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Sommario del 17/05/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa assiste al film tv "Maria di Nazareth", storia di una Madre e del suo "sì pieno e totale" a Dio
  • Il Papa ai cattolici tedeschi: anche il nostro Paese ha bisogno di un nuovo inizio missionario
  • Il cardinale Koch all’Angelicum: l'antisemitismo, tradimento della fede cristiana
  • Il Cortile dei Gentili per il dialogo con i non credenti riparte da Barcellona
  • Oggi in Primo Piano

  • L'ombra della crisi economica globale si allunga sul G8 di Camp David
  • Siria. Archivio Disarmo sui ribelli "foraggiati" di armi dai Paesi del Golfo
  • Medio Oriente. Nuove frizioni tra Hamas e Fatah
  • Canada. Il presidente dei vescovi: tutelare la libertà di coscienza, sempre più minacciata
  • Campagna informativa sulla salute nelle carceri per aumentare prevenzione e cure
  • La crisi economica e la ripresa: analisi del presidente del Cnel, Marzano
  • Dibattito su "Silenzio e Parola" in vista della Giornata mondiale delle comunicazioni sociali
  • Settimana delle scienze educative a Roma
  • Il cardinale Prosper Grech: Maria è madre che ci tiene per mano portandoci a Cristo
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Sud Corea. I vescovi incontrano 46 esuli del Nord: impegno per l'integrazione
  • Vietnam: in forte aumento il numero degli aborti
  • Pakistan: infermiere cattoliche “luce di speranza” per poveri e malati
  • Dublino: al Congresso eucaristico sarà inaugurata la "pietra" che ricorda gli abusi
  • Repubblica Dominicana: per le presidenziali vigilia di preghiera e riflessione indetta dalla Chiesa
  • Argentina: la Caritas promuove la colletta annuale “Povertà zero”
  • Spagna: i giovani della Gmg di Madrid lanciano un progetto di evangelizzazione
  • Corte di Strasburgo: bocciata richiesta di un prete sposato di insegnare religione nelle scuole
  • Australia: al via i preparativi per il convegno sulla nuova evangelizzazione
  • L’Opera romana pellegrinaggi partecipa alla “Notte dei musei”
  • Verona: domani il Festival Biblico, la rassegna sulla Sacra Scrittura
  • Forum delle Famiglie: garanzie da Monti e Riccardi dopo parole della Fornero su coppie gay
  • Roma: domani l'inaugurazione del Centro servizi psicopedagogici per famiglie
  • Roma: a San Pietro in Vincoli si stacca un pezzo di cornicione della facciata
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa assiste al film tv "Maria di Nazareth", storia di una Madre e del suo "sì pieno e totale" a Dio

    ◊   Un film “impegnativo”, che fa risaltare quell’“Eccomi” senza riserve di Maria a Dio. È uno dei commenti di Benedetto XVI dopo la visione, avvenuta ieri pomeriggio in Vaticano, del film “Maria di Nazareth”, una coproduzione internazionale tra Rai e Lux Vide e altre emittenti tedesche e spagnole. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Una donna che non alza gli occhi al cielo perché è troppo presa dai suoi compromessi, un’altra che ha il coraggio di cambiare strada per scegliere quella di Cristo, una terza che a Dio si dà dicendosi sua “serva”. Erodiade, Maria Maddalena e Maria di Nazareth sono le tre figure femminili sulle quali il film si sviluppa per analogie e contrasti. Erodiade, ha commentato il Papa dopo la visione in Sala Clementina, “rimane chiusa in se stessa, nel suo mondo, “non riesce a sollevare lo sguardo per leggere i segni di Dio e non esce dal male”. Maria Maddalena subisce inizialmente “il fascino di una vita facile”, basata sulle cose, e usa vari mezzi per raggiungere i suoi scopi”, fino al momento in cui “l’incontro con Gesù le apre il cuore, le cambia l’esistenza”. E poi Maria, la Madre di Gesù, il “centro” di tutto:

    “Tre esperienze, un paradigma di come si può impostare la vita: sull’egoismo, sulla chiusura in se stessi e sulle cose materiali, lasciandosi guidare dal male; oppure sul senso della presenza di un Dio che è venuto e rimane in mezzo a noi e che ci attende con bontà se sbagliamo e ci chiede di seguirlo, di fidarci di Lui”.

    Maria di Nazareth, ha proseguito Benedetto XVI, è la donna che dice un sì “pieno e totale alla volontà divina”, che non barcolla neanche davanti al dolore della perdita del Figlio, trovando invece “la beatitudine piena e profonda”:

    “In Lei c’è la ricchezza di una vita che è stata un ’Eccomi’ a Dio: è una madre che avrebbe il desiderio di tenere sempre con sé il proprio Figlio, ma sa che è di Dio; ha una fede e un amore così grandi da accettare che parta e compia la sua missione; è un ripetere ‘Eccomi’ a Dio dall’Annunciazione fino alla Croce”.

    Il Papa ha anche ringraziato i responsabili tedeschi di BetaFilm-Tellux e Bayerischer Rundfunk e gli spagnoli di Telecinco Cinema, le emittenti che assieme alle italiane Rai e Lux Vide hanno curato la produzione del film-tv, per la regia di Giacomo Campiotti.

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    Il Papa ai cattolici tedeschi: anche il nostro Paese ha bisogno di un nuovo inizio missionario

    ◊   Il contributo di tutti i battezzati alla nuova evangelizzazione è irrinunciabile. Così Benedetto XVI in un messaggio inviato in occasione dell'apertura del 98.mo Katholikentag. L'evento, che vede riuniti a Mannheim i cattolici tedeschi fino al 20 maggio, si svolge sul tema: “Osare un nuovo inizio”. Il servizio di Debora Donnini:

    Il rinnovamento, la partenza data da Dio deve sempre essere una partenza personale che porta a Dio e nella Chiesa e con essa. Inizia da qui il messaggio di Benedetto XVI al Khatolikentag. Ai cattolici tedeschi il Papa ricorda che nella nostra fede non siamo soli o isolati dagli altri. Noi crediamo con e nella comunità della Chiesa. E proprio la testimonianza di fede dei santi e della grande schiera dei cristiani che hanno annunciato il Vangelo può incoraggiare ad un nuovo inizio: la vera partenza consiste, come ci dimostrano, nell’obbedienza e nella fiducia verso le indicazioni e la chiamata di Dio. Benedetto XVI ricorda poi il gesuita tedesco martire, Alfred Delp, figlio di Mannheim, una città dove si trovano molteplicità di idee e di religioni. L’avventura di una nuova partenza in questo ambito significa riconoscerne le opportunità e i pericoli e creare gli spazi per una convivenza autentica. Solo un’umanità nella quale regna “la civiltà dell’amore” potrà godere di una pace vera e duratura. Il Papa prosegue sottolineando che come Chiesa abbiamo il compito di annunciare il Vangelo in modo aperto e chiaro. Cuore del suo discorso è dunque l’evangelizzazione: il contributo di tutti i battezzati alla nuova evangelizzazione è irrinunciabile. Anche il nostro Paese ha bisogno di un nuovo inizio missionario. Anche ai giovani rivolge l’invito ad annunciare il Vangelo e ricorda che il 98.mo Khatolikentag costituisce in un certo senso un preludio all’Anno della fede che inizieremo fra breve, in occasione del cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II. L’auspicio è che questi giorni aiutino a riscoprire la fede della Chiesa nella sua bellezza e freschezza e ad annunciarla in un tempo nuovo.

    All’incontro che si svolge ogni due anni è prevista un’affluenza di circa 60mila persone che parteciperanno ad oltre 1.200 manifestazioni: incontri biblici, celebrazioni, forum, mostre e concerti. Vi prenderanno parte anche personalità del mondo politico e istituzionale come la cancelliera Angela Merkel e il presidente federale Joachim Glauck, oltre a vescovi, teologi ed economisti. La manifestazione è organizzata dal Comitato centrale dei cattolici tedeschi (Zdk) e dalla diocesi che ospita l’evento, per Mannheim quella di Friburgo.

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    Il cardinale Koch all’Angelicum: l'antisemitismo, tradimento della fede cristiana

    ◊   “Building on Nostra Aetate: 50 Years of Christian-Jewish Dialogue”. È il titolo della "Lecture" tenuta ieri a Roma, alla Pontificia Università San Tommaso d'Aquino, dal cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani e della Commissione della Santa Sede per i Rapporti Religiosi con l’Ebraismo. L’appuntamento ha rappresentato l’edizione 2012 dell'Annuale "Berrie Lecture", promossa dal Centro Giovanni Paolo II per il Dialogo interreligioso. Il servizio di Giada Aquilino:

    “La fraternità spirituale fra ebrei e cristiani ha il suo fermo ed eterno fondamento nella Sacra Scrittura”. Da questa certezza è partita la riflessione del cardinale Kurt Koch sui 50 anni del dialogo tra cristiani ed ebrei in base alla Dichiarazione conciliare sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane. La Nostra Aetate – ha detto il porporato – “è ancora considerata il documento fondante del dialogo tra la Chiesa cattolica e l’ebraismo”. Passando in rassegna i terribili fatti della Seconda Guerra Mondiale e le atrocità senza precedenti della Shoah, i cristiani – ha aggiunto – sono stati “sia autori dei crimini sia vittime” e grandi masse certamente “furono spettatori passivi” che “tenevano gli occhi chiusi” dinanzi alle brutalità. Il cardinale Koch ha quindi osservato che la Shoah divenne “una domanda e un’accusa al cristianesimo”. Dopo il conflitto, si rese dunque necessario “uno sforzo concertato per una ridefinizione teologicamente ponderata della relazione tra Chiesa ed ebraismo”: la Nostra Aetate, appunto.

    Ma il nuovo corso inaugurato dal Concilio Vaticano II viene “messo costantemente alla prova”: “il flagello dell’antisemitismo – ha spiegato il cardinale Koch – sembra essere non estirpabile nel mondo di oggi” e “anche nella teologia cristiana l’antichissimo marcionismo e l’antiebraismo riemergono con spirito di rivalsa”. Per questo, “la Chiesa cattolica è costretta a denunciare che l’antiebraismo e il marcionismo sono un tradimento della sua stessa fede cristiana”. Di qui va ricordato, ha proseguito il presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, che “la domanda del Concilio Vaticano II di diffondere la mutua comprensione e il mutuo rispetto fra ebrei e cristiani deve continuare a ricevere la dovuta attenzione”. Ciò, ha aggiunto, “è il prerequisito indispensabile per garantire che non ci sia un ritorno del pericoloso allontanamento fra cristiani ed ebrei, ma che essi rimangano coscienti della loro affinità spirituale”, per rendere “testimonianza di pace e riconciliazione nel mondo non conciliato di oggi” ed “essere una benedizione non solo gli uni per gli altri ma insieme per l’umanità intera”. Quindi, il presidente della Commissione della Santa Sede per i Rapporti Religiosi con l’Ebraismo ha ricordato le tappe del dialogo tra ebrei e cattolici, soffermandosi sull’impegno e il contributo di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Le parole del cardinale Kurt Koch al microfono di Mario Galgano:

    R. – Er hat als erster eine jüdische Synagoge besucht…
    Giovanni Paolo II è stato il primo Papa a visitare una sinagoga, ha visitato Auschwitz, è stato al Muro del Pianto a Gerusalemme, ha incontrato i rabbini capo. Lo stesso ha fatto Benedetto XVI, che in questi sette anni in realtà ha ripercorso le tappe del lungo Pontificato di Giovanni Paolo II. Benedetto XVI infatti ha compiuto la prima visita a una sinagoga pochissimo tempo dopo l’inizio del suo Pontificato, in Germania nel 2005. Poi è stato nelle sinagoghe degli Stati Uniti. E’ lui il Pontefice che ha visitato il maggior numero di sinagoghe e questo, naturalmente, dimostra come egli abbia molto a cuore la riconciliazione tra ebrei e cristiani.

    All’Angelicum, a ripercorrere storicamente i rapporti tra le due comunità – riallacciandosi alle dichiarazioni del cardinale Koch – è stato il rabbino Jack Bemporad, direttore del Centro Giovanni Paolo II per il Dialogo Interreligioso. La sua riflessione, raccolta da Philippa Hitchen, sulla preghiera del Venerdì Santo, la cui formulazione ha suscitato reazioni sia da parte ebraica, sia da parte di alcuni cattolici:

    R. – The cardinal, I think made it very clear...
    Credo che il cardinale sia stato molto chiaro, specialmente su cosa dovrebbe uscire durante la preghiera del Venerdì Santo. Penso che la questione si potrebbe sollevare se essa venisse intesa come un maggiore sforzo nel cercare di convertire gli ebrei: il cardinale è stato molto chiaro al riguardo, specificando che non è affatto intenzione della Chiesa cattolica.

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    Il Cortile dei Gentili per il dialogo con i non credenti riparte da Barcellona

    ◊   Il ‘Cortile dei Gentili’, la struttura permanente vaticana voluta da Benedetto XVI per promuovere il dialogo con i non-credenti, fa tappa oggi e domani in Spagna, a Barcellona, per un appuntamento dal titolo “Arte, bellezza e trascendenza”, promosso, come i precedenti, dal Pontificio Consiglio della Cultura. Sul significato della scelta del capoluogo della Catalogna per questo nuovo momento di confronto Fabio Colagrande ha intervistato uno dei partecipanti, il prof. Francesc Torralba Roselló, teologo, filosofo, docente all’Università Ramon Llull di Barcellona:

    R. - Credo che Barcellona sia una buona scelta soprattutto perché da sempre è stata una terra di dialogo, una terra di convivenza tra forme differenti di spiritualità e soprattutto una bella espressione del dialogo tra credenti e non credenti da secoli, soprattutto perché l’oggetto di lavoro, la bellezza, è una cosa che tanto per i credenti come per i non credenti, è veramente un punto di incontro dove si può soprattutto riflettere su quello che unisce le due comunità, soprattutto quello che accomuna gli uomini indipendentemente da ciò a cui credono.

    D. - Possiamo dire che la bellezza è rivelatrice di Dio?

    R. - Quella è la prospettiva soprattutto dei credenti. Per quanto mi riguarda la mia tesi è questa: la bellezza della naturalezza, la bellezza dell’arte, la bellezza della musica sono già una manifestazione, una rivelazione della bellezza di Dio. Ma nella prospettiva dei laici, dei non credenti, la bellezza è soprattutto una chiamata alla trascendenza, al mistero, alla riflessione; è come un simbolo che fa pensare a cosa siamo, qual è il senso della vita, qual è il nostro ultimo fondamento. Questo non significa che si arriva direttamente a Dio, ma credo che anche i non credenti, vedano nella bellezza una via che porta al mistero, quanto meno al mistero del mondo.

    D. - Quale linguaggio devono parlare oggi i credenti, secondo lei, se vogliono incontrare chi non crede?

    R. - Soprattutto un linguaggio chiaro, un linguaggio non tecnico, che possa arrivare a tutti. Il linguaggio teologico o intra-ecclesiale è un linguaggio che risulta spesso non comprensibile agli altri; è un linguaggio che ha una tradizione, una forza simbolica, un’eredità di tanti secoli, fatta di tanti differenti concetti, che spesso la persona che non conosce, non conosce i testi biblici, si trova ad essere praticamente “un analfabeta simbolico”, un’analfabeta che non può decifrarne il senso. Per questo, il linguaggio deve essere soprattutto chiaro; deve essere un linguaggio che va alle cose più essenziali della Fede, cioè a quel messaggio che veramente rifletta il cuore del Credo. Penso che questo sia il messaggio di Gesù; il linguaggio di Gesù è un linguaggio per tutti. Gesù soprattutto nella sua predicazione ha parlato attraverso le parabole, i simboli, cercando di arrivare a tutti attraverso le immagini, anche a quelli che non erano formati, non sapevano leggere libri. Il linguaggio deve essere così; un linguaggio adattato all’uomo e alla donna di oggi.

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    Oggi in Primo Piano



    L'ombra della crisi economica globale si allunga sul G8 di Camp David

    ◊   Fervono i preparativi a Camp David, negli Stati Uniti, che quest’anno ospiterà il G8, il summit annuale dei capi di Stato e di Governo dei Paesi più industrializzati. Un vertice che giunge in un momento particolarmente delicato per l’economia mondiale. Di fatto, i Paesi più industrializzati sono quelli che maggiormente stanno facendo i conti con la crisi globale. Salvatore Sabatino ha chiesto a Luigi Paganetto, presidente della Fondazione Economia dell’Università Tor Vergata di Roma, se abbia ancora un senso un incontro di questo genere oggi:

    R. – Certamente ha un senso e soprattutto quello di essere una prolusione al G20, l’incontro con le altre maggiori economie e con quelle dei Paesi emergenti. Ma ha anche il senso di mettere sul tappeto i temi che più stanno a cuore ai Paesi avanzati. Da questo punto di vista, non c’è dubbio che lo sbilanciamento tra le aree del mondo – a cominciare dal forte surplus che hanno la Cina e i Paesi asiatici e il deficit degli Stati Uniti – sia un grande tema, così come lo è l’andamento delle monete, cominciando dalla moneta cinese verso il dollaro e anche le difficoltà che l’Europa oggi ha nei confronti del suo assetto complessivo e dell’andamento dell’euro.

    D. – L’Europa si presenta al vertice particolarmente indebolita: può essere questa l’occasione per creare una maggiore coesione tra gli Stati dell’Unione Europea?

    R. – Sarebbe auspicabile, ma mi sembra decisamente improbabile vista la situazione in cui l’Unione Europea si sta muovendo: una situazione che rende difficile le decisione a cominciare da quello che vediamo succedere per la Grecia e continuando con le scelte complessive che devono essere prese dentro l’Unione Europa: si deve porre delle domande serie riguardo alla politica economica.

    D. – Da una parte abbiamo il neopresidente francese Hollande, appena insediatosi e forte del consenso ottenuto nel suo Paese, e dall’altra abbiamo la Merkel che si presenta "appannata" dopo le elezioni della scorsa settimana, e ancora il premier italiano Monti, considerato molto strutturato e a cui toccherà aprire il vertice. Questo è un segnale positivo per l’Italia?

    R. – Non c’è dubbio. Io credo che al premier italiano Monti venga attribuita anzitutto una competenza che non è frequente nel mondo politico e certamente una competenza che nasce dal suo essere economista e, allo stesso tempo, dall’essere stato commissario europeo e quindi con una visione complessiva dei problemi dell’Europa anche dal punto di vista della situazione difficile che sta attraversando. Credo che il suo atteggiamento – quello cioè di aver per primo fatto una proposta per lo sviluppo, insieme con altri 11 leader europei – lo metta in una condizione di vantaggio in questo momento.

    D. – Gli Stati Uniti che ospitano il G8 hanno assunto una posizione di grande cautela, anche in attesa delle presidenziali di novembre. Secondo lei, può l’economia americana ricoprire un ruolo di mediazione tra la tartassata Europa e l’economica asiatica in forte ascesa?

    R. – Io credo che il problema non sia quello della posizione intermedia che l’economia americana possa assumere, quanto quello di spingere l’Europa verso una politica economica che sia più capace di innestare lo sviluppo. Gli Stati Uniti cominciano a essere preoccupati di un’Europa che non cammina: questo ha effetti anche su di loro e non basta la crescita forte dei Paesi del sudest asiatico per rassicurare gli Stati Uniti. Quindi, io credo che l’azione degli Stati Uniti sarà guidata da questo punto di riferimento forte.

    D. – Infine, il Giappone, avamposto dell’economia asiatica, che è un Paese che paradossalmente vive da tempo una crisi economica strutturale importante. Quale può essere il suo contributo al G8?

    R. – Non dimentichiamo che se è vero che il Giappone vive una crisi, che poi si traduce in una crisi, ma non in una vera e propria recessione, può esercitare una funzione importante: insieme agli Stati dell’Asia – e cioè del sudest asiatico – e assieme all’India ha formato un triangolo di grandissima importanza per l’economia del mondo. Questi Paesi insieme alla Cina finiscono per realizzare e determinare lo sviluppo che oggi c’è nel mondo. Gli americani sono molto consapevoli di questo e guardano con molta attenzione agli eventi che arrivano da quella parte. Naturalmente, tutto questo noi lo vediamo come eventi troppo distanti da noi, forse bisognerebbe che ci rendessimo conto che il motore del mondo è lì.

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    Siria. Archivio Disarmo sui ribelli "foraggiati" di armi dai Paesi del Golfo

    ◊   In Siria, Baath, il partito al potere da mezzo secolo, vanta una vittoria ancora più schiacciante del passato nelle elezioni legislative del 7 maggio, “le prime dell'era del multipartitismo”. La violenza comunque non si ferma: 32 persone sono rimaste uccise nelle ultime ore. E il presidente Assad continua a parlare di terrorismo e di ingerenze straniere, criticando in particolare la Francia e il neoeletto presidente, Francois Hollande. Intanto, il Washington Post parla di incremento massiccio di rifornimento di armi ai ribelli, grazie ai fondi di diversi Paesi del Golfo e al coordinamento degli Stati Uniti. Sull’attendibilità e la portata di questa notizia, Fausta Speranza ha intervistato Maurizio Simoncelli, dell’Istituto di ricerche internazionali Archivio Disarmo:

    R. – Non abbiamo fonti certe, naturalmente, di tutto quanto sta avvenendo in questo periodo nell’area mediorientale e intorno al conflitto che è scoppiato da ormai più di un anno in Siria. Il dato certo è che sicuramente, da una parte e dall’altra, ci sono forniture di armi: arrivano ai ribelli e all’esercito siriano, cioè ai lealisti per così dire. Le cifre certe non si hanno: ogni tanto si ha notizia di navi fermate e si dice che in alcuni casi provengano da parte dell’Iran. Noi sappiamo che uno dei tradizionali alleati del governo di Assad, in questo ambito, è anche la Russia di Putin, che si è sempre opposta a possibili embarghi.

    D. – Qual è la portata di questa notizia: se dovesse essere vera cosa potrebbe significare per questo braccio di ferro tra opposizione e regime in Siria?

    R. – Certamente, ormai ci troviamo di fronte a una guerra in corso. Il problema è sperare che tutto questo non si allarghi, perché vediamo che non sono soltanto gli Stati Uniti a essere i grandi fornitori di armi all’opposizione, ma anche qualche altro Paese del Golfo, che teme molto l’influenza e l’azione dell’Iran. Tutto questo potrebbe continuare a destabilizzare l’intero territorio. C’è quindi il pericolo di un avvitamento, di una crisi armata che potrebbe coinvolgere non solamente il Paese di cui stiamo parlando, ma un’area appunto molto, molto più vasta.

    D. – Qualcuno fa un parallelismo con la situazione in Libia. Anche lì c’era guerra civile: a un certo punto è arrivato un massiccio aiuto di armi ai ribelli e c’è stata la svolta. E’ possibile fare questo paragone?

    R. – Siamo in due situazioni molto, molto diverse: il regime di Gheddafi era un regime molto autonomo e indipendente rispetto al grande alleato della Siria che è l’Iran. Certamente, alcune dinamiche potrebbero essere simili. Però, ricordiamo che non sono stati i ribelli a vincere Gheddafi, ma c’è voluto l’intervento militare della Nato, che è stato risolutivo. Noi abbiamo nel caso della Siria un esercito ben armato, ben organizzato, che è quello di Assad, con truppe che si sono anche ammutinate, ma non siamo allo stesso livello di forze in campo. Per cui, per quanto Stati Uniti e altri Paesi possano inviare armi, non credo che un intervento solo di questo genere possa mettere in crisi le forze armate di Damasco. Abbiamo visto, purtroppo, la tragedia di Homs e adesso ci sono altre città che vengono bombardate… Immaginare un altro tipo di intervento come quello che c’è stato lo scorso anno mi sembra in questo momento estremamente difficile.

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    Medio Oriente. Nuove frizioni tra Hamas e Fatah

    ◊   In Medio Oriente, si spacca nuovamente il fronte palestinese. Motivo della frizione tra le fazioni di Fatah e Hamas il rimpasto di governo fortemente criticato dal movimento fondamentalista, che giudica l’esecutivo composto da tecnocrati e troppo coinvolto con i poteri forti e non in grado di rispettare l’accordo di riconciliazione tra Fatah e Hamas siglato nel 2011, ma di fatto mai attuato. Una situazione che avrà sicuramente importanti ricadute sulla situazione israelo-palestinese. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Stefano Torelli, esperto di Medio Oriente del portale Equilibri.net:

    R. – Non c’è molto di nuovo in questa spaccatura: nonostante gli appelli e il raggiungimento – almeno formale – di alcuni accordi tra Fatah ed Hamas, in realtà non si è mai arrivati a un vero accordo che mettesse fine alla spaccatura interna al mondo politico palestinese. Diciamo quindi che le ripercussioni, almeno a breve termine, non si dovrebbero vedere. Questo non vuol dire che si tratti di una cosa positiva: il dialogo con Israele continuerà a essere messo in difficoltà così come, all’interno del mondo palestinese, sembra essere lontano il raggiungimento di una vera e propria unità nazionale. Per il momento, Fatah non prevede l’eventualità di un governo insieme ad Hamas al punto tale da costituire, da solo, un nuovo governo.

    D. – Difficoltà anche per i mediatori internazionali che si trovano, in pratica, a dover dialogare con "due Palestine"…

    R. – Sì. Questo è un po’ lo scenario che abbiamo di fronte, almeno dal 2006-2007. Al momento non c’è neanche una posizione univoca, a livello internazionale, nei riguardi di Hamas e, soprattutto, ogni volta che si parla di un possibile accordo tra Hamas e Fatah, si levano anche molte voci contrarie proprio da parte di alcuni attori della comunità internazionale, Israele in primis. La presenza di Hamas, quindi, sarebbe comunque una presenza problematica nel caso in cui si arrivasse veramente a un’unità nazionale in Palestina.

    D. – La "primavera araba" e la crisi siriana hanno un po’ messo in ombra la situazione israelo-palestinese. In questi mesi, invece, è successo, di fatto, qualcosa di importante…

    R. –Sì. La questione israelo-palestinese continua a essere cruciale all’interno degli equilibri mediorientali. Vi sono, inoltre, degli sviluppi importanti: la settimana scorsa, ad esempio, Israele stesso ha dato una svolta al proprio panorama politico interno nel momento in cui il primo ministro Netanyahu, con una mossa che ha colto di sorpresa molti, ha annunciato l’allargamento della propria coalizione di governo al maggior partito di opposizione, Kadima. Si può anche presupporre che questo allargamento possa essere preludio di nuove scelte importanti da parte del Paese.

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    Canada. Il presidente dei vescovi: tutelare la libertà di coscienza, sempre più minacciata

    ◊   La Conferenza episcopale canadese ha pubblicato in questi giorni una lettera pastorale sulla libertà di coscienza e la libertà religiosa. Il documento esprime preoccupazione a causa “dell’aggressivo relativismo” che si sta affermando nella società canadese e che spinge la religione nella sfera privata. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Una lettera pastorale per ribadire l’importanza fondamentale della libertà di coscienza in ambito religioso: i vescovi del Canada hanno sentito la necessità di indirizzare questo documento ai propri concittadini. Nel corso degli anni, infatti, sono aumentate le minacce e gli attacchi a questo diritto fondamentale. La riflessione dell’arcivescovo Richard Smith, presidente dell’episcopato canadese, intervistato da Christopher Wells:

    “We also notice in our own Country, ...
    Rileviamo anche, nel nostro stesso Paese, sempre più sfide alla libertà di coscienza e alla libertà religiosa. Certamente, grazie a Dio non c’è violenza qui, ma le sfide non mancano mai. Bisogna tenere presente che questi sono diritti umani intrinseci: non sono ‘dati’ dallo Stato e quindi non possono essere tolti dallo Stato, ma devono invece essere rispettati e protetti dallo Stato. Dove questo non accade, ci sentiamo costretti a parlare".

    Mons. Smith sottolinea che la libertà di coscienza e religiosa è consacrata nella Carta dei diritti canadese e ribadisce dunque che va protetta da tutti:

    “We need to understand conscience correctly, ...
    Dobbiamo comprendere correttamente il concetto di coscienza, dobbiamo formarla, dobbiamo lavorare per avere un sano rapporto tra Chiesa e Stato, basato non su una laicità radicale, ma su quello che chiamiamo una laicità legittima in cui alla sfera politica e alla sfera religiosa si riconosce una libertà di movimento autonoma. La vita politica non può mai essere separata dalla morale e dall’etica”.

    Per garantire l’efficace funzionamento della democrazia, avverte ancora il presule, bisogna tutelare le libertà umane fondamentali a partire dalla libertà di coscienza.

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    Campagna informativa sulla salute nelle carceri per aumentare prevenzione e cure

    ◊   Presentati stamane a Roma i risultati della campagna informativa ”La salute non conosce confini”, iniziata a ottobre 2011 e terminata a gennaio 2012, in 20 istituiti penitenziari di 11 regioni italiane. Obiettivo: sensibilizzare detenuti e personale carcerario su Hiv e altre patologie virali croniche, in modo da aumentare la percentuale di esecutori di test specifici e da pianificare interventi adeguati di prevenzione e cura. Il servizio di Gabriella Ceraso:

    La popolazione carceraria vuole salute e vuole essere informata in modo adeguato. É il dato più importante che emerge dai primi risultati della campagna condotta in Italia: nove gli istituti di cui si dispongono i dati preliminari sui 20 coinvolti, tra cui quelli di Roma, Cagliari, Firenze e Torino. La vera novità della campagna è stata l’introduzione, oltre ai tecnici, di un tutore, rappresentante del network “Persone sieropositive”, che da ottobre a gennaio ha effettuato 32 incontri in 20 istituti ed ha avvicinato 1.546 detenuti, età media 46 anni, per il 4,7 per cento donne, che a loro volta si sono fatti informatori per gli altri.

    A loro, parlando la stessa lingua e comprendendone i problemi, viene data la possibilità, con diverso materiale, di capire quanto conta l’informazione per evitare il contagio e di godere di un diritto alla salute che vale per tutti. I risultati sono ottimali: il tasso di esecuzione dei test di screening è passato, per quanto riguarda l’Hiv, dall’11,1 per cento pre-intervento al 56 per cento attuale. È l’Hiv che si conferma, dalla campagna, l’infezione più diffusa, anche se in lieve calo: oltre il 50 per cento dei detenuti ne è interessato e i più a rischio risultano essere i tossicodipendenti. Ma già 130 – e sono solo i dati parziali – sono le persone detenute che hanno preso coscienza, grazie a questa campagna, di una patologia attiva ma prima non nota.

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    La crisi economica e la ripresa: analisi del presidente del Cnel, Marzano

    ◊   La situazione economica è al centro in questo periodo di dibattiti e incontri. “Dalla crisi alla ripresa” è il titolo della Conferenza, organizzata dall’Accademia Angelica Costantiniana, che si è tenuta nei giorni scorsi a Roma. A intervenire anche Antonio Marzano, presidente del Cnel, il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro. Debora Donnini lo ha intervistato:

    R. – Propongo di distinguere una crisi di natura congiunturale, che è destinata a essere superata, da un altro tipo di crisi che non è congiunturale ma strutturale e che riguarda il futuro di lungo periodo nel nostro Paese. Credo ci siano delle riforme da fare perché l’economia italiana possa crescere a un tasso potenziale più alto. Però, alcune di queste riforme non sono soltanto riforme economiche in senso stretto, ma riguardano proprio i meccanismi con cui funziona la società.

    D. – Per esempio?

    R. – Per esempio, io non credo che funzioni bene la meritocrazia in questo Paese. Se non si riconosce il valore delle persone, quali sono allora le forze che dominano la società? Di altro tipo, diverse dal merito. E una delle conseguenze è anche la crisi dei valori, perché se si va avanti a prescindere dal proprio merito vuol dire che la società entra in crisi sul piano dei valori condivisi e senza valori condivisi non si va da nessuna parte.

    D. - Quanto pesa nella crisi economica che sta vivendo l’Occidente la disgregazione della famiglia e la bassa natalità?

    R. – Sono fondamentali. La disgregazione della famiglia significa la disgregazione della cellula fondamentale di una società. Per esempio, il fatto che crescano continuamente i numeri dei single, il fatto che ci sono tanti abusi sui minori, la violenza sulle donne, la crisi fra le generazioni: tutti questi sono segnali di crisi grave che si ripercuotono sicuramente sull’economia. Io credo che in questo senso i centri fondamentali della formazione che sono la Chiesa, la scuola, la famiglia abbiano un compito molto importante da svolgere.

    D. - Per esempio, Germania e Francia hanno politiche famigliari migliori di quelle dell’Italia?

    R. – Sì, molto più attente alle esigenze della famiglia. Questo tipo di politiche che sono politiche del Welfare, servono anche per dare più coesione alla società. Chi si sente abbandonato si sente escluso e chi si sente escluso non è coeso con il resto della società.

    D. – Il governo ha riprogrammato la destinazione dei fondi europei, già a bilancio, per 2-3 miliardi, alle aree di fragilità del Paese, le regioni del Sud. Secondo lei, servirà questa misura del governo?

    R. – Non so se sia sufficiente ma va nella direzione giusta, perché se questo Paese è diviso anche sul piano del dualismo territoriale. Cioè, una parte del Paese corre e un’altra va più piano e questo significa mancanza di coesione. Nel Sud, poi, ci sono tante opportunità che andrebbero valorizzate. Ne segnalo una: la sua posizione geografica proietta il Sud verso i Paesi del Mediterraneo anche della Costa africana e in questo senso, forse, il Meridione ha un ruolo che finora non è stato pienamente adempiuto.

    D. – In Italia, in questo momento si parla molto dei ritardi nei pagamenti da parte della Pubblica amministrazione verso le imprese. L’Italia è fatta di piccole e medie imprese: quanto pesa questo ritardo nei pagamenti?

    R. – Pesa nel senso dei bilanci di queste imprese che registrano un credito verso la Pubblica amministrazione, che non possono esigere. Quindi, dovendo continuare a lavorare e a pagare i propri fornitori questo è un punto grave nell’equilibrio economico delle imprese. Ma c’è un aspetto più generale: la gente ha bisogno di uno Stato amico. Ancora una volta, torniamo al problema della coesione. Uno Stato amico è uno Stato che suscita attorno a sé l’appoggio, la speranza, la certezza che in caso di difficoltà si farà qualcosa per quelli che entrano in difficoltà. Se lo Stato non appare amico ma, come alcuni episodi di questi giorni fanno temere, uno Stato "contro" – anche senza volerlo, ma per il modo in cui si è concepita l’attività, la procedura dei vari organi dello Stato – è un fatto che frena l’economia. Uno Stato amico aiuta a crescere.

    D. – La Grecia dovrà riandare alle elezioni. In Europa il Welfare è sempre più minacciato. Secondo lei, l’Europa per tornare a decollare deve riscoprire profondamente le sue radici giudaico-cristiane e quindi ha un messaggio in questo senso da portare al mondo?

    R. - Certamente sì, è stato un errore non far entrare nella Costituzione europea queste radici che non sono soltanto radici storiche, ma proprio di valori importanti e comuni. Questo chiede un impegno ulteriore in questa direzione. Credo che se non si fanno queste cose, non strettamente economiche – stiamo parlando di cose che sono extra-economiche, sociologiche, culturali – anche l’economia ne risentirà.

    D. - Ritrovare la propria anima dà uno slancio forte...

    R. – Sì, se ci sono valori condivisi, le leggi vengono rispettate. Se invece questi non ci sono, le leggi vengono considerate qualcosa che si può osservare o no. Il rispetto delle leggi rientra nella morale: date a Cesare quello che è di Cesare.

    D. – Anche la questione del Welfare, della solidarietà, è importante...

    R. – E’ fondamentale. Però, se lo Stato non ci arriva e ha difficoltà finanziarie a fare quello che si dovrebbe, bisognerebbe riconoscere un ruolo crescente al Terzo settore, al volontariato, che è un modo di supplire ai limiti anche finanziari dello Stato. Si sta sviluppando in Italia, c’è molto volontariato e credo che si dovrebbe fare di più.

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    Dibattito su "Silenzio e Parola" in vista della Giornata mondiale delle comunicazioni sociali

    ◊   Il silenzio e la parola non sono estremi contrapposti, ma sono interdipendenti. Sui molteplici risvolti di questa relazione per la comunicazione si è svolto ieri, nella sede della nostra emittente, un dibattito in vista della 46.ma Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, incentrata sul tema “Silenzio e Parola: cammino di evangelizzazione”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Il tema della Giornata, che si celebrerà domenica prossima, è un’esortazione a riflettere sulla realtà della comunicazione. Mons. Domenico Pompili, direttore dell’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali della Cei:

    “Il Papa quest’anno ci sorprende invitandoci a fare un esercizio di 'gestalt', di percezione della realtà della comunicazione. Nella comunicazione il rischio è quello di dare la priorità a ciò che è più visibile, la parola. Il Papa ci invita a fare un esercizio di disimmersione da questa ovvietà, ripristinando invece il primato del silenzio”.

    Quale è la funzione del silenzio? Risponde Gianpiero Gamaleri, ordinario di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università “Roma Tre”:

    “Il silenzio è luogo dell’assenza o luogo della riflessione, dell’approfondimento, della presenza? Il silenzio non è assenza, non deve essere censura, deve essere luce e ascolto”.

    La comunicazione è per la Chiesa una sfida legata alla missione evangelizzatrice. Padre Giulio Albanese, direttore del mensile “Popoli e Missione”:

    “La comunicazione, l’informazione in particolare, oggi, sono terra di missione. La missione è comunicazione, è comunicazione e trasmissione della parola forte di Dio. E’ giusto crearsi spazi di silenzio, ma poi non dimentichiamo: dobbiamo gridare dai tetti la buona notizia perché se rimaniamo silenti poi davvero rischiamo di non dire nulla a questa società che, nonostante tutto, ha fame e sete di Dio”.

    Durante il dibattito, è stato presentato il volume edito da “Città Nuova” ed intitolato “Il silenzio e la parola. La luce, ascolto, comunicazione e mass media”. L’autore del libro, Michele Zanzucchi, ha ricordato i diversi significati di silenzio:

    "Il silenzio richiama a molteplici parole, ma il significato più profondo è quello totalmente cristiano della 'kenosis', del silenzio di Dio. Il silenzio di Dio che non è fine a se stesso ma è un silenzio che provoca la parola, che genera la parola, che permette alla parola di essere parola. Senza silenzio, non c’è parola".

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    Settimana delle scienze educative a Roma

    ◊   “Educazione e religione” è il tema dedicato alla Settimana delle Scienze educative, organizzata dall’ Ufficio diocesano per la Pastorale Universitaria, che si sta svolgendo in questi giorni in diversi atenei di Roma. Tra i convegni promossi dall’iniziativa che si concluderà domenica, domani mattina presso il rettorato dell’ Università di Roma Tre, avrà luogo un incontro sul tema “Educazione, formazione e valori per l’inclusione”, dove i docenti e gli psicologi si confronteranno su come rendere i ragazzi parte attiva e concreta della società. Ma sulla settimana ascoltiamo il servizio di Marina Tomarro.

    Aiutare i ragazzi ad andare oltre la non cultura dominante ma ad essere terreno fertile dei valori autentici della fede. Questi gli obiettivi della Settimana delle Scienze educative. Anna Maria Favorini, docente presso l’Università di Roma Tre e tra gli organizzatori dell’iniziativa:

    R. - La ritengo una Settimana particolarmente importante e significativa. Intanto noi parliamo di educazione, di formazione e di valori: c’è proprio un’intenzionalità di porre l’accento a riscoprire un qualcosa che è rimasto un po’ nascosto, in questi anni. Da parte dei giovani, si avverte una maggior attenzione proprio a quelli che sono i valori che loro vogliono riscoprire, e vanno oltre quello che è una formazione intesa in senso stretto.

    D. - Diventa allora fondamentale che la buona educazione dei giovani alla fede parta proprio dalla loro quotidianità…

    R. – Le agenzie educative che sono maggiormente dedicate a lavorare in quest’ambito formativo – partiamo dalla prima agenzia educativa, la famiglia e poi la scuola e l’università – fanno da sfondo ad un percorso formativo di senso, proprio in un’ottica di attenzione a tutti quei valori che ci permettono di riconoscerci.

    D. - E oggi più che mai nei giovani c’è una ricerca di punti di riferimento soprattutto in un momento come questo attuale dove nulla appare certo...

    R. - Oggi sembra che ci sia quasi un ritorno, un voler riscoprire quelli che sono i valori che realmente danno un senso alla propria vita, al di là di quelli che possono essere gli apprendimenti e le scelte professionali. C’è bisogno proprio di un contenitore valoriale più ampio, che sia forte e significativo, che possa racchiudere quelle che sono le loro finalità ed i loro progetti di vita. L’università, in quest’ottica, nell’ambito delle singole discipline, fa riscoprire questi valori condivisibili.

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    Il cardinale Prosper Grech: Maria è madre che ci tiene per mano portandoci a Cristo

    ◊   La Madonna è via sicura verso Cristo, Salvatore del mondo. Lo ha ribadito il cardinale maltese Prosper Grech, nella Messa vespertina, dedicata ai malati, ieri, presso la chiesa romana di Santa Maria delle Grazie alle Fornaci, in Roma. La meditazione presentata in occasione della presenza dell’immagine della Madonna pellegrina di Fatima e delle reliquie dei Beati Francesco e Giacinta, si è incentrata sulla preghiera dell’Ave Maria. Il porporato, nel mese dedicato alla Vergine, ha ricordato l’importanza della preghiera del Rosario e rimarcato che “Maria è rifugio certo verso la salvezza”. Ascoltiamo il cardinale Prosper Grech al microfono di Massimiliano Menichetti:

    R. – Tutto dipende dalla nostra relazione personale, prima di tutto con Cristo e poi con sua Madre, in modo che ogni preghiera esca dal cuore e poi risponda con il cuore di Maria.

    D. – Lei ha detto che Maria è Colei che tiene la mano all’uomo nell’ultimo momento. E’ veramente così?

    R. – E’ veramente così. Quante Ave Maria abbiamo detto nella nostra vita? Migliaia e migliaia, io credo. E cosa preghiamo noi? “Prega per noi peccatori adesso e nell’ora della nostra morte”. Bene, cosa fa nell’ora della nostra morte Maria? Tenerci la mano, non soltanto per confortarci, ma per darci la fede, per fare quel salto nelle braccia di Cristo, in modo che Lei ci presenti a Gesù e Gesù al Padre.

    D. – La penitenza, il digiuno, la preghiera, vie indicate da Maria, sono dunque vie concrete di salvezza?

    R. – Certo. Gesù ha predicato in tutto il suo Vangelo la penitenza, e sua Madre lo ripete instancabilmente, quindi, la confessione - una vera, sincera contrizione - e poi la preghiera. Lei raccomanda sempre il Rosario.

    D. – Qual è il significato del mese mariano, in cui fioriscono tante iniziative per far volgere il cuore a Maria?

    R. – Certamente è un’opportunità per noi, perché è sempre il mese dedicato a Maria. In questo mese ci mettiamo nelle mani della Mamma.

    D. – Lei ha indicato nel Rosario una via di meditazione, non solo di preghiera.

    R. – Qualche volta recitiamo il Rosario meccanicamente: “Nel terzo mistero glorioso lo Spirito Santo è disceso sugli apostoli. Padre Nostro che sei nei cieli...” Invece bisogna prima entrare nel significato di queste parole, e poi recitare le Ave Maria nel contesto di questa meditazione che abbiamo fatto. Il terzo mistero glorioso ad esempio significa davvero che lo Spirito Santo è disceso sulla Chiesa e anche su di me e su tutti i nostri cari.

    D. – Questa giornata in particolare è dedicata ai malati e ai sofferenti. Che cosa si sente di dire loro?

    R. – Nel mio motto, sul mio stemma, ho “In te Domine speravi” e poi naturalmente “non confundar in aeternum”, cioè in Te Signore, a Te mi affido, che io non sia perduto per sempre. Questa, dunque, dovrebbe essere la nostra preghiera continua: l’affidiamo alla Madre, Maria, che la offra a Gesù.


    La statua della Madonna pellegrina di Fatima e le reliquie dei Beati Francesco e Giacinta, che insieme a Lucia ebbero l’apparizione della Vergine nel 1917, rimarranno nella chiesa di Santa Maria delle Grazie alle Fornaci fino a domenica 20 maggio. Domenica la giornata conclusiva con la Santa Messa presieduta dal cardinale Giuseppe Bertello, presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Sud Corea. I vescovi incontrano 46 esuli del Nord: impegno per l'integrazione

    ◊   La Chiesa cattolica in Corea del sud cerca di sensibilizzare la popolazione sulla questione degli esuli del Nord (saetomin). Tra le tante iniziative, un ritiro spirituale nella Casa dei fratelli martiri coreani a Jeju; l'apertura di un centro a Gwangju; una campagna contro il rimpatrio in Corea del nord. La questione degli esuli dal Nord, che dalla Cina chiedono asilo politico a Seoul, è complicata: preoccupati dall'immigrazione selvaggia e dallo scarso livello di preparazione dei nordcoreani, i cittadini del Sud li relegano agli ultimi posti della scala sociale. La Chiesa cattolica - riferisce l'agenzia AsiaNews - si impegna moltissimo per l'integrazione, anche in vista di una futura riunificazione. Mons. Peter Lee Ki-heon, vescovo di Uijeongbu e presidente della Commissione per la riconciliazione della Conferenza episcopale coreana (Cbck), ha accolto e accompagnato 46 esuli - 7 uomini e 39 donne - nel ritiro spirituale all'isola di Jeju. Quattro giorni di esercizi, durante i quale i cristiani hanno potuto visitare la cattedrale e incontrare mons. Pietro Kang woo-il, vescovo di Jeju e presidente della Cbck. Durante una liturgia, mons. Lee ha detto: "Offriamo a Dio questo sacrificio, per tutti i vostri cari e gli amici rimasti in Corea del Nord". E ha aggiunto: "Come voi, anche io vengo da Pyongyang, e con la mia famiglia sono venuto a Seoul per cercare un luogo migliore per vivere la nostra fede cristiana". Qualche giorno fa, l'arcidiocesi di Gwangju (capitale della South Jeolla Province) ha inaugurato un centro di aiuto per esuli del Nord. Presieduta da suor Oh Da-un, la struttura si occupa di affiancare i saetomin nel reinserimento nella società sudcoreana. Infine, la sede dell'associazione Handicapped Walking Exercise sta organizzando una campagna contro il rimpatrio degli esuli nordcoreani. L'evento avverrà in occasione della Giornata per la disabilità (il prossimo 19 maggio) nel parco di Seoul, dove si riuniranno 2.500 persone. (R.P.)

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    Vietnam: in forte aumento il numero degli aborti

    ◊   La crescita economica in Vietnam ha determinato un miglioramento nella qualità di vita, ma ha anche contribuito a diffondere uno stile di vita improntato all'egoismo e al consumismo. Questi due elementi sono un fattore disgregante per la famiglia, da sempre il punto di riferimento per ogni cittadino; l'erosione dei valori sociali e morali ha inoltre innescato una serie di ripercussioni sulla popolazione e i giovani in particolare. Fra queste, il dato più significativo - e al contempo negativo - è l'impennata nel numero di aborti, che oggi nella sola Ho Chi Minh City "è pari al numero delle nascite" con dati statistici che generano una situazione di allarme sociale. Gli ultimi dati riferiti dal Financial Times, relativi al primo quarto del 2012, parlano di una crescita del Prodotto interno lordo (Pil) pari al 4%. Tuttavia, uno sviluppo incontrollato e poco armonico è causa di ingiustizie sociali e problemi che sono destinati ad aumentare col trascorrere del tempo. Il professor Nguyen T.N., del reparto maternità dell'ospedale di Từ Dũ nella ex Saigon, sottolinea all'agenzia AsiaNews che "il numero degli aborti è estremamente preoccupante". Ogni anno vi sono 700mila casi in tutto il Vietnam e, nella sola Ho Chi Minh City, su un totale di 8,3 milioni di abitanti, vi sono ogni anno 100mila nascite e "altrettanti" casi di interruzione volontaria della gravidanza. Il medico e docente riporta i dati relativi alla struttura in cui lavora: nel reparto maternità dell'ospedale Từ Dũ il numero delle nascite è di circa 45mila, ma "gli aborti superano i 30mila". E in tutto il Paese, aggiunge, il dato di "feti grandi o piccoli" uccisi dalle loro madri varia tra 1,2 milioni e 1,6 milioni. Il 5% delle future mamme ha partorito prima dei 18 anni e il 15% prima dei 20. Per spiegare il fenomeno, critici ed esperti puntano il dito contro "pragmatismo e consumismo". Padre Joseph, dell'arcidiocesi di Saigon, spiega che "il consumismo sta erodendo le tradizioni etnico-culturali del popolo vietnamita" e conferma che le nuove generazioni sono impregnate di "egoismo e scarsa sensibilità". Egli auspica l'intervento delle autorità e una collaborazione con gli esponenti delle religioni, in particolare nei settori più sensibili quali l'istruzione e la sanità. "Le iniziative delle organizzazioni religiose - conclude il sacerdote - sono in grado di ridurre le malattie sociali in famiglia e nelle strutture sociali". (R.P.)

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    Pakistan: infermiere cattoliche “luce di speranza” per poveri e malati

    ◊   “Luce e speranza per le persone più miserevoli”. È questa l’immagine delle infermiere che lavorano a Faisalabad, in Pakistan, emersa nel corso di un convegno promosso dai cattolici della città per celebrare la Giornata internazionale di questo mestiere declinato al femminile, che si è celebrata il 12 maggio. Durante l’incontro, riferisce l'agenzia AsiaNews, le infermiere hanno manifestato le difficoltà che devono sostenere ogni giorno tra cui “enormi pressioni, influenze psicologiche e una paga non appropriata”. Hanno chiesto un “miglioramento” della loro situazione e invocato l’intervento del governo, chiamato a garantire una “maggiore mobilità, aggiornamento professionale e opportunità educative”. All’incontro, che si è tenuto nella sala principale dell’ospedale San Raffaele sotto l’egida della Commissione diocesana per il dialogo interreligioso, hanno partecipato sacerdoti, suore, semplici cittadini, che hanno letto passi della Bibbia, intonato canti e promosso approfondimenti sulla professione. Rivolgendosi alle infermiere presenti, padre Khalid Rashid Asi, vicario generale della diocesi, le ha paragonate a Dio, perché “entrambi curano i malati”. Padre Aftab James Paul, direttore della Commissione per il dialogo interreligioso, le ha invitate a “non scendere mai a compromessi” con la loro professione. Nel sottolineare come “la gente consideri questo nobile servizio come un lavoro e non come una missione”, la responsabile del San Raffaele a Faisalabad, suor Rufina Gill, ha richiamato l’attenzione sulla necessità di un miglioramento del servizio offerto, prima di tutto in termini di formazione. (G.M.)

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    Dublino: al Congresso eucaristico sarà inaugurata la "pietra" che ricorda gli abusi

    ◊   Sarà inaugurata durante la cerimonia di apertura del Congresso eucaristico internazionale di Dublino, dal 10 al 17 giugno, la “pietra di guarigione” in memoria delle vittime degli abusi sessuali in ambito ecclesiale. “La pietra rappresenta la ferma determinazione a lavorare per la guarigione e il rinnovamento” ha dichiarato in una nota dell’organizzazione del Congresso padre Kevin Doran, segretario generale dell’evento, ripresa dal Sir. “Quando si dice che qualcosa è ‘scolpito nella pietra’ si intende che è fatta per restare e non è un pensiero che passa”. L’idea di “permanenza” si esprime attraverso una preghiera, composta da una persona che ha subito abusi, incisa nel granito di questo simbolo della guarigione. “Per molti che hanno sofferto l’esperienza degli abusi, e per le loro famiglie - ha aggiunto padre Doran - il dolore può essere talvolta come una pietra che li schiaccia. Occorre farla rotolare via in modo che essi siano liberi”. Dopo il Congresso, chi lo vorrà potrà andare a pregare nel luogo in cui la pietra troverà la sua collocazione definitiva e “sarà permanentemente un pubblico monito della nostra necessità di non dare mai per scontata la salvaguardia delle persone”. (G.M.)

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    Repubblica Dominicana: per le presidenziali vigilia di preghiera e riflessione indetta dalla Chiesa

    ◊   La Conferenza episcopale della Repubblica Dominicana ha esortato tutti i cittadini a votare secondo coscienza alle elezioni presidenziali di domenica prossima, 20 maggio. Inoltre ha chiesto di pregare perché, dopo l'evento elettorale, “la volontà popolare espressa nelle urne sia rispettata da tutti i partiti politici e dai loro candidati”. Nella stesso comunicato, inviato all'agenzia Fides, i vescovi Dominicani hanno anche invitato i fedeli cattolici a partecipare ad una giornata di preghiera e di riflessione che si terrà sabato 19, il giorno prima delle elezioni. I vescovi, dopo aver ricordato il loro appello del 27 febbraio sul dovere di esercitare il diritto al voto, chiedono l'aiuto del Signore per eleggere il nuovo Presidente del Paese ed invitano sacerdoti e responsabili dei centri di culto ad organizzare bene la Giornata di Preghiera per questa intenzione. Il comunicato si conclude “invocando la pace per quel giorno, la convivenza armoniosa e il rispetto alla libertà di coscienza, in modo che dopo l'evento, sia rispettata la volontà del popolo da tutti i partiti e i candidati”. Invocando la benedizione della Madonna di Altagrazia, i vescovi chiedono la protezione del Signore per il popolo Dominicano. (R.P.)

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    Argentina: la Caritas promuove la colletta annuale “Povertà zero”

    ◊   “Povertà zero, vita degna per tutti”: è lo slogan con il quale la Caritas Argentina lancia l’annuale raccolta fondi in tutto il Paese, esortando i fedeli, e non solo, ad essere solidali con i più bisognosi. Quest’anno la colletta si terrà sabato 9 e domenica 10 giugno e potrà essere sostenuta anche attraverso i sociali network come Facebook e Twitter. “Aiutare la colletta della Caritas – si legge in una nota – significa trasmettere un messaggio di speranza a molti fratelli in necessità che potranno, così, migliorare la loro qualità di vita”. Se “ tutti insieme trasformiamo la realtà”, continua la nota, “possiamo ottenere una vita degna per tutti”. L’obiettivo dell’iniziativa, quindi, è quello di “raggiungere i luoghi più reconditi del Paese con la giustizia e la solidarietà, contribuendo alla costruzione di una società fraterna che si assuma un impegno sia a livello personale che comunitario”. D’altronde, la Caritas Argentina è molto attiva nella nazione: presente in più di 35mila parrocchie e Centri missionari, opera grazie all’aiuto di 32mila volontari, cercando di dare risposta ai problemi della povertà con i valori della dignità e della giustizia sociale. Con i fondi raccolti, inoltre, la Caritas sviluppa, durante l’anno, iniziative relative a microimprese, formazione lavoro, progetti educativi, asili, tutela dell’ambiente e cura degli emarginati. (I.P.)

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    Spagna: i giovani della Gmg di Madrid lanciano un progetto di evangelizzazione

    ◊   “Non conservate Cristo per voi stessi! Comunicate agli altri la gioia della vostra fede”: questo il “mandato” che Benedetto XVI ha lasciato ai giovani di tutto il mondo al termine della Giornata mondiale della gioventù di Madrid, svoltasi nell’agosto 2011. Un invito che i ragazzi spagnoli hanno raccolto senza esitazioni: un gruppo di volontari della Gmg iberica, infatti, provenienti dalla diocesi di Alcalá de Henares, ha lanciato una nuova associazione, denominata “Catholic on project”. Con il motto “Accendi la tua vita, accendi la tua fede”, il nuovo organismo si pone l’obiettivo di incoraggiare i ragazzi a scoprire Cristo. In un’intervista rilasciata all’agenzia Aciprensa, il presidente dell’associazione, Ignacio Antón Lamarca, 32 anni, spiega che l’idea del progetto prende spunto dagli insegnamenti di Sant’Ignazio di Loyola, il quale “desiderava glorificare Dio con tutto ciò che aveva ed utilizzando qualsiasi attività umana per evangelizzare”. “La Gmg ha cambiato la mia vita – racconta Lamarca – perché grazie a quell’evento ho scoperto che valeva la pena di impegnarmi come volontario, considerato il dono che ho ricevuto in cambio: essere il volto della Chiesa per milioni di giovani giunti a Madrid da tutto il mondo”. Il sogno di Catholic on project è quello di poter aprire una scuola cattolica come strumento di evangelizzazione: “Una delle nostre preoccupazioni è l’insegnamento – continua Lamarca – Per questo, con l’aiuto di Dio, vogliamo fondare un collegio cattolico nel quale educare i giovani ai valori del cristianesimo”, poiché “l’educazione è uno dei pilastri della società, mentre oggi, in Spagna, si nota una carenza da questo punto di vista, tanto che la crisi attuale non è solo economica, ma anche di valori”. Nel frattempo, l’impegno evangelizzatore dei giovani membri del Catholic on project viene portato avanti anche attraverso metodi innovativi, come indossare magliette con stampata una frase che invita i ragazzi a parlare di Dio, oppure promuovere la religione attraverso la musica. “Facciamo tutto il possibile – conclude Lamarca – perché, come i primi apostoli, vogliamo mostrare il volto di Cristo al mondo”, quel mondo che “oggi si allontana da Dio, mentre noi vogliamo accostarci a Lui”. (A cura di Isabella Piro)

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    Corte di Strasburgo: bocciata richiesta di un prete sposato di insegnare religione nelle scuole

    ◊   La Corte europea dei diritti dell’uomo si è espressa due giorni fa sul caso del sacerdote Fernández Martínez, al quale i vescovi spagnoli avevano deciso di non rinnovare il contratto per l’insegnamento della religione, in seguito alla pubblicazione di un articolo che ne ha reso pubblica l’appartenenza al “Movimento per il celibato opzionale”. Sposato e padre di cinque figli, riferisce il Sir, Martínez ha ottenuto nel 1997, dalle autorità vaticane, la dispensa dal celibato da lui richiesta, accompagnata dalla precisazione che ai beneficiari di tale dispensa non era consentito l’insegnamento della religione cattolica nelle istituzioni pubbliche, a meno che il vescovo locale non avesse deciso altrimenti. Dopo i ricorsi al tribunale del lavoro di Murcia, all’Alta Corte di giustizia e alla Corte costituzionale, Martínez si è rivolto alla Corte di Strasburgo invocando l’articolo 8 della Convenzione europea, sul diritto al rispetto della vita privata; lamentando di essere stato discriminato, ha affermato che “il mancato rinnovo del contratto a causa della sua situazione personale e familiare aveva appunto violato il suo diritto alla vita privata e familiare”. In sintesi, la Corte doveva decidere quale diritto dovesse prevalere: se quello del sacerdote o quelli della Chiesa ai sensi degli articoli 9, diritto alla libertà di religione, e 11, sulla libertà di associazione. “Le circostanze motivanti il mancato rinnovo del contratto” ha stabilito la Corte, “sono di natura strettamente religiosa”; in virtù del “principio della neutralità religiosa dello Stato”, infatti, “esso non può pronunciarsi su questioni come il celibato dei preti”. Pertanto, “le autorità ecclesiastiche hanno adempiuto agli obblighi derivanti dalla loro autonomia religiosa” e da parte delle “giurisdizioni competenti” non vi è stata “alcuna violazione dell’art. 8”. (G.M.)

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    Australia: al via i preparativi per il convegno sulla nuova evangelizzazione

    ◊   “Quello che io vi dico nelle tenebre, ditelo voi nella luce; e ciò che udite detto all’orecchio predicatelo sopra i tetti”: si ispira ad un versetto del Vangelo di Matteo (Mt 10, 27) il tema di “Proclaim 2012”, il convegno sulla nuova evangelizzazione organizzato dalla Conferenza episcopale australiana. L’evento si terrà dal 9 all’11 agosto a Chatswood, a nord di Sydney, ma i preparativi sono stati già avviati. Rivolto a sacerdoti, religiosi, volontari, coniugi, single, giovani e meno giovani, il convegno vedrà la partecipazione, tra gli altri, dell’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, che presenterà due interventi: il 9 agosto, si soffermerà sul tema “Cos’è la nuova evangelizzazione e cosa significa per la Chiesa”, mentre l’11 agosto il presule parlerà di “Gesù e l’Anno della fede - l’urgenza della nuova evangelizzazione”. “Proclaim 2012 – si legge sul sito web della Conferenza episcopale australiana – vuole aiutare la gente a capire la nuova evangelizzazione”, rispondendo così “all’invito di Benedetto XVI ad impegnarsi in questo ambito ed a raggiungere con il messaggio di Gesù i fedeli e la cultura in modi nuovi”. Focus dell’incontro sarà “l’evangelizzazione nelle parrocchie, poiché – si legge ancora sul sito web – esse sono comunità donateci dalla Chiesa all’interno delle quali si può vivere la fede cattolica”. Il convegno sarà, dunque, “un’esperienza straordinaria di arricchimento della fede per tutti i cattolici”, in particolare per quelli “appassionati dalla condivisione della fede attraverso la testimonianza, la proclamazione del Vangelo e il servizio al prossimo”. “Proclaim 2012” si inserisce a pieno titolo tra gli eventi principali dello speciale Anno di grazia, indetto dai vescovi australiani per il 2012-2013. Dedicato al tema “Ripartire da Cristo” - che si ispira ad un passaggio della Lettera apostolica “Novo millennio ineunte”, siglata da Giovanni Paolo II nel 2001 - l’iniziativa si aprirà il prossimo 27 maggio, domenica di Pentecoste, e si concluderà il 19 maggio del 2013. (I.P.)

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    L’Opera romana pellegrinaggi partecipa alla “Notte dei musei”

    ◊   Anche l’Opera Romana Pellegrinaggi partecipa alla “Notte dei musei”, sabato prossimo 19 maggio, quest’anno dedicata alla memoria dei magistrati Falcone e Borsellino, di cui ricorre il ventennale. In collaborazione con Zètema, organizzatore ufficiale dell’iniziativa a Roma, desidera offrire a pellegrini e turisti la possibilità, nella notte tra sabato 19 e domenica 20, di visitare quattro importanti luoghi legati alla fede cattolica e alla diffusione del cristianesimo. Dalle 18.30 alle 23, gratuitamente, ci si potrà recare al Carcere di San Pietro, alla Basilica e al chiostro di San Giovanni in Laterano, al Pontificio Santuario della Scala Santa con annessa Cappella Sancta Sanctorum, già cappella privata della dimora lateranense dei Papi nel Medioevo, infine al Museo di Propaganda Fide. Sono previsti collegamenti tra i vari siti grazie a minibus a metano. Per quanti vorranno gustare in anticipo l’atmosfera culturale che si respirerà in occasione della “Notte dei musei”, l’Opera Romana Pellegrinaggi propone per domani in notturna di vivere l’esperienza dei Musei Vaticani e della Cappella Sistina. Un’opportunità che proseguirà fino al 13 luglio, per poi essere riproposta da settembre fino al 26 ottobre. La “Notte dei musei” di Roma, alla quarta edizione, si inserisce nel più ampio quadro dell’iniziativa a livello europeo, che nel 2011 ha coinvolto oltre tremila fra musei e istituzioni del Vecchio Continente. (G.M.)

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    Verona: domani il Festival Biblico, la rassegna sulla Sacra Scrittura

    ◊   Avrà inizio domani, a Verona, il Festival Biblico, la rassegna nata a Vicenza nel 2005 per avvicinare il grande pubblico alla Sacra Scrittura ebraico-cristiana. Un appuntamento che a Verona prevede 10 eventi, la partecipazione di 20 protagonisti, l’ambientazione in 14 “location” e il coinvolgimento di ben 22 istituzioni, enti pubblici, privati e centri culturali. Tutti gli incontri sono gratuiti. La tappa veronese del Festival si apre domani con una mostra di codici biblici conservati nella Biblioteca Capitolare, intitolata “Dai libri al Libro”. L’esposizione - riferisce l'agenzia Sir - è aperta al pubblico da venerdì a domenica 20 maggio e viene inaugurata domani, alle ore 17, alla presenza del vescovo mons. Giuseppe Zenti, del prefetto Bruno Fasani, del presidente del Festival Roberto Tommasi e della curatrice Carla Adami. Sempre domani alle ore 18, nel Chiostro dei canonici o nella Cattedrale in caso di maltempo, si tiene il dialogo tra il teologo Giacomo Canobbio, docente alla Facoltà teologica dell’Italia settentrionale, e Wanda Tommasi, docente di storia della filosofia contemporanea all’università di Verona. “Le ragioni della speranza” è il titolo del confronto moderato da Cristina Simonelli, docente di patrologia allo Studio teologico San Zeno di Verona. Sabato 19, dalle ore 9 alle 13 e dalle 15 alle 19, nella libreria Paoline di Lungadige Panvinio è previsto un “Happy Book” per ragazzi delle elementari e medie. (R.P.)

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    Forum delle Famiglie: garanzie da Monti e Riccardi dopo parole della Fornero su coppie gay

    ◊   “Quello del ministro Fornero, martedì nella Sala della Lupa, è stato un gran brutto scivolone tanto più perché piovuto su un evento istituzionale che nel nome della Giornata internazionale della Famiglia dell’Onu, per la prima volta riusciva a mettere insieme istituzioni e società civile attorno alla famiglia”: lo scrive il presidente del Forum delle Associazioni Familiari, Francesco Belletti, nella “Lettera aperta” al ministro dopo le sue dichiarazioni e aperture nei confronti delle coppie gay. “Il ministro ha mancato di ascolto nei confronti del lavoro dell’Osservatorio nazionale sulla famiglia che nel suo Rapporto biennale aveva tracciato una fotografia della famiglia italiana che in due minuti è stata ridotta a carta straccia. Ma le famiglie, quelle autentiche ritratte dall’Osservatorio e non quelle molto più fantasiose del ministro, sono ormai all’angolo, grazie alle stangate e ad un regime fiscale che da troppo tempo penalizza proprio le famiglie e le famiglie con figli. Col suo intervento - scrive tra l’altro Belletti - ha spostato l’attenzione sul tema del riconoscimento delle coppie di fatto; ma davvero questa è una priorità per il nostro Paese?”. “Su tutto questo - conclude la nota ripresa dall'agenzia Sir - non possiamo che chiedere vigilanza e garanzie al ministro Riccardi e al presidente Monti”. (R.P.)

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    Roma: domani l'inaugurazione del Centro servizi psicopedagogici per famiglie

    ◊   Realizzare un’esperienza di accoglienza socio-pedagogica rivolta alle famiglie del territorio. Con questi propositi verrà inaugurato domani a Roma il centro “Diadema”. Il progetto, promosso dall’Associazione Gruppo di Betania Onlus (Agb), che da circa trent’anni offre sostegno a famiglie e adolescenti, e dalla Comunità Oikìa costituita da giovani, laici e consacrati, ha trovato sede nel quartiere di Porta di Roma, in via Dolores Palumbo 16-18. Figli e genitori saranno al centro delle attività di “Diadema” con consulenze psicopedagogiche individuali, di coppia, familiari e di gruppo, percorsi formativi per operatori, educatori e volontari e attività di dopo-scuola. L’esperienza si è aperta con un momento di approfondimento sul tema: “La sfida educativa: territorio, scuola e famiglia”, presso la scuola primaria di via Vittorio Mezzogiorno 20. Il Centro, che nasce anche grazie al sostegno della Conferenza episcopale italiana e della Caritas Italiana, sarà gestito da operatori religiosi e laici, da un’equipe di professionisti che operano da tempo sul territorio del IV municipio e dai giovani volontari della Comunità spirituale Oikìa, guidata da mons. Samuele Sangalli. (B.C.)

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    Roma: a San Pietro in Vincoli si stacca un pezzo di cornicione della facciata

    ◊   “Ad accorgersi stamattina del crollo di alcune parti di intonaco, all’angolo del complesso della chiesa di San Pietro in Vincoli, è stato il nostro sacrestano”. A parlare, all’Ansa, è don Giuseppe, uno dei sacerdoti della Basilica al centro di Roma. Il cedimento ha riguardato il palazzetto dove vive la congregazione dei Canonici Regolari Lateranensi. I vigili urbani hanno transennato e chiuso al traffico via delle Sette Sale, via della Polveriera e largo della Polveriera. Seguirà un sopralluogo della Sovrintendenza statale per appurare da dove sia caduto esattamente l’intonaco del Palazzetto del Cardinale; non è escluso che i frammenti possano essere crollati da un balcone dell’edificio. (G.M.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 138

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