Logo 50Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 22/05/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Presentato l'Incontro delle famiglie di Milano: sposarsi e avere figli rende più felici e migliora la società
  • L'ambasciatore britannico: lo Ior impegnato con coraggio in un cammino di trasparenza
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Al vertice Nato di Chicago raggiunto l'accordo per il futuro dell'Afghanistan
  • Aiea: Teheran verso la firma di un accordo, scetticismo di Israele
  • Terremoto in Emilia. Monti :"Subito sostegno alla produttività". Migliaia di posti di lavoro a rischio
  • Stati Uniti: azione legale dei cattolici per difendere la libertà religiosa sotto attacco
  • Mons. Crociata sugli abusi: massima collaborazione della Chiesa con le autorità civili
  • Rapporto Istat: in Italia tempi difficili per giovani e donne
  • Venti anni fa la strage di Capaci. Il procuratore Caselli ricorda Giovanni Falcone
  • Bambino Gesù: impiantato il più piccolo cuore artificiale del mondo in un bambino di 16 mesi
  • Cento anni fa nasceva padre Rotondi, testimone del Vangelo tra i poveri e nei mass media
  • Cannes: storie di dolore e speranza negli ultimi giorni del Festival del cinema
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • “Un futuro senza fame”: a Vienna congresso di "Caritas Internationalis"
  • Siria: manifestanti uccisi dalla polizia all’arrivo degli osservatori Onu ad al Busaira
  • Mali: appello del governo alla fine delle violenze, dopo l’aggressione al presidente Traoré
  • Africa australe: per le prossime elezioni i vescovi invocano più democrazia
  • Kenya: seminario dei vescovi dell'Africa orientale sull'"Africae Munus"
  • Angola: continuano violenze e torture contro le donne immigrate
  • L'Alto commissario Guterres condanna l'uccisione di un operatore dell' Onu in Congo
  • Pakistan. Il presidente Zardari: “Mai più abusi della legge sulla blasfemia”
  • Celam: un video denuncia l’assassinio di 22 giornalisti in America Latina
  • Anche in cinese la lettera apostolica "Porta Fidei" sull’Anno della Fede indetto dal Papa
  • Croazia. Giustizia e Pace: no all'aumento dei prezzi dell’acqua, diritto fondamentale
  • Polonia: giornata di preghiera e digiuno per la Chiesa cattolica in Sudan
  • Terra Santa: inaugurato il nuovo monastero benedettino di Tabgha
  • Guinea Conakry: è on line il primo sito dedicato alle donne
  • Cascia celebra Santa Rita e tre donne che ne hanno imitato le virtù
  • Foggia: prima via intitolata al ministro cattolico Shahbaz Bhatti
  • Il Papa e la Santa Sede



    Presentato l'Incontro delle famiglie di Milano: sposarsi e avere figli rende più felici e migliora la società

    ◊   La famiglia è una grande risorsa della società e un luogo dove si costruisce la felicità dei rispettivi membri, molto più che in altre tipologie di convivenza. È quanto è stato affermato questa mattina, in Sala Stampa Vaticana, durante la presentazione dell’Incontro mondiale delle famiglie in programma a Milano dal 30 maggio al 3 giugno prossimi. L’evento, che vedrà la presenza di Benedetto XVI ai momenti conclusivi, è stato illustrato in particolare dai cardinali Ennio Antonelli, capo del dicastero vaticano per la Famiglia, e Angelo Scola, arcivescovo di Milano. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    La “creatura” ha preso forma in tre anni di lavoro meticoloso, per arrivare a mostrare e a dimostrare che la “famiglia è una risorsa della società” e che le “famiglie stabili con due o più figli sono le più felici e le più pro-sociali”. Perché è questo in estrema sintesi – hanno detto i cardinali Antonelli e Scola – che l’Incontro mondiale di Milano riaffermerà pubblicamente, attraverso uno studio accurato e con centinaia di voci a supporto, dal 30 maggio prossimo. “La Famiglia risorsa della società” è il titolo del volume presentato in Sala stampa, nelle cui pagine si trovano i risultati della ricerca promossa dal Pontificio Consiglio per la Famiglia, come ha sottolineato il cardinale Antonelli:

    “Si tratta di una ricerca di sfondo sui dati statistici già esistenti e di una nuova ricerca da cui emergono i diversi contributi positivi e negativi che le varie tipologie di famiglie e di convivenze portano alla società. Emerge soprattutto che le famiglie stabili con due o più figli sono le più felici - bello questo! - e le più pro-sociali, perché danno un contributo, un beneficio maggiore, alla società”.

    E poco dopo, il sociologo Pierpaolo Donati dell’Università di Bologna ha precisato i contorni di questa ricerca, definita “originale” rispetto ad altri studi realizzati finora, condotta su un campione rappresentativo di popolazione italiana in età compresa tra i 30 e i 55 anni, strutturata in una sezione più internazionale e in un’altra più strettamente riferita alla situazione italiana. Il nostro problema – ha asserito con chiarezza, criticando anche recenti prese di posizione del governo italiano – è stato quello di “sconfessare le tesi di chi dice che le famiglie tradizionali stanno diminuendo se non scomparendo”, nonché “l’idea che in una società priva di famiglia normo-costituita (cioè formata da padre, madre e figli – ndr) gli individui siano più felici”:

    “La grande sfida è stata quella di dimostrare che questo tipo di famiglia, la famiglia normo-costituita, è un’istituzione del futuro e non del passato: cioè, che diventa sempre più decisiva per la qualità di vita delle persone, degli individui e della società (…) A misura che ci si allontana dalla famiglia normo-costituita, quindi si diminuisce il numero dei figli al figlio unico o non si hanno figli o si è persone sole, single, peggiorano le condizioni di vita delle persone”.

    Questo, ha riflettuto il prof. Donati, “è un risultato molto chiaro”, che pone “problemi nuovi” in un contesto in cui la famiglia generalmente non trova alleati in politiche dedicate e nei mercati:

    “Qual dunque è il valore sociale della stabilità del matrimonio, della relazione di coppia? Come si calcolano i costi della rottura sui coniugi e sui figli e sulla società? Qual è il valore sociale di avere fratelli e sorelle? Qual è il valore sociale dei nonni? Qual è il valore sociale di avere entrambi i genitori, anziché un solo genitore? Allora, la ricerca dimostra che il fatto di sposarsi costituisce un valore aggiunto per le persone e per la società”.

    Prima dell’arrivo di Benedetto XVI a Milano, il primo giugno, migliaia di famiglie di ogni parte del mondo si incontreranno per tre giornate, stimolate dal tema di fondo del raduno “La famiglia: il lavoro e la festa”. Così, l’ha presentato il cardinale Scola:

    “Attraverso il lavoro dilatando i rapporti primari vissuti in famiglia, sviluppiamo relazioni sociali articolate che nell’attuale civiltà delle reti tendono a investire sempre più largamente il mondo intero (…) La festa è il vertice del riposo perché nella festa emergono due dimensioni fondamentali del riposo, l’insieme e il gratuito: si riposa insieme e il riposo è luogo della gratuità totale. Quindi diventa uno spazio fonte di gioia: l’uomo si riconcilia con sé, con gli altri, con Dio”.

    Quindi, rispondendo più avanti alle domande dei giornalisti, l’arcivescovo di Milano ha spiegato quali aspettative nutra dall’evento:

    “Stiamo intuendo che l’articolarsi della Chiesa sul territorio deve perdere questo carattere eccessivamente efficientistico di tipo aziendale e deve scoprire il carattere famigliare. In fondo, il cristianesimo è la dilatazione della parentela della carne e del sangue a una parentela della comunione in Cristo Gesù. Quindi, una Chiesa più a immagine di famiglia”.

    Ai molti giornalisti presenti in conferenza stampa sono state fornite numerose cifre relative all’Incontro di Milano. In particolare, si stimano in 1 milione i fedeli attesi alla Messa con il Papa del 3 giugno e in 300 mila le famiglie partecipanti, la sera prima, alla Festa delle testimonianze. Oltre mille i giornalisti accreditati e 50 mila gli euro raccolti per l’accoglienza delle famiglie in arrivo dall’estero, con 5 mila volontari e 34 mila posti letto messi a disposizione da oltre 11 mila famiglie dell’hinterland milanese.

    Da parte sua, nel concludere, il cardinale Antonelli ha auspicato che la testimonianza offerta dalle famiglie presenti a Milano – sul modello della Famiglia di Nazareth – possa gettare luce e dare speranza e fiducia anche a chi vive il dramma della separazione e del divorzio:

    “A noi sta molto a cuore che in ogni parrocchia, possibilmente, non solo nei movimenti ma nelle parrocchie, ci siano nuclei abbastanza consistenti di famiglie cristiane esemplari che, come diceva Giovanni Paolo II, vivano una robusta, una solida, intensa spiritualità e una responsabilità missionaria verso la comunità ecclesiale e poi verso la società, in particolare verso i poveri”.

    inizio pagina

    L'ambasciatore britannico: lo Ior impegnato con coraggio in un cammino di trasparenza

    ◊   Nei giorni scorsi, un gruppo di 35 ambasciatori presso la Santa Sede è stato invitato a visitare in Vaticano lo Ior, l'Istituto per le Opere di Religione. I diplomatici sono stati sollecitati a porre domande sull’Istituto e sui servizi che esso offre, e in particolare in merito all’adeguamento alle norme internazionali anti-riciclaggio. Tra gli ambasciatori in visita allo Ior, c'era anche l’ambasciatore britannico presso la Santa Sede, Nigel Baker, che ha commentato con Philippa Hitchen, della nostra redazione inglese, questa importante decisione dello Ior, nel segno della trasparenza:

    R. – For some time ambassadors have been encouraging the Ior to open …
    Già da tempo, noi ambasciatori abbiamo incoraggiato lo Ior ad aprire le sue porte per aiutarci a comprendere meglio come funziona. Molto spesso ci giungono lamentele, perché si sentono tanti commenti sullo Ior – la cosiddetta “banca vaticana” – spesso fondati sull’ignoranza, senza fondamento serio o molto basati sul passato. Così più volte abbiamo detto – e in quanto ambasciatori europei abbiamo avuto la possibilità di parlare con la direzione dello Ior, qualche mese fa – “ci piacerebbe venire e vedere di persona”. Così ci hanno invitato per vedere e per ascoltare quello che avevano da dirci, per assistere alla presentazione di quello che fanno attualmente, il loro grande sforzo per incrementare – stimolati soprattutto da Benedetto XVI – il livello di trasparenza e di adeguamento in particolare alle norme internazionali, e dei percorsi che stanno seguendo per ottenere questi risultati e sostanzialmente quindi mostrare quale sia in realtà il loro operato. Per noi è stato molto utile, abbiamo avuto la possibilità di porre delle domande e mi è parso di capire che vogliono organizzare qualcosa di simile, nel prossimo futuro, per giornalisti esperti nel campo della finanza – ed è una cosa che incoraggio molto.

    D. – Lei pensa che possa essere sufficiente per mettere a tacere le preoccupazioni?

    R. – Not immediately; I think it’s a process. …
    Non nell’immediato. Penso che sia un processo. E’ passato soltanto un anno da quando sono entrate in vigore le nuove norme per la gestione dello Ior, migliorando il suo adeguamento a tutta una serie di raccomandazioni della International Financial Action Task Force (= Gafi, Gruppo di azione finanziaria internazionale). Risale soltanto all’anno scorso la visita da parte del comitato di esperti del Consiglio d’Europa per la valutazione delle misure anti-riciclaggio e del finanziamento del terrorismo (Moneyval) in Vaticano, per esaminare lo Ior ed altre istituzioni del Vaticano che gestiscono finanze, per constatare lo stato dell’adeguamento alle norme internazionali, per fornire suggerimenti ed indicazioni e, più avanti nel corso dell’anno, per inserirli in una graduatoria per quanto riguarda il rispetto di una serie di norme internazionali. Penso che questo processo sarà lungo e difficile, perché ci sono alcuni aspetti per i quali lo Ior, ed in realtà anche altre istituzioni vaticane, non può dire: “Abbiamo raggiunto il pieno adeguamento alle norme internazionali”. Ci sono altri ambiti, però, per i quali lo Ior può dire: “Siamo assolutamente conformi” e quindi ottenere la convalida per gli standard internazionali. Credo che affrontare tutto questo implichi una dimostrazione di audacia, di coraggio comunque, perché è inevitabile che ne nascano delle critiche; inevitabilmente, a mano a mano che diventi più “trasparente”, la gente ti ricorderà il tuo passato ed i momenti difficili del passato; inevitabilmente, come accade anche per ogni banca “buona”, ci saranno momenti in cui usciranno storie su transazioni finanziarie particolari o su clienti particolari, che forse non sono proprio in linea con questo processo in cui si cerca di migliorare la trasparenza. Credo però che questo sia un aspetto con il quale tutti – intendo lo Ior e il Vaticano – devono convivere, ma questo non invalida il processo: al contrario. Quando si persegue la trasparenza, questo comporta anche lavare un po’ di panni sporchi ma questo è parte integrante di un simile processo.

    D. – Ma questo non riguarda soltanto il passato: recentemente, il Dipartimento di Stato americano ha inserito il Vaticano tra gli Stati “vulnerabili” …

    R. – These are very real concerns; and one of the reasons why my government …
    Queste preoccupazioni sono molto realistiche; ed una delle ragioni per le quali il mio governo incoraggia questo processo è che anche la banca – o l’istituzione finanziaria – più rispettabile e più efficacemente gestita del mondo ha le sue vulnerabilità. Non esiste una banca invulnerabile o un’istituzione finanziaria non esposta, come abbiamo potuto constatare ancora recentemente con Wall Street e in altre situazioni. Quindi, queste vulnerabilità esistono; chi vuole abusare del sistema per evadere le tasse, per riciclare denaro sporco e per finanziare il terrorismo, continuerà a cercare scappatoie e modi per farlo. Ecco che, in un certo senso, questo processo non ha una sua fine naturale: ci saranno sicuramente momenti di rallentamento, lungo il percorso. Sarebbe però leale dire anche che quando vengono espresse queste preoccupazioni in merito alla vulnerabilità del Vaticano e delle sue istituzioni finanziarie, per quanto riguarda il riciclaggio di denaro, le stesse preoccupazioni si esprimono anche nei riguardi delle banche britanniche e delle banche americane, dei sistemi finanziari britannici e di quelli americani. Quindi, in questo senso, la preoccupazione espressa non è insolita. Ma qui poi subentra il coraggio: ovviamente, affrontando un processo di questo genere, ti apri a domande. Io credo che uno degli obiettivi della direzione dello Ior sia quello di dimostrare che hanno messo in opera procedimenti moderni e che hanno lo stesso livello di resistenza all’abuso da parte di chiunque voglia farlo, come qualsiasi altra istituzione finanziaria ben gestita. Sta ad altri valutare se hanno raggiunto questo scopo, ma io credo che sia molto importante il fatto che stiano comunque cercando di percorrere questa strada.

    inizio pagina

    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Giovani stanchi di cercare lavoro: in rilievo, nell'informazione internazionale, il rapporto dell'Ilo sulla disoccupazione tra le nuove generazioni.

    Dalle elezioni le immagini di un Paese in attesa: Marco Bellizi sui risultati del secondo turno delle amministrative in Italia.

    In cultura, Vicente Carcel Orti su documenti vaticani inediti sulla guerra di Spagna: una nota di Pio XI e un intervento della Segreteria di Stato per "L'Osservatore Romano".

    Spirito e sangue: l'arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, monsignor Gualtiero Bassetti, sul secondo volume del "Gesù di Nazaret" di Benedetto XVI nell'avvicinarsi del tempo di Pentecoste.

    E' difficile il dialogo tra cautela e fretta: Giuseppe Costa su giornalismo e religione.

    Il minicuore al titanio che salva i neonati: Mario Ponzi sul rivoluzionario intervento cardiochirurgico al Bambino Gesù.

    Senza la liturgia non c'è nuova evangelizzazione: nell'informazione religiosa, il cardinale Antonio Canizares Llovera, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, sul futuro dell'uomo e il cambiamento del mondo nell'adorazione di Dio.

    L'importanza di avere degli amici: nell'informazione vaticana, le parole del Papa al termine del pranzo con i cardinali.

    inizio pagina

    Oggi in Primo Piano



    Al vertice Nato di Chicago raggiunto l'accordo per il futuro dell'Afghanistan

    ◊   “Mentre gli afghani si rialzano, non si troveranno soli”. Così Barack Obama, al termine del vertice Nato di Chicago, che ha prodotto un complesso accordo per la “exit strategy” dall’Afghanistan. Previsto anche un sostegno economico al Paese, pari a 4,3 miliardi di dollari all’anno, per tre anni. Questo per sostenere l’esercito locale, che già dal prossimo anno assumerà la guida della sicurezza in tutto il Paese. Per i particolari sul documento siglato durante il summit dell’Alleanza Atlantica, ascoltiamo il servizio di Salvatore Sabatino:

    L’Afghanistan, o meglio quello che sarà in futuro, riparte da Chicago, da quel vertice Nato – il più grande dalla nascita dell’Alleanza Atlantica – che ha prodotto un accordo che in molti definivano “difficilissimo da raggiungere”. Accordo che prevede due tempi: da metà 2013 le forze di sicurezza afghane assumeranno la guida della sicurezza in tutto il Paese, mentre dalla fine del 2014 le truppe Isaf abbandoneranno completamente l’Afghanistan. Non però, per quanto riguarda formazione e sostegno alle forze locali; e qui la svolta, perché i 60 leader presenti a Chicago hanno voluto consegnare un messaggio di speranza a Karzai – anch’egli presente – perché continueranno ad occuparsi del suo Paese, almeno fino al 2024. Una missione, quella annunciata, per la quale è stata auspicata la “cornice giuridica” di una risoluzione Onu e che, come ha assicurato il numero uno della Nato, Rasmussen, “non sarà un’Isaf con un altro nome”. Il presidente Usa, Obama, da parte sua, ha assicurato che “mentre gli afghani si rialzano, non si troveranno soli”. Parole dietro le quali si celano aiuti concreti, pari a 4,3 miliardi di dollari all’anno, per tre anni. Fondi destinati a finanziare l’esercito. Abbiamo chiesto ad Andrea Margelletti, presidente del Centro Studi Internazionali, come si può definire l’accordo raggiunto:

    R. – Direi, il migliore dei mali possibili. Nel senso che alcune nazioni decidono di sfilarsi anzitempo, altre – coerentemente e con un impegno preso anni fa – decidono di andare avanti. Naturalmente, il ritiro è un dato di fatto ma dopo il 2014 comunque gli afghani potranno continuare a contare su una importante presenza occidentale.

    D. – Il vertice di Chicago ha confermato le alleanze, con un’unica defezione: la Francia di Hollande, che continua ad insistere sull’anticipo del ritiro delle proprie truppe dall’Afghanistan. Se si guardano gli equilibri interni dell’Alleanza, Parigi oggi quanto conta?

    R. – Parigi conta comunque molto, perché la Francia è un membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, è una potenza nucleare, è un Paese di riferimento dell’Europa. Ma l’Europa non è soltanto la Francia: ad esempio, l’Italia a Chicago ha pesato, e non poco.

    D. – Obama ha spinto moltissimo affinché si raggiungesse questo accordo. Quanto è legato, secondo lei, alla campagna elettorale per la corsa alla Casa Bianca, e quanto invece alle difficoltà economiche che sta attraversando l’America, che non riesce più a sostenere questa guerra?

    R. – Credo che non sarebbe cambiato l’impegno di un presidente statunitense in momenti diversi. Naturalmente, le elezioni in America sono sentite e non poco, ma non soltanto negli Stati Uniti. Però quello che esce da Chicago è una Nato dove si riconosce che tutti hanno più bisogno degli altri.

    D. – Restano, poi, le frizioni con la Russia per lo scudo missilistico in Europa. Come si potranno superare queste tensioni che durano da anni?

    R. – La Russia è stata invasa spesso, nel XX secolo, ed è comprensibile che abbia delle perplessità; ma è bene continuare ad insistere con Mosca sul fatto che l’Europa ha bisogno di un ombrello protettivo, e sarebbe molto importante che la Russia salti a bordo di questo programma.

    D. – Il summit di Chicago chiude i battenti: quale la definizione che possiamo dare della Nato uscita dal vertice?

    R. – Nato più forte, più Europa nel futuro della Nato.

    inizio pagina

    Aiea: Teheran verso la firma di un accordo, scetticismo di Israele

    ◊   L’Iran, in tempi brevi, potrebbe sottoscrivere un accordo di cooperazione sul nucleare e permettere l’arrivo di nuovi ispettori. Così, in sintesi il direttore generale dell'Aiea (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica), Yukiya Amano, di ritorno dalla Repubblica Islamica. Intanto, cresce l’attesa per l’inizio dei colloqui nella capitale irachena Baghdad, domani, tra i Paesi del cosiddetto “5+1” (Stati Uniti, Inghilterra, Francia, Cina, Russia più Germania) e Teheran. Rimane lo scetticismo di Israele e le nuove sanzioni approvate, nella notte, dal Senato Usa sul controverso programma nucleare dell’Iran. Massimiliano Menichetti ne ha parlato con Giorgio Alba di "Archivio Disarmo":

    R. – Ci muoviamo in uno scenario in cui tutte le parti in causa, incluso Israele, hanno un interesse almeno temporaneo a rinviare un incremento della tensione. Questo perché è un anno elettorale negli Stati Uniti, perché in Russia si è instaurato il nuovo presidente, in Israele ci saranno presto nuovamente le elezioni, Teheran comincia a soffrire del problema delle sanzioni. Questa volontà di non aumentare la tensione ha permesso all’Agenzia internazionale per l’energia atomica di svolgere questo ruolo di equilibrio tra le parti.

    D. – Cosa uscirà dall’incontro di Baghdad?

    R. – Si porrà la premessa per successivi negoziati che saranno eventualmente formalizzati per accordi limitati a specifici punti presenti, a specifiche ispezioni dell’Aiea, a specifici siti ma non una risoluzione generale della controversia. Questo può dare un segnale positivo, perché la possibilità di implementare accordi, seppur limitati, può mostrare agli Stati Uniti la buona fede dell’Iran e all’Iran la buona fede delle Potenze occidentali. Se vogliamo fare un riferimento anche all’Europa, un’eventuale entrata in vigore delle sanzioni dal primo di luglio - l’embargo petrolifero - può avere un impatto negativo sull’Iran ma sicuramente anche sull’Europa. Quindi, l’Europa in questo momento non si può permettere il lusso di attivare una politica eccessivamente aggressiva se la minaccia non è reale. Poiché la minaccia fino ad oggi non è mai stata reale ma è stata quella di prevenire un problema potenziale futuro, la soluzione immediata è quella di cercare soluzioni temporanee per vedere se nel futuro le parti, successivamente alle elezioni del presidente degli Stati Uniti, raggiungano un accordo definitivo.

    D. – Eppure proprio il senato degli Stati Uniti ha varato nuove sanzioni economiche nei confronti di Teheran?

    R. – Rispetto alla questione delle sanzioni gli Stati Uniti hanno due politiche, una politica del presidente Obama, democratico, e una politica espressa dal Congresso, che è a maggioranza repubblicana. Questo può creare problemi.

    D. – Il direttore generale dell’Aiea tornando da Teheran ha parlato di un’atmosfera positiva e ha ribadito: presto ci sarà un accordo sulle ispezioni. Eppure su questo punto Teheran ha sempre temporeggiato, se non addirittura cambiato idea…

    R. – Fino ad oggi è stato di estrema utilità per l’Iran per evitare o ritardare ulteriori sanzioni o, se effettivamente esiste, ipoteticamente, un programma militare nucleare, per guadagnare tempo o per sviluppare ulteriormente il programma, prima della scoperta ufficiale da parte della comunità internazionale. Il guadagnare tempo oggi, invece, non è particolarmente nell’interesse di Teheran ma principalmente nell’interesse di Israele, degli Stati Uniti o dell’Europa. Cina e Russia sono attori che stanno alla finestra che hanno interessi comuni all’Occidente ma che hanno anche interesse a vedere l’Iran forte, in maniera tale da bilanciare la consistente presenza da parte dell’Occidente nel Medio Oriente e nell’Asia centrale.

    D. – Da una parte, Teheran continua a ribadire che il nucleare è soltanto per scopi civili, dall’altra lo scetticismo della comunità internazionale. Se ci deve essere un accordo questo farà luce sulla questione?

    R. – Teniamo presente che da un punto di vista di realpolitik, se anche l’Iran ha avuto un programma militare, se Teheran dovesse aggiungere un accordo, probabilmente noi non lo sapremo mai. Ci saranno ispezioni, saranno eliminate le prove, i Paesi occidentali, pur sapendo che l’Iran ha avuto per un certo periodo un programma che mirava al nucleare militare, chiuderà uno o due occhi in cambio del fatto che nella realtà dei fatti Teheran interrompa questo programma. Quindi, si salva la faccia di tutti gli attori coinvolti. Gli Stati Uniti non dovranno fare un intervento militare che potrebbe essere estremamente costoso e politicamente dannoso e Teheran potrà dire che il suo diritto inalienabile all’energia nucleare non è stato violato.

    D. - Dunque a livello internazionale c’è interesse affinché l’Iran non diventi un vero e proprio teatro di guerra…

    R. – Assolutamente sì. Da un punto di vista di geopolitica, geostrategia, teniamo presente che le questioni principali al momento sono due: la Siria e l’instabilità a livello del Medio Oriente con i cambiamenti di governo democratici o semidemocratici. Dobbiamo ricordarci che la Siria in particolare ha armi chimiche che non devono ovviamente entrare nelle mani di eventuali terroristi e non devono quindi uscire dal controllo di Assad.

    inizio pagina

    Terremoto in Emilia. Monti :"Subito sostegno alla produttività". Migliaia di posti di lavoro a rischio

    ◊   “Sono gravi i danni del terremoto sul tessuto produttivo emiliano. E' una terra che dobbiamo aiutare a tornare produttiva al più presto”. Così il presidente del Consiglio, Mario Monti, visitando i paesi colpiti dal sisma che da sabato notte continua a scuotere l’Emilia Romagna. In visita anche il cardinale arcivescovo di Bologna Carlo Caffarra che ha portato la vicinanza della Chiesa alla popolazione. “Faremo il necessario, ma serve la copertura finanziaria” ha precisato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Antonio Catricalà, riferendo alla Camera, in attesa dello stato di emergenza dal Consiglio dei ministri di oggi. La solidarietà e la voglia di riprendersi è forte tra gli emiliani, ma la lunghezza dei tempi scoraggia. Sentiamo la testimonianza di Alfredo Santini, presidente dell'Unione cristiana imprenditori dirigenti (Ucid) di Ferrara. L’intervista è di Gabriella Ceraso:

    R. - Il grosso è successo a Sant’Agostino. La ceramica di Sant’Agostino è una grande realtà: ci sono stati anche dei morti nel capannone e lì praticamente l’azienda è ferma… Ma sono parecchie le aziende che sono rimaste bloccate da questa situazione. Stiamo parlando di migliaia di posti di lavoro che adesso sono in pericolo e questo in una situazione come la nostra, in cui già tra cassaintegrati e altro eravamo arrivati a livelli a molto alti… Aggiungiamo a questo anche il fatto che c’è tutta la struttura pubblica che ha avuto danni.

    D. - La Coldiretti ha chiesto una moratoria fiscale e previdenziale, a partire dall’Imu, per le aziende dei territori interessati dal sisma: anche voi farete qualche richiesta?

    R. - Quella sicuramente. Chiederemo anche delle agevolazioni perché molti hanno anche le disponibilità per rimettersi in moto, ma è chiaro che hanno bisogno di agevolazioni. Questo lo stiamo chiedendo tutti. Non solo, le banche stanno già partendo con delle disponibilità finanziarie e delle aperture di credito oltre il dovuto.

    D. - Dottor Santini, il premier Monti ha notato una sintonia e una collaborazione tra le vostre diverse strutture in tutta la regione...

    R. – E’ molto, molto forte, al di là delle opinioni politiche. La solidarietà è al massimo - e quando dico al massimo intendo sul piano economico - per quanto riguarda le associazioni di volontariato, che si muovono tutte, sia quelle laiche che quelle cattoliche, in grande sintonia fra di loro. Quindi le condizioni umane per poter riprendere ci sono tutte, ma i tempi saranno lunghi….

    inizio pagina

    Stati Uniti: azione legale dei cattolici per difendere la libertà religiosa sotto attacco

    ◊   I cattolici statunitensi hanno avviato un’azione legale in difesa della libertà religiosa contro una parte della riforma sanitaria voluta dal presidente Barak Obama. Più di una quarantina di organizzazioni ed enti cattolici, tra cui l’arcidiocesi di New York, hanno infatti intentato una causa federale contro l’entrata in vigore di una norma che impone loro di pagare anticoncezionali o interventi abortivi ai propri dipendenti. Il servizio è di Stefano Leszczynski:

    I cattolici statunitensi sono da tempo impegnati in una strenua battaglia politica ed etica in difesa della libertà religiosa e della libertà di coscienza. Un impegno che ieri ha spinto quarantatrè organismi cattolici – tra cui diocesi, scuole, ospedali, enti assistenziali e organizzazioni – ad intentare una causa contro il governo di Washington per fermare l’entrata in vigore di una norma di legge che li costringerebbe a pagare - fosse anche indirettamente - le eventuali spese di contraccettivi, aborti e sterilizzazioni dei propri dipendenti. Il provvedimento, infatti, è contenuto nel pacchetto di riforma sanitaria fortemente voluta dal presidente Obama e riguarda l’obbligo per i datori di lavoro a fornire ai propri dipendenti un’assicurazione medica che comprenda anche la copertura per interventi contrari ai valori della Chiesa. I ricorrenti – tra i quali figura anche l’arcidiocesi di New York, guidata dal cardinale Timothy Dolan - sostengono che la loro opposizione non mira ad imporre il proprio credo religioso su una società laica, ma più semplicemente ad evitare di dover subire misure che attraverso un’imposizione di legge limiterebbero la libertà religiosa. Parole che ricalcano quelle già espresse dal cardinale Dolan in una lunga lettera ai vescovi statunitensi, in cui li esortava all’unità “di fronte ad intrusioni senza precedenti e ad attacchi contro la libertà religiosa da parte del Department of Healt and Human Services. “Non è una battaglia solo cattolica” ha sottolineato il porporato. Il nodo di questo duro confronto con l’amministrazione Obama è l’obbligatorietà dell’assistenza alle pratiche abortive e anticoncezionali, senza considerare alcuno spazio per la libertà di coscienza. Così facendo, hanno sottolineato anche in passato i vescovi americani, il governo federale imporrebbe, infatti, alla Chiesa, ai suoi fedeli ed alle sue istituzioni di agire contro i propri principi.

    inizio pagina

    Mons. Crociata sugli abusi: massima collaborazione della Chiesa con le autorità civili

    ◊   All’indomani della prolusione del cardinale Bagnasco all’assemblea generale della Cei, è oggi la volta del segretario generale, mons. Mariano Crociata, che ha tenuto una conferenza stampa nell’Aula Paolo VI in Vaticano. Il servizio di Alessandro Guarasci:

    Massima collaborazione dei vescovi con le autorità civili per i casi di abusi sessuali su minori da parte di chierici. E’ il fulcro delle linee-guida presentate questa mattina dal segretario generale della Cei, mons. Mariano Crociata, alla fine della prima giornata dell’assemblea dei vescovi italiani, in corso in Vaticano. Mons. Crociata ha detto che da parte di tutti i vescovi c’è uno sforzo collettivo per lottare contro questa piaga, mettendo in condizione i responsabili di non nuocere più e accompagnando al recupero le vittime. Le linee guida affermano che “il vescovo, non rivestendo la qualifica di pubblico ufficiale né di incaricato di pubblico servizio, non ha l’obbligo giuridico di denunciare all’autorità giudiziaria statuale le notizie che abbia ricevuto in merito a fatti illeciti”. Dal 2000 al 2011 sono stati segnalati 135 casi e mons. Crociata ha sottolineato che i sacerdoti che si sono macchiati di questi crimini comunque non torneranno alla pastorale ordinaria, dunque non saranno più a contatto con i ragazzi. Massima attenzione, poi, alla politica affinché ci sia uno sforzo collettivo per uscire più velocemente dalla crisi. “Il momento che il Paese sta attraversando va affrontato con responsabilità e speranza”, ha detto mons. Crociata. Difesa, poi, della domenica, affinché sia dedicata alla famiglia e non al lavoro. Sul terrorismo, secondo mons. Crociata, serve condannare questi atti di violenza ma bisogna lavorare affinché ci sia un abbassamento del clima della tensione. La Chiesa italiana nei prossimi giorni presenterà alcune iniziative di sostegno alle fasce più deboli della popolazione. Ricordiamo che ieri il presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Angelo Bagnasco, aprendo i lavori dell’assemblea aveva detto che per l’Italia non servono né ricette minimali, né precipitose. Il cardinale Bagnasco aveva anche invitato i partiti a completare le riforme “già impostate“ contro la crisi economica con il massimo dell'equità e del consenso possibile“.

    inizio pagina

    Rapporto Istat: in Italia tempi difficili per giovani e donne

    ◊   Un Paese che non cresce e in cui le disuguaglianze sono in aumento: tra Nord e Sud in termini di ricchezza e nei servizi, tra i giovani e i loro padri e tra uomini e donne per le opportunità di lavoro, tra i ceti sociali nell’istruzione e nell’accesso alle professioni. E’ l’immagine dell’Italia che emerge dal Rapporto Istat 2012 presentato stamani a Roma. Il servizio di Adriana Masotti:

    Nel periodo 2000-2011 con una crescita media annua pari allo 0,4%, l'Italia risulta ultima tra i 27 stati membri dell'Unione europea. Lo rileva l'Istat nel suo ultimo Rapporto annuale. Tra il 1993 e il 2011 le retribuzioni contrattuali in termini reali sono rimaste ferme. Dal 2008, le famiglie vivono una riduzione del potere d'acquisto di circa il 5%. Nel 2010 al Sud risultano povere 23 famiglie su 100, al Nord 4,9. Per quanto riguarda l’occupazione, le cose non vanno bene per i giovani e il peso degli occupati atipici sul totale degli occupati è in aumento. Cresce il numero dei giovani che restano in casa perché senza un lavoro e il 7% di chi resta con i genitori ha tra i 35 e i 44 anni. Molti di più rispetto all’Europa i giovani che non studiano nè lavorano. Nel 2011 erano oltre 2 milioni. Negli ultimi 20 anni il tasso di scolarità è cresciuto così come la percentuale dei diplomati, ma in Italia della generazione nata negli anni '80, appena il 20% dei figli degli operai è arrivato all'università, contro il 61 dei figli delle classi agiate. L'aumento della durata della vita e la bassa fecondità continuano a rendere l'Italia uno dei Paesi più vecchi: per gli uomini una media di 79,4 anni, per le donne di 84,5. A sorpresa le regioni più prolifiche sono quelle del Nord e del Centro. In generale alla crescita demografica contribuiscono soprattutto le donne straniere. In un capitolo dedicato alla qualità dei servizi sanitari, il rapporto Istat sottolinea la disuguaglianza tra le regioni. In coda risultano Campania e Sicilia. E nel Mezzogiorno nel 2009 è calata la spesa per interventi e servizi sociali. Infine circa la criminalità calano gli omicidi, circa 1/3 rispetto a 20 anni fa, ma non quelli in cui le vittime sono donne: ne viene uccisa quasi una ogni due-tre giorni. Forte ancora la disuguaglianza tra i sessi per le minori opportunità di occupazione e i guadagni più bassi delle donne.

    inizio pagina

    Venti anni fa la strage di Capaci. Il procuratore Caselli ricorda Giovanni Falcone

    ◊   Sono venti anni, domani, dalla strage di Capaci, quando la mafia uccise il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e i tre uomini della scorta: Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Ad oggi, si conoscono solo gli esecutori materiali, mancano i nomi dei mandanti e per questo sono ancora in corso le inchieste. L’attentato di Capaci il 23 maggio del 1992, che fu seguito due mesi dopo dall’attentato di via D’Amelio in cui morì il giudice Paolo Borsellino, segnò una reazione popolare senza precedenti e una svolta nella lotta alla mafia. Alle cosche si assestarono colpi durissimi, con arresti eccellenti e condanne, grazie soprattutto a quegli strumenti per i quali i giudici Falcone e Borsellino avevano lottato e perso la vita. Subito dopo le loro uccisioni, arrivò alla Procura di Palermo, Gian Carlo Caselli, oggi procuratore di Torino. Francesca Sabatinelli lo ha intervistato.

    R. - Vent’anni fa, dopo le stragi di Capaci e di Via d’Amelio, il nostro Paese era letteralmente in ginocchio: aspettava di essere "fatto fuori" definitivamente con il “colpo alla nuca”. Non dimentichiamo le parole del grande e del coraggiosissimo Nino Caponnetto (cosiddetto ‘padre del pool antimafia’ ndr), pronunziate subito dopo il funerale di Paolo Borsellino: “E’ tutto finito! Non c’è più niente da fare!”. Caponnetto interpretava il sentimento - se vogliamo lo sconcerto, lo sgomento - di tutti quanti gli italiani.

    D. - Dottor Caselli, cosa è successo poi a Palermo dopo questo momento di disorientamento? Lei nel ’93 divenne procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo…

    R. - Passato questo primo momento pesante, Caponnetto in testa, ci siamo tirati su le maniche. Un biennio - come dire - "magico" di unità nazionale, per quanto riguarda le istituzioni innanzitutto. Praticamente all’unanimità vengono approvate - soltanto dopo le stragi, ma tuttavia approvate - leggi fondamentali per la lotta al crimine organizzato mafioso come quella sui pentiti e quella sul trattamento carcerario di giusto rigore per i mafiosi detenuti, quello che diventerà poi l’articolo 41bis dell’Ordinamento penitenziario. Le nuove leggi conferiscono alle forze dell’ordine e alla magistratura una maggiore efficacia e quindi restituiscono entusiasmo. Al contempo c’è una mobilitazione di popolo per le strade di Palermo, e non solo, che scendendo in piazza - tra le tante, tantissime cose - vuole dire una cosa fondamentale: “Questo nostro è uno Stato democratico, con i suoi limiti e con i suoi difetti. Non vogliamo quel ‘narcoStato’, quello ‘Stato mafia’, in cui lo stragismo di Cosa Nostra vuole farci precipitare”. Invece, di precipitare chissà dove, lentamente, ma significativamente, sempre di più, ci solleviamo e invertiamo la tendenza. Dopo le stragi, abbiamo saputo resistere e resistere nel ricordo, quasi obbligati da un vincolo morale, che Falcone, Borsellino e gli uomini della scorta che erano con loro a Capaci e in via d’Amelio, ci hanno impresso dentro.

    D. – Venti anni fa, all’inizio anni degli Novanta, la Sicilia, Palermo, contavano morti ogni giorno, si sparava per le strade, c’erano le guerre tra i clan, i Corleonesi dettavano legge. Lei ci ha raccontato la ripresa... e oggi?

    R. - Innanzitutto c’è da dire che quando io arrivo a Palermo, la situazione è ancora pesantissima: i “corvi” svolazzano ancora, i veleni permeano ancora il Palazzo di Giustizia. La prima cosa che ho cercato di fare, col concorso di tutti i colleghi, è stata quella di dire ai magistrati della Procura: “Basta con le divisioni. Guardiamo avanti e facciamo squadra”. I risultati che abbiamo ottenuto - e non sono pochi - nascono anche da qua. Sono risultati che hanno dato inizio a una linea di continuità, per quanto riguarda il contrasto all’ala militare di Cosa Nostra, che si è sviluppata ininterrottamente fino ad oggi. Senza dimenticare, però, che le mafie - oltre al profilo gangsteristico - sono anche relazioni esterne e cioè intrecci torbidi con pezzi della politica, dell’economia, della finanza, del mondo degli affari, delle istituzioni. Questa è la spina dorsale del potere mafioso. Quando però fai il tuo dovere – la legge è uguale per tutti e la mafia va affrontata a 360 gradi e non soltanto un pezzo – e ti muovi anche sul versante degli imputati eccellenti, dei livelli che contano, succede sempre qualcosa. E’ successo a Falcone e Borsellino, che sono stati - professionalmente parlando - spazzati via, il pool cancellato e il loro metodo di lavoro vincente azzerato. Questo è puntualmente avvenuto e spiega perché ancora oggi le mafie sono potenti: perché questo versante nevralgico, questo nodo strategico del loro potere, non viene ancora affrontato con la stessa energia, determinazione e continuità, con cui si contrasta l’ala militare.

    D. – Quale aspetto di Giovanni Falcone le viene da ricordare in questo anniversario?

    R. - I ricordi di Falcone e di Borsellino, come uomini e non soltanto come magistrati, si legano soprattutto al periodo in cui ho fatto parte del Consiglio Superiore della Magistratura, dal 1986 al 1990. Il mio ricordo riguarda la dignità, la compostezza, pur nella fermezza delle proprie tesi, con cui Falcone e Borsellino seppero sopportare la frontiera di incomprensione contro le loro buone ragioni che la maggioranza del Csm elevò. Di fronte a questa frontiera d’incomprensione, Falcone e Borsellino seppero reagire sempre con grande compostezza istituzionale, preoccupati soltanto di far valere le loro buone ragioni, che non erano però ragioni personali, corporative, legate ad interessi di bottega: erano le ragioni della democrazia, perché con un’efficiente e efficace lotta antimafia è la democrazia che si difende.

    inizio pagina

    Bambino Gesù: impiantato il più piccolo cuore artificiale del mondo in un bambino di 16 mesi

    ◊   Ha fatto il giro di tutti i continenti la notizia che all'Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma è stato impiantato il più piccolo cuore artificiale del mondo in un bambino di appena 16 mesi: si tratta di un dispositivo di appena 11 grammi. Sull'intervento, unico nel suo genere, ci parla Antonio Amodeo, responsabile dell’Unità di progetto Assistenza Meccanica del Bambino Gesù. L’intervista è di Alessandra D’Angelo:

    R. - E’ la prima volta che viene impiantato su un essere umano il più piccolo cuore artificiale esistente al mondo. Si tratta di un prototipo - che ovviamente non è ancora in commercio, proprio perché prototipo - sperimentato soltanto su banco e su sperimentazione animale. E’ stato impianto in un bambino che, purtroppo, non aveva altre alternative, perché questo bambino aveva un cuore artificiale che aveva avuto un problema di tipo infettivo e non avevamo quindi alternativa: o il bambino andava verso un esito infausto, come purtroppo avviene a questi bambini, o - cosa che abbiamo fatto - abbiamo chiesto di ottenere in maniera del tutto eccezionale, con l’autorizzazione della Fda (Food and Drug Administration) degli Stati Uniti, il cuore artificiale. Lo abbiamo impiantato e questo ci ha permesso di traghettare verso il trapianto cardiaco, che è avvenuto a distanza di due mesi.

    D. - Quali sono i vantaggi della donazione da vivente?

    R. - Il vantaggio ovviamente è che si abbatte la lista di attesa. Questa è la cosa più importante, perché in questo modo una lista di attesa, che normalmente ha una potenzialità più lunga, con i donatori viventi si accelerano molto i tempi dei bambini che sono in attesa.

    D. - Quali sono le prospettive future che possiamo prevedere nel campo dei trapianti?

    R. - Io penso che le prospettive future dovranno orientarsi principalmente sulla ricerca delle staminali, sulla terapia rigenerativa miocardica, parlo per quanto riguarda proprio i trapianti di cuore. Il futuro si sta quindi indirizzando in quella direzione e nella direzione dei device, ossia dei cuori artificiali. Questo permetterebbe di dare una grossa mano alla problematica enorme che c’è, perché le donazioni sono sempre le stesse negli ultimi 10 anni, mentre la popolazione di pazienti che hanno bisogno della terapia sostitutiva sono sempre di più. Quindi la ricerca si andrà a organizzare verso questi due grandi obiettivi.

    D. - A questo proposito vuole lanciare un appello a favore e a sostegno della donazione d’organi?

    R. - Questa è la normalità ed è da anni che noi lo diciamo: è fondamentale - ovviamente - la filosofia della donazione d’organi, perché altrimenti - e questo particolarmente nella popolazione pediatrica - la lista di attesa per un trapianto di cuore di un bambino al di sotto di un anno è di diversi mesi. Potete solo immaginare cosa accade in questi “diversi mesi”.

    La notizia dell’impianto del cuore artificiale è stata data nella Settimana nazionale dedicata alle donazioni e ai trapianti d’organo. Ascoltiamo in proposito Giuseppe Profiti, presidente dell’Ospedale Bambino Gesù, al microfono di Alessandra D’Angelo:

    R. - Nella settimana dei trapianti ci sembrava logico presentare un po’ quello che è l’ospedale nel suo insieme, il modello che rappresenta e poi fare questo ulteriore passo avanti con l’adozione e la sperimentazione di questo cuore artificiale ancora più piccolo di quello che utilizzammo circa due anni fa per la prima volta al mondo. L’ospedale ormai è un modello di riferimento unico in Europa perché assicura tutta la gamma di trapianti, sia di cellule che di tessuti, e all’interno di un ospedale pediatrico, quindi consentendo al bambino, all’adolescente, di fare l’intero percorso molto delicato del pre-trapianto, quindi l’assistenza pre-trapianto, ma soprattutto del post-trapianto, all’interno di una realtà che ha tutte le specialità che supportano pazienti che hanno sempre patologie molto complesse legate a quella del trapianto. Si tratta di una scoperta che ci consente di sopperire a un problema che andiamo generando noi stessi nel senso che più bravi diventiamo più siamo in grado di far sopravvivere bambini che per dimensioni e per età non hanno facilmente un donatore. Quindi – ci chiediamo - è una necessità che la tecnologia si abbini alla capacità clinica per offrire in via permanente oppure soltanto per il tempo necessario a raggiungere l’età e le dimensioni del trapianto? Questo non lo sappiamo, ce lo diranno il futuro e i nostri sforzi, però per consentirci di arrivare a un traguardo dove poi o il traguardo definitivo o l’innovazione tecnologica ci consentirà di avere una vita sempre più simile a quella delle persone normali. Il tutto - e questo mi piace dirlo - all’interno di un ospedale in cui questi processi tecnologici, e della medicina più in generale, non sono fini a se stessi ma sono strumenti all’interno di un quadro etico ben chiaro e ben preciso, strumenti dei quali ci piace pensare di essere “padroni” e quindi sottometterli alla nostra dimensione etica.

    inizio pagina

    Cento anni fa nasceva padre Rotondi, testimone del Vangelo tra i poveri e nei mass media

    ◊   Ricorre oggi il centenario della nascita di padre Virginio Rotondi, gesuita fondatore del Movimento "Oasi" e dell'Istituto secolare "Ancilla Domini". Nel 1971 in Brasile, a Sao Mateus, promosse il “Villaggio Nova Esperança”, una struttura di accoglienza per i bambini poveri provenienti dalla favelas. Ce ne parla Davide Dionisi:

    Quello di padre Virginio Rotondi è stato sicuramente uno spirito innovativo. Quello che colpisce ancora oggi, per chi ha letto la sua biografia, è la grande capacità di rapportarsi con gli avvenimenti del mondo e soprattutto quell’apertura al dialogo che portò dentro le sue trasmissioni radiofoniche. Frequentatore di uomini politici, di spettacolo e lavoratori, il sacerdote conobbe i Papi da Pio XII a Giovanni Paolo II. Raccontò un’Italia di cui lui fu senz’altro un grande protagonista per i suoi rapporti come consigliere di Papa Pacelli e con gli uomini della storia nazionale economica e politica degli anni Cinquanta e Sessanta. Il ricordo di mons. Carlos Alberto Azevedo, delegato del Pontificio Consiglio per la Cultura:

    R. – E’ stato un testimone espressivo della seconda metà del 20.mo secolo, di un’ispirazione cristiana della società, della politica e della cultura come anche della Chiesa. Non ha fatto finta di non vedere i problemi, non fu un indifferente calcolatore ma prese la parola.

    D. - Lo scenario della crisi politica dell'Italia mostra aspetti sempre più preoccupanti. Come avrebbe trattato, in una delle sue consuete rubriche, tali situazioni?

    R. – L’intervento di un "combattente per un tempo nuovo" ci direbbe che non basta la crescita ma, forse, c’è bisogno della decrescita perché il mondo sia salvaguardato, la creazione venga rispettata e la politica sia artefice di una profonda rinnovazione etica e di nuovi orizzonti per il futuro. L’avvenire dell’umanità sarà in pericolo se non si troverà un altro concetto di sviluppo, come il Papa ha ben esposto nella ‘Caritas in veritate’.

    D. - Perché un giovane che vuole far politica o entrare nel mondo dell’informazione dovrebbe conoscere padre Rotondi?

    R. – Perché egli è stato un grandissimo esempio di fedeltà alla Chiesa e di una profonda attenzione al mondo. E’ stato un luminoso ‘sì’, come gli piaceva dire: ‘sì’ all’avvenire dell’umanità, un chiaro ‘sì’ alla santità anche con questi nuovi mezzi, queste nuove tecnologie e queste nuove reti.

    D. - Qual è, secondo lei, l’eredità più importante lasciata da padre Rotondi?

    R. – Una spiritualità molto efficace, questa spiritualità del servizio concreto per amore. L’essere competente e capace, il rimanere molto attento a quello che accade intorno e rispondere che è sempre possibile offrire la vita per tutto quello che si vede. Lascia questa spiritualità efficace, molto attenta alla società ed alla dimensione della politica attuale, che penso sia sempre un moto di novità.

    inizio pagina

    Cannes: storie di dolore e speranza negli ultimi giorni del Festival del cinema

    ◊   Si avvia alla conclusione la 65.ma edizione del Festival del cinema di Cannes. Quanto mai varie le storie raccontate nella rassegna, come ci riferisce dalla città francese, Luciano Barisone:

    Amore, morte, vecchiaia, destino. Negli ultimi due giorni la competizione ufficiale del 65.mo Festival di Cannes si è adeguata al clima, un po’ depressivo, che si respirava nella cittadina balneare, fra la tempesta di vento e pioggia che sconvolgeva la consueta routine mondana e le drammatiche notizie del terremoto che arrivavano dall’Italia.

    Tra i film, che con uguale intensità si consacrano al tramonto della vita, “Amour” di Michael Haneke racconta gli ultimi giorni di una coppia di intellettuali parigini, la cui esistenza felice, fatta di piccoli gesti quotidiani, di concerti di musica classica, di belle letture, di dolci ricordi del tempo passato, viene bruscamente interrotta dall’insorgere della malattia. Jean-Louis Trintignant e Emmanuelle Riva, magnifici interpreti di tanto cinema francese, danno corpo e anima ai due personaggi, lasciati soli al proprio destino. La pazienza, la sofferenza, il rispetto della dignità si leggono in ogni sequenza e Haneke, pur non risparmiando allo spettatore né la decadenza dei corpi né l’incomprensione talvolta cinica e pietosa degli altri, né la quieta disperazione che assale i protagonisti, ci consegna una sequenza memorabile in cui un piccione vola nell’appartamento, l’uomo, ormai solo, lo cattura per sentirne il calore e la vita fa irruzione nel lutto.

    Vira, invece, verso la malinconia di una commedia sulla senilità “Like someone in love” di Abbas Kiarostami. Il cineasta iraniano, che ha scelto il Giappone per raccontare ancora una volta il difficile incedere degli uomini, fra verità e menzogna, segue l’avventura di un vecchio professore e di una giovane escort che ha passato la notte con lui. I due protagonisti, l’uno con tutta l’esperienza della vita vissuta, l’altra con l’incoscienza della gioventù, s’incontrano nell’ipocrisia di chi sa di infrangere dei valori etici ma vuole mantenere la sua rispettabilità. Come sappiamo per antica saggezza, le bugie hanno tuttavia le gambe corte e finiscono sempre per essere smascherate. Kiarostami, che da qualche tempo tenta la carta della leggerezza, ha un po’ perso quella poesia che caratterizzava i suoi paesaggi iraniani. L’abilità registica è sempre presente, ma è come se il soffio che animava i suoi primi film, si fosse un po’ spento.

    Resta invece ancora estremamente lucido, nonostante gli anni, Alain Resnais che con “Vous n’avez encore rien vu” ci consegna una riflessione fra le più originali e anticonformiste, su cinema e teatro, arte e vita, amore e morte. Unendo in un’unica forma filmica due testi teatrali di Jean Anouilh, il cineasta francese crea un dispositivo speculare vertiginoso. Un regista teatrale convoca alle sue disposizioni testamentarie tutti i consumati attori delle sue opere e chiede loro di misurarsi ancora una volta con i personaggi da loro interpretati, giudicando la rappresentazione di una compagnia di giovani attori.

    Seduti di fronte alla scena, alle prese con i sentimenti che li hanno animati, i corpi usati dei vecchi attori rimano con quelli dei loro più giovani colleghi e arte e vita celebrano un incontro di grande intensità emotiva.

    Se le storie di Haneke, Kiraostami e Resnais propendono per la malinconia, molto più energici e improntati alla speranza appaiono due film delle sezioni collaterali del Festival, come “Children of Sarajevo” di Aida Begic e “Rengaine” di Rachid Djiadani. Nel primo la regista bosniaca traccia il ritratto di una generazione perduta, quella degli orfani della guerra civile, in un paese che è ricaduto in ostaggio degli antichi vizi, il disprezzo dell'altro e la corruzione. Seguendo con una prossimità al tempo stesso fisica e emotiva la sua protagonista, la Begic non si perde in inutili ghirigori di sceneggiatura e va dritta all'essenziale, la riconquista della dignità da parte dei vinti. Djiadani, già attore di Peter Brook, scrittore e documentarista esemplare, mette invece in scena le complicazioni di un melting pot parigino fra algerini attaccati alla tradizione e giovani africani, raccontando la storia di un amore contrastato, che infine trionferà. Girato fra mille difficoltà in tutta indipendenza nell’arco di quattro anni, il film ha un’energia trascinante, degli ottimi attori e un ottimismo contagioso. Il pubblico se ne è nutrito acclamandolo come la grande sorpresa del festival. In attesa dei film che concluderanno la rassegna anche noi ci uniamo a un tale sentimento di gratitudine.

    inizio pagina

    Nella Chiesa e nel mondo



    “Un futuro senza fame”: a Vienna congresso di "Caritas Internationalis"

    ◊   “Un futuro senza fame”: questo il tema del congresso sulla fame nel mondo e la sicurezza alimentare sostenibile organizzato da Caritas Internationalis per l’1 e 2 giugno prossimi a Vienna. “925 milioni di persone sulla terra soffrono la fame – informa una nota – ed ogni 12 secondi un bambino muore di fame”. Ma la Caritas Internationalis ribadisce: “La fame non è un evento naturale, bensì ha cause sociali, politiche ed economiche”. Non solo: “Si tratta di una tragedia globale, ancora più grave perché è evitabile”. L’obiettivo del congresso, prosegue la nota, è quello di “unire autorità pubbliche, accademici, giornalisti, rappresentanti della società civile nella lotta contro la fame in tutto il mondo”. Il programma dei lavori prevedere l’esame di tutte le attuali sfide della sicurezza alimentare: le cause croniche della fame nel mondo, il mercato agricolo globale, i conflitti armati, l’efficacia degli aiuti allo sviluppo, la speculazione sui prezzi alimentari, gli espropri terrieri e gli agro-carburanti, i cambiamenti climatici, le produzioni e gli sprechi alimentari, gli stili di vita sostenibili. Ad aprire il congresso sarà Erny Gillen, presidente di Caritas Europa, seguito dal cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna, e da Heinz Fischer, presidente dell’Austria. Quindi, prenderà la parola il cardinale Oscar Andrès Rodríguez Maradiaga, presidente di Caritas Internationalis, che pronuncerà un intervento sul tema: “Riflessioni etiche. Perché la lotta contro la fame nel mondo deve essere una delle principali priorità?”. Ulteriori sessioni dei lavori saranno incentrate sugli obiettivi per lo sviluppo del millennio che al primo posto si propongono di dimezzare la fame nel mondo entro il 2015; gli effetti della globalizzazione sul mercato agricolo; il dramma dei conflitti armati sul pianeta, raddoppiatisi nel giro di dieci anni; i diritti fondamentali delle donne, spesso tra le principali vittime della fame a causa di discriminazioni. Prevista la partecipazione di esponenti della Fao e delle Caritas di diverse parti del mondo. (I.P.)

    inizio pagina

    Siria: manifestanti uccisi dalla polizia all’arrivo degli osservatori Onu ad al Busaira

    ◊   Nuove violenze nella Siria orientale, questa volta davanti agli occhi degli osservatori internazionali inviati dall’Onu. A riferirlo, fonti anti-regime. Secondo la ricostruzione, la polizia siriana ha aperto il fuoco nella provincia di Deir al-Zor, uccidendo due manifestanti e ferendone altri cinque. Nella zona, la folla era accorsa ad accogliere gli inviati delle Nazioni Unite. ''Appena il convoglio dell'Onu ha fatto ingresso ad al Busaira, in centinaia sono accorsi ad accoglierli. Immediatamente dopo è stato aperto il fuoco'', ha detto Abu Laila dell'esercito libero siriano ad al Busaria. Intanto i Comitati locali di coordinamento dell'opposizione segnalano nuovi bombardamenti con mortai da parte delle forze governative sul distretto di Qosour, a Homs. Solo ieri erano state 33 le persone uccise nella repressione, con 11 vittime nella sola provincia di Hama. (G.A.)

    inizio pagina

    Mali: appello del governo alla fine delle violenze, dopo l’aggressione al presidente Traoré

    ◊   Il presidente ad interim del Mali, Dioncounda Traoré, aggredito e ferito ieri nel suo ufficio di Koulouba, nei pressi di Bamako, da manifestanti ostili alla sua salita al potere, è stato dimesso in serata dall'ospedale. Gli accertamenti non hanno evidenziato ''lesioni gravi'', secondo quanto riferito da fonti mediche. Secondo la ricostruzione dell’accaduto, ad aggredire Traoré sarebbero stati alcuni sostenitori dei militari golpisti che avevano organizzato un corteo, all’indomani dalla firma a Bamako di un accordo tra gli autori del colpo di Stato di marzo e la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas/Cedeao), che prevede la permanenza al potere di Traoré per un anno. Un appello a porre fine alle manifestazioni di protesta – riferisce la Misna - è stato rivolto dal governo del Mali alla popolazione. “Chiedo ai manifestanti - ha detto il primo ministro Chieck Modibo Diarra dai microfoni della televisione di Stato - di non protestare di nuovo: gli atti di vandalismo e i saccheggi non aiuteranno la ricostruzione del Paese”. In una nota i golpisti hanno condannato l’aggressione al presidente senza però chiedere la fine delle manifestazioni in loro sostegno. (G.A.)

    inizio pagina

    Africa australe: per le prossime elezioni i vescovi invocano più democrazia

    ◊   Nei prossimi mesi diversi Paesi dell’Africa meridionale, tra i quali l’Angola, lo Zimbabwe e il Madagascar, andranno alle urne. In vista di questa importante tornata elettorale, l’ Assemblea interregionale dei vescovi dell'Africa del Sud (Imbisa), che raggruppa le Conferenze episcopali di Angola e Sao Tomé, Botswana, Sudafrica e Swaziland, Lesotho, Mozambico, Namibia e Zimbabwe, ha diffuso una nota per chiedere ai governi di questi Paesi di garantire processi elettorali pacifici e alla Comunità di sviluppo dell'Africa australe (Sadc) di controllare la regolarità del voto. A muovere i presuli è la preoccupazione del ripetersi delle violenze, del clima di insicurezza e intimidazione che hanno purtroppo segnato la storia delle elezioni in tanti Paesi dell’Africa post-coloniale ostacolandone la democratizzazione. Solo una maggiore democrazia, sottolinea la nota, “può aiutare le nostre società a difendere e a promuovere la dignità di tutte le persone e a realizzare i valori e i principi della Dottrina sociale della Chiesa”. I vescovi rilevano che nei Paesi dell’Africa australe i processi elettorali sono lontani dal garantire pienamente “le vite e la dignità di ogni persona”. Né tantomeno – aggiungono – questi processi vengono condotti “nello spirito del bene comune, di fraterna solidarietà e con un’opzione preferenziale per chi è impoverito ed emarginato dai nostri sistemi politici, economici e sociali”. Per i vescovi dell’Imbisa c’è ampio spazio per migliorare, a condizione che le società dell’Africa australe lavorino “per eliminare la violenza politica, l'emarginazione economica e la mancanza di rispetto culturale delle persone”. La nota ricorda in proposito il forte appello rivolto dal secondo Sinodo per l'Africa ai governi africani perché promuovano la sicurezza della vita e della proprietà, la cui mancanza è all’origine dell’emigrazione e della fuga di cervelli dai Paesi africani che a sua volta alimentano in un circolo vizioso la loro povertà. L’Imbisa, da parte sua, ribadisce l’impegno a sostenere attivamente questo processo di democratizzazione dei Paesi dell’Africa meridionale, nella convinzione che “la Chiesa possa contribuire con i suoi valori” a consolidare e a migliorare i processi elettorali democratici nella regione. A questo scopo essa si rivolge in particolare ai media affinché “aiutino i cittadini ad informarsi sulle realtà sociali e politiche e li incoraggino a partecipare alla vita democratica dei propri Paesi”. La nota conclude quindi con una appello ai fedeli “a pregare per la giustizia, la pace e la promozione di una cultura democratica nella regione”. (L.Z.)

    inizio pagina

    Kenya: seminario dei vescovi dell'Africa orientale sull'"Africae Munus"

    ◊   Riflettere sulle strategie della comunicazione più idonee all’attuazione dell’Africae Munus, l’esortazione apostolica post-sinodale siglata da Benedetto XVI nel novembre 2011: con questo obiettivo, si è aperto oggi a Nairobi, in Kenya, un seminario organizzato dall’Amecea, l’Associazione dei membri delle Conferenze episcopali dell’Africa orientale. I lavori, che proseguiranno fino a venerdì 25, vedranno la partecipazione di esponenti provenienti dalle Chiese di Kenya, Tanzania, Uganda, Etiopia, Sudan, Zambia, Eritrea, Malawi, Somalia e Gibuti. Al centro dell’incontro, in particolare, i temi della riconciliazione, giustizia e pace, già linee-guida del secondo Sinodo speciale per l’Africa, svoltosi nel 2009. Come afferma padre Philip Odii, segretario generale delle Comunicazioni sociali per la Chiesa in Uganda, “lo scopo dell’incontro di Nairobi è quello di condividere le idee su come le popolazioni possano promuovere riconciliazione, giustizia e pace nelle proprie regioni, guardando al documento pontificio come ad una guida”. “I delegati al seminario – continua padre Odii – discuteranno apertamente a favore di un’economia regionale che si prenda cura dei poveri e si opponga risolutamente ad un sistema ingiusto che, con il pretesto di ridurre la povertà, ha spesso contribuito ad aggravarla”. Quindi, il segretario generale delle Comunicazioni sociali ugandese ribadisce: “Dio ha dato all’Africa risorse naturali notevoli. Considerata la povertà cronica della popolazione del continente, che subisce gli effetti dello sfruttamento e dell’appropriazione indebita dei fondi a livello sia locale che estero, l’opulenza di alcuni gruppi sconvolge le coscienze”. Per questo, sottolinea padre Odii, “la Chiesa deve parlare contro un sistema ingiusto che impedisce alle popolazioni africane di consolidare l’economia del Paese e di svilupparsi secondo le proprie caratteristiche culturali”. Ricordando che “spetta alla Chiesa battersi affinché ogni persona possa essere protagonista del proprio progresso economico e sociale”, padre Odii punta il dito contro gli uomini d’affari, i governi e i gruppi finanziari che sfruttano le risorse naturali, inquinando l’ambiente e causando la desertificazione. Durante i lavori del seminario, quindi, ampio spazio sarà dato anche alla gestione dell’ecosistema e alla conseguenta sopravvivenza dell’umanità. D’altronde, come si legge nell’Africae Munus, conclude il religioso ugandese, “la Chiesa in Africa è chiamata ad incoraggiare i leader politici a tutelare beni fondamentali come l’acqua e la terra sia per gli uomini di oggi che per le generazioni future”. (I.P.)

    inizio pagina

    Angola: continuano violenze e torture contro le donne immigrate

    ◊   Sono tante le donne e le giovani clandestine in Africa, spesso detenute insieme con i propri figli prima di essere deportate, a subire abusi sessuali, compresi violenze di massa, sfruttamento sessuale e obbligo di assistere agli abusi commessi contro altre donne. Il rapporto “Se rientrano li ammazziamo: Violenza sessuale e altri abusi contro i migranti congolesi nel corso delle espulsioni dall’Angola”, appena reso noto dall’organizzazione umanitaria Human Rights Watch (Hrw), denuncia le violenze attuate dalle Forze di sicurezza dell’Angola contro gli immigrati congolesi. Si tratta di pratiche abituali nel corso delle retate portate a termine per identificare i migranti senza documenti di riconoscimento. La maggior parte di questi - riporta l'agenzia Fides - arrivano in Angola per lavorare nelle miniere di diamanti o in semplici mercatini. Dal 2003 quasi ogni anno sono stati espulsi dal Paese immigrati irregolari. Nel 2011, secondo le stime delle Nazioni Unite, sono stati 100.000. Gli abusi e le torture più gravi sono stati registrati nelle carceri. (R.P.)

    inizio pagina

    L'Alto commissario Guterres condanna l'uccisione di un operatore dell' Onu in Congo

    ◊   L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati António Guterres ha espresso grande tristezza per l'uccisione di un membro del personale Unhcr, morto sabato mattina a Goma, nell'est della Repubblica Democratica del Congo. Rocky Kalume Makabuza ha riportato ferite d’arma da fuoco allo stomaco in un attacco compiuto da ignoti presso la sua abitazione venerdì sera. Rocky, 38 anni, era un assistente alla sicurezza sul campo presso l’ufficio Unhcr a Rutshuru. Dopo la sparatoria è stato portato in ospedale ma non è riuscito a sopravvivere alle ferite. Non sono stati accertati né le identità dei suoi aggressori né i motivi dell’attacco. "Deploro l’uccisione di un collega ed offro le mie più sincere condoglianze alla sua famiglia. Non sappiamo chi sia il responsabile della morte di Rocky e perché lo abbia ucciso. Mi auguro che le autorità facciano del loro meglio per indagare sull'incidente e assicurare i responsabili alla giustizia", ha detto Guterres. Rocky lavorava per l’Unhcr dal 2009 e lascia la moglie e tre figli. (R.P.)

    inizio pagina

    Pakistan. Il presidente Zardari: “Mai più abusi della legge sulla blasfemia”

    ◊   Condannare estremismi e intolleranze religiose e al tempo stesso promuovere una “cultura dell’armonia”. È quanto ribadito dal presidente del Pakistan, Asif Ali Zardari, in occasione dell’incontro, nei giorni scorsi, con padre Robert McCulloch, della Società di San Colombano per le missioni estere, per oltre 30 anni missionario nel Paese, oggi Procuratore generale della sua congregazione. Come si apprende dall’agenzia Fides, il presidente Zardari ha assicurato che il governo non permetterà a nessuno di abusare della “legge sulla blasfemia” e di usarla contro le minoranze o le fasce più vulnerabili della società:; il capo dello Stato ha pure detto che sta promuovendo il dialogo interreligioso; il governo ha inoltre adottato “importanti misure per assicurare la protezione delle minoranze”, fra cui l’aumento del numero di seggi in Senato. Il presidente pakistano ha infine mostrato apprezzamento per l’opera della comunità cristiana nel processo di sviluppo socioeconomico e culturale del Paese. “I cristiani - ha rimarcato - hanno offerto un significativo contributo nella formazione e nei settori della sanità e dell’istruzione. Padre McCulloch, insignito nell’aprile scorso della più alta onorificenza civile esistente in Pakistan, ha assicurato la sua piena collaborazione agli sforzi del governo per promuovere l’armonia interreligiosa. (G.M.)

    inizio pagina

    Celam: un video denuncia l’assassinio di 22 giornalisti in America Latina

    ◊   In occasione della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 2012, il dipartimento Comunicazione e Stampa del Consiglio episcopale latinoamericano (Celam) ha realizzato un video, pervenuto all’agenzia Fides, che ha come titolo il tema stesso della Giornata: “El silencio y la Palabra”. Il video, che riprende le parole del messaggio del Papa “Silenzio e Parola. Cammino di evangelizzazione”, presenta immagini di persone che gridano e di altre che appaiono con la bocca chiusa, coperta da un nastro adesivo o da un fazzoletto, impossibilitate quindi a far sentire la propria voce. Alternati alle immagini, alcuni slogan. Quindi l’elenco dei Paesi dell’America Latina dove 22 giornalisti sono stati assassinati nel 2012: 9 in Messico, 6 in Brasile, 2 in Bolivia, 3 in Honduras, 1 in Argentina e un altro in Colombia. Più voci di condanna si sono levate chiedendo di fermare definitivamente questa violenza che ogni giorno accresce il numero delle vittime e delle famiglie in lutto. Secondo Alison Bethel McKenzie, direttrice dell’International Press Institute (Ipi), il motivo per cui si vogliono far tacere i giornalisti è proprio il loro “prezioso lavoro”. Solo due giorni fa, l’arcidiocesi di Mexico ha deplorato i massacri, denunciando che “i messicani stanno cominciando ad abituarsi, perdendo la capacità di indignazione e la voglia di chiedere giustizia”. Nel 2011 il Messico è stato il Paese con il maggior numero di giornalisti assassinati. Secondo l’ultimo rapporto Ipi, dal 2006 ne sono stati uccisi 53. (G.M.)

    inizio pagina

    Anche in cinese la lettera apostolica "Porta Fidei" sull’Anno della Fede indetto dal Papa

    ◊   Alla vigilia della Giornata mondiale di preghiera per la Cina - giovedì prossimo nella memoria liturgica della Beata Vergine Maria, Aiuto dei Cristiani, molto venerata nel Santuario di Sheshan, vicino Shanghai - la Conferenza episcopale regionale di Taiwan ha pubblicato in cinese il testo integrale della "Porta Fidei", la Lettera apostolica che Benedetto XVI ha diffuso per lanciare l'Anno della Fede. Lo rende noto l’agenzia Asianews, ricordando che la Giornata di preghiera è stata voluta dal Papa nel 2007. L’Anno della Fede - dal prossimo 11 ottobre, 50.mo anniversario dell'apertura del Concilio Vaticano II al 24 novembre 2013, solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell'Universo - sarà occasione, nelle intenzioni del Pontefice, per riscoprire " la gioia ed il rinnovato entusiasmo dell'incontro con Cristo". E questo soprattutto per i cristiani che si danno "maggior preoccupazione per le conseguenze sociali, culturali e politiche del loro impegno, continuando a pensare alla fede come un presupposto ovvio del vivere comune", mentre invece "questo presupposto non solo non è più tale, ma spesso viene perfino negato". Un sacerdote cinese ha dichiarato ad Asianews che "la riscoperta della fede e la testimonianza anche pubblica e il legame col Papa sono fondamentali per ravvivare le comunità in Cina. L'Anno della Fede non è solo in funzione del mondo occidentale secolarizzato, ma - ha concluso - è anche per noi, che talvolta riduciamo la fede a qualche sentimento pio, senza incidenza nella ragione e nella vita". (G.A.)

    inizio pagina

    Croazia. Giustizia e Pace: no all'aumento dei prezzi dell’acqua, diritto fondamentale

    ◊   L’acqua è un diritto fondamentale, no al rincaro dei servizi energetici: questo, in sintesi, l’appello lanciato dalla Commissione Giustizia e Pace della Conferenza episcopale croata, al termine di una riunione svoltati a Zagabria nei giorni scorsi. In un comunicato diffuso a conclusione dei lavori, si legge che “la Commissione esprime preoccupazione per l’aumento dei prezzi dei servizi energetici, in particolare dell’acqua, che è un requisito fondamentale per la vita”. Di qui, l’esortazione che i vescovi fanno affinché almeno l’accesso minimo sociale a tale servizio sia fornito gratuitamente, per due motivi: perché l’accesso all’acqua “è inseparabile dal diritto umano fondamentale alla vita” e perché “la Croazia appartiene al circuito di Paesi con maggiori riserve idriche”. Tra gli altri punti all’ordine del giorno, la difesa della vita: in quest’ottica, Giustizia e Pace invita tutti i fedeli a firmare, domenica prossima 27 maggio, una dichiarazione per la protezione della vita umana nascente e dei diritti del bambino. “Alla luce dei valori della giustizia e della pace – continua il comunicato – la Commissione ha esaminato anche i problemi riguardanti la riforma della pubblica amministrazione, la tutela dei beni pubblici e dei settori vitali per l’economia, con particolare attenzione alla necessità di un’amministrazione statale efficiente, professionale e competitiva, alla conservazione delle risorse naturali e ad un sistema di benefici per i cittadini”. A tal proposito, la Commissione annuncia la prossima pubblicazione di una dichiarazione sulla tutela dell’interesse pubblico e sull’inalienabilità della pubblica proprietà. Infine, Giustizia e Pace ribadisce l’importanza di commemorare il massacro di Bleiburg del 1945, durante il quale le milizie di Tito uccisero numerosi croati: “Bleiburg è un simbolo della sofferenza che il terrore comunista ha provocato alla Croazia – scrivono i vescovi – sia alla fine della seconda guerra mondiale che nel periodo post-bellico”. Da ricordare, inoltre, che nei giorni scorsi il vescovo di Dubrovnik, mons. Mate Uzinić, ha ricevuto il presidente della Repubblica croata, Ivo Josipović: “Nel corso dei cordiali colloqui – informa una nota della Conferenza episcopale - sono stati affrontati questioni ed argomenti riguardanti la vita sociopolitica del Paese ed è stato discusso il contributo, il ruolo ed il compito della Chiesa cattolica nel Paese, in favore del dialogo ecumenico e dell’impegno per la pace e della riconciliazione”. Lo Stato e la Chiesa, quindi, si sono detti d’accordo nell’agire, a tutti i livelli, per “superare le divisioni presenti nella società croata” e per “costruire nuove fondamenta per un futuro migliore” dell’intera nazione. (I.P.)

    inizio pagina

    Polonia: giornata di preghiera e digiuno per la Chiesa cattolica in Sudan

    ◊   “Vogliamo pregare in modo particolare per la pace tra Sudan e Sud Sudan e per il miglioramento della situazione dei cristiani sudanesi”. Così all’Agenzia Fides, padre Tomasz Atlas, direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie in Polonia, nell’informare che il 28 maggio si terrà la Giornata di preghiera e digiuno per la Chiesa cattolica in Sudan. La proposta è già largamente diffusa nelle diocesi e nelle congregazioni religiose polacche. Intanto, l’Associazione cattolica dei giornalisti della città di Lódź, in collaborazione con alcune parrocchie del Paese, ha promosso la raccolta di carta straccia, giornali, opuscoli, volantini per finanziare la costruzione di pozzi in Sud Sudan. “Ogni parrocchia dovrebbe essere sensibile alle missioni della Chiesa” ha detto a Fides don Janusz Wojtyla, parroco dei Santi Apostoli Pietro e Paolo a Czestochowa, dove si sta svolgendo l’iniziativa con il contributo di volontari e di membri dell’Ordine Francescano Secolare. “Vogliamo partecipare a questa opera missionaria che aiuterà i fedeli del Sud Sudan. Non c’è bisogno di fare grandi cose, a volte bastano piccoli gesti che ci uniscono nella missione”. (G.M.)

    inizio pagina

    Terra Santa: inaugurato il nuovo monastero benedettino di Tabgha

    ◊   A Tabgha, in Terra Santa, il cardinale Joachim Meisner, arcivescovo di Colonia e presidente del ‘Deutscher Verein vom Heiligen Land’, ha inaugurato la scorsa settimana, il nuovo monastero benedettino tedesco. La comunità benedettina di Tabgha dipende da quella della Dormizione di Gerusalemme; è nata nel 1939 e proprio ai monaci tedeschi si deve, nella cittadina che avrebbe fatto da sfondo al miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, la ricostruzione nel 1982 della bella basilica-santuario, decorata con mosaici, che ricorda il prodigio narrato nei Vangeli di Matteo, Marco e Giovanni. La cerimonia per la benedizione del nuovo monastero, riferisce il portale www.lpj.org, è iniziata con una Messa concelebrata dal patriarca emerito, Michel Sabbah e da mons. Giacinto-Boulos Marcuzzo, vicario patriarcale latino per Israele. Erano presenti tra gli altri anche mons. Antonio Franco, nunzio apostolico in Israele e l’abate Gregory Collins della Dormizione. Non ha potuto prendere parte alla cerimonia il patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal, in visita a Crotone, in Italia, per la festa della Madonna di Capocolonna. “La presenza dei benedettini tedeschi in Terra Santa è un dono prezioso di Dio alla nostra Chiesa. Si tratta di un vero tesoro per la Chiesa di Gerusalemme”: ha scritto il patriarca nella presentazione di un libro sulla storia di Tabgha distribuito e venduto per l’occasione. Dopo la celebrazione, nel chiostro del nuovo monastero, si è svolto un momento di preghiera, seguito da diversi discorsi ufficiali, quindi la cerimonia è proseguita nel giardino, accanto all’acqua alimentata dalle sette famose fonti di Tabgha che hanno dato il nome alla stessa cittadina. Tabgha deriva infatti da un termine greco che significa “sette sorgenti”. (T.C.)

    inizio pagina

    Guinea Conakry: è on line il primo sito dedicato alle donne

    ◊   E’ composto da una redazione di giovani giornaliste, attiviste e esponenti della società civile il sito internet www.femmedeguinee.com dedicato interamente alle donne della Guinea per promuoverne il ruolo, favorirne l’emancipazione e la presenza nella vita pubblica del Paese. Ne dà notizia l’agenzia Misna. “Si tratta di uno spazio espressamente dedicato alle donne e agli argomenti che le riguardano”, informa una redattrice da Conakry. Il sito ospita tra l’altro una rubrica dal titolo ‘Pioniere’, dedicata alle cittadine guineane e non solo che si sono distinte, in patria e all’estero, per capacità e iniziative. Il profilo di questa settimana è dedicato a Fatou Bensouda, prima donna gambiana eletta procuratore alla Corte penale internazionale. On line anche articoli e sezioni dedicate a moda ed estetica, ma la maggior parte delle news riguarda l’attualità economica e politica. Il linguaggio è semplice e diretto. “E’ uno spazio - spiega la direttrice editoriale, Aisha Kader - in cui le donne della Guinea e dell’Africa possono confrontarsi, parlare di sé o semplicemente far sentire la loro voce”. (G.A.)

    inizio pagina

    Cascia celebra Santa Rita e tre donne che ne hanno imitato le virtù

    ◊   La cittadina di Cascia, in Umbria, celebra oggi la sua patrona Santa Rita, monaca agostiniana, vissuta fra il XIV e XV secolo. Morta il 22 maggio del 1457, all’età di 76 anni, è nota come “santa dei casi impossibili”, a lei infatti viene chiesta l’intercessione in circostanze particolarmente difficili. Stamattina, nella basilica a lei dedicata, dove si conservano le sue reliquie, è stato celebrato il solenne pontificale al quale sono seguite la benedizione delle rose – i fiori che simboleggiano la taumaturga e la sua esperienza di vita – e la supplica. Ieri sera la suggestiva fiaccolata con l’arrivo della delegazione di Santa Cruz, la città gemellata quest’anno con Cascia. Nel pomeriggio, invece, al termine della celebrazione del transito, si è svolta nella basilica la consegna del Riconoscimento internazionale Santa Rita, la pergamena conferita ogni anno a tre donne portatrici del messaggio ritiano nel mondo: spose, madri, vedove, consacrate o laiche che come Santa Rita hanno sposato la causa della giustizia, della pace, del perdono, della solidarietà, della famiglia dell’infanzia, dei poveri. Le “Rite” di oggi sono Carolina Porcaro, madre di un diciassettenne ucciso da un coetaneo; Nicoletta Bernardi, esempio di donna mite che ha saputo affrontare con serenità problemi e situazioni critiche; Anna Maria Landini, che ha reso le difficoltà della sua vita il motore di innumerevoli attività caritative. Il Riconoscimento vuole rilanciare, in particolare in questo tempo di crisi etica dell’uomo, il messaggio 'ritiano' dell’umiltà cristiana, della speranza, della gioia, del perdono e della pace. Le celebrazioni 'ritiane' si concludono questo pomeriggio, alle 18, con una liturgia eucaristica. (T.C.)

    inizio pagina

    Foggia: prima via intitolata al ministro cattolico Shahbaz Bhatti

    ◊   È stata inaugurata il 19 maggio a Foggia la prima strada al mondo intitolata a Shahbaz Bhatti, il ministro cattolico delle minoranze religiose, assassinato un anno fa a Islamabad. Erano presenti le più alte autorità civili e religiose e il fratello di Shahbaz, Paul Bhatti, Consigliere speciale del primo ministro pakistano per l’Armonia interreligiosa. “La Chiesa locale ha promosso l’iniziativa, insieme ad altre associazioni del mondo del volontariato” spiega all’agenzia Fides don Stefano Caprio, responsabile dell’Ufficio per l’ecumenismo dell’arcidiocesi Foggia-Bovino. “Ricordare Bhatti - continua - è un’occasione di evangelizzazione e di impegno civile: la sua figura unisce la profonda fede alla lotta per la libertà religiosa e per i diritti di tutti”. La cappellania universitaria di Foggia ha istituito, inoltre, una borsa di studio dedicata alla memoria di Shahbaz, di cui potrà beneficiare uno studente universitario pakistano, scelto dalla fondazione avviata dal fratello Paul. Quest’ultimo ha partecipato ad un convegno su “Dialogo e ruolo delle minoranze” ed ha incontrato studenti e docenti di varie scuole della città pugliese. Tali iniziative sono state realizzate grazie all’impegno dell’associazione “Archè” del professor Lorenzo Scillitani, docente all’ateneo foggiano e facente parte dell’Associazione pakistani cristiani in Italia. (G.M.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 143

    inizio pagina
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.org/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Barbara Innocenti.