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Sommario del 20/05/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • "Vile attentato" a Brindisi. Al Regina Caeli, la preghiera di Benedetto XVI per Melissa, vittima di "brutale violenza", e la vicinanza ai terremotati in Emilia Romagna
  • Dolore per l'attentato a Brindisi e per il terremoto in Emilia Romagna. Il cardinale Bertone non assisterà alla finale di Coppa Italia
  • In Aula Paolo VI, il Movimento per la vita italiano ha lanciato l'iniziativa "Uno di noi"
  • Mons. Celli: nell’odierna Giornata Mondiale delle Comunicazioni sociali, riflettiamo sul silenzio
  • Il cardinale Vegliò con i rifugiati di Narni: “emigrare non è mai indolore”
  • Oggi in Primo Piano

  • Indagini Brindisi: prevale l'ipotesi di un gesto individuale, c'è l'identikit dell'autore
  • Sei morti e una cinquantina di feriti il bilancio del terremoto in Emilia Romagna
  • Al G8 accordo su economia e crescita. Al via il vertice Nato
  • Presidenziali in Repubblica Dominicana, dove l’economia cresce con i traffici di droga
  • Antipolitica: sotto accusa non i movimenti ma il sistema Europa dominato dalla finanza
  • Libertà religiosa ancora da tutelare in Nepal
  • Dal dolore alla speranza: l’esperienza di un’associazione romana per i bambini malati di leucemia
  • Italia. Oggi la Giornata del malato oncologico. Con noi il prof. De Lorenzo
  • Guadagnuolo a Roma, a Santa Maria delle Grazie alle Fornaci: "dipingere è una preghiera silenziosa"
  • I problemi della società nel film “Tutti i nostri desideri” di Philippe Lioret
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • India: la missione dei gesuiti tra i tribali Katkari
  • Australia: a Pentecoste inizia l’Anno di Grazia, per “Ripartire da Cristo”
  • African Day: garantire alle mamme e ai bambini africani il diritto alla salute
  • Sri Lanka: dopo 30 anni di guerra civile mancano all’appello oltre 5.500 persone
  • Onu: la violenza in America Latina minaccia la stabilità sociale
  • 1150° Santi Cirillo e Metodio: conferenza internazionale a Roma
  • Paraguay: pannelli solari portano internet nelle scuole senza elettricità
  • Italia: affluenza in calo al secondo turno delle amministrative
  • Serbia: ballottaggio per le presidenziali, favorito Tadic
  • Con "Reality" di Matteo Garrone, prosegue il Festival di Cannes
  • Il Papa e la Santa Sede



    "Vile attentato" a Brindisi. Al Regina Caeli, la preghiera di Benedetto XVI per Melissa, vittima di "brutale violenza", e la vicinanza ai terremotati in Emilia Romagna

    ◊   Il dolore per il “vile attentato” di ieri alla scuola di Brindisi e la preghiera per le “care” popolazioni dell’Emilia Romagna colpite stanotte dal terremoto. Il pensiero del Papa al Regina Caeli è andato agli ultimi tragici fatti in Italia. Benedetto XVI ha anche riflettuto sul significato dell’Ascensione del Signore, che in molti Paesi viene celebrata oggi. Quindi il Pontefice ha menzionato l’odierna Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, salutando inoltre i cattolici in Cina in vista - giovedì - della memoria liturgica della Beata Vergine Maria, particolarmente venerata a Shanghai. Infine un saluto al Movimento per la Vita italiano, riunito in Aula Paolo VI, per continuare a sostenere la “cultura della vita”, e ai pellegrini presenti in Piazza San Pietro. Il servizio di Giada Aquilino:

    L’attualità, quella che ha racchiuso l’Italia nel dolore più profondo, ha contraddistinto le parole di Benedetto XVI, oggi nella preghiera del Regina Caeli in Piazza San Pietro:

    “Qui oggi devo purtroppo ricordare le ragazze e i ragazzi della scuola di Brindisi, coinvolti ieri in un vile attentato. Preghiamo insieme per i feriti, tra cui alcuni gravi, e specialmente per la giovane Melissa, vittima innocente di una brutale violenza e per i suoi familiari, che sono nel dolore”.

    A colpire, tra i fedeli presenti, la commozione generale e gli striscioni verdi, con la scritta: “Ciao Melissa”. L’“affettuoso” pensiero del Papa è andato poi “alle care popolazioni dell’Emilia Romagna colpite poche ore fa da un terremoto”:

    “Sono spiritualmente vicino alle persone provate da questa calamità: imploriamo da Dio la misericordia per quanti sono morti e il sollievo nella sofferenza per i feriti”.

    Nella preghiera mariana, il Pontefice si è soffermato sull’Ascensione di Gesù al cielo, cioè il ritorno di Cristo “al Padre, dal quale era stato mandato nel mondo”. Essa segna “il compiersi della salvezza iniziata con l’Incarnazione”: come per noi Gesù “è disceso dal cielo e per noi ha patito ed è morto sulla croce, così per noi è risorto ed è risalito a Dio, che perciò non è più lontano, ma è Dio nostro, Padre nostro”. Quindi l’Ascensione è - ha spiegato il Santo Padre – “l’ultimo atto della nostra liberazione dal giogo del peccato”:

    “L’Ascensione ci dice che in Cristo la nostra umanità è portata alle altezze di Dio; così, ogni volta che preghiamo, la terra si congiunge al Cielo. E come l’incenso, bruciando, fa salire in alto il suo fumo di soave odore, così, quando innalziamo al Signore la nostra fervida e fiduciosa preghiera in Cristo, essa attraversa i cieli e raggiunge il Trono di Dio, viene da Lui ascoltata ed esaudita”.

    Il Papa ha poi voluto ricordare l’odierna Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, sul tema ‘Silenzio e Parola: cammino di evangelizzazione’:

    “Il silenzio è parte integrante della comunicazione, è un luogo privilegiato per l’incontro con la Parola di Dio e con i nostri fratelli e sorelle. Invito tutti a pregare affinché la comunicazione, in ogni sua forma, serva sempre ad instaurare con il prossimo un dialogo autentico, fondato sul rispetto reciproco, sull’ascolto e la condivisione”.

    Il pensiero del Pontefice è poi andato ai cattolici in Cina: giovedì prossimo ricorre infatti la memoria liturgica della Beata Vergine Maria, Aiuto dei Cristiani, “venerata con grande devozione - ha ricordato - nel Santuario di Sheshan a Shanghai”:

    “Ci uniamo in preghiera con tutti i cattolici che sono in Cina, perché annuncino con umiltà e con gioia Cristo morto e risorto, siano fedeli alla sua Chiesa e al Successore di Pietro e vivano la quotidianità in modo coerente con la fede che professano. Maria, Vergine fedele, sostenga il cammino dei cattolici cinesi, renda la loro preghiera sempre più intensa e preziosa agli occhi del Signore, e faccia crescere l’affetto e la partecipazione della Chiesa universale al cammino della Chiesa che è in Cina”.

    Quindi il saluto di Benedetto XVI alle migliaia di aderenti al Movimento per la Vita italiano, riuniti oggi in Aula Paolo VI, nel ‘Lifeday 2012’:

    “Il vostro Movimento si è sempre impegnato a difendere la vita umana, secondo gli insegnamenti della Chiesa. In questa linea avete annunciato una nuova iniziativa chiamata ‘Uno di noi’, per sostenere la dignità e diritti di ogni essere umano fin dal concepimento. Vi incoraggio e vi esorto ad essere sempre testimoni e costruttori della cultura della vita”.

    Congedandosi in varie lingue dai pellegrini presenti in Piazza San Pietro, il Papa ha infine ricordato tra gli altri i partecipanti al convegno sul Catechismo della Chiesa Cattolica e i rappresentanti del ‘Consorzio Greenvision’ che collaborano con l’Ospedale Bambino Gesù di Roma per la prevenzione e la cura delle malattie degli occhi.

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    Dolore per l'attentato a Brindisi e per il terremoto in Emilia Romagna. Il cardinale Bertone non assisterà alla finale di Coppa Italia

    ◊   Il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, dopo gli eventi di questi giorni, d’accordo con la presidenza del Coni, ha deciso di non essere presente questa sera alla finale di Coppa Italia, a cui era stato invitato. Lo rende noto un comunicato della Sala Stampa della Santa Sede. L’augurio del porporato è che l’evento si possa svolgere serenamente, in modo rispettoso delle regole dello sport, così da esprimere la responsabile partecipazione degli sportivi al dolore delle popolazioni colpite dall’orribile attentato alla scuola di Brindisi e dal terremoto. A queste, il cardinale assicura la sua vicinanza e la sua preghiera.

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    In Aula Paolo VI, il Movimento per la vita italiano ha lanciato l'iniziativa "Uno di noi"

    ◊   Lo ha ricordato il Papa al Regina Coeli: oggi nell’Aula Paolo VI in Vaticano si è svolto l’incontro promosso dal Movimento per la vita sul tema “Uno di noi”, per chiedere il riconoscimento dei diritti umani al concepito, nel ‘Lifeday 2012’. A conclusione, il presidente del movimento, Carlo Casini, ha annunciato che l’iniziativa si svolgerà nuovamente nel maggio del 2013. Ascoltiamo alcune testimonianze raccolte da Marina Tomarro:

    “Ho sempre ritenuto che la vita è la cosa primaria e, se non rispettiamo la vita, non ci sono altri diritti. Quindi pensiamo che, se vogliamo essere rispettosi della vita umana, dobbiamo cominciare sin dall’inizio e poi continuare fino alla fine”.

    “La vita è un grande dono: noi lo abbiamo sentito, perché per la nostra bimba abbiamo dovuto aspettare nove anni. Sappiamo che quando viene un figlio, è veramente un grande dono”.

    Io a 17 anni ho avuto un bambino, perciò sono qua per dire ‘sì’ alla vita: ho scelto di portarlo avanti e sono contro l’aborto. Molti dicono che si decide di abortire perché non puoi portare avanti la gravidanza e il figlio, ma c’è sempre l’adozione: troncare una vita non ha senso!”.

    “Noi siamo qui per festeggiare oggi il suo compleanno, il suo primo anno di vita. Basta guardare lui: come non possiamo essere contenti di questa scelta? Io ho detto sì alla vita ed è lui che parla per me”.

    “Personalmente sono presidente di un centro ‘Aiuto alla vita’ di Roma e, quindi, con mia moglie e i nostri tre figli abbiamo detto un ‘sì’ alla vita sia personale, come famiglia, ma anche attraverso il volontariato che svolgiamo da oltre 20 anni.

    D. - In che modo cercate di promuovere la vita?

    R. - In due modi: come centro ‘Aiuto alla vita’, ma poi vi è anche quello fondamentale come famiglia e come esempio: con tante coppie che oggi hanno perso la speranza per il futuro e per la maternità e per la paternità, credo che vedendo noi - che con i nostri pochi mezzi, abbiamo tre figli e che siamo sempre allegri e contenti - possano convincersi. Credo che questo oggi sia ancora più importante come testimonianza e come ‘sì’ alla vita”.

    All’incontro erano presenti tutti i rappresentati delle associazioni e movimenti cattolici. Salvatore Martinez, presidente nazionale del movimento Rinnovamento nello Spirito Santo:

    R. - Noi crediamo che sia lo Spirito a dare la vita e un movimento che si lascia guidare dallo Spirito Santo non può che stare dalla parte della vita. Questa cultura della morte deve essere vinta dall’inno della vita, che cantano i credenti, che cantano i piccoli, che cantano i poveri. Se Cristo ha vinto la morte, tutto può essere vinto: ogni punto di morte di questo nostro tempo e questa stessa cultura della morte possono essere vinti.

    D. - In che modo, secondo lei, bisogna educare i giovani alla difesa della vita?

    R. - Reinterpretando il comandamento che dice “Non uccidere”. Noi saremo giudicati quanto all’amore e alla capacità di fare qualcosa. Il “Non uccidere” significa dai la vita: è il potere dell’amore, il luogo dell’amore e del potere; è un’educazione che ci permette di far vedere alle nuove generazioni che c’è una grande passione nel cuore degli uomini, spesso sopita. Bisogna mettere le nuove generazioni nelle condizioni di vedere questi modelli di vita buona e di sperimentarli.

    Il cardinale Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia, ha concluso l’iniziativa, invitando i presenti a rispettare sempre la dignità della vita umana. Ascoltiamo il suo commento:

    E’ un incontro che rimette al centro dell’attenzione questo dramma, perché la persona umana non è rispettata per se stessa, ma è rispettata - molte volte - solo quando conviene: quando si va contro l’utile immediato, non si esita anche a distruggere la vita, sia essa la vita nascente, sia la vita al suo tramonto. Quindi è importante richiamare sempre l’attenzione sul valore assoluto della persona e della vita umana; un rispetto incondizionato anche quando costa sacrificio, anche quando richiede impegno e fatica da parte dei singoli e della società.


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    Mons. Celli: nell’odierna Giornata Mondiale delle Comunicazioni sociali, riflettiamo sul silenzio

    ◊   Come ricordato dal Santo Padre al Regina Cæli, ricorre oggi la 46.ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali. Il tema scelto quest’anno è: “Silenzio e Parola: cammino di evangelizzazione”. Nel suo messaggio per la Giornata, Benedetto XVI ha voluto sottolineare il “rapporto tra silenzio e parola: due momenti della comunicazione che - ha scritto - devono equilibrarsi, succedersi e integrarsi per ottenere un autentico dialogo e una profonda vicinanza tra le persone”. Patricia Ynestroza ne ha parlato con l’arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali:

    R. – Direi che il Papa vuole suscitare una profonda riflessione: siamo cioè invitati tutti a riflettere sulla connessione tra silenzio e parola. Il silenzio non è la negazione della comunicazione: il silenzio è parte integrante, fondamentale di essa. Dobbiamo scoprire, poco a poco, cosa significa ascoltare nel silenzio, ascoltare l’altro, affinché le parole che io posso rivolgergli siano parole profonde, ricche di contenuto. Ecco perché è proprio nel silenzio che scopro e rendo significato alle parole che uso. E così è anche con Dio: è nel silenzio che ascolto la Sua Parola, è nel silenzio che questa Parola penetra il mio cuore e fa sì che io possa essere lievito della terra, strumento vero, serio, impegnato e fedele nella costruzione del regno di Dio. Ecco, quindi, che il silenzio non è più un aspetto negativo della comunicazione ma è l’aspetto che arricchisce, perché dà senso. Il Papa, nel suo messaggio, tocca una tematica molto moderna: l’uomo, oggi, si muove nel contesto della sua ricerca della verità su domande e risposte, però è anche vero che oggi siamo sommersi da messaggi. Siamo sommersi dalle comunicazioni e l’uomo, molte volte, fa fatica a capire quale di questi messaggi ricevuti sia fondamentale nel suo cammino di ricerca della verità e quale sia importante nel suo cammino di uomo. E’ solamente nel silenzio che l’uomo può cominciare a riscoprire ciò che conta e ciò che vale nella sua vita. Il nostro invito per l’odierna Giornata Mondiale è che questo messaggio possa risuonare e possa diffondersi il più ampiamente possibile, che possa essere conosciuto, perché è un messaggio che stimola una riflessione, invita ad un silenzio. A volte è solamente nel silenzio che si può apprezzare il significato, il contenuto, la ricchezza del dono ricevuto attraverso la Parola di Dio. A questo proposito, potrei dire che quest’anno il Consiglio, nel proprio sito web, ha voluto mettere a disposizione quelle che sono le iniziative prese dalle varie Chiese locali, nelle diverse lingue. Abbiamo voluto mettere a disposizione ciò che ogni Conferenza Episcopale o molte di esse hanno realizzato per celebrare degnamente questa giornata. L’abbiamo fatto perché così ciascuno può trarre ispirazione da ciò che altri hanno fatto, può anche arricchire le proprie iniziative, confrontandosi con quelle altrui. Devo dire onestamente che questo è stato un momento molto ricco e significativo. Credo e mi auguro che, ancora una volta, questa Giornata possa essere celebrata degnamente, aiutando tutti coloro che camminano ed operano nel campo della comunicazione a riscoprire la grande ricchezza di questo binomio inscindibile: silenzio e parola.

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    Il cardinale Vegliò con i rifugiati di Narni: “emigrare non è mai indolore”

    ◊   Tracciare nella società di oggi “un vero itinerario di reciproco rispetto e di coesione sociale”. È l’auspicio del cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti che oggi nella concattedrale di Narni, dedicata a San Giovenale, ha presieduto la celebrazione eucaristica, prima dell'annuale pranzo con i poveri, i rifugiati politici e quanti versano in condizioni di povertà, provenienti da diversi luoghi di accoglienza della diocesi di Terni-Narni-Amelia. Salutando il vescovo, monsignor Vincenzo Paglia, e i partecipanti, l’omelia del porporato è partita dalla riflessione sulla solennità dell’Ascensione di Gesù al cielo. Essa “mette in luce anzitutto la comunione tra Gesù e i discepoli che sono stati testimoni della sua risurrezione e, nello stesso tempo, anche l’unità della missione evangelizzatrice della Chiesa”: da Gerusalemme parte e si diffonde la missione degli apostoli, per raggiungere uomini che appartengono a popoli e culture diverse. “Il medesimo dinamismo di crescita e di espansione - ha detto il cardinale Vegliò - è vivo e vitale anche oggi, in un mondo in cui sono sempre più presenti le problematiche e le sfide del fenomeno delle migrazioni, ormai divenuto strutturale a livello mondiale”. D’altra parte i movimenti migratori, soprattutto negli ultimi anni, sono diventati sempre più frequenti: “vi sono persone che affrontano i disagi dello sradicamento e si avventurano verso nuove ‘terre promesse’. Emigrare - ha proseguito - non è mai indolore. Se potessero, molti non lascerebbero il loro Paese. Emigrando, si lascia la patria, la cultura, le abitudini, le usanze e gli affetti familiari per andare in un luogo sconosciuto, dove tutto è da imparare, persino la lingua. Sarebbe dunque bene pensare a prevenire l’emigrazione. Dopotutto è anche diritto di ogni persona di vivere e crescere nel luogo dove è nata”. Di fatto, “oggi le migrazioni hanno assunto le dimensioni di vere e proprie crisi umanitarie”, per le caratteristiche da esodo biblico di tale fenomeno, “sempre più spesso divorato dalla voracità senza scrupoli della criminalità organizzata”. Non possiamo tacere, ha detto inoltre il presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, “la prepotente rinascita del traffico di schiavi, che interessa ogni anno circa un milione di persone, destinate al mercato della prostituzione, al lavoro coatto, al traffico di organi umani e alla sessualità minorile”. In tale quadro, sull’esempio del Vangelo, si deve tener presente che il fondamento positivo delle relazioni è l’altro in quanto prossimo. L’invito è dunque quello a “superare le barriere della paura, del pregiudizio, dell’indifferenza, dell’egoismo e della chiusura”, perché nel migrante si fa presente Cristo stesso, e ad aprire la porta a quanti in difficoltà. Questo non significa certo - ha spiegato il porporato – “favorire l’illegalità, ma disporci a superarla, nella solidarietà e con reciproca collaborazione”. Il cristiano quindi “è chiamato a impegnarsi per la nuova civiltà dell’amore”. “Una vera politica migratoria - ha riflettuto il cardinale Vegliò - deve tendere a elaborare precise normative che assicurino stabilità e garantiscano a tutti la difesa dei propri diritti. La Chiesa non rivendica specifiche competenze nell’elaborazione di tali progetti: si riserva, però, di concorrere con opportune proposte perché - ha concluso - gli orientamenti si ispirino ai diritti fondamentali della persona umana e alla grande tradizione della nostra civiltà cristiana”, promuovendo opere “di formazione della mentalità e delle coscienze”. (A cura di Giada Aquilino)

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    Oggi in Primo Piano



    Indagini Brindisi: prevale l'ipotesi di un gesto individuale, c'è l'identikit dell'autore

    ◊   A Brindisi si apre uno spiraglio nelle indagini sulla bomba esplosa ieri davanti all'istituto Morvillo Falcone. Grazie ad alcune immagini girate da telecamere di sorveglianza collocate in zona, gli investigatori hanno acquisito elementi significativi che sembrano escludere l’ipotesi mafiosa. Stamattina il procuratore della città, Marco Dinapoli, ne ha parlato in una conferenza stampa. Eugenio Bonanata:

    L’attentatore che preme il tasto del telecomando azionando così l’ordigno che ha ucciso Melissa Bassi. Ad agire sarebbe stato un adulto non ancora identificato: comunque ha operato da lontano, ad una distanza di sicurezza, vedendo bene la scena. Gli inquirenti definiscono terribili queste immagini: sarebbero state girate di giorno, a ridosso dell’attentato, e mostrerebbero la persona mentre posiziona il cassonetto con all’interno l’ordigno. L’ipotesi più probabile è che l’innesco sia di tipo volumetrico, cioè di quelli che si attivano al passaggio di qualcuno. Tutto ciò sembra sostenere la pista del gesto di uno sconsiderato, sebbene sia evidente la volontà stragista. Tuttavia, bisogna chiarire se altri abbiano partecipato all’organizzazione dell’attentato. Le autorità indagano per strage, mentre sul posto i carabinieri hanno inviato una squadra del Ris di Roma composta da esperti di chimica e balistica. Costituita inoltre una task force investigativa per il controllo del territorio, con l’ausilio di 50 uomini più 11 carabinieri del Ros appartenenti al ‘Reparto crimini violenti’. Intanto non si arresta lo sgomento per l’accaduto. Il presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco, ha detto che si tratta di atti “assolutamente condannabili” da tutta la nazione ma che ora “bisogna reagire con fiducia, stringendoci ancora di più gli uni agli altri negli ideali che hanno fatto il nostro popolo”. Oggi a Mesagne, il paese di Melissa, ha fatto tappa la Carovana contro tutte le mafie organizzata dall’associazione Libera mentre questa sera tutte le parrocchie della comunità hanno indetto una veglia di preghiera che si svolgerà alle 21 sul piazzale della Chiesa Madre, per testimoniare dolore per l’accaduto e vicinanza alle famiglie e ai giovani.

    E per sapere come la popolazione brindisina ha accolto questi ultimi sviluppi investigativi, Eugenio Bonanata ha intervistato Fabio Mollica, giornalista del sito internet "Brindisi Report.it":

    R. - Sembra quasi che la gente tiri un sospiro di sollievo. Devo anche dire che a Brindisi in pochi hanno creduto a questa storia della mafia o del terrorismo. Era un obiettivo talmente strano, quello di una scuola brindisina, che lasciava poco spazio per pensare ad un attentato di mafia. Molti avevano già pensato al gesto sconsiderato, apocalittico, strano e stupido di un - chiamiamolo - folle.

    D. - Resta, comunque, la paura e lo sgomento per quanto accaduto…

    R. - Resta la paura, perché questo “personaggio” che è un italiano, è adulto, è ancora in libertà… Non si sa di dove sia, se sia del territorio, se sia di Brindisi; ma se non è brindisino comunque conosceva la zona in cui ha operato. E’ ancora in libertà, anche se sembra che la svolta possa arrivare a momenti o ad ore. La cosa rassicurante detta dagli investigatori e dal procuratore di Napoli è che pensano che questo soggetto non possa colpire nuovamente: evidentemente hanno degli elementi per poterlo dire o per poterlo pensare.

    D. - Cosa si sa delle cinque ragazze ricoverate in ospedale?

    R. – Le loro condizioni sono in netto miglioramento. Sembra migliorare - fortunatamente - anche la più grave, la quinta ragazza, che era stata trasferita all’ospedale di Lecce: oggi si è risvegliata, ha scambiato qualche parola con i genitori. Questa è la notizia più importante, perché la ragazza fino a ieri era in fin di vita e ancora oggi è in prognosi riservata.

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    Sei morti e una cinquantina di feriti il bilancio del terremoto in Emilia Romagna

    ◊   In Italia, ha provocato almeno sei morti e oltre 50 feriti il terremoto di 6 gradi Richter che la notte scorsa - alle 4.00 - ha colpito la zona tra Ferrara e Modena. Quattro operai hanno perso la vita nel crollo di alcune fabbriche a Sant’Agostino, nel ferrarese. Danni anche a San Felice, nel modenese, dove è crollata una chiesa. Diversi ospedali sono stati evacuati per precauzione, come a Finale Emilia e Mirandola. Numerosi i senzatetto. Si stimano danni consistenti al patrimonio artistico. Immediata l’attivazione dei soccorsi: sul posto si è recato il capo della Protezione civile Franco Gabrielli, mentre il presidente della Regione Emilia Romagna, Vasco Errani, ha proclamato lo stato di emergenza. Eugenio Bonanata ha raccolto il commento di mons. Paolo Rabitti, arcivescovo di Ferrara-Comacchio:

    R. - La carità è il riassunto di tutti i comandamenti e di tutti i valori. In questa occasione - come sempre avviene, credo - nel popolo italiano è scattata la carità, che deve anche intensificarsi.

    D. - Quindi stare vicini, aiutarsi in questo momento…

    R. - Sì. Certamente questa è la conseguenza o la premessa di tutto ciò. Infatti, purtroppo, stamattina per mandato della Prefettura ho dovuto dire con un messaggio rapidissimo a tutti i parroci - proprio nel momento in cui si apprestavano a farlo - di non celebrare nelle chiese, per non mettere in pericolo le persone. Poi il secondo messaggio, quello di essere molto attenti a coloro che hanno più sofferto o per la paura o per i danni. Il terzo, si misurerà immediatamente l'entità del sisma e anche ciò sarà fatto per andare incontro a chi è stato colpito dal terremoto.

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    Al G8 accordo su economia e crescita. Al via il vertice Nato

    ◊   Già iniziate le proteste che fanno capo a Occupy Wall Street, oggi a Chicago parte il vertice Nato. Nella capitale dell’Illinois sono arrivati 50 capi di Stato e di governo, oltre a quelli dei Paesi del G8, provenienti da Camp David. La crisi globale dell'economia resta sullo sfondo, ma i riflettori saranno puntati sul piano di ritiro internazionale dall’Afghanistan e sulla difficile transizione che si prospetta. Proprio a Camp David, intanto, si è chiuso il summit degli 8 “grandi” della terra, con “un consenso” sul capitolo economia: nella bozza finale si legge che l’imperativo “è promuovere la crescita e l'occupazione''. Dagli Stati Uniti, ci riferisce Francesca Baronio:

    Sarà stata l’atmosfera informale di Camp David, l’assenza di cravatte e la lontananza dai riti ufficiali della capitale, ma almeno all’apparenza il pressing sulla Germania sembra aver funzionato. Così il documento finale del G8 menziona la necessità di riforme che aumentino la produttività e la domanda attraverso investimenti nel campo delle infrastrutture. Insomma, una politica di crescita. Una vittoria dell’asse Francia-Usa, Hollande-Obama, con il premier italiano Monti nel ruolo di mediatore con Berlino. Un Obama soddisfatto invita i convitati a sorridere per la foto di rito: spera che i nuovi equilibri europei favoriscano la flebile ripresa americana e non interferiscano sulle elezioni di novembre. Ma, dopo le buone intenzioni, la prova del nove sarà il vertice di Bruxelles del 23 maggio: solo allora si potrà capire se l’Europa è davvero pronta a parlare di investimenti pubblici ed eurobond. Per concludere sarebbe da ricordare un dato: il gruppo del G8 è cresciuto dal 2008 dell’8 per cento; quello del G20 che comprende le economie dei Paesi emergenti, del 36 per cento. Crisi europea o no, il mondo è già cambiato.

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    Presidenziali in Repubblica Dominicana, dove l’economia cresce con i traffici di droga

    ◊   Presidenziali oggi nella Repubblica Dominicana, che occupa i due terzi dell'isola caraibica che divide con Haiti. Almeno 6,5 milioni di votanti sceglieranno tra l'ex ministro Danilo Medina, 60 anni, candidato del Partito della liberazione dominicana (Pld, liberale), al potere, e l'ex capo di Stato Hipolito Meja, 70 anni, in corsa per il Partito rivoluzionario dominicano (Prd, socialdemocratico), all'opposizione. L'economia della Repubblica Dominicana è cresciuta ad un ritmo del 7% negli ultimi otto anni ma il Paese è diventato il principale punto di transito della droga proveniente dal Sudamerica e diretta verso Usa e Ue. Durante la campagna elettorale, i partiti si sono accusati a vicenda di corruzione e non sono mancati anche episodi di violenza, con due morti tra i sostenitori. Fausta Speranza ha parlato della situazione con Maurizio Chierici, che da 30 anni segue le vicende dei Paesi dell’America Latina e dell’America centrale:

    R. – La sfida sociale è molto dura. La privatizzazione ha portato, sì, un certo benessere alla crescita, però sulle spalle di chi? Sulle spalle dei soliti e i soliti sono gli haitiani. C’è uno sfruttamento drammatico dei profughi haitiani. Sono un milione, lavorano per il tabacco e lavorano per il rhum. E la situazione che io ho visto è drammatica. Gli haitiani vivono in piccole capanne sperdute in … non sono nemmeno paesi sono agglomerati … e sono trattati come schiavi. Si tratta di ricostruire un rapporto umano tra le braccia e il potere.

    D. – La Repubblica Dominicana a questo punto sta diventando uno snodo centrale del traffico di droga …

    R. – Sì, anche perché Cuba è riuscita a deviarlo mettendosi d’accordo con la Dea americana (Drug Enforcement Administration); quindi, nel mezzo dei Caraibi, è mancato questo buco nero e tutto si è riversato nelle isole attorno. Certo, i traffici non portano benessere. La droga arricchisce i trafficanti, scivola poi in tante mani e in tante case, anche di potere. In una situazione in cui la polizia è estremamente corrotta, una polizia che “non vede”. Quindi, si tratta di ricostruire un rapporto dignitoso tra il potere e la gente, superando la corruzione. E’ chiaro che il turismo è una grande risorsa, ma non solo il turismo: Santo Domingo resta un paradiso fiscale e non esiste l’estradizione. E’ una specie di refugium peccatorum dell’intero mondo. Ricordo che per queste elezioni la Conferenza episcopale ha invitato a pregare e si tengono ore di preghiera durante le elezioni, affinché nella nuova fase politica si dia sempre più spazio a parametri di giustizia e di libertà sociale e di dignità.

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    Antipolitica: sotto accusa non i movimenti ma il sistema Europa dominato dalla finanza

    ◊   Mentre i "grandi" della terra individuano strategie per far fronte alla crisi economica globale, dopo i recenti risultati elettorali in Europa - titolano i giornali - spira il vento dell’antipolitica: dai pirati in Germania, ai grillini in Italia, ai movimenti della sinistra radicale in Grecia, alla popolarità dell’ultra destra di Marine Le Pen in Francia. Cosa si cela dietro i successi elettorali di questi nuovi soggetti? Roberta Gisotti lo ha chiesto al prof. Loris Caruso, sociologo, esperto di movimenti sociali e comunicazione politica:

    R. – La prima cosa che direi è che è sbagliato mettere insieme tutte queste realtà, perché sono molto diverse tra di loro: la sinistra greca non c’entra niente con Grillo, non c’entra niente con Le Pen, così come Grillo non c’entra niente con Le Pen… Insomma mettere sotto il ‘calderone antipolitica’ una serie di realtà diverse è sbagliato. La seconda obiezione è che io solo in pochi casi userei il termine ‘antipolitica’, perché Le Pen è un soggetto politico a tutti gli effetti, la sinistra greca è un soggetto politico, Grillo è in gran parte un soggetto politico: è fare politica con altri mezzi che non significa non fare politica! Quindi distinguerei. Prendendo Grillo direi che c’è una forte connotazione antipartitica, più che antipolitica, e sottolineerei il fatto che questa grande stampa italiana ed europea che adesso grida all’allarme per l’emergere di movimenti cosiddetti ‘antipolitici’, in realtà è uno dei primi soggetti che favorisce l’antipolitica, perché lo scagliarsi quotidianamente contro il partito politico come il principale strumento del declino e il principale responsabile della situazione in cui ci troviamo è un’operazione che la grande stampa fa quotidianamente. Quindi la grande stampa fa entrambe le cose perché dice che i partiti sono tutti uguali e fondamentalmente sono quasi tutti corrotti e dediti ad accrescere interessi personali o di piccole fazioni; dopodiché, quando emergono i movimenti di protesta, dice: ecco, però, non era questo l’esito che volevamo, perché invece l’esito che ci piace, è che ci siano governi tecnici e che la democrazia sia ridotta.

    D. – Questi nuovi soggetti si coagulano, in genere, intorno ad un leader carismatico: è la prova del nove che le ideologie sono finite?

    R. – No, io non direi. Anche qua perché si coagulano attorno a leader carismatici? A parte il fatto che spesso succede che sotto al leader carismatico ci sia un processo di vera partecipazione: lo stesso movimento di Grillo, al di sotto del leader, ha anche processi di partecipazione dal basso. Non parliamo della sinistra greca - che è uno degli esempi citati - in cui il leaderismo non c’è. Ma da quanti anni, e perfino decenni, chi ha il potere di decidere dice che la democrazia deve diventare più leaderistica? Che non conta tanto l’insediamento sociale dei partiti politici o la loro capacità di aggregare i bisogni sociali, le domande sociali, ma conta il fatto che la democrazia diventi più decisionista? Questo, per esempio, in Italia lo fanno da vent’anni tanto il centrodestra quanto l’attuale Partito Democratico e prima i democratici di sinistra. Per esempio, Veltroni è stato un politico molto leaderistico: il partito democratico nasce come partito leaderistico. Gridare adesso al fatto che vengono fuori dei leader, quando una serie di processi politici, sociali e comunicativi ha favorito il leaderismo, mi sembra un po' il pianto del coccodrillo… Sicuramente il leaderismo è una scorciatoia per ridurre in maniera simulata la distanza tra popolo e potere. Ma chi ha prodotto questa distanza? Non l’hanno prodotta né Grillo, né Le Pen, né la sinistra greca: l’hanno prodotta le persone che hanno detenuto in questi ultimi decenni il potere economico, il potere informativo, il potere politico.

    D. – Prof. Caruso, lei non vede quindi rischi di anarchia o di incapacità di organizzare il consenso in progettualità politica e governabilità?

    R. – Se si lascia che la democrazia sviluppi davvero i suoi processi, no. Non si può adesso gridare l’allarme che le persone vadano a votare ed esprimano un consenso forte antisistema. Probabilmente il problema e il rischio di anarchia e di caos più che in chi in va a votare è in chi organizza questo sistema. A livello europeo, ad esempio, il responsabile dell’anarchia e del caos è chi ha organizzato l’Unione Europea nel modo in cui è stata organizzata: con questo dominio assoluto della finanza e delle grandi imprese multinazionali. E’ ovvio che in questa situazione, quando un Paese viene trattato dall’Europa e dal Fondo monetario internazionale come viene trattata la Grecia, quando si va a votare, le forze radicali – a sinistra e a destra – crescono: questo è assolutamente scontato, ma la responsabilità di tale crescita è di chi ha gestito le cose in questo modo. Non si può colpevolizzare il ‘popolo’ di votare forze che si oppongono a chi ha messo in ginocchio un Paese, come lo è in questo momento. Io non direi che, per esempio, la grande crescita della sinistra greca sia un pericolo di anarchia e di caos: c’è un’idea alternativa di Europa, che viene fuori a sinistra in un certo modo e a destra in modo radicalmente diverso e questo credo sì pericoloso nel caso greco e nel caso francese, però il rischio di anarchia non dipende dal fatto che si esercita la democrazia; dipende, invece, da quando non la si è esercitata e la costruzione dell’Europa è stata scarsamente democratica. Quindi la responsabilità è lì!

    D. – Quale ruolo gioca la Rete in questa affermazione – possiamo dire – di rinnovata sovranità popolare?

    R. – Penso sinceramente secondario: questo ruolo della Rete molto sottolineato, non penso che sia così importante, anche se sicuramente è uno strumento, ma è un effetto secondario, è un mezzo e non è la causa della forza di questi fenomeni. Se prendiamo il caso di Grillo, io credo che il suo carisma derivi molto di più dal fatto che per 25 anni sia stato un personaggio televisivo, che non dal fatto che abbia un blog: il blog ce l’hanno in tanti, ma non è sufficiente avere solo un blog… La Rete, secondo me, è uno strumento e funziona soltanto quando dietro a movimenti e forze politiche ci sono dei veri processi politici, dei veri processi democratici e la capacità di cogliere – davvero – quello che si sta muovendo nella società. Il fatto che la critica di un movimento come quello di Grillo si concentri sui partiti deriva proprio dallo spostamento mediatico che viene fatto dagli effetti della crisi e dal piano economico e sociale al piano dei partiti. Quindi io penso che lì ci sia una deviazione e credo che questa sia una responsabilità anche di Grillo: la crisi non viene affrontata per quello che è, ma viene addossata completamente sulle spalle dei partiti.

    D. – Quindi dobbiamo guardare al nuovo non dico con soddisfazione, ma come ad un qualcosa che porterà a nuovi frutti?

    R. – Siamo davanti a un bivio, nel senso che le situazioni come quella di adesso aprono due possibilità: da una parte aprono la possibilità di una chiusura autoritaria dei processi che ci sono, ma io penso che la chiusura autoritaria moderna, di oggi, sia nella tecnocrazia ancor di più che nel populismo; dall’altra parte c’è invece la possibilità che grandi movimenti democratici, una grande voglia di partecipazione che c’è e soprattutto nuove lotte per lo stato sociale riaprano la democrazia ad un modello più solido, più partecipato e più capace di garantire i diritti delle fasce sociali più deboli. Quindi i due bivi ci sono e sono possibili entrambe le cose, dipende quale delle due avrà più forza e soprattutto se emergeranno veri movimenti democratici in difesa dei diritti del lavoro, e bisognerà vedere se li si lascia passare, perché io ho l’impressione che la grande stampa e i poteri strutturati supportino di più le destre radicali e xenofobe che non per esempio i movimenti dei lavoratori.

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    Libertà religiosa ancora da tutelare in Nepal

    ◊   In Nepal, laboriose trattative tra i partiti politici che cercano un accordo sulla nuova Costituzione, da varare improrogabilmente entro il 27 maggio. I cattolici e le altre minoranze non induiste chiedono che nella nuova Carta fondamentale siano tutelate la libertà religiosa e la laicità dello Stato. A parlarne, nell’intervista di Davide Maggiore, è padre Silas Bogati, ex direttore esecutivo di Caritas Nepal:

    R. – The political parties seem to be working...
    Sembra che i partiti politici collaborino per risolvere le differenze affinché questa nuova Costituzione possa passare. Il termine ultimo è, dunque, il 27 maggio. Secondo le indicazioni, daranno alla luce una sorta di nuova Costituzione, forse un po’ in fretta, ma stanno cercando di risolvere alcune loro differenze, di avere il consenso e di risolvere certe questioni come il federalismo su base etnica, geografica e anche della struttura di governo. Sembra stiano lavorando su queste questioni spinose e pare che forse per il termine stabilito ci sarà qualche risultato.

    D. – Ha la stessa speranza per quanto riguarda la questione delle minoranze religiose?

    R. – Actually I don’t have much hope ...
    Veramente non ho molta speranza in questo ambito. Anche nella bozza della Costituzione, che era già stata diffusa, fondamentalmente è stato mantenuto ciò che era presente nella Costituzione precedente. Sembra ci sia una maggiore preoccupazione verso i problemi politici e nel risolvere le differenze all’interno dei partiti politici. Ma la libertà religiosa, in questo momento, sembra essere il punto focale.

    D. – Negli ultimi mesi ci sono stati dei cambiamenti positivi in questo campo?

    R. – Unfortunately not. ...
    Purtroppo, no. I partiti politici sembrano non preoccuparsi troppo della questione. Quindi, dobbiamo continuare a fare pressioni e opera di sensibilizzazione per ottenere il rispetto dei diritti per tutte le minoranze religiose. E’, dunque, una questione sulla quale penso continueremo a lavorare. Sembra che al momento non ci siano risultati concreti per noi. Pare anche che i nuovi articoli della Costituzione non prevedano la libertà religiosa. Ci sarà una clausola che proibisce e criminalizza l’evangelizzazione e di questo noi siamo molto preoccupati. Ciò è quello che è già scritto nella bozza di Costituzione che abbiamo visto. Anche nel nuovo Codice Penale che si sta cercando di redigere non sarà menzionata la libertà religiosa.

    D. – Quali sono i rapporti con le altre minoranze, in particolare quella musulmana?

    R. – We do have good relations ...
    Abbiamo buoni rapporti con le altre minoranze religiose: di tanto in tanto ci incontriamo con alcuni leader e discutiamo di alcuni di questi problemi. Ma credo che, data la situazione, le minoranze debbano unirsi ancora una volta per valutare il da farsi.

    D. – In questo clima di instabilità, temete un ritorno dell’estremismo indù, che il Paese ha già sperimentato?

    R. – Right now things have been quiet ...
    Al momento le cose sono tranquille, ma noi ci siamo trovati ad affrontare l’esplosione di una bomba, quando svolgevo il mio ministero di sacerdote in una parrocchia a Kathmandu, e uno dei nostri preti è stato ucciso da un gruppo estremista indù. Sembra si tratti di un movimento clandestino. Al momento non ci sono minacce in questo senso, ma non si sa mai... Dobbiamo quindi essere sempre cauti e pregare molto.

    D. – In che modo l’instabilità politica sta influenzando le condizioni di vita della popolazione?

    R. – Political condition affects very much ...
    La condizione politica ha una grande influenza, perché con l’instabilità politica non c’è crescita economica. Il Nepal conta molto sul turismo, ma con molti scioperi e la continua instabilità politica il turismo si riduce, la crescita economica diminuisce, così come gli investimenti nel Paese. Molte persone sono disoccupate e cercano lavoro. Quindi, ci sono molti problemi. La stabilità politica è l’ideale da raggiungere, perché con la stabilità ci saranno crescita e molte cose positive. Senza di essa dovremo veramente affrontare molti problemi!

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    Dal dolore alla speranza: l’esperienza di un’associazione romana per i bambini malati di leucemia

    ◊   Aiutare i bambini malati di leucemia e le loro famiglie: è quanto si propone, da 15 anni, l’Associazione romana Onlus “Andrea Tudisco”. Il sodalizio porta il nome di un bambino la cui vita è stata recisa proprio dalla terribile malattia. I suoi genitori, Fiorella e Nicola, invece di chiudersi nel dolore, hanno realizzato questa straordinaria esperienza di sostegno a quanti vivono il loro stesso dramma. Alessandro Gisotti ha intervistato la madre di Andrea e presidente dell’associazione, Fiorella Tosoni:

    R. - L’associazione nasce, purtroppo, da una situazione molto difficile: la perdita di un figlio. Proprio per dare un senso a questo dolore, a questa sofferenza, io e mio marito abbiamo pensato di creare un’associazione che aiutasse coloro che come noi si fossero trovati in situazioni di difficoltà per una grave malattia del proprio figlio. Durante gli anni di ricovero in ospedale, abbiamo visto tanti genitori che si trovavano in grande difficoltà economica, psicologica, sociale perché magari avevano dovuto lasciare il proprio lavoro per poter venire a Roma a curare i propri figli. Quindi, abbiamo pensato di dare un’accoglienza, un alloggio e quant’altro avessero bisogno, a persone che venivano da fuori Roma, da altre regioni d’Italia, o da Paesi svantaggiati, per poter accedere ai nostri centri di eccellenza.

    D. - Quindi da un dolore inimmaginabile, anche una speranza grandissima nel nome di Andrea, vostro figlio..

    R. - Sì. È proprio questo lo spirito della nostra associazione. Poi si sono unite negli anni tantissime persone, che ci sostengono e ci aiutano ogni giorno, nello svolgimento di questa attività che è molto, molto impegnativa: adesso l’associazione gestisce due appartamenti e una grande casa, appunto “La casa di Andrea”, di 600 metri quadri. È veramente molto impegnativo, perché tutte le mattine, accompagniamo i bambini in ospedale affinché possano svolgere le terapie, le analisi in regime di day hospital, e poi li andiamo a riprendere. Poi qui alla casa, possono svolgere tantissime attività dai laboratori, ai giochi, al divertimento, insieme ai loro genitori e insieme a tutti i nostri volontari.

    D. - L’amore fa la differenza; è qualcosa che voi riscontrate come il motore di questa iniziativa?

    R. - Certo. Da noi, sin dall’inizio, la persona viene accolta e accompagnata per tutto il percorso della cura e della terapia del figlio; viene accompagnato per mano quotidianamente. Ci sono tantissime figure che ogni giorno affollano “la casa di Andrea” e si inventano di tutto pur di far divertire e far star bene i bambini e ovviamente i loro genitori.

    D. - La "casa di Andrea", diventa la casa di famiglia, di tante famiglie. Immagino che negli anni si siano intessuti tanti rapporti di amicizia, anzi “di famiglia”...

    R. - Diciamo che abbiamo figli sparsi un po’ in tutto il mondo: in Africa, in Sud America, nell’Europa dell’Est, in Asia... tanti piccoli semini di Andrea sparsi nel mondo, ai quali pensiamo con tanta nostalgia. Però siamo contenti, perché molti bambini sono guariti e tornati ai loro affetti, alla loro vita, in nome di Andrea. Anche se con alcuni ormai è passato tanto tempo - i primi che sono arrivati da noi 15 anni fa - ancora oggi qualche volta ci vengono a trovare e abbiamo sempre notizie, informazioni. È un legame che non si dissolverà mai.

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    Italia. Oggi la Giornata del malato oncologico. Con noi il prof. De Lorenzo

    ◊   Oggi si celebra la VII Giornata nazionale del malato oncologico, istituita per iniziativa della Favo, Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia. Alla Giornata è legata la campagna sms solidale al numero 45501, volta all’umanizzazione della cura del malato di cancro e alla conoscenza dei suoi diritti in campo lavorativo. Questa settimana, la Favo ha organizzato incontri e tavole rotonde che si sono conclusi stamani con la Santa Messa presieduta da mons. Andrea Manto, direttore dell'Ufficio nazionale per la Pastorale della Sanità della Cei. Il prof. Francesco De Lorenzo, presidente Favo, spiega le finalità dell'Associazione e le speranze ed i timori del malato oncologico. L’intervista è di Eliana Astorri:

    R. - La Favo è l’Associazione delle associazioni, è una Federazione cui aderiscono più di 500 associazioni di volontariato, che sono sostanzialmente costituite e gestite dagli stessi malati di cancro e che operano su tutto il territorio nazionale. Sono cioè quelle realtà sempre vicine ai malati, quando sono in ospedale, quando escono dall’ospedale e si occupano di sostegno psicologico, di assistenza domiciliare, di cure palliative, di informazione e di riabilitazione. Insomma sono quei volontari che non fanno mai stare soli i malati. Cerchiamo di individuare quali sono i nuovi bisogni dei malati di cancro, perché oggi ci si ammala di più ma con le diagnosi precoci e con le nuove terapie si guarisce di più e si muore molto di meno, si convive con la malattia anche per lunghi tempi. Il cancro sta diventando, sempre di più, una malattia cronica e quindi ci sono nuovi bisogni che devono essere evidenziati, che noi cerchiamo di evidenziare e di far conoscere all’opinione pubblica proprio in occasione della Giornata e che riguardano tanti aspetti, dalla tutela sul lavoro ai riconoscimenti per la disabilità.

    D. - Il lavoratore malato oncologico subisce ancora oggi discriminazioni sul posto di lavoro?

    R. - Diciamo che spesso queste discriminazioni ci sono, certamente molto meno che in passato. Si conoscono poco le leggi che, proprio noi come volontariato oncologico, come Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia, abbiamo promosso ed ottenuto dal Parlamento: quelle leggi che, per esempio, consentono al malato di cancro di passare dal rapporto di lavoro a tempo pieno a quello a tempo definito reversibile e quindi il malato può ritornare a lavoro a tempo pieno quando vuole e l’azienda ha il dovere accettare la richiesta del malato. Ci siamo anche preoccupati nel tempo di avere un’altra legge che aiuta le persone vicine ai malati e noi sappiamo che l’80 per cento dei malati ha bisogno di un sostegno, che molto spesso è la famiglia, in altri può essere una badante e in altri ancora può essere un amico: queste persone che si dedicano ai malati hanno, pure loro, problemi di lavoro, di assenza dal lavoro e di perdita del lavoro; e questo oltre a problemi anche di depressioni e difficoltà organizzative. Noi siamo riusciti a far approvare nel 2006 una legge per i paranti dei malati o di coloro che si occupano di malati di cancro nelle famiglie dove ci sono questi problemi, per avere la priorità rispetto agli altri per il passaggio proprio dal rapporto di tempo pieno a tempo definito reversibile, in modo tale che non ci sia la perdita del posto di lavoro e che ci sia una modulazione nel tempo. Quindi il malato può aver bisogno del lavoro, ma part-time anche per anni: se non ci fosse stata questa legge non avrebbero avuto questo diritto.

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    Guadagnuolo a Roma, a Santa Maria delle Grazie alle Fornaci: "dipingere è una preghiera silenziosa"

    ◊   “Dipingere è una preghiera silenziosa”. Così Francesco Guadagnuolo pittore, scultore incisore di fama mondiale che ha concesso in mostra alcune opere presso la parrocchia di Santa Maria delle Grazie alle Fornaci a Roma, in occasione della presenza dell’immagine della Madonna pellegrina di Fatima e delle reliquie dei Beati Francesco e Giacinta. L’esposizione, curata dall'Associazione ALMA Lauretana, è dedicata al Beato Giovanni Paolo II e traccia sinteticamente la vita del Papa che andò a Fatima per ringraziare la Vergine di avergli salvato la vita, un anno dopo l’attentato del 13 maggio 1981. Guadagnuolo ha interpretato la vita dei Papi: Giovanni Paolo II, Paolo VI e Benedetto XVI, una delle opere più note - Il debito estero, verso una nuova solidarietà – è permanentemente esposta all'Onu di New York. La mostra sarà visitabile fino a oggi, quando anche la Madonna Pellegrina di Fatima lascerà la parrocchia più vicina a San Pietro. Massimiliano Menichetti ha intervistato lo stesso Francesco Guadagnuolo:

    R. – Qui abbiamo l’onore di avere la statua itinerante della Madonna di Fatima e sappiamo quanto Giovanni Paolo II fosse legato alla Vergine, quindi l'associazione ALMA Lauretana ha pensato di inserire, in questo contesto, una mostra dedicata proprio al Beato Giovanni Paolo II.

    D. – Quante sono, complessivamente, le opere in mostra?

    R. – L’intero impianto è composto da circa 60, qui sono stati selezionati 16 ritratti. Alcuni riguardano il Papa nel pieno della maturità, quando è stato eletto, sorridente, altri mostrano gradualmente i segni della sofferenza che diventano sempre più forti.

    D. – Per far vedere una delle sue opere, possiamo descrivere, rendere un’immagine?

    R. – Un’immagine esemplare è quella che noi tutti ricordiamo e che non avremo mai voluto vedere, ossia quando il Papa si affacciò alla finestra, cercando di parlare, fece un gesto come per dare un pugno sul leggio, mentre gli uscì un grido silenzioso. Nel dipinto vediamo il volto trasfigurato del Papa, che tenta di parlare e non ci riesce, ha la bocca aperta, sofferente e, sulla destra, un lenzuolo, una "sindone", che il vento sfiora leggermente e ci porta oltre la realtà.

    D. – Ma cosa c’è oltre questo quadro così sofferente?

    R. – Con questo ritratto non ho voluto far vedere la sofferenza fisica del Papa, ma andare oltre quella sofferenza, oltre la stessa realtà.

    D. - Un dipinto che comunque colpisce per la drammaticità ed i colori rossi. Il poeta Angelo Mundula lo ha paragonato all’Urlo di Munch…

    R. – Io non voglio paragonarmi a Munch, per carità, ci mancherebbe altro. Ogni volta che lo vedo, però, impressiona anche me.

    D. – La mostra romana è una parte, come ha anticipato, di 60 opere esposte in tanti Paesi del mondo, anche in Vaticano. Com’è pensato il percorso espositivo?

    R. – Tutta la mostra ha uno sviluppo complessivo, perché questi ritratti sono stati realizzati durante la vita di Giovanni Paolo II. E’ come un itinerario, un percorso di vita. Possiamo considerarlo quasi un documento della sua vita. E specialmente nelle ultime opere, quindi, si sente questo senso di andare oltre la vita stessa.

    D. – Una particolarità di questi quadri è che lei non ha voluto mostrarli quando Giovanni Paolo II era in vita…

    R. – Non li ho mai voluti far vedere per una sorta di rispetto per il grande Pontefice, che ho avuto l’occasione di incontrare alcune volte. Quando è morto, nel 2005, un monsignore mi ha chiesto proprio di vedere queste opere e, quando le ha viste, è rimasto positivamente impressionato per il messaggio cristiano. Ha voluto egli stesso preparare la prima mostra, inaugurata dal cardinale Furno.

    D. – Adesso, quindi, quali sono i suoi progetti?

    R. – Sono certamente molto legato a Giovanni Paolo II, ma sono molto legato anche a Benedetto XVI. Ci sono state le encicliche scritte da Benedetto XVI, su cui io non potevo non pensare di fare qualcosa. Sono stato trascinato da queste encicliche, specialmente l’ultima: quella dove, ad un certo punto, si parla di crisi economica, di problemi derivanti dalla politica, quella in cui si parla di problemi esistenti per le famiglie. E’ un po’ quello che stiamo vivendo oggi. Allora, quando un Papa parla in questo modo, è una grande innovazione. Io ho illustrato tutte le encicliche, specialmente l’ultima, e sto pensando di farne una pubblicazione ed esporla in tutto il mondo.

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    I problemi della società nel film “Tutti i nostri desideri” di Philippe Lioret

    ◊   Due donne di fronte al dolore e all’ingiustizia combattono per la famiglia e la giustizia: tratto liberamente dal romanzo di Emmanuel Carrère "Vite che non sono la mia", Philippe Lioret, dopo “Welcome”, riesce nuovamente ad affrontare nel suo ultimo film “Tutti i nostri desideri” i grandi problemi che affliggono oggi la società, calandoli nella dimensione intima delle famiglie e degli individui. Una lezione di stile e di umanità. Il servizio di Luca Pellegrini:

    “La signora deve imparare a controllarsi e a non firmare offerte di credito una dopo l’altra. Abbiamo appurato che è una consumatrice compulsiva e quindi non merita alcuna indulgenza particolare, tanto più che la Crefiref ha già chiuso un occhio perché lei rispettasse i suoi impegni, cosa che invece lei non ha fatto, anzi: ha contratto nuovi prestiti”.

    I fatti sono attualissimi: carte di credito e crisi economica, miraggi di benessere e sovraindebitamento globale, migliaia di famiglie strozzate dai debiti. Ci sono, però, persone consapevoli che ne prendono le difese, come accade in “Tutti i nostri desideri”. Una di queste è Claire, giovane magistrato di Lione, madre felice, che un giorno si trova a dover giudicare Céline, due figli a carico e lo spettro della miseria davanti a sé. Tra le due donne nasce un’alleanza contro la deriva. Lioret decide i suoi film partendo sempre da un presupposto molto forte: “è l'ingiustizia che mi disgusta”, dichiara. Nel film si sommano le due battaglie di Claire, interpretata con delicatezza e misura da Marie Gillain: contro il sistema contaminato dalle regole del consumo e dal potere delle grandi finanziarie, contro la malattia che velocemente la consuma e che la sprona a trovare una soluzione per i figli che da lì a poco la perderanno. Prenderà delle decisioni coraggiose, appoggiandosi all'amicizia di un collega giudice, Stéphane, interpretato da Vincent Lindon. Tra diritti lesi, banche fameliche, la malattia che aggredisce, l’innocenza dei bambini e l’amore dei grandi, il film non mette mai in dubbio la bellezza e la forza che derivano dai rapporti familiari e il coraggio meraviglioso di una madre. Come si scopre nelle ultime immagini, la famiglia di Claire è davvero l'amore della sua vita. E lei cerca di proteggerla in tutti i modi.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    India: la missione dei gesuiti tra i tribali Katkari

    ◊   Spezzare il ciclo di povertà e sfruttamento di cui i tribali (adivasi) indiani sono vittime, insegnando loro a sfruttare le risorse di cui dispongono e preservando la loro dignità e integrità. È la missione del Janhit Vikas Trust (Jvt, "benessere delle persone"), Centro gesuita di animazione sociale che dal 1992 lavora in 20 villaggi del distretto di Raigad (Maharashtra) con i Katkari, popolazione tribale nomade e molto povera, non riconosciuta dal governo dello Stato. Per sopravvivere, lavorano come braccianti nella stagione dei monsoni, per poi migrare ed essere impiegati nelle miniere di carbone o nelle fabbriche di mattoni. Tra i Katkari è molto diffuso lo sfruttamento sessuale delle donne. "Il nostro obiettivo - spiega all'agenzia AsiaNews padre Diago D'Souza, direttore del Jvt - è aiutarli a conoscere e pretendere i loro diritti, senza allontanarsi dalla loro cultura". Per questo, l'attività del Jvt si articola in molti modi: programmi per generare e sviluppare fondi; progetti sanitari; corsi per diventare operai; lezioni di diritti umani; formazione di gruppi di microcredito e di auto-aiuto; istruzione di base e legale. Trattandosi di una popolazione nomade, i Katkari si dedicano solo a lavori stagionali, che si traducono in sfruttamento e salari bassi e irregolari. Quando a lavorare sono sia il marito che la moglie (nel migliore dei casi), la famiglia può contare su circa 350-400 rupie. Ma la loro condizione di migranti provoca un problema ancora più grave: l'analfabetismo. Spostandosi insieme alla famiglia infatti, i bambini non riescono ad andare a scuola, e crescono nutrendo le fila di una popolazione sempre più illetterata e indifesa. Per cambiare questa situazione, collaboratori del Jvt prelevano i bambini dalle baracche e li portano in scuole ambulanti, dove maestri pagati dal Centro gesuita insegnano loro inglese e matematica. L'educazione nei villaggi Kaktari è anche quella rivolta alla donna, spesso vittima di abusi e violenza domestica: nel tempo, sono aumentati corsi e seminari in cui si insegna alle donne i loro diritti, e a quali leggi ricorrere in caso di bisogno. Un altro problema che affligge questi adivasi è l'alcolismo. Pur vivendo in condizioni di estrema povertà, vi sono dei periodi dell'anno in cui il lavoro è più fruttuoso. Tuttavia, i soldi in più non vengono spesi per sistemare le baracche o comprare da mangiare, ma in alcol. Grazie a seminari Jvt, alcuni nuclei tribali hanno risolto tale questione. In alcuni casi, i volontari hanno aiutato la popolazione a formare dei gruppi di auto-aiuto, per inserirsi nel loro contesto culturale senza alienarli dalla loro identità. Infine, un'iniziativa lodevole è quella legata alle cure sanitarie. Ospedali e sanatori infatti sono pochi e molto lontani, e chiamare un medico costa più di 50 rupie. Così, il Centro gesuita insegna ai tribali a sfruttare le capacità curative di erbe e piante che trovano in natura, per creare unguenti, tisane, infusi e preparati per risolvere malesseri meno gravi, come raffreddore, diarrea, scabbia e febbre. (R.P.)

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    Australia: a Pentecoste inizia l’Anno di Grazia, per “Ripartire da Cristo”

    ◊   Inizierà dalla prossima Pentecoste 2012, il 27 maggio, e finirà con la Pentecoste 2013 un “Anno di Grazia”, lanciato dalla Conferenza episcopale dell’Australia. Come comunicato all’agenzia Fides dall’Ufficio comunicazioni sociali dell’arcidiocesi di Sydney, “non è un Anno durante il quale si deve correre, cercando di raggiungere un complesso di obiettivi”, bensì solo un Anno di riflessione, in cui “prendere piccole pause regolari, per potere accogliere la grazia di Dio” e ripartire per “vivere il dono dello Spirito Santo”. Il motto dell’Anno è infatti “Ripartire da Cristo”. Come ha spiegato il vescovo ausiliare di Sydney, mons. Peter Comensoli, “noi cattolici spesso crediamo di aver bisogno di fare un sacco di buone cose davanti a Dio, prima di ricevere i suoi doni. Ma non è così: Dio è sempre presente, è sempre lì per noi, offrendoci il dono del suo amore. Tutto quello che dobbiamo fare è accogliere questo dono traboccante di grazia, riconoscere la Sua amorevole presenza in quel dono, e quindi rispondere a Lui in rendimento di grazie”. Per dare suggerimenti utili ai fedeli, su come vivere questo Anno di Grazia, l’arcidiocesi ha creato un sito web (www.yearofgrace.catholic.org.au), che proporrà contenuti, incontri,opportunità di preghiera durante tutto l’anno. (R.P.)

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    African Day: garantire alle mamme e ai bambini africani il diritto alla salute

    ◊   In Italia, ogni 100 mila bambini che nascono, muoiono, per cause diverse, 12 mamme. In Sud Sudan ne muoiono 2.054, ossia 170 volte in più. In occasione della Giornata Mondiale per l’Africa, istituita in ricordo della fondazione dell'Unione Africana il 25 maggio 1963, dal 21 al 27 maggio l’organizzazione Medici con l’Africa Cuamm scende nelle piazze d’Italia per promuovere il diritto delle mamme africane a un parto gratuito e sicuro oltre che il diritto alla salute delle popolazioni africane. Saranno 5 giornate che vedranno impegnati centinaia di volontari e decine di eventi. L’African Day - riferisce l'agenzia Fides - prevede la presenza di punti informativi nelle principali città italiane, dove è possibile aderire attivamente alla campagna “Prima le mamme e i bambini”. Non mancheranno spettacoli ed eventi (concerti, incontri, mostre) per avvicinare ancora di più la cultura africana. L’iniziativa è organizzata e promossa dai gruppi locali del Cuamm in collaborazione con altre realtà del mondo dell’associazionismo e del volontariato. (R.P.)

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    Sri Lanka: dopo 30 anni di guerra civile mancano all’appello oltre 5.500 persone

    ◊   Tre anni dopo la fine della guerra civile tra il Governo di Colombo e il gruppo armato ribelle delle Tigri Tamil (Ltte), che lottavano per la proclamazione di uno Stato tamil indipendente, mancano all’appello ancora oltre 5.500 persone. Il Gruppo di Lavoro che si occupa delle Scomparse Forzate e Involontarie (Wgeid) dell’Alto Commissariato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite ha registrado almeno 5.671 casi, senza contare le persone scomparse nel periodo finale del conflitto, tra il 2008 e il 2009. Dopo circa 30 anni, il 18 maggio 2009 la guerra è finita. Le scomparse di massa - riferisce l'agenzia Fides - si sono registrate soprattutto tra il 2006 e il 2009. Secondo l’Organizzazione non governativa Christian Alliance for Social Action, terminata la guerra, molti di quelli che si arresero al’Esercito sono scomparsi, compreso un sacerdote cattolico e diversi leader del Ltte, oltre a giornalisti, attivisti per la difesa dei Diritti Umani e cooperanti umanitari. (R.P.)

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    Onu: la violenza in America Latina minaccia la stabilità sociale

    ◊   Un cittadino centroamericano su 50 morirà assassinato prima di compiere 32 anni a causa della violenza collegata principalmente alla criminalità organizzata e al narcotraffico: sono i drammatici dati diffusi dall’Onu, secondo cui il tasso di omicidi in America Centrale è fino a 400 volte più alto della media di alcuni paesi del pianeta. Se in Guatemala è di 39 omicidi su 100.000 abitanti, in Salvador è di 72 e in Honduras di 86, dieci volte la media mondiale. E’ stato lo stesso segretario generale del Palazzo di Vetro, Ban Ki-moon, a lanciare l’allarme sulla situazione che si riscontra soprattutto in questi tre paesi (noti anche come Triangolo Nord del Centroamerica) che scontano “livelli crescenti di violenza, alimentati dal crimine internazionale e dal traffico di stupefacenti. E’ più che un’ondata di omicidi, è una crisi che porta grande timore e instabilità nelle società”. Agli omicidi - riferisce l'agenzia Misna - si uniscono sequestri, traffico di esseri umani, di migranti, riciclaggio di denaro sporco e contrabbando di armi: la necessità di fermare la circolazione di armi, in particolare, “è un tema più urgente che mai”. Nassir Abdulaziz Al-Nasser, presidente dell’Assemblea generale dell’Onu, ha avvertito che “la violenza minaccia di far retrocedere i progressi raggiunti in termini di sviluppo, il che può portar a rivolte sociali e politiche”. (R.P.)

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    1150° Santi Cirillo e Metodio: conferenza internazionale a Roma

    ◊   Il Pontificio istituto orientale e la Pontificia università gregoriana di Roma ospiteranno una conferenza internazionale sulla vita e la missione dei santi Cirillo e Metodio in occasione del 1150° anniversario del loro arrivo nella regione della Grande Moravia. L’evento si terrà il 25 e 26 febbraio 2013, con il patrocinio del cardinale Jozef Tomko, prefetto emerito della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, e dell’arcivescovo Cyril Vasil, segretario della Congregazione per le Chiese orientali. “L’arrivo dei santi Cirillo e Metodio tra i nostri predecessori e l’utilizzo della loro lingua nella liturgia hanno contribuito in maniera determinante alla diffusione della fede e della cultura tra le popolazioni slave”, ha dichiarato il cardinale Tomko, esprimendo l’auspicio che la conferenza di Roma promuova la conoscenza della loro attività e missione. Interverranno all’incontro, tra gli altri: il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della cultura; Samir Khalil Samir, del Pontificio istituto orientale; Dimitrios Salachas, esarca di Atene; l’arcivescovo di Praga, cardinale Dominik Duka; l’arcivescovo di Cracovia, cardinale Stanislaw Dziwisz; Christian Hannick, professore emerito dell’Università Julius-Maximilians di Würzburg. Durante la conferenza - spiega l'agenzia Sir - si affronteranno diverse tematiche come il contesto storico-politico della missione dei santi Cirillo e Metodio tra gli slavi; questioni teologiche e pastorali alla luce della loro attività; la relazione tra la traduzione della Sacra Scrittura e lo sviluppo delle culture nazionali; la visione ecclesiologica dei santi Cirillo e Metodio in relazione all’ecumenismo; la continuità tra le idee cirillo-metodiane e la tradizione delle nazioni slave. (R.P.)

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    Paraguay: pannelli solari portano internet nelle scuole senza elettricità

    ◊   Secondo il segretario generale dell’Organizzazione degli Stati Iberoamericani (Oei), grazie ad un programma pilota che prevede l’istallazione di pannelli solari, 100 collegi di zone rurali e di difficile accesso della zona, potranno disporre di internet. La Campagna, denominata “luce per imparare”, intende portare elettricità a circa 60 mila scuole entro il 2014. Con questo progetto, bambini e insegnanti potranno accedere alle nuove tecnologie e uscire dall’isolamento che limita il loro stato sociale. I promotori del progetto confidano che con queste opportunità diminuisca anche la violenza. A causa della difficoltà dei trasporti dei pannelli, le zone amazzoniche o quelle andine potrebbero essere penalizzate. La Oei si occuperà di organizzare corsi di formazione per gli insegnanti per l’uso di queste nuove tecnologie, e campagne di sensibilizzazione per incoraggiare le comunità a fare proprio il progetto, occupandosene direttamente, gestendolo e arrivando in futuro a sostenerlo. Inoltre, l’industria dei pannelli solari porterà anche nuove opportunità di lavoro e formazione. (R.P.)

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    Italia: affluenza in calo al secondo turno delle amministrative

    ◊   Oggi si vota in Italia per il secondo turno delle amministrative. Alle 12 aveva votato il 10,3%, un dato in calo rispetto al 12,8% del primo turno. La tornata riguarda 118 comuni, di cui 16 capoluoghi di provincia tra cui Palermo, Genova e L’Aquila. Seggi aperti anche nel brindisino, nonostante l’attentato di ieri: il ministro degli Interni Cancellieri in queste ore aveva ribadito che non ci sarebbero state conseguenze sui ballottaggi. Complessivamente sono più di 4 milioni e mezzo gli italiani coinvolti. Oltre 5 mila le sezioni elettorali allestite, che chiuderanno stasera alle 22 e riapriranno domani dalle 7 alle 15. Subito dopo inizierà lo spoglio.

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    Serbia: ballottaggio per le presidenziali, favorito Tadic

    ◊   Urne aperte oggi in Serbia per il ballottaggio presidenziale. I seggi chiuderanno alle 20 e i primi risultati sono attesi in serata. Secondo i sondaggi, il presidente uscente Boris Tadic è favorito rispetto al rivale Tomislav Nikolic, di area conservatrice. Al primo turno entrambi hanno ottenuto una percentuale pressoché identica, attorno al 25 per cento dei consensi. La tornata coinvolge poco più di 6,7 milioni di elettori, in circa 8.400 seggi 38 dei quali all’estero. Alle urne si recano anche 109 mila serbi del Kosovo, dove le operazioni di voto sono state facilitate dal personale Osce.

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    Con "Reality" di Matteo Garrone, prosegue il Festival di Cannes

    ◊   Essere o apparire? La questione, antica, ma resa urgente dalle dinamiche contemporanee, fluttua nell’aria sul lungomare di Cannes, dove fama e anonimato, lusso e miseria, drammatica serietà e allegra euforia scorrono in parallelo senza mai incrociarsi. Il tema è anche lo sfondo su cui si muovono i personaggi di “Reality” di Matteo Garrone che, attingendo a quell’umorismo di stampo pirandelliano che ritroviamo nelle assurdità della vita, racconta le vicende di un estroverso pescivendolo napoletano: le insistenze della famiglia lo gettano nell’illusoria trappola del reality show più famoso degli ultimi anni, “Il Grande Fratello”. Attraverso un meccanismo di messa in scena, che come un vortice si chiude intorno al suo protagonista, Garrone crea un dispositivo narrativo di indubbia efficacia, che ha il duplice effetto di avvincere lo spettatore al tormento di un’anima perduta e al contempo di farlo riflettere sul perverso ruolo di quelle strategie televisive che hanno geneticamente modificato la società italiana, inchiodandola alla volgarità quotidiana del nostro presente. Un tale vuoto di valori non è tuttavia una prerogativa dell’Ovest europeo. Anche l’Est soffre di quell’indifferenza che chiude i cuori e le menti alla pietà. È quanto si vede in “Beyond the Hills" di Cristian Mungiu, che - a distanza di cinque anni dalla Palma d’oro per “Quattro Mesi, Tre Settimane, Due Giorni” - ritorna sulle vicende tragiche che ripetutamente scuotono la Romania. Qui il centro motore dello sviluppo narrativo è un fatto di cronaca piuttosto noto, quello di una ragazza considerata indemoniata e fatta oggetto di una violenta pratica esorcistica da parte dei religiosi di un monastero ortodosso, fino a provocarne la morte. Ma, come nel film precedente, il senso non sta tanto nella vicenda centrale, peraltro drammatica, dolorosa e ben interpretata da uno stuolo di attori straordinari, quanto nei dettagli di ciò che la circonda, quell’assoluto non valore dell’esistenza umana che porta all’incoscienza di sé e degli altri. Se nelle prime proiezioni del Festival avevamo notato la presenza dell’amore come filtro per inquadrare il presente, in queste seconde prove è proprio il contrario a venire alla luce, ovvero la mancanza dell’amore come motivo scatenante del caos del mondo. Lo testimoniano anche alcuni film delle sezioni parallele, come “Student” di Darezhan Omirbaev, che adatta “Delitto e Castigo” per stigmatizzare con rigore stilistico la decadenza morale del Kazakhstan, o “Le Repenti” di Merzak Allouache, che testimonia l’assoluta inconsistenza di una pace sociale in Algeria, o ancora "La Sirga" di William Vega, che rappresenta efficacemente la disperazione dei deboli di fronte alla piaga della guerra civile colombiana. Insomma, per trovare un po’ di speranza bisogna andare nel nuovo mondo, quello che ci descrive poeticamente “Beasts of the Southern Wild” di Benh Zeitlin, storia di un gruppo di diseredati resistenti del sud degli Stati Uniti. Ma qui lo sguardo è quello della protagonista bambina. E come sappiamo le vicende dell’infanzia, una volta vissute, si trasformano in leggenda. Da domani la realtà riprenderà il sopravvento. (Da Cannes, Luciano Barisone)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 141


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