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Sommario del 04/05/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa ai neo-ambasciatori: no a leggi che accrescono le ineguaglianze, garantire libertà religiosa
  • Altre udienze e nomine
  • Lettera del cardinale Piacenza: il mondo ha bisogno di sacerdoti santi
  • Convegno di studio in Vaticano sulla cecità. Mons. Zimowski: rilanciare pastorale dei non vedenti
  • Milano, Convegno della Fondazione "Centesimus Annus" su società e mercati
  • Musei Vaticani aperti in notturna. Paolucci: quest’anno ci sarà anche la musica
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Serbia al voto domenica: sfida tra il presidente uscente Tadic e il progressista Nikolic
  • Sudan: tregua tra nord e sud proposta dall'Onu. Timori per la situazione umanitaria
  • Acs: l'informazione sulle Chiese perseguitate corre sul web
  • "Giustizia e Pace" e GreenAccord sulla tutela dell'acqua: è un diritto di tutti
  • Roma. Congresso delle Acli su crisi e lavoro
  • Jesuit Social Network: tagliare la spesa sociale non promuove lo sviluppo
  • Rileggere il Concilio: alla Lateranense, incontro sulla "Dignitatis Humanae" e la libertà religiosa
  • Cartoline e annullo postale vaticani per il 150.mo della morte di S. Gabriele dell'Addolorata
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Siria: appello del vescovo di Aleppo per una "missione Onu credibile"
  • Mozambico: giovane sacerdote ucciso nel corso di una rapina alla missione
  • Myanmar: la Chiesa cerca un mediatore di pace fra esercito birmano e Kachin
  • India: in Madhya Pradesh migliaia di cristiani cancellati dai registri elettorali
  • Consiglio d’Europa: allarme sull’aumento delle tendenze razziste e xenofobe
  • Perù: sei mesi di pioggia intensa hanno causato 53 morti e 260 mila senza tetto
  • Haiti: ancora centinaia di migliaia di sfollati dopo il terremoto del 2010
  • Colombia: 10 anni fa la strage delle Farc di 78 fedeli rifugiatisi in una chiesa
  • Staminali adulte: illustrati a Bratislava nuovi metodi di trattamento delle malattie
  • Civiltà Cattolica: Giornata sul grande scrittore inglese Chesterton
  • Italia. Giornata contro la pedofilia. Napolitano: misure più incisive
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa ai neo-ambasciatori: no a leggi che accrescono le ineguaglianze, garantire libertà religiosa

    ◊   E’ necessaria una mobilitazione generale per affrontare i mali che affliggono l’umanità: è il vibrante appello di Benedetto XVI nel discorso di stamani, in Vaticano, in occasione della presentazione delle Lettere credenziali degli ambasciatori di Etiopia, Malesia, Irlanda, Fiji e Armenia presso la Santa Sede. Il Papa ha quindi ribadito che gli Stati devono impegnarsi a garantire la libertà religiosa, che aiuta a formare un’identità forte della persona umana. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    La globalizzazione ci rende più vicini, ma ci chiede anche di essere più attenti a chi soffre. Muove da questa constatazione, il discorso di Benedetto XVI tutto incentrato sulle difficoltà provocate a tanti popoli da povertà vecchie e nuove. Il Papa invita dunque la comunità internazionale “ad affrontare, nella giustizia e nella solidarietà, tutto ciò che minaccia l’uomo, la società e l’ambiente”:

    “L’exode vers les villes, le conflits armés…”
    “L’esodo verso le città, i conflitti armati, la carestia e le malattie che affliggono tante popolazioni – ha osservato – sviluppano in modo drammatico la povertà” che prende oggi “nuove forme”. La crisi economica mondiale, ha riconosciuto con amarezza, “conduce sempre più famiglie ad una precarietà crescente”. La “solitudine dovuta all’esclusione è aumentata”. E quando “la miseria coesiste con una grande ricchezza – è stato il suo monito – nasce un’impressione di ingiustizia che può divenire fonte di rivolte”:

    “Il convient donc que les Etats…”
    “E’ allora opportuno che gli Stati facciano sì che le leggi sociali non accrescano le ineguaglianze e permettano a ciascuno di vivere in modo decente”. E’ importante, ha soggiunto, che alle persone nel bisogno sia riconosciuto un ruolo sociale. Ed ha ribadito che lo sviluppo delle nazioni “deve riguardare la persona nella sua integralità e non solo la crescita economica”. Una convinzione che, ha detto, “deve divenire una volontà efficace d’azione”. Ha così citato esperienze come il microcredito che rendono possibile armonizzare “gli obiettivi economici” con le relazioni sociali, “la democrazia con il rispetto della natura”:

    “Pour renforcer l’assise humaine…”
    “Per rinforzare la base umana della realtà socio politica – ha affermato – bisogna essere attenti anche ad un altro tipo di miseria: quella causata dalla perdita di riferimento ai valori spirituali, a Dio”. Una perdita che rende ancora più difficile il discernimento tra il bene e il male così come “il superamento degli interessi personali in vista del bene comune”. Il Papa ha rivolto il pensiero in particolare ai giovani che, alla ricerca di un ideale, si “rivolgono a paradisi artificiali” come droga e consumismo. Per questo, ha avvertito, “la più grande povertà è la mancanza d’amore”. Nella parte finale del discorso, il Papa ha rinnovato l’appello agli Stati affinché garantiscano la libertà religiosa e valorizzino il patrimonio culturale e religioso:

    “La religion permet de reconnâitre en l’autre…”
    “La religione – ha detto – ci permette di riconoscere nell’altro un fratello nell’umanità”. Lasciare, dunque, ad ognuno “la possibilità di conoscere Dio, in piena libertà, lo aiuta a forgiare una personalità forte interiormente che lo renderà capace” di essere un testimone del bene. Così, ha concluso, si potrà costruire una società in cui “la sobrietà e la fraternità” faranno indietreggiare la miseria e si affermeranno “sull’indifferenza e l’egoismo”.

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto, stamani, in successive udienze, un gruppo di vescovi degli Stati Uniti d'America (Regione XIII), in Visita "ad Limina Apostolorum" e mons. Luigi Negri, vescovo di San Marino-Nontefeltro.

    In Bangladesh, il Papa ha nominato il rev. James Romen Boiragi, Vescovo della Diocesi di Khulna in Bangladesh, già Vicario Generale di Khulna ed attualmente Amministratore diocesano della stessa Circoscrizione ecclesiastica.

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    Lettera del cardinale Piacenza: il mondo ha bisogno di sacerdoti santi

    ◊   “I sacerdoti, per servire la Chiesa e il mondo, hanno bisogno di essere santi”: così si legge nella Lettera che la Congregazione per il Clero ha indirizzato ai sacerdoti, a firma del cardinale prefetto Mauro Piacenza, e pubblicata in questi giorni. Forte il richiamo al mondo che vive “lacerazioni sempre più dolorose e preoccupanti” e che ha bisogno di “una Chiesa indissolubilmente abbracciata a Cristo”. Il servizio di Fausta Speranza:

    “Le colpe di alcuni, a volte, hanno umiliato il sacerdozio agli occhi del mondo”. Lo scrive il cardinale Piacenza che ricorda le parole pronunciate da Giovanni Paolo II nel 2002 di fronte ad alcuni scandali di pedofilia: “noi sacerdoti – diceva – siamo scossi nel profondo dai peccati di alcuni fratelli che hanno tradito la grazia ricevuta con l’ordinazione” e che “hanno gettato un’ombra di sospetto su tutti gli altri benemeriti”. Il cardinale Piacenza raccomanda di considerare “gli ulteriori aggravamenti delle notizie diffuse” e dunque di “far risuonare ancora nel cuore con più forza e urgenza le parole di Giovanni Paolo II”. Il prefetto della Congregazione per il Clero parla di “pentimento e perdono” dai quali “si può sempre ricominciare”. Parla di un mondo che vive quello che definisce “il dramma più grave dei nostri tempi”: “quel particolare ateismo – spiega - che viene dall’aver dimenticato la bellezza e il calore della Rivelazione Trinitaria”. E afferma: “sono soprattutto i sacerdoti, nella loro quotidiana adorazione e nel loro quotidiano ministero che devono ricondurre tutto alla Comunione Trinitaria: solo a partire da essa e immergendosi in essa, i fedeli possono scoprire davvero il volto del Figlio di Dio e la sua contemporaneità, e possono davvero raggiungere il cuore di ogni uomo e la patria a cui tutti sono chiamati”. E il cardinale Piacenza aggiunge in prima persona: “Solo così noi sacerdoti possiamo offrire di nuovo agli uomini di oggi la dignità dell’essere persona, il senso delle umane relazioni e della vita sociale, e lo scopo dell’intera creazione.” Per poi affermare che “nessuna nuova evangelizzazione sarà davvero possibile se noi cristiani non saremo in grado di stupire e commuovere nuovamente il mondo con l’annuncio della Natura d’Amore del Nostro Dio.” Un annuncio che riassume così: “Credere in un solo Dio che è Amore”. “La Chiesa, per poter adempiere questo compito, - afferma - deve restare indissolubilmente abbracciata a Cristo e non lasciarsene mai separare: ha bisogno di Santi che abitino ‘nel cuore di Gesù’ e siano testimoni felici dell’Amore Trinitario di Dio. E i Sacerdoti, - aggiunge - per servire la Chiesa e il Mondo, hanno bisogno di essere Santi!”. “Noi sacerdoti non possiamo santificarci senza lavorare alla santità dei nostri fratelli, - sottolinea il cardinale Piacenza - e non possiamo lavorare alla santità dei nostri fratelli senza che abbiamo prima lavorato e lavoriamo alla nostra santità.”

    Cosa dunque il mondo di oggi, con le sue “lacerazioni sempre più preoccupanti”, deve vedere nel sacerdote? Roberto Piermarini lo ha chiesto allo stesso cardinale Mauro Piacenza:

    R. – Subito le direi: non un punto interrogativo, ma un punto esclamativo. Evidentemente, si capisce in che senso. Cioè, un uomo di Dio che abita nel cuore di Gesù Buon Pastore e che sia un testimone felice, direi – che lo si veda, che lo si colga – dell’amore trinitario di Dio. Un uomo che crede in un solo Dio che è amore, ma per quale motivo fondamentale? Nessuna nuova evangelizzazione – e siamo nel contesto della nuova evangelizzazione – potrebbe mai essere possibile se noi sacerdoti non fossimo in grado anche di “stupire”, nel senso profetico della parola, e di commuovere il mondo con l’annuncio della natura d’amore del nostro Dio, del fatto che Dio è Carità, è Amore, nelle tre Persone divine che si esprimono e ci coinvolgono nella loro stessa vita.

    D. – Pensando a quei casi dolorosi “che hanno umiliato il sacerdozio agli occhi del mondo”, come si legge nella sua Lettera, da dove deve ricominciare la ricerca della santità sacerdotale?

    R. – Anzitutto, direi dal pentimento e dal perdono e naturalmente, non penso soltanto a determinati crimini orribili, quanto anche – oltre a quello che è scontato: il pentimento e il perdono, naturalmente, da richiedersi a Dio, prima di tutto, e poi anche a tutte le persone che sono danneggiate e alla stessa immagine di Chiesa che viene deturpata – a tutte quelle omissioni, a tutti quegli intiepidimenti rispetto a quella che invece dovrebbe essere la vivacità del ministero apostolico, e del cogliere l’invito ad oltrepassare la porta fidei – uso la parola della Lettera apostolica con la quale il Santo Padre ha indetto l’Anno della fede – accompagnando i nostri fedeli. Ecco, noi dobbiamo riscoprire la fede del mistero che è dentro di noi: cioè, saperci meravigliare di quello che noi siamo e quindi riscoprire, alla luce della fede, il rito della nostra stessa ordinazione e tutto ciò che contiene anche nella sua gestualità; riscoprire quindi con occhio di fede la nostra ontologia, la nostra identità, e ricordare che noi non possiamo santificarci senza lavorare alla santificazione dei nostri fratelli, e non possiamo lavorare alla santificazione dei nostri fratelli senza lavorare alla nostra santificazione.

    D. – Per potere attuare la nuova evangelizzazione, quale impegno si richiede ai sacerdoti?

    R. – E’ l’amore di Cristo che riempie i nostri cuori e ci spinge ad evangelizzare. Quindi, prima di tutto è essere “cisterne” di questo amore; stare con il Signore, ricevere i raggi del suo amore: come si ricevono i raggi del sole astronomico sulla spiaggia, che fanno abbronzare; qui si tratta di stare con il Signore e ricevere i raggi del suo amore e della sua verità. Dobbiamo essere quindi sempre più motivati in modo, direi, “comunionale”, quindi essere sempre più Chiesa, essere sempre più presbiterio unito con il proprio vescovo; presbiterio unito con il proprio vescovo a sua volta unito con il Sommo Pontefice … Cioè, riscoprire veramente il mistero della comunione. Dobbiamo rivolgere un appello alla grande obbedienza della fede per ritrovare l’entusiasmo nel comunicare la fede.

    D. – Perché nella Lettera lei invita i sacerdoti a lavorare in profondità sul Concilio Vaticano II e a rileggere e riflettere sul Catechismo della Chiesa Cattolica?

    R. – Anzitutto, sul Vaticano II perché è stato un evento grandioso – il più grandioso, ecclesialmente parlando, del secolo scorso – e che ovviamente non è finito, perché i Concilii vanno sull’onda dei secoli, non sull’onda degli anni: è chiaro. Sono eventi ecclesiali di portata immensa, dove è coinvolta l’azione in prima persona dello Spirito Santo. Ma direi anche perché questo Concilio ha avuto molte persone che se ne sono riempite la bocca ma poche persone che lo hanno studiato per come è e non lo hanno tirato per i capelli per fargli dire quello che loro volevano che dicesse; quindi, bisogna riscoprire i testi del Concilio, bisogna riscoprire le parole stesse del Concilio, perché quelle sono da leggersi in ginocchio!.... perché è un evento di Spirito Santo. Quindi dico: il Vaticano II sia nuovamente accolto come la grande grazia di cui la Chiesa ha beneficiato nel XX secolo e di cui deve ancora beneficiare. Poi, deve diventare per noi una bussola sicura per orientarci nel cammino, per rispondere alle domande della nostra gente e per organizzarci sulla nuova evangelizzazione. Ed è una forza per il sempre necessario rinnovamento, perché non dobbiamo dimenticare che la Chiesa, fatta di uomini peccatori, deve continuamente rinnovarsi nello Spirito Santo, continuamente tendere l’orecchio per ascoltare cosa lo Spirito le dice, e cercare di tenere abbassata la radio dello spirito di questo mondo, delle trasmissioni dello spirito mondano e alzare il volume della radio che ci viene, invece, dal silenzio, e cioè quella che ci viene dallo Spirito Santo. Io credo che si dovrebbe dire basta ai tradimenti del Concilio Vaticano II e spalancare la porta alla obbedienza ai testi del Concilio Vaticano II e a tutto quello che i Papi e il Magistero autentico della Chiesa hanno detto nell’interpretare, nel leggere, nel porgere il Concilio Vaticano II.

    D. – Per quanto riguarda invece il Catechismo della Chiesa Cattolica?

    R. – Penso che il bisogno attuale sia quello di avere una norma sicura per l’insegnamento della fede nel contesto contemporaneo. Non dimentichiamo che il Catechismo della Chiesa Cattolica, che compie 20 anni, è il Catechismo del Concilio Vaticano II: come c’è stato il Catechismo di Trento che ha fatto un bene immenso, noi ci aspettiamo che possa fare altrettanto un bene immenso il Catechismo della Chiesa Cattolica che è proprio il precipitato – potremmo dire – di tutto l’insegnamento del Vaticano II. Quindi, direi che è strettamente connessa la valorizzazione del Concilio Vaticano II con la valorizzazione del Catechismo della Chiesa cattolica.

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    Convegno di studio in Vaticano sulla cecità. Mons. Zimowski: rilanciare pastorale dei non vedenti

    ◊   Nell’Anno della fede, è necessario “svegliare” la pastorale della Chiesa per i non vedenti. Lo afferma mons. Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, che stamattina ha inaugurato in Vaticano il Convegno internazionale di studio intitolato “La persona non vedente: Rabbunì, che io riabbia la vista”. Il Convegno, promosso dal dicastero pontificio, vede la collaborazione di Missioni Cristiane per i Ciechi nel Mondo (CMB-Italia Ong-Onlus). A mons. Zimowski, il collega della redazione francese della nostra emittente, Olivier Bonnel, ha chiesto di illustrare le linee-guida del Convegno:

    R. – La mancanza della vista è considerata una delle peggiori disabilità, soprattutto a motivo delle gravi conseguenze fino a giungere – in alcuni casi, ieri come oggi – all’emarginazione e all’esclusione sociale. In questa situazione, l’iniziativa portata avanti dal dicastero e dalla Fondazione “Il Buon Samaritano” è certamente una delle più impegnative di questi ultimi anni nel voler fornire agli operatori sanitari – professionali e volontari – sempre maggiori strumenti, sia pastorali sia scientifici, per operare in favore delle persone ammalate o comunque in stato di sofferenza.

    D. – Perché un biblista in apertura dei lavori?

    R. – E’ molto semplice: perché nella Bibbia noi abbiamo incontri di Gesù Cristo con i malati, con i sofferenti e abbiamo anche l’incontro con un cieco. “Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!”: conosciamo questo grido del cieco. Questa preghiera si può dire che tocca il cuore di Cristo che si ferma, lo fa chiamare e lo guarisce. Il momento decisivo è stato l’incontro personale tra il Signore e quell’uomo sofferente. Si può dire, come una volta ha detto Benedetto XVI durante la preghiera dell’Angelus, che si è trattato di due libertà, due volontà convergenti: “Cosa vuoi che io ti faccia?”, chiede Gesù. “Che io riabbia la vista”, risponde il cieco. E Gesù dice: “Va, la tua fede ti ha salvato”. E il cieco Bartimeo, venuto alla luce – narra il Vangelo – prese a seguirlo per la strada. Questo è molto importante: diventa, cioè, un discepolo di Gesù Cristo.

    D. – Qual è il mandato e quali gli obiettivi di questo Convegno?

    R. – Rimane molto cammino da fare per diffondere una giusta opera di prevenzione e di cura, così come ottenere che le persone affette da ipovisione o cecità possano correttamente interagire con le realtà sociali di appartenenza. E a voi, cari non vedenti di tutto il mondo, rivolgo il mio più cordiale saluto con le parole stesse che il nostro amato Santo Padre Benedetto XVI una volta ha rivolto ai non udenti, parole utili anche per i non vedenti: “Voi non siete solo destinatari dell’annuncio del messaggio evangelico, ma ne siete a pieno titolo anche annunciatori in forza del vostro battesimo. Vivete quindi ogni giorno da testimoni del Signore negli ambienti della vostra esistente, facendo conoscere Cristo e il suo Vangelo”.

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    Milano, Convegno della Fondazione "Centesimus Annus" su società e mercati

    ◊   “Istituzioni, società e mercati: verso nuovi equilibri internazionali?” è il titolo dell’annuale Convegno internazionale promosso e organizzato dalla Fondazione "Centesimus Annus - Pro Pontifice" che si svolge a Milano oggi e domani presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Dal capoluogo lombardo il servizio di Fabio Brenna:

    E’ tempo di mettere in campo la grande risorsa della Dottrina sociale della Chiesa per affrontare una crisi internazionale che, giunta al quinto anno, si dimostra sempre più strutturale anziché congiunturale. I due giorni di riflessione e dibattiti promossi dalla Fondazione Centesimus Annus sono dedicati all’analisi dell’economia reale a livello mondiale, alle insufficienze di una regolazione dei mercati individuate come una delle cause della perdurante crisi e alle possibilità di una governance sovranazionale che permetta un’uscita costruttiva dalla crisi stessa.

    Alla luce degli insegnamenti della Dottrina sociale, si intende mettere a confronto i principi della gestione economica al servizio del bene comune, della persona umana e della famiglia con i più attuali dibattiti relativi alla regolamentazione finanziaria sovranazionale, alla liberalizzazione del commercio e alle strategie industriali globali. In un contesto dove la finanza sembra avere preso il sopravvento rispetto all’economia reale, occorre spingere perché le istituzioni riprendano vigore e capacità di stabilire e far rispettare le regole.

    Introducendo i lavori, l’economista Alberto Quadrio Curzio ha proposto quattro percorsi per superare la crisi, visti i fallimenti dei vari G20 e G8. Il primo è quello di scalare di alcuni gradi dalla globalizzazione all’inter-globalizzazione, verso aree di libero scambio grandi ma controllabili dai poteri istituzionali. Si tratta poi di ripolarizzare il rapporto fra istituzioni, società, economia e mercati. Terzo passaggio l’istituzione di una tobin tax a livello europeo e quindi lanciare gli EuroUnionBond per finanziare i grandi investimenti infrastrutturali.

    Con studiosi e industriali non mancherà al Convegno l’apporto degli uomini di Chiesa. Dopo l’introduzione del cardinale Domenico Calcagno, presidente dell’Apsa - l'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica - nel tardo pomeriggio l’arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola proporrà una lectio magistralis, mentre mons. Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite a Ginevra, parteciperà al dibattito su “Insicurezza ed inquietudine delle persone e la Dottrina sociale della Chiesa”.

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    Musei Vaticani aperti in notturna. Paolucci: quest’anno ci sarà anche la musica

    ◊   I Musei Vaticani, da oggi fino al 13 luglio e dal 7 settembre al 26 ottobre, rinnovano l’iniziativa delle visite in notturna. I Musei del Papa - che hanno ormai superato i 5 milioni di visitatori all’anno - apriranno dunque le loro porte anche al tramonto, tutti i venerdì dalle 19,00 alle 23,00 – con l’ultimo ingresso alle ore 21,30. Ricordiamo che è obbligatoria la prenotazione online sul sito ufficiale www.museivaticani.va. Sergio Centofanti ha chiesto al direttore dei Musei Vaticani, il prof. Antonio Paolucci, il perché di queste aperture “notturne”:

    R. – Intanto perché quelle precedenti, nelle estati precedenti, hanno funzionato bene, hanno riscosso un consolante successo del pubblico e anche di critica. La gente è arrivata in gran numero e quindi quando una esperienza funziona la si ripete. Quest’anno sarà anche arricchita da audizioni musicali perché ho trovato che sia bella l’idea di offrire ai visitatori notturni nei Musei Vaticani il piacere delle due arti unite insieme, le arti figurative della pittura e della scultura ma anche la musica: Mozart e Vivaldi insieme a Raffaello e Michelangelo. Sono occasioni che veramente toccano il cuore, che emozionano, che fanno felici. Poi, la ragione principale per cui io tengo molto alle aperture notturne è che sono soprattutto offerte al popolo di Roma.

    D. – Quali suggestioni derivano da queste visite notturne?

    R. – Le suggestioni sono quelle che uno sta sotto il cielo di Roma e vede Laocoonte, Raffaello, vede il Perugino, vede sculture egizie o i manufatti etruschi… E’ la storia che ti viene incontro, ti avvolge e ti fa sentire orgoglioso di essere parte di questa città, di questa cultura e di questa storia.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Se la vita è “indegna di essere vissuta”: in prima pagina, Lucetta Scaraffia sull’opera, pubblicata in Italia, di Karl Binding e Alfred Hoche.

    Leggi sociali giuste per far fronte a povertà e a precarietà: il discorso del Papa a cinque nuovi ambasciatori accreditati presso la Santa Sede.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, l’Fmi, secondo cui non è l’Europa l’epicentro della crisi: il vero pericolo si annida nel debito degli Stati Uniti e del Giappone.

    Non fu colpa dell’albero: in cultura, il cardinale arcivescovo di Milano, Angelo Scola, su tensione religiosa e ricerca scientifica.

    Alleniamoci al mistero: il cardinale Julian Herranz recensisce il libro del vescovo Luigi Negri (che compie settant’anni) “Fede e cultura. Scritti scelti”.

    Sull’informazione di fronte alle sfide della tecnologia, un articolo di Laura Palazzani dal titolo “Nuove regole per la Rete”.

    Andrea Possieri sui cento anni della “Pravda” e sulla strana verità che faceva politica con la menzogna di Stato.

    La cultura fa l’uomo più delle differenze morfologiche: riguardo al dibattito sulla specie tra scienza e teologia, anticipazione dell’articolo di Fiorenzo Facchini pubblicato da “Vita e Pensiero”.

    Americani a ritroso sulla rotta di Vespucci: Simona Verrazzo su Sargeant e gli impressionisti d’oltreoceano in mostra a Firenze.

    Come comunicare da cattolici la scienza e la vita: nell’informazione religiosa, la lectio magistralis di Domenico Pompili, direttore dell’Ufficio nazionale per le Comunicazioni sociali della Conferenza episcopale italiana.

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    Oggi in Primo Piano



    Serbia al voto domenica: sfida tra il presidente uscente Tadic e il progressista Nikolic

    ◊   Elezioni in Serbia domenica prossima. Le urne saranno aperte per le amministrative, politiche e presidenziali. L’attenzione è tutta rivolta alla sfida per la presidenza. I due candidati principali sono il leader uscente, candidato del Partito democratico, Boris Tadic, e quello del Partito progressista, Tomislav Nikolic. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Chiara Longhi che sta seguendo le consultazioni per "Osservatorio Balcani":

    R. – Tadic è filoeuropeista e questo è stato anche il modo in cui ha condotto la politica del suo governo; Nikolic, anche lui ha presentato posizioni europeiste, specialmente negli ultimi anni, specialmente in campagna elettorale, però diciamo che viene da un partito che originariamente aveva posizioni più di centrodestra-destra e, addirittura, in passato, radicali. Tadic è sicuramente un candidato che viene favorito dal fatto che ha già dato prova di cosa sappiano fare lui e il suo governo. Nikolic può contare sul fatto che di sicuro c'è un grosso scontento, in questo momento, in Serbia sia a causa dell’altissimo tasso di disoccupazione, della crisi economica e anche per la questione del Kosovo. Il Kosovo ha preso la via dell’indipendenza e si sta progressivamente e de facto distaccando dalla Serbia.

    D. – La questione Kosovo è stata oggetto di campagna elettorale ed ha generato tensione tra Belgrado e Pristina …

    R. – Sì, perché si è parlato della opportunità o meno di permettere anche ai serbi residenti in Kosovo di votare. Il problema nasce dal fatto che, appunto, il Kosovo si è dichiarato indipendente però ci sono alcuni comuni, a Nord del Kosovo, che non riconoscono le autorità di Pristina e che desidererebbero rinnovare le loro amministrazioni locali perché il 6 maggio si voterà anche per le amministrative. Questo non succederà, o meglio: il governo di Belgrado ha deciso che non organizzerà le elezioni amministrative, però tutto questo fermento elettorale e, appunto, il fatto che il Kosovo sia comunque una ferita aperta ha provocato ulteriori scontri e anche un braccio di ferro non indifferente tra Belgrado e Pristina durante la campagna elettorale.

    D. – Qual è il segnale che viene da queste elezioni?

    R. – C’è molta aspettativa, nel senso che le condizioni di vita in Serbia, al di fuori della capitale, non sono semplici per cui c’è molta attesa per un cambiamento.

    D. – I tempi della guerra nei Balcani le sembrano archiviati?

    R. – Per quanto riguarda la Serbia, sì. Con la politica portata avanti fino adesso è stato fatto un grande lavoro per cercare di allontanarsi dall’idea di quegli anni. Ricordiamo l’anno scorso anche la cattura di Mladic … Questi sono segnali che la Serbia ha voluto dare all’Europa per indicare che ha intenzione di operare una cesura con il suo passato.

    D. – Tra le candidature si nota anche quella dell’estrema destra ultranazionalista …

    R. – E’ la moglie di Vojislav Šešelj, che è un leader del partito radicale detenuto all’Aja per crimini di guerra. Appunto, la Serbia ci ha messo parecchio tempo a digerire il fatto che i propri cittadini, considerati criminali di guerra dalla comunità internazionale, siano stati mandati all’Aja per essere giudicati da un Tribunale internazionale. Questa candidata raccoglie un po’ la parte più nazionalista e radicale, appunto, dell’elettorato, dei cittadini serbi in generale. Si parla di una possibilità che questo candidato abbia un esito del voto tra il 5 e il 7 per cento, per cui – insomma – non è una percentuale proprio piccola.

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    Sudan: tregua tra nord e sud proposta dall'Onu. Timori per la situazione umanitaria

    ◊   Spiragli di distensione tra Sudan e Sud Sudan. Karthoum si è impegnato a cessare le ostilità contro Juba in accordo con la risoluzione, approvata ieri dal Consiglio di sicurezza dell’Onu, che impone la fine degli scontri armati tra i due Paesi entro 48 ore. Non sono però escluse reazioni armate ad eventuali nuove aggressioni. Intanto, dal punto di vista umanitario, c’è preoccupazione per l’imminente espulsione dalla città di Kosti, a sud di Karthoum, di circa 15 mila sud-sudanesi. La decisione dell’Onu rappresenta comunque un primo passo verso la pacificazione? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a padre Franco Moretti, direttore del periodico dei Comboniani “Nigrizia”:

    R. - Potrebbe essere una base di partenza, ma questa base appare un po’ traballante. Non mi sembra di poter dire che ci sarà pace tra i due Paesi entro breve tempo. Il problema è che noi - quando sentiamo parlare di accordi, trattati di pace o altro - pensiamo che tutto sia risolto. Ma questo diviene possibile solo se le due parti che siedono intorno a un tavolo hanno la stessa volontà di smettere di combattere. Sono troppe le questioni lasciate irrisolte dall’accordo di pace del 2005. Sono anni che il Consiglio di sicurezza dice a Karthoum e a Juba: “Deponete le armi”, senza riuscire ad ottenere nulla di positivo. Sia a Nord che a Sud, ci sono migliaia di caschi blu dell’Onu: ma che cosa fanno? Certo, la situazione è molto difficile. La possibilità di guerra è sempre dietro l’angolo. Ovviamente, apprezziamo la decisione dell’Onu di intervenire, ma il Palazzo di vetro dovrebbe intervenire in maniera più decisa.

    D. - A questa situazione, si aggiunge quella umanitaria, altrettanto grave: tra pochi giorni, circa 15 mila sud-sudanesi potrebbero essere espulsi dal Nord. Un fatto che provocherebbe altre tensioni..

    R. - Ieri, ho incontrato un mio confratello che lavora ormai da anni a Kosti: lì c’è un porto dove la gente aspetta di prendere un battello per tornare in patria. Alcuni di questi sud-sudanesi aspettano da oltre un anno. Si parla di 700 mila persone ancora in Nord Sudan, che vorrebbero e dovrebbero tornarsene al Sud. L’anno scorso, in 350 mila sono già tornati, però molti hanno trovato una nazione senza strutture, senza scuole, senza ospedali. E allora preferiscono tornare indietro, anche se oggi la situazione in Nord Sudan per i sud-sudanesi diventa sempre più critica.

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    Acs: l'informazione sulle Chiese perseguitate corre sul web

    ◊   Dal 2005, Aiuto alla Chiesa che Soffre e Catholic Radio and Television Network realizzano il settimanale di informazione diffuso su Internet, “Where God Weeps” ("Dove Dio piange"), che descrive la realtà delle Chiesa perseguitata nel mondo. Lo ricorda un comunicato della stessa Fondazione di diritto pontificio, che riporta anche i drammatici dati sulla persecuzione ai cristiani: dal 2003 al 2010, gli attacchi terroristici contro i cristiani in Asia, Africa e Medio Oriente sono aumentati del 309%. Perché? Debora Donnini lo ha chiesto a Marta Petrosillo, portavoce di Aiuto alla Chiesa che Soffre in Italia:

    R. – Succede spesso che le minoranze cristiane siano collegate all’Occidente, quindi abbiamo la crescita e un aumento delle violenze anticristiane in seguito a fatti che accadono in Occidente: c’è questa identificazione. Oppure, quando avvengono cambiamenti legislativi o quando c’è desiderio di questi cambiamenti legislativi. Un esempio lampante è in Nigeria: quello che vuole la setta dei Boko Haram è imporre la sharia, che già è adottata in 12 dei 36 Stati, come legge in tutti gli Stati nigeriani.

    D. – Il settimanale di informazione su Internet “Where God weeps” parla delle persecuzioni ai cristiani dando voce agli stessi cristiani perseguitati…

    R. – Innanzitutto, il titolo del programma “Where God weeps” deriva dalla missione che il fondatore di Aiuto alla Chiesa che Soffre, padre Werenfried von Straaten, ha affidato alla Fondazione, cioè quella di "asciugare le lacrime di Dio ovunque Egli pianga". Il programma realizza diverse interviste sia in loco – perché Aiuto alla Chiesa che soffre organizza diversi viaggi, soprattutto nei Paesi dove la Chiesa è perseguitata – sia nella nostra sede internazionale in Germania, dove accogliamo costantemente visitatori da tutto il mondo che vengono a chiedere aiuto alla Fondazione. Il programma approfondisce diverse realtà. Generalmente, ogni puntata si focalizza su un Paese che viene prima presentato attraverso un documentario, un approfondimento, e poi si lascia la parola a vescovi, missionari, anche laici esperti, che descrivono la realtà della comunità cristiana nel Paese preso in analisi. Molte delle realtà legate alla persecuzione della Chiesa ma anche molte realtà cristiane sono ignorate: ad esempio, non si sa molto delle difficoltà della comunità di fedeli in Bosnia Erzegovina. Oppure, non si sa, ad esempio, che in Iraq la comunità negli ultimi 20 anni è stata decimata: si parlava di un milione e 400 mila cristiani nella metà degli anni Ottanta, mentre oggi ne sono rimasti 300 mila.

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    "Giustizia e Pace" e GreenAccord sulla tutela dell'acqua: è un diritto di tutti

    ◊   Un bene comune universale da tutelare a ogni costo e da garantire a tutti, soprattutto alle popolazioni dei Paesi più poveri. E’ l’acqua il tema principale della tavola rotonda che si è svolta ieri pomeriggio a Roma su “Acqua elemento essenziale della vita”. E durante l’incontro, organizzato dall’Associazione GreenAccord Onlus e dal Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, si è riflettuto sulla nota della Santa Sede in occasione del Forum mondiale sull’acqua. Il servizio di Marina Tomarro:

    Un’occasione per capire perché le conclusioni del sesto Forum mondiale sull’acqua, dello scorso marzo a Marsiglia, non abbiano superato la visione mercantilistica sulle risorse idriche, bene comune invece da tutelare. Andrea Masullo, presidente del comitato scientifico di GreenAccord:

    “Viviamo in un sistema economico estremamente proteso al mercantilismo, all’utilitarismo e al profitto. Un bene come l’acqua, proprio per la sua essenzialità, è anche un potenziale produttore di alti profitti: tutti questi interessi, insieme a attenzioni di principio verso una gestione pubblica, sono presenti nel World Water Forum. Noi auspichiamo che da questo confronto, tra interessi pubblici e interessi privati, a perdere non sia l’uomo.

    E all’incontro era presente anche mons. Mario Toso, segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace. Il suo commento:

    R. - L’acqua è un elemento essenziale per la vita e questo per diverse ragioni e non solo per una, certamente. Oggi, è necessario in particolare non solo la sensibilizzazione da parte dei movimenti della società civile: non c’è solo bisogno di mobilitare le istituzioni culturali e educative, ma c’è in modo particolare la necessità di creare delle istituzioni soprattutto a livello internazionale che consentano una governance, affinché il diritto all’acqua potabile sia un diritto di tutti e sia resa accessibile a tutti quelli che ne hanno bisogno, alle popolazioni più povere che ne sono più sprovviste.

    D. - Quale deve essere il ruolo dei cristiani per preservare maggiormente l’acqua come bene comune?

    R. - I cristiani devono avere anzitutto il ruolo dei credenti e il ruolo degli onesti cittadini: il ruolo delle persone che, assieme ad altre, si impegnano a trovare le soluzioni efficaci per le quali è necessaria una mobilitazione generale sul piano dell’educazione, sul piano organizzativo, incitando anche la classe politica a non arretrare, a non diminuire la sua responsabilità delegando troppo facilmente la gestione dell’acqua a soluzioni privatistiche, affinché questo bene - seppure può essere gestito con forme pubbliche e private - non venga lasciato solo ai privati.

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    Roma. Congresso delle Acli su crisi e lavoro

    ◊   L’Italia uscirà dalla crisi, ma tra dieci anni la popolazione sarà più povera. Dunque, la priorità deve essere l’occupazione, soprattutto giovanile. Il 24.mo congresso delle Acli, che si è aperto ieri pomeriggio a Roma, affronta il tema del lavoro per aiutare l’Italia a uscire dalla crisi. Nel suo intervento, il segretario generale della Cei, monsignor Mariano Crociata, ha chiesto che “non venga meno il senso del dovere, la correttezza nei compiti istituzionali”. Alessandro Guarasci:

    Possiamo ricostruire il Paese. Il ministro del lavoro Elsa Fornero interviene al congresso delle Acli e parla di uno dei nodi del sistema italiano: la bassa produttività, che si supera con maggiore formazione. Ma servono regole come la riforma del mercato del lavoro, che, secondo il ministro, darà nuova linfa al Paese con l’obiettivo di rafforzare il rapporto tra lavoratore e datore di lavoro. Fornero poi respinge le critiche di aver fatto "macelleria sociale" con le pensioni, perché, ha detto, non si possono fare più debiti. E anche per gli esodati, a giorni ci sarà il decreto. Per il presidente delle Acli, Andrea Olivero, le organizzazioni sociali devono però contare di più in questo processo.

    “Noi crediamo che in questo momento sia importante che le organizzazioni sociali possano essere ascoltate dalla politica e possano dare esse stesse un’impronta al riformismo di cui c’è bisogno. Basta con il riformismo dei tagli lineari, basta anche con il riformismo esclusivamente nella logica del risanamento. Vogliamo anche dire quale modello di Paese vogliamo per il futuro e noi diciamo quale Stato sociale vogliamo”.

    Dal palco del congresso, il segretario generale della Cei, mons. Mariano Crociata, invita ad avere fiducia nel futuro, ma ognuno deve fare il suo dovere.

    “Il rispetto della cosa pubblica è la ricerca sincera del bene comune. Non dobbiamo scoraggiarci ma riprogettare risolutamente il nostro cammino con nuove forme di impegno”.

    E in questo processo, i cattolici possono avere un ruolo fondamentale.

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    Jesuit Social Network: tagliare la spesa sociale non promuove lo sviluppo

    ◊   Investire sui diritti per promuovere lo sviluppo e ripensare il Welfare tra giustizia e crescita effettiva: da questo assunto parte il volume “Diritti in costruzione” edito da Mondadori e realizzato dal JSN-Jesuit Social Network, la rete delle attività in campo sociale della Compagnia di Gesù, in Italia. Un’analisi trasversale frutto dell’interazione diretta tra ricercatori e quelle fasce di popolazione più colpite dai tagli alla spesa per la protezione sociale. A seguire la presentazione della ricerca, presso la sede della nostra emittente, c’era per noi Cecilia Seppia:

    In tempo di crisi i governi tirano la cinghia, limitano le spese, anche quelle destinate ai servizi di Welfare, al sistema previdenziale, dimenticando che non c’è sviluppo né crescita lì dove non si investe sui diritti e che durante l’emergenza è importante non solo esserci ma farsi prossimi e dar voce ai più vulnerabili ai bisognosi, a chi rischia di vedere mortificata la propria dignità: è questo, in sintesi, il pensiero di padre Giacomo Costa curatore del volume e direttore della rivista dei Gesuiti “Aggiornamenti sociali”:

    “Ripartire dai diritti non vuol dire sottrarre risorse a uno sviluppo del Paese, come solitamente si dice. L’immagine che si usa è quella del buco nero: la spesa sociale è quella che assorbe tutte le risorse e le toglie a quello che potrebbe essere invece il Paese attivo, creativo e vivace. Invece no, è proprio investendo in questi diritti che si promuove lo sviluppo. C’è tutto un lavoro culturale, di cultura del Welfare, che è previo e senza il quale è inutile poi concretamente arrivare alla definizione dei livelli di assistenza”.

    Il risparmio sul sociale, inoltre come dimostrano i dati Eurostat non contribuisce ad una soluzione della crisi anzi aumenta il disagio, la disuguaglianza ma non solo, nel medio periodo genera danni molto più grandi. Floriana Cerniglia, tra gli autori del volume, docente di Economia alla Bocconi di Milano:

    “Esiste un’ampia evidenza empirica internazionale che dimostra che laddove le spese sociali sono più basse, più bassi sono i tassi di natalità e più basso è il tasso di occupazione femminile. Ovviamente, questo ha un impatto negativo nella crescita nel medio periodo”.

    Con questo contributo il JSN vuole offrire al Legislatore uno strumento valido per la definizione di norme più adeguate, ma vuole anche accompagnare tutti i soggetti pubblici e privati che partecipano al processo di programmazione e attuazione delle politiche sociali, verso sentieri condivisi. Padre Alberto Remondini, presidente del JSN Italia Onlus:

    “L’obiettivo è proprio quello di promuovere una riflessione ulteriore, un pensiero più raffinato e coerente vicino alle grandi tematiche della giustizia sociale, collegato proprio alle persone in difficoltà. Il nostro modo di procedere con le persone in difficoltà non è tanto quello di fare qualcosa per le persone in difficoltà ma di entrare in relazione profonda per ripensare noi stessi in relazione ai problemi, quindi anche rielaborare e intervenire sull’orizzonte culturale della nostra società nella quale si producono e da cui partono le azioni, le scelte concrete”.

    Il testo parte da storie vere, è scritto avendo di fronte agli occhi le realtà di coloro che il JSN accompagna quotidianamente: anziani, minori disagiati, stranieri, famiglie povere, disoccupati e parte da una considerazione fondamentale: non si possono fare passi avanti nella definizione dei diritti essenziali di assistenza sociale senza riuscire a coniugare il servizio della fede e la promozione della giustizia. Padre Carlo Casalone, provinciale dei Gesuiti d’Italia:

    “Qui si delinea il compito che hanno i credenti, cioè di fare in modo che la fede sia capace di ispirare un agire che non è solo personale ma è anche un agire a livello istituzionale e politico, cioè inteso al bene comune, che compia azioni che possano valere per tutti, che non possano essere immediatamente dedotte dagli articoli della fede, ma che sono ispirate internamente dalla fede e poi declinate in un linguaggio che è comprensibile per tutti, che mediamente è il linguaggio della antropologia, della qualità delle relazioni, degli stili di vita e della qualità, dell’impegno che ciascuno ha nelle istituzioni e nell’orientamento delle istituzioni al bene comune e alla convivenza, non negli interessi particolari. Pensa che questa ricerca abbia la forza di lasciarsi ispirare dalla fede ma di esprimersi in modalità che sono comprensibili e argomentabili da parte di tutti e quindi possano entrare nel dibattito pubblico e in questo modo entrare nel circuito della costruzione democratica e quindi anche nella produzione delle leggi”.

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    Rileggere il Concilio: alla Lateranense, incontro sulla "Dignitatis Humanae" e la libertà religiosa

    ◊   La dichiarazione “Dignitatis Humanae” è stata al centro del quinto incontro del ciclo “Rileggere il Concilio”, che si è svolto all’Università Lateranense. Sulla portata del passo compiuto grazie a questo documento, che ha come oggetto la libertà religiosa, Davide Maggiore ha intervistato mons. Roland Minnerath, arcivescovo di Digione, intervenuto al convegno:

    R. - E’ un passo che non è ancora stato compiuto del tutto, perché è un messaggio al mondo intero: ogni persona umana dovrebbe essere lasciata libera di esercitare il proprio atto di fede, ossia la ricerca del vero Dio, e non essere invece costretta a dover adottare altri criteri ed altri modi di vivere. La fede trascende tutte le frontiere: è questo il messaggio della Chiesa, ossia far capire che gli uomini possono essere uniti, nella loro diversità, in un atto di fede che trascende le appartenenze etniche - e così via - con cui si oppongono. La libertà religiosa, quindi, nel modo in cui viene intesa dalla Chiesa, non ha nulla a che vedere con il relativismo, con una visione delle religioni come fenomeni puramente passeggeri, perché le religioni hanno una rilevanza straordinaria per la vita di ogni società.

    D. - Qual è il rapporto della “Dignitatis Humanae” con le dichiarazioni dei diritti dell’uomo da un lato e le costituzioni degli Stati moderni dall’altro?

    R. - La differenza sta nella concezione che uno ha della religione. Per le dichiarazioni, la libertà religiosa è un fatto individuale. Per noi, invece, la libertà religiosa - come dice il Concilio - consiste nel ricercare la verità che è Dio, aprire cioè il cuore e l’orizzonte della mente al Dio che si rivela. Ed è tutt’altra cosa: la prima visione chiude l’uomo su se stesso, mentre l’altra lo apre al Dio che si fa conoscere. La libertà ci è stata donata perché possiamo raggiungere la verità, ed è questa la dignità della persona umana.

    Dell’importanza storica della “Dignitatis Humanae”, ha parlato, ancora al microfono di Davide Maggiore, anche il prof. Philippe Chenaux, docente di storia della Chiesa alla Lateranense, e direttore del Centro studi sul Concilio Vaticano II della stessa Università:

    R. - La “Dignitatis Humanae” è uno dei testi più brevi, ma direi anche che è uno dei testi più importanti del Concilio Vaticano II. La Chiesa, per la prima volta, riconosce il diritto alla libertà religiosa di ogni persona, e questo diritto viene fondato sul principio della dignità della persona umana. Questo diritto viene definito rispetto allo Stato, ossia come diritto all’immunità di fronte allo Stato. La persona non può essere né costretta, né impedita, in qualche modo, nel credere e praticare la sua religione. Questo non vuol dire che la persona non ha un dovere di ricerca della verità, ma deve farlo liberamente, senza nessun tipo di costrizione.

    D. - Dal punto di vista del Magistero successivo, quali sono stati i frutti della “Dignitatis Humanae”?

    R. - Si pensa, evidentemente, al Pontificato di Giovanni Paolo II, che ha fatto del rispetto della libertà religiosa e dei diritti fondamentali della persona umana uno dei punti centrali del suo insegnamento. Penso che senza questa dichiarazione e senza l’insegnamento del Concilio sulla libertà religiosa, non sarebbe stato pensabile un Papa Wojtyla ed il ruolo che egli ha giocato nella liberazione dei popoli dal comunismo.

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    Cartoline e annullo postale vaticani per il 150.mo della morte di S. Gabriele dell'Addolorata

    ◊   Per celebrare i 150 anni dalla morte di San Gabriele dell’Addolorata, il Santo protettore dei giovani, l’Ufficio Filatelico Vaticano ha emesso oggi un annullo postale e una serie di cartoline che illustrano alcuni dei più antichi "ex voto" presenti nel Santuario a lui dedicato, che è tra i più conosciuti e visitati in Europa. Tante le iniziative e le celebrazioni previste fino a febbraio del 2013 in ricordo di un ragazzo morto prematuramente all’età di 24 anni, che amava ripetere: “la mia vita è una continua gioia”. Quanto è attuale la sua figura? Cecilia Seppia lo ha chiesto a padre Natale Panetta, rettore del Santuario di San Gabriele:

    R. - San Gabriele è così attuale che ogni giorno ci meravigliamo che inviti tante persone a conoscerlo, ad amarlo, a entrare in amicizia con lui. San Gabriele ci vuole portare Gesù, ci vuole portare alla sua Madre Celeste, alla fede. Vuole aiutarci a cercare la pienezza della vita e la gioia vera, cioè quella del cuore. Mi riempie di gioia vedere così tante persone semplici, o anche illustri, che vengono al Santuario, perché vedo quest’ultimo non come una "Basilica nel deserto", ma come un luogo che cerca di essere sede di spiritualità: non cerchiamo di parlare soltanto di un Santo, ma cerchiamo anche di accompagnare le persone verso una spiritualità solida, quella della Chiesa e della fede cristiana.

    D. - Un grande Santuario, che riceve la visita di oltre due milioni di pellegrini all’anno e che è in grado di ospitare dalle sette alle diecimila persone durante le celebrazioni. Quello che sorprende, entrando in questo luogo, sono anche le migliaia di ex voto appese alle pareti. Quindi, San Gabriele come patrono dei giovani ma anche come intercessione per le situazioni di malattia e di disagio…

    R. - Tante persone si affidano a San Gabriele e tante persone riconoscono la sua presenza nella loro vita, anche in alcuni particolari momenti, difficili o dolorosi, di malattia e di sofferenza. Dico sempre che quei quadri non si trovano lì per ricordare qualcosa del passato, ma per ricordare che delle persone sono state segnate anche dalla vicinanza di questo Santo.

    D. - San Gabriele è considerato anche il Santo degli studenti. E, proprio in relazione a questo, ogni anno decine di migliaia di giovani studenti, 100 giorni prima dell’esame di maturità, si recano al Santuario per una celebrazione molto particolare…

    R. - Questa manifestazione dei 100 giorni prima dell’esame è nata in modo spontaneo e colpisce molto, perché sono stati i giovani a essere venuti a San Gabriele - non soltanto dall’Abruzzo ma anche dal centro Italia ormai - a pregare questo Santo-studente come loro e a benedire le penne che useranno il giorno degli esami. Ma vengono soprattutto per dire che la vita è anche un impegno, un rischio, un esame continuo. Confrontarsi con questo Santo, quindi, significa voler imboccare bene la strada giusta nella vita.

    D. - Il Santuario è un luogo considerato benedetto da Dio per tanti motivi: dalla posizione geografica all’attività pastorale che in esso si svolge, ma anche - per esempio - per essere al tempo stesso "scrigno" e "laboratorio", ossia luogo di tradizione e devozione popolare edanche luogo di divulgazione e innovazione. Non dimentichiamoci, infatti, che al suo interno ospita sia il Museo di Arte Moderna e sia la Biennale di Arte Sacra…

    R. - Sicuramente. Mi fa piacere pensare che intorno al Santuario ruotino così tante realtà a livello pastorale e spirituale, ma anche a livello artistico e politico. Pensiamo anche a quella giunta comunale - che ho ospitato - che scelse San Gabriele per incontrarsi e discutere concretamente la situazione di quel Comune. In questo modo, il Santuario diviene anche luogo d’incontro: quando, per i vari Comuni, c’è bisogno di confrontarsi e di discutere delle problematiche della zona, li invito proprio a farlo qui, nella vallata in cui è situato San Gabriele.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Siria: appello del vescovo di Aleppo per una "missione Onu credibile"

    ◊   “La nostra speranza è che la missione degli Osservatori Onu sia credibile, equa, indipendente e agisca da calmiere sulla situazione. Invitiamo tutte le parti in lotta ad accettare gli Osservatori Onu, che vengono senza interessi particolari, e a facilitare il loro lavoro. Speriamo che nessuno ‘abbia timore’ del loro lavoro”. È l’appello lanciato attraverso l’agenzia Fides da mons. Giuseppe Nazzaro, vicario apostolico di Aleppo, che esprime gli auspici della Chiesa siriana sulla missione degli Osservatori Onu. Sui recenti disordini all’Università di Aleppo, il vescovo spiega a Fides: “La mia residenza è a 150 metri dal Campus: ho sentito gli spari. Secondo alcuni, sembra che fossero coinvolti miliziani prezzolati, provenienti da Libia e Afghanistan: questo complicherebbe molto un quadro già difficile, e confermerebbe come il conflitto in Siria sia al centro di una partita geopolitica internazionale”. Intanto, nota, “la popolazione siriana continua a soffrire per il conflitto, specialmente per l’embargo che si riflette sulla gente: la povertà aumenta anche per il clima di insicurezza”. Il vescovo tiene a rimarcare che “come in tutti i conflitti, una parte importante si gioca sul piano dell’informazione e della propaganda: è fondamentale avere una informazione corretta e trasparente, da parte dei mass media locali e internazionali, come abbiamo detto anche nel messaggio della recente assemblea dei vescovi siriani”. Il vicario spera che “il messaggio serva a scuotere la Siria e tutti gli attori internazionali e a dare una reale chance alla pace”. (R.P.)

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    Mozambico: giovane sacerdote ucciso nel corso di una rapina alla missione

    ◊   A Liqueleva, località rurale del Mozambico, è stato brutalmente ucciso nel corso di una rapina alla missione padre Valentim Eduardo Camale, dei Missionari della Consolata. Dall’agenzia Fides si apprende che è stato aggredito da quattro ladri che lo hanno percosso a morte; il corpo è stato ritrovato in una pozza di sangue da padre Fabio Malesa, di ritorno dal lavoro pastorale, e inutile si è rivelata la corsa in ospedale. “Una morte violenta come questa ci lascia sgomenti per la sua atrocità e per l’impotenza che ci rimane dentro” è la voce di padre Stefano Camerlengo, Superiore generale dei Missionari della Consolata. “Non è facile - continua – capire il perché della morte di questo ancora giovane missionario, non è facile giustificare e perdonare chi ha commesso tale azione violenta”. “Invito ogni comunità a ricordare padre Valentim con una celebrazione comunitaria accendendo una candela nel silenzio della preghiera. Lo Spirito Santo sostenga noi e in particolare chi si trova in condizioni di sofferenza, di minaccia, di rischio”. (G.M.)

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    Myanmar: la Chiesa cerca un mediatore di pace fra esercito birmano e Kachin

    ◊   La Chiesa birmana cerca un "mediatore" in grado di raggiungere un "accordo di pace duraturo" fra l'esercito birmano e le milizie ribelli nello Stato settentrionale Kachin, al confine con la Cina, teatro da mesi di una guerra civile fra i due fronti. La Nobel per la pace Aung San Suu Kyi o una personalità di primo piano della comunità internazionale sarebbero "le figure ideali", secondo quanto riferisce all'agenzia AsiaNews mons. Francis, vescovo di Myitkyina. Il prelato conferma l'escalation di tensione e non esclude l'ipotesi di una "importante offensiva" dei militari, che finirebbe per colpire ancor più la popolazione civile, già martoriata da mesi di violenze. Intanto sacerdoti, suore e volontari cattolici si adoperano per portate soccorso ai profughi - oltre 60mila secondo stime Onu, mentre migliaia hanno varcato il confine direzione Cina - fornendo loro riparo, cibo e generi di conforto. Ieri un alto ufficiale del Kachin Indipendence Army (Kia) ha lanciato l'allarme: l'esercito birmano starebbe preparando una "imponente offensiva" contro una roccaforte delle milizie etniche ribelli. Obiettivo dei militari la città di Laiza, nel nord del Myanmar, dove si sono concentrate circa 2mila truppe e armi pesanti in attesa dell'ordine di attacco. Le forze ribelli sarebbero circa 3mila, ma la loro forza è inferiore rispetto al potenziale di fuoco a disposizione dell'esercito birmano. Di recente il governo centrale ha raggiunto accordi di pace con diversi gruppi etnici, nel quadro di un cammino di democratizzazione che dovrebbe interessare le diverse componenti che formano l'Unione del Myanmar. Tuttavia, nel giugno scorso la ripresa dei combattimenti ha spazzato via un fragile cessate il fuoco che durava da 17 anni; a nulla sono serviti, finora, gli ordini del presidente Thein Sein all'esercito di fermare l'offensiva e sei round di colloqui fra governo e leader Kachin. Interpellato da AsiaNews mons. Francis, vescovo di Myitkyina, auspica l'intervento della comunità internazionale, perché possa "affrontare le due parti e mediare una soluzione". La situazione rischia di precipitare perché "l'esercito invia sempre più truppe", mentre le milizie etniche "cercano di rispondere" con i mezzi a disposizione. "Queste nuove violenze - spiega il prelato - portano ulteriori sofferenze alla popolazione". Al riguardo, egli propone nuovi dialoghi in cui "si faccia parlare la gente" e che vi sia una personalità di primo piano per favorire la pace. Intanto la Chiesa cattolica birmana ha avviato una serie di iniziative per rispondere ai problemi degli sfollati. Nella sola Myitkyina sono aperti tre centri di accoglienza, che "offrono rifugio, cibo, beni di prima necessità" e, sottolinea mons. Francis ad AsiaNews, "anche asili e scuole elementari, perché i bambini possano continuare il cammino educativo. Facciamo quello che possiamo per rispondere alle necessità". Il vescovo non esclude l'ipotesi di una pesante offensiva dell'esercito, ma prega perché possano prevalere pace e dialogo. Egli denuncia anche l'uso di armi pesanti, granate e chimiche, che "fanno sanguinare o vomitare" le vittime. Invece di garantire la sicurezza, soprattutto nei villaggi più remoti, i soldati compiono crimini e violenze. "Basta violazioni - conclude mons. Francis - perché è la popolazione civile la vera vittima di questa situazione di tensione fra le parti". (R.P.)

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    India: in Madhya Pradesh migliaia di cristiani cancellati dai registri elettorali

    ◊   In diverse elezioni locali in Madhya Pradesh, molti cristiani sarebbero stati cancellati dai registri elettorali, per favorire i candidati del Bharatiya Janata Party (Bjp), partito ultranazionalista indù al governo nello Stato. È l'accusa mossa dall'Isai Mahasangh (Im), un forum ecumenico cristiano, che ha presentato una petizione alla Commissione elettorale indiana perché chiarisca i fatti. Secondo l'Im, i brogli sarebbero avvenuti in zone ad alta densità cristiana. Nelle città di Jabalpur, Gwalior, Bhopal e Indore - riferisce l'agenzia AsiaNews - qualcuno avrebbe cancellato dalle liste circa 10mila nomi ciascuna. Il caso è esploso durante le elezioni locali di Bhopal. Richard James, presidente dell'Im nel distretto, racconta ad AsiaNews: "Quando abbiamo controllato i registri elettorali, abbiamo notato che mancavano i nomi di diversi cristiani. E non è la prima volta". Un fatto simile, spiega, era già accaduto ai suoi genitori: "Vivono a Bhopal dal 1985 e sono risultano nei registri in modo regolare. Eppure, alle elezioni del 2008 non hanno potuto votare, perché i loro nomi erano spariti". Per Sajan George, presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic), "è vergognosa" questa forma di discriminazione nei confronti dei cristiani. "Non sono sufficienti le aggressioni dei gruppi ultranazionalisti; adesso, anche membri dell'amministrazione sono coinvolti in nuove forme di discriminazione". (R.P.)

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    Consiglio d’Europa: allarme sull’aumento delle tendenze razziste e xenofobe

    ◊   In quasi tutti i Paesi europei aumenta l’intolleranza nei confronti di immigrati e minoranze, legata prima di tutto all’incertezza economica del momento. È il dato preoccupante che arriva dall’Ecri, organismo del Consiglio d’Europa incaricato di monitorare i fenomeni di razzismo nei 47 Paesi aderenti. “L’Europa impari a gestire la diversità, soprattutto nei periodi di crisi. Altrimenti si dovrà rinunciare al potenziale economico che l’emigrazione ci fornisce”, è il monito. Alla riduzione delle prestazioni sociali e delle offerte di lavoro - è spiegato nel rapporto annuale dell’Ecri - segue infatti un aumento di xenofobia. L’incapacità, da parte di alcuni Paesi, di gestire i flussi migratori ha portato a respingimenti troppo affrettati o a pessime condizioni di accoglienza. Da qui la necessità di sensibilizzare le autorità nazionali. “Tutti i governi europei devono essere coscienti che la lotta al razzismo è essenziale per costruire una società davvero democratica” ha detto il neo presidente dell’Ecri, il giurista ungherese Jeno Kaltenbach, alla presentazione del rapporto. “Ad essere maggiormente penalizzati, in caso contrario, saranno le persone più deboli e vulnerabili. Una società progredita si preoccupa di tutti i cittadini. Bisogna combattere gli stereotipi”. Nel rapporto si passa in rassegna anche il ruolo giocato dai mass media, troppo spesso utilizzati da estremisti per veicolare messaggi di aperta ostilità nei confronti degli immigrati. (G.M.)

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    Perù: sei mesi di pioggia intensa hanno causato 53 morti e 260 mila senza tetto

    ◊   Dal novembre dello scorso anno, quando le piogge hanno cominciato a cadere, fino a questi ultimi giorni, considerando le 25 regioni di tutto il Paese, il totale dei disastrati è molto alto: 53 morti e più di 260.000 senza tetto. La notizia, inviata all'agenzia Fides dalla radio cattolica Onda Azul di Puno, riporta i dati contenuti nel rapporto dell'Istituto nazionale della Difesa Civile (Indeci), sulle conseguenze delle piogge cadute abbondanti negli ultimi 6 mesi: 53 morti, 267.391 senza tetto, 9.383 case distrutte. Alcune zone di montagna della "sierra", come viene chiamata tutta la parte centrale delle Ande che percorrono il Paese da nord a sud, sono considerate “a rischio valanga” quando le piogge sono abbondanti, come è successo in questi ultimi mesi. Ancora non sono stati elaborati i dati relativi alle perdite nel campo dell'agricoltura, perché sono stati moltissimi i campi coltivati distrutti o portati via dai fiumi e dalle valanghe in molte zone del Paese, causando enormi perdite agli agricoltori. Solo meno di 15 giorni fa, il capo del Centro delle Operazioni di Emergenza (Coe) di Puno aveva informato che erano più di 100 gli ettari coltivati rovinati dalla grandine e dalle forti piogge cadute nella regione di Puno. Solo nella regione di Puno, altopiano andino a sud, l'Indeci aveva contato 15 morti, 25.834 senza tetto e 133.424 famiglie con gravi danni. (R.P.)

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    Haiti: ancora centinaia di migliaia di sfollati dopo il terremoto del 2010

    ◊   Sono ancora 421.000 gli haitiani costretti a vivere in alloggi di fortuna, a seguito del devastante sisma del gennaio 2010. Come riporta l’agenzia Misna, i nuovi dati arrivano dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, dati che rilevano però una diminuzione dei senzatetto. Ad oggi, il 73% di essi ha lasciato gli accampamenti allestiti per fronteggiare l’emergenza; nel luglio i campi erano in totale 1555, oggi sono 602. In questo sono stati determinanti due programmi di sussidi rivolti agli sfollati; il primo mirato a contribuire alle spese di affitto, grazie al quale ciascuna famiglia ha ricevuto circa 500 dollari per trovare una nuova casa, il secondo, opera del governo, che ha visto tornare molte persone ai loro quartieri d’origine grazie allo smantellamento di alcuni insediamenti nella capitale. Entro i prossimi mesi l’amministrazione locale conta di sgomberare anche la piazza di Champs de Mars. (G.M.)

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    Colombia: 10 anni fa la strage delle Farc di 78 fedeli rifugiatisi in una chiesa

    ◊   “Malgrado la presenza delle forze dell’ordine, ci sono ancora bande criminali nel nostro piccolo centro e quindi il rischio di scontri perdura”. A parlare è padre Antún Ramos, parroco della chiesa di San Paolo Apostolo a Bojayá, 380 km a nord di Bogotà, dieci anni dopo la strage di civili compiuta dalle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (Farc) scontratesi con un gruppo di paramilitari. Come riporta l’agenzia Fides grazie ad una testimonianza di una radio locale, furono 78 i fedeli rimasti uccisi, di cui 48 bambini, rifugiatisi in chiesa per sfuggire agli attacchi. Secondo la testimonianza di padre Ramos, le Farc cominciarono a lanciare granate una delle quali andò a colpire proprio la chiesa. Lo stesso giorno fu presa di mira anche la casa delle suore Missionarie di Sant’Agostino, dove ci furono molti feriti tra quei civili che lì si erano nascosti per sfuggire ad altre bombe. (G.M.)

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    Staminali adulte: illustrati a Bratislava nuovi metodi di trattamento delle malattie

    ◊   Presentare i diversi aspetti del futuro della medicina rigenerativa in relazione all’uso delle staminali adulte e di quelle prelevate dal sangue del cordone ombelicale. Questo, riferisce l'agenzia Sir, il “cuore” della conferenza internazionale organizzata dall’europarlamentare Miroslav Mikolasik e tenutasi nei giorni scorsi a Bratislava. “Al giorno d’oggi si possono curare 70 malattie con questo tipo di cellule - ha spiegato Mikolasik, anche copresidente dell’Intergruppo sulla bioetica al Parlamento europeo -. È probabile che il trattamento della sclerosi multipla e della paralisi cerebrale infantile si aggiungano presto alla lista”. Tante le personalità, sia slovacche che straniere, che hanno illustrato i nuovi metodi legati al trattamento delle malattie mediante l’utilizzo delle staminali adulte. “Come dimostrano i risultati delle moderne ricerche biomediche, il tessuto e il sangue del cordone ombelicale, il midollo spinale e il tessuto adiposo sono molto promettenti nella cura delle malattie” è la voce del professor Colin McGuckin, la cui équipe fu la prima al mondo a creare un fegato artificiale partendo da staminali prelevate dal cordone. (G.M.)

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    Civiltà Cattolica: Giornata sul grande scrittore inglese Chesterton

    ◊   “Chesterton Day”: è l’iniziativa promossa dal “Chesterton Institute”, “La Civiltà Cattolica” e l’associazione “BombaCarta”. Sabato 12 maggio, alle ore 15, nella sede della Civiltà Cattolica (Roma, via di Porta Pinciana, 1) si terrà il “Seminario Chesterton”. Modera il prof. Andrea Monda, presidente di “BombaCarta”. L’evento è un’occasione di confronto e dialogo tra studiosi e appassionati dello scrittore inglese. La partecipazione è libera e aperta a tutti gli interessati. Alle ore 18, seguirà la tavola rotonda sul tema: “G. K. Chesterton come essere un uomo vivo”. Interverrà, tra gli altri, padre Ian Boyd, presidente del “Chesterton Institute”. Modera: padre Antonio Spadaro, direttore de “La Civiltà Cattolica”. Saranno presenti la Società Chestertoniana Italiana, esperti e i principali editori delle opere di Chesterton in italiano. (A.G.)

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    Italia. Giornata contro la pedofilia. Napolitano: misure più incisive

    ◊   Porre in atto strategie di intervento sempre più incisive. Lo chiede alle istituzioni e alle forze dell’ordine il capo dello Stato italiano, Giorgio Napolitano, nel messaggio inviato alla Fondazione Barbareschi promotrice della odierna quarta Giornata nazionale contro la pedofilia e la pedopornografia. In mattinata, un incontro alla Camera tra esponenti del governo e rappresentanti di diversi settori sociali ed ecclesiastici impegnati in materia ha portato alla luce quanto occorre ancora fare a livello legislativo, in primo luogo ratificando la Convenzione di Lanzarote sugli abusi, a livello di prevenzione, partendo dalla consapevolezza che il diritto dell’infanzia e dell’adolescenza non è un diritto minore. Per il ministro della Giustizia, Paola Severino, intervenuta al dibattito, fondamentali sono inoltre la sinergia multisettoriale e l’armonizzazione anche in sede europea delle leggi a tutela dei più piccoli. (A cura di Gacriella Ceraso)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 125

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

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