal desiderio di parlare della vicenda. Ha poi tenuto a precisare che la questione dello Ior è distinta e separata da questo caso e che la sfiducia al presidente Gotti Tedeschi e l’arresto di Gabriele hanno in comune solo il fatto che sono avvenuti in tempi ravvicinati. Il Papa – ha detto padre Lombardi - è informato di tutto e non può che essere addolorato ma resta sereno: in tutti – ha concluso - c'è l'impegno a cercare di ristabilire al più presto possibile un clima di trasparenza, verità e fiducia.


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    Benedetto XVI celebra i 35 anni della sua ordinazione episcopale

    ◊   Oggi Benedetto XVI celebra il 35.mo anniversario della sua ordinazione episcopale, avvenuta nella cattedrale di Monaco il 28 maggio 1977. Joseph Ratzinger veniva chiamato da Paolo VI a diventare arcivescovo di Monaco e Frisinga. Una ricorrenza che segue di poco il settimo anniversario dell’inizio del Pontificato e il suo 85° compleanno: eventi che gli hanno fatto sentire la vicinanza di tante persone. Ce ne parla Sergio Centofanti.

    Il Papa ha sentito molto l’affetto dei fedeli che si sono stretti intorno a lui in questo periodo di gioie ma anche di sofferenze. Ha sentito molto le preghiere di tante persone semplici e ha chiesto di continuare a sostenerlo con la preghiera perché “con l’aiuto dello Spirito Santo possa perseverare” nel suo servizio a Cristo e alla Chiesa:

    “Fin dal primo momento della mia elezione come Successore di San Pietro, mi sono sempre sentito sorretto dalla preghiera della Chiesa, dalla vostra preghiera, soprattutto nei momenti più difficili. Vi ringrazio di cuore. Con la preghiera costante e fiduciosa, il Signore ci libera dalle catene, ci guida per attraversare qualsiasi notte di prigionia che può attanagliare il nostro cuore, ci dona la serenità del cuore per affrontare le difficoltà della vita, anche il rifiuto, l’opposizione, la persecuzione”. (Udienza generale del 9 maggio 2012)

    Benedetto XVI constata con dolore che “a Satana è stato concesso di vagliare i discepoli visibilmente davanti a tutto il mondo”. Ma sa che la casa costruita sulla roccia non cade durante la tempesta. E invita ad imitare la prima comunità cristiana:

    “Di fronte al pericolo, alla difficoltà, alla minaccia, la prima comunità cristiana non cerca di fare analisi su come reagire, trovare strategie, come difendersi, quali misure adottare, ma, davanti alla prova, si mette in preghiera, prende contatto con Dio … la richiesta che la prima comunità cristiana di Gerusalemme formula a Dio nella preghiera non è quella di essere difesa, di essere risparmiata dalla prova, dalla sofferenza, non è la preghiera di avere successo, ma solamente quella di poter proclamare … con franchezza, con libertà, con coraggio, la Parola di Dio”. (Udienza generale del 18 aprile 2012)

    Parla di Gesù che nel Getsemani “vede la marea sporca di tutta la menzogna e di tutta l’infamia che gli viene incontro in quel calice che deve bere”. Ma nella certezza che la Pentecoste vince la Babele delle divisioni.

    “Mi trovo di fronte all’ultimo tratto del percorso della mia vita e non so cosa mi aspetta” – ha detto in occasione dei suoi 85 anni - ma so che la luce di Dio c’è, che Egli è risorto, che la sua luce è più forte di ogni oscurità, che la bontà di Dio è più forte di ogni male di questo mondo”.

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    Incontro mondiale delle famiglie. Mons. De Scalzi: sulla loro tutela Chiesa e società si giocano il futuro

    ◊   “L’unità è la Chiesa bella che dobbiamo testimoniare”. È una delle esortazioni che il cardinale arcivescovo di Milano, Angelo Scola, ha rivolto durante la Messa di Pentecoste, presieduta ieri in Duomo, ai cinquemila volontari che nei prossimi giorni saranno il volto accogliente e “operoso” dell’Incontro mondiale delle famiglie. La celebrazione ha aperto la settimana del grande raduno internazionale, che vedrà Benedetto XVI protagonista degli eventi centrali, dal primo al tre giugno prossimi. Il vescovo Erminio De Scalzi, presidente della Fondazione Milano Famiglie 2012, organizzatrice dell’Incontro, sottolinea, al microfono di Alessandro De Carolis, l’eco notevole suscitato finora dal tema-guida dell’evento:

    R. – Devo dire che questo tema, “La famiglia: il lavoro e la festa”, ha trovato nei mass media, nell’interesse della società civile, una grande accoglienza. È un tema che io definisco “laico”, perché lavoro, festa, famiglia ci danno l’occasione per dialogare non solo con i fedeli credenti, ma con tutti coloro che nella società riflettono su questi valori. Abbiamo scelto come “genere letterario” quello del raccontarsi: ascolteremo e ci confronteremo con le diverse visioni che ci sono sulla famiglia, sul lavoro e sulla festa in tanti Paesi. Questo sarà un grande arricchimento, un’occasione per ascoltare il bene che c’è in famiglie da volti diversi dai nostri. Poi, questo Incontro mondiale ha messo in luce anche il volto di una Chiesa ambrosiana estroversa, compagna di viaggio di ogni famiglia desiderosa di offrire un contributo positivo. Una Chiesa accogliente, una Chiesa accanto alla gente: questa è la Chiesa ambrosiana.

    D. – Qualche giorno fa, nel presentare il Parco di Bresso – la grande area verde che ospiterà gli incontri delle famiglie con il Papa – lei ebbe a dire sulla generosità mostrata dalla città: “Il cuore dei milanesi è stato riscaldato”. Cosa l’ha colpita di più in questo senso?

    R. – Innanzitutto, che la risposta ha superato le domande di accoglienza da parte delle famiglie. In questi giorni, mi colpisce il fatto che tutti vogliono venire, che vogliono vedere il Papa. E questo mi fa piacere per la società civile e le varie istituzioni della città e della Lombardia, perché le dieci diocesi lombarde sono direttamente coinvolte: il Convegno internazionale che faremo avrà anche un pomeriggio di incontri in alcune diocesi della regione.

    D. – La preparazione dell’incontro di Milano ha avuto sin dall’inizio, per così dire, un “Dna solidale”. Giunti a ridosso del raduno, come valuta l’esperienza del Fondo da voi costituito per le famiglie in difficoltà?

    R. – Molte famiglie dei Paesi poveri del mondo saranno accolte gratuitamente. Qui, c’è un grande interessamento da parte dei loro connazionali. Noi a Milano abbiamo circa 300 mila persone di altri Paesi. In tanti si sono dati un gran da fare: hanno scritto persino una lettera al Papa, che consegneremo, e accoglieranno nelle loro comunità i connazionali che arriveranno. Questa è stata una cosa bella. Poi, anche i nostri sacerdoti fidei donum, e ne abbiamo tanti nelle varie nazioni, accoglieranno e noi contribuiremo all’ospitalità delle famiglie con i proventi del Fondo.

    D. – Famiglie che decidono, spesso a costo di non pochi sacrifici, di riunirsi in ogni parte del mondo per manifestare la propria fede che tipo di messaggio mandano al resto del mondo?

    R. – Che dobbiamo ritornare a mettere la famiglia al centro di tutto, questa famiglia che fuori dalla porta di casa si accorge di contare poco: al contrario, il trinomio famiglia-lavoro-festa - che parte dalla famiglia e che la apre al mondo – è invece una cosa su cui noi dobbiamo riflettere. E dobbiamo riportare la famiglia al centro anche della nostra pastorale. É una risorsa insostituibile sia per il civile – perché forse la famiglia è l’ammortizzatore sociale più grande – sia per la pastorale. Noi pensiamo all’educazione dei ragazzi, ma è anche punto di riferimento essenziale della convivenza civile, della coesione sociale. Io credo che sul tema famiglia si giochi tanto del futuro del Paese, ma anche della Chiesa.


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    Altra udienza e nomine

    ◊   Il Papa ha ricevuto stamani in visita ad Limina mons. Ralph Heskett, Vescovo di Gibraltar.

    In Colombia, il Papa ha nominato Vescovo Ausiliare dell’arcidiocesi di Medellín il Reverendo Elkin Fernando Álvarez Botero, del clero della diocesi di Sonsón – Rionegro, finora Direttore del Dipartimento per i Ministeri Gerarchici della Conferenza Episcopale colombiana, assegnandoli la sede titolare di Gemelle di Numidia.

    In Rwanda, il Papa ha nominato mons. Philippe Rukamba, Vescovo della Diocesi di Butare, Amministratore Apostolico sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis della Diocesi di Gikongoro in Rwanda.

    In Burkina Faso, il Papa ha nominato il reverendo Léopold Ouédraogo, attuale Vicario Generale dell’Arcidiocesi, di Ouagadougou in Burkina Faso, Vescovo Ausiliare della stessa Arcidiocesi, assegnandogli la sede titolare vescovile di Sutunurca.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Da Babele all'unità: nella Basilica vaticana la Messa della solennità di Pentecoste presieduta da Benedetto XVI che, all'Angelus, ha annunciato che il prossimo 7 ottobre san Giovanni d'Avila e santa Ildegarda di Bingen saranno proclamati dottori della Chiesa.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, la Siria, con la condanna de Consiglio di Sicurezza dell'Onu del massacro di Hula.

    I beni che passano e quelli che restano: in cultura, la lettera del cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, alle popolazioni colpite dal sisma.

    Abbiamo bisogno di radici: Ernesto Vecchi sulle necessità civiche e religiose alla base del culto dei santi patroni.

    Tra le memorie di chi non è sopravvissuto: Anna Foa recensisce il libro di Mario Avagliano e Marco Palmieri "Voci dal lager. Diari e lettere di deportati politici".

    Sul Festival di Cannes 2012, due articoli di Emilio Ranzato: "Un'annata senza sussulti" e "Tempi duri per i reality".

    Il cardinale dei perseguitati: Guido Vitale su "Pagine Ebraiche" ricorda l'arcivescovo Elia Dalla Costa a mezzo secolo dalla scomparsa.

    Il cammino comune di cattolici e assiri d'Oriente: nell'informazione religiosa, il messaggio del Papa per il cinquantesimo di consacrazione episcopale del Catholicos Mar Dinkha IV.

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    Oggi in Primo Piano



    Strage di Hula: condanna Onu dimezzata per Damasco. Padre Dall’Oglio: sostenere il piano Annan

    ◊   L'inviato di Onu e Lega Araba, Kofi Annan, è giunto stamani a Damasco: domani l’incontro con Assad. La visita di Annan arriva dopo il massacro di oltre cento civili a Hula per cui il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha condannato il regime siriano ma non addossando tutta la responsabilità a Damasco. A Kofi Annan si rivolge in una lettera padre Paolo Dall’Oglio, fondatore della Comunità monastica di Deir Mar Musa in Siria. Fabio Colagrande ha raggiunto telefonicamente padre Paolo Dall’Oglio in Siria, in una località non lontana da Homs:

    R. – Ho detto nella mia lettera che ci aggrappiamo a questa iniziativa Onu come dei naufraghi ad una zattera. Qui si prova ad interrompere un ciclo violento di guerra civile con mezzi non violenti. Questo tentativo, che per ora è troppo timido, se fosse incoraggiato, appoggiato dalla collettività internazionale con più coerenza, potrebbe riuscire. Non bastano 300, ce ne vogliono 3000 di osservatori militari esperti, non armati, che vengano ad aiutare questa società civile locale a tirarsi su e a trovare le vie della riconciliazione.

    D. – Mons. Zenari ci raccontava che pur in questi momenti di dramma, di violenza, in Siria ci sono ancora piccoli segni di speranza: collaborazioni tra cristiani e musulmani proprio per aiutare le persone...

    R. – Noi osserviamo tutti i giorni giovani che collaborano – musulmani e cristiani – nell’ambito della Mezza Luna Rossa, ad esempio. Esistono tante iniziative con le quali i giovani desiderano esprimere la loro volontà di partecipare per salvare il corpo profondo di questa società civile, che da sempre è chiamata ad esprimere armonia intercomunitaria.

    D. – Padre Dall’Oglio, la Russia ha approvato la risoluzione del Consiglio di Sicurezza perché non addossa alle forze governative siriane l'intera respondabilità per la strage di Hula...

    R. – L’iniziativa di Kofi Annan ha senso solo nella misura in cui rappresenta la buona volontà della Russia. E’ una buona volontà condizionata al fatto che la Siria non esca dall’area geostrategica di influenza della Russia sul Mediterraneo. In questa tragica e insopportabile contingenza di questo massacro orribile che è avvenuto venerdì scorso, la Russia ha trovato le parole giuste e adesso bisognerà che trovi anche i mezzi adeguati, perché questo Paese sia accompagnato fuori da questa crisi verso una democrazia autentica.

    D. – Per chiudere, una testimonianza dalla comunità cristiana in Siria...

    R. – Ieri sera ho celebrato la Pasqua con quello che resta delle famiglie, che sono qui in un quartiere difficilissimo. Non hanno avuto la Pasqua e quindi abbiamo celebrato la Pasqua e la Pentecoste assieme. C’erano una persona anziana, una bambina, due donne nubili - ecco cosa è rimasto di questa comunità cristiana in questo quartiere – e abbiamo celebrato con commozione il mistero dell’amore di Dio per ogni uomo.

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    Primavera araba e crisi egiziana nel libro “Medio Oriente. Una storia dal 1991 a oggi”

    ◊   Gli Accordi di Oslo, gli attentati dell’11 settembre 2001, la "primavera araba". Sono soltanto alcune tappe della storia mediorientale più recente, ripercorse nel libro “Medio Oriente. Una storia dal 1991 a oggi” di Marcella Emiliani, mediorientalista e giornalista. Il testo, pubblicato da Editori Laterza, fa seguito al precedente “Medio Oriente. Una storia dal 1918 al 1991″. Inevitabili i riferimenti all’attualità, come per esempio i giochi elettorali in nord Africa, a cominciare dall’Egitto. Dopo il primo turno delle presidenziali, si va verso il ballottaggio del 16-17 giugno tra Mohammed Mursi, candidato della Fratellanza musulmana, e l'ex primo ministro del regime di Mubarak, Ahmed Shafik. Presentati numerosi ricorsi contro le operazioni di voto, in particolare da Hamdin Sabbahi, candidato del partito di sinistra al-Karamah, che ha denunciato molte "violazioni" ai seggi. Mentre si attendono per queste ore i risultati ufficiali del primo turno di mercoledì e giovedì scorsi, la partita sembra disputarsi tra un islamico conservatore e un esponente del passato regime. Di fatto, tale sfida chiude la stagione di piazza Tahrir? Giada Aquilino ho ha chiesto a Marcella Emiliani:

    R. – Apparentemente sì, perché Mursi e Shafik sono due personaggi già consumati agli occhi di quei giovani scesi in piazza per cacciare Mubarak. Il più compresso è certamente Shafik, perché è stato primo ministro: tra l’altro, era stato eliminato dalla Commissione elettorale, poi ha fatto ricorso ed è stato riammesso alla tornata di consultazioni. Ora, il problema è vedere perché il voto degli egiziani si sia concentrato su Shafik, un personaggio ben poco appetibile: c’è chi dice che tutta la parte secolarizzata della società non voglia uno strapotere dei Fratelli musulmani. Mursi è il segretario generale del Partito “Giustizia e libertà”, quello che è stato creato dai Fratelli musulmani, i quali – con le legislative – hanno già acquisito quasi il 50 per cento dei seggi in Parlamento. Se Mursi vincesse le elezioni, i Fratelli musulmani avrebbero fatto l'en plein: metà del parlamento e il presidente. C’è sempre, però, un grande punto interrogativo, perché non essendo stata ancora scritta la Costituzione non si sa quali siano i poteri del capo dello Stato: sarà un presidente esecutivo o puramente cerimoniale? Su tutto poi c’è sempre l'incognita di come i militari digeriranno sia un'eventuale vittoria di Mursi, sia un’eventuale affermazione di Shafik.

    D. – Il ruolo dei militari, allora, quale potrebbe essere?

    R. – Se il candidato non dovesse essere a loro congeniale, sarebbe quello di rallentare la consegna dei poteri. Se, però, nel frattempo dovessero scoppiare moti di piazza – e abbiamo visto che in occasione del primo turno delle presidenziali ci sono stati disordini, durante i quali la Polizia è intervenuta pesantemente – ecco che allora i militari avrebbero mano libera per dire: “Il Paese è instabile e noi rappresentiamo l’unica garanzia di stabilità”.

    D. – L’opposizione emersa dalla piazza non è riuscita a produrre un candidato unico. Verso dove si proietta, ora?

    R. – La rabbia giovanile non fa che crescere: basta collegarsi con tutta la rete, con Twitter e Facebook, per rendersi conto che i giovani sono molto arrabbiati e lo sono molto più di prima. E questo anche per un altro motivo: tutti i candidati che si sono presentati alle presidenziali hanno fatto ricorso a slogan davvero generici, ma non a quelli che sono i problemi che interessano i giovani e la maggioranza della popolazione, ossia verso quale tipo di economia, di giustizia sociale, di lotta alla corruzione, di equità si sta avviando l’Egitto. Tra i candidati che si sono presentati, Shafik non è certo una garanzia di cambiamento, mentre per quanto riguarda Mursi il punto interrogativo è grande, perché il credito dei Fratelli musulmani riguarda sicuramente tutta quell’azione di welfare sociale che hanno sempre sostenuto quando lo Stato ha fatto poco o nulla per la popolazione più povera. Ma una volta al governo? Questo è veramente un grande interrogativo. I Fratelli musulmani, tra l’altro, fino a oggi non hanno mai chiarito in che misura la sharia - la legge islamica - sarà base del futuro legislativo. Quindi, diciamo che i candidati sono poco appetibili per quella che è la popolazione che ha dato vita a piazza Tahrir: i programmi sono assolutamente fumosi, c’è una grande emergenza economica - che viene pagata soprattutto dai giovani - l’ombra dei militari pesa su tutto e la Costituzione è ancora un grande punto interrogativo. Altro che cantiere è l’Egitto: è una fonte di inquietudini, più che di rassicurazioni.

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    Mali: infiltrazioni qaediste nella crisi dell'Azawad

    ◊   La crisi politica che ha prodotto la spaccatura del Mali con la perdita di controllo del governo centrale sulla parte settentrionale del Paese preoccupa sempre più la comunità internazionale. La regione separatista dell’Azawad - dalla fine di marzo sotto il controllo del movimento di ribellione tuareg - ha infatti spalancato le porte ai movimenti integralisti islamici di ispirazione qaedista. Una situazione che rende sempre più difficile al governo transitorio di Bamako il compito di ricostituire l’ordine istituzionale, dopo il golpe del 22 marzo. A Enrico Casale, africanista della rivista Popoli, Stefano Leszczynski ha chiesto quanto questa crisi possa essere contagiosa a livello regionale:

    R. – Si può parlare di una situazione di forte instabilità, con un Paese spaccato in due: a nord, dove governano le milizie dei tuareg, e a sud dove dove, dopo un golpe dei militari, è al governo un presidente ad interim in attesa di future elezioni, che avrebbero dovuto tenersi a maggio.

    D. – A peggiorare la situazione, anche la comparsa di movimenti radicali islamici: possono essere ricondotti a quello che è il dilagare di al Qaeda nel continente africano o sono qualcosa di diverso?

    R. – Sono riconducibili a quel movimento di diffusione del radicalismo islamico, che interessa tutta la fascia del Sahel: dal Mali fin giù ad arrivare al nord del Kenya, alla Somalia e all’Etiopia orientale. Originariamente, la lotta per l’indipendenza dell’Azawad - e delle regioni settentrionali del Mali - è stata portata avanti dal Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad, un movimento di tuareg, fondamentalmente laici o meglio che non si ispiravano a un islam radicale. Successivamente, sono invece emerse nuove forze quali, per esempio, Ansar Din, un movimento radicato sempre nell’ambito della popolazione tuareg, ma con forti richiami al fondamentalismo islamico, al radicalismo islamico.

    D. – Quale può essere la causa di questa diffusione di tali movimenti? C’è una causa comune che si può individuare?

    R. – Dal punto di vista operativo, sul terreno, questi singoli movimenti nascono da esigenze locali. Sono movimenti che operano per rispondere a problemi strettamente legati ai singoli Paesi: le istanze di Boko Haram sono diverse da quale di Ansar Din e sono diverse da quelle degli Shebab in Somalia. Tutti si riconoscono in questa visione radicale dell’islam e quindi – diciamo – operano nel locale, ma con una visione più globale. C’è una distinzione dal punto di vista operativo locale, ma c’è un’unione dal punto di vista idelogico-continentale.

    D. – Questa situazione, in particolare nel Mali, preoccupa molto la comunità internazionale per la grave minaccia alla sicurezza internazionale…

    R. – La comunità internazionale può intervenire, anzitutto, favorendo un processo di transizione democratica a Bamako, nella capitale del Mali, e aiutando una tradizione che riporti il Paese all’utilizzo di strumenti democratici per la gestione della pubblica amministrazione.

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    Medio Oriente: settimana di preghiera per la pace, promossa dal Consiglio mondiale delle Chiese

    ◊   Inizia oggi la Settimana di preghiera per la pace in Palestina e Israele. Si tratta di un’iniziativa del Forum ecumenico del Consiglio mondiale delle Chiese (Wcc). L’obiettivo è anche dare un chiaro segnale al mondo politico oltre che alla comunità civile perchè non sia dimenticata la difficile situazione di tutte le parti coinvolte nel conflitto israelo-palestinese e perché si continui a cercare delle soluzioni. Per capire l’attuale fase di stallo sotto diversi punti di vista, Fausta Speranza ha intervistato Janiki Cingoli, direttore del Centro italiano per la pace in Medio Oriente:

    R. – I negoziati sono oramai bloccati dal dicembre 2010 e i tentativi di rivitalizzarli, fatti dal re di Giordania, non hanno dato frutti. Di fatto c’è una situazione di attesa anche dei risultati delle prossime elezioni americane: di sapere se Obama sarà riconfermato o meno. C’è però anche uno stallo delle violenze, nel senso che in questa situazione – mi pare – che la parte palestinese non prema più di tanto, al di là di qualche gesto dimostrativo, e quindi c’è un po’ una situazione di sospensione: per certi versi si potrebbe anche dire che ognuno è interessato un po’ al mantenimento dello status quo.

    D. – Invece che cosa si potrebbe e si dovrebbe fare per una pace che abbia veramente il significato di questo termine?

    R. – Quello che si deve fare è chiaro abbastanza a tutti: creare due Stati, con Gerusalemme capitale dei due Stati; con confini che siano basati grossomodo sui confini del ’67, con scambi territoriali concordati, la cui entità – se il 2-3 o il 4 per cento – è una cosa da valutare insieme, per consentire ad Israele di includere alcuni grandi insediamenti lungo la linea verde. Quindi i temi della pace possibile sono abbastanza chiari, il problema è se c’è la volontà politica di farli. Da questo punto di vista è importante la recente formazione di un governo di unità nazionale in Israele, che arriva ormai ad avere una maggioranza di 94 deputati su 120, perché il Kadima, il maggior partito dell’opposizione, è entrato nel governo. Questo mette di fatto Netanyahu nelle condizioni di andare avanti con un processo di pace, anche a tappe: il problema è se lui vorrà, quanta pressione gli Stati Uniti vorranno esercitare e così via…

    D. – Tra “primavera araba”, emergenza Siria, prima ancora la Libia, ci siamo dimenticati la questione israelo-palestinese?

    R. – La questione palestinese è stata spesso strumentalizzata dai regimi arabi per creare consenso all’interno su una questione esterna. Di fatto la “primavera araba” si è focalizzata più sui temi di democrazia interna, sui problemi di economia e di gestione delle miserie di larga parte della popolazione e quindi la questione palestinese, la questione israelo-palestinese, è entrata un po’ in secondo piano. Questo non vuol dire che non vi siano conseguenze: ad esempio, in questo momento, i rapporti di Israele con l’Egitto sono indubbiamente più freddi di quanto non lo fossero all’epoca di Mubarak e Israele rischia di perdere il suo miglior nemico e cioè Assad: è chiaro che se gli insorgenti, che si richiamano grossomodo all’ala sunnita che è la stessa che ha conquistato la maggioranza in Egitto, dovessero prendere il potere, la situazione sarebbe più tesa anche con la Siria. C’è quindi una situazione in cui c’è un isolamento crescente di Israele nel contesto mediorientale, anche se i rapporti di forza – sia interni al Paese, sia nel contesto internazionale – sembrano più favorevoli ad Israele; più favorevoli a breve termine, ma sul medio periodo la situazione rischia di aggravarsi per Israele.

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    Il forum di Todi: troppe scelte sbagliate, rinnovare la classe politica

    ◊   Oggi è stato presentato a Roma il manifesto “La buona politica per tornare a crescere” messo a punto da Acli, Cdo, Cisl, Coldiretti, Confartigianato, Confcooperative e Mcl. Tra le iniziative, una manifestazione il 25 giugno per chiedere più coesione tra gli Stati europei, e una "Todi 2" a ottobre, ad un anno dal primo appuntamento di queste associazioni. Alessandro Guarasci ha intervistato Giorgio Guerrini, presidente di Confartigianato.

    R. – Noi riteniamo che in un momento difficile, come quello che sta attraversando il Paese - non solo dal punto di vista economico, ma anche dal punto di vista sociale e valoriale - ripartire da quelli che sono stati i valori fondanti della nostra Repubblica, sia il modo migliore per costruire e per dare speranza e futuro, soprattutto alle giovani generazioni.

    D. – Questo vuol dire che secondo voi, la classe politica non è all’altezza in questo momento?

    R. – Vuol dire che in questo momento la classe politica sconta, innanzitutto, le difficoltà di averla selezionata attraverso regole sbagliate. Ancora a distanza di più di un decennio, abbiamo il cosiddetto “porcellum”.

    D. – Un punto fondamentale per far ripartire il Paese?

    R. – Uscire soprattutto da questa spirale di pessimismo, ridare fiducia alle persone, perché senza la fiducia, senza la prospettiva, senza l’ottimismo, l’economia non funziona. Noi dobbiamo dare segnali di ottimismo, di persone che si impegnano, che valorizzano il loro lavoro e le loro capacità. Qua rappresentiamo tanto di questo Paese: la CISL, la Confartigianato, la Confcooperative, la Coldiretti, le ACLI, le MCL, la Compagnia delle Opere. Sono associazioni numerose, che rappresentano milioni di italiani impegnati nel lavoro e nell’economia. Io credo che dobbiamo ripartire da qui.

    D. – In vista delle elezioni politiche, come vi comporterete?

    R. – Noi pensiamo che sia necessario un forte rinnovamento della classe dirigente, e noi oggi diciamo che abbiamo le idee e abbiamo anche gli uomini da poter mettere a disposizione di questo Paese, non attraverso un involucro partitico, ma attraverso delle responsabilità personali, che crediamo di altissima qualità.

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    Scandalo Calcioscommesse in Italia, nuova bufera giudiziaria

    ◊   Alla vigilia degli Europei, nuova bufera giudiziaria nel mondo del calcio. Blitz questa mattina a Coverciano, sede del ritiro degli Azzurri. Indagato il difensore Domenico Criscito, subito sospeso da Euro 2012 e il presidente del Siena, Mezzaroma. Arrestate 19 persone, tra queste i calciatori Mauri e Milanetto. Perquisita la casa dell’allenatore della Juventus, Conte. Dura l’accusa: associazione per delinquere finalizzata alla frode sportiva. Le indagini si concentrano su appartenenti ad un’organizzazione transnazionale dedita al calcioscommesse. Sdegno e indignazione viene espresso dal Coni. Preoccupazione del ministro Gnudi. Paolo Ondarza ha chiesto un commento a Paolo Del Bene, fondatore del Mecs, Movimento per l’etica e la cultura nello sport e relatore del talk show "L'etica nello Sport", organizzato questo pomeriggio presso l'Università Europea di Roma:

    R. - Bisogna, sempre, non leggere solo i giornali, ma aspettare che le indagini vengano concluse. Chi sbaglia deve pagare. Se questi sono i fatti, la giustizia deve fare il proprio corso Si tratta di un problema di cultura e lo stiamo vedendo non solo nel mondo del calcio, ma nel mondo della politica, dell’economia. Nel mondo, non solo in Italia, c’è un abbassamento dei valori. Il vero problema è quindi educare i bambini, che poi saranno i calciatori e i manager del futuro. Si dà poca importanza alla formazione del giocatore, si pensa solamente al suo talento. Potremmo parlare dei procuratori che vanno in giro a cercare persone di 11, 12 anni; o del genitore che pensa di avere subito il Pelè e il Maradona in casa. Non si pensa, purtroppo, alla formazione umana e soprattutto ai valori per far crescere il bambino. Molte volte il grande campione in erba lascia prima il mondo della scuola, ma meno sei formato culturalmente e più sei soggetto a manipolazioni di terzi.

    D. - In politica assistiamo a sentimenti di disaffezione, ad un clima di antipolitica. Non sarebbe opportuna una presa di posizione da parte dei tifosi, degli amanti del calcio di fronte a notizie di questo tipo?

    R. - Qualsiasi cosa a noi, popolo italiano, venga detta o propinata lascia tutti ormai indifferenti. Il vero problema è risvegliare le coscienze.

    D. - Le indagini si concentrano su appartenenti ad un’organizzazione transnazionale dedita al calcio scommesse. Il business del calcio italiano fa gola anche fuori dall’Italia?

    R. - Fa gola sicuramente. Internet ha allargato i confini e io posso scommettere pure su un evento sportivo lontano anni luce da casa mia.

    D. - Non crede che l’economia, l’aspetto economico nel mondo del calcio, dovrebbe essere rivisto per ridare etica allo sport?

    R. - Ci vorrebbe un’Authority, secondo me europea, sul modello del “Salary Cup” statunitense. Bisognerebbe arrivare ad un tavolo comune, all’interno del quale tutti i presidenti si mettano d’accordo su un tetto degli stipendi che dovrebbe essere uguale per tutti; alla fine il giocatore sceglierebbe chiaramente la società più organizzata e non quella più ricca. Poi, tornare al discorso, sul modello americano, dello sport all’interno delle scuole. Quindi, lo sport nella scuola, la società di quartiere e da qui la formazione dell’atleta, che si muove all’interno di un contesto, dove le società professionistiche potrebbero pescare, seguendo regole uguali per tutti.

    D. - Come passare dalle parole ai fatti?

    R. - Noi come Movimento per l'Etica ci stiamo provando. Il problema è che le istituzioni ci sono vicine, ma ci vuole un ricambio generazionale, veramente su tutto. Bisognerebbe parlare in una grande agorà virtuale, ad un grande tavolo, per discutere un vero progetto di riforma. Non dimentichiamo, infatti, che lo sport vive sul modello del grande Giulio Onesti, che doveva chiudere il Coni, ma lo lasciò aperto. Noi ci appoggiamo su quel modello, ormai obsoleto.

    D. - Può parlarci di alcuni dei vostri progetti per ridare etica allo sport?

    R. - Uno di questi è la Festa dell’etica nello sport che si è svolta assieme all’Alleanza sportiva italiana allo stadio della Farnesina con grande successo e poi gli EtiCamp che sono dei campi sportivi educativi, che si svolgeranno l’ultima settimana di giugno e la prima di luglio a Chianciano Terme. Queste sono due azioni concrete.

    D. - Rivolte a chi?

    R. - Rivolte a ragazzi dai 7 ai 17 anni. Sono azioni concrete, anche se come al solito sono una goccia nel mare.

    D. - Dove si possono trovare tutte le informazioni?

    R. - Sul sito c’è scritto tutto: www.eticanellosport.com.

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    “Scollocarsi” per vivere meglio: in un libro, un’idea alternativa per uscire dalla crisi

    ◊   “Ufficio di scollocamento”: questo il titolo del libro scritto da Simone Perotti e Paolo Ermani. Una proposta alternativa per cercare di uscire dalla crisi – economica, finanziaria ma anche di valori – che segna l’epoca contemporanea, guardando ad uno stile di vita più sobrio, meno consumistico e soprattutto più umano. Ma cos’è, in termini pratici, un “ufficio di scollocamento”? Isabella Piro lo ha chiesto ad uno degli autori del libro, Simone Perotti:

    R. - In termini pratici è una sorta di servizio territoriale, che è già partito poi fisicamente in alcune parti d’Italia: un servizio di informazione, orientamento prima e poi un percorso reale di formazione, partendo da tutte le cose che è necessario fare per "scollocarsi". Perché la prima cosa che uno pensa quando sente la parola scollocamento è quella di smettere di lavorare e cambiare vita. Ma naturalmente non si può fare. Lo smettere di partecipare tradizionalmente all’attività lavorativa, così come configurata, producendo denaro, che serve per comprare cose inutili, è l’ultimo passo di un percorso che parte da dentro: dalla rivoluzione morale, etica, dei consumi, dell’ambiente, dei comportamenti, della mobilità. Ma per fare questo occorre diventare uomini più saldi, quindi occorre riparlare di spiritualità o di esistenza nel senso più classico del termine. Quindi, un percorso fatto di tappe di formazione, parlando con teologi, con filosofi, parlando con esperti di antropologia, di psicologia, economia, artigianato, perché una delle cose fondamentali è il recupero della nostra manualità per aggiustare, per costruire. Insomma quelle scienze, quelle sensibilizzazioni che noi da troppo tempo stiamo tralasciando e, infatti, ci troviamo in crisi.

    D. – Un ufficio di scollocamento, si legge nel libro, deve avere un avvocato, un economista, uno psicologo e anche un teologo. C’è quindi un’attenzione alla sfera spirituale dell’uomo...

    R. – L’ufficio di scollocamento si pone proprio l’obiettivo di tirarci fuori da questa società in cui conta più un indicatore finanziario di quanto non conti la realtà della nostra vita come persone e quindi dobbiamo staccarci il prima possibile da questo. Ecco l’obiettivo dell’ufficio di scollocamento. Ma per staccarci da questo dobbiamo recuperare il contatto con la nostra umanità di individui e l’umanità di un individuo è fatta di tantissimi aspetti, tra cui la spiritualità. Se io vado tre volte a settimana in palestra per occuparmi del mio fisico, ma non faccio mai lo stesso per la mia spiritualità, io rimango un uomo sottosviluppato dal punto di vista della mia tensione morale, dell’etica di riferimento, dei valori che io ho a disposizione. Quindi, non c’è corrispondenza tra il mio spirito e la mia azione. Uomini non omogenei dal punto di vista della relazione tra spirito e azione sono uomini fragili.

    D. – Simone Perotti, tu stesso sei uno "scollocato", hai lasciato diversi anni fa un lavoro avviato nel mondo della comunicazione ed ora come vivi?

    R. – Intanto io mi sono scollocato molto prima della crisi. Quindi, quando ho lasciato, tutti mi dicevano “Ma sei matto? Butti via queste grandi opportunità, il tuo futuro...” Io non ho buttato via proprio niente, direi che ho evitato di perdere l’opportunità di cambiare. Quindi, dato che non potevo vivere di rendita, mi sono fatto un piccolo piano per capire se era possibile, ed è assolutamente possibile, perché la vita non è vero che costi cara. Costa cara se buttiamo sistematicamente i soldi in cose inutili. Da quando io ho cambiato vita, non spendo in cose inutili, costruisco tutto quello che posso, cerco di auto-produrre del cibo per essere libero.

    D. – Come rispondere a chi dice che lo scollocamento è soltanto un’utopia e non servirà ad uscire dalla crisi?

    R. – Intanto, qualunque idea alternativa ad una nave che affonda è una buona idea, direi così. Poi, migliaia di persone hanno già cambiato vita e vivono in modo diverso, in eco-villaggi, in comunità di eco-vicinato, barattando, auto-producendo e dando molto più spazio alla propria vita, dando molto più tempo alle proprie relazioni e a se stessi, come prima delle relazioni fondamentali.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Rio 2013: tra i cinque patroni della Gmg anche il Beato Giovanni Paolo II

    ◊   Nostra Signora di Aparecida, “patrona della Chiesa e delle famiglie”, San Sebastiano, “soldato e martire della fede”, sant’Antonio de Santana Galvao, “testimone di pace e di carità”, santa Teresa di Lisieux, “patrona delle missioni” e il beato Giovanni Paolo II, “amico dei giovani”: sono questi i cinque patroni della Giornata Mondiale della Gioventù di Rio de Janeiro (23-28 luglio 2013). A renderli noti ieri, nel corso di una celebrazione nel santuario mariano di “Nossa Senhora da Penha”, è stato l’arcivescovo di Rio de Janeiro, dom Orani João Tempesta, che guida anche il Comitato organizzatore locale (Col) della Gmg. Si tratta, ha detto l’arcivescovo, “di uomini e donne che, anche in gioventù, hanno saputo scegliere la parte migliore della vita: Gesù Cristo. La loro storia ci esorta a coltivare le virtù e a testimoniare a tutti che la santità è possibile nella vita reale”. A fianco dei patroni dom Orani ha elencato anche altre figure esemplari, quali “intercessori” della Gmg: santa Rosa da Lima, “fedele alla volontà di Dio”, santa Teresa delle Ande, “contemplativa di Cristo”, santa Laura Vicuña, martire della purezza, beato José de Anchieta, “apostolo del Brasile”, beata Albertina Berkenbrock, “virtuosa dei valori evangelici”, beata Chiara Luce Badano, “devota a Gesù”, beata Irma Dulce, “ambasciatrice della Carità”, beato Adílio Daronch, “amico di Cristo”, beato Pier Giorgio Frassati, “ardente di amore per i poveri e la Chiesa”, beato Isidoro Bakanja, “martire dello scapolare”, beato Federico Ozanam, “servo dei più poveri”, san Giorgio, “combattente del male”; santi Andrea Kim e compagni, “martiri dell’evangelizzazione”. “Sono santi e beati - commenta al Sir padre Eric Jacquinet, responsabile della Sezione Giovani del Pontificio Consiglio per il laici - che richiamano virtù come la grande fede, la carità, la gioia, la testimonianza, la missionarietà, l’amore verso i poveri, quanto mai attuali e necessarie. La speranza è che i giovani del mondo possano conoscerli più a fondo e seguire il loro esempio per prepararsi al meglio per le Giornate di Rio”. (R.P.)

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    Siria: preghiera e digiuno di un prete cattolico nell'inferno del conflitto

    ◊   Nel bel mezzo di massacri, violenze, spari, rapimenti, vendette, una piccola fiammella di fede e di amore si è accesa nella città di Qusayr (nei pressi di Homs), uno dei luoghi dove la guerra infuria più violentemente: come l’agenzia Fides apprende da fonti locali, un prete cattolico, che preferisce conservare l’anonimato, si è coraggiosamente stabilito in città, in una casa parrocchiale, con il solo scopo di fare un’esperienza di continua preghiera e digiuno, per implorare da Dio la pace e la riconciliazione. Proprio laddove “si sta scatenando l’inferno”, la sua presenza, spiega il sacerdote, vuole essere un “segno forte di non violenza, una testimonianza di fede e di amore per il popolo siriano”. Il suo essere “segno di contraddizione”, sarà un’esperienza che i fedeli di tutte le religioni potranno comprendere, in quanto “le armi della preghiera e del digiuno sono importanti nel cristianesimo e nell’islam”. Vuole essere un modo, rimarca, “per ricordare a tutti gli uomini, a chi sta combattendo e uccidendo, che l’unica fonte di speranza è Dio: il Dio della vita, il Dio della pace, il Dio della riconciliazione, che ci rende fratelli e non nemici”. Fonti di Fides non escludono che, mentre la sua esperienza si diffonde in città, fedeli cristiani e musulmani possano unirsi a lui, nonostante i pericoli, e che nella città martoriata dal conflitto possa accendersi un nuovo lume di speranza per la Siria, grazie a uomini e donne che rifiutano l’odio e scelgono la non violenza, in nome della loro fede. La religione e la fede – notano le fonti di Fides – sono infatti una componente importante della vita e dell’identità del popolo siriano e, in queste ore difficili di brutalità, occorre fare leva sulla componente spirituale, che restituisce all’uomo la sua vera dimensione, la sua autentica dignità. (R.P.)

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    Cristiani e musulmani in preghiera per la pace nel Mali sconvolto dal conflitto interno

    ◊   Nella domenica e nel lunedì di Pentecoste, i cattolici del Mali si sono uniti nella preghiera interreligiosa, promossa con i protestanti ed i musulmani raccolti nelle moschee venerdì scorso per chiedere il ritorno alla pace nel Paese africano sconvolto dal conflitto civile, dopo il golpe militare del 22 marzo scorso, che ha destituito il presidente Touré, senza trovare unità tra le fazioni in campo. Dalla città Bamako, giovedì scorso, era partito l’appello alla tolleranza, alla moderazione e alla saggezza lanciato dal presidente dell’Alto consiglio islamico del Mali, l’imam Mahmoud Dicko, dall’arcivescovo della capitale, mons. Jean Zerbo e dal pastore della Chiesa protestante, Daniel Coulibaly. Grande è infatti la preoccupazione dei leader religiosi per gli ultimi sviluppi politici, che hanno registrato l’aggressione del presidente di transizione, Traoré, ora ricoverato a Parigi, da parte dei rivoltosi che hanno nominato il capitano Sanogo, che ha guidato il golpe, nuovo capo di Stato, non riconoscendo gli accordi firmati con la comunità regionale (Cedeao). I fedeli di diverse religioni insieme invocano “la concordia sociale e la stabilità delle istituzioni”, ha riferito all’agenzia Misna padre Timothé Diallo, parroco della cattedrale di Bamako, dove oggi si celebrerà una Messa solenne “per chiedere al Signore il dono della riconciliazione”. “Nonostante le differenze dobbiamo tutti unire le forze per la causa del Mali. I capi religiosi - prosegue padre Timothé - hanno chiesto la massima solidarietà con i nostri fratelli scappati dal Nord ed auspicato che chi ha preso il potere nelle regioni settentrionali possa dare prova di rispetto reciproco”. E proprio dal Nord è arrivata ieri la notizia di un accordo tra i Tuareg del Movimento di liberazione nazionale dell’Azawad e gli Jihadisti di Anas Dine per la creazione di uno Stato islamico indipendente, ipotesi questa respinta dal governo di transizione a Bamako. “Sia le autorità politiche che la popolazione hanno riaffermato che il Mali è uno e indivisibile”, ha dichiarato all’agenzia Fides don Edmond Dembele, segretario della Conferenza episcopale del Mali. “Gli stessi abitanti originari del Nord che si trovano a Bamako, – ha assicurato don Dembele – sono contrari alla secessione del settentrione ed alla creazione in quell’area di uno Stato islamico”, che “spaventa inoltre tutti i Paesi vicini, ad iniziare da quelli che fanno parte del Cedeao”. “Vedremo nei prossimi giorni – ha concluso don Dembele – quali saranno le reazioni”, “che potrebbero prevedere azioni militari”. (A cura di Roberta Gisotti)

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    Pakistan: massacrata in Punjab una famiglia cattolica

    ◊   Una intera famiglia cristiana è stata barbaramente uccisa in Punjab. Quattro persone sono state sgozzate nella colonia cristiana di Muhala Ahmad, nella città di Okara, a Sud di Lahore, capitale del Punjab. Le vittime sono Shugufta Baber, cattolica, docente nella “Convent High School”, scuola cattolica di Okara; i suoi due figli, Zanib di 12 anni e Zarish di 15 anni; sua sorella Samina Bibi, infermiera. La strage è avvenuta la sera fra il 22 e il 23 maggio, ma solo ora la notizia è stata diffusa. Non sono chiari gli autori del crimine: secondo le prime ricostruzioni, il responsabile sarebbe il dottor Baber Masih, cristiano protestante e medico omeopata, marito di Shugufta, che potrebbe aver compiuto il delitto in preda a uno stato depressivo. L’uomo, trovato ferito, è stato ricoverato in ospedale, prima a Okara poi a Lahore, dove è deceduto ieri. In un primo tempo si sarebbe auto accusato, poi ha parlato di “un gruppo di uomini sconosciuti che ha compiuto il massacro”. La “Legal Evangelical Association Develpment” (Lead), Ong che ha raccolto le paure di molte famiglie in Punjab, che vivono in totale insicurezza, dopo una missione in loco propende per l’opera di “gruppi di radicali islamici che hanno voluto deliberatamente colpire i cristiani”, spiegando che “soprusi e uccisioni avvengono spesso per gelosia o invidia verso i cristiani: sono episodi allarmanti”, dice alla Fides il Pastore Mushtaq Gill, di Lead. Secondo la polizia locale, incaricata di indagare sul delitto, finora la tesi più accreditata è quella di un gesto folle compiuto da Baber, che poi avrebbe tentato di togliersi la vita. Alcuni cristiani di Okara affermano, però, che questo potrebbe essere “un tentativo di depistaggio” e si dicono pronti a ricorrere alla polizia federale per chiedere giustizia a fare piena luce sul massacro. Secondo fonti di Fides, nella città di Okara le relazioni fra cristiani e musulmani sono buone, ma vi sono gruppi radicali islamici che in passato hanno causato incidenti. La comunità locale ricorda anche la demolizione di un cimitero cristiano nel 2009, trasformato dalle autorità civili in un parco. (R.P.)

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    Nuovo attacco ai cristiani in Pakistan, tre uomini feriti a Karachi

    ◊   Nuove violenze contro i cristiani in Pakistan. Un uomo di 40 anni e due giovani di 22 e 15 anni sono rimasti feriti in seguito ad un’irruzione da parte di un gruppo di estremisti nel quartiere cristiano di Essa Nagri, a Karachi, la città più popolosa della nazione asiatica. L’episodio, accaduto il 19 maggio, è stato reso noto solo nei giorni a seguire. Anche la Chiesa Avventista del Settimo Giorno e la Chiesa di San Luca sono state oggetto dell’incursione. Il quartiere, abitato da circa 50 mila cristiani che vivono in estreme condizioni di povertà, era già stato scenario di violenze da parte di militanti islamici che avevano praticato saccheggi, torture e stupri, denunciati pochi mesi fa all’agenzia Fides dal parlamentare cattolico Michael Javed. Il clima di violenza e di ostilità ha colpito anche un altro parlamentare cristiano, Saleem Khursheed Khokhar, oggetto di continue minacce a causa del suo impegno in difesa delle minoranze religiose. Il politico, che abitava con la sua famiglia nello stesso quartiere di Essa Nagri, non ha ricevuto nessuna protezione da parte delle autorità di polizia in seguito alle proprie segnalazioni, ed ora tutta la comunità cristiana della provincia teme per la sua vita. (A.C.)

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    Africa: chiave dello sviluppo è il commercio tra i Paesi del continente

    ◊   È la crescita del commercio tra i Paesi del continente la chiave per lo sviluppo dell’Africa: il messaggio arriva da un incontro di economisti e banchieri che si è svolto nei giorni scorsi a Nairobi, la capitale del Kenya. Secondo le stime dell’Unione Africana - riferisce l'agenzia Misna - il commercio tra i Paesi del continente vale tra il 10 e il 13% del volume complessivo delle transazioni. Il dato corrispettivo è del 65% in Europa e del 50% in Asia. Denys Denya, vice-presidente della Banca Africana per le importazioni e le esportazioni, ha detto a Nairobi che il valore del commercio tra i Paesi del continente dovrebbe raggiungere quello con il resto del mondo entro il 2032. “Lo sviluppo del commercio interafricano – ha sottolineato il dirigente – è l’unica soluzione per uno sviluppo sostenibile”. La Banca Africana per le importazioni e le esportazioni è presente in 35 dei 54 Paesi del continente. Il suo obiettivo è favorire una crescita commerciale che vada a beneficio dei popoli africani. (R.P.)

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    Marocco: in migliaia in piazza per chiedere diritti sociali e cambiamenti

    ◊   “La dignità al primo posto”: è con questo slogan che ieri migliaia di marocchini sono scesi in piazza a Casablanca, teatro di una marcia nazionale indetta da due organizzazioni sindacali, la Confederazione democratica del lavoro (Cdt) e la Federazione democratica del lavoro (Fdt). Alla protesta, secondo l’opposizione, hanno partecipato tra 20.000 e 50.000 persone mentre per le Forze dell’ordine il numero di manifestanti non ha superato i 20.000. I dimostranti hanno sfilato per le principali strade della capitale economica del Marocco, lanciando slogan ostili al governo del primo ministro Abdelilah Benkirane, del Partito giustizia e sviluppo (Pjd, islamico moderato), al potere da fine gennaio. Lotta alla corruzione e al nepotismo, migliori condizioni di lavoro e di vita per gli operai ma anche apertura di un dialogo tra esecutivo e rappresentanze dei lavoratori sono state le principali rivendicazioni mosse dai due sindacati e da alcune organizzazioni della società civile. “E’ vero, è stata la manifestazione più imponente dall’insediamento del governo Benkirane. Dietro la protesta di ieri non ci sono soltanto i sindacati ma l’opposizione parlamentare che fa il suo gioco, come è giusto che sia in democrazia” dice all'agenzia Misna l’ex deputata Zhor Rachiq. “Tuttavia è troppo presto per fare un bilancio dell’esecutivo che sta al potere da soli quattro mesi. E’ fuor di dubbio che il piccolo cittadino, che sia contadino o operaio, è stanco per gli anni difficili vissuti e patisce il quotidiano per il carovita, la carenza dei servizi – soprattutto sanità, alloggio e scuola – e la disoccupazione giovanile alle stelle” prosegue l’interlocutrice. “La richiesta sociale è molto alta e c’è un clima di grande attesa nei confronti della nuova amministrazione: ci sono tanti cantieri aperti, ma ci vorranno molti anni prima che la dinamica di cambiamento abbia ripercussioni concrete sul quotidiano dei cittadini” sottolinea Rachiq, da anni figura di primo piano della società civile locale con la sua associazione ‘Femme Action’. “Obiettivamente non si può pretendere che un nuovo Marocco nasca in pochi mesi, ma piccoli passi si stanno già compiendo: di recente è stato garantito un sistema di assistenza sanitaria nazionale per le fasce più povere della popolazione” conclude l’attivista marocchina. Nel 2011, seppur in modo più limitato e diverso, anche il Marocco è stato protagonista delle rivolte della Primavera araba, portata in piazza dai giovani del Movimento del 20 febbraio. Per tentare di arginare le rivendicazioni politiche e sociali dei cittadini, il re Mohamed VI ha convocato un referendum costituzionale lo scorso luglio e elezioni legislative a novembre, vinte dal Pjd. (R.P.)

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    Congo. Instabilità nell'Ituri: oro e petrolio la posta in gioco

    ◊   Dopo il nord Kivu, un'altra zona nell’est della Repubblica Democratica del Congo, il distretto dell’Ituri, rischia di riesplodere. Secondo la stampa congolese infatti 4 gruppi armati della regione si sono uniti in un nuovo movimento, la Coalizione dei Gruppi Armati dell’Ituri (Cogai), sotto il comando del colonnello dissidente Matata Banaloki, detto Cobra. Il Cogai - riferisce l'agenzia Fides - chiede al governo di Kinshasa un’amnistia per tutti i miliziani che operano nell’Ituri e la trasformazione del distretto in provincia. Si chiede infine la creazione di una regione militare dell’Ituri guidata da un ufficiale originario dell’area. Come nel caso del nord Kivu (che confina a nord con l’Ituri) dove opera un movimento formato da soldati disertori, anche le milizie raggruppate nel Cogai sono costituite in gran parte da militari disertori delle Forze Armate congolesi. L’Ituri, dove da tempo le popolazioni Hema e Lendu si affrontano per il controllo delle terre, è un ulteriore tassello, secondo la stampa di Kinshasa, nella lotta condotta da milizie locali, governi stranieri e multinazionali per controllare le risorse naturali congolesi. “Le rivendicazioni del Cogai non riguardano l’identità del territorio” scrive Le Potentiel. “Sono essenzialmente economiche e gravitano attorno ai pozzi di petrolio e alle miniere d’oro del distretto”. (R.P.)

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    Onu: nuovo portale sui progetti di ecosviluppo nel sud del mondo

    ◊   Una nuova banca dati online sui progetti di sviluppo sostenibile nel Sud del mondo. L’iniziativa è stata lanciata dalle Nazioni Unite per favorire le comunità locali nella gestione delle loro risorse naturali nel rispetto dell'ambiente. Il portale, all’indirizzo www.unep.org/south-south-cooperation, raccoglie iniziative come il progetto sulle biomasse in un'industria dello zucchero in Kenya, oppure quello per attività minerarie sostenibili in Sierra Leone. Il sito web fornisce un forum dove quanti lavorano su questioni ambientali nei Paesi in via di sviluppo possono inviare contenuti e condividere la propria esperienza. Questa nuova iniziativa - spiega Amina Mohamed, vicedirettore esecutivo del programma Onu per l'ambiente – è volta a “sostenere la collaborazione fra Paesi del Sud del mondo”, che vogliamo incoraggiare “ad intraprendere la strada della sostenibilità nelle loro economie nazionali, dall'agricoltura organica a Cuba all'energia solare nelle isole Barbados. Si tratta di progetti – aggiunge Mohamed - che hanno la potenzialità di essere replicati su scala in ogni luogo nel Sud del Pianeta''. La collaborazione fra Paesi Sud-Sud si basa sullo scambio di tecnologie, capacità, risorse e informazioni fra governi, organizzazioni e singoli individui. Attualmente, sono circa 30 i casi pilota in Africa, Asia-Pacifico e America Latina e Caraibi, che possono essere consultati sul sito internet. (R.G.)

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    Tibet. Ancora proteste e auto-immolazioni: ieri due giovani si sono dati fuoco a Lhasa

    ◊   Due giovani si sono dati fuoco ieri in Tibet, come segno di protesta contro la repressione del governo cinese. L’episodio è avvenuto davanti al tempio buddhista di Jonkhang, importante luogo di culto di Lhasa, la capitale della Regione Autonoma del Tibet. Tobgye Tseten, uno dei due giovani, è morto a causa delle gravi ustioni riportate, mentre il secondo uomo è sopravvissuto. La politica di serrato controllo sulla comunità tibetana adottata dal governo di Pechino, anche in merito alle pratiche di culto, ha scatenato negli ultimi anni forti reazioni, provocando l’auto-immolazione di almeno 35 persone a partire dal 2009. Già lo scorso novembre il Dalai Lama era intervenuto in riferimento a questi gesti estremi, denunciando l’azione del governo cinese come un’operazione di “genocidio culturale” nei confronti del popolo tibetano. In seguito a tali affermazioni, le autorità cinesi avevano additato il leader spirituale tibetano come un “terrorista separatista”, accusandolo di fomentare i suicidi dimostrativi. L’atto autolesionistico dei due giovani, riferito dall’agenzia cinese Xinhua, è stato così commentato dal portavoce del Ministro degli esteri cinese, Liu Weimin, in una conferenza stampa a Pechino: le auto-immolazioni in Tibet non avranno successo poiché, essendo fatte per ragioni politiche, non sono “popolari”. (A.C.)

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    Sud Corea: Forum per l'unità dei cristiani per testimoniare Cristo al mondo

    ◊   Unità fra i cristiani, dialogo interreligioso "basato sulla verità rivelata dal Vangelo", cura del creato, solidarietà pratica e "ricerca perenne di giustizia e pace". Sono gli ingredienti proposti dall'arcivescovo di Gwangju, mons. Igino Kim Hee-joong, per andare avanti sulla strada dell'ecumenismo anche in Corea del Sud. Il presule ha aperto i lavori del 12mo Forum per l'unità dei cristiani coreani insieme al Consiglio nazionale delle Chiese e alla Metropolia ortodossa coreana. Al Forum - riferisce l'agenzia AsiaNews - il presule, anche presidente della Commissione episcopale per la promozione dell'unità dei cristiani e per il dialogo interreligioso, ha presentato uno studio dal titolo "Testimonianza cristiana in un mondo multi-religioso: raccomandazioni". Si tratta di un testo nato dalla collaborazione fra il Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, l'Alleanza evangelica mondiale e il Consiglio Mondiale delle Chiese. In pratica, mons. Lee ha proposto "ai cristiani e ai fedeli delle religioni vicine" che vivono in Corea di tracciare insieme una linea guida per il dialogo reciproco. Inoltre, ha sottolineato "l'importanza dell'unità fra i cristiani, del dialogo interreligioso basato sulla verità rivelata dal Vangelo, della cura del creato, della solidarietà pratica e della ricerca perenne di giustizia e pace". Inoltre, l'arcivescovo ha lanciato un appello ai presenti: "Quando noi cattolici, insieme a protestanti e ortodossi, testimoniamo Cristo cercando e condividendo le cose che ci uniscono, invece di cercare le nostre differenze, allora saremo in grado di propagare con più forza il Vangelo a tutto il mondo". (R.P.)

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    Cile: la presenza della Chiesa ai tavoli di lavoro con le comunità indigene

    ◊   Il vescovo della diocesi di Temuco, mons. Manuel Camilo Vial, ha sottolineato che la Chiesa deve partecipare alle tavole rotonde di lavoro con le comunità indigene, annunciate dal Presidente Sebastián Piñera durante il suo discorso del 21 maggio. Il motivo di questa richiesta fatta dal vescovo in qualità di presidente della Pastorale sociale-Caritas del Cile, è stato l'annuncio del Presidente Piñera nel suo ultimo intervento pubblico, della proposta di creare due nuove Aree di sviluppo Indigeno (Adi) nella zona di Ercilla, Collipulli e nella Provincia di Arauco. Mons. Manuel Camilo Vial ha affermato di non sapere come funzioneranno le nuove aree, dal momento che non è stato informato circa i dettagli, e per questo ha molte domande da porre. La Chiesa deve partecipare al progetto, in base al lavoro che realizza ad Ercilla e Collipulli, attraverso le scuole e le parrocchie della zona che si trovano nella provincia di Malleco nella Araucania. Dalle informazioni raccolte dall'agenzia Fides, risulta che il Presidente Sebastián Piñera ha proposto i tavoli di lavoro nei diversi territori, in modo che gli indigeni stessi riescano a partecipare attivamente nelle decisioni che li riguardano. Mons. Manuel Camilo Vial Risopatrón è già intervenuto su questo argomento, chiedendo al governo il riconoscimento costituzionale del popolo indigeno dei Mapuche, e alla società di assumere il multiculturalismo. (R.P.)

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    Senegal: nuovo sito web per l’arcidiocesi di Dakar

    ◊   Donare più visibilità alla Chiesa e mostrare come essa viva in comunione: con questi obiettivi, l’arcidiocesi di Dakar, in Senegal, lancia il suo nuovo sito web, raggiungibile all’indirizzo (www.seneglise.org). “Il nuovo strumento – informa il Sedicom, ovvero il Servizio diocesano di informazione e comunicazione – interamente pensato e realizzato da un’équipe di volontari, consente di mettere a disposizione dei ‘navigatori’ una piattaforma più adatta ai bisogni attuali delle strutture dell’arcidiocesi e dei visitatori”. Scopo principale del restyling informatico, continua il Sedicom, è quello di “ridurre le distanze gerarchiche, geografiche, comunitarie e sociali, ovvero legate all’età, alla professione e al contesto socioculturale del Paese”. Fondamentale, quindi, ricorda l’arcidiocesi di Dakar, “migliorare la visibilità dei servizi e delle risorse spirituali, umane, materiali e finanziarie” della Chiesa locale, così da “favorire lo scambio e la condivisione delle esperienze”. In quest’ottica, il nuovo sito web si offre come “una vetrina di una Chiesa radicata nella fede e all’ascolto del mondo”, “una vetrina del dinamismo dell’arcidiocesi e del suo ruolo nella società per lo sviluppo duraturo del Paese”. Infine, l’idea è anche quella di “aprire nuove vie per annunciare il Vangelo nell’attuale èra della comunicazione”, un compito che, conclude il Sedicom, coinvolge tutti: “laici, sacerdoti, religiosi, giovani, donne, adulti ed anziani”. (PIRO)

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    Londra: altri 17 pastori anglicani accolti nell'Ordinariato

    ◊   Diciassette ex pastori anglicani sono stati ordinati diaconi sabato scorso, 26 maggio, nella cattedrale di Westminster, la chiesa madre dell’anglicanesimo a Londra. A presiedere alla cerimonia il vescovo Alan Hopes che ha ricevuto l’incarico da mons. Ketih Newton, responsabile dell’Ordinariato personale di Nostra Signora di Walsingham, avviato nel 2011 da Benedetto XVI per consentire agli anglicani di entrare in piena comunione con la Chiesa cattolica mantenendo molte delle loro tradizioni e del loro retroterra culturale. Nei prossimi giorni i pastori anglicani diventati diaconi cattolici verranno ordinati al sacerdozio, di solito nelle loro diocesi locali. Nella congregazione che ha partecipato alla cerimonia vi erano membri dei vari gruppi di Ordinariato presenti in tutta l’Inghilterra e anche ex parrocchiani provenienti dalle varie chiese dove i nuovi diaconi erano pastori. Nella sua omelia - riferisce l'agenzia Sir - mons. Andrew Burnham ha parlato dei lunghi anni di sacerdozio di questi pastori e della energia, l’esperienza e la saggezza che portano alla Chiesa cattolica. Durante la Settimana Santa di quest’anno, circa 250 ex anglicani sono stati accettati nell’ordinariato di Nostra Signora di Walsingham, che ha così circa 1200 membri. Lo scorso maggio Benedetto XVI ha donato oltre 150.000 sterline, più di 187.000 euro all’Ordinariato. (R.P.)

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    Cannes: la Palma d'oro al film dell'austriaco Michel Haneke "Amour"

    ◊   Cronaca di un palmarès annunciato. Assecondando per una volta quelle che erano le previsioni della stampa internazionale, la Giuria del 65° Festival di Cannes, presieduta da Nanni Moretti, ha annunciato i vincitori della Selezione Ufficiale e anche la migliore opera prima in programma. Vince la Palma d’oro “Amour” dell’austriaco Michel Haneke, cronaca intima degli ultimi giorni di una coppia alle prese con la vecchiaia, la malattia e la morte, magnificamente interpretata de due grandi attori del cinema francese come Jean-Louis Trintignant e Emmanuelle Riva. Lo seguono il Grand Prix “Reality” di Matteo Garrone, commedia drammatica sulle illusioni di un pescivendolo napoletano infatuato dei reality show, e il Premio alla Regia, “Post tenebras lux" del messicano Carlos Reygadas, ardua parabola d’autore su peccato e redenzione, ambientata nel Messico contemporaneo fra la povertà arcaica degli indios e le ricchezze sfrontate della nuova classe dirigente. Un Premio della Giuria è andato anche a “The angel’s share” di Ken Loach, ottimistica commedia sulla trasformazione di un delinquente in sommelier-degustatore di whisky, mentre il premio per il miglior attore è stato attribuito a Mads Mikkelsen, straordinario interprete di “The hunt” di Thomas Vinterberg, che proprio ieri ha vinto anche il Premio della Giuria ecumenica. Il film rumeno “Beyond the hills” di Christian Mungiu, drammatico resoconto di una passione sullo sfondo dell’indifferenza sociale, ha avuto infine due premi, quello per la migliore interpretazione femminile, andato alla formidabile coppia di giovani attrici, Cristina Flutur e Cosmina Stratan, e quello della miglior sceneggiatura. Infine la Caméra d’or, che ricompensa il miglior autore esordiente, è andata all’americano “Beasts of the southern wild” di Behn Zeitlin, storia della resistenza di un gruppo di diseredati, nel sud degli Stati Uniti, che ieri ha anche ottenuto una menzione della Giuria ecumenica. Sono tutte scelte che si possono condividere, soprattutto perché l’edizione festivaliera di quest’anno è stata un po’ funestata dalla presenza di opere volgari e violente, che nulla avevano a che vedere con la funzione liberatrice dell’arte. Restano fuori alcuni film importanti, ma chi partecipa a un festival conosce le regole del gioco. Poi sarà come sempre il pubblico a incoronare i migliori. (Da Cannes, Luciano Barisone)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 149

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