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Sommario del 26/05/2012
◊ Un appello a non cedere alla mediocrità e a rinnovare l’anima delle istituzioni nella consapevolezza che una casa poggiata su Cristo non cade quando infuria la tempesta. Lo ha rivolto il Papa questa mattina nell’udienza in Piazza San Pietro alle circa 40mila persone appartenenti al Rinnovamento nello Spirito Santo in occasione dei 40 anni dalla nascita del movimento in Italia. L’incontro è stato preceduto dalla Messa celebrata dal presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco. Il servizio di Paolo Ondarza:
Non cedete alla mediocrità, guardate verso il cielo. Coltivate nell’animo desideri alti e generosi. Fate vostri i pensieri di Gesù, il mondo ha bisogno di preghiera. Sono alcuni dei passaggi del discorso rivolto dal Papa al Rinnovamento nello Spirito Santo:
“Non cedete alla tentazione della mediocrità e dell’abitudine! Coltivate nell’animo desideri alti e generosi! Fate vostri i pensieri, i sentimenti, le azioni di Gesù! Sì, il Signore chiama ciascuno di voi ad essere collaboratore infaticabile del suo disegno di salvezza, che cambia i cuori; ha bisogno anche di voi per fare delle vostre famiglie, delle vostre comunità e delle vostre città, luoghi di amore e di speranza”.
Guardando alla società attuale caratterizzata da precarietà, insicurezza, mancanza di validi punti di riferimento, il Papa ha richiamato l’importanza di costruire l’edificio della vita e il complesso delle relazioni sociali sulla roccia stabile della Parola di Dio, lasciandoci guidare dal Magistero della Chiesa. “Il Signore è con noi”, ha detto:
“Si comprende sempre più il valore determinante dell’affermazione di Gesù: «Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia»”
Per l’edificazione della città terrena occorre crescere nella fiducia in Dio , diventare adulti nella fede:
“Adulto, secondo il Vangelo, non è colui che non è sottoposto a nessuno e non ha bisogno di nessuno. Adulto, cioè maturo e responsabile, può essere solo colui che si fa piccolo, umile e servo davanti a Dio. È necessario, perciò, formare le coscienze alla luce della Parola di Dio, da cui trae senso e spinta ogni progetto ecclesiale e umano, anche per quanto concerne l’edificazione della città terrena (cfr Sal 127,1). Occorre rinnovare l’anima delle istituzioni e fecondare la storia con semi di vita nuova”.
Fondamentale dunque una convinta, sincera e credibile testimonianza di fede, strettamente unita all’impegno della carità. Attraverso la carità persone indifferenti al Vangelo si avvicinano alla verità lo dimostrano le tante iniziative del Rinnovamento in favore di disagiati ed emarginati, così come le molteplici iniziative - anc’esse ricordate dal Papa - legate alla nuova evangelizzazione. Un apostolato che negli anni – ha constatato il Santo Padre – ha aiutato molte persone a convertirsi ed essere risanate in profondità dall’amore di Dio, numerose famiglie a superare momenti di crisi, tanti giovani a rispondere generosamente alla vocazione al sacerdozio o alla vita consacrata. A tutti Benedetto XVI ha chiesto di continuare a testimoniare la bellezza di essere discepoli di Gesù:
“Non stancatevi di rivolgervi verso il Cielo: il mondo ha bisogno di preghiera. Servono uomini e donne che sentano l’attrazione del Cielo nella loro vita, che facciano della lode al Signore uno stile di vita nuova. E siate cristiani gioiosi!”
“Grazie Santo Padre siamo tutti con te”: una frase scritta su un grande striscione portato in piazza riassume il calore, l’affetto e la vicinanza manifestati al Successore di Pietro dagli oltre 40mila fedeli in piazza e, per tutti loro, dal presidente italiano del Rinnovamento nello Spirito Salvatore Martinez:
“Santo Padre, rinnoviamo la promessa di non lasciarVi solo, mai! Alzeremo ancora di più le nostre mani al Cielo, come 'muro di fuoco della preghiera', per difendere il vostro ministero, le nostre Chiese, il destino di Cristo tra gli uomini”.
L’incontro con il Papa è stato preceduto dalla Messa celebrata in Piazza San Pietro dal presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, che ha esortato il Rinnovamento a rimanere fedele alla missione dell’evangelizzazione, a proclamare la Buona Notizia del Vangelo senza timidezza:
“Non dobbiamo essere cristiani timidi. Consapevoli del dono ricevuto, dobbiamo parlare di Gesù e della Chiesa con franchezza e senza impedimenti. Siate sempre fedeli a questa missione, che è la natura stessa della Chiesa, e che deve tormentare il cuore di ogni discepolo del Signore.”
Un appello, quello del presidente dei vescovi italiani, a “non associarsi alle opionioni dominanti, ai pregiudizi nei confronti della fede della Chiesa, l’enfasi sulle fragilità umane, l’accusa di non essere al passo della storia”, a non cedere ad una “cultura che vorrebbe ridefinire l’uomo e la famiglia”.
L'affetto dei fedeli per il Papa in Piazza San Pietro
◊ Grande festa e grande gioia in Piazza San Pietro. Le migliaia di fedeli del Rinnovamento nello Spirito hanno espresso tutto il loro affetto per il Papa. Ecco alcune testimonianze raccolte da Roberta Barbi:
R. - “Per noi è veramente una gioia questa udienza col Papa”.
R. - “Ritengo che questo sia veramente un dono dello Spirito, perché poter partecipare a un incontro di preghiera, un momento comunitario così importante con un Papa come Papa Ratzinger è veramente qualcosa di unico”.
R. - “E’ una conferma dello Spirito Santo che ci chiama a raccolta per crescere nel cammino di fede, quindi ci illumina, ci guida e ci salva ci protegge. Un rendimento di grazie al Signore perché questo è il nostro momento per festeggiare i 40 anni. Ci piace farlo qui cono il Santo Padre. Quindi è un momento importante proprio perché noi chiediamo al Signore di rinnovarci e di accogliere questa Pentecoste per potere evangelizzare i fratelli che sono lontani dal Signore oppure coloro che hanno bisogno di questa scossa e speriamo che siamo noi a dargliela da parte dello Spirito Santo!”.
R. - “Qui oggi il senso e il significato è vivere questa fede nello Spirito con tutti questi fratelli. E’ una gioia grande da condividere e dobbiamo ringraziare soprattutto quei fratelli anziani che prima di noi hanno preparato la strada”.
D. - Avete voluto rivolgere un pensiero di vicinanza al Santo Padre, proprio in un momento difficile …
R. - “Siamo vicinissimi al Santo Padre con tutto il nostro affetto, con tutto il nostro amore, soprattutto con la preghiera. Ovviamente il tempo che stiamo vivendo è sicuramente un tempo difficile per la Chiesa ma sappiamo che questo significa purificazione e la purificazione alla fine porta sempre frutti di maggiore santità per tutti”.
R. - “Per noi il Papa è una forza! E’ veramente il pastore che guida tutti quanti, punto di riferimento specialmente per i giovani”.
R. - “Noi siamo molto solidali con il nostro Santo Padre e gli vogliamo un bene immenso! Come popolo di Dio lo consideriamo il nostro pastore e la nostra guida e preghiamo sempre per lui perché come guida possa rappresentare l’unione di tutti i cristiani ma non solo, di tutti i fratelli che vivono nella verità”.
R. - “Speriamo che sia un nuovo inizio per la Chiesa e noi siamo vicini al Papa come lui è vicino a noi”.
R. - “Noi cosiddetti cristiani facciamo così poco e dovremmo impegnarci molto ma molto di più, non solamente oggi che è una giornata di festa, ma principalmente nella parrocchia e nella vita sociale dove viviamo”.
R. - “Possiamo dare al Papa sicuramente la nostra vicinanza spirituale nella preghiera, sempre, quotidianamente, perché siamo famiglia, siamo figli e quindi i figli verso un padre cosa possono avere se non la gioia di essergli vicino e di stringerlo proprio nell’amore?”
Benedetto XVI invia aiuti ai terremotati dell’Emilia Romagna
◊ Benedetto XVI invia aiuti alle popolazioni terremotate dell’Emilia Romagna. A seguito del sisma che, nei giorni scorsi, ha colpito con particolare veemenza il territorio delle diocesi di Carpi, Mantova, Modena-Nonantola e Ferrara-Comacchio, il Papa, tramite il Pontificio Consiglio Cor Unum, ha voluto inviare un contributo straordinario di 100mila Euro da ripartirsi tra quelle diocesi toccate dalla calamità, a sostegno delle attività di assistenza svolte dalla Chiesa cattolica in favore delle vittime. Tale somma, informa un comunicato, “vuole essere un’espressione concreta dei sentimenti di spirituale vicinanza e paterna sollecitudine del Sommo Pontefice nei confronti delle persone colpite dal sisma”.
Padre Lombardi conferma: è Paolo Gabriele la persona arrestata con documenti vaticani riservati
◊ Il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha confermato oggi in una dichiarazione che “la persona arrestata mercoledì sera per possesso illecito di documenti riservati, rinvenuti nella sua abitazione in territorio vaticano”, è l’aiutante di camera del Pontefice, Paolo Gabriele, che “rimane tuttora in stato di detenzione”. Padre Lombardi ha affermato che “si è conclusa la prima fase di ‘istruttoria sommaria” e “si è avviata la fase di ‘istruttoria formale”. L’imputato, si legge nella dichiarazione, “ha nominato due avvocati di sua fiducia, abilitati ad agire presso il Tribunale vaticano, e ha avuto la possibilità di incontrarli”. La fase istruttoria, sottolinea padre Lombardi, “proseguirà fino a che non sia acquisito un quadro adeguato della situazione oggetto di indagine, dopodiché il Giudice istruttore procederà al proscioglimento o al rinvio a giudizio”. L’arresto di Paolo Gabriele, ha poi commentato padre Lombardi interpellato dai giornalisti, ha destato “stupore e dolore”. “In Vaticano - ha detto – tutti lo conoscono e certamente c’è grande affetto nei confronti della sua famiglia, che è molto amata. L'augurio alla famiglia - ha concluso - è che possa superare questa prova”.
Lettera del Papa al cardinale Comastri per il Congresso eucaristico ucraino
◊ “La Santissima Eucaristia è il dono che Gesù Cristo fa di se stesso, rivelandoci l'amore infinito di Dio per ogni uomo”: è quanto scrive Benedetto XVI nella lettera in cui nomina il cardinale Angelo Comastri, vicario generale del Papa per la Città del Vaticano, quale suo inviato speciale alla celebrazione di chiusura del Congresso eucaristico nazionale d’Ucraina. L’evento avrà luogo a Lviv il 3 giugno prossimo, in occasione del sesto centenario della costituzione della sede arcivescovile e metropolita di Lviv dei Latini. Il Pontefice, traendo spunto dalla sua Esortazione apostolica postsinodale Sacramentum caritatis, esorta i fedeli ad un “più fervente culto eucaristico” che, riconoscendo “l’amore di Dio verso il genere umano”, porti tutti i fedeli, per i quali Cristo si fa “cibo quotidiano”, a far diventare la loro vita “sempre più simile alla vita dello stesso Salvatore”.
◊ Il Papa ha ricevuto stamani il cardinale Zenon Grocholewski, Prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica (dei Seminari e degli Istituti di Studi).
In Camerun, il Papa ha eretto la nuova Diocesi di Bafang in Camerun per dismembramento della Diocesi di Nkongsamba, rendendola suffraganea dell’Arcidiocesi di Douala, e ha nominato il Rev. Abraham Kome, attuale Amministratore diocesano di Nkongsamba Vescovo della nuova Diocesi di Bafang.
Sempre in Camerun, il Santo Padre ha nominato il Rev. Dieudonné Espoir Atangana, del clero di Obala, già Rettore dei Seminari Maggiori Notre Dame de l’Immaculée Conception di Yaoundé e Notre Dame de l’Espérance di Bertoua Vescovo della Diocesi di Nkongsamba.
In Slovenia, il Pontefice ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Koper, presentata da Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Metod Pirih, in conformità al can. 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico. Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Koper Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Jurij Bizjak, finora Vescovo titolare di Gergi e Ausiliare della medesima diocesi.
Mons. Forte: il Papa ci chiede di tornare all'essenziale della fede, l'incontro con Gesù
◊ Si è chiusa, ieri, la 64.ma Plenaria della Conferenza episcopale italiana. Un evento che ha avuto come suo momento culminante l’udienza dei vescovi italiani con Benedetto XVI, giovedì scorso. Nel suo discorso per l’occasione, il Papa ha ribadito che l'esclusione di Dio dalla società è il cuore della crisi che ferisce l'Europa. Sulle parole del Pontefice, Debora Donnini ha raccolto la riflessione dell’arcivescovo di Chieti-Vasto, Bruno Forte:
R. – Mi sembra che il Santo Padre abbia messo in luce qual sia la questione decisiva oggi per la Chiesa e per l’umanità ed è precisamente la questione di Dio, la questione di dare alla vita dell’uomo un senso e una dignità piena, quale solo l’incontro con Dio e il vivere nell’orizzonte di Dio può dare. E Dio non è una categoria astratta: Dio è il Dio vivente, che Gesù ci ha rivelato. Qui emerge un tema dominante di questo Pontificato: il rinnovamento della Chiesa, quanto mai necessario ed urgente di fronte alle nuove sfide dell’umanità, di una umanità in qualche modo dimentica di Dio, è un rinnovamento che passa attraverso la fede. Io credo che questo punto chiave sia proposto dal Santo Padre ai vescovi italiani come la concreta indicazione per la pastorale della Chiesa in Italia in questi anni: una centralità della questione di Dio, dell’annuncio di Gesù Cristo a partire da una fede viva, vissuta, costantemente alimentata la Parola di Dio alla Liturgia della Chiesa e alla carità.
D. – Il Papa sottolinea che la nuova evangelizzazione ha bisogno di adulti che siano maturi nella fede…
R. – Quello che mi sembra particolarmente significativo in questo discorso è il collegamento fra il 50.mo del Concilio Vaticano II, il 20.mo del Catechismo della Chiesa Cattolica e lo slancio della nuova evangelizzazione come frutto di una fede rinnovata nel Dio vivente, di un incontro nutrito dalla Parola e dai Sacramenti con Lui. A me sembra che questa connessione vada messa in luce. Il Santo Padre ha iniziato la sua locuzione ai vescovi italiani parlandoci del Concilio Vaticano II: ribadendoci che esso è la bussola con la quale noi dobbiamo orientare il nostro cammino e facendoci chiaramente comprendere che il Concilio è stato non solo un grande evento dello Spirito nella storia della Chiesa, ma che il centro e il cuore del Concilio sono il rilancio della fede e del primato di Dio in Gesù Cristo, vissuti nella Chiesa.
D. – Il Santo Padre rileva che oggi spesso Dio resta escluso dall’orizzonte di tante persone e dice che passa proprio da quest’abbandono il cuore della crisi che ferisce l’Europa…
R. – Credo che questo sia un altro dei motivi costanti dell’insegnamento di Papa Benedetto che, peraltro, in questo si ricollega a un maestro del Novecento che egli ha molto amato e stimato, Romano Guardini, e cioè la falsa idea di autonomia e quindi che l’uomo per essere autonomo debba fare a meno di Dio. Il Santo Padre lo ribadisce chiaramente: Dio non è il concorrente dell’uomo, ma è esattamente il garante della nostra felicità. Questa è una frase bellissima del discorso che egli ha fatto ai vescovi italiani. Ora se Dio è il garante della nostra felicità, senza Dio o con Dio cambia tutto: dove c’è Dio, c’è anche felicità; dove non c’è Dio, c’è il rischio veramente che l’uomo perda semplicemente se stesso e anche ciò a cui profondamente aspira e cioè la pienezza dell’amore, della gioia che solo in amore infinto di Dio riesce a dargli. Questa crisi di un’attesa idea autonomia è quella che caratterizza, peraltro, la coscienza europea negli ultimi due secoli, che si è andata accentuando con le avventure dell’ideologia del Novecento, con le atrocità delle due guerre mondiali, della Shoah, dei genocidi… Il Santo Padre da tutto questo ricava un forte messaggio: l’autonomia dell’uomo è un valore solo se si relaziona a Dio, se è un’autonomia relativa e cioè se l’uomo sta a testa alta davanti al Creatore che lo ha voluto “capax Dei”; ma se è un’autonomia alternativa a Dio, che pretende di costruirsi sulle ceneri di Dio, è un’autonomia folle che distrugge l’uomo. Proprio per questo, per amore dell’uomo e della causa dell’uomo, oltre che per amore di Dio e della sua causa, la Chiesa deve impegnarsi, ognuno di noi come credente a essere testimone della fede in Dio, nel Dio di Gesù Cristo, come sorgenti di vera e piena umanità, oltre che di socialità e di giustizia umana.
Da Babele a Pentecoste: l’editoriale di padre Lombardi
◊ Nella lotta contro il male “è molto importante avere degli amici”: è un passaggio del discorso che il Papa ha rivolto ai cardinali lunedì scorso, durante un’occasione conviviale di ringraziamento per il suo 85.mo compleanno e per il settimo anno di Pontificato. Proprio su questo breve ma intenso intervento di Benedetto XVI si sofferma il nostro direttore padre Federico Lombardi nel suo editoriale per il settimanale informativo “Octava dies” del Centro Televisivo Vaticano:
Nelle brevi parole rivolte lunedì scorso ai cardinali di Roma, il Papa ha parlato del combattimento della Chiesa nel suo cammino attraverso il tempo. Chiesa “militante” – come si diceva una volta – cioè che lotta per il bene e contro il male, un male a volte evidente prepotente e violento, a volte insidioso sottile e mascherato sotto veste di bene. Il Papa riprendendo Sant’Agostino ha descritto la dimensione interiore della lotta come alternativa fra due amori: quello di sé che porta a dimenticare Dio, e quello di Dio, che porta alla dimenticanza di sé.
Sant’Ignazio di Loyola, in un passaggio cruciale del cammino degli “Esercizi spirituali”, con immagini diverse ci dice la stessa cosa: dobbiamo scegliere se stare sotto la bandiera del demonio o sotto quella di Gesù. Sotto la prima ci si arruola cercando la ricchezza, l’onore vano, la superbia, e di qui tutti gli altri vizi; sotto quella di Gesù amando la povertà – spirituale e materiale -, le umiliazioni, l’umiltà, e di qui tutte le altre virtù. Chiaro, no? Attuale, non è vero?
Sant’Ignazio dice che nella prima direzione ci attirano spiriti ingannatori, che promettono felicità, ma in realtà tendono reti e lacci sul nostro cammino e ci rendono schiavi; nella seconda direzione – quella buona – ci invitano “i servi e gli amici” di Gesù, maestri di spirito e di discernimento evangelico. Anche il Papa ha parlato dei “buoni amici” che ci accompagnano e ci aiutano a restare con il Signore nel corso della lotta. Domandiamo insieme il dono dello Spirito di discernimento, di consolazione e di fortezza, anche nelle “notti oscure” dei nostri tempi, in modo che dalla confusione di Babele, che insidia sempre la società e la Chiesa, passiamo continuamente al dialogo e alla comunione della Pentecoste.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Per una cultura della Pentecoste: l'udienza di Benedetto XVI al Rinnovamento nello Spirito.
In prima pagina, un articolo di Manuel Nin sulla Pentecoste nella tradizione bizantina.
Nell'informazione internazionale, in rilievo la crisi siriana: almeno 110 vittime, tra cui 25 bambini, negli scontri tra ribelli ed esercito a Hula.
Trentacinque anni fa, il 28 maggio 1977, Joseph Ratzinger veniva ordinato vescovo nella cattedrale di Monaco. In cultura, un articolo di Astrid Haas e stralci dal testo su “Il vescovo maestro e custode della fede” del cardinale Joseph Ratzinger.
I commensali della fiamma: Inos Biffi sul significato della Pentecoste. Sullo stesso tema, un articolo di Ferdinando Cancelli dal titolo “Moro, Dossetti e le porte chiuse”.
Le cure palliative miglior antidoto all’eutanasia: un documento pastorale diffuso dall’arcidiocesi di Sydney.
Siria: ancora morti, dopo la strage di bambini ad Hula. Il nunzio: un dolore che colpisce tutti
◊ Già cinque persone sono state uccise stamane in Siria, dopo la strage di ieri a Hula, nella provincia di Homs, in cui sono morti 110 civili tra cui 25 bambini. E a Hula è diretto un team di osservatori Onu della missione in Siria (Unsmis). In diverse province la gente è scesa in piazza in segno di protesta per il massacro, mentre il Consiglio nazionale siriano invoca una riunione d'urgenza del Consiglio di sicurezza dell'Onu per "determinare le responsabilità ". I Comitati locali di coordinamento dell'opposizione hanno affermato che gli uccisi nella repressione in Siria sono stati 1.486 nei ultimi tre mesi. Almeno 10.500 le operazioni dell'esercito e delle forze di sicurezza del regime contro i civili. Fausta Speranza ha raggiunto telefonicamente a Damasco, mons. Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria:
R. – Direi che purtroppo queste notizie sono abbastanza ripetute e molto tristi. Fa male, fa male a tutti… E’ un dolore veramente che colpisce tutte le persone che hanno un minimo di umanità. Di fronte a questo quadro così terribile, non bisogna neanche dimenticare il panorama vario della realtà, anche dei semi di speranza, dei semi di bontà in questa marea di violenza e di sangue.
D. – Ci racconta qualcosa di questo?
R. – Sto raccogliendo, qua e là, esempi di presenza sul posto con le persone che soffrono, con le persone che sono colpite da questo conflitto: alle volte presenze eroiche, testimonianze eroiche molto belle di uomini, di donne, di religiosi, di religiose, di sacerdoti. E non solo, anche esempi di accoglienza, gli uni con gli altri: la gente che si trova in queste situazioni scavalca le barriere anche religiose e si aiuta reciprocamente. Questa mattina mi ha chiamato una persona che mi tiene informato sugli incontri che fanno alcuni - questo è il quarto – appartenenti a differenti religioni: ci sono cristiani, ci sono sacerdoti, ci sono capi musulmani, capi di diverse confessioni religiose, c’è anche qualche autorità. E tutto questo è iniziato proprio in una zona dove infuria la violenza: proprio nella città di Homs! Questi capi religiosi e autorità religiose hanno cominciato da un po’ di tempo a reagire e a incontrarsi: sono circa 25. In tutta amicizia, apertura e sincerità cominciano a dire che bisogna reagire e cominciano anche a prendere in visione alcuni problemi concreti. Sul tappeto è stato messo il problema delle persone scomparse e hanno detto che qui bisogna che ciascuna parte, ciascuno di noi, faccia tutto il possibile per la riconciliazione e per trovare delle soluzioni, che nascano sul terreno. Ben inteso, abbiamo bisogno dell’Organizzazione delle Nazioni Unite e di altre organizzazioni ma è bello vedere questi semi, anche piccoli semi, di speranza che nascono sul posto.
D. - Mons. Zenari, sembra che non si debba parlare più soltanto di forze governative e di forze di opposizione: addirittura il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, parla di una forza terrorista che si è insediata in Siria. È così: una logica di violenza che va al di là delle rivendicazioni di democrazia, di diritti umani?
R. – Purtroppo c’è il pericolo di uno sfasciamento dell’ordine pubblico, della società civile a causa di queste forze così diaboliche… Anche qui occorre reagire e direi reagire anche noi come credenti, come credenti cristiani, musulmani o di altre religioni: qui è molto forte l’aspetto religioso, perché è tra i primi valori. Bisogna prendere quindi in mano quest’arma della preghiera, sia cristiani che musulmani: pregare per la riconciliazione, pregare per la pace.
Somalia: offensiva delle truppe regolari contro i ribelli shabaab
◊ In Somalia, alla vigilia di importanti svolte istituzionali come le elezioni, ad agosto, e l’imminente varo della nuova Costituzione, si registra la pesante offensiva delle truppe di Mogadiscio, appoggiate dalle forze dell’Unione Africana (Amisom) e di altri Paesi, contro roccaforti dei ribelli islamici shabaab, legati ad Al Qaeda. Conquistata ieri un’importante città a nord-ovest della capitale Mogadiscio. Sulle ragioni di questa svolta, Giancarlo La Vella ha intervistato Mario Raffaelli, presidente dell’organizzazione di aiuto all’Africa, Amref Italia:
R. – E’ una svolta che non inizia oggi, perché da tempo, con l’aumento delle truppe Amisom e il contemporaneo intervento di etiopici e, in parte, dei kenioti, gli shabaab hanno subito una serie di sconfitte sul terreno e, ogni volta, hanno finito per ritirarsi sempre di più in concomitanza con l’inizio di altre offensive. E’ quello che sta accadendo in questi giorni: "ripulita" Mogadiscio, l’Amisom sta cercando di avanzare, liberando il cosiddetto corridoio di Afgoi, che era controllato dai ribelli. Le ragioni di tutto questo, oltre ad una strategia che non inizia oggi, cioè quella di liberare più aree possibili dalla loro presenza, probabilmente è dovuta anche a fattori più sentiti in alcuni degli attori principali dell’area, come, ad esempio, un maggiore protagonismo etiopico – legato anche alle notizie di nuove scoperte di giacimenti petroliferi, oltre a quelli che già si stanno cercando in Etiopia, in particolare in Ogaden. Quindi c’è la necessità di assicurare, agli investitori, una situazione di stabilità, probabilmente, in concomitanza con un certo timore per quello che sta accadendo in Etiopia. Lì, da un po’ di tempo, c’è una tensione che prima non si conosceva all’interno della comunità musulmana.
D. – Come a dire che gli interessi internazionali per il petrolio somalo stanno favorendo, indirettamente, un ritorno alla normalità...
R. – Che si tratti di un ritorno alla normalità è ancora tutto da vedere perché, come sempre accade, alla sconfitta militare degli shabaab non è ancora corrisposta la creazione di istituzioni governative, centrali o locali, che siano tali da mantenere poi il consenso della popolazione e, quindi, forti in modo da prevedere un’uscita delle truppe straniere che sono presenti sul territorio. A tutt’oggi, il contributo militare maggiore é dato da queste truppe e non da quelle governative. Tutti sanno che se non ci fosse la presenza di queste forze, la situazione militare sarebbe diversa. Quindi resta ancora la grande questione di come rafforzare le istituzioni locali e nazionali, in modo che siano riconosciute dal popolo somalo. Il tema, che è stato affrontato nella Conferenza di Londra, ma non risolto, adesso si riproporrà alla Conferenza ad Istanbul dal 31 maggio al primo giugno prossimi.
D. – Questa fase che sta vivendo la Somalia è importante dal punto di vista umanitario per l’apertura di corridoi?
R. – Certamente. Negli ultimi mesi, la situazione umanitaria è migliorata, anche se la situazione rimane molto difficile e quindi la possibilità, per le azioni umanitarie, di avere libertà di accesso e di movimento può contribuire in maniera molto decisa ad alleviare le condizioni di molti sfollati.
D. – Siamo alle soglie di elezioni, di una nuova Costituzione. C’è la speranza che la Somalia ritorni, almeno come facciata, ad essere uno Stato, per così dire, ‘regolare’?
R. – E’ una speranza che, francamente, non sarà facile vedere trasformata in realtà. Anche questa volta, il limite di queste nuove istituzioni, che dovranno andare a sostituire quelle transitorie, è il fatto di essere espressioni di scelte di ‘secondo grado’, nel senso che sia la nuova Assemblea costituente e sia il nuovo Parlamento saranno selezionati da un gruppo di "elders", gli anziani, la cui rappresentatività a volte è certa ed a volte è più discutibile. Perciò, come avvenne nel 2004, c’è un problema di rappresentatività, che forse è ancora più accentuato di allora. Credo che anche avendo nuove istituzioni, rimarrà aperto il problema di un genuino processo, condiviso dai somali, che parta dalla base a livello locale. Mancando ciò, avremo sempre delle istituzioni non del tutto rappresentative.
Medici con l’Africa Cuamm accanto alle mamme del continente: salvando loro si salvano due vite
◊ Si chiama “Prima le donne e i bambini” la campagna di sensibilizzazione organizzata da Medici con l’Africa Cuamm che fino a domani sarà in 50 piazze italiane per promuovere il diritto delle mamme africane alla salute, ad avere un parto gratuito e sicuro. L’evento coincide con la quarta edizione dell’African Day. Ce ne parla Roberta Barbi:
Cinque giornate di mobilitazione da Roma a Torino, da Milano a Bari e a Vicenza, in seno al Festival Biblico, e nella città “natale” di Medici con l’Africa Cuamm, Padova, all’interno della Festa dei Popoli. Centinaia di volontari uniti da un unico scopo, salvare le donne africane che partoriscono in zone prive di strutture e i loro bambini, e in un unico grande evento, come ci racconta il responsabile del settore Relazioni con il territorio dell’organizzazione, Jacopo Soranzo:
“È una campagna che abbiamo lanciato a Padova e riguarda in particolare le mamme ed i bambini. Noi vogliamo andare ad incidere in Africa, sulla mortalità delle mamme al momento del parto, vogliamo - attraverso questa mobilitazione dell’African Day nelle piazze italiane - portare all’attenzione delle persone questo grave problema, chiedendo alle persone stesse di metterci la faccia, scattandosi una foto con una maglietta – prima le mamme ed i bambini che possono indossarla o metterla davanti – per testimoniare l’esigenza di assumersi questo problema e di tentare di risolverlo”.
Giunta alla sua terza edizione, l’iniziativa è stata organizzata in concomitanza con la Giornata mondiale per l’Africa, istituita a sua volta in ricordo della fondazione dell’Unione Africana, il 25 maggio del 1963, come spiega ancora Jacopo Soranzo:
“Vorremo cogliere l’occasione di questa giornata internazionale – dedicata all’Africa – per portare alla ribalta, appunto, l’Africa, in ricordo di tutta quell’ondata di decolonizzazione che c’è stata. Ci è sembrata la giornata giusta, per unirci a un movimento che è anche internazionale, in ricordo dell’Africa”.
I dati sono allarmanti: se in Italia ogni 100mila parti muoiono 12 mamme, in alcune aree dell’Africa come il Sud Sudan, il numero è 170 volte più alto. Il dott. Giovanni Putoto, responsabile della Programmazione di Medici con l’Africa Cuamm, illustra quali sono le zone più a rischio:
“Sono quelle dei Paesi fragili, che sono in stato di guerra o che sono appena usciti da lunghi periodi di conflitto interno e internazionale. Il Sud Sudan - dove il Cuamm è presente - è uno di questi, ma mi viene in mente anche la Sierra Leone, l’Angola, l’Uganda, il Mozambico che – grazie a Dio – cominciano a guardare, con un certo distacco, gli anni delle guerre civili”.
In tutti questi Paesi aspetti naturali della vita, come partorire un bambino, possono diventare autentiche tragedie perché mancano le strutture adeguate, eppure, secondo l’organizzazione, presente in 15 ospedali africani, basterebbero 40 Euro per garantire un parto gratuito e salvare, così, due vite:
“Quello che fa Medici con l’Africa Cuamm, è di andare a lavorare in questi contesti, dove vivono le famiglie, dove vivono le comunità e dove mancano, innanzitutto, le strutture sanitarie. Quindi, si tratta – con le comunità e le istituzioni locali – di fare un percorso insieme, per cominciare a costruire questi centri, fornire i primi servizi alle famiglie ed alle donne, assisterle durante il parto, avere un ospedale per fare un taglio cesareo e per portare poi un rafforzamento delle strutture sanitarie, attraverso la formazione del personale locale”.
Gli operatori di Medici per l’Africa Cuamm da 60 anni si occupano di cooperazione sanitaria nel continente africano. Il dott. Putoto ha vissuto per 10 anni tra Uganda e Rwanda e ha voluto condividere con noi un suo ricordo personale di una domenica trascorsa con sua moglie in un villaggio sperduto, di quelli che l’organizzazione definisce “l’ultimo miglio”. È il racconto di un gesto semplice, molto radicato nella cultura africana – ci spiega – di quei gesti che danno la forza per andare avanti:
“Eravamo stati invitati a passare una giornata assieme ad un gruppo di volontari tedeschi, in una zona molto dispersa ed isolata. Lì, poco dopo, si presentò un giovane uomo che portava due polli in dono, perché mi aveva riconosciuto – avevo fatto il cesareo a sua moglie – così loro avevano potuto avere un bambino; poi mi disse che gli avevano dato il mio nome: Giovanni”.
Il contributo del volontariato italiano di fronte alla crisi del Paese
◊ Strade nuove per l’Italia: il MoVi, Movimento di Volontariato Italiano, promuove a Roma dall'1 al 3 giugno un laboratorio aperto a volontari, associazioni, reti, movimenti, società civile per un confronto a tutto campo sull’oggi del Paese e sulla responsabilità verso il futuro. Un laboratorio in cui il primo passo sarà quello di prendere atto che la crisi in corso non è di passaggio, ma può essere un’opportunità per costruire comunità più solidali. Al microfono di Adriana Masotti, Franco Bagnarol, presidente del MoVi:
R. – Ci hanno detto, nel 2008, che la crisi era passeggera. In seguito la crisi è stata negata e da ottobre dello scorso anno abbiamo preso atto che dovremo convivere con la crisi, dovremmo capirne le ragioni, soprattutto in riferimento a una crisi strutturale, antropologica, culturale, che ci metterà in condizione di cambiare effettivamente anche modo di vivere, modo di pensare. Occorre che anche i volontari, i cittadini comuni, abbiano a tutti i costi una presa di coscienza, per capire dove ci si evolve, in che modo ci indirizzeremo verso il futuro, perché la crisi dà ansia, dà l’idea di un impoverimento …
D. – Appunto, durante il convegno vi porrete una domanda fondamentale: è possibile essere felici pur essendo più poveri?
R. – E’ proprio questa la risposta intelligente da dare… Credo che l’attuale situazione derivata dalla crisi ci porterà ad avere una condizione di mezzi diversi, di mezzi più semplici e più poveri. Essere capaci di vivere in maniera positiva vuol dire essere in grado di misurarsi non solo con mezzi minori, ma con una capacità di distribuire meglio i beni, di capire che lo stile di vita che noi viviamo ora è assolutamente improponibile, che non c’è compatibilità con la situazione. Rispetto a questi scenari, l’idea di ripensare alla felicità, perché siamo capaci di condividere, di camminare insieme con le persone, di prendersi carico, di ricreare nuovi rapporti, è una risposta di valori, di senso, che si dà al cambiamento.
D. – Proprio di fronte a questa alternativa - maggiore chiusura e individualismo, oppure una nuova solidarietà - si pone la questione del volontariato e sul dove deve andare il volontariato oggi…
R. – Il volontariato oggi viene da questi mondi fatti di assistenza, fatti di culture talvolta un po’ protezionistiche... in questa fase il volontariato servirà molto di più perché ci sarà più gente ad averne bisogno, non solo gli ultimi ma anche i penultimi, cioè il ceto medio impoverito avrà una vulnerabilità molto forte: il volontariato cosa dovrà fare? Dovrà diventare un luogo dove si fa sensibilizzazione, dove si lavora per i diritti, per un cammino utile a realizzare la giustizia, un volontariato un po’ più scomodo, non un volontariato che rispetto alle istituzioni è lì che guarda e aspetta di riuscire ad avere qualche prebenda. No, è finito questo! Oggi bisogna che un volontariato adulto rivendichi i diritti e rivendichi un modo nuovo di relazionarsi con le persone perché di questo c’è bisogno.
D. –Vuol farci qualche esempio concreto di questa novità di stili di vita? Che cosa si intende riguardo all’economia, all’ambiente, alla politica?
R. – Su questo noi abbiamo fatto un censimento e abbiamo trovato una galassia infinita di gruppi che partono dalla tutela dei diritti dei beni comuni come l’acqua, l’aria, il territorio… C’è tutta una catena di soggetti, persone, iniziative concretissime, dai gruppi di acquisto solidale ai bilanci di giustizia e altri infiniti gruppi che danno una testimonianza ricchissima di un modo nuovo di condividere, di fare le cose, che vuol dire un cambio di mentalità. Quindi non c’è altro che l’imbarazzo della scelta nella casistica di un nuovo modo di essere oggi cittadini attivi.
D. – Le tre giornate di Roma dei primi di giugno vogliono essere un confronto tra tutte queste realtà, ma anche un tentativo di mettere in collegamento e in rete queste diverse strutture?
R. – Il volontariato italiano fatica talvolta a riflettere ad alta voce perché è molto disomogeneo. Il nostro laboratorio vuole in qualche modo avviare un processo e mettere in rete tutti i soggetti che intendono lavorare per il cambiamento. Le tre giornate significano collegarsi, coscientizzarsi, sognare utopie, ma vedere anche i campi concreti in cui poter operare e in più far pressione sui vari organismi per dire che il volontariato sta cominciando questa riflessione. Anche perché abbiamo un appuntamento importante, il 5-6-7 ottobre a L’Aquila, dove ci sarà la conferenza nazionale del volontariato in cui il nostro piccolo laboratorio, per cui prevediamo 300-400 persone, possa essere poi portato a un confronto nazionale e a una sintesi in altre sedi.
In un libro, le testimonianze drammatiche e coraggiose di donne vittime della tratta
◊ Dar voce a chi è stato sfruttato, torturato, a chi è fuggito dal proprio Paese alla ricerca di una possibilità per vivere. E’ la sfida dell’ultimo libro, testimonianza, di Luca Attanasio “Se questa è una donna”, pubblicato da Ibiskos Editrice Risolo. Tre storie che, attraverso un doppio binario, mostrano culture e tradizioni diverse, ma anche le atrocità, violenze e soprusi sopportati da tre donne che troveranno, a rischio della propria vita, rifugio in Italia. Massimiliano Menichetti ha intervistato l’autore Luca Attanasio:
R. – Il libro è la raccolta di tre storie di vita di tre donne vittime di tortura. Inizialmente avevo pensato di mettere insieme queste storie e farne un saggio quasi geopolitico sul fenomeno della tortura femminile visto che, per due anni consecutivi, ho incontrato presso l’ambulatorio vittime di tortura al San Gallicano di Roma, decine e decine di uomini e donne, vittime di tortura, che chiedevano asilo politico all’Italia proprio per quello che avevano subito nei Paesi di origine o in quelli di transito. Ad un certo punto, in realtà, ho isolato tre storie di donne: una etiope, copta cristiana, costretta a sposare un musulmano, fuggita pur di non sottostare a questa situazione. Poi una donna iraniana, rapita a 12 anni da un afghano e costretta al matrimonio, ed infine una donna ivoriana di origini burkinabè che, per non essere infibulata, ha scelto di scappare.
D. – Puoi aprire una finestra su una di queste tre storie?
R. – Il terzo racconto, “Shirin”, è dedicato ad una donna iraniana, che a 12 anni è stata rapita da un afghano, venne portata in Afghanistan e poi è stata riportata in Iran, incarcerata e torturata. Questa donna a 23 anni sceglie di partire dall’Iran, lasciando tutto, con la sua bambina – che nel frattempo aveva sei anni – e si imbarca in un viaggio incredibile passando mezza Asia, buona parte dell’Europa fino ad arrivare in Italia, incontrando i più vari tipi di umanità. Anche qui, è interessantissimo scoprire quanto è bella l’umanità e quanto, in qualche modo, si riscoprano sentimenti veri tra profughi in situazioni di estremo disagio. In queste storie, in queste donne, nonostante tutto si respira questa una grande speranza, il bello è la grande aspettativa per il futuro.
D. – Usi la parola bello, per sottolineare la speranza che queste donne hanno negli occhi?
R. – Il bello è anche la grande forza e la grande umanità che tutte queste tre donne, in maniera assolutamente diversa l’una dall’altra, mi hanno comunicato nel corso di questi due anni di lavoro con loro. Pur avendo subìto l’inenarrabile, pur avendo attraversato la palude Stigia del mondo ed aver pagato Caronte senza scrupoli, affinché le accompagnasse da una parte all’altra del mondo, pur essendo arrivate ad un passo dalla morte in tantissime situazioni, ora sono qui e progettano un futuro fatto di figli, di casa, di famiglia e di studio. Una di loro sta per diplomarsi all’Istituto tecnico per il turismo, è la ragazza ivoriana scappata ad una persecuzione dovuta alle tradizioni famigliari che volevano infibularla mentre lei, essendo nata in una famiglia di tradizione cattolica, aveva iniziato questo percorso di emancipazione da questa condizione. Nel libro si chiama Aminatà.
D. – Il libro fa anche riflettere, in questa chiave, sull’accoglienza e pone anche l’accento sul problema di chi è rifugiato, richiedente asilo, profugo…
R. – Siamo noi, italiani ed europei, a far sentire loro di essere giunti ad un approdo sicuro, certo. Il libro è anche questo, vuol dire: guardate che ogni donna ed ogni uomo che affronta tantissimo per venire da noi, dopo aver subito tante violenze, è una richiesta di approdo e, nello stesso tempo, è una grandissima occasione di confronto e arricchimento, anche culturale.
D. – “Se questa è una donna” ricorda il noto libro di Primo Levi “Se questo è un uomo”…
R. – C’è una parte della poesia dell’incipit del libro di Primo Levi che è proprio dedicata alla donna. Dice: “Giudicate se questa è una donna”. Ecco, queste parole rifluivano continuamente nella mia mente, mentre queste donne mi raccontavano le loro storie e la domanda che mi ponevo era semplicemente questa: può ancora dirsi donna una ragazzina poco più che ventenne, più volte torturata, che ha ormai dimenticato tutti gli affetti, che viaggia da sola per mesi e mesi, che non ha contatti umani se non con altri profughi? Può ancora dirsi donna una donna che arriva con un barcone a Lampedusa dopo sette o otto giorni in mare aperto, sotto un sole che ti porta ad un passo dalla morte? La risposta che mi danno queste donne è sì, possono ancora dirsi donne, anzi: si tratta, forse, di prototipi di donne.
Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo di Pentecoste
◊ Nella Solennità di Pentecoste, la liturgia ci presenta il passo del Vangelo in cui Gesù annuncia ai discepoli l’invio dello Spirito Santo. “Molte cose ho ancora da dirvi – dice il Signore - ma per il momento non siete capaci di portarne il peso”. Quindi aggiunge:
“Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future”.
Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente emerito di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:
Sono molti i modi di descrivere lo Spirito Santo: è alito di vita, è dono, bellezza, genio e profezia; oppure è vento, fuoco, libertà, audacia, o anche è amore e verità. Pentecoste richiama questi e altri simbolici linguaggi, come ci mostrano i testi liturgici di questa solennità. Giovanni, nel Vangelo che proclamiamo, lo presenta come consolatore e difensore, in comunione di intenti col Padre e il Figlio. Ma soprattutto lo descrive come interprete di una verità che ha bisogno di trovare strade e linguaggi adeguati per portare verso il futuro. Egli è testimone di una pienezza di rivelazione già compiuta, ma non è semplicemente un passato codificato: è fermento ancora attivo e ispirazione di un futuro incompiuto che dobbiamo servire e amare. Le “molte cose ancora da dire”, come afferma Gesù, lasciando i suoi discepoli, ci vengono svelate, proprio dallo Spirito, nella loro continuità con la memoria e in relazione con il futuro che attendiamo. Nessuna fantasia di predizioni, nessun compito di spaventare con brutti annunci a futura memoria: ma una verità che profuma di amore, di misericordia, di sacrificio. Invochiamo con fiducia: Vieni santo Spirito di Dio!
Kenya. ‘Family day’ a Nairobi in vista dell’Incontro mondiale delle famiglie
◊ Una marcia che ha attraversato la città di Nairobi ed una Messa nella Basilica minore della Sacra Famiglia: così, nei giorni scorsi, i fedeli del Kenya hanno vissuto il ‘Family day’, preparandosi spiritualmente al settimo Incontro mondiale delle famiglie, in programma a Milano dal 30 maggio al 3 giugno, sul tema “La famiglia, il lavoro, la festa”. L’iniziativa di Nairobi è stata organizzata da mons. Salesius Mugambi, presidente dell’Ufficio episcopale nazionale per la Famiglia: “Oggi le famiglie si trovano di fronte a molte sfide sia materiali che spirituali – ha detto il presule rivolgendosi ai fedeli – ed è necessario che la Chiesa si rivolga ad esse, poiché sono proprio le famiglie a giocare un ruolo cruciale nella società ed è su di esse che si fonda la Chiesa”. Quindi, mons. Mugambi ha ricordato l’importanza dei bambini: “Durante il rito nuziale – ha detto – i coniugi promettono di accogliere i figli e di educarli secondo gli insegnamenti della Chiesa. In una famiglia, i bambini devono avere dimostrazioni di affetto”. Di qui, l’invito lanciato dal presule a seguire l’esempio della Sacra Famiglia: come quella di Gesù, anche le famiglie di oggi, ha spiegato mons. Mugambi, possono essere sante “se hanno l’amore come loro fondamento. La famiglia è la principale scuola di tutte le virtù sociali; la ‘salute’ di ogni società si misura sulla ‘salute’ della famiglia”. Centrale inoltre, ha ribadito mons. Mugambi, il ruolo che il nucleo familiare ricopre nell’ambito dell’evangelizzazione: “Bisogna portare la Chiesa nella famiglia, là dove è nato e cresciuto Gesù – ha concluso il presule – È una sfida per tutti noi far sì chela Chiesa sia al centro della famiglia”. Infine, da ricordare che all’Incontro di Milano il Kenya sarà rappresentato da 14 famiglie cattoliche che saranno accompagnate dallo stesso mons. Mugambi. (A cura di Isabella Piro)
Mauritius: la diocesi di Port-Louis si prepara all’Anno della Fede con una “marcia per le vocazioni”
◊ Una marcia per le vocazioni: in questo modo, la diocesi di Port-Louis, nelle Isole Mauritius, si prepara a vivere l’Anno della Fede, indetto da Benedetto XVI nell’anno 2012-2013, per celebrare il 50.mo anniversario del Concilio Vaticano II. La marcia per le vocazioni si terrà il 24 giugno, a partire dalle ore 10.00, e si concluderà con una Messa presieduta dal vescovo di Port-Louis, mons. Maurice Piat. Simbolo dell’iniziativa sarà San Giovanni Battista e in un dossier preparato dalla diocesi, si spiega che “il Battista è un modello di fede” perché “la sua gioia del credere di esprimere in due modi: egli ci invita a preparare il cammino del Signore impegnandosi a favore della giustizia e ci esorta ad intraprendere tale cammino che conduce alla luce del mondo”. In questo modo, prosegue il dossier, “San Giovanni è sale e luce della terra”. Ma la marcia per le vocazioni non è l’unica iniziativa della Chiesa di Port-Louis in vista dell’Anno della Fede: oltre alla celebrazione del mese mariano di maggio, ci sono anche il pellegrinaggio alla tomba di Padre Laval, l’evangelizzatore delle Mauritius, in programma dal 26 agosto all’8 settembre, ed una Messa solenne al Santuario di Maria Regina della pace, fissata per il 14 ottobre. (I.P.)
Consiglio ecumenico delle Chiese: con la Pentecoste, Dio dona al mondo coraggio e speranza
◊ Nella Solennità di Pentecoste, Dio infonde negli uomini e nel mondo “il coraggio, la speranza e la forza trasformatrice dell’amore”: è quanto scrive il Consiglio ecumenico delle Chiese nel Messaggio di Pentecoste, che quest’anno la Chiesa celebra domenica prossima, 27 maggio. La festa della discesa dello Spirito Santo sugli apostoli, cinquanta giorni dopo la Pasqua, “mette in evidenza la diversità del popolo di Dio – si legge nel messaggio – I discepoli non provengono dallo stesso Paese, non parlano la stessa lingua, hanno opinioni diverse sul modo di interpretare ciò che hanno vissuto”. Tuttavia, continua il Cec, “essi sono d’accordo nel riconoscere il potere di Dio di trasformare loro stessi ed il mondo”. Gli uomini di oggi che si trovano in difficoltà, continua il Consiglio ecumenico delle Chiese, che “subiscono le conseguenze delle crisi politiche o finanziarie, che conoscono la violenza, la guerra o i conflitti, che sono perseguitati a causa delle loro convinzioni o del loro credo, i rifugiati, le vittime di catastrofi naturali, i malati di Aids, coloro che lottano per procurare alle proprie famiglie cibo, acqua, potabile, una casa, una formazione, quelli che soffrono a causa della perdita prematura di una persona amata, coloro la cui terra natia è a rischio per colpa dei cambiamenti climatici”, tutti devono comprendere che, oggi come allora, “Gesù Cristo persegue l’opera salvatrice di guarigione del mondo”. Attraverso lo Spirito Santo, auspica quindi il Cec, “gli uomini siano colmati dall’amore di Dio e da una nuova comprensione reciproca, al fine di poter proclamare l’onnipotenza del Signore nel mondo”. (I.P.)
◊ La Chiesa svizzera celebrerà il 50° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II e il lancio dell’Anno della Fede indetto da Benedetto XVI con una solenne Messa officiata l’11 ottobre nella Chiesa della Trinità a Berna, durante la quale sarà letto un “Appello alle comunità” cattoliche del Paese. La celebrazione segnerà l’’inizio di un triennio di iniziative in cui i vescovi elvetici proporranno una rilettura tematica dei grandi documenti conciliari all’insegna del motto “Scoprire la fede”. “A 50 anni da questo evento i cattolici sono invitati a rivisitare i grandi orientamenti tracciati dal Concilio”, spiega in un comunicato mons. Martin Gächter, vescovo ausiliare di Basilea e responsabile del gruppo preparatorio. Per i presuli svizzeri è necessario essere consapevoli “delle novità che il Concilio ha portato, ma anche di quanto sia ancora inadeguata la percezione di questo evento nelle nostre comunità”. Il primo anno di celebrazioni, intitolato “La fede celebrata” sarà dedicato alla Costituzione sulla liturgia “Sacrosantum Concilium”. Sul tema “La fede che ci unisce” sarà invece incentrato il secondo anno, in cui le comunità cattoliche saranno invitate a riflettere sulla Chiesa, la Bibbia e il dialogo ecumenico. Il 2015 , intitolato “La fede che ci impegna”, sarà infine consacrato alla Chiesa nel mondo attuale, alla libertà religiosa e al rapporto con le altre religioni. Una prima riflessione si terrà nel pomeriggio della stessa giornata dell’11 ottobre in cui si parlerà di che cosa è stato il Concilio e di come rapportarlo alla situazione della Chiesa e del mondo oggi. Inoltre, un sito internet in tre lingue sul cinquantenario sarà attivato a partire dalla metà del mese di giugno. (A cura di Lisa Zengarini)
Il dramma dei rifugiati al Festival biblico di Vicenza
◊ “Rifugiati: dalla paura alla speranza”. Questo il tema sviluppato nella conversazione che s’è tenuta ieri pomeriggio nella Sala degli stucchi di Palazzo Trissino a Vicenza, all’interno delle iniziative del Festival biblico in corso in questi giorni. Il percorso di riflessione, partito dal racconto biblico per giungere alla lettura della realtà, ha coinvolto – riferisce l’agenzia Sir - la teologa Cristina Simonelli e Jurgen Humburg, funzionario dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Acnur). “La Scrittura non sta chiusa in una teca da qualche parte, ma è spirito e vita. E diventa speranza se penetra nei temi della vita e della giustizia, assumendo le paure di tutti ed entrando nelle problematiche della storia”, ha esordito la teologa, che dal 1976 vive in un campo rom - prima di prendere in esame tre brani: l’annunzio della resurrezione dell’evangelista Marco, la visione della donna e del drago dall’Apocalisse e uno stralcio da una lettera di san Paolo sulla vita del cristiano nello Spirito. “Può avere speranza solo chi ha provato cos’è la paura, come le donne che trovano il sepolcro vuoto: sono le stesse che hanno pianto ai piedi della croce. E anche nell’Apocalisse - ha spiegato - che sembra assurdo e visionario, c’è un messaggio di speranza. E ‘il drago che si fermò sulle spiagge del mare’ ci ricorda scenari più che attuali”. Humburg ha prima di tutto spiegato chi sono i rifugiati, “persone costrette a fuggire dal proprio Paese d’origine per un ben fondato timore di persecuzione”, mentre gli immigrati “almeno in teoria, lasciano per scelta la loro terra”. La paura e la speranza, il binomio che fa da filo conduttore a tutto il Festival, sono, ha sottolineato il funzionario, “aspetti fondamentali, la vera essenza del sistema di asilo, e caratterizzano alla perfezione la condizione dei rifugiati. Che sono vittime o potenziali vittime di persecuzioni, quindi hanno paura, e poi con l’esperienza dell’asilo vivono la speranza”. Secondo le stime dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, nel mondo sono attualmente circa dieci milioni, di cui due milioni distribuiti tra Europa e America. Circa sessanta mila i rifugiati in Italia, pochi a fronte dei circa quattro milioni di immigrati. “Ma i problemi che vivono i rifugiati - ha detto - sono diversi: spesso hanno subito torture e traumi, con un bagaglio di sofferenza così non trovano subito la capacità e la forza di ricominciare. Perciò la grande sfida - ha concluso Humburg - è trovare delle soluzioni durevoli. I rifugiati non meritano particolare attenzione solo da parte dello Stato, ma anche tutti noi possiamo apportare dei contributi”.
La “Tower hope” a Nola per ridare speranza ai giovani
◊ “Giovanni Paolo II nel 1992 ha invitato la Chiesa di Nola ad essere testimone della speranza lavorando per costruirla. ToWeR HoPe vuole essere un cantiere di questa costruzione dedicato alla componente apparentemente più fragile del nostro territorio: i giovani”. Così don Mariano Amato, referente dell’Ufficio diocesano di pastorale giovanile presenta la giornata che, nel ventennale della visita di Giovanni Paolo II, in collaborazione con il Progetto Policoro, la Chiesa di Nola propone ai giovani, oggi, a Torre Annunziata. La giornata, intitolata “Il lavoro: non aspettarlo, è qui”, sottolinea don Amato citato dall’agenzia Sir, vuole offrire l’opportunità di acquisire consapevolezza sulle proprie attitudini e passioni per costruire il proprio lavoro. L’intento è dimostrare che il futuro è possibile anche in zone, come Torre Annunziata, considerate difficili”. I ragazzi svilupperanno in gruppo un’idea imprenditoriale e/o associativa. I lavori dei laboratori vengono presentati ad un gruppo di imprenditori locali in presenza del vescovo Beniamino Depalma. Alle 18,30, la “carovana della Speranza” si incamminerà verso la basilica “Madonna della Neve”. Seguirà la veglia di Pentecoste nei pressi dello “scoglio di Rovigliano”, dove S. Paolino approdò tornando dalla prigionia testimoniando che è segno di responsabilità trasformare ogni momento di crisi in speranza.
A Lourdes l'incontro nazionale dei preti operai
◊ "Nella sfera sociale la Chiesa ha sempre voluto assicurare una duplice funzione: illuminare gli spiriti per aiutarli a scoprire la verità e a scegliere la via da seguire in mezzo alle differenti dottrine da cui il cristiano è sollecitato; entrare nell'azione e diffondere, con una reale preoccupazione di servizio e di efficienza, le energie dell'evangelo. Non è forse per essere fedele a questa volontà che la chiesa ha inviato in missione apostolica tra i lavoratori dei preti che, condividendo integralmente la condizione operaia, ambiscono di esservi i testimoni della sollecitudine e della ricerca della chiesa medesima?". Sono parole di Paolo VI che, nella lettera apostolica Octogesima adveniens (14 maggio 1971), scritta in occasione dell'ottantesimo anniversario dell'enciclica Rerum novarum, sottolineava la presenza e l'importanza, nella società, dei cosiddetti "preti-operai". Una figura un tempo condannata dalla Chiesa ma poi riabilitata dal concilio Vaticano II attraverso un voto unanime dei vescovi francesi, il 23 ottobre 1965, con il beneplacito di Papa Montini. In Francia, riferisce L’Osservatore Romano - dove questo movimento è nato nel 1944 e dove mantiene una esigua ma significativa rappresentanza - i prêtres-ouvriers celebrano a Lourdes, da oggi al 28 maggio, il loro incontro nazionale sul tema "Compagni di umanità per vivere la Speranza". Attualmente in Francia sono circa trecentocinquanta (quasi tutti ormai pensionati) e altri duecentocinquanta si contano fra Germania, Austria, Belgio, Spagna, Italia, Portogallo e Svizzera. Alcuni lavorano in fabbrica, altri sono impegnati in ambito ospedaliero o in campo sociale ed educativo, altri ancora nelle imprese di pulizia; quasi tutti hanno avuto un ruolo di rappresentanza sindacale e restano punti di riferimento per la gente del loro quartiere. Sacerdoti diocesani per la maggior parte, cresciuti in movimenti, gruppi e istituti che si dedicano all'apostolato nei centri operai come la Missione di Francia, il Prado e i Figli della Carità, non hanno mai voluto formare un nuovo ordine religioso né una congregazione a parte. Associati come partner alla Missione operaia, continuano a dipendere dal loro vescovo.
Malaysia: il governo cita in giudizio esponenti del movimento civile “Bersih”
◊ Il governo malaysiano del premier Najb Razak ha citato in giudizio 10 leader del movimento della società civile “Bersih” (Pulizia), formato da oltre 60 Ong che chiedono trasparenza nelle elezioni. Secondo l’agenzia Fides, l’esecutivo chiede un risarcimento di 122mila ringgit malaysiani (circa 38mila dollari Usa), per i danni subiti da strutture pubbliche e automobili della polizia durante la manifestazione tenutasi il 28 aprile scorso a Kuala Lumpur. In quel frangente, una parte dei 100mila manifestanti che scesero in piazza, sconfinarono dalla zona autorizzata, riversandosi nella centrale Piazza dell’Indipendenza. Ne seguirono disordini e scontri con la polizia. Come riferito a Fides, gli avvocati del movimento, fra i quali numerosi cristiani, definiscono “giuridicamente infondata” l’iniziativa del governo del Barisan Nasional (BN). La causa civile è stata intentata sulla base della nuova legge “Peaceful Assembly Act”, che regolamenta i raduni pubblici, approvata lo scorso anno proprio dopo la nascita del movimento “Berish”, sulla scia della “primavera araba”. Secondo gli avvocati, il gesto del governo intende scongiurare future manifestazioni pubbliche di protesta. Inoltre crea un “pessimo precedente”, quello di un esecutivo che “fa causa contro i propri cittadini”, cercando di limitarne i diritti costituzionali di libertà di parola e di associazione. La prima udienza è prevista per il 14 giugno e si prevede una mobilitazione della società civile a sostegno dei 10 leader accusati. L’azione legale giunge, inoltre, dopo che anche i leader dell’opposizione politica, Anwar Ibrahim e Azmin Ali, sono stati messi sotto accusa per aver preso parte alla protesta del 28 aprile. E l’intimidazione verso il “Bersih” cresce anche a livello sociale: si susseguono, infatti, proteste e minacce di militanti, organizzate davanti all’abitazione di Ambiga Sreenevasan, donna e avvocato di religione indù, una dei 10 leader citati in giudizio. Il movimento ha trovato, fin dallo scorso anno, il sostegno delle comunità religiose di minoranza in Malaysia, Stato multietnico e multireligioso, ma a larga maggioranza musulmana, in cui il governo del “Barisan Nasional”, al potere da decenni, ha sempre favorito la comunità di etnia “malay” e di fede musulmana. “Le religioni sostengono trasparenza e correttezza nella società. Vogliono contribuire a sensibilizzare la popolazione, in modo pacifico, portando valori comuni come la giustizia e il bene comune, che vanno al di là dei partiti”, commenta all’agenzia Fides il rev. Thomas Philips, leader del “Malaysian Consultative Council of Buddhism, Christianity, Hinduism, Sikhism and Taoism”, che appoggia il “Bersih”. “L’impatto di tale movimento sulla politica è crescente. La campagna è accettata anche da molti musulmani nella società civile”, rimarca. (F.S.)
In Spagna torna la campagna “Iniciativa Solidaria”
◊ Anche quest’anno la Ong salesiana “Jóvenes y Desarrollo” lancia in Spagna la campagna “Iniciativa Solidaria”, promossa dall’Agenzia spagnola per la cooperazione internazionale allo sviluppo (Aecid). Come spiega l’agenzia Sir, si tratta di uno spazio che promuove i processi di educazione allo sviluppo per aumentare la partecipazione e il coinvolgimento dei giovani nelle attività solidali. “Iniciativa Solidaria” sostiene, riconosce e apprezza lo sforzo che i giovani, incoraggiati dai loro educatori, insegnanti, familiari e amici, fanno per realizzare piccoli progetti di beneficenza nelle loro scuole. L’iniziativa è promossa affinché questi gruppi sentano di non essere i soli coinvolti nel miglioramento della realtà e, anzi, percepiscano come sono sempre di più coloro che collaborano al cambiamento. Vengono riconosciute le migliori attività di solidarietà avviate da giovani tra i 14 e i 20 anni; a loro viene offerta l’opportunità di vivere un’esperienza di interscambio con altri giovani. Dal 2008 quasi 40 giovani vincitori delle varie edizioni hanno visitato un progetto di cooperazione per lo sviluppo della Ong salesiana “Jóvenes y Desarrollo”. Per partecipare, i giovani devono presentare qualche attività a sfondo solidale. Tre le categorie previste. Al termine del concorso, “Iniciativa Solidaria” 2012 consegnerà un premio, due menzioni speciali e una menzione internazionale. (F.S.)
Pellegrinaggio giovani a Lourdes. Il cardinale Comastri: “La felicità si trova facendo del bene”
◊ Ha riflettuto sulle parole che danno veramente senso alla vita, il cardinale Angelo Comastri, nel corso dell’ultima delle tre catechesi rivolte ai giovani della diocesi di Roma, in preparazione al pellegrinaggio a Lourdes in programma dal 27 al 31 agosto, organizzato dal Servizio per la pastorale giovanile. L’incontro, incentrato sul “sì del giovane di oggi” sulla scia delle altre due meditazioni che hanno affrontato “il sì della giovane Maria” e “il sì della giovane Bernadette”, si è tenuto nei giorni scorsi nell’aula Tiberiade del Pontificio Seminario Romano Maggiore. Il vicario generale per la Città del Vaticano - scrive il quotidiano "Avvenire" - ha parlato di “clima di diffuso materialismo”, che non è portatore di felicità ma solo di un “grande vuoto”, sottolineando che per molti ragazzi “manca una vera diagnosi del senso della vita”, manca il riferimento rappresentato dai valori, svuotati del loro vero significato. Questo, perché dilagano piuttosto falsi miti come la bellezza, il successo, la ricchezza, la libertà slegata dalla responsabilità che allontanano dalla felicità vera; il culto della bellezza, in particolare, che “sta crescendo paradossalmente più tra gli uomini”, ha detto ancora il cardinale Comastri, rischia di spegnere la capacità di distinguere qual è, e dove vada ricercata, la vera fonte della bellezza, dunque della vita. “La felicità si trova facendo del bene, spendendosi per gli altri”, ha rimarcato con forza, il segreto della felicità “non sono i soldi o i divertimenti”. Il porporato, nell’interpellare poi i giovani presenti sull’urgenza di dire “sì” a Dio, “sì” al progetto che Dio ha su ciascuno, si è soffermato sulla figura di Maria, esempio più alto della gratuità, e ha ricordato Madre Teresa di Calcutta, la quale diceva che “il comandamento dell’amore lo potremmo chiamare il comandamento della felicità”. Le tre meditazioni in vista del pellegrinaggio a Lourdes sono state promosse dal Servizio diocesano per la pastorale giovanile. (G.M.)
Festa di San Filippo Neri, la Congregazione dell’oratorio celebra il suo fondatore
◊ “Negli anni in cui la festa di San Filippo coincide con quella di Pentecoste, risulta ancor più evidente l’identità del nostro Santo, il quale con la Pentecoste ha uno specialissimo rapporto”. Così il Procuratore generale degli Oratoriani, padre Edoardo Cerrato, ieri, nell’omelia della Messa vigilare della solennità del Santo celebrata in Santa Maria in Vallicella, a Roma, sede della Congregazione dell’oratorio. Padre Cerrato ha ricordato come San Filippo, “che il Signore preparava a diventare Apostolo di Roma per i tempi nuovi”, dimostrasse la sua disponibilità a diventare uomo nuovo con le continue richieste a Dio perché “gli desse Spirito”. Nella giornata di oggi, una Messa solenne per il Santo è stata celebrata alle 12 da mons. Matteo Zuppi, vescovo ausiliare di Roma per il centro storico; alle 19 sarà invece celebrata dal cardinale Mauro Piacenza, Prefetto della Congregazione per il clero. (G.M.)
Festival di Cannes: gli ultimi film si interrogano sul mistero della morte
◊ Un viaggio senza senso in una metropoli del futuro prossimo, in preda alla decadenza e all’anarchia. Un vagabondaggio disperato nella foresta, seguendo le tragiche dinamiche della Seconda guerra mondiale, la traiettoria inesorabile di uno scrittore, abitato da un lucido delirio. Iniziato nel segno della vita e dell’amore, con tre degli ultimi film in programma, il 65.mo Festival di Cannes affronta infine la prova suprema della morte. Tratto da un romanzo breve di Don DeLillo, “Cosmopolis” di David Cronenberg proietta lo spettatore nel caos di un agglomerato urbano dove ogni evento non ha più alcun limite definito. A bordo di una limousine, un giovane genio della finanza segue l’evoluzione della situazione sociale ed economica, in una giornata che di appuntamento in appuntamento lo condurrà alla sua fine. Utilizzando come protagonista una giovane star, idolatrata dal pubblico adolescenziale, il regista canadese contiene la sua abituale visionarietà nelle forme di una messa in scena fredda, lucida, distante. Recitato come un testo teatrale negli spazi ristretti della limousine, il film contiene dialoghi profetici sull’eterno gioco dei ruoli, sul vacuo potere dei soldi, sull’inconsistenza delle ambizioni terrene, sulla fine di un sistema che nutre pochi privilegiati a scapito dell’umanità. Se la conclusione di “Cosmopolis” è ipotetica e amara, già scritta e sicuramente tragica è quella di “In the fog”, del russo Sergei Loznitsa. Qui l’azione si sposta in Bielorussia, negli anni che seguirono l’invasione nazista, fra tedeschi, collaborazionisti e resistenti. Protagonista un manovale delle ferrovie, vittima di una di quella contraddizioni assurde che avvelenano la vita. Implicato, suo malgrado, in un sabotaggio, sopravvive all’esecuzione, ma è sospettato di collaborazione col nemico. Il suo destino è segnato e il lungo peregrinare nei boschi in compagnia dei due partigiani incaricati di fucilarlo non farà che allungare i tempi ineluttabili della sua fine. Loznitsa, già documentarista di sublime talento, è un cineasta attento ai tempi e ai modi attraverso i quali esprimere la sua profonda spiritualità. Nelle immagini del film essa si manifesta nel faticoso incedere dei corpi, negli sguardi perduti, nei mutismi rassegnati, nella pietà dei gesti, nell’assordante evidenza di un discorso che lascia intravvedere verità e menzogna ma non pone rimedio all’ingiusto incedere dell’esistenza. Chi ha deciso invece, con supremo orgoglio, della propria sorte è Yukio Mishima, autore nel 1970 di un suicidio che fece scalpore. Attento ai momenti chiave della storia del suo Paese, Koji Wakamatsu ne segue la parabola esistenziale con il film “11/25 The day Mishima chose his own fate”. La messa in scena del regista giapponese, che nel recente passato, con “United red army”, ha raccontato l’attività di un gruppo terrorista di estrema sinistra, si concentra qui sugli eventi che fecero di uno scrittore di grande talento un fanatico di estrema destra, fustigatore della corruzione postbellica e convinto difensore delle tradizioni. Unendo momenti di ricostruzione biografica a spezzoni documentari, il film è animato da una grande tensione narrativa e finisce per essere una lucida analisi della Storia. Mishima resta un eroe tragico e Wakamatsu sicuramente non ne condivide le scelte. Ma rispettandone la figura intellettuale, gli concede l’omaggio di un’umana pietà. (Da Cannes, Luciano Barisone)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 147