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Sommario del 10/05/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa al Latin American Jewish Congress: cattolici ed ebrei "buoni amici" in continuo dialogo
  • Benedetto XVI ai seminaristi spagnoli di Roma: siate uomini di Cristo trasparenti e sobri
  • Rinunce e nomine
  • Nuovi Beati all'insegna del martirio. Ildegarda di Bingen nel catalogo dei Santi
  • Presentato il Congresso eucaristico di Dublino: Mons. Martin: rinnovamento e riconciliazione
  • Il Cortile dei Gentili a Barcellona. Il cardinale Sistach: il mondo ha bisogno della bellezza
  • Il dialogo tra cattolici e anglicani riparte da Hong Kong
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria: nuova strage a Damasco. Ordigni provocano 55 morti e 370 feriti
  • La Merkel ribadisce: "no" agli eurbond. L'opinione di Alberto Quadrio Curzio
  • Grecia. Il Pasok tenta di creare il governo. Mons. Foskolos: la gente è esasperata
  • Obama: sì al "matrimonio" omosessuale. I vescovi Usa: non restiamo in silenzio
  • Algeria. Clima di calma nel giorno delle parlamentari
  • Cristiani in Africa e Medio Oriente a un anno dalla "primavera araba". Intervista con padre Pizzaballa
  • Nei cinema "Isole": storie di solitudini guarite sullo sfondo delle Tremiti
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Messa per l’Europa. Il cardinale Erdő: “I Santi patroni colonne nel tempio di Dio”
  • Usa: una vittoria dei vescovi il no della North Carolina ai matrimoni gay
  • Ambiente. Mons. Toso: superare la concezione mercantile della gestione dei beni collettivi
  • Svizzera: primo incontro tra vescovi cattolici e ortodossi
  • Filippine: ucciso a Mindanao un giornalista cattolico, impegnato per la “cultura della vita”
  • India: il nunzio apostolico contro il fenomeno della corruzione
  • Myanmar. Guerra aperta e nuovi sfollati: è crisi umanitaria nel Kachin
  • Messico: in vista delle elezioni i vescovi temono inflitrazioni dei narcos
  • Haiti: a più di due anni dal terremoto i seminaristi studiano ancora sotto le tende
  • Australia: la Chiesa al fianco degli aborigeni nella difesa dei territori del nord
  • Perù: traffico di bambini nella foresta, una tragedia denunciata da pochi
  • Turchia: proteste dei cristiani per una traduzione falsata del Vangelo
  • Gabon: l’impegno della Chiesa nella lotta contro i crimini rituali
  • Convegno a Roma sul pensiero del cardinale Jean Danielou
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa al Latin American Jewish Congress: cattolici ed ebrei "buoni amici" in continuo dialogo

    ◊   “Partner affidabili” e “ buoni amici”, capaci di “affrontare insieme” le crisi e “superare i conflitti in modo positivo”. Tali sono diventati cattolici ed ebrei, grazie al “progresso ottenuto negli ultimi cinquanta anni di relazioni”. Queste le parole di Benedetto XVI nel saluto stamani, nella Sala dei Papi, ai 30 membri della delegazione del “Latin American Jewish Congress”, che rappresenta le comunità ebraiche dell’America Latina. Il servizio di Giada Aquilino:

    In quello che è stato il primo e “significativo” incontro tra il Papa e i rappresentanti di organizzazioni e comunità ebraiche latinoamericane, Benedetto XVI ha voluto sottolineare l’importanza del contesto regionale e storico:

    “En toda Latinoamérica hay comunidades judías dinámicas”…
    In tutta l'America Latina, ha spiegato il Santo Padre, ci sono “comunità ebraiche dinamiche”, soprattutto in Argentina e Brasile, che vivono accanto “a una grande maggioranza di cattolici”. Dagli anni del Concilio Vaticano II, ha proseguito, si sono non solo rafforzate “le relazioni tra ebrei e cattolici”, ma sono pure in corso “diverse iniziative” che permettono l’approfondimento dell'“amicizia reciproca”.

    Alla base di tale amicizia, quindi, il Concilio Vaticano II, di cui in ottobre - ha ricordato Benedetto XVI - ricorrono i 50 anni dall’apertura: la Dichiarazione Nostra Aetate, sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane, guida - ha aggiunto - i “nostri sforzi” per promuovere “maggiore comprensione, rispetto e cooperazione tra le nostre due comunità”.

    “Esta Declaración no sólo asumió”…
    Questa Dichiarazione, ha spiegato il Papa, “non solo ha preso una posizione chiara contro tutte le forme di antisemitismo”, ma anche gettato le basi “per una nuova valutazione teologica del rapporto tra Chiesa ed ebraismo”, esprimendo fiducia nel contributo “del patrimonio spirituale condiviso da ebrei e cristiani” ad una comprensione e una crescente stima reciproca. Considerando “il progresso ottenuto negli ultimi cinquanta anni di relazioni cattolico-ebraiche in tutto il mondo”, il Papa ha detto che “non possiamo fare a meno di ringraziare l'Onnipotente per questo segno evidente della sua bontà e provvidenza”.

    “Con el crecimiento de la confianza, el respeto y la buena voluta”…
    Con la crescita “della fiducia, del rispetto e della buona volontà”, ha detto, i gruppi che “inizialmente erano stati associati con diffidenza” diventano passo dopo passo “partner affidabili” e “buoni amici” in grado di “affrontare insieme” le crisi e “superare i conflitti in modo positivo”. Certo, ha notato il Papa, molto resta ancora da fare “per superare gli oneri del passato”, “nel promuovere migliori relazioni tra le nostre due comunità” e in risposta alle sfide del mondo di oggi. È comunque motivo di ringraziamento il fatto di “percorrere insieme la via del dialogo, della riconciliazione e della cooperazione”.

    “En un mundo cada vez más amenazado por la pérdida de los valores espirituales”…
    “In un mondo sempre più minacciato dalla perdita dei valori spirituali e morali, che sono quelli che possono garantire il rispetto della dignità umana e una pace duratura, il dialogo sincero e rispettoso tra religioni e culture - ha sottolineato Benedetto XVI - è fondamentale per il futuro della nostra famiglia umana”. La speranza del Santo Padre, congedandosi dalla delegazione, è stata che l’incontro di oggi sia “fonte di incoraggiamento e di rinnovata fiducia per affrontare la sfida di costruire legami sempre più forti di amicizia e collaborazione” e per dare testimonianza profetica della forza della verità di Dio, della giustizia e dell’amore riconciliatore, per il bene di tutta l'umanità.

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    Benedetto XVI ai seminaristi spagnoli di Roma: siate uomini di Cristo trasparenti e sobri

    ◊   “Trasparenti” testimoni di Cristo. È la consegna che Benedetto XVI ha affidato ai responsabili e agli studenti che fanno parte del Pontificio Collegio Spagnolo di San Giuseppe, ricevuti questa mattina in udienza nel 50. anniversario della fondazione dell’attuale sede del Collegio e in occasione della festa liturgica di San Giovanni d'Avila, patrono del clero secolare spagnolo, prossimo a essere proclamato Dottore della Chiesa. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    L’esortazione di sempre, da seguire ispirandosi a un modello particolare. Essere cioè preti santi – che portano Cristo agli altri perché lo hanno dentro di sé – e farlo con il fuoco d’amore con cui visse il sacerdote per eccellenza della Spagna, San Giovanni d'Avila, per il quale il Papa – come già annunciato durante la scorsa Gmg di Madrid – ha ribadito l’intenzione di volergli attribuire il titolo di Dottore della Chiesa. Nel premettere che “la formazione specifica dei sacerdoti è sempre una delle maggiori priorità della Chiesa”, Benedetto XVI ha anzitutto indicato ai seminaristi del Pontificio Collegio spagnolo cosa significhi vivere tra le mura di questo storico convitto:

    “Al ser inviados a Roma para profundizar…
    Inviati a Roma per proseguire gli studi sacerdotali, si dovrebbe pensare soprattutto non tanto al proprio bene particolare, quanto al servizio nei riguardi del popolo santo di Dio, che ha bisogno di pastori dedicati al meraviglioso servizio della santificazione dei fedeli con elevata preparazione e competenza”.

    Ma ricordate, ha soggiunto, “che un sacerdote rinnova la sua vita e attinge forza per il suo ministero dalla contemplazione della Parola di Dio e dal dialogo intenso con il Signore”:

    “Es consciente de que no podrá llevar a Cristo…
    È consapevole del fatto che non si può portare Cristo ai fratelli né trovarlo nei poveri e ammalati, se non lo si scopre prima della preghiera fervente e costante. È necessario promuovere un rapporto personale con Colui che poi si annuncia, si celebra e si comunica. Qui sta il fondamento della spiritualità sacerdotale, arrivare a essere un segno trasparente e una testimonianza viva del Buon Pastore”.

    Riaffermati i principi e i valori del sacerdozio, Benedetto XVI ha poi mostrato un modello ben conosciuto dal clero di Spagna. San Giovanni d’Avila fu un personaggio di notevolissimo spessore. “La sua profonda conoscenza della Sacra Scrittura, dei Padri, dei Concili, delle fonti liturgiche e della retta teologia, assieme al suo amore fedele e filiale alla Chiesa, lo hanno reso – ha detto – un vero innovatore in tempi difficili della storia della Chiesa”.

    “Animados por las virtudes y el ejemplo…
    Incoraggiati dalle virtù e dall’esempio di San Giovanni d'Avila, vi invito dunque a esercitare il vostro ministero sacerdotale con lo stesso zelo che lo caratterizzò, con la sua medesima vita austera e con lo stesso affetto filiale che nutriva verso la Beata Vergine Maria, Madre dei sacerdoti”.

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    Rinunce e nomine

    ◊   In Corea, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Seoul, presentata per raggiunti limiti di età dal cardinale Nicholas Cheong Jinsuk. Al suo posto, il Papa ha nominato mons. Andrew Yeom Soo jung, finora Vescovo titolare di Tibiuca, finora Ausiliare e Vicario Generale della stessa arcidiocesi. Mons. Andrew Yeom Soo jung è nato il 5 dicembre 1943 a Ansong, diocesi di Suwon, in una famiglia cattolica da 5 generazioni. Ha studiato in patria. È stato ordinato sacerdote l’8 dicembre 1970 a Seoul. Dopo l’ordinazione sacerdotale ha ricoperto i seguenti incarichi: Vice-parroco in due distinte località (1971-1973); Professore e Preside della Songshin High School (Seminario Minore) (1973-1977); Parroco in tre diverse località (1977-1987); Procuratore del Seminario Maggiore di Seoul (1987-1992); Cancelliere della Curia arcidiocesana (1992-1998); Parroco a Mok-dong e Vicario Foraneo (1998-2001); membro del consiglio Presbiterale. Il 12 dicembre 2001 è stato eletto Vescovo titolare di Tibiuca e Ausiliare dell’arcidiocesi di Seoul. Ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 25 gennaio 2002.

    In Colombia, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Buga, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Hernán Giraldo Jaramillo. Al suo posto, il Pontefice ha nominato mons. José Roberto Ospina Leongómez, finora Vescovo titolare di Gissaria ed Ausiliare di Bogotá. Mons. José Roberto Ospina Leongómez è nato a San Miguel de Sema, diocesi di Chiquinquirá, il 20 marzo 1947. Ha compiuto gli studi ecclesiastici di Filosofia, ottenendo la Licenza presso la Pontificia Università Javeriana di Bogotá, e gli studi teologici presso il Seminario Maggiore San José a Bogotá. Ha ottenuto inoltre la Licenza in Sacra Scrittura presso il Pontificio Istituto Biblico di Roma. È membro dell'Istituto sacerdotale Jesús Adolescente. Ha ricevuto l'ordinazione sacerdotale il 29 novembre 1972, per l'arcidiocesi di Bogotá. Come sacerdote ha svolto i seguenti incarichi: Vicario Parrocchiale di Fomequé, Vicario parrocchiale di Nuestra Señora de Lourdes a Bogotá, Formatore del Seminario Minore di Bogotá, Delegato per la Pastorale Educativa per la zona nord di Bogotá, Direttore dell'Istituto Jesús Adolescente, Professore di Sacra Scrittura nel Seminario Maggiore di Bogotá, Vicario Episcopale per la zona pastorale San Pablo dell'arcidiocesi, Vicario Episcopale per la formazione sacerdotale e Rettore del Seminario Maggiore San José dell'arcidiocesi. Il 19 aprile 2004 è stato nominato Vescovo titolare di Gissaria ed Ausiliare di Bogotá. Ha ricevuto l'ordinazione episcopale il 26 maggio successivo.

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    Nuovi Beati all'insegna del martirio. Ildegarda di Bingen nel catalogo dei Santi

    ◊   Stamani Benedetto XVI ha ricevuto il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, autorizzando il dicastero a promulgare i Decreti riguardanti 39 prossimi Beati e 12 nuovi Venerabili Servi di Dio: numerosi i martiri. Il Papa, inoltre, ha esteso alla Chiesa Universale il culto liturgico in onore di Santa Ildegarda di Bingen, monaca benedettina tedesca vissuta nel dodicesimo secolo, iscrivendola nel catalogo dei Santi. Il servizio di Sergio Centofanti:

    La mistica tedesca Ildegarda di Bingen era già venerata come Santa dalla Chiesa, anche se il processo di canonizzazione non era mai giunto a compimento: il Papa, che ora la iscrive ufficialmente nel catalogo dei Santi, le aveva dedicato due intense catechesi nel settembre del 2010.

    Tra i prossimi Beati c’è Tommaso da Olera, umile frate laico bergamasco vissuto tra il 1500 e il 1600, pastorello e analfabeta fino a 17 anni, poi portinaio di conventi e questuante fino a diventare consigliere spirituale di nobili e imperatori rimanendo difensore dei lavoratori delle miniere.

    Beata sarà proclamata la bresciana Maria Troncatti, Figlia di Maria Ausiliatrice, inviata nel 1922 in missione tra gli indios dell’Ecuador dove sarà non sola catechista, ma anche infermiera, chirurgo, ortopedico e dentista e promotrice dei diritti delle donne indigene.

    Ci sono poi Federico Bachstein e 13 compagni martiri, dell'Ordine dei Frati Minori, barbaramente uccisi dai luterani a Praga, in odio alla fede, nel 1611: il sacerdote spagnolo Giovanni Martinez cercava di nascondere il Santissimo, per questo gli tagliarono la mano destra e poi la testa.

    Tra i nuovi Beati figurano anche 21 religiosi e un laico uccisi in odio alla fede durante la guerra civile in Spagna. E martire è stato riconosciuto anche Odoardo Focherini, dirigente d’azienda e intellettuale cattolico morto nel campo di concentramento di Hersbruck, in Germania, nel 1944 per aver difeso gli ebrei.

    Beate saranno infine altre due laiche del 1900: la veneta Maria Bolognesi, che ha rivissuto le sofferenze di Cristo sul Calvario, e Rachele Ambrosini, avellinese, morta a 15 anni di meningite: Ama la vita come dono di Dio – diceva a tutti – e stringila con affetto, anche se ha la forma di Croce”.

    Pubblichiamo, di seguito, tutti i Decreti. Riguardano:

    - il miracolo, attribuito all'intercessione del Venerabile Servo di Dio Tommaso da Olera (al secolo: Tommaso Acerbis), Laico professo dell'Ordine dei Frati Minori Cappuccini, nato ad Olera (Italia) sul finire del 1563 e morto a Innsbruck (Austria) il 3 maggio 1631;

    - il miracolo, attribuito all'intercessione della Venerabile Serva di Dio Maria Troncatti, Suora professa della Congregazione delle Figlie di Maria Ausiliatrice, nata a Córteno Golgi (Italia) il 16 febbraio 1883 e morta a Sucúa (Ecuador) il 25 agosto 1969;

    - il martirio dei Servi di Dio Federico Bachstein e 13 Compagni, dell'Ordine dei Frati Minori, uccisi, in odio alla Fede, a Praga (Repubblica Ceca) il 15 febbraio 1611;

    - il martirio dei Servi di Dio Raimondo Castaño González e Giuseppe Maria González Solís, Sacerdoti professi dell'Ordine dei Frati Predicatori, uccisi, in odio alla Fede, a Bilbao (Spagna) il 2 ottobre 1936;

    - il martirio dei Servi di Dio Giacomo Puig Mirosa e 18 Compagni, della Congregazione dei Figli della Sacra Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe, nonché Sebastiano Llorens Telarroja, Laico, uccisi, in odio alla Fede, in varie località della Spagna, tra gli anni 1936 e 1937;

    - il martirio del Servo di Dio Odoardo Focherini, Laico, nato a Carpi (Italia) il 6 giugno 1907 e ucciso, in odio alla Fede a Hersbruck (Germania) il 27 dicembre 1944;

    - le virtù eroiche del Servo di Dio Raffaello Delle Nocche, Vescovo di Tricarico, Fondatore delle Suore Discepole di Gesù Eucaristico, nato a Marano di Napoli (Italia) il 19 aprile 1877 e morto a Tricarico (Italia) il 25 novembre 1960;

    - le virtù eroiche del Servo di Dio Federico Ireneo Baraga, Primo Vescovo di Marquette, nato a Villa Malavas (attuale Slovenia) il 28 giugno 1797 e morto a Marquette (Stati Uniti d'America) il 19 gennaio 1868;

    - le virtù eroiche del Servo di Dio Pasquale Uva, Sacerdote diocesano; Fondatore della Congregazione delle Suore Ancelle della Divina Provvidenza; nato a Bisceglie (Italia) il 10 agosto 1883 ed ivi morto il 13 settembre 1955;

    - le virtù eroiche del Servo di Dio Baldassarre Emanuele Pardal Vidal, Sacerdote diocesano, Fondatore dell'Istituto Secolare delle Figlie della Natività di Maria, nato a Santa Cristina de Fecha (Spagna) il 18 agosto 1886 e morto a La Coruña (Spagna) il 3 marzo 1963;

    - le virtù eroiche del Servo di Dio Francesco Di Paola Victor, Sacerdote diocesano, nato a Campanha (Brasile) il 12 aprile 1827 e morto a Três Pontas (Brasile) il 23 settembre 1905;

    - le virtù eroiche del Servo di Dio Giacomo Sevin, Sacerdote professo della Compagnia di Gesù, Fondatore degli Scouts de France Catholiques e della Congregazione delle Suore della Santa Croce di Gerusalemme, nato a Lille (Francia) il 7 dicembre 1882 e morto a Boran-sur-Oise (Francia) il 19 luglio 1951;

    - le virtù eroiche della Serva di Dio Maria Giuseppa del Ss.mo Sacramento (al secolo: Maria Giuseppa Recio Martín), Fondatrice della Congregazione delle Suore Ospedaliere del Sacro Cuore di Gesù, nata a Granada (Spagna) il 19 marzo 1846 e morta a Ciempozuelos (Spagna) il 30 ottobre 1883;

    - le virtù eroiche della Serva di Dio Miriam Teresa Demjanovich, Suora professa della Congregazione delle Suore della Carità di Sant'Elisabetta, nata a Bayonne (Stati Uniti d'America) il 26 marzo 1901 e morta a Elizabeth (Stati Uniti d'America) l'8 maggio 1927;

    - le virtù eroiche della Serva di Dio Emilia Engel, dell'Istituto Secolare delle Sorelle di Maria di Schönstatt, nata a Husten (Germania) il 6 febbraio 1893 e morta a Koblenz-Metternich (Germania) il 20 novembre 1955;

    - le virtù eroiche della Serva di Dio Rachele Ambrosini, Laica; nata a Venticano (Italia) il 2 luglio 1925 e morta a Roma il 10 marzo 1941;

    - le virtù eroiche della Serva di Dio Maria Bolognesi, Laica, nata a Bosaro (Italia) il 21 ottobre 1924 e morta a Rovigo (Italia) il 30 gennaio 1980.
    Infine, il 14 marzo scorso il Papa ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il Decreto riguardante le virtù eroiche del Servo di Dio Felice Francesco Giuseppe della Concezione Varela Morales, Sacerdote diocesano, nato a L'Avana (Cuba) il 20 novembre 1788 e morto a Saint Augustine (Stati Uniti d'America) il 25 febbraio 1853.

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    Presentato il Congresso eucaristico di Dublino: Mons. Martin: rinnovamento e riconciliazione

    ◊   "L’Eucaristia, comunione con Cristo e tra noi" è il tema del 50.mo Congresso eucaristico internazionale, in programma a Dublino tra il 10 e il 17 di giugno. L’evento è stato presentato stamane in Sala Stampa vaticana alla presenza di mons. Piero Marini, presidente del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali, e di mons. Diarmuid Martin, arcivescovo di Dublino. Nel giorno conclusivo del Congresso, Benedetto XVI rivolgerà un messaggio televisivo in diretta agli 80 mila partecipanti. Il servizio di Stefano Leszczynski:

    Per una settimana intera, dal 10 al 17 giungo, migliaia di pellegrini provenienti da più di cento paesi del mondo, giungeranno a Dublino per il 50.mo Congresso eucaristico internazionale dove celebreranno l’Eucaristia, pregheranno insieme, si uniranno in processione, parteciperanno alle Conferenze generali tenute da 18 oratori internazionali, si divideranno in oltre 150 laboratori e gruppi di discussione, ascolteranno decine di testimonianze, si confronteranno su importanti temi religiosi e potranno vivere un’autentica solidarietà ecclesiale. Con l’aiuto di duemila volontari e con il coinvolgimento delle parrocchie della città, l’incontro di Dublino diventerà un vero momento di comunione con la Chiesa locale e permetterà di penetrare, nella storia e nella cultura di quel Paese, che – come ha ricordato mons. Piero Marini – tanto ha saputo dare alla missione evangelizzatrice nel mondo:

    “E’ bene non dimenticare che, al di là dei momenti difficili, che questa Chiesa vive oggi, ha dietro di sé una storia di fede e di martirio che ha illuminato l’Europa. Storia che a partire da San Patrick, attraverso l’esodo di una schiera di monaci, ha raggiunto il continente europeo influenzando le istituzioni culturali e la disciplina ecclesiastica nel primo millennio”.

    Mons. Diarmuid Martin, arcivescovo di Dublino, riconoscendo le molte difficoltà della Chiesa anche in relazione al forte secolarismo in Irlanda, ha voluto sottolineare il potere della riconciliazione che ha l’Eucaristia. Il 50.mo Congresso Internazionale a Dublino – ha spiegato il presule irlandese – sarà ancora una volta un momento di rinnovamento e di riconciliazione. Sarà un evento che richiama tutti i cattolici alla centralità dell’Eucaristia nella vita della Chiesa, il vero culmine verso il quale tendono tutte le attività della Chiesa e la fonte dalla quale scorre tutta la sua vita:

    “Il Congresso eucaristico richiamerà la Chiesa irlandese alla centralità del rinnovamento spirituale, a un senso della Chiesa come Corpo di Cristo. Il momento centrale giornaliero, durante il Congresso, sarà la celebrazione dell’Eucarestia. Ogni mattina e ogni sera, gli eventi del Congresso rifletteranno sui legami tra l’Eucarestia ed altre dimensioni della vita cristiana”.

    Il crescente interesse della società irlandese per il Congresso eucaristico, la cui preparazione è iniziata già quattro anni fa, non sarà immune – ha ammesso mons. Martin – da forme di protesta per i recenti scandali di abusi sessuali sui minori che hanno coinvolto il clero irlandese. Nonostante ciò, questo terribile e doloroso argomento non verrà evitato dai temi del Congresso:

    “Per quanto riguarda le vittime, c’è una giornata dedicata alla riconciliazione e i testi della liturgia, in quel giorno, saranno testi che toccheranno alcuni di questi problemi. I testi che abbiamo usato nella liturgia di penitenza sono scritti dalle vittime stesse. Siamo in contatto con i diversi gruppi che rappresentano le vittime degli abusi sessuali e fanno parte della preparazione per il Congresso”.

    Il Congresso si svolgerà davanti agli occhi del mondo. I riti di apertura e di chiusura saranno trasmessi dalla televisione nazionale Rte, mentre Internet, cinque canali televisivi locali e centinaia di testate giornalistiche copriranno quasi integralmente l’evento. Un’occasione straordinaria per testimoniare ancora una volta la centralità della celebrazione eucaristica e la sua forza plasmatrice per la vita della Chiesa.

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    Il Cortile dei Gentili a Barcellona. Il cardinale Sistach: il mondo ha bisogno della bellezza

    ◊   “Barcellona capitale mondiale del dialogo tra la fede e la cultura” si prepara ad accogliere il Cortile dei Gentile, l’iniziativa avviata già da un anno dal Pontificio Consiglio per la Cultura per rilanciare il dialogo tra credenti e non credenti. Appuntamento, dunque, nella città catalana il 17 e 18 maggio per dialogare sul tema “Arte, bellezza e trascendenza.” Stamane la conferenza stampa di presentazione dell’evento alla presenza del cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del dicastero vaticano ed del cardinale Lluis Martinez Sistach, arcivescovo di Barcellona. Il servizio di Roberta Gisotti:

    Due giorni intensi di dialogo tra intellettuali ed artisti catalani di altro profilo. A ospitare gli incontri, il Museo nazionale d’arte della Catalogna, l’Università di Barcellona, l’Istituto di studi catalani, la Basilica della Sagrada Familia, dove culminerà il Cortile nel dialogo tra poesia e musica, con la presenza di 700 coristi a rievocare – ha spiegato il cardinale Ravasi – la bellezza e l’armonia nella diversità polifonica delle voci. Barcellona e tutta la Catalogna, città e regione di feconda tradizione artistica, come ha sottolineato il cardinale Sistach:

    R. – Poiché sono tanti gli artisti – Mirò, Dalì, Gaudì, Picasso e tanti altri – e poiché abbiamo anche la Sagrada Familia di una bellezza molto singolare, abbiamo pensato, con il cardinale Ravasi, al tema dell’arte, della bellezza e a come tutto questo ci porti alla trascendenza e quindi a Dio. Il consenso è stato molto rilevante. Il dialogo sarà molto ricco e coinvolgerà non solo l’arte plastica, ma tutta l’arte: la letteratura, la poesia, la musica.

    D. – Parlare di arte e Dio, ma anche di arte e ateismo, è quasi un tema controcorrente: così appare in tempi di grave crisi economica, anche per la Spagna, dove gli argomenti preminenti sono quelli utilitaristici...

    R. – Certo, abbiamo bisogno del cibo per vivere – anche se ne possiamo avere di più o di meno – ma qualcuno ha scritto che senza la bellezza non si può vivere. Il mondo ha bisogno della bellezza. Tutti abbiamo bisogno della bellezza e tutti diciamo che questo ci porta a Dio, perché tutti, direttamente o indirettamente, coscientemente o non, abbiamo bisogno di Dio. Allora, credo che certamente, in questo momento di crisi economica e di valori antropologici, dobbiamo riscoprire il senso umanistico della bellezza, che significa amore, gratuità, verità. La bellezza non è qualcosa di isolato, ma ha un rapporto intrinseco con tutto questo.

    D. – Un momento di riflessione per credenti e non credenti. Ma tra credenti e non credenti chi rischia di più di isolarsi nella propria identità?

    R. – Non lo so, non ho pensato molto a questo. Credo che il pericolo ci sia e la tentazione l’abbiamo tutti. Qualcuno, senza la fede, rimane sempre in questa posizione: crede sia impossibile credere, avere fede in Dio, come se Dio non esistesse. Noi invece possiamo rimanere con la nostra visione piccola, qualche volta non pura, qualche volta non perfetta di Dio e del contenuto della fede. Allora, questo dialogo tra gli uni e gli altri è importante. Lo diceva anche il Papa ai giovani, nel Cortile dei Gentili di Parigi: “Perché i non credenti vi domanderanno che la vostra fede sia più pura, più perfetta, e voi potete anche dire ai giovani non credenti che c’è qualcosa di più di quello che vedono e toccano: c’è Dio”. Allora, credo che ci accetteremo mutuamente.

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    Il dialogo tra cattolici e anglicani riparte da Hong Kong

    ◊   Si è conclusa oggi ad Hong Kong la nuova riunione dell’Arcic 3, la Commissione internazionale anglicana-cattolica costituita nel 1969 per rilanciare il dialogo ecumenico tra cattolici e anglicani e giunta alla sua terza fase di lavori. In una dichiarazione finale congiunta, la Commissione afferma che l’incontro ha approfondito tematiche relative all’ecclesiologia e ai problemi etici, auspicando che i risultati dei colloqui possano essere accolti e discussi nelle rispettive comunità. La riunione si è svolta in un clima molto positivo, sulla scia dell’analogo incontro avvenuto l’anno scorso nel monastero di Bose, in Piemonte: è quanto riferisce al microfono di Philippa Hitchen, l’arcivescovo anglicano neozelandese David Moxon, co-presidente di Arcic 3:

    R. – Very much so...
    Sì. Penso che l’entusiasmo per l’incontro a Bose, sia continuato per tutto l’anno. Ci siamo riuniti di nuovo per la prima volta ad Hong Kong e in 24 ore abbiamo ritrovato lo stesso spirito, la stessa positività. Abbiamo appena finito la sessione e penso che risulterà essere molto interessante per la Chiesa in generale, non solo per quelli che seguono l’ecumenismo tra anglicani e cattolici, ma anche per le persone interessate agli argomenti a cui stiamo lavorando.

    D. – Gli argomenti riguardanti le scelte etiche che fanno parte del mandato di questa Sessione?

    R. – Very much so...
    Sì. Abbiamo deciso di esaminare tre ambiti: cosa hanno fatto o stanno facendo le nostre rispettive Chiese riguardo alle scelte morali, quali metodologie usano rispettivamente; quali sono le aree in cui ci si potrebbe aspettare un accordo comune, al momento, come per esempio la schiavitù, e gli ambiti nei quali non siamo ancora in accordo, per esempio il divorzio, la contraccezione, i secondi matrimoni, ed ambiti in cui bisogna ancora lavorare molto insieme. Quindi, le due Chiese stanno applicando le loro metodologie e le spiegheranno. E penso che questo aiuterà tutta la gente, ovunque, nel mondo cristiano, che voglia utilizzare i buoni principi nel fare scelte morali ed etiche, alla luce del Vangelo. Credo che offriremo riflessioni che andranno molto al di là del mondo ecumenico.

    D. – Perché ha scelto la location della missione marittima anglicana di Hong Kong per questo incontro e quanto è importante per il dialogo che sta andando avanti?

    R. – It’s very important...
    E’ molto importante. Questa è una cappella cattolica e anglicana, con un altare, per cui il rito anglicano e quello cattolico sono celebrati in tempi diversi, ogni settimana, nello stesso edificio dove vengono accolti cattolici e anglicani e tutte le altre denominazioni protestanti che arrivano nel porto di Hong Kong. Quindi, in questo luogo abbiamo “condiviso” i nostri Vespri, le Eucarestie, le Messe nella stessa cappella di San Pietro. San Pietro chiaramente ha una risonanza per la Chiesa cattolica e per l’apostolato del mare ed è stata quindi una sede importante, perché abbiamo sentito parlare del lavoro dei migranti e dei lavoratori domestici di Hong Kong da un punto di vista anglicano e romano cattolico. Entrambe le Chiese si stanno rimboccando le maniche e stanno attivamente seguendo il lavoro con questa gente, che è molto svantaggiata. Questa volta è stata la Chiesa anglicana a dare ospitalità, mentre a Bose era la Chiesa cattolica ad ospitarci. E anche se lì si trattava di un monastero e qui di una missione marittima, c’è sempre il senso del contesto che ci incoraggia e ci influenza.

    D. – Lei ha anche incontrato dei seminaristi, seminaristi cinesi, che saranno la prossima generazione all’interno delle due Chiese. Quanto è stato importante questo nell’incontro?

    R. – Well, that turned out to be a very …
    Be’, questo è risultato davvero un buon esempio in concreto dell’essenza di Arcic, perché i seminaristi romano cattolici dello Spirito Santo e quelli anglicani del Theological College, sono stati con noi la scorsa notte e hanno ammesso di non aver mai parlato in maniera formale fra di loro ad Hong Kong. La scorsa notte invece l’hanno fatto. Dopo un colloquio tra di noi, alla fine hanno detto che d’ora in avanti dovranno parlare fra di loro formalmente. Quindi, questo è stato un esempio concreto.


    Sui risultati di questo incontro Philippa Hitchen ha sentito anche il co-presidente cattolico di Arcic 3, mons. Bernard Longley, arcivescovo di Birmingham:

    R. – I think our expectations or rather ...
    Penso che le nostre aspettative o piuttosto le nostre speranze, alla fine della prima sessione, certamente siano state, in gran parte, realizzate. Questa sessione ci ha dato l’opportunità di approfondire il dialogo; penso abbia rafforzato l’atmosfera del dialogo in cui abbiamo lavorato e certamente ci ha aiutato ad aumentare la nostra comprensione, in particolare perché questa volta abbiamo impiegato più tempo a pensare alla nostra metodologia, a come procedere, ai rapporti che abbiamo costruito, e abbiamo dedicato più tempo a queste problematiche. La parte concreta del nostro lavoro comune è stato un riflesso della questione, che è stata parte del mandato delle nostre rispettive Chiese.

    D. – I rapporti della Chiesa locale con la Chiesa globale e la questione delle scelte etiche: può condividere con noi alcune visioni riguardanti la discussione di queste due problematiche cruciali?

    R. – Those are the two …
    Sono due delle questioni centrali, ma sono state date mansioni aggiuntive, nel ricevere il documento dell’Arcic II. Nell’approcciarci a questi due compiti centrali, abbiamo cominciato ad esplorare il materiale, assegnato ai nostri membri l’anno scorso. Quindi, abbiamo colto i frutti del nostro lavoro degli ultimi 12 mesi. Gran parte di quel materiale è stato passato ai membri della Commissione prima di arrivare a lavorarci. Direi che c’è una profonda conoscenza dell’esperienza che abbiamo all’interno di ogni comunità: cosa significhi essere sia locale, sia universale. Infatti, abbiamo esaminato in maniera più dettagliata cosa significhi essere cattolici in relazione allo scopo, nel tempo e nel mondo, come comunità. Abbiamo anche guardato alla solidità all’interno delle due tradizioni, a come ci si prepari all’Anno della fede, che Papa Benedetto XVI ha annunciato l’anno scorso, e al Sinodo dei vescovi, che verterà sulla nuova evangelizzazione: lo scopo del Sinodo per i vescovi cattolici e il modo in cui è stato utilizzato è qualcosa di cui abbiamo riflettuto insieme.


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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un articolo di Lucetta Scaraffia sulla canonizzazione equipollente di Ildegarda di Bingen.

    Fiducia nel dialogo per il futuro dell'umanità: il discorso di Benedetto XVI a una delegazione del congresso ebraico latinoamericano.

    Terrore a Damasco: nell'informazione internazionale, in primo piano la crisi siriana.

    Leggiamo i giornali per imparare a pensare: Silvia Guidi sull'incontro tra il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, e i ragazzi de “Il Quotidiano in Classe”.

    I canti angelici del “prete rosso”: Giovanni Carli Ballola sul Magnificat di Vivaldi diretto da Riccardo Muti nel concerto offerto dal presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, in onore di Benedetto XVI.

    Se chiedi a un ambasciatore di dire la verità: Marcello Filotei sulle prossime iniziative del Cortile dei Gentili.

    Matrimonio fra uomo e donna pietra angolare degli Stati Uniti: nell'informazione religiosa, una nota dei vescovi a commento delle dichiarazioni di Obama sulle unioni omosessuali.

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    Oggi in Primo Piano



    Siria: nuova strage a Damasco. Ordigni provocano 55 morti e 370 feriti

    ◊   Ancora sangue in Siria. Dopo l’attentato di ieri al convoglio Onu a Daraa, stamani due potenti esplosioni hanno sconvolto la capitale Damasco. Il Ministero degli Interni ha riferito di 55 morti e 372 feriti. Un bilancio purtroppo destinato a crescere. Questo nuovo episodio potrebbe mettere in forse l’invio in Siria di nuovi osservatori delle Nazioni Unite. Dal luogo del disastro, il racconto di Cristian Tinazzi, giornalista free lance in questi giorni a Damasco. L’intervista è di Giancarlo La Vella:

    R. - E’ uno scenario terrificante, che ricorda gli attentati dinamitardi in Iraq. C’è un’arteria di grande traffico che è stata colpita di fronte ad una caserma. L’esplosione, che deve essere stata di notevoli proporzioni - anzi le molteplici esplosioni che si sono udite in modo fortissimo questa mattina, verso le 7.30-7.45 - hanno provocato decine e decine di morti. Su questa strada, che è molto trafficata ed è una delle arterie che porta dentro e fuori Damasco, c’erano decine di mezzi che stavano passando, tra cui camion e autobus che trasportavano civili. Per quanto riguarda le vittime, si parla anche di molti bambini: l’esplosione ha colpito anche un palazzo, sventrandolo.

    D. - Si sta cercando di capire chi possa esserci dietro questi attentati, che stanno mutando non poco lo scenario politico in Siria…

    R. - Sì, certo. Il governo accusa l’esercito di liberazione siriano e quest’ultimo rilancia la responsabilità al governo. Ma è evidente che c’è sotto qualcos’altro. C’è stato un salto di livello nella violenza e si è passati da 48 ore alle bombe e agli attacchi ai militari. Qui è pieno di folla che sta scandendo slogan pro-governativi. Comunque, si suppone possano esserci infiltrazioni di jihadisti, o comunque di gruppi terroristici, che compiono attentati di questo tipo. L’attentato di oggi è davvero incredibile: prima, non era mai accaduto un attentato del genere qui in Siria. Forse si tratta di una risposta alle parole dette ieri dal generale Mood, il quale, dopo l’attacco al convoglio Onu, aveva affermato che chiunque pensa di risolvere la situazione portando più bombe, più violenza e più caos, ha sbagliato strada. L’unica via è il piano in sei punti delle Nazioni Unite e quello devono seguire i siriani, perché solo a loro tocca decidere la sorte del Paese.

    D. - Possiamo dire che, dopo le ultime 48 ore, in Siria è ufficialmente iniziata la guerra civile?

    R. - Gran parte del Paese è ormai militarizzata e anche gli attentati che vengono commessi - come quello avvenuti ieri - sono fatti da persone esperte e non più da civili che si organizzano in maniera approssimativa, armandosi, per poter resistere alla repressione del regime. Questo segnale, purtroppo, è molto inquietante e quello che tutti non sperano - l’inizio di una vera e propria guerra civile in tutto il Paese - potrebbe invece avverarsi.

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    La Merkel ribadisce: "no" agli eurbond. L'opinione di Alberto Quadrio Curzio

    ◊   Si continua a parlare in Europa della necessità di crescita. Assieme al risanamento dei conti pubblici, bisogna incrementare la crescita nell'area dell'euro attuando riforme strutturali incisive, dice la Banca centrale europea (Bce). Per l’economia dell’eurozona è previsto un graduale recupero, ma resta incertezza e la disoccupazione continuerà a peggiorare. Oggi, poi, il cancelliere tedesco, Angela Merkel, ha ribadito il “no” agli eurobond e di volere una crescita ma non finanziata con i prestiti. Anche il premier italiano, Mario Monti, parla di necessità di crescita perché altrimenti non si riuscirà a mantenere la stabilità della finanza. Perché questa crescita stenta a decollare? Debora Donnini lo ha chiesto ad Alberto Quadrio Curzio, professore di Economia all’Università cattolica di Milano:

    R. - Non si riesce a fare per la ragione primaria che l’Europa è priva di un indirizzo di politica economica unitario, espressione, quantomeno, dei 17 Paesi dell’area euro. Questo rende l’Europa molto esposta all’operatività dei mercati finanziari e rende ancor più fragili i Paesi con un debito pubblico sul reddito nazionale alto, come l’Italia, che continua a essere in difficoltà, avendo un differenziale di tasso di interesse sui titoli tedeschi di quattro punti percentuali. Crescita sì, bisogna farla, è essenzial. Ma bisogna anche valutare bene quale crescita fare, perché altrimenti non si uscirà da questa situazione.

    D. - La Merkel ha ribadito il "no" agli eurobond. Una misura, invece, caldeggiata da molti, fra cui il neopresidente francese Hollande. Questa misura aiuterebbe l’Europa?

    R. - A mio avviso, è essenziale un intervento a scala europea per favorire i grandi investimenti. Quando una recessione è così marcata - e soprattutto è basata sulla scarsezza di fiducia che gli operatori hanno e in giro per il mondo si ha nei confronti dell’Europa - non si esce rilanciando semplicemente la domanda di consumo. Quando non c’è fiducia, bisogna rilanciare l’occupazione e con l’occupazione i redditi, e con essi i consumi.

    D. - Gli eurobond in che senso potrebbero aiutare, darebbero stabilità?

    R. - Gli eurobond dovrebbero servire a due finalità. Da un lato, raccogliere su scala mondiale risparmio - e ce n’è tantissimo - che va in prevalenza verso gli Stati Uniti e la Germania. Lo scopo degli eurobond sarebbe raccogliere risparmio su scala mondiale in modo tale da rilevare una parte dei debiti pubblici nazionali. Sarebbe a dire: comunitarizzare una parte dei debiti pubblici nazionali. Questo ridurrebbe enormemente l’aggressività dei mercati finanziari contro singoli Stati. In secondo luogo, una parte di questo risparmio, raccolto con l’emissione di eurobond - che sono obbligazioni europee - dovrebbe andare a finanziare progetti di investimento europei, in particolare le grandi reti infrastrutturali che hanno una forte capacità moltiplicativa sull’occupazione.

    D. - Monti ha proposto che, per i prossimi tre anni, gli investimenti per la "broad band" o l’agenda digitale non vengano contati ai fini del "fiscal compact". Questo può aiutare la crescita?

    R. - Qualche effetto positivo può certamente averlo. Difficile calcolare l’effetto occupazionale che tutto ciò possa generare. Personalmente, credo che se si riuscisse a ottenere una qualche deroga al "fiscal compact" sarebbe meglio andare a individuare dei beneficiari di queste deroghe, che siano più diffusi sul territorio, in modo tale da rilanciare un po’ la crescita. Faccio un esempio: quando, nel 1997, fu opportuno rilanciare un po’ la crescita e far emergere il sommerso e l’evasione, fu presa una misura molto opportuna che rimane tutt’ora - anche se molto attenuata - che è quella del credito d’imposta, o meglio della detrazione sui lavori di ristrutturazione edilizia. Quelle sono delle misure che hanno degli effetti più istantanei e che, in un contesto come quello italiano, che inizia a soffrire la disoccupazione, soprattutto quella giovanile, potrebbero avere dei buoni risultati.

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    Grecia. Il Pasok tenta di creare il governo. Mons. Foskolos: la gente è esasperata

    ◊   La Commissione Ue ''è pronta a continuare ad assistere'' la Grecia e conferma gli impegni assunti con il programma di aiuti concordati con il precedente governo. Intanto, il presidente greco ha affidato a Evangelos Venizelos, il leader del Pasok, il mandato per formare una nuova coalizione di governo entro tre giorni. Un tentativo che segue il fallimento dei due precedenti, mentre il malcontento nella popolazione continua a crescere per la difficile situazione sociale in cui versa il Paese. Il tasso di disoccupazione nel Paese, secondo nuovi dati pubblicati oggi, tocca un nuovo record arrivando al 21.7%. In pratica, un greco su cinque è disoccupato. Una situazione difficile, che alimenta incertezza e populismo nel Paese. Sulla situazione greca, Luca Collodi ha raggiunto mons. Nikolas Foskolos, vescovo cattolico di Atene:

    R. - In questo momento in Grecia c’è una situazione di grande caos. Anche perché non si sa come andrà finire...

    D. – Mons. Foskolos, questo voto denota una rabbia sociale nei confronti dei partiti, una critica anche alle politiche che l’Europa ha imposto alla Grecia?

    R. – Certo è che esprime lo sdegno della popolazione contro le misure prese da Bruxelles, dall’Europa. Almeno il 65% dei cittadini non vuole l’uscita dall’Unione Europa e dall’euro, ma la gente è esasperata e non sa come potrà sopravvivere in questo momento. C’è un continuo calo degli stipendi, le imposte aumentano, i salari calano ogni giorno mentre i prezzi aumentano ogni giorno. C’è esasperazione e c’è sdegno: da una parte si vorrebbe rimanere nell’Unione Europea, ma dall’altra la gente non sa come fare per sopravvivere.

    D. – Qualcuno ipotizza un ritorno a breve alle urne: questo, secondo lei, è possibile?

    R. – Sì, si pensa già al 10 o al17 giugno. E questo perché i capi dei partiti prendono delle posizioni che sono, fra di loro, contraddittorie. Non si vede una possibile collaborazione per formare un nuovo governo.

    D. – In caso di elezioni tra un mese, il popolo greco potrebbe esprimere il proprio voto in modo diverso?

    R. – Si crede che il popolo, dopo lo “sfogo” delle elezioni di domenica scorsa, riesca ad affrontare il voto in modo più sobrio, più sereno. Se si ripetessero gli stessi risultati, la situazione allora diventerebbe veramente peggiore.

    D. – Lei come spiega la nascita di questo partito di estrema destra?

    R. – Penso che rappresenti la reazione, la sfogo di molti giovani. Una buona maggioranza di quanti hanno votato l’estrema destra, questo partito neonazista, sono giovani. Giovani che non trovano lavoro, che non hanno di che vivere, che dipendono dai genitori. Io credo si sia trattato piuttosto di uno sfogo.

    D. – Eccellenza, lei ha riunito la settimana scorsa la Conferenza episcopale greca: cosa avete deciso?

    R. – Ci siamo incontrati prima delle elezioni. Quello che ci preoccupa è la situazione finanziaria per la Chiesa, perché le tasse che ora la Chiesa paga raggiungono il 48 per cento degli introiti degli immobili e di altre risorse. La nostra situazione è quindi molto difficile. Ogni fine mese non so se riuscirò a pagare i pochi impiegati della diocesi.

    D. – La gente che aiuto le chiede?

    R. – Vengono molti che non hanno da mangiare, altri che cercano aiuto per pagare l’affitto, altri che sono stati sfrattati perché non sono riusciti a pagare l’affitto… E qui siamo in pieno centro: la nostra cattedrale si trova in pieno centro, nel cuore della città e quindi viene gente di ogni tipo e purtroppo non siamo in grado di aiutarli, perché non abbiamo la possibilità.

    D. – Secondo lei, come se ne esce da questa situazione?

    R. – Speriamo che anzitutto si possa arrivare alla formazione di un governo di coalizione entro i prossimi giorni, dopo l’intervento del presidente della Repubblica. Oppure speriamo che alle prossime elezioni – che dovrebbero aver luogo nel mese di giugno – il popolo riesca ad essere più sereno per scegliere dei deputi che pensino più alla patria e meno alle loro tasche.

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    Obama: sì al "matrimonio" omosessuale. I vescovi Usa: non restiamo in silenzio

    ◊   “Il matrimonio è solo l’unione fra un uomo e una donna. Non possiamo rimanere in silenzio di fronte a parole o azioni che minerebbero questo istituto, pietra angolare della nostra società”. Così il cardinale Timothy Dolan, presidente della Conferenza episcopale statunitense e arcivescovo di New York, dopo le aperture, ieri, del presidente Usa Obama al matrimonio tra persone dello stesso sesso. Massimiliano Menichetti:

    Negli Stati Uniti, si approfondisce il solco tra Casa Bianca ed episcopato cattolico sul matrimonio. Ieri il presidente Obama, in un’intervista alla Abc, si è detto favorevole all’equiparazione delle unioni omosessuali. ''Le coppie dello stesso sesso dovrebbero potersi sposare'', ha dichiarato precisando di essere arrivato a questa decisione dopo il confronto con parenti, amici e vicini. Barack Obama è dunque il primo presidente Usa che apertamente si è schierato in favore dei cosiddetti matrimoni gay. Il capo della Casa Bianca, è stato precisato, ha parlato a titolo personale: la legge attuale prevede, infatti, che sulle unioni omosessuali si possano pronunciare solo i singoli Stati. Le affermazioni di Obama sono giunte il giorno stesso in cui il Nord Carolina, con un referendum, ha respinto le “nozze gay”, portando a 31 gli Stati contrari, 7 i favorevoli. Sulle dichiarazione del leader statunitense, immediata la reazione del cardinale Timothy Dolan, arcivescovo di New York e presidente dell'episcopato americano: “Il matrimonio è solo l’unione fra un uomo e una donna – ha precisato il porporato – sottolineando l’intenzione di non tacere “di fronte a parole o azioni che minerebbero questo istituto, pietra angolare della società” americana.

    L'amministrazione Obama ha dunque aperto, in piena campagna elettorale, un altro fronte dopo quello dell’obiezione di coscienza. Prende le distanze, cambiando rotta, il futuro sfidante per la corsa alla Casa Bianca, il repubblicano Mitt Romney, che non si è detto favorevole ai matrimoni tra persone dello stesso sesso. Sulla posizione di Obama, Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento del giurista Carlo Cardia, docente di Diritto ecclesiastico all'Università Roma Tre:

    R. – Il primo impatto è lo sconcerto: si spezza un equilibrio quando una personalità, al più alto livello istituzionale – diciamo la verità non solo negli Stati Uniti, ma nel mondo – prende posizione su una materia che è oggetto di discussione, di contrapposizione, prima ancora di entrare nel merito, proprio negli Stati Uniti. E’ un po’ la rottura di quella neutralità che si richiede sempre su questi temi a chi rappresenta l’intero Paese.

    D. – Attualmente, sono 31 gli Stati che vietano questo tipo di nozze e 7 quelli che lo riconoscono: un panorama legislativo concreto negli Stati Uniti che, in realtà, va in un’altra direzione rispetto a quella di Obama...

    R. – Questo implica proprio una scelta politica che incide su un corpo sociale e, diciamo, incide su una realtà federativa come quella degli Stati Uniti che va, per quello che dice, in direzione opposta e nella quale c’è una grandissima discussione. Vorrei poi aggiungere un’altra cosa: questa posizione del presidente non rende un grande favore alla battaglia di giustizia, di verità, per l’abbattimento delle barriere delle discriminazioni nei confronti degli omosessuali, come nei confronti di chiunque. E questo perché tende a spostare il discorso da quelli che sono i diritti civili delle persone a una trasformazione di un fatto sociale, rovesciando la realtà: il matrimonio tradizionalmente – e con tradizionalmente intendo dire nella storia dell’umanità e non tradizionalmente nella storia di un ordinamento – è l’unione fra un maschio e una femmina per la creazione di una famiglia. Noi qui, invece, abbiamo un rovesciamento dei termini.

    D. – Il cardinale Timothy Dolan, arcivescovo di New York e presidente dell’episcopato statunitense, ha ribadito a chiare lettere che “il matrimonio si può intendere solo come unione tra un uomo e una donna” e ha sottolineato “la realtà giuridica, costitutiva, fondativa del Paese”…

    R. – La società americana ha determinati valori che sono espressi chiaramente nella Costituzione, ma è proprio nella storia della società americana la difesa, la enunciazione di questi valori basilari. Il problema della dichiarazione di Obama non è che si mette in contrapposizione solo con la tradizione religiosa che, diciamolo subito, già è importantissima – e non solo cattolica ma di larghe fasce del pensiero protestante e non solo protestante – ma si mette contro tutta una tradizione umanistica, tutte le persone che hanno una concezione umanistica, oserei dire, elementare.

    D. – Questo colpo arriva in seguito a un altro: la decisione di obbligare tutti gli ospedali a pagare premi assicurativi che coprano prodotti contraccettivi e farmaci abortivi. Questo fatto ha creato un grande sconcerto nella società americana e non soltanto – chiaramente – tra i cattolici. Secondo lei, è solo una logica politica o si vuole cambiare l’orientamento del Paese?

    R. – Guardando alla panoramica delle posizioni nell’ordinamento della società americana, noi siamo di fronte a un attacco – prescindiamo per un momento dalla persona di Obama, che però ovviamente mette tutto il suo peso su questo argomento – portato da una minoranza contro questioni consolidate. Ciò che una volta era il dramma dell’aborto, adesso sta diventando un diritto, un diritto della persona. Questo è un rovesciamento. La stessa cosa accade per gli omosessuali: ciò che è giusto e cioè rispettare tutti, rispettare i diritti di tutti, combattere contro le discriminazioni degli omosessuali e di qualsiasi individuo, adesso si sta trasformando nell’enunciazione di diritti che non hanno fondamento nella realtà concreta. Queste tendenze, queste fughe in avanti, a ben vedere si scontrano con la realtà del matrimonio che è conosciuta in tutto il mondo. Certo, se si vuole chiamare matrimonio un’altra cosa posso farlo, ma questo non cambierà la realtà. Quindi, vedo da una parte il profilo parziale, di parte, di questa posizione di Obama. Dall’altra sono, se posso dire così, fiducioso nel futuro, perché la realtà si impone, si impone a tutti. Non stiamo parlando di cose ideologiche, ma di elementi di trasformazione dell’istituto del matrimonio cui nessuno, nella storia dell’umanità, ha mai pensato.

    D. – Quindi, in sostanza, lei sta dicendo: minoranze che vogliono scardinare realtà universalmente normate e che universalmente esistono da sempre...

    R. – Universalmente esistenti. La normazione viene dopo: la famiglia è qualcosa che preesiste al diritto. Il diritto deve accettare quelle che sono le naturalità dell’istituto familiare.

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    Algeria. Clima di calma nel giorno delle parlamentari

    ◊   Si stanno svolgendo nella calma le operazioni di voto in Algeria per eleggere i 462 deputati della Camera bassa del parlamento, anche se un incidente è avvenuto vicino a Bouira, in Cabilia, dove alcuni giovani hanno preso d'assalto un seggio. Si tratta delle prime elezioni organizzate dopo le rivolte della "primavera araba" che ha soltanto sfiorato il gigante maghrebino. Elezioni definite ''eccezionali'' dal presidente, Abdelaziz Bouteflika, che rompendo il suo abituale silenzio, per ben sei volte ha lanciato appelli per convincere i 21 milioni di algerini iscritti al voto a recarsi in massa alle urne. ''La mia generazione ha fatto il suo tempo'' ha dichiarato, ''i giovani devono prendere la guida del Paese'' che questa anno festeggia il 50.mo anniversario dell'indipendenza. E il tasso di affluenza sembra essere l'unica incognita dello scrutinio.

    Nel 2007, la partecipazione fu soltanto del 37% e potrebbe scendere ancora. Secondo i primi dati, alle 11 di questa mattina era del 4,11%. In campo, 44 partiti tra cui 21 nuove formazioni, per un totale di quasi 25 mila candidati di cui per la prima volta 7.700 donne. Le sette formazioni di influenza islamica sperano di ripetere i successi ottenuti dai partiti confessionali in Tunisia, Egitto, Marocco. L'"Alleanza verde", formata dall'ex partito di governo Msp, Ennahda e El Islah, ma anche il nuovo "Fronte per la giustizia e lo sviluppo", del radicale Abdallah Djaballah, puntano a spodestare i nazionalisti del Fronte di liberazione nazionale e del Raggruppamento nazionale democratico. In corsa, dopo 15 anni di assenza, anche il Fronte delle Forze socialiste. Una crescita dei partiti islamici, comunque presenti da tempo nel parlamento algerino, potrebbe portare una nuova stretta anche nei confronti della comunità cristiana, già nel mirino delle autorità. L'attuale legislazione punisce severamente chiunque tenti di convertire un musulmano, inoltre le celebrazioni devono svolgersi in luoghi autorizzati. (Dall'Algeria, Amina Belkassem, per la Radio Vaticana)

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    Cristiani in Africa e Medio Oriente a un anno dalla "primavera araba". Intervista con padre Pizzaballa

    ◊   “I cristiani nel mondo arabo, un anno dopo la primavera araba”, questo il titolo del Seminario di Studio svoltosi ieri a Bruxelles e promosso, tra gli altri, dalla Comece. Un importante momento di confronto, focalizzato sui riflessi che i sommovimenti politici in atto in alcuni Paesi arabi stanno avendo sulle comunità cristiane locali. Durante l’incontro, è intervenuto anche padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa, il quale ha sottolineato che “non bisogna generalizzare, mostrando paura o gioia, né tantomeno attendersi un cambiamento istantaneo”. Salvatore Sabatino lo ha intervistato:

    R. – Il mondo arabo per 40 anni ha vissuto in una sorta di "status quo" che è finito e adesso non si può pretendere, dopo 40 anni di immobilismo, che ci siano passaggi veloci, rapidi, a una nuova situazione. Richiederà molto tempo e anche situazioni difficili di incomprensione e di tensione, questo è inevitabile. Detto questo, ci sono problemi, ci sono anche molte possibilità di cooperazione e bisogna semplicemente, con molto realismo, guardare alla realtà senza panico e rimboccarsi le maniche.

    D. – La chiave di volta di tutto questo è ovviamente il dialogo che, lei dice, non è solo sui temi di fede ma anche sui temi di vita, che riguardano la quotidianità...

    R. – Il dialogo va impiantato soprattutto sui problemi di vita, perché sulla questione di fede, tra noi e l’islam, ad esempio, non credo che ci sia molto da dire. Forse, tra qualche tempo si potrà fare ma adesso no. Adesso bisogna puntare sul dialogo, soprattutto tra le comunità religiose, che deve poi influire sull’aspetto civile, sugli aspetti comuni, non solo per quanto riguarda la pace in maniera generica, ma anche sulla questione diritto e lavoro, uguaglianza uomo-donna, la piena cittadinanza, la questione della giustizia… Sono tutti temi che coinvolgono oggi la vita delle comunità che stavano riscrivendo le costituzioni, è bene che il dialogo sia su queste cose concrete e non su principi teorici che non toccano la vita di nessuno.

    D. – Padre Pizzaballa, lei ha anche sottolineato che non ci sono ovviamente solo persecuzioni, ma esempi virtuosi di dialogo con i religiosi musulmani…

    R. - E questo è il nostro punto di partenza, non abbiamo alternative, dobbiamo essere in dialogo e costruire un dialogo, soprattutto con i leader, in modo da influire sulla formazione anche del pensiero, un poco alla volta.

    D. – Rispetto a questa situazione estremamente fluida che sta vivendo il Medio Oriente dopo la "primavera araba", qual è il rischio concreto per i cristiani che vivono in quelle realtà?

    R. – Il rischio è anche qui di polarizzarsi, di rinchiudersi a riccio, dicendo: prima stavamo peggio, prima eravamo più protetti, e quindi condannando tutti cambiamenti. Oppure, dire che va tutto bene e che non ci sono problemi. E’ importante che la comunità cristiana partecipi alla vita pubblica con un sereno spirito critico. Sereno ma anche critico: non fingere cioè che non ci siano problemi, ma nemmeno lasciarsi spaventare dai problemi ed anzi entrarci dentro.

    D. – La terribile situazione che sta vivendo la Siria in questo periodo, così come i sommovimenti che stanno avvenendo in Egitto, la situazione in Libia che abbiamo visto negli scorsi mesi, hanno di fatto oscurato mediaticamente la difficile situazione che si vive anche sul fronte israelo-palestinese, che poi è la realtà che lei vive da oltre 20 anni. Qui qual è la situazione dei cristiani?

    R. - Paradossalmente, la Terra Santa, che è considerata il cuore del conflitto del Medio Oriente, oggi è più calma. Non serena ma calma, perché il mondo attorno a noi sta prendendo fuoco e invece in Terra Santa – Israele e Palestina – la situazione è ferma e quindi si sta un po’ "incancrenendo". I cristiani vivono inseriti in un’attesa perenne di un accordo che onestamente non si vede molto all’orizzonte.

    D. – Il nuovo governo israeliano potrà di fatto aiutare a sbloccare questa situazione?

    R. – Dubito. Credo che il nuovo governo abbia altre priorità, non questa. Abbiamo visto che in questi anni questo governo è stato molto tiepido nel rapporto con i palestinesi e non credo che sia nella loro agenda – spero di sbagliare! – un accordo con i palestinesi. Credo che si dovrà attendere ancora un tempo molto lungo prima che la situazione si sblocchi veramente.

    D. - Vuole lanciare un appello, padre Pizzaballa?

    R. – Innanzitutto di non spaventarsi, di venire in Terra Santa, perché è importante venire e vedere che tutto sommato la situazione non è così drammatica, soprattutto per la sicurezza dei pellegrini. Poi, guardare sempre con attenzione a quello che avviene nel Medio Oriente perché ci riguarda: l’Europa e il Medio Oriente sono sempre stati storicamente, oltre che economicamente, anche culturalmente legati. Quindi, il mio appello che è che l’attenzione verso il Medio Oriente non segua gli interessi mediatici, ma sia continua nel tempo.

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    Nei cinema "Isole": storie di solitudini guarite sullo sfondo delle Tremiti

    ◊   Stefano Chiantini porta sugli schermi "Isole", un film di grande spessore narrativo e morale: tre storie che acquistano senso e importanza nel momento in cui entrano in rapporto tra loro per trovare una collocazione in un mondo difficile e chiuso. Anteprima questa sera al Nuovo Sacher di Roma, domani uscita in poche città, mentre dal 16 al 25 maggio potrà essere scaricato in modo legale dal sito Repubblica.it. Il servizio di Luca Pellegrini:

    La storia di "Isole" ha un suo fascino rude, come le pietre delle isole Tremiti dove il film è stato girato e sulle quali pochi personaggi svelano le loro paure, debolezze e virtù. Sono un vasto spettro di umanità e di solitudine che si riflette in quel mare, mentre sulla terra rocciosa nascono nuove accoglienze e dignità rispettate. Stefano Chiantini ci ha davvero messo l’anima per scriverlo e girarlo, intersecando le vite dei tre protagonisti, tra i quali un anziano sacerdote interpretato da un intenso Giorgio Colangeli. Tre isole umane, dunque, nelle isole del mare per un racconto intenso di vita, come spiega il regista:

    R. – Diciamo che lo sviluppo delle tre storie personali prendono senso, acquistano importanza, nel momento in cui entrano in rapporto tra di loro. Ci piaceva proprio raccontare come poi, nei rapporti interpersonali, possa rinascere l’unità, la speranza, per trovare la collocazione in quello che è un mondo disorientato e disorientante come quello attuale. Lì nasce la storia di questi tre personaggi, di queste tre isole, tre personaggi soli per motivi diversi: uno perché straniero, e quindi rifiutato dalla società con la quale si trova a contatto, l’altro considerato borderline per vicende personali, e il terzo solamente perché reso un po’ ruvido dal tempo che è passato e dalla vita.

    D. – Don Enzo, anziano, rude, malato, accoglie nella sua casa Martina e Ivan, riuscendo a infondere loro una speranza e il gusto per la vita. Il suo carattere nasconde cuore e carità...

    R. – Assolutamente sì. Perché è una ruvidezza solo apparente, una ruvidezza che invece, dietro, nasconde una grandissima sensibilità. A me piaceva pensare mentre scrivevo il personaggio di don Enzo, a un parroco del mio paese di provincia: un parroco molto spigoloso, apparentemente molto duro, ma invece pronto a dare consigli a stare vicino. Mi piaceva pensare ad un tipo di prete così: molto umano, molto vero, e anche un po’ anticonvenzionale.

    D. – Non c’è dubbio che il suo film richiami problemi attuali con i quali si confronta la nostra società...

    R. – Il film parla di amore, parla di rapporti personali e di come questi riportino dignità alle cose. Penso che questi siano aspetti sempre attuali e che in questo momento siano l’unico modo per superare tutti i problemi che la nostra società si trova ad affrontare: problemi sociali, di accettazione dell’altro... Penso che mostrando amore, come elemento che muove le cose e che le unisce, si possano svelare certe cose. In questo, sono un’attualità importante. Spero soprattutto che tutto questo succeda, che si pensi ai rapporti interpersonali, al dialogo e all’amore come a elementi determinanti.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Messa per l’Europa. Il cardinale Erdő: “I Santi patroni colonne nel tempio di Dio”

    ◊   Nella Messa per l’Europa, celebrata ieri nella basilica di Santa Maria Maggiore, dal cardinale Péter Erdő, arcivescovo di Esztergom-Budapest e presidente del Consiglio delle conferenze episcopali d’Europa (Ccee) è arrivato l’augurio che il vecchio Continente possa riconciliarsi “con se stesso, non ignorando né il proprio passato, né la pienezza del proprio presente, né quelle forze che indicano la via del proprio futuro”. Nel corso della sua omelia, come riporta l'agenzia Sir, ha richiamato i santi patroni, “colonne nel tempio di Dio”. Essi, con il loro esempio, “ci aiutano nel cammino della nostra storia comune, la quale è lo spazio per la missione, per la nuova evangelizzazione”. Una missione che “impegna anche noi e che ha una sua speciale attualità nell’Europa di oggi”. Per questo c’è bisogno di “apostoli, discepoli e della Chiesa di ogni generazione”. I Santi patroni sono “grandi missionari come Cirillo e Metodio, rappresentanti di popoli diversi che hanno portato a compimento varie vocazioni della vita cristiana, come Santa Brigida di Svezia e Santa Caterina di Siena; intellettuali illuminati come Edith Stein divenuta ‘Santa Teresa Benedetta della Croce’”. “Ogni parrocchia - aggiunge il cardinale Erdő – può avere un santo patrono”. Il porporato ha anche sottolineato l’importanza dell’impegno condiviso dalle Conferenze episcopali che, quando lavorano insieme con lo stesso obiettivo, agiscono “in piena comunione con la Chiesa universale e in fraterna collaborazione”. (G.M.)

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    Usa: una vittoria dei vescovi il no della North Carolina ai matrimoni gay

    ◊   Gli elettori della Carolina del Nord hanno approvato, con un referendum, martedì, un emendamento alla Costituzione dello Stato che proibisce il matrimonio tra omosessuali. L'emendamento, che stabilisce che l'unico matrimonio riconosciuto legalmente è quello tra un uomo e una donna, è stato approvato con un ampio margine. Una vittoria anche dei vescovi dello Stato che in questi mesi hanno promosso una vasta campagna di informazione e sensibilizzazione anche tramite il web per convincere l’elettorato a votare a favore della proposta presentata lo scorso autunno. Alla vigilia della consultazione nei giorni scorsi – riferisce l’agenzia Cns - avevano diffuso una lettera pastorale per ribadire le ragioni a favore del matrimonio tradizionale quale unione “fedele e permanente” tra un uomo e una donna “aperta alla vita”. Questo – sottolinea il documento – soprattutto nell’interesse dei figli che hanno diritto di poter crescere con un padre e una madre, i cui ruoli sono insostituibili. Secondo i vescovi, anche se nella Carolina del Nord sono già vietate le unioni omosessuali, l'approvazione dell'emendamento costituzionale è un’ulteriore garanzia che in futuro nessuna legge ordinaria o pronuncia di un tribunale potrà permettere un matrimonio tra persone dello stesso sesso. La Carolina del Nord è il ventinovesimo Stato americano a stabilire che il matrimonio può essere esclusivamente l'unione tra un uomo e una donna. Opposta la strada seguita da altri sette Stati dell’Unione (Washington D.C., Massachusetts, il Connecticut, l’Iowa, il New Hampshire , il Vermont e New York) che hanno invece legalizzato i matrimoni omosessuali. (L.Z.)

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    Ambiente. Mons. Toso: superare la concezione mercantile della gestione dei beni collettivi

    ◊   “La Chiesa da tempo si batte per il riconoscimento del diritto di tutti i popoli ad accedere ai beni collettivi, che non possono essere usati in modo indiscriminato ed esclusivo da parte di pochi”. Come riporta l'agenzia Sir, così si è espresso mons. Mario Toso, segretario del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace, intervenendo al seminario promosso dall’Icef (International court of the environment foundation) sul tema “Il ruolo dell’Italia per Rio+20 e per il dopo Rio”, che si è tenuto a Roma. Rio+20 è la Conferenza sullo sviluppo sostenibile che avrà luogo nella città brasiliana dal 20 al 22 giugno prossimi, a vent’anni dal vertice della Terra del 1992. “Occorre superare la concezione meramente mercantile della gestione di beni quali l’acqua e l’energia” ha spiegato mons. Toso “ma le attuali strutture internazionali appaiono drammaticamente insufficienti”. Nell’annunciare la volontà da parte della Santa Sede di “farsi promotrice della nascita di una Corte di giustizia internazionale che possa monitorare gli impegni assunti dagli Stati”, il presule ha sottolineato “l’esigenza di una governance internazionale dell’ambiente da raggiungere attraverso una riforma dell’Unep (United nations environment programme) e della stessa Onu che, per come è concepita oggi, non è organizzata in termini pienamente democratici” oltre che tramite “la creazione di una autorità politica mondiale”. (G.M.)

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    Svizzera: primo incontro tra vescovi cattolici e ortodossi

    ◊   È stato un incontro di due giorni particolarmente significativo quello che si è concluso ieri a Friburgo, nella sede della Conferenza episcopale svizzera (Ces). Per la prima volta, infatti, i membri della Ces si sono incontrati con l’Assemblea dei vescovi ortodossi del Paese elvetico (Aeos). Come informa una nota a firma di mons. Norbert Brunner e del Metropolita Jérémie, presidenti dei due organismi episcopali, “al centro dell’incontro è stata posta la conoscenza reciproca, la preghiera e lo scambio di riflessioni sulle sfide pastorali e teologiche più importanti”. “Le Chiese cattolica ed ortodossa – continua la nota – si riconoscono reciprocamente come Chiese sorelle” e nel corso dei reciproci interventi, mons. Brunner ed il metropolita Jérémie hanno sottolineato “l’importanza di mantenere viva la fede e la sua diffusione in Svizzera”. E questo soprattutto perché “alle sfide pastorali comuni corrisponde una responsabilità pastorale condivisa, in vista dell’evangelizzazione della fede e dei valori cristiani”. Di qui, l’auspicio che cattolici e ortodossi presenti all’incontro hanno espresso di poter continuare a lavorare insieme. La nota diffusa al termine dell’evento riporta, inoltre, qualche dato numerico: “In Svizzera, i cristiani ortodossi provenienti da diversi Paesi sono sempre più numerosi e la loro cifra dovrebbe superare nettamente le 150mila persone”. Una crescita rapida dovuta anche al fatto che, due anni fa, l’Aeos è stata istituita ufficialmente nel Paese. Oggi, tale Assemblea conta 7 vescovi, solo cinque in meno della Ces. Da ricordare, infine, che a margine dell’incontro, l’Istituto di studi ecumenici di Friburgo ha reso omaggio al nunzio apostolico a Londra, mons. Antonio Mennini, conferendogli la “Rosa d’argento di San Nicola”, un riconoscimento del suo operato ecumenico portato avanti tra il 2002 e il 2010, come nunzio apostolico a Mosca. (I.P.)

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    Filippine: ucciso a Mindanao un giornalista cattolico, impegnato per la “cultura della vita”

    ◊   Le sue ultime trasmissioni erano state dedicate alla difesa della “cultura della vita”, un tema che oggi appassiona la politica e la società delle Filippine: Nestor Libaton, 40enne giornalista cattolico impegnato nella “Dxhm Radio”, emittente cattolica nella cittadina di Mati, nei pressi di Davao, sull’isola di Mindanao, è stato ucciso l’8 maggio da tre sicari armati. Libaton è il terzo giornalista ucciso nelle Filippine negli ultimi 15 giorni; il numero sale a 55 operatori dell’informazione uccisi negli ultimi 10 anni, 151 dal 1986 a oggi. L’ennesimo omicidio testimonia il clima di intimidazione e di violenza sull’isola di Mindanao, che fa vittime fra attivisti per i diritti umani, giornalisti, missionari: ieri l’agenzia Fides ha dato notizia di un leader e attivista indigeno ucciso nella provincia di Bukidnon, sempre Mindanao, dove l’anno scorso era stato ucciso il missionario del Pime, padre Fausto Tentorio. La Chiesa cattolica è sconvolta e mons. Jose Palma, presidente della Conferenza episcopale delle Filippine, parlando a Radio Veritas, ha condannato l’episodio e invitato le autorità a risolvere il caso il più presto possibile. Padre Francis Lucas, segretario esecutivo della “Commissione per le Comunicazioni Sociali” della Conferenza episcopale, spiega all’agenzia Fides: “Siamo scossi e rattristati per l’uccisione di Libaton. Hanno colpito una persona onesta, un innocente, sposato e padre di 4 figli. Condanniamo la violenza e chiediamo giustizia. La ‘Dxhm Radio’ di Mati, chiamata anche ‘Radio della Verità’, fa parte del circuito delle radio promosse dalla Chiesa. E’ una emittente al servizio del popolo, molto attenta alla cultura della vita e alle questioni dello sviluppo di Mindanao. Nelle ultime settimane anche Libaton aveva parlato molto di questi valori. Di recente un’altra radio cattolica a nord di Manila è stata devastata da vandali. Tali gesti intendono intimidire e mettere a tacere le voci che difendono i valori come la verità, la giustizia, i diritti umani. Ma la Chiesa nelle Filippine continuerà ad annunciare il Vangelo e non sarà ridotta al silenzio”. (R.P.)

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    India: il nunzio apostolico contro il fenomeno della corruzione

    ◊   La più grande sfida del mondo oggi è la corruzione nelle istituzioni e in tutti gli ambiti della vita sociale alimentata dall’ingordigia. Lo ha affermato il nunzio apostolico in India mons. Salvatore Pennacchio all’apertura, martedì, del Congresso Missionario della Chiesa dell’Andhra Pradesh (Prabhu Yesu Mahotsavam) che si conclude oggi a Vijayawada. Al Congresso - riporta “The Times of India” - partecipano 4mila delegati da tutte le diocesi dell’Andhra Pradesh, tra i quali diversi vescovi, per discutere il tema “Let Your Light Shine” (Lascia che la luce brilli in te”). Citando le parole del Mahatma Gandhi, mons. Pennacchio ha affermato che “sulla Terra c'è abbastanza per soddisfare i bisogni di tutti, ma non per l'ingordigia di pochi”. Di fronte a questo modello negativo – ha sottolineato il presule - i cristiani sono chiamati a dare esempio di sacrificio e generosità per sradicare la povertà nella società. In questo senso ha elogiato la dedizione dei seimila religiosi e religiose e dei duemila sacerdoti impegnati nel campo educativo, sanitario e assistenziale nei 23 distretti dell’Andhra Pradesh. Portando ai delegati il saluto del Santo Padre, il nunzio apostolico li ha esortati a continuare a servire Cristo impegnandosi nella promozione della pace, della giustizia, dell’autentica libertà e del rispetto della dignità di ogni essere umano. Ai giovani in particolare mons. Pennacchio ha chiesto di seguire gli ideali di Madre Teresa tendendo la mano al prossimo senza distinzioni di razza, casta o credo religioso. (L.Z.)

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    Myanmar. Guerra aperta e nuovi sfollati: è crisi umanitaria nel Kachin

    ◊   Le azioni belliche dell’esercito birmano si intensificano nel Nord del Myanmar, nello Stato abitato dalla minoranza etnica kachin: la Caritas e le poche organizzazioni di solidarietà sul territorio lanciano, tramite l'agenzia Fides, l’allarme sulla crisi umanitaria, data la crescente ondata di profughi. “Proprio oggi sono arrivate nuove famiglie nei campi profughi e nei complessi delle chiese, aperti all’accoglienza degli sfollati. Vengono dalle aree di confine. Raccontano che il conflitto a fuoco e i bombardamenti sono feroci” riferisce all’agenzia Fides un operatore della Caritas della diocesi di Banmaw, una delle due diocesi cattoliche (insieme a quella di Myitkyina) che abbraccia il territorio kachin. La Chiesa locale profonde ogni sforzo possibile per l’accoglienza. Anche l’Ong “Christian Solidarity Worldwide (Csw), in un nota inviata a Fides, informa di aver ricevuto ben 126 segnalazioni sugli scontri in corso tra esercito birmano e “Kachin Independence Army” (Kia). Il conflitto va avanti sebbene il presidente Thein Sein abbia ordinato già il 10 dicembre scorso all'esercito birmano di fermare la sua offensiva, che ha generato finora ben 70mila sfollati, mentre le strutture di accoglienza sono allo stremo. I militari, rimarca Csw, sono accusati di ferocia verso i civili e di compiere gravi violazioni dei diritti umani come stupri, torture e uccisioni. Nei giorni scorsi il Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon, visitando il Myanmar, ha promesso l’assistenza dell’Onu al governo birmano per stipulare un accordo di pace affermando: “La situazione nello Stato Kachin è in contrasto con la positiva conclusione degli accordi per il cessate il fuoco con tutti gli altri gruppi etnici. Al popolo Kachin non dovrebbe più essere negata la possibilità che un cessate il fuoco e un accordo politico possano portare pace e sviluppo”. Ban Ki Mon ha chiesto l'accesso agli aiuti umanitari nella zona kachin. Come pre requisiti per i colloqui di pace, i kachin chiedono la fine delle operazioni militari dell'esercito birmano, il ritiro delle truppe, lo stop agli abusi sui civili, il ritorno degli sfollati ai loro villaggi. (R.P.)

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    Messico: in vista delle elezioni i vescovi temono inflitrazioni dei narcos

    ◊   “Il pericolo che questi gruppi criminali si infiltrino è reale a causa della mancanza di meccanismi per regolare i limiti delle campagne elettorali. Non ci resta che fare appello all’onestà dei candidati”: lo ha detto mons. Benjamín Castillo, vescovo di Celaja (nello stato di Guanajuato), riassumendo la preoccupazione dei vescovi del Messico centrale per il rischio che i cartelli della droga finiscano per finanziare gli aspiranti alle presidenziali e legislative del prossimo 1° luglio. I presuli - riferisce l'agenzia Misna - si sono riuniti a Guanajuato, tappa a marzo della prima visita di Benedetto XVI in Messico, da dove hanno emesso un comunicato: “Abbiamo sentito la necessità di pronunciarci e dare un orientamente dal punto di vista pastorale alle persone, affinché la voce dei loro pastori serva da criterio per orientarsi nelle loro decisioni” ha spiegato ai giornalisti mons. Martín Rábago, arcivescovo di León. “Con dolore e preoccupazione” ha aggiunto mons. Rábago, i vescovi osservano “una realtà che indigna molti settori e si manifesta nella disoccupazione, l’immigrazione, i sequestri e la presenza di bande criminali, l’insicurezza, la violenza, le esecuzioni”. In attesa del voto di luglio, il Messico continua a registrare con scadenza quotidiana morti violente – almeno 50.000 le vittime dal dicembre 2006 – nell’ambito di una lotta senza quartiere tra cartelli della droga rivali, malgrado la massiccia ‘contro-offensiva’ delle forze armate, spesso raggiunte da denunce per violazioni e abusi. Solo ieri i cadaveri mutilati di 18 persone sono stati rinvenuti lungo una strada di un piccolo Comune dello Stato occidentale di Jalisco, presumibilmente vittime di un regolamento di conti. La società civile è stata protagonista di numerose iniziative contro la violenza che, tuttavia, vengono cancellate dalla cronaca nera. L’ultima, in ordine di tempo, è quella intrapresa dalle madri di ‘desaparecidos’ messicani e centroamericani che martedì hanno iniziato una marcia da Chihuahua, nel nord, verso Città del Messico che passerà per alcune delle zone più colpite dalla brutalità dei narcos. Secondo la Commissione nazionale dei diritti umani oltre 5mila persone sono ‘scomparse’ nel Paese tra il 2006 e il 2011. (R.P.)

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    Haiti: a più di due anni dal terremoto i seminaristi studiano ancora sotto le tende

    ◊   Per padre Clarck de la Cruz, direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie (Pom) ad Haiti, la preoccupazione più grande in questo momento è costituita dal Seminario, perché dopo il terremoto, e parliamo del gennaio 2010, “i seminaristi sono ancora sotto le tende”. Padre de la Cruz, che sta partecipando all'Assemblea generale annuale delle Pom, in corso a Roma, ha sottolineato all’agenzia Fides che “la parola chiave è ‘ancora’, perché in tutto il mondo non si può capire cosa significhi studiare sotto le tende, vivere nelle tende, con tutti i problemi del clima e della mancanza del minimo indispensabile per poter studiare o realizzare un programma di formazione”. “Molti hanno voluto aiutarci – prosegue il sacerdote -, ma ora non ci sono più aiuti, mancano tante cose, e veramente sorprende vedere come i seminaristi riescano ad andare avanti nella loro formazione”. Tra le realtà che portano speranza nel popolo cristiano di Haiti, così duramente provato, padre Clarck de la Cruz cita “l'impegno dei gruppi della Pontificia Opera dell’Infanzia Missionaria, che troviamo numerosi in quasi tutte le parrocchie, e che stanno preparando con molto entusiasmo il Congresso Nazionale dell’Infanzia Missionaria del prossimo anno, al quale si sono già iscritti più di mille bambini, un grande evento per la Chiesa ad Haiti”. Padre Clarck ricorda inoltre il materiale realizzato per la preparazione della Giornata Missionaria Mondiale, che quest’anno ha come slogan "Bambini, tutti uniti per fare della terra una festa". (R.P.)

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    Australia: la Chiesa al fianco degli aborigeni nella difesa dei territori del nord

    ◊   La Conferenza episcopale australiana (Acbc) e i religiosi cattolici del Paese (Cra) chiedono ai senatori federali di non approvare il progetto di legge “Stronger Futures Northern Territory 2011”, riguardante lo sviluppo delle regioni settentrionali del Paese. In una nota congiunta, in particolare, la Chiesa e i religiosi chiedono che, prima di procedere, il governo “consulti le popolazioni aborigene residenti in quelle zone, così da pianificare insieme a loro politiche di sviluppo che avranno effetti sulle loro vite per molti anni”. Di qui, l’appello affinché le autorità “mettano in atto strategie basate sulla fiducia e sul rispetto, promuovendo così la collaborazione con i nativi dei territori settentrionali nel prendere decisioni relative al loro futuro”. Inoltre, pur apprezzando lo sviluppo che lo Stato vuole apportare nella regione, l’Acbc e i Cra si dicono preoccupati per la tutela dei diritti umani degli aborigeni: “Dobbiamo ascoltarli – si legge nella nota – Chiedono di godere dei diritti fondamentali sia come essere umani che come cittadini del Paese e come tali devono essere rispettati”. Per questo, la Chiesa australiana sottolinea che “l’inclusione sociale non deve essere il risultato di imposizione, discriminazione o esclusione” e che è necessario “ricostruire l’iniziativa e le capacità dei nativi, migliorando le loro condizioni di vita e mostrando rispetto per la loro lingua e la loro cultura”. Fondamentale, quindi, continua la Conferenza episcopale, “promuovere la loro auto-determinazione, permettere la loro partecipazione alle fasi decisionali ed assicurare il consenso preventivo, libero ed informato”. In questo modo, conclude la nota, gli australiani “potranno muoversi verso un futuro migliore per tutti gli aborigeni”. (I.P.)

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    Perù: traffico di bambini nella foresta, una tragedia denunciata da pochi

    ◊   Si calcola che 212 bambini siano caduti vittime del traffico di persone durante i primi due mesi del 2012 nella regione della foresta di Madre de Dios, nel sud-est del Perù, dove da tempo si vive “la febbre dell'oro”: lo ha denunciato Oscar Guadalupe, direttore dell'Associazione Huarayo, rilevando tuttavia che tale cifra potrebbe essere ridotta in questo momento per le operazioni di polizia, solo adesso diventate più frequenti. Oscar Guadalupe ha fatto queste dichiarazioni alla presentazione del libro "Traffico di esseri umani nella regione di Madre de Dios", promosso da diverse organizzazioni (Ong). Il testo evidenzia che la mancanza della presenza dello Stato ha portato al fiorire di attività illegali in una regione dove si estraggono 20 tonnellate di oro all'anno. Ci sono poche informazioni sul traffico di persone a Madre de Dios e non c'è nessun dato ufficiale per vari motivi, in particolare la mancanza di denunce e la lontananza delle aree in cui si trovano i campi minerari, dove si verificano tali abusi in case di tolleranza in pessime condizioni sanitarie. Dalle informazioni raccolte dall’agenzia Fides e secondo i dati della polizia di Madre di Dio, citati nel libro, da maggio a dicembre 2010 ci sono stati 17 casi di tratta, di cui 11 erano per lo sfruttamento sessuale e 6 per il lavoro forzato. Il libro indica inoltre che nel Paese il 59% dei casi di tratta di esseri umani è per lo sfruttamento sessuale, il 30% per lo sfruttamento lavorativo, il 10% per l’accattonaggio e lo 0,40% a fini di vendita delle persone, secondo le informazioni del luglio 2011 diffuse dal Ministero dell'Interno, citate nel libro. Secondo il deputato Alberto Beingolea, che ha partecipato alla presentazione del libro, il reato di traffico di persone "non è sufficientemente conosciuto" nella società, si dovrebbe lavorare di più per "cercare di prevenire, per la corretta applicazione della legge penale e per fare qualcosa a favore delle vittime". L'anno scorso 111 bambini al di sotto dei 18 anni sono stati ospitati in un alloggio temporaneo dell'Associazione Huarayo nella città di Mazuko, un punto di passaggio obbligato per raggiungere i campi minerari della zona: lì si scoprì che 59 di loro erano vittime della tratta di esseri umani. Guadalupe ha anche sottolineato il caso dei figli delle ragazze adolescenti che si prostituiscono nei campi minerari e restano incinte, descrivendoli "vittime invisibili" dell'estrazione di oro. L'Associazione Huarayo è un'Associazione civile non lucrativa, specializzata per l'infanzia e lo sviluppo a Madre de Dios (nell'Amazzonia peruviana), fondata nel 1998. I suoi obiettivi sono la promozione e lo sviluppo globale dell'infanzia in Amazzonia; la partecipazione attiva dei bambini e degli adolescenti nella difesa e nella diffusione dei loro diritti; la lotta contro lo sfruttamento dei bambini nella zona aurifera. (R.P.)

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    Turchia: proteste dei cristiani per una traduzione falsata del Vangelo

    ◊   Una traduzione del Vangelo falsata e non autorizzata dalle Chiese cristiane ha generato una pubblica protesta dei cristiani in Turchia. In un comunicato inviato all’agenzia Fides, la “Alleanza delle Chiese protestanti” della Turchia, parte della “Alleanza Evangelica Mondiale”, stigmatizza “la traduzione fuorviante” di una edizione in turco del Vangelo di Matteo, pubblicato alla fine del 2011. Il testo è denso di errori in “parole molto importanti e fondamentali del Nuovo Testamento”, che rendono la traduzione “sbagliata ed estremamente negativa”. Le Chiese rimarcano l’urgenza di cambiare tali termini, definendo il Vangelo diffuso “inaccettabile e inutilizzabile”. Quello a cui si fa riferimento è la rimozione di parole come “Padre” e “Figlio di Dio”, sostituite rispettivamente da “Dio” e “rappresentante di Dio”. Il versetto di Mt 28,19 che dice “battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”, è divenuto ad esempio “purificandole con l’acqua, nel nome di Allah, del suo Messia e del suo Santo Spirito”. I leader cristiani affermano di aver segnalato tali incongruenze prima della pubblicazione, curata da tre enti cristiani americani (“Wycliffe Bible Translators”, “Summer Institute of Linguistics”-SIL e “Frontiers”) il cui scopo era quello di produrre una Bibbia “vicina alla sensibilità dei musulmani”. Per evitare che persone di lingua turca, cristiane o non cristiane, fossero esposte a insegnamenti sbagliati, le Chiese avevano chiesto al comitato di traduzione di mutare i punti che “minano la teologia cristiana”, ma così non è stato. “Vogliamo che la Sacra Scrittura sia letta e compresa da tutti i settori della società. Le traduzioni prodotte dalla Società Biblica nella prima metà del XX secolo sono eccellenti, fedeli alla storia della teologia cristiana, ma anche eccellenti per le persone che si accostano alla Bibbia, per capire le espressioni della fede cristiana” nota il comunicato giunto a Fides. L'Alleanza delle Chiese protestanti in Turchia rappresenta la maggior parte delle Chiese protestanti nel Paese. Nel 2011 ha pubblicato il Rapporto sulle violazioni dei diritti dei cristiani in Turchia, che sono meno dello 0,1% della popolazione di 72 milioni di abitanti. (R.P.)

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    Gabon: l’impegno della Chiesa nella lotta contro i crimini rituali

    ◊   “Proteggiamo la vita rifiutando i crimini rituali in Gabon”: questo il tema della conferenza che la Commissione Giustizia e Pace dell’arcidiocesi di Libreville ha indetto per sabato 19 maggio. L’incontro ha l’obiettivo di sensibilizzare la popolazione sui pericoli di tali pratiche rituali, offrendo sostegno ai familiari delle vittime. “Nessuno ha il diritto di disporre della propria vita, né di quella degli altri”, hanno ribadito i vescovi del Gabon presentando l’evento. Purtroppo, i dati non sono incoraggianti: secondo l’Alcr – Associazione di lotta contro i crimini rituali – in Gabon ogni anno si contano tra i 30 e i 60 crimini rituali. Nel 2011, i casi sono stati 62 ed hanno colpito 28 bambini, 20 donne e 14 uomini. L’incontro del 19 maggio sarà il primo di tal genere ad avere luogo in Gabon, ma la Chiesa, non solo locale ma anche quella dell’intero continente africano, ha sempre posto molta attenzione nei confronti di simili pratiche rituali e della stregoneria in genere. Basti citare le Proposizioni finali del secondo Sinodo per l’Africa svoltosi nel 2009: al punto 13 del documento si legge che i “perniciosi programmi di stregoneria causano la rottura e la rovina delle famiglie e delle società” e si ribadisce che, “riguardo alla stregoneria ed ai culti, la Chiesa locale si deve basare su un confronto equilibrato che studi questo fenomeno alla luce della fede e della ragione, così da liberare gli africani da questa piaga”. (I.P.)

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    Convegno a Roma sul pensiero del cardinale Jean Danielou

    ◊   “Finestre aperte sul mistero. Il pensiero di Jean Danielou” è il tema del convegno organizzato dalla Fraternità di San Carlo Borromeo insieme alla Pontificia Università della Santa Croce, tenutosi ieri a Roma. Gesuita, teologo e cardinale, fu tra i redattori della “Dei Verbum” e di “Gaudium et Spes”, e autore di numerosi libri. “Era stato profetico nel denunciare i drammi del post-Concilio - ha detto mons. Massimo Camisasca, superiore generale della Fraternità, nell’intervento di apertura - e nella previsione della crisi della Chiesa europea”. Come riferisce il Sir, l’incontro, nel 50° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, ha rappresentato l’occasione per rileggere con attenzione le opere di Jean Danielou. “Le persone che lo hanno conosciuto sono concordi nel testimoniare la sua semplicità, la sua umiltà e il suo ardente amore di Cristo” ha aggiunto. “L’asse portante del suo pensiero e del suo metodo teologico può forse essere illustrato dal motto episcopale da lui scelto: la vita come fiume di acqua che richiama la sorgente, che è il Padre, dal quale ha origine ogni cosa” ha detto Giulio Maspero, docente di teologia dogmatica alla Pontifica Università della Santa Croce, che ha tenuto una relazione su “Trinità ed esistenza: un metodo teologico appreso dai Padri”. Jean Danielou “è affascinato dal ‘fondo dell’essere”, continua, “espressione che ritorna spesso nei suoi scritti”; “uno sforzo di leggere il mondo a partire dall’essere”. (G.M.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 131

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Barbara Innocenti.