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Sommario del 18/05/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI ai vescovi Usa: la nostra fedeltà al Vangelo può costare cara
  • Il Papa per i 40 anni dell'Opam: rinnovare l'impegno per l'istruzione nei Paesi poveri
  • Altre udienze e nomine
  • Cortile dei Gentili a Barcellona: il dialogo passa attarverso la bellezza
  • Presentata l’istituzione di una nuova Cattedra presso la Lumsa, intitolata alla figura di Paolo VI
  • Il cardinale Maradiaga: per Caritas Internationalis comincia una nuova fase
  • Nuovo sito web per la Pontificia Commissione per l'America Latina
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Crisi economica e non solo: al vertice G8 di Camp David si parla anche di sicurezza alimentare
  • Sudan. L'Italia a Kharthoum: si torni a negoziare sulla linea dell'Onu
  • Sale la tensione in Somalia dopo la minaccia dei pirati di uccidere gli ostaggi
  • Katholikentag. Padre Einrich: cattolici tedeschi riuniti per rilanciare il volto della Chiesa in Germania
  • A Vicenza, aperta l'ottava edizione del Festival Biblico
  • I giovani campani al 26.mo Meeting di Pompei per parlare di fede e legalità
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Il cardinale Scola presenta l’Incontro mondiale delle famiglie di Milano
  • Madagascar. Le Chiese cristiane denunciano: democrazia calpestata
  • 17 vescovi all’Ue: trasparenza finanziaria per industrie estrattive nei Paesi in via di sviluppo
  • Lunedì 21 maggio si apre la 64.ma assemblea generale della Conferenza episcopale italiana
  • “Lifeday 2012”: festa del popolo della vita domenica 20 maggio in Vaticano
  • Bolivia: 20 mila bambini abbandonati dai genitori e 800 mila minori lavoratori
  • Honduras. Chiesa indignata per l'omicidio del giornalista Alfredo Villatoro
  • Mons. Miglio: immigrati, occasione per rivedere i nostri modelli di sviluppo
  • Pellegrinaggi alla Madonna di She Shan in attesa della Giornata di Preghiera per la Chiesa in Cina
  • Corso sui metodi naturali all’Università Cattolica di Roma
  • Festival di Cannes: il mondo visto attraverso il filtro dell'amore
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI ai vescovi Usa: la nostra fedeltà al Vangelo può costare cara

    ◊   Sostegno all'immigrazione, fedeltà al Vangelo nonostante il prezzo da pagare e vicinanza alle persone consacrate: questo, in sintesi, il senso del discorso del Papa, stamani, ai 15 presuli di rito orientale della Conferenza episcopale degli Stati Uniti d'America, in visita "ad Limina". Con l’appuntamento terminano sei mesi di visite quinquennali in Vaticano dei vescovi statunitensi. Il servizio di Giada Aquilino:

    Un incontro con i vescovi delle diverse Chiese orientali presenti negli Stati Uniti che incarnano “in modo unico la ricchezza etnica, culturale e spirituale” della comunità cattolica americana, del presente e del passato. Questa l’udienza del Papa ai presuli statunitensi, a conclusione della loro visita "ad Limina" e di fronte alle “pressanti sfide” che si presentano oggi alla Chiesa americana. Storicamente, ha ricordato Benedetto XVI, la Chiesa in America “ha lottato per riconoscere e integrare” tale diversità ed è riuscita, “non senza difficoltà”, nel forgiare una comunione in Cristo e nella fede apostolica tipica di tutta la Chiesa. Nei sei mesi di colloqui con i rappresentanti della Conferenza episcopale degli Usa, due sono stati i “punti specifici” che il Papa ha ritenuto “essenziali” per la missione dei vescovi nel guidare “il gregge di Cristo” tra le difficoltà, ma anche tra le opportunità del tempo presente.

    Il Pontefice ha innanzitutto elogiato gli “sforzi incessanti” dei vescovi nel rispondere al fenomeno dell’immigrazione in corso nel Paese. “La comunità cattolica negli Stati Uniti - ha spiegato il Santo Padre - continua con grande generosità ad accogliere ondate di nuovi immigrati”, fornendo loro assistenza pastorale, accoglienza caritativa, supporto per regolarizzarne la situazione, soprattutto per quanto riguarda i ricongiungimenti familiari.

    “A particular sign of this is the long-standing commitment…
    Un “segno particolare” è “il perdurante impegno dei vescovi americani per la riforma dell’immigrazione”. Si tratta chiaramente, ha proseguito il Papa, “di una questione difficile e complessa” dal punto di vista civile e politico, sociale ed economico, ma “soprattutto umano”. Ciò sta quindi profondamente a cuore alla Chiesa, poiché si tratta di garantire “un trattamento giusto e la difesa della dignità umana” degli immigrati".

    Anche ai giorni nostri, ha aggiunto Benedetto XVI, la Chiesa in America “è chiamata ad accogliere, integrare e coltivare” il ricco patrimonio di fede e cultura delle comunità di immigrati, non solo dei “vostri propri riti” - ha ricordato il Pontefice ai vescovi – ma anche dei folti gruppi di cattolici ispanici, asiatici e africani. L’“impegnativo compito pastorale” di promuovere una comunione di culture all’interno delle Chiese locali, ha detto ancora il Santo Padre ai presuli, deve essere considerato di “particolare importanza nell’esercizio del vostro ministero al servizio dell’unità”. Tale comunione – ha proseguito – comporta più di un semplice rispetto della diversità linguistica, della promozione di sane tradizioni, dell’assicurazione di programmi sociali e servizi “tanto necessari”. Richiede un impegno costante di predicazione, catechesi e pastorale volto “a ispirare in tutti i fedeli un senso più profondo della loro comunione nella fede apostolica” e della loro responsabilità per la missione della Chiesa negli Stati Uniti. Il significato di questa sfida “non può essere sottovalutato”: l’immenso patrimonio e le energie vibranti di una nuova generazione di cattolici stanno aspettando di essere sfruttati per “il rinnovamento della vita della Chiesa e la ricostruzione del tessuto sociale americano”.

    “This commitment to fostering Catholic unity is necessary…
    Questo impegno” a promuovere tale unità è necessario - ha spiegato Benedetto XVI - non solo “per affrontare le sfide positive della nuova evangelizzazione”, ma anche “per contrastare le forze di disgregazione all’interno della Chiesa, che sempre più rappresentano un grave ostacolo alla sua missione negli Stati Uniti”.

    Il Pontefice - ricordando l’appello pronunciato durante la sua visita negli Usa nel 2008 - ha detto di apprezzare, quindi, “gli sforzi compiuti per incoraggiare i fedeli”, a livello individuale e di comunità ecclesiali, per andare avanti insieme, “parlando con una sola voce” per affrontare le urgenze del giorno d’oggi.

    Negli incontri della visita "ad Limina", ha ricordato il Papa, è emersa inoltre “la preoccupazione” dei vescovi a costruire “relazioni sempre più forti di amicizia, collaborazione e fiducia” con i sacerdoti. L’esortazione di Benedetto XVI è stata anche quella ad “essere particolarmente vicini agli uomini e alle donne” delle Chiese locali che si impegnano a seguire Cristo sempre più “perfettamente e generosamente”, abbracciando i consigli evangelici:

    “I wish to reaffirm my deep gratitude for the example of fidelity... and self-sacrifice given by many consecrated women…”

    Il Santo Padre ha quindi ribadito la propria “profonda gratitudine per l’esempio di fedeltà e abnegazione” dato negli Usa da molte donne consacrate e ha sollecitato a sostenerle nella preghiera affinché “questo momento di discernimento porti abbondanti frutti spirituali per la rivitalizzazione e il rafforzamento delle loro comunità” in spirito di "fedeltà" a Cristo e alla Chiesa, come insegnano i carismi di fondazione. La “necessità urgente” nel nostro tempo di testimoni credibili della potenza del Vangelo - ha proseguito - “rende indispensabile ricuperare il senso della dignità sublime e la bellezza della vita consacrata”, pregando e promuovendo attivamente le vocazioni religiose, rafforzando la comunicazione e la cooperazione, in particolare attraverso i delegati di ogni diocesi.

    L’auspicio finale del Pontefice è stato perché il prossimo Anno della Fede - che si aprirà in ottobre, nel cinquantesimo del Concilio Vaticano II - “risvegli il desiderio di tutta la comunità cattolica americana” di riappropriarsi “con gioia e gratitudine” del tesoro inestimabile della nostra fede.

    “With the progressive weakening of traditional Christian values….
    Con il “progressivo indebolimento” dei valori tradizionali cristiani e “la minaccia di una stagione in cui la nostra fedeltà al Vangelo può costarci cara”, la verità di Cristo - ha sottolineato il Papa - ha bisogno non soltanto di essere capita, articolata e difesa, ma “proposta con gioia e fiducia come la chiave dell’autentica realizzazione umana e del benessere della società nel suo complesso”.

    Quindi il ringraziamento a Dio per “i segni di nuova vitalità e speranza” nella Chiesa statunitense, confermandola nella “delicata missione” di guidare la comunità cattolica nell’unità, nella verità e nella carità, di fronte alle sfide del futuro.

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    Il Papa per i 40 anni dell'Opam: rinnovare l'impegno per l'istruzione nei Paesi poveri

    ◊   Da 40 anni, l’Opera di promozione dell’alfabetizzazione nel mondo (Opam) sostiene progetti in molte aree povere del pianeta e per celebrare il quarto decennale di fondazione, Benedetto XVI ha indirizzato un Messaggio, a firma del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, al presidente dell’Opam, don Aldo Martini. Incoraggio, si legge nel testo, “a proseguire con rinnovato slancio l’impegno per favorire l’istruzione e l’educazione nei Paesi più svantaggiati”, in uno stile di reciproco arricchimento tra le diverse culture e fraternità tra le comunità ecclesiali”.

    Nel Messaggio, il Papa estende la sua benedizione anche ai partecipanti al Convegno internazionale promosso per l’occasione dell’Opam e in programma a Roma oggi e domani sul tema “Umanesimo della fragilità: lezioni dal Sud del mondo”. I dati più recenti indicano in 790 milioni gli adulti a tutt’oggi in condizioni di analfabetismo, dei quali circa 2/3 sono donne. In molti Paesi, addirittura, i picchi di analfabetismo femminile superano l'85%. Inoltre, alle cifre riguardanti gli analfabeti adulti, vanno aggiunti i 67 milioni di bambini in età di scuola primaria e 72 milioni di adolescenti in età di scuola secondaria di primo grado che non ricevono un'istruzione.

    Questa piaga ha sempre spinto la Chiesa ad adoperarsi per sanarla. Nella sua Esortazione Apostolica Africae Munus, pubblicata lo scorso anno, Benedetto XVI afferma che “l’analfabetismo rappresenta uno dei maggiori freni allo sviluppo. È un flagello – scrive – simile a quello delle pandemie. Certo – osserva – non uccide direttamente, ma contribuisce attivamente alla marginalizzazione della persona – che è una forma di morte sociale – e le rende impossibile accedere alla conoscenza”. Alfabetizzare l’individuo, sottolinea ancora il Papa, “significa farne un membro a pieno diritto della res publica, alla costruzione della quale potrà contribuire, e permettere al cristiano di accedere al tesoro inestimabile delle Sacre Scritture che alimentano la sua vita di fede”.

    Sull'importanza dell'alfabetizzazione, don Aldo Martini, si è soffermato al microfono di Davide Maggiore:

    R. – L’alfabetizzazione è la prima condizione per lo sviluppo umano: non c’è sviluppo se non c’è presa di coscienza dei propri diritti e dei propri doveri come persone umane. E’ stato un Messaggio che mi ha lasciato il cardinale Gantin, il quale mi ha detto: “Tutto ciò che la gente può perdere o può non avere in beni materiali, se ha istruzione lo può ricuperare in altro modo”. Cioè, l’uomo viene realizzato nei suoi diritti e nei suoi doveri proprio dall’istruzione.

    D. – Il sottotitolo del Convegno è: “Lezioni dal Sud del mondo”. Perché è così importante anche la reciprocità?

    R. – Questo mondo che noi consideriamo povero, beneficiario dei nostri aiuti, in realtà è un mondo molto ricco: mentre noi stiamo perdendo in umanità, loro hanno conservato molti valori che a noi vengono a mancare, perché abbiamo un umanesimo fondato soprattutto sull’avere piuttosto che sull’essere, fondato sul pensiero tecnologico, sul pensiero economico. Questi Paesi, al contrario, hanno mantenuto un rapporto con la vita, un rapporto con il prossimo molto più umano, direi molto più ricco del nostro. La fraternità è quel rapporto che permette di vedere nell’altro non soltanto un essere umano bisognoso, ma un fratello ricco di valori. Per questo ci mettiamo in ascolto volentieri di quelli che chiamiamo “i poveri del Terzo mondo”, perché abbiamo scoperto che hanno una grande saggezza, una grande sapienza. Se noi possiamo dare aiuti materiali, loro sono depositari di valori spirituali che bisogna far circolare tra le due parti del mondo: il Nord e il Sud. E questo spiega anche un po’ il senso del taglio che abbiamo voluto dare al Convegno: coloro che noi alfabetizzavamo e pensavamo che fossero recipienti in cui versare il nostro sapere, la nostra cultura, i nostri aiuti, in realtà sono quelli che ci stanno “rievangelizzando”, portandoci a quella riscoperta dei valori umani che la nostra cultura, la nostra civiltà occidentale sta perdendo.

    D. – Se dovesse tracciare un bilancio di questi 40 anni dell’Opam, su quali esperienze si soffermerebbe?

    R. – Quello che secondo me è il valore principale è che abbiamo creato ponti e relazioni con queste persone. Le esperienze più importanti dell’Opam sono essenzialmente queste: abbiamo scoperto che non è necessario costruire cattedrali nel deserto e che la carta vincente è insistere sull’alfabetizzazione delle donne, perché abbiamo visto che cercando di alfabetizzare la donna si porta cultura, si porta sviluppo. Infatti, specialmente in Africa, la donna è il motore del progresso. Abbiamo visto come l’alfabetizzazione dei bambini permetta di salvaguardarli dallo sfruttamento, perché un bambino che va a scuola è un bambino protetto: istruendo un bambino si salva il suo futuro, lo si prepara per essere, un domani, un cittadino in grado non soltanto di conoscere i suoi diritti e difenderli, ma anche di essere un leader nel proprio Paese. Un altro aspetto che abbiamo cercato di sviluppare, specialmente in questi ultimi anni, sono le scuole professionali. Non sempre la nostra cultura occidentale, che è piuttosto astratta, serve realmente allo sviluppo di un Paese che incomincia a fare i primi passi. Occorre che assieme all’istruzione di base, quindi all’istruzione primaria e secondaria, ci siano anche degli sbocchi lavorativi soprattutto in quegli ambienti nei quali i governi non arrivano: quindi nei villaggi, nelle zone più lontane da ogni progresso. Dove si crea una scuola, lì la vita del villaggio rifiorisce.

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza Episcopale Italiana e l’ambasciatore di Francia presso la Santa Sede, Bruno Joubert, per la presentazione delle Lettere Credenziali. Il diplomatico francese è nato il 29 luglio 1950. È sposato ed ha quattro figli. Laureato in Scienze politiche presso l'Institut d'Etudes Politiques de Paris ed ex allievo dell'École nationale d'amministration (1978), ha ricoperto i seguenti incarichi: Segretario di Ambasciata a Washington (1978-1982); Segretario per gli Affari economici della Comunità europea presso il Ministero degli Affari Esteri (1982-1985); Secondo Consigliere della Rappresentanza permanente di Francia presso le Comunità Europee a Bruxelles (1985-1990); Capo di Gabinetto del Segretario Generale del Ministero degli Affari Esteri (1990-1993); Direttore per le risorse umane presso il Ministero degli Affari Esteri (1993-1995); Direttore di Gabinetto del Ministro per gli Affari europei (1995-1997); Direttore per la Strategia presso il Ministero della Difesa (1997-2001); Ambasciatore e Rappresentante permanente presso l'OCSE a Vienna (2001-2003 ); Direttore del Dipartimento per l'Africa e l'Oceano indiano presso il Ministero degli Affari Esteri (2003-2006); Segretario Generale aggiunto presso il Ministero degli Affari Esteri (20062007); Consigliere diplomatico aggiunto, incaricato degli Affari africani, alla Presidenza della Repubblica (2007-2009); Ambasciatore in Marocco (2009-2012). Oltre il francese, parla inglese e spagnolo

    Nel pomeriggio è in programma l’udienza del Papa al cardinale William Joseph Levada, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.

    In Canada, Benedetto XVI ha nominato ausiliare dell’Arcidiocesi di Toronto mons. Wayne Kirkpatrick, del clero della diocesi di Saint Catharines, finora Presidente della Canadian Canon Law Society, assegnandogli la sede titolare di Aradi. Il presule è nato il 5 giugno 1957. Dopo l’educazione elementare e secondaria nelle scuole cattoliche, ha studiato presso l’University of Waterloo – St. Jerome’s College (1971-1976). Ha conseguito il Baccalaureato in Filosofia nel Resurrection College di Waterloo, Ontario, e il Baccalaureato in Sacra Teologia nel Seminario St. Augustine di Toronto (1980-1984). È stato ordinato sacerdote il 1° settembre 1984, per la diocesi di Saint Catharines. Ha ottenuto la Licenza in Diritto Canonico presso la St. Paul University di Ottawa (1988-1990). È stato nominato Prelato d’Onore di Sua Santità nel 1999.
    Dopo l’ordinazione sacerdotale ha ricoperto i seguenti incarchi: Vice-parroco della Cattedrale di St. Catharines (1984-1986); Vice-parroco della St. Kevin’s Parish di Welland e Cappellano delle prigioni (1986-1988); Vice Cancelliere, Vice-parroco della Cattedrale della diocesi di St. Catharines e Vicario giudiziale associato del Tribunale Regionale di Toronto (1990-1995); Cancelliere e Economo della diocesi di St. Catharines e Vicario giudiziale del Tribunale Regionale di Toronto (1995); Amministratore della St. Thomas Aquinas Parish (1995-1997); Parroco della St. Thomas Aquinas Parish (1997-2005); Vicario giudiziale della diocesi di St. Catharines (1998-2012); Consultore diocesano (1995-2004); Membro del Consiglio presbiterale (1999-2001); Membro del Consiglio direttivo dell’Hotel Dieu Hospital (2001-2004); Parroco della Cattedrale e Moderatore della Curia (2005-2012); Consultore del Consiglio Esecutivo dell’Associazione anglofona di Diritto Canonico (2002-2006); Membro del Consiglio Esecutivo dell’Assicurazione della Conferenza di Vescovi Cattolici dell’Ontario (2005-2008); Presidente del Clergy Aid Society (2008); Presidente del Consiglio presbiterale (2009). È stato Amministratore diocesano di St. Catharines (dal 13 aprile al 9 novembre 2010). Attualmente è Presidente della Canadian Canon Law Society.

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    Cortile dei Gentili a Barcellona: il dialogo passa attarverso la bellezza

    ◊   Dopo l’inaugurazione di ieri sera, il Cortile dei Gentili in corso a Barcellona sul tema “Arte, bellezza e trascendenza” è entrato oggi nel vivo con un nuovo momento di confronto fra intellettuali intrecciato con l’esecuzione di un quartetto d’archi. Anche quest’incontro della struttura vaticana dedicata al dialogo con i non credenti, che si concluderà oggi alla Sagrada Familia, è promosso, come di consueto, dal Pontificio Consiglio della Cultura. Dal capoluogo catalano il nostro inviato, Fabio Colagrande:

    ‘Può la bellezza salvare il mondo?’. Dopo l’inaugurazione nel Museo nazionale di arte catalana, il Cortile dei Gentili in corso a Barcellona riprende il cammino nell’Università cittadina per rispondere a questo celebre interrogativo di Dostoevskij. Sotto gli affreschi del paraninfo accademico, accompagnati dalla musica di Beethoven e Schubert, filosofi e storici dell’arte cercano quel nesso tra estetica ed etica evocato nel novembre del 2010 da Benedetto XVI proprio nella Santa Messa di dedicazione della Sagrada Familia di Antoni Gaudì. “La bellezza è rivelatrice di Dio – disse in quell’occasione il Papa – perché come Lui, l’opera bella è pura gratuità, invita alla libertà e strappa all’egoismo”. “Da Platone a Wittengstein, passando per San Tommaso d’Aquino, ricorda Francesc Torralba, filosofo e teologo catalano, nel pensiero occidentale la bellezza è sempre stata messa in connessione con la bontà”. “La bellezza è unità, come armonia delle differenze. La bellezza è verità poiché si oppone alla necessità, non la trova chi la cerca ma chi si fa sorprendere da essa”. “Tutta la bellezza del mondo – conclude - è un riflesso, una metafora dell’infinita bellezza di Dio”. Lo storico dell’arte Alessandro Zuccari, docente alla Sapienza, sottolinea invece l’identificazione tra bellezza e ‘pietas’ nelle opere di Caravaggio, che fu, al di là delle leggende nere, un “finissimo interprete dell’umanesimo cristiano”. Il Merisi rifuggiva dalla bellezza metafisica o ideale ma cercava nell’uomo l’immagine di Dio e in Dio quella dell’uomo. Insomma, come ricordava Simone Weil, già citata ieri al Cortile catalano, “Il bello è la prova sperimentale che l'incarnazione è possibile”.

    Daniel Giralt-Miracle, critico e storico dell'arte catalano, ha partecipato alla prima sessione del Cortile dei Gentili a Barcellona dedicata al tema "Arte, anima della cultura, cammino di trascendenza", svoltasi ieri presso il Museo Nazionale di arte catalana. Fabio Colagrande gli ha chiesto cosa ha caratterizzato questo incontro:

    R. - La sincerità di tutti i partecipanti, sia credenti che non credenti, ha caratterizzato l’evento; la sincerità con la quale tutti hanno parlato delle proprie idee, della bellezza, della trascendenza, della fede in Dio o in qualcos’altro . Un dibattito sincero, non un dibattito imposto, accademico, artificiale: ha parlato la vera voce della coscienza di tutti coloro che sono intervenuti.

    D. - In questo momento storico, l’arte, la bellezza, sono luogo di incontro fra credenti e non credenti?

    R. – Tutte le persone visitano musei e mostre d’arte. La presenza dell’arte è una presenza molto viva del dibattito di oggi. Il confronto più importante è stato quello sulla vita, sulla morte, sull’esistenza. Allora io credo che, in questo momento, la bellezza e l’arte possono essere una testimonianza, la via della fede verso l’autenticità vitale dell’esistenza umana.

    D. - Si è parlato anche di crisi economica, spesso ai danni della cultura: i governi tagliano subito in quel settore, l’arte, la cultura. Questo ci deve preoccupare?

    R. - Il governo italiano, quello francese, quello tedesco, si comportano allo stesso modo per quanto riguarda l’economia. Ma io credo che dopo questo ciclo storico l’uomo ritornerà alla spiritualità. È stato il materialismo che ha portato alla catastrofe, alla crisi. Siamo all’inizio di questo ciclo; però, alla fine l’uomo ritornerà alla fede, alla speranza, all’infinito.

    D. - Barcellona, la Catalogna, sono luoghi ideali per il Cortile dei Gentili, perché?

    R. - Perché la Catalogna è piccola, si trova in due mondi: quello della laicità e quello della Fede, e perché l’arte è l’espressione più forte della nostra personalità. Basta pensare al giovane Picasso o Dalì o Mirò ... questa è un’arte profondamente spirituale e terrena, che viene dalla terra ma ha un’ispirazione cosmica. Questa è la definizione della “catalanità”: una dimensione terrena ma con una vocazione cosmica, internazionale, trascendente.

    Sul senso del Cortile dei Gentili a Barcellona e sull’importanza della Sagrada Familia dal punto di vista artistico, teologico e liturgico, Fabio Colagrande ha intervistato padre Armand Puig I Tarrech, preside della Facoltà di teologia di Barcellona, organizzatrice dell’evento nel capoluogo catalano. Il sacerdote è anche autore del volume 'La Sagrada Familia secondo Gaudì, comprendere un simbolo':

    R. – Ritengo che il nostro Cortile, qui a Barcellona, abbia un grande, forte collegamento con la città, con i suoi interessi, con la sua vita ed anche con le sue speranze. Barcellona è una città vivace, moderna, aperta, e che ha sempre trovato nell’arte un modo molto preciso di esprimere se stessa. E qui, in questa città, l’arte è una realtà quotidiana, quindi non dobbiamo tralasciare questo punto ma fare in modo che il Cortile e la città camminino insieme.

    D. – Possiamo dire che uno dei motivi forti per la scelta di Barcellona, per questo nuovo incontro del Cortile, è il fatto che questa sia la città della Basilica della Sagrada Familia di Antoni Gaudì …

    R. – Chiaramente, il simbolo di Barcellona è la Basilica della Sagrada Familia. Gaudì lo aveva detto – quando stava ancora presentando questo suo sogno a delle persone che vedevano qui solamente un muro, un sassolino – “Faremo una grande Chiesa e questa Chiesa sarà visitata da tantissime persone e farà un gran bene spirituale a tutti”. Nessuno ci credeva: “questo progetto – dicevano - non lo finiremo mai, è troppo grande”. Ma Gaudì – come profeta mistico, come qualcuno che vedeva oltre le realtà immediate – aveva ragione. La Sagrada Familia non è soltanto una grande Chiesa, ma è diventata il simbolo della città, questo è molto importante: una città così vivace, moderna, cosmopolita che ha come simbolo la grande Chiesa di Gaudì.

    D. – Il Papa – il 7 novembre 2010 – ha definito questa Basilica una sintesi di arte, tecnica e fede: cos’è che rende unica la Sagrada Familia?

    R. – La forza di Gaudì si trova proprio nella sintesi: la sintesi non è soltanto una giusta posizione tra diversi elementi, ma è prendere questi elementi, organizzarli e sorpassarli, ovvero, la sintesi è una terza via, è qui la terza via è tra il gotico ed il bizantino.

    D. – Il Papa ha detto ancora che in questa Basilica, noi troviamo la sintesi di tre libri: quello della natura, quello della Sacra Scrittura e quello della liturgia. Cosa significa?

    R. – Il Santo Padre ci ha dato degli spunti molto interessanti, preziosi in quell’omelia del 7 novembre 2010, ed uno di questi è appunto questa triplice visione del libro. Il libro, per noi cattolici cristiani, è sempre la Sacra Scrittura, ma per Gaudì – e così per noi - anche la natura si può vedere come libro: la natura come libro significa, non soltanto che tu puoi leggere quello che la natura ti dà come riferimenti, per creare opere d’arte ma tu puoi riconoscere in questa natura le orme divine. E’ Dio che parla attraverso la natura, e per Gaudì questo era molto importante, perché lui non ha fatto queste “colonne-albero” per divertirsi, no, per Gaudì queste colonne sono l’opera di Dio, che poi le mani umane trasformano da legno in pietra. Queste colonne sono proprio alberi, ma poi nella facciata della Passione sono delle ossa, le ossa di Cristo crocifisso. Quindi, la genialità di Gaudì è appunto questa: il linguaggio architettonico può riprendere i grandi motivi teologici – la natura come opera di Dio, oppure il corpo di Cristo crocifisso – e poi far sì che diventino elementi architettonici. C’è poi la liturgia, Gaudì diceva: “Perché io voglio fare una grande Chiesa?” – questo lo diceva sempre – “perché io voglio che Dio sia lodato”. La lode è centrale, perciò sulle torri all’esterno della Basilica troviamo tante volte l’iscrizione “Sanctus, sanctus, sanctus” e lui diceva: “Io voglio che quando i taxi o quelli che passeggiano vedono questi elementi, queste scritte sulle torri, notino Dio”. Per Gaudì, quindi, la Sagrada Familia è il Vangelo in pietra, nel cuore della città e la prima voce che si sente dalla Basilica è questa: “Sia santificato il tuo nome”, lode di Dio, “Sanctus, sanctus, sanctus”. E’ chiaramente la risposta dell’uomo – travagliato da tanti affanni, preoccupazioni e difficoltà – ma che vede la luce del Signore nel cuore della città.

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    Presentata l’istituzione di una nuova Cattedra presso la Lumsa, intitolata alla figura di Paolo VI

    ◊   Dare un ulteriore contributo per promuovere lo studio e la conoscenza del ruolo di Papa Montini nella storia del Novecento. E’ la finalità dell’istituzione di una nuova Cattedra, intitolata alla figura di Giovanni Battista Montini – Papa Paolo VI, nell’ambito di un corso di Storia contemporanea della Libera Università Maria Santissima Assunta (Lumsa). L’iniziativa è stata presentata stamani nella Sala Stampa della Santa Sede. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Papa Montini è uno dei grandi protagonisti del XX secolo. “Pochi come Paolo VI – ha ricordato il cardinale Giovanni Battista Re che è stato suo stretto collaboratore – hanno saputo interpretare “le ansie, le inquietudini, le ricerche e le fatiche dell’uomo contemporaneo”:

    “Paolo VI resta nella storia, innanzitutto, per la sua guida del Concilio Vaticano II. Il merito di avere voluto e aperto il Concilio è di Papa Giovanni XXIII. Ma poi toccò a Paolo VI portarlo avanti con mano esperta, sicura, rispettosa dei Padri, ma ferma. Paolo VI resterà nei secoli anche come un Papa che ha amato e stimato il suo tempo ed ha guardato al mondo moderno con simpatia, cercando la riconciliazione fra epoca moderna e fede cristiana”.

    Come Pontefice – ha aggiunto il porporato - Paolo VI ha compiuto gesti che rimangono nella storia:

    “Fu il primo Papa a prendere l’aereo; fu il primo Papa a tornare in Palestina; fu il primo Papa che rinunciò alla tiara, donandola perché il ricavato fosse destinato ai poveri; fu il primo Papa a recarsi all’Onu; fu il Papa che abolì la corte pontificia, dando uno stile di vita più semplice alla Casa Pontificia”.

    Il corso approfondirà diversi aspetti della vita di Giovanni Battista Montini. Tra questi, “l'opera di formazione dei membri della Fuci” e “l'enorme attività di carità e di aiuto umano e sociale”, da Paolo VI organizzata e presieduta durante la Seconda Guerra Mondiale. L’iniziativa di istituire questa Cattedra - ha detto il prof. Giuseppe Dalla Torre, rettore della Lumsa – non intende solo approfondire dense pagine di storia, ma anche fornire validi strumenti educativi:

    “È una Cattedra in cui si approfondirà la figura, l’opera, le relazioni all’interno della Chiesa, in Europa, in Italia, nel mondo, del personaggio Montini; la sua spiritualità, la sua cultura. Noi coltiviamo molto la storia dei rappresentanti del mondo cattolico tra Ottocento e Novecento perché riteniamo che certe tradizioni vadano coltivate, vadano conosciute e fatte crescere. Per noi tante cose sono ovvie, ma per i ragazzi oggi non sono così scontate. Aiutare un giovane a comprendere meglio il mondo in cui si trova, il mondo da cui proviene e quali sono i nodi attuali, significa poi dargli la possibilità –se capace, se intelligente- di allargare queste conoscenze”.

    L’istituzione della Cattedra intende anche celebrare il comune interesse di Papa Paolo VI e di madre Luigia Tincani, fondatrice della Lumsa, per le sfide legate all’educazione e alla cultura cattolica. Il sistema del Credito Cooperativo italiano (BCC – Credito Cooperativo) sosterrà, per un triennio, la nuova Cattedra. Partecipazione e sostegno a questa iniziativa sono stati assicurati anche dall’Opera per l’Educazione Cristiana e dall’Istituto Paolo VI.

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    Il cardinale Maradiaga: per Caritas Internationalis comincia una nuova fase

    ◊   Per noi, delle Caritas di tutto il mondo, gli “Obiettivi del Millennio” sono una meta da raggiungere a ogni costo. Ad affermarlo è il cardinale Oscar Rodriguez Maradiaga, presidente di Caritas Internationalis, organismo che in questi ultimi mesi è stato coinvolto in una profonda opera di rinnovamento, con l’approvazione dei nuovi Statuti. Al termine della riunione del Comitato esecutivo di questi giorni a Roma, Emer McCarthy, della redazione inglese della Radio Vaticana, ha chiesto al cardinale Rodriguez Maradiaga una valutazione sull’avvio di questa nuova fase:

    R. – E’ stato un lavoro ben fatto, un lavoro lungo, un lavoro di collaborazione, perché ci sono stati tantissimi interventi, abbiamo anche sentito tante voci e dunque possiamo dire che si è arrivati a una meta veramente bella e desiderata, che darà vita a una fase di rinnovamento. Non è quello che a volte la stampa ha presentato quasi come un intervento dall’alto. Io lo vedo più come un desiderio di collaborare per fare meglio il nostro lavoro.

    D. – C’è stata la riunione con i rappresentanti dei nuovi Consigli e adesso la prima riunione del Comitato esecutivo della Caritas Internationalis

    R. – E’ un segno di speranza. Siamo contenti di poter continuare con il nostro lavoro. Anche il Santo Padre ci ha detto una parola di incoraggiamento e trovo nei membri rappresentanti dei nuovi Consigli sempre un grande desiderio di lavorare per far sì che l’amore di Dio possa essere una realtà, soprattutto in mezzo a quelli che ne hanno più bisogno.

    D. – Quali sono le preoccupazioni principali, le sfide più grandi che adesso deve affrontare o sta cercando di affrontare la Caritas?

    R. – C’è sempre una grande sfida alla povertà. All’ultima assemblea abbiamo detto: “Zero poverty, one humanity”. La “povertà a zero” sembra un’utopia, però è necessario sognare altrimenti non si arriva da nessuna parte e noi abbiamo quell’entusiasmo. Lei sa che dall’anno 2000 esistono i famosi “Millennium goals”: oggi nessuno parla di questo e si arriverà al 2015 senza dimezzare veramente la povertà nel mondo, mentre il proposito della Caritas è di lavorare proprio per questo.


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    Nuovo sito web per la Pontificia Commissione per l'America Latina

    ◊   A poco meno di due mesi dal viaggio apostolico di Benedetto XVI in Messico e a Cuba, la Pontificia Commissione per l’America Latina (Cal) apre un nuovo sito web. "Non vi è niente di meglio per inaugurare questa pagina web” che farlo – scrive il cardinale Marc Ouellet, presidente dell’organismo vaticano – “quando è ancora viva l'impressione grata e luminosa” della visita del Papa nei due Paesi latinoamericani. “Vorremmo – sottolinea ancora il porporato – che questa pagina web servisse come mezzo di comunicazione con tutti i Vescovi dell'America Latina e con ciascuno dì essi, con gli Episcopati, con il Celam, con molti altri Organismi, comunità e movimenti dei diversi paesi latinoamericani, e con chi è interessato alla missione della Chiesa nel continente della speranza". "Vorremmo che fosse anche – soggiunge – di utilità per i vari dicasteri e organismi della Curia Romana, tanto come destinatari di informazioni, riflessioni e programmi, che per comunicare ì propri orientamenti e attività". Tra i contenuti del sito, si spiega nel comunicato della Pontificia Commissione, si trovano informazioni sulla , la storia e le attività della Cal e diverse Sezioni attinenti alla realtà latinoamericana: documenti pontifici ed episcopali, eventi significativi, "notizie importanti", esperienze e testimonianze di evangelizzazione, articoli di riflessione e dibattito, presentazione di libri e altro.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Cattolici uniti al servizio della missione della Chiesa: Benedetto XVI a conclusione della visita "ad limina" dei vescovi statunitensi.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, i profughi sudanesi allo stremo.

    Quant'è difficile dormire: in cultura, sul perché uno stato da sempre onorato è diventato estremamente difficoltoso, il saggio di Claudio Risé contenuto nell'ultimo numero della rivista "Vita e Pensiero".

    Gilbert Tsogli sul convegno, alla Pontificia Università Urbaniana, dedicato all'Africa, e un'intervista al rettore, Alberto Trevisiol.

    René Girard e il Battista: Oddone Camerana a proposito dei "silenzi della Bibbia".

    Nell'universo arabo la lettera è donna: Simona Verrazzo su una mostra, a Roma, dedicata alla calligrafia.

    L'estate è già finita: è morta Donna Summer, regina della disco music.

    La "Cenerentola" educazione: un convegno, a Milano, sulla famiglia ai tempi della crisi.

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    Oggi in Primo Piano



    Crisi economica e non solo: al vertice G8 di Camp David si parla anche di sicurezza alimentare

    ◊   La crisi dell'Eurozona, il problema della Grecia a rischio di uscire dall'area euro, ma anche l'exit-strategy dall'Afghanistan, alla vigilia del Vertice Nato di Chicago, e il deteriorarsi della situazione in Siria sono i temi in agenda, oggi e domani, a Camp David alla riunione dei capi di Stato e di governo degli otto "grandi" del Pianeta: Stati Uniti, Canada, Giappone, Russia, Germania, Francia, Italia e Gran Bretagna. Ma una delle priorità del vertice G8 negli Usa è anche la sicurezza alimentare. Salvatore Sabatino ne ha parlato con Sergio Marelli, direttore generale della Focsiv, la Federazione delle organizzazioni cristiane del volontariato:

    R. - Oltre alla grande questione della crescita, dell’economia e quindi delle politiche di sicurezza economiche e sociali, fortunatamente questo G8 - per volontà della presidenza americana - ha voluto mantenere nelle grandi priorità la questione della sicurezza alimentare. E’ ormai un tema che, dall’Aquila in poi, continua a rivestire grande importanza nei vertici degli otto "grandi" della terra e quindi fa piacere che anche in questa edizione di Camp David la questione della fame del mondo e della sicurezza alimentare sia tra i grandi punti della discussione.

    D. - Le Ong internazionali, però, in un documento, hanno chiesto che non venga dimenticata e messa in secondo piano la fame del mondo e questo forse anche in risposta ad una proposta americana che sta facendo discutere…

    R. - Sì, nel senso che, detta la grande soddisfazione per la tematica inserita nelle priorità, resta poi qualche preoccupazione di troppo entrando un po’ nel merito della questione. Questa “New Alliance”, l'iniziativa per una nuova alleanza lanciata dall’amministrazione statunitense che ha scelto unilateralmente i Paesi da inserire - Ghana, Tanzania, Etiopia e Benin - lascia un po’ la grande preoccupazione di una scelta unilaterale, piuttosto proiettata a favorire ulteriori mercati, ulteriori commercializzazioni per i Paesi ricchi piuttosto che affrontare questo grande scandalo della fame nel mondo, che ancora oggi - non dimentichiamolo - colpisce un miliardo di persone.

    D. - Si ha sempre l’impressione che in questi grandi eventi che coinvolgono i Paesi più industrializzati vengano lasciati un po’ da parte, invece, i Paesi poveri. Anche in questo caso sarà così?

    R. - Da quando il governo Berlusconi - va riconosciuto - aveva invitato un ampio numero di Paesi a discutere con il G8 e aveva associato a questa discussione anche le grandi agenzie internazionali che si occupano di fame e di alimentazione, a partire da Fao e Ifad, questa volta il gruppo dei Paesi ammessi è molto ristretto. C’è quindi un rischio che i Paesi poveri, quelli che maggiormente soffrono oggi la fame, siano un po’ ai margini dell’agenda, delle discussioni, soprattutto delle soluzione che verranno decise a Camp David.

    D. - Insomma le decisioni sulla crisi economiche posano, di fatto, un grossa ombra su questo argomento?

    R. - Sicuramente resta il grandissimo problema della comunità internazionale: pur condividendo che non si possa fare a meno di parlare di ripresa economica, questo tuttavia non deve assolutamente far dimenticare la grande responsabilità che gli otto Paesi più ricchi del mondo hanno nei confronti delle povertà, della fame e della violazione dei diritti umani nei Paesi del sud del mondo.

    D. - Tra l’altro, per la prima volta dal G8 di Genova, non è previsto in questo vertice alcun incontro con la società civile: questo è un elemento che in molti definiscono preoccupante…

    R. - E’ stata la grande sorpresa. Sinceramente ci aspettavamo che dall’amministrazione Obama ci fosse continuità in questo senso. La notizia, appresa circa un mese fa, che per la prima volta da Genova non c’è la possibilità per i rappresentanti delle organizzazioni delle società civili di affiancare e di interloquire con i lavori del vertice del G8 è stata davvero una amara sorpresa, una brusca interruzione di una tradizione, di una prassi che ormai da 10 anni a questa parte si era consolidata e che consentiva soprattutto alle Ong dei Paesi poveri di far sentire la propria voce ai "grandi" della terra.

    D. - Si potrà ovviare in qualche modo a questo mancato invito?

    R. - Sicuramente stiamo facendo la nostra parte. Le Ong americane comunque stanno organizzando delle manifestazioni alternative e ancor più oggi che non c’è data possibilità di parlare direttamente con i leader del mondo. Noi continueremo a far sentire la nostra voce, continueremo in quanto Ong e in quanto Focsiv a far sentire la voce di chi, sempre più, non ha voce nelle grandi assise internazionali.

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    Sudan. L'Italia a Kharthoum: si torni a negoziare sulla linea dell'Onu

    ◊   Il conflitto tra Nord Sudan e Sud Sudan continua a destare allarme nella comunità internazionale. Oggi, a Roma, il ministro italiano degli Esteri, Giulio Terzi, ricevendo alla Farnesina il suo omologo sudanese, Ali Ahmed Karti, ha espresso preoccupazione per l’attuale stato di tensione tra Kharthoum e Juba. Terzi ha esortato alla ripresa dei negoziati e ha espresso l’auspicio che venga applicata la Risoluzione 2046 del Consiglio di sicurezza dell’Onu, che il 2 maggio scorso ha chiesto l’interruzione immediata degli scontri e il ritiro dei due eserciti entro i propri confini. Ieri, intanto, è giunto a Kharthoum l’ex presidente sudafricano, Thabo Mbeki, in qualità di mediatore dell’Unione Africana, che tenterà di riavviare tra le parti i colloqui di pace, interrotti ad Addis Abeba nell’aprile scorso a causa delle violenze tra i due Paesi, che si contendono le zone di confine ricche di petrolio. Quali speranze di riuscita ha questo nuovo tentativo diplomatico? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Michele Luppi, giornalista esperto di Africa:

    R. – La speranza c’è, assolutamente. Però, rimangono grandi difficoltà. Non dobbiamo dimenticare che i tre punti che ancora rappresentano i nodi principali da sciogliere nelle relazioni tra Sudan e Sud Sudan, ovvero la questione dei confini, la questione della cittadinanza e la questione della ridistribuzione dei proventi del petrolio: sono gli stessi nodi che di fatto sono presenti dal 2005, quando venne firmato l’accordo di pace che mise fine alla guerra tra Juba e Khartoum. E sono gli stessi nodi che nei sei anni di transizione che hanno preceduto l’indipendenza del Sud Sudan non sono stati risolti. Quindi, è difficile ipotizzare che nei pochi mesi che l’Onu ha stabilito come tempo limite per trovare un accordo si riesca ad arrivare a una soluzione completa. Certo, che si possa iniziare un percorso che porti a un miglioramento della situazione, quello lo si auspica.

    D. – Sembra una guerra unicamente per la gestione del petrolio. C’è qualcos’altro, invece, scaturito dopo l’indipendenza del Sud Sudan?

    R. – Certamente, il petrolio è fondamentale per entrambi i Paesi. Per il Sud Sudan i proventi del petrolio rappresentano il 98 per cento del budget dello Stato. Però, non bisogna dimenticare che tutti gli oleodotti che servono al Sud Sudan per commerciare il petrolio vanno a Nord e quindi è chiaro che, senza un accordo con Kharthoum, il Sud Sudan non può esportare. Dall’altra parte, però, la rendita di questo transito del petrolio è fondamentale anche per il Sudan. Certamente, ci sono anche altre questioni legate alle dispute sui confini. Il problema è che qualsiasi accordo che venga preso tra Juba e Khartoum non può prescindere dal coinvolgimento delle popolazioni locali, che rivendicano autonomia, potere e anche il diritto di poter decidere della propria vita. Noi, oggi, nel Sud Kordofan, così come nel Blu Nile, abbiamo popolazioni che avevano lottato per l’indipendenza assieme ai miliziani del Sud Sudan e che oggi si trovano a far parte di quel Paese che hanno sempre combattuto. Senza poi dimenticare un’ultima cosa: la questione dei Monti Nuba. Nei Monti Nuba abbiamo una situazione di violenze e di soprusi nei confronti della popolazione, perpetrate dall’esercito del Sudan, che ha provocato 400 mila profughi nell’ultimo anno.

    D. – Come giudicare l’atteggiamento di Khartoum che si ostina a negare quello che dicono molti rapporti di Organizzazioni non governative, e cioè che esiste – soprattutto nel Kordofan – una grave situazione umanitaria?

    R. – Kharthoum ha sempre giustificato i propri interventi, sia in Sud Kordofan sia nel Darfur, come azioni contro milizie insorte contro il governo e quindi, in un certo senso, come una questione interna. Dall’altra parte, Kharthoum ha sempre visto il ruolo delle Ong internazionali nella logica di Bashir come al soldo degli Stati Uniti, al soldo dell’Occidente e al soldo anche del Tribunale penale internazionale, che ha emesso un mandato di cattura nei suoi confronti, quindi una sorta di logica di accerchiamento internazionale nei suoi confronti. Questo è un modo per giustificare i suoi interventi e anche per cercare di ricompattare la sua stessa maggioranza e per evitare che quelli che sono comunque le sue spine nel fianco – perché anche all’interno del Sudan, Bashir ha delle opposizioni – possano prendere piede.

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    Sale la tensione in Somalia dopo la minaccia dei pirati di uccidere gli ostaggi

    ◊   In Somalia, s’intensifica ulteriormente la lotta alla pirateria. Minacciata l’uccisone degli equipaggi dopo il raid coordinato dall’UE, avvenuto il 15 maggio scorso, sul villaggio-base di Handulle, nella regione di Mudug, lungo la costa centrale del Paese. Attualmente, partecipano alla missione navale antipirateria Atlanta 17 Paesi. A causa della crisi economica, non ne fa più parte la Grecia, E anche Londra uscirà a fine mese a causa di tagli interni. A pattugliare le acque del Golfo di Aden, anche le navi Nato e quelle di altri Paesi come Usa, Russia, Cina, Iran, India. Ad oggi, restano nelle mani dei pirati circa 17 navi e oltre 300 marinai. Massimiliano Menichetti ha parlato delle strategie di contrasto del fenomeno con Nicolò Carnimeo, docente di Diritto della navigazione all’Università degli Studi di Bari e autore del libro “Nei mari dei pirati”, edito da Longanesi:

    R. – Innanzitutto, dobbiamo dire che quella con la pirateria è una vera e propria guerra marittima e come in ogni guerra c’è un’escalation della violenza e nelle azioni. Comunque, i raid a terra non sono una novità, nel senso che erano già previsti da una risoluzione del Consiglio di sicurezza. Saranno realizzati, vedrete, non solo in Somalia ma anche nelle altre basi dei pirati come alle Isole Seychelles, alle Isole Andamane… Ovviamente, questo provocherà delle ritorsioni da parte dei pirati, che non possiamo immaginare. I pirati controllano ormai la rotta marittima che va dal Golfo di Aden fino all’Oceano Indiano.

    D. – Nelle mani dei pirati, attualmente, ci sarebbero circa 17 navi e 300 marinai. Minacciano l’uccisione degli uomini, soprattutto europei. E’ una minaccia concreta o solo un monito?

    R. – Ogni ostaggio, per loro, rappresenta la possibilità di ottenere un riscatto. C’è da dire però che anche da parte dei pirati si è avuta una crescita di violenza. Adesso si assiste a torture, i prigionieri vengono trattati molto male… Uccisioni sono già avvenute, sia pure in maniera residuale. L’importante è che noi non ci mostriamo deboli, facendo passi indietro, ma anzi proteggiamo ancor più il nostro naviglio mercantile e continuiamo con le strategie adottate fino a questo momento.

    D. – Quindi, bisognerebbe aumentare la forza militare a bordo delle navi?

    R. – Inizialmente, fino ad un paio d’anni fa, anche le maggiori istituzioni internazionali erano contrarie all’uso di militari a bordo delle navi. Oggi, purtroppo, siamo costretti ad averle perché lo scenario in cui ci muoviamo è enorme: si tratta di un milione di miglia quadrate. Nessun pattugliamento, anche di tutte le Marine del mondo, riuscirebbe a fornire la sicurezza necessaria. Quello che dobbiamo fare – magari con un addendum alla Convenzione internazionale sul diritto del mare – è che tutti i Paesi capiscano che questa forma di protezione è necessaria, così da evitare incidenti come quello avvenuto ai marò italiani in India. Sono necessarie regole internazionali certe. Tutti i Paesi devono combattere questa piaga della pirateria, e devono farlo in maniera coesa, in maniera omogenea.

    D. – La pirateria viene combattuta in mare, però c’è anche il problema sulla terraferma, dove la situazione sembra del tutto fuori controllo…

    R. – Noi collaboriamo con questo governo di transizione somalo che non ha alcun controllo del territorio. Bisogna intervenire in Somalia, trovare accordi con questi signori della guerra che controllano effettivamente il territorio e di fatto sono anche coloro che realizzano le azioni di pirateria. Bisogna ci sia una volontà internazionale forte per far terminare questa piaga, in qualunque modo. Bisogna intensificare la cooperazione, l’azione diplomatica con questi Paesi, continuare a sostenere – come facciamo – la popolazione della Somalia, restituire un governo. Ma naturalmente, su questo, poi, ci sono interessi geopolitici complessi e contrastanti.

    D. – In altre parti del mondo, la pirateria è stata combattuta efficacemente…

    R. – Fino al 2005, la maggior parte degli attacchi pirati nel mondo avvenivano nello Stretto di Malacca. Ad un certo punto, i Paesi dello Stretto si sono uniti, hanno creato un pattugliamento comune, hanno realizzato una forte azione repressiva insieme ad una serie di accordi con le popolazioni che realizzavano questi attacchi. La pirateria è drasticamente diminuita. Gli antichi romani, per combattere i pirati, da un lato guerreggiavano con la flotta e dall’altro pagavano, cercavano di concludere con queste persone accordi commerciali, per cui alla fine ai pirati non conveniva più compiere attacchi. Per noi oggi impiantare l’antipirateria costa moltissimo. Quel denaro dovrebbe essere investito in accordi, perché questa piaga non abbia più il consenso sociale che invece continua ad avere in Somalia. In Somalia, la popolazione ha poche alternative, se non quella di andare a fare il pirata. E c’è un consenso sociale su questo. Dobbiamo cercare di intervenire anche in questa direzione!

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    Katholikentag. Padre Einrich: cattolici tedeschi riuniti per rilanciare il volto della Chiesa in Germania

    ◊   Nella città tedesca di Mannheim, oggi è il secondo giorno di incontri per i circa 60 mila partecipanti al 98.mo "Katholikentag", uno degli appuntamenti più antichi della Chiesa in Germania. A dettare la strada ai vari interventi in programma è il titolo dell’edizione 2012 “Osare un nuovo inizio”, dedicato alla riflessione sul contributo di svolta che i cattolici tedeschi possono offrire alla loro società. Padre Bernd Hangenkord, della redazione tedesca della nostra emittente, ne ha parlato con l'assistente spirituale del Comitato centrale dei cattolici tedeschi, padre Stefan Einrich:

    R. – Il nostro motto è che vogliamo "osare un nuovo inizio". Questo vuol dire che, dopo questi anni difficili, con la crisi della pedofilia e così via, la Chiesa cattolica in Germania si incontra – laici e vescovi – per pregare e anche semplicemente per essere insieme e per riflettere su come sviluppare una nuova credibilità della Chiesa, come presentare una Chiesa più attraente, capace di comprendere i problemi della gente.

    D. – Questo Katholikentag fa parte di un processo di dialogo della Chiesa in Germania. A che punto si trova la Chiesa, in questo processo?

    R. – Dobbiamo dire che abbiamo avuto un buon inizio. Dopo una prima fase di entusiasmo, adesso inizia la fase dei “dettagli”, per così dire. Quindi, dobbiamo iniziare a visualizzare e a confrontarci sugli aspetti difficili. Attualmente, siamo nella fase non direi tanto di un rallentamento, ma dove comunque tutto procede un po’ più lentamente. Questo perché adesso vediamo che sono tante le cose di cui dobbiamo parlare. Per esempio, c’è la grande tematica della relazione tra laici e religiosi, che anche in Germania in passato si è spesso mostrata in modo unilaterale sotto l’aspetto del potere. Ci chiediamo: come si può rinnovare, adesso, la cooperazione per dimostrare una nuova cultura della convivenza?

    D. – Questo Katholikentag rientra nell’orizzonte dell’Anno della fede e del Giubileo del Concilio Vaticano II…

    R. – Sì, il Katholikentag è un elemento molto importante in questo senso. Ma è anche un elemento che vuol dare impulsi: vogliamo essere parte attiva in questo processo.

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    A Vicenza, aperta l'ottava edizione del Festival Biblico

    ◊   “Perché avete paura (Mc 4,40) - La speranza dalle Scritture” è il tema scelto per l'ottava edizione del Festiva Biblico in programma a Vicenza da oggi fino al 27 maggio. E se "la crisi economica e spirituale che stiamo vivendo ha messo in luce la mancanza di fede e speranza", ecco che il dialogo e il Libro dei Libri, ci vengono in aiuto. Ce lo ricorda il presidente del Festival, don Ampelio Crema, nell'intervista di Emanuela Campanile:

    R. - Il Festival Biblico nasce proprio in questo contesto: dal desiderio di portare la Parola di Dio nelle piazze, nelle strade, nei palazzi della città di Vicenza per incontrare la gente, per aiutarla un po’ a riflettere sui grandi temi della vita e confrontarci con questo fondamento della nostra vita, che è la Bibbia. Quest’anno, cerchiamo di soffermarci soprattutto sul grande tema delle paure e delle speranze oggi. Un tema più che mai attuale.

    D. - Per quanto riguarda il Nordest d'Italia, come si è manifestata la crisi, al di là dei problemi economici?

    R. - C’è sicuramente una crisi economica, una crisi anche del modello organizzativo, sociale, imprenditoriale. Ma c’è anche una crisi di valori: la gente ha perso un po’ quei riferimenti che una volta erano un po’ il pilastro delle scelte. Il lavoro per il lavoro ha svuotato la quotidianità della gente e quindi si tratta - secondo me - di una crisi un po’ generale. C’è bisogno proprio di riannunciare valori e di riannunciare che il lavoro è, sì, fondamentale - e chi non ce l’ha in questo momento sta sicuramente soffrendo - ma è fondamentale anche ritrovare quei valori di base del nostro vivere insieme e del nostro credere in Dio. La società veneta ha bisogno veramente di rigenerarsi e in questo credo che la Chiesa del Triveneto si sta muovendo: il Festival Biblico è un piccolo aiuto a questa rinascita, a questo rilancio dell’annuncio di valori sui quali costruire una convivenza e una solidarietà, che si è un po’ incrinata ultimamente.

    D. - Ottava edizione e quindi otto anni di esperienza. Finora, qual è l’insegnamento più importante che avete ricevuto da questo progetto?

    R. - L’insegnamento più importante che ho ricevuto io è che è possibile dialogare: è possibile dialogare con tutti ed è possibile incontrarsi con tutti, anche con i non credenti nel rispetto reciproco e senza perdere - ovviamente - la propria identità. Di pari passo, l’altro aspetto molto bello è che sulla Parola di Dio ci si può incontrare: abbiamo veramente tanti volontari, tanti collaboratori, tante persone che si sono unite a noi - anche non credenti - per darci una mano a costruire questo progetto. E poi è un’esperienza molto bella di Chiesa, perché oltre a noi Paolini e alla diocesi, che ne siamo i promotori, si sono aggregate tantissime realtà locali e anche nazionali, quest’anno anche internazionali. Quindi, è veramente un’esperienza di Chiesa, un’esperienza di comunità, un’esperienza - per usare un termine moderno - di "rete" che stiamo costruendo.

    D. - Quindi, non un Festival autoreferenziale: che cosa vi chiedono i non credenti e cosa vi chiedono, invece, coloro che già credono?

    R. - I non credenti ci chiedono di rendere ragione della nostra fede e credo che qui partiamo dalla Parola di Dio e da San Pietro. Ci chiedono il coraggio del dialogo, senza preconcetti, cercando quindi veramente di confrontarci e cercando dei punti di incontro, con l’attenzione alla gente. I credenti si stanno entusiasmo alla Parola di Dio: sono cresciuti sempre più, anche all’interno della nostra proposta del Festival, momenti biblici. Abbiamo organizzato anche dei corsi, dei mini-corsi biblici su alcuni testi, svolti anche a livello ecumenico, in dialogo con le altre confessioni cristiane. Ci chiedono poi anche di entrare sempre più in questo scrigno, che è la Parola di Dio, per poter aiutarli a scoprire la ricchezza di questo nostro Libro dei Libri.

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    I giovani campani al 26.mo Meeting di Pompei per parlare di fede e legalità

    ◊   "Siate sempre lieti nel Signore”, il tema scelto da Benedetto XVI per la prossima Giornata Mondiale della Gioventù, è la linea guida delle riflessioni del XXVI Meeting dei giovani di Pompei, ieri e oggi nella città mariana, organizzato dall’Ufficio di Pastorale Giovanile Diocesana. Un doppio appuntamento, quest’anno, che si è aperto stamani con l’incontro “Legalità e giustizia: lotta alle mafie” rivolto agli alunni delle scuole cittadine, cui ha partecipato anche il presidente della Camera dei deputati, l’onorevole Gianfranco Fini. Il raduno continuerà poi domani con tanta musica e con le testimonianze di artisti del mondo dello spettacolo. La catechesi sarà guidata da mons. Lucio Lemmo, vescovo ausiliare di Napoli e delegato per la Pastorale giovanile della Conferenza episcopale campana. Gina Maradei ha intervistato don Giovanni Russo, direttore dell’Ufficio di pastorale giovanile:

    R. - Stamattina abbiamo avuto la presenza di circa 600 ragazzi delle scuole di Pompei e dei comuni limitrofi: abbiamo dialogato e parlato con i relatori sul tema della legalità. E’ stato veramente interessante, perché abbiamo avuto testimonianze vive, testimonianze di persone che hanno vissuto veramente la criminalità nel tessuto sociale: queste testimonianze hanno dato tantissimo ai ragazzi. I ragazzi stessi hanno poi posto delle domande al presidente della Camera, Gianfranco Fini, a Gaetano Di Vaio, un ex detenuto e oggi regista e produttore cinematografico, e a mons. Carlo Liberati. I ragazzi sono stati veramente partecipi e protagonisti, proprio come vorremmo sempre noi responsabili della pastorale giovanile: sempre al centro del dibattito, della storia, della programmazione, della vita.

    D. - E per domani quanti giovani sono attesi?

    R. - Domani, penso saranno circa 2.500-3.000, tenendo presente quelle che sono le prenotazioni. Domani, sarà una giornata all’insegna della preghiera, della testimonianza e del divertimento.

    D. - Il tema scelto per l’edizione 2012 è “Siate sempre lieti nel Signore”: in un momento difficile per i giovani che spesso fanno fatica ad immaginarsi il futuro, cosa vuole dire loro?

    R. - “Siate sempre lieti nel Signore” è la tematica della 27.ma Giornata mondiale della gioventù, attraverso la quale il Papa invita i giovani ad andare sempre avanti, a guardare sempre in alto, a programmare e a progettare. Quindi, questo è l’invito che anche io rivolgo ai giovani. Io penso che, grazie a questi giorni di incontro, i ragazzi possano riscoprire quella speranza che tante volte qui, al Sud, è sparita o è strumentalizzata… Queste giornate aiutano a dare colore e soprattutto voce a tanti giovani che vengono qui a Pompei.

    D. - Durante la manifestazione, saranno presentati anche i progetti di solidarietà che il Meeting, nel corso degli anni, è riuscito a concretizzare. Di cosa si tratta?

    R. - Quest’anno, stiamo vicino alla opere di carità di Pompei, perché la situazione economica che stiamo attraversando, anche qui al Santuario, è triste. Quindi, è giusto che i giovani aiutino altri giovani e con un piccolo contributo - quello che per l’appunto sanno fare i giovani - vogliamo portare avanti il discorso della cultura nelle scuole. Il ricavato di questa giornata sarà devoluta al progetto “Scuola 2013”.

    D. - Il Meeting è ormai da anni un punto fermo del mese mariano: la devozione alla Madonna passa anche attraverso l’Unione giovani del Rosario…

    R. - Sì, questa è una proposta: attraverso questa catena dolce - come la definiva il nostro Beato Bartolo Longo - che ci unisce a Dio, ci unisce allo stesso tempo anche fra noi fratelli. La preghiera, in virtù dell’Unico Padre, in virtù del Battesimo che abbiamo ricevuto, ci rende tutti fratelli e sorelle. Quindi i giovani, attraverso queste giornate, testimoniano la loro unione e attraverso la preghiera vivono la loro freschezza.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Il cardinale Scola presenta l’Incontro mondiale delle famiglie di Milano

    ◊   Domenica 27 maggio la solenne celebrazione nel Duomo di Milano della Messa di Pentecoste da parte del cardinale Angelo Scola aprirà la settimana del VII Incontro mondiale delle famiglie. L’arcivescovo di Milano, nell’odierna conferenza con i giornalisti, ha presentato l‘evento: “È un appuntamento straordinario, perché finalmente ha riportato la famiglia nella sua valenza oggettiva al centro del nostro dibattito e dell’attenzione non solo ecclesiale ma anche civile”. Secondo il cardinale Scola – citato dall’Agenzia Sir - il successo e l’accoglienza di questa iniziativa si devono alla “genialità del tema, che ha collegato la famiglia al lavoro e alla festa”. Si tratta di “un tema di attualità sostanziale, perché riguarda dimensioni permanenti proprie dell’esperienza comune a ogni uomo di ogni tempo e di ogni luogo che, proprio perché permanenti, sono sempre attuali”. La “capacità di fare unità tra questi due aspetti con cui dobbiamo giocarci tutte le mattine è un elemento cardine del nostro essere”. La valenza civile che l’evento ha assunto, ha aggiunto, è “segno che la società plurale è aperta”. L’arcivescovo, in riferimento alla crisi in corso, ha precisato: “Il travaglio della crisi è stato probabilmente un altro fattore che ha imposto la famiglia all’attenzione collettiva, rimettendola al centro come nucleo fondamentale e costitutivo di ogni tipo di società, come unione stabile e aperta alla vita di un uomo e di una donna”. Da parte sua, mons. Erminio De Scalzi, presidente della Fondazione Milano Famiglie 2012, sottolinea come stia crescendo l’attesa per il Papa: “Benedetto XVI sentirà il calore e l’accoglienza della città di Milano: sarebbe bello che venerdì 1 giugno lungo il percorso dall’aeroporto di Linate a piazza Duomo potesse toccare con mano la gioia di chi lo accoglie. Invito quindi le comunità parrocchiali toccate dal percorso a essere protagoniste di questa gioia”. L’Incontro sarà una preziosa occasione “per dialogare non solo con fedeli credenti ma con tutti coloro che nella società riflettono su questi valori e per ascoltare il bene che possono raccontare famiglie dai volti diversi dai nostri”. Ma il Family 2012, ricorda mons. De Scalzi, è anche “un evento di collaborazione tra Chiesa e istituzioni, Comune, Provincia, Regione: è stato faticoso ma bello lavorare insieme. Ringrazio il prefetto, commissario governativo per questo evento, con cui abbiamo proficuamente collaborato”.

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    Madagascar. Le Chiese cristiane denunciano: democrazia calpestata

    ◊   Un appello a tutti i politici affinché “non impediscano la soluzione della crisi politica in Madagascar”: a lanciarlo è il Consiglio cristiano delle Chiese del Paese malgascio (Ffkm) che include cattolici, riformati, anglicani e luterani. In una lunga nota, il Ffkm ha espresso le sue preoccupazioni per la nazione: nel 2009, infatti, il Madagascar è stato travolto da un colpo di Stato che ha portato al potere il leader dell’opposizione Rajolina. Numerosi gli scontri e le vittime di quei giorni, segnati poi dalle dimissioni del capo di Stato in carica, Ravalomanana. Da tre anni, quindi, il Paese è in mano ad un governo di transizione, ma tali istituzioni, purtroppo, scrive il Ffkm, “stanno sprecando il loro tempo in scontri e prese di posizione personali”, guardando “al profitto del singolo”, invece che “al bene comune di tutta la popolazione malgascia”. Nel momento in cui, inoltre, il Parlamento è al lavoro su “una legge di riconciliazione e sull’istituzione di un Comitato di riconciliazione”, i cristiani ribadiscono la necessità di “un clima di pace” e chiedono alle istituzioni “il riconoscimento degli errori commessi, insieme all’impegno per il perdono”, in uno “spirito di promozione della giustizia e della comprensione reciproca”. Poi, il Consiglio cristiano delle Chiese evidenzia le gravi difficoltà del Paese, la cui popolazione vive “in povertà, tra il disagio e le insicurezze”, immersa nei “problemi sociali” e poco tutelata riguardo ai “diritti umani fondamentali che spesso vengono calpestati”: “Chi non è al potere o non occupa alti incarichi – afferma il Consiglio cristiano delle Chiese – non si aspetta di essere difeso dal sistema giudiziario; l’indipendenza della magistratura non è tutelata ed i giudici non riescono a svolgere il loro incarico secondo la legge, in modo equo e giusto”. Inoltre, il Ffkm si dice preoccupato per la censura e le minacce che colpiscono “coloro che criticano la gestione degli affari nazionali”, tanto che “numerosi mass media sono stati già chiusi”, mentre “le forze di sicurezza stanno calpestando la vera democrazia”. Di qui, la denuncia vibrante che i cristiani fanno dell’uso della forza “senza legittime ragioni”: puntando il dito contro coloro che “osano uccidere le persone per denaro o per motivi politici”, il Ffkm sottolinea che “la vita appartiene solo a Dio e niente e nessuno può giustificare l’omicidio di un uomo”. Perché “prevalga la pace”, dunque, è necessario che tutti i malgasci “abbiano fede e speranza in Dio e si oppongano a tutte quelle autorità che non riescono ad impegnarsi nella soluzione della crisi nazionale”. L’invito alla costruzione di un Paese migliore viene rivolto dai cristiani anche ai giornalisti, affinché svolgano il loro lavoro “in modo corretto” diventando “non strumenti di guerra, bensì pilastri di riconciliazione”. E lo sguardo del Ffkm non manca di rivolgersi anche ai giovani, colpiti da una “erosione dei valori morali, religiosi e tradizionali”, tanto da rimanere vittime “dell’alcolismo o del gioco d’azzardo”, lontani “dagli insegnamenti delle Sacre Scritture e dai principi del risparmio e dello sviluppo”. Di qui, l’appello conclusivo che il Ffkm rivolge “alla comunità internazionale affinché consideri una priorità gli interessi dell’intero Madagascar nella risoluzione della crisi”. Dal suo canto, le Chiese cristiane offrono il proprio contributo e la propria disponibilità nella ricerca ed attuazione di una “via della giustizia” per il bene del Paese. (A cura di Isabella Piro)

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    17 vescovi all’Ue: trasparenza finanziaria per industrie estrattive nei Paesi in via di sviluppo

    ◊   Sono 17 i vescovi di diversi Paesi del mondo che recentemente hanno rivolto un appello all’Unione Europea affinché solleciti la trasparenza finanziaria delle industrie estrattive che operano nei Paesi in via di sviluppo. Nel documento – siglato da presuli di Argentina, Austria, Belgio, Camerun, Ciad, Cile, Colombia, Repubblica democratica del Congo, Francia, Germania, Perù, Congo Brazaville e Regno Unito – si ribadisce che “è necessaria la trasparenza per combattere la corruzione e l’evasione fiscale”, considerato il fatto che “le compagnie multinazionali privano i Paesi in via di sviluppo di circa 125 miliardi di euro all’anno”. Attualmente, però, scrivono i 17 vescovi, “la crisi colpisce l’economia e la società ogni giorno in modo più duro ed ha un impatto più forte soprattutto sui più poveri”. Ed è per questo che “i cittadini chiedono nuove regole che introducano una maggiore moralità all’interno del sistema finanziario”. Anche perché, continuano i presuli, “l’avidità di pochi minaccia davvero la sopravvivenza dei più vulnerabili tra la popolazione” e per porre fine a questa situazione “sono urgenti nuove regole per assicurare che la ricchezza prodotta, soprattutto quella derivante dallo sfruttamento delle risorse naturali, non sia monopolizzata a beneficio esclusivo di una minoranza”. Di queste risorse, infatti, ribadiscono i firmatari dell’appello congiunto, “devono beneficiare tutti in modo equo ed in particolare quelle popolazioni toccate direttamente dalle attività di produzione o di estrazione”. Poi, i 17 presuli esprimono il loro apprezzamento per l’attuazione dell’Eiti, ovvero l’Iniziativa per la trasparenza delle industrie estrattive, grazie alla quale i responsabili industriali devono rendere pubblico quello che pagano alle autorità dei Paesi ospiti che, a loro volta, devono rendere noto quello che ricevono. Ma a dieci anni dall’attuazione dell’Eiti – alla quale ha contribuito anche la Chiesa – è necessario che “l’Unione Europea migliori lo standard internazionale sulla trasparenza”, in particolare stabilendo “una soglia per la segnalazione dei pagamenti da parte delle compagnie estrattive, soglia che deve essere significativa per i Paesi ospiti”. In questo modo, evidenziano i vescovi, “i cittadini avranno maggiori opportunità di monitorare se le industrie stanno dando un contributo equo alla loro economia nazionale”. Incoraggiando, poi, i governi dei Paesi ospiti ad assicurare che “gli accordi sulle risorse naturali siano a vantaggio dei loro cittadini”, i firmatari dell’appello chiedono “l’introduzione di un valido regolamento che richieda la completa trasparenza delle compagnie operanti in tutti i settori dell’economia”, così da contribuire all’instaurazione di un sistema finanziario “a beneficio dei poveri, che supporti la lotta alla corruzione e la distribuzione equa della ricchezza”. (A cura di Isabella Piro)

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    Lunedì 21 maggio si apre la 64.ma assemblea generale della Conferenza episcopale italiana

    ◊   Con la prolusione del cardinale presidente, Angelo Bagnasco, alle 17 di lunedì 21 maggio si aprirà in Vaticano, nell’Aula del Sinodo dei Vescovi, la 64.ma assemblea generale della Conferenza episcopale italiana. A seguire, il saluto del nunzio apostolico in Italia e dei vescovi delegati delle Conferenze episcopali estere. In continuità con la riflessione programmatica alla luce degli Orientamenti pastorali del decennio, il tema principale dei lavori riguarderà il ruolo degli adulti nella comunità cristiana (“Gli adulti nella comunità: maturi nella fede e testimoni di umanità”). In questa prospettiva è in programma anche un approfondimento culturale sull’attualità della Dottrina Sociale della Chiesa e la sua importanza per l’azione pastorale. Dopo l’elezione di un nuovo vice presidente della Cei per l’area del Sud Italia, i vescovi saranno chiamati a completare l’opera avviata nel corso delle precedenti assemblee generali, con l’esame dei materiali complementari e l’approvazione complessiva della terza edizione italiana del Messale Romano. All’ordine del giorno vi è anche la scelta del tema e delle modalità di preparazione del Convegno ecclesiale nazionale in programma a Firenze nel 2015. In seguito, i vescovi dovranno provvedere ad una serie di adempimenti amministrativi, legati all’approvazione del bilancio della Cei e alla ripartizione dei fondi dell’otto per mille. Nel contesto dell’assemblea generale verranno inoltre fornite alcune comunicazioni, concernenti la pastorale delle migrazioni, la struttura e le attività della Fondazione Migrantes, la comunicazione pubblica e il seminario di studio per i vescovi nell’Anno della fede (Roma, 12-14 novembre 2012). Come anticipato, saranno presentate le Linee guida – già approvate dal Consiglio episcopale permanente dello scorso gennaio – circa gli abusi sessuali compiuti da chierici su minori. Verranno date anche alcune informazioni sul VII Incontro Mondiale delle Famiglie (Milano, 30 maggio – 3 giugno 2012), sulla Giornata per la Carità del Papa e sulla Giornata Mondiale della Gioventù.

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    “Lifeday 2012”: festa del popolo della vita domenica 20 maggio in Vaticano

    ◊   Saranno almeno 60 i pullman che porteranno a Roma i volontari del Movimento per la vita dalle Regioni più lontane, per unirsi alle migliaia giunti in treno o provenienti dall’Italia centrale o invitati dalle tante realtà che compongono il “popolo della vita”. Tutti insieme – riferisce l’Agenzia Sir - riempiranno di una folla festosa l’Aula Paolo VI in Vaticano per il “LifeDay 2012”, che si svolgerà domenica prossima, 20 maggio, dalle 10 alle 13.30. “Quest’anno - si legge in una nota del Mpv - sono tante le ragioni di questa celebrazione: l’anniversario della legge 194 sull’aborto che ha finora causato l’uccisione di 5 milioni e mezzo di vite umane innocenti; la premiazione dei vincitori della XXV edizione del Concorso scolastico europeo che in questi anni ha coinvolto oltre un milione di studenti; il varo dell’iniziativa europea ‘Uno di noi’ per richiedere il riconoscimento dei diritti umani al concepito”. L’evento prevede la diretta televisiva e il collegamento bidirezionale con piazza San Pietro. Concluderà i lavori il cardinale Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia. Sarà presente l’associazionismo cattolico. Interverranno, tra gli altri, Francesco Belletti, presidente del Forum delle associazioni familiari, Franco Pasquali, presidente di “Retinopera”, e Lucio Romano, presidente di “Scienza & Vita”. Ulteriori informazioni sul sito: www.lifeday.mpv.org.

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    Bolivia: 20 mila bambini abbandonati dai genitori e 800 mila minori lavoratori

    ◊   In Bolivia ci sono 20 mila bambini totalmente abbandonati dalle proprie famiglie, e la maggior parte probabilmente vengono ospitati nei centri di accoglienza familiare. Inoltre risultano 800 mila minori lavoratori impiegati per aiutare economicamente le loro famiglie. Secondo l’associazione Educación Radiofónica de Bolivia (Erbol), rete di radio e istituzioni popolari di ispirazione cristiana che si occupano di comunicazione educativa a favore della popolazione del Paese, il 70% dei bambini e degli adolescenti boliviani subisce vari tipi di violenza. Per cercare di far fronte a queste emergenze, il Servicio Departamental de Gestión Social (Sedeges) e l’Unicef hanno recentemente lanciato la campagna “Vivo mi niñez y adolescencia con buen trato”, con l’obiettivo di rendere la popolazione consapevole dell’urgenza di eliminare qualsiasi tipo di violenza contro questa vulnerabile fascia della società. Il Sedeges dispone di 16 centri di accoglienza a livello nazionale, che ospitano bimbi, bimbe e adolescenti abbandonati, orfani, o che hanno subito maltrattamenti fisici e psicologici.

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    Honduras. Chiesa indignata per l'omicidio del giornalista Alfredo Villatoro

    ◊   Sono diversi i comunicati arrivati all'Agenzia Fides che riportano la voce della Chiesa sull’omicidio del noto giornalista Alfredo Villatoro, rapito e poi trovato assassinato martedì scorso, 15 maggio. Da San Pedro Sula (Honduras), le parole di mons. Rómulo Emiliani Sánchez, vescovo ausiliare della diocesi, sono chiare: “Per me è una tragedia che colpisce tutta la stampa e la televisione del Paese. E' un colpo al cuore del sindacato dei giornalisti. E' un evento allarmante e condannato da tutti coloro che abbiano una coscienza”. Il vescovo ausiliare di San Pedro Sula ritiene che si voglia mettere a tacere la verità e il governo ha la responsabilità di chiarire questo crimine. Da Roma, il cardinale Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa (Honduras), ha manifestato tristezza e indignazione per la morte violenta dell’ "amico giornalista", secondo le sue parole. "Sembra impossibile che ci siano persone così piene di cattiveria che sono in grado di togliere la vita ad un altro essere umano. Non è così che costruiremo un Honduras migliore, così lo stanno solo distruggendo" ha detto il cardinale, che poi ha aggiunto: "la vita è un dono di Dio. A nessuno, proprio a nessuno, è permesso di toglierla. Il sangue di Alfredo e di tanti altri innocenti grida verso il cielo, e se la giustizia della terra non li raggiungerà, questi assassini non sfuggiranno certo alla giustizia di Dio”.

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    Mons. Miglio: immigrati, occasione per rivedere i nostri modelli di sviluppo

    ◊   “La presenza degli immigrati è una opportunità per rivedere il modello di sviluppo cui siamo corsi dietro in questi anni, che non è un vero modello di sviluppo completo, come dimostra la crisi in cui ci dibattiamo, e per adottare un nuovo concetto di laicità, una sana laicità che non neghi la presenza di Dio ma che sia rispettosa delle persone, della loro religione e della storia”. Lo ha detto ieri pomeriggio mons. Arrigo Miglio, arcivescovo di Cagliari e presidente del Comitato per le Settimane sociali dalla Chiesa cattolica italiana, chiudendo la seconda giornata di lavori di Migramed, il meeting delle Caritas del Mediterraneo che prosegue fino a oggi nel capoluogo sardo. Mons. Miglio – riferisce il’Agenzia Sir - ha ricordato che l’ultima edizione delle Settimane sociali, svoltasi a Reggio Calabria del 2010, si è chiusa con una “Agenda di speranza”, un cui è inserito il riconoscimento della cittadinanza italiana ai bambini nati nel nostro Paese da coppie straniere. Ed ha ricordato che “l’Italia non ha ancora ratificato alcune convenzioni internazionali sui diritti dei migranti e dei rifugiati”. Per il presidente delle Settimane sociali, “l’inclusione degli immigrati va vissuta dal nostro Paese come una opportunità di crescita, anche di fronte a una crisi demografica che avrà tempi lunghi per essere superata”. “La presenza degli immigrati ci stimola - ha detto - a dare spazio anche alla esperienza religiosa di cui sono portatori” e a “rivedere il nostro modello di laicità, per favorire la dimensione religiosa nella società che vogliamo costruire” in quanto “garanzia del pieno sviluppo e realizzazione dei diritti della persona”. Mons. Miglio ha concluso invitando i cattolici a un “dialogo tra le religioni con i nostri nuovi compagni di strada”.

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    Pellegrinaggi alla Madonna di She Shan in attesa della Giornata di Preghiera per la Chiesa in Cina

    ◊   Continua l’afflusso dei pellegrini al Santuario della Madonna di She Shan in vista del 24 maggio, Giornata Mondiale di Preghiera per la Chiesa in Cina, indetta da Benedetto XVI nella sua Lettera ai Cattolici Cinesi del 2007. Secondo le informazioni raccolte dall’Agenzia Fides, la diocesi di Shang Hai ha vissuto un’intensa giornata di spiritualità mariana il 14 maggio, vivendo l’appuntamento annuale in risposta all’appello del Papa. Ogni anno infatti, in questa data, tutti i sacerdoti, i seminaristi, le religiose e i dipendenti laici della diocesi, si recano in pellegrinaggio al Santuario mariano di She Shan per rinnovare la devozione della diocesi verso la Madonna e l’impegno missionario di ogni membro della diocesi. Durante la Giornata, i pellegrini hanno fatto la processione mariana con la statua della Madonna di She Shan, celebrato la Via Crucis, recitato il Rosario, oltre a partecipare alla solenne Eucaristia e alla recita della preghiera del Papa dedicata alla Madonna di She Shan. Il giorno precedente, domenica 13 maggio, più di 600 fedeli della parrocchia di Yang Cheng Zhen, nella diocesi di Su Zhou della provincia di Jiang Su, hanno compiuto il pellegrinaggio al Santuario di She Shan, dove hanno pregato per la Chiesa in Cina e per la Chiesa nel mondo.

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    Corso sui metodi naturali all’Università Cattolica di Roma

    ◊   “Approfondire lo studio della fertilità in tutte le fasi della vita riproduttiva attraverso l’applicazione dei moderni metodi naturali finalizzati a salvaguardarla, per formare le coppie a una vera procreazione responsabile”. Sono gli obiettivi del corso di aggiornamento “Regolazione naturale della fertilità e salute della donna: valore scientifico, umano e sociale dei metodi naturali”, promosso dal Centro studi per la regolazione naturale della fertilità (Rnf) dell’Università Cattolica di Roma e dall’Istituto scientifico internazionale Paolo VI (Isi). “I moderni metodi naturali - spiega la coordinatrice del corso, Aurora Saporosi, del Centro studi per la Rnf della Cattolica di Roma, citata dal Sir - ancora oggi poco conosciuti e valorizzati, sono in grado di svolgere un importante ruolo nella prevenzione e nella tutela della salute della donna e della vita nascente. Ciò è possibile, sia dal punto di vista biologico, attraverso la loro potenzialità diagnostica, sia attraverso la valenza educativa che i metodi naturali possiedono e trasmettono, proponendosi come stile di vita positivo e responsabilizzante nell’esercizio della sessualità”. Il corso, articolato in quattro sessioni di 2 giorni ciascuna, avrà inizio il 25 maggio alla Cattolica (l.go Francesco Vito 1). Tra i relatori: Alessandro Caruso, Jaroslaw Merecki, Gigliola Sica e Maria Luisa Di Pietro.

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    Festival di Cannes: il mondo visto attraverso il filtro dell'amore

    ◊   Il mondo visto attraverso il filtro dell’amore. Non ci eravamo sbagliati due giorni fa, quando avevamo intuito questo motivo dominante nei film in concorso al 65° Festival di Cannes. I tre titoli che hanno fatto seguito al film d’apertura, Moonrise Kingdom, lo confermano ampiamente. A incominciare da “After the Battle” di Yousry Nasrallah, che ci trasporta nell’Egitto contemporaneo, all’indomani delle rivolte popolari che hanno caratterizzato la primavera araba. In realtà a sentire i protagonisti del film sembra di essere nell’Italia del “Gattopardo”, quando il principe di Salina affermava che tutto avrebbe dovuto cambiare perché tutto restasse come prima. I dibattiti fra i sessi e le classi sociali infuriano: le donne della ricca borghesia del Cairo si battono per una società laica, mentre i poveri e gli emarginati si sentono tagliati fuori da una rivoluzione, che non abbatterà le ingiustizie ma finirà per imporre altre figure di privilegiati. Sullo sfondo di questa complessa situazione, l’impossibile amore fra una giornalista e un cavaliere delle piramidi agiterà ancor di più le acque. Nasrallah gioca con i cliché del cinema popolare, un po’ come faceva Yussef Chahine che a lungo è stato il suo mentore, con una trama a metà fra la commedia sentimentale e il melodramma sociale e politico. Ma l’importanza del film va al di là della sua forma ed è la necessità intrinseca di un discorso dal basso, il bisogno di uno sguardo interno su un fenomeno che le etichette dell’informazione internazionale hanno finito per rendere invisibile. Ancora l’amore – sebbene mescolato a una di quelle tragiche svolte che spesso la vita ci impone - è protagonista del film di Jacques Audiard “De rouille et d’os”. Qui siamo nel sud della Francia, dove sbarca con il suo bambino un ex-boxeur, uomo senza speranza e senza qualità. Si installa dalla sorella e cerca lavoro. Ma in realtà l’unica cosa che sa fare è combattere. Ingaggiato come buttafuori da una discoteca, incontra una ragazza, che lavora come istruttrice di orche marine. Potrebbe nascerne qualcosa, ma i due sono troppo socialmente distanti. Poi però lei perde le gambe in un incidente e lui, che trabocca di energia, riesce a ridarle la fiducia di vivere. In mezzo ci sono digressioni narrative a non finire e il film, benché benissimo interpretato, risente di una costruzione un po’ meccanica di sceneggiatura, che finisce per renderlo o prevedibile o esageratamente sorprendente. Totalmente rigoroso – al pari del suo stile - è invece il discorso che si sviluppa nel film di Ulrich Seidl, “Paradise: Love”, le cui protagoniste sono donne sole in vacanza in Kenya. Non è la prima volta che il cinema affronta la questione spinosa del turismo sessuale, ma qui non è tanto la facile denuncia moralistica a farla da padrona, quanto piuttosto uno sguardo che indaga la fragilità e la sofferenza degli esseri umani. Al contrario di quanto avviene nel film di Audiard, in “Paradise: Love” il senso non viene dai dialoghi o dalle situazioni di sceneggiatura, ma dalla composizione delle inquadrature o dalla costruzione di scene scabrose, di difficile visione, dove la violenta tensione si scioglie nell’umana pietà. Alla fine è un mondo di vinti quello che il film ci lascia in eredità. Un mondo in cui le necessità degli uni e degli altri non si incontrano né si compensano mai. I giovani adulti africani restano nell'illusione di quel denaro che cercano vendendo se stessi. Le donne europee restano con i loro rimpianti di una giovinezza perduta, con i loro corpi pesanti, senza amore.

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 139

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.org/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Barbara Innocenti.