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Sommario del 01/05/2012
Festa di San Giuseppe Lavoratore. Il Papa: obiettivo prioritario, garantire l’accesso al lavoro
◊ Oggi, primo maggio, la Chiesa celebra la Festa di San Giuseppe Lavoratore. La ricorrenza, istituita da Pio XII nel 1955 per dare un senso cristiano alla Giornata internazionale del lavoro, cade in un momento di grave crisi che vede, secondo gli ultimi dati, oltre 200 milioni di disoccupati nel mondo. Benedetto XVI, in sette anni di Pontificato, ha dedicato molti suoi interventi alla questione del lavoro. Ce ne parla Sergio Centofanti:
Per il Papa, nelle politiche economiche “la priorità va data ai lavoratori e alle famiglie”: infatti “il primo capitale da salvaguardare e valorizzare” è proprio l’uomo. Quindi – afferma – obiettivo prioritario dei governi sia garantire l’accesso al lavoro e il suo mantenimento per tutti. Il suo pensiero si rivolge ai disoccupati e ai precari:
"Cari lavoratori e lavoratrici... la Chiesa sostiene, conforta, incoraggia ogni sforzo diretto a garantire a tutti un lavoro sicuro, dignitoso e stabile. Il Papa vi è vicino, è accanto alle vostre famiglie, ai vostri bambini, ai vostri giovani, ai vostri anziani e vi porta tutti nel cuore davanti a Dio". (Discorso ai partecipanti al pellegrinaggio della diocesi di Terni, 26 marzo 2011)
Benedetto XVI denuncia le speculazioni e parla di un “cattivo utilizzo” della finanza che “ha danneggiato l’economia reale”; sottolinea che negli ultimi anni è cresciuta “una classe cosmopolita di manager, che spesso rispondono solo alle indicazioni degli azionisti”. Tra le cause della crisi c’è l'attaccamento al denaro:
“L'avarizia umana è idolatria. Noi dobbiamo denunciare questa idolatria che sta contro il vero Dio e la falsificazione dell'immagine di Dio con un altro Dio, «mammona». Dobbiamo farlo con coraggio ma anche con concretezza". (Incontro con il clero romano, 26 febbraio 2009)
E il Papa parla contro lo sfruttamento dei lavoratori, in particolare degli immigrati, usati spesso come “merce”, chiede che il lavoro, soprattutto per le donne, sia armonizzato con la famiglia, e che sia rispettato il riposo domenicale, perché l’uomo non deve essere schiavo del lavoro. La crisi attuale, tuttavia, può diventare un’opportunità per rivedere i modelli di sviluppo e gli stili di vita:
“Forse mai come oggi la società civile comprende che soltanto con stili di vita ispirati alla sobrietà, alla solidarietà ed alla responsabilità, è possibile costruire una società più giusta e un futuro migliore per tutti”. (Discorso agli amministratori del Lazio, 12 gennaio 2009)
Il lavoro per i cristiani diventa anche preghiera quotidiana, come faceva Gesù: il Figlio di Dio – ricorda il Papa - si è dedicato “per molti anni ad attività manuali, tanto da essere conosciuto come il figlio del carpentiere”. E Benedetto XVI affida tutti i lavoratori al loro patrono, San Giuseppe, e indica il suo stile:
“Dall'esempio di San Giuseppe viene a tutti noi un forte invito a svolgere con fedeltà, semplicità e modestia il compito che la Provvidenza ci ha assegnato”. (Angelus del 19 marzo 2006)
Nel mese dedicato alla Madonna, Benedetto XVI chiede di pregare per i missionari
◊ Entriamo oggi nel mese dedicato alla Madonna, ricordando l’intenzione di preghiera di Benedetto XVI “perché Maria, Regina del mondo e Stella dell’evangelizzazione, accompagni tutti i missionari nell'annuncio del suo Figlio Gesù”. Ma come nasce la tradizione del mese mariano nella Chiesa? Roberta Gisotti lo ha chiesto a padre Salvatore Perrella, dell'Ordine dei Servi di Maria e preside della Pontificia Facoltà Teologica Marianum:
R. - Dobbiamo dire che il popolo cristiano, sia di Oriente che di Occidente, ha sempre pensato di dedicare dei giorni della settimana o un particolare mese alla Vergine. Con il Concilio Vaticano II, il mese di maggio è mese del popolo a Maria; è il mese dei fiori; è il mese del sole: è tutto un rinascere. “Onorare Maria, venerare Maria nell’ambito del culto cristiano - diceva Paolo VI - è un dovere della Chiesa, è un dovere dei cristiani”. Soprattutto per i cristiani il mese di maggio è il mese in cui ci si ricorda di avere una Madre, bella, buona, santa, che invita a guardare il sole, che è Cristo.
D. - In tempi difficili per i cristiani perseguitati in tanti luoghi del mondo, Benedetto XVI chiede speciali preghiere a Maria per i missionari. Padre Perrella quanto è importante pregare la Madonna?
R. - E’ essenziale per il cristianesimo avere un riferimento umano e santo, che è la Madre di Gesù. Pregare Maria, pregare come Maria, pregare con Maria sono le indicazioni che vengono dalla riforma del Concilio e dalla Marialis cultus di Paolo VI, che Benedetto XVI sa bene. Infatti nella sua predicazione mariana, Papa Benedetto ci insegna che Maria è Madre del cristianesimo, perché Discepola, perché Donna della Parola, perché Donna della Preghiera. Quindi Maria è impegnata - come fu impegnata nella vita, è impegnata nell’eternità - a seguire con materna mediazione tutti i suoi figli, soprattutto quelli che a motivo della fede vengono oppressi, vengono uccisi, vengono discriminati. E’ giusto, quindi, pregare per questi veri testimoni della fede e Maria ha a cuore i testimoni della fede, come il Papa stesso ci ha indicato nel motus proprio Porta Fidei: Maria prega, prega sempre, incessantemente, ma soprattutto chiede a noi non solo di pregare, ma di essere operosi nella carità e operosi tutti nel testimoniare la validità del Vangelo di Cristo, che è un Vangelo di pace, un Vangelo di tolleranza, ma è anche un Vangelo di identità. Noi siamo figli di Dio in Gesù Cristo e Maria lo ricorda, come lo ricordano questi testimoni della fede, che in questi ultimi tempi vengono angariati da fondamentalismi inaccettabili, antiumani oltre che antireligiosi.
D. - Padre Perrella, possiamo dire che la devozione popolare alla Madonna sempre così viva, in qualche modo travalica i confini tra fede, ragione, sentimento?
R. - La vera devozione - dice il Concilio - nasce dalla vera fede e la fede che cos’è se non un’adesione intellettuale e cordiale al Dio che si rivela. Quindi mettere insieme ragione, fede, sentimento indica l’integralità dell’uomo nell’approcciarsi al suo Dio. E, l’esempio di Maria che, con ragione, con fede, con sentimento, ha servito il Mistero di Cristo ci dice che l’anima della devozione mariana è proprio questa armonizzazione integrale di tutte queste possibilità, che è nell’umano di incontrare il Signore. Quindi non c’è assolutamente discrasia tra queste tre componenti nella persona. La ragione: noi vogliamo conoscere e non solo vogliamo conoscere, noi vogliamo ragionare su Dio, anche se Gesù ci dice che i suoi pensieri non sono i nostri pensieri. Ecco che c’è bisogno: non basta la ragione, ma ci vuole la fede, perché la ragione e quindi il pensiero venga sintonizzato in questo accogliere la rivelazione divina. E poi il sentimento: non dimentichiamoci che Cristo si presenta come mite e umile di cuore; quindi la cordialità, l’affetto, l’amore, la carità, l’agape sono parti essenziali dell’esperienza religiosa e che nella devozione retta, genuina, che sa bene distinguere il Creatore dalla creatura, questi tre elementi possono e devono essere armonizzati. Com’è l’auspicio di Benedetto XVI.
◊ Il Papa ha nominato vescovo ausiliare della Diocesi di Saint-Jérôme (Canada) il rev. Raymond Poisson, finora parroco dell’unità pastorale Sainte-Marguerite-d’Younville, diocesi di Saint-Jean-Longueuil, assegnandogli la sede titolare vescovile di Gegi. Il rev. Raymond Poisson è nato il 30 aprile 1958 a Saint-Hyacinthe (Québec). Ha compiuto gli studi presso il Seminario della Santissima Trinità a Saint-Bruno e presso il Collège André Grasset. E’ stato ordinato sacerdote il 9 dicembre 1983 per la diocesi di Saint-Jean-Longueuil. Ha ottenuto il Baccalaureato presso la Facoltà Teologica di Montréal. Dal 1987 al 1989 ha studiato presso la Pontificia Università Gregoriana, ottenendo il Dottorato in Teologia. Dopo gli studi compiuti a Roma è stato nominato segretario particolare del vescovo di Saint-Jean-Longueuil, mons. Bernard Hubert, ricoprendo anche l’incarico di vicario e poi parroco di Saint-Georges nella città episcopale. Dal 1995 al 2007 è stato nominato parroco della concattedrale di Saint-Antoine de Padoue. Attualmente il Rev.do Poisson è parroco dell’unità pastorale Sainte-Marguerite-d’Younville e rettore della Basilica di Sainte-Anne de Varennes.
Anniversario di Beatificazione di Papa Wojtyla. Le “sentinelle del mattino” tornano a Tor Vergata
◊ Ricorre oggi il primo anniversario di Beatificazione di Giovanni Paolo II. Per celebrare questa ricorrenza, si è tenuta - ieri sera a Tor Vergata - una Veglia di preghiera, promossa dalla diocesi di Roma. Un evento gioioso, presieduto dal cardinale vicario Agostino Vallini, a cui hanno partecipato centinaia di giovani romani e d’Europa. La Veglia, nel luogo della memorabile Gmg di Roma, è stata seguita per noi da Alessandro Gisotti:
“Chi sta con i giovani, resta sempre giovane”, aveva detto Giovanni Paolo II a Tor Vergata nella Gmg del Duemila. Sono passati dodici anni e i ragazzi di ieri e i giovani di oggi si sono ritrovati assieme per ringraziare Karol Wojtyla, ad un anno dalla sua Beatificazione. Sotto la grande Croce, simbolo del Giubileo dei giovani, c’erano innanzitutto i “veterani” della Gmg di Roma. C’è chi è arrivato con la famiglia, con i bambini nel passeggino:
"Dodici anni fa ero qui, sotto questa stessa Croce, sul palco, con il coro della diocesi di Roma, a cantare insieme a mons. Frisina. All’epoca non ero fidanzata, ero una single, giovane… Oggi, dopo dodici anni, sono qui a ringraziarlo ancora, perché sono qui con la mia famiglia, con mio marito, con mio figlio che si chiama Emanuele Giovanni Paolo. Frutto, questo, di un cammino che ho fatto insieme a lui e questo era il minimo che potessi fare".
Se dunque gli anni passano, l’amore per Giovanni Paolo II non diminuisce. Anzi, si accresce e passa di generazione in generazione. Per molti, giovani e meno giovani, Tor Vergata rappresenta l’inizio di una nuova vita. Per questo, è bello essere di nuovo qui:
"Noi facciamo parte del gruppo dei meno giovani… Già dal Giubileo del Duemila, per noi che siamo a Roma, è stato fondamentale aprire le porte a Cristo, con tutta la manifestazione che c’è stata dei giovani, che ha invaso Roma. A me è accaduto veramente questo: aprire un po’ le porte del cuore… E’ stato un rifiorire!".
"Mi viene la pelle d’oca al pensiero di stare qui: io ero qui nel Duemila, alla veglia di Tor Vergata… Un momento che ha cambiato la mia vita, che ha fatto maturare la mia fede, che mi ha fatto vedere veramente cosa fosse la fede e perché la fede potesse essere al centro della mia vita".
Nella sua omelia, il cardinale Agostino Vallini, ha rievocato il messaggio di speranza che Papa Wojtyla consegnò ai giovani a Tor Vergata. In un tempo di crisi, come quello attuale, ha aggiunto, dobbiamo avere fiducia nel Signore, essere “generosi” con Lui. Quindi, si è soffermato sul “segreto” della vita di Karol Wojtyla:
"Quale è stato il segreto di Giovanni Paolo II ? Credo di poter dire: l’unità tra la fede e la vita. Egli è vissuto per Dio e per l’uomo da portare a Dio, perché fosse felice".
Il clima che si respirava alla Veglia di ieri sera era quello consueto delle Giornate Mondiali della Gioventù: un insieme di prorompente allegria ed intensa spiritualità. A ricreare lo spirito delle Gmg ha contribuito anche la presenza di 400 giovani europei, riuniti nel Simposio internazionale degli universitari:
“Es un evento muy importante, el primero que hay in Italia. Creo que es increíble…
“E’ un evento molto importante – sottolinea una ragazza spagnola – credo che sia incredibile, veramente… Un’esperienza unica! E’ vivere intensamente la fede… Io lo raccomanderei a tutti i giovani”.
“It's very, very important because we remember all the good things…
“E’ importante, molto importante essere qui – ci dice un ragazzo irlandese – perché ci permette di ricordare tutte le cose belle che il Papa ha detto … E’ molto importante. Credo – soggiunge - che aiuti i giovani a comprendere la missione della Chiesa e l’annuncio del Vangelo”.
“C’est un grand, un grand moment pour nous, parce que c’est symbolique…
“E’ un grande, grande momento – confida con emozione un ragazzo francese – E’ simbolico ritrovarci tutti qui per l’anniversario della Beatificazione di Giovanni Paolo II: un grande Papa, che ha amato molto Maria. Personalmente io sono molto vicino a Maria e questo Papa mi ha molto toccato…”.
Le “sentinelle del mattino” sono, dunque, tornate a Tor Vergata per pregare, testimoniare la loro gioia e per rinnovare l’impegno a dire al mondo di non avere paura, di aprire anzi spalancare le porte a Cristo.
◊ Manifestazioni in tutto il mondo oggi per la Giornata internazionale del lavoro. La crisi sta colpendo anche l’Italia che registra l’aumento del tasso di disoccupazione al 9,7%. In questo contesto, le Acli, le Associazioni cristiane dei lavoratori italiani, promuovono a Roma, dal 3 al 6 maggio, il loro 24° Congresso nazionale sul tema “Rigenerare comunità per ricostruire il Paese, artefici di democrazia partecipativa e buona economia”. Un titolo che punta in alto, come afferma il presidente delle Acli, Andrea Olivero, al microfono di Federico Piana:
R. – Sì, abbiamo deciso di puntare alto con questo congresso, perché riteniamo che il tema della rigenerazione della comunità sia un tema cruciale, fondamentale per poi ridare respiro al nostro Paese e poter far sì che le tante riforme di cui sentiamo parlare in questi giorni trovino una loro cornice ideale in un progetto di società, in un progetto di crescita che non può essere soltanto, appunto, nei numeri del Pil ma deve vedere maggiore occupazione, deve vedere maggiori tutele e maggiori diritti per le persone.
D. – Rigenerare comunità per ricostruire il Paese: in che modo si possono rigenerare queste comunità, secondo le Acli?
R. – Bè, innanzitutto contrastando la deriva individualistica. Noi abbiamo, in questi anni, assistito – via via – allo sgretolamento della comunità a causa di questa ideologia potente che si è fatta strada e che anche nello stesso mondo del lavoro, in molti casi ha portato le persone a leggersi soltanto come soli, come atomi: lo stiamo vedendo drammaticamente anche in questi giorni, in queste ore, con i tanti casi di suicidio o comunque di disperazione individuale: non si crede più al fatto che si possano trovare soluzioni comuni. Invece, noi continuiamo a riaffermare che bisogna, all’interno della comunità, farsi carico collettivamente i problemi e cercarne le soluzioni.
D. – Quali sono le soluzioni, secondo voi?
R. – Innanzitutto, andare a costruire economia civile. Come ha detto Papa Benedetto XVI nella Caritas in veritate, è questa la grande sfida dell’oggi. Cioè, fare in modo che le imprese – le nuove imprese – si assumano le responsabilità sociali, siano connesse alla comunità e abbiano anche una ridistribuzione maggiore del reddito. Una seconda proposta che noi avanzeremo sarà quella di un piano straordinario per l’occupazione giovanile. Io credo che tutti siamo disposti ad assumerci ancora dei pesi, di fare ulteriori sacrifici se siamo certi che qualcuno ne trarrà beneficio, in particolar dei più giovani, le generazioni che, appunto, oggi stanno patendo più di tutti la crisi. Il terzo elemento è quello di vedere il welfare non come un costo ma come un investimento per la società. Noi sappiamo che senza coesione sociale non si cresce e, soprattutto, si vive male. Noi pensiamo che oggi, con una maggiore ridistribuzione del reddito, con scelte naturalmente coraggiose e – ci rendiamo conto – anche difficili, ma necessarie si può tentare di uscire dalla crisi.
Questo primo maggio sarà ricordato, in Italia, anche per l’alto tasso di suicidi tra gli imprenditori: 23 dall’inizio dell’anno secondo la confederazione degli artigiani di Mestre. Ma il fenomeno riguarda anche i lavoratori dipendenti: solo l’altro ieri, il caso di un portinaio che si è tolto la vita dopo esser stato licenziato. Alessandro Guarasci ha sentito l’opinione di Carlo Costalli, presidente del Movimento Cristiano Lavoratori:
R. – Credo che il momento vada affrontato con un grande senso di responsabilità. Il Paese ha bisogno di riforme e ha bisogno di una ripresa economica, ma senza riforme credo che la ripresa si attarderà ancora di più.
D. – Lei ha parlato di riforme: basta quella sull’articolo 18 oppure serve qualcosa di più radicale, di più incisivo?
R. – Se vogliamo acquisire investimenti – e l’Italia di investimenti ne ha veramente bisogno – la riforma del mercato del lavoro va sicuramente fatta. Personalmente, credo che sull’articolo 18 abbiamo fatto troppe battaglie ideologiche, e credo che i posti di lavoro non si garantiscano solo con tutele legislative. C’è necessità di ripresa, c’è necessità di una grande ripresa, anche, della contrattazione e di relazioni industriali innovative.
D. – Finora siamo stati molto ancorati ai cosiddetti “sacrifici”. C’è chi dice che manca un piano di sviluppo concreto …
R. – Io credo che il governo fino adesso si sia mosso nella linea giusta. Però, adesso siamo veramente ad un punto di non ritorno. Credo che sia assolutamente indispensabile che ci siano investimenti anche pubblici per rimettere in movimento l’economia italiana. Vedo che, a livello europeo, su questo tema da qualche giorno ci sono posizioni più convinte e più unitarie.
Le diocesi lombarde: dalla crisi del lavoro si esce guardando all’etica
◊ “La persona è il soggetto irrinunciabile del mondo del lavoro, titolare di diritti e doveri implicati dalla sua stessa dignità”: è quanto affermano gli Uffici di Pastorale sociale e del lavoro della Lombardia che in occasione dell’odierna Festa del Lavoro hanno pubblicato uno speciale documento. Nel testo, si invita a non guardare al lavoro solo in un’ottica economicistica, ma a cercare soluzioni immediate alla crisi attuale partendo da principi etici. Isabella Piro ne ha parlato con don Walter Magnoni, responsabile del Servizio per la pastorale sociale e il lavoro della diocesi di Milano:
R. - La crisi può diventare occasione di discernimento e di nuova progettualità. La crisi ci obbliga a darci nuove regole in una chiave che deve essere fiduciosa, piuttosto che rassegnata. Non si può pensare sempre in una logica economicistica: il cuore della crisi è etico, morale, legato a logiche di perdita di centralità della persona.
D. - Il documento guarda anche avanti, al VII Incontro mondiale delle famiglie che si terrà a Milano tra un mese?
R. - Il titolo dell’Incontro mondiale delle famiglie è “La famiglia: il lavoro e la festa” e quindi non si può non ritrovare una centralità del lavoro per il sostegno della famiglia e anche per recuperare poi la festa, e quindi la domenica, come giorno in cui le famiglie possono vivere senza la preoccupazione del lavoro.
D. - In preparazione alla festa del primo maggio, nella diocesi di Milano e nelle diocesi lombarde, si sono tenute delle veglie di preghiera. Perché oggi si avverte così tanto il bisogno di pregare per il lavoro?
R. - Pregare per il lavoro significa non deresponsabilizzarsi, ma affidare anche al Signore una questione grande del mondo di oggi. Noi preghiamo per il lavoro e, in generale, preghiamo per i lavoratori, quindi la centralità resta quella della persona. Per noi, è necessario sostenere le persone che oggi vivono soprattutto un tempo di precariato.
D. - La prima veglia di preghiera per il lavoro si tenne nel 1980. Come è cambiata, in più di trent’anni, la percezione del lavoro?
R. - Il grande cambiamento - Benedetto XVI ce lo suggerisce nella Caritas in veritate – si chiama globalizzazione: in questi trent’anni, noi sempre abbiamo sentito la necessità di continuare ad affidare al Signore le sorti degli uomini e delle donne che vivono nella realtà del lavoro, un lavoro che sta cambiando, che è in evoluzione, ma che resta sempre parte della quotidianità e della vita delle persone. Il lavoro non è semplicemente qualcosa che poi porta, a fine mese, uno stipendio, ma è anzitutto un qualcosa che permette alle persone di dare un senso al loro esistere, al loro identificarsi, e questo noi lo vogliamo custodire.
D. - Qual è il contributo della Chiesa per uscire da questa crisi?
R. - Dalla crisi si esce insieme. Si esce insieme proprio perché sentiamo che è importante, ad esempio, per le persone che oggi vivono la mancanza di lavoro, che non si sentano sole e che come Chiesa noi capiamo che la mancanza del lavoro non è un problema che riguarda solo chi non ha lavoro, ma che ci tocca tutti. La Caritas in veritate dice che l’estromissione dal lavoro per lungo tempo mina la libertà e la creatività della persona e i suoi rapporti familiari e sociali con forti sofferenze sul piano psicologico e spirituale. E, ahimé, la situazione per cui abbiamo visto persone di diversi ceti sociali che, a causa della crisi lavorativa, si sono tolte la vita, non ci può non portare a sentire ancora di più l’urgenza di pregare per questo.
D. - Il messaggio della Chiesa è comunque un messaggio di speranza…
R. - Assolutamente! Io credo che noi dalla crisi usciremo grazie alla dignità delle persone che non perdono quel senso etico acquisito, persone che hanno compreso che è possibile vivere in maniera diversa. Cioè, dalla crisi si esce, ma si uscirà diversi: si uscirà migliori se si sarà superata una logica eccessivamente consumistica e si sarà invece trovata una via di maggiore solidarietà, di maggiore capacità di conoscere l’altro, di minore attaccamento a “mammona”.
Ban Ki-moon incontra per la prima volta Aung San Suu Kyi
◊ Il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon, oggi a Rangoon in Myanmar, ha incontrato per la prima volta la leader dell’opposizione Aung San Suu Kyi. Nell’occasione, Ban ha salutato come una ''prova di flessibilità in nome della causa superiore del popolo'' la decisione del Premio Nobel per la Pace di giurare in Parlamento con gli altri neo-deputati della Lega nazionale per la democrazia, sbloccando così una contesa che rischiava di minare il clima di distensione creato dalle riforme in atto nel Paese. Rispetto al ruolo dell'Occidente nello scenario birmano, Ban ha affermato che la revoca delle sanzioni politiche ed economiche ''non è sufficiente'', ''la comunità internazionale deve fare di più, deve andare oltre''. Sul processo di normalizzazione in corso in Birmania, Salvatore Sabatino ha sentito il prof. Francesco Montessoro, docente di Storia dell’Asia presso l’Università Statale di Milano:
R. – La normalizzazione è in corso e si è aperta una fase in cui si ha una dialettica relativamente normale. Il dato di fondo è che Aung San Suu Kyi partecipa alla vita politica nazionale e può incidere in vario modo nel suo corso.
D. – Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, in visita in Myanmar, ha esortato il presidente birmano, Thein Sein, e la leader dell’opposizione, Aung San Suu Kyi, a lavorare insieme per portare avanti i cambiamenti necessari al Paese. Sarà possibile una collaborazione, secondo lei?
R. – Secondo me, è probabile che si giunga ad una collaborazione, nel senso che vi sono molte forze interne, intanto, e poi anche internazionali, che fanno pressioni in questa direzione: non soltanto le Nazioni Unite, ma anche la Cina, e non solo gli Stati Uniti, naturalmente.
D. – Quali possono essere gli argomenti su cui sarà possibile poi costruire una discussione?
R. – Intanto la partecipazione al potere, quello che sta accadendo in Birmania o Myanmar, è precisamente questo: l’accoglimento del ruolo, dello spazio politico di quella che era l’opposizione, un accoglimento che i generali birmani hanno accettato nel corso degli ultimi anni. Ciò che è accaduto con la Costituzione del 2008 e con le elezioni del 2010 è una sorta di apertura programmata all’opposizione, naturalmente entro certi limiti.
D. – Il Myanmar ha pagato un prezzo altissimo, in seguito alle sanzioni imposte in questi anni dall’Occidente. Ora che anche questo scoglio sta per essere superato ce la farà ad emergere economicamente? Ricordiamo che, comunque, è uno dei Paesi più poveri al mondo...
R. – E’ uno dei Paesi più poveri al mondo, ma è anche un Paese dotato di risorse e di una posizione strategica ragguardevole e, dunque, probabilmente riuscirà ad inserirsi in un’area, quella dell’Asia orientale, in generale, che è in rapida ascesa.
D. – Proprio su questo fronte, ora che il Myanmar si sta aprendo al mondo, quanto conterà sullo scacchiere asiatico?
R. – In un certo senso, conta relativamente poco e conterà ancora relativamente poco, poiché non è un Paese che abbia una posizione strategica così rilevante da condizionare la politica dei propri vicini. Non bisogna esagerare con il riconoscere al Myanmar un ruolo notevole. Però, è un Paese che ha un suo profilo interessante, soprattutto perché riesce a giocare – e lo ha fatto negli ultimi decenni – con i propri vicini abbastanza bene. Non è mai stato il Myanmar un Paese nelle mani di Pechino, come spesso in maniera propagandistica si è sostenuto. Si tratta piuttosto di un Paese che ha saputo equilibrare il rapporto con la Cina, con l’India e con la Thailandia e, dunque, questo ruolo probabilmente continuerà ad essere svolto.
Matrimoni forzati: le suore di Matará accanto alle ragazze nella Papua Nuova Guinea
◊ Ragazzine barattate in cambio di animali domestici. Vendute per essere date in matrimonio appena adolescenti. Dei matrimoni forzati e della sorte di molte giovani in Papua Nuova Guinea parla suor Maria del Sagrario, religiosa argentina appartenente alle Serve del Signore e della Vergine di Matará – Istituto della Famiglia del Verbo Incarnato. Suor Maria e 5 sue consorelle gestiscono l’ostello femminile “Lujan Home for Girls” di Vanimo, nel Nord del Paese, dove ospitano diciannove ragazze in difficoltà, tra i tredici e i diciannove anni. Le missionarie sono in Papua Nuova Guinea dal 2002 e nel 2009 hanno aperto la casa di accoglienza che, ora, necessita di una ristrutturazione per adeguare la struttura alle nuove esigenze di ospitalità. Per questo, le Serve del Signore e della Vergine di Matará hanno chiesto sostegno ad Aiuto alla Chiesa che Soffre, che - in una nota - ha diramato il loro appello. Giada Aquilino ha intervistato suor Maria del Sagrario:
R. - En Vanimo, las Servidoras del Señor y de la Virgen de Matará…
A Vanimo, le Serve del Signore e della Vergine di Matará hanno due comunità. La prima si trova nel Centro pastorale della diocesi di Vanimo ed è quella per la quale il vescovo locale, mons. Cesare Bonivento, ci ha chiamato qui a lavorare: il nostro lavoro nel centro è dedicato in modo particolare alla formazione dei catechisti, che assicurano una parte del lavoro pastorale nei villaggi della giungla e in tutti quei luoghi in cui il sacerdote riesce ad andare soltanto una volta l’anno. I catechisti si fanno quindi carico di preparare la visita del sacerdote, di formare la gente, affinché sia ben predisposta a ricevere i Sacramenti. Della stessa comunità fa parte anche la parrocchia di Santa Teresa del Bambino Gesù, nella quale siamo impegnate nella pastorale parrocchiale. L’altra comunità, la “Casa di Lujan”, è impegnata invece nell’aiutare le ragazze in difficoltà. Abbiamo lavorato per anni al Centro pastorale di Vanimo prima di riuscire ad aprire questa casa di accoglienza per le ragazze: abbiamo compreso quanto sia importante in Papua Nuova Guinea l’attenzione e la cura delle giovani, delle donne. Uno dei maggiori pericoli che vivono le bambine e le ragazze in Papua Nuova Guinea è di essere vendute anche in tenera età - 14-15 anni - per i cosiddetti “matrimoni forzati”. La nostra priorità è rispondere a questa necessità: cerchiamo di aiutare le ragazze a uscire da questa condizione, le facciamo studiare e cerchiamo di dar loro una formazione e un’educazione umana e cristiana, affinché ritornando nelle loro case siano in grado di affrontare un matrimonio e formare una famiglia.
D. - Questo dei matrimoni forzati è uno dei problemi gravi della Papua Nuova Guinea, riferisce Aiuto alla Chiesa che Soffre, a cui voi avete chiesto sostegno per le vostre strutture e i vostri progetti. Perché si ricorre a tale pratica?
R. - Es uno de los problemas que encuentran las jóvenes en Papua: es una costumbre…
E’ uno dei problemi che incontrano le ragazze in Papua. Questa è un’usanza, è una tradizione del popolo papuano, della cultura stessa del Paese: è il clan dell’uomo che deve comprare la sua futura moglie - colei che desidera sia la madre dei suoi figli - dal clan della famiglia di origine della giovane. Così facendo la donna passa ad appartenere al clan dell’uomo, che farà crescere attraverso i figli che gli darà. Però il problema è che generalmente nessuno consulta o interpella le giovani e questo è soltanto uno dei tanti problemi: perché non solo questa donna viene comprata, ma viene anche forzata a sposarsi. E’ molto difficile riuscire a rompere questa catena. Anche quelle famiglie, quei genitori che sono cristiani e che hanno accettato l’annuncio del Vangelo vivono comunque questa difficoltà, perché la bambina non appartiene soltanto al papà e alla mamma, ma appartiene a tutto il clan. Un’altra difficoltà, al di là della vendita e del matrimonio forzato, alle quali sono sottoposte le bambine è la grave situazione relativa agli abusi sessuali. Nella nostra Casa accogliamo alcuni di questi casi, accogliamo queste bambine che sono state già abusate sessualmente o che rischiano di esserlo. In questi casi lavoriamo congiuntamente con l’ospedale di Vanimo e collaboriamo con la Corte di giustizia della diocesi per cercare di aiutare queste giovani.
D. - Quindi quando queste giovani vengono nei vostri centri che tipo di assistenza fornite? Che tipo di formazione assicurate?
R. - Lo primero es la formación cristiana y también la formación humana: todas las jóvenes…
Anzitutto è una formazione cristiana e anche umana: tutte le giovani che ospitiamo nella nostra Casa di accoglienza frequentano la scuola elementare e superiore, la scuola pubblica, che esiste attualmente a Vanimo. Normalmente le ragazze che arrivano dai villaggi della giungla, nei quali non è prioritario dare una formazione alle donne, malgrado abbiano già 13 o 14 anni si trovano a dover frequentare la terza o la quarta classe delle scuole primarie. Il nostro primo impegno ed aiuto è quello di riuscire ad inserirle a scuola, affinché possano ricevere una adeguata formazione umana, unita ad una formazione cristiana parallela, che viene data loro direttamente dalle religiose del centro.
D. - Suor Maria, lei ha detto che questo dei matrimoni forzati è soltanto uno dei problemi: ma che Paese è oggi la Papua Nuova Guinea?
R. - Toda Papua es muy pobre, especialmente la zona de Vanimo porque Vanimo pertenece…
Tutta Papua è estremamente povera, ma ancora di più la zona di Vanimo, che si trova nel Nord della Papua Nuova Guinea, al confine con l’Indonesia: questa zona è molto, molto povera e la gente vive generalmente di caccia, di pesca e di quanto riesce a coltivare. In quest’area, uno dei grandi problemi è la mancanza di mezzi economici, la mancanza di lavoro e questo fa sì che i giovani, non avendo nulla di cui occuparsi, impegnino il loro tempo bevendo e facendo uso di droghe.
D. - Quale ricchezza può venire allora da queste ragazze di cui vi prendete cura?
R. - Es muy importante porque aquella que …
E’ molto importante perché è la donna che regge la famiglia. La mantiene. E, impegnandoci nella formazione delle donne papuane, potremo riuscire ad avere - per così dire - una nuova generazione di cristiani: formando le ragazze, che sono ospiti nel centro, noi speriamo che possa cominciare a cambiare anche la mentalità in Papua Nuova Guinea, in particolar modo riguardo proprio al riconoscimento della dignità delle donne. Così facendo riusciremmo ad aiutare contemporaneamente non solo le donne, che sono chiamate alla responsabilità della casa, all’educazione e al mantenimento dei figli - come attualmente succede - ma anche i loro figli, perché educandoli potrebbero riuscire a far crescere nell’uomo la responsabilità di accompagnare la donna nella realizzazione della famiglia. La nostra speranza è questa: che possa incrementarsi l’annuncio del Vangelo, che rappresenta una soluzione a questo tipo di povertà, perché un’educazione all’amore e alla verità può far sì che l’uomo incontri Gesù Cristo, restituendo quella dignità che nonostante tutto ancora manca in Papua Nuova Guinea.
Il Meeting dei giovani a Loppiano apre l'anno del Genfest
◊ 42.esimo Meeting dei giovani oggi a Loppiano, in provincia di Firenze, con cui si apre ufficialmente l’anno del Genfest , la manifestazione mondiale di testimonianze, musica e altre espressioni artistiche che, alla sua decima edizione, richiamerà nell’agosto prossimo, a Budapest, migliaia di giovani mossi tutti dalla stessa idea: la fraternità universale. “Let’s bridge”, costruiamo ponti, il titolo. Per saperne di più è attivo il sito www.genfest.org. Il servizio di Adriana Masotti:
In un tempo, attraversato da crisi, che mettono in discussione, a livello globale, economia e stili di vita, certezze acquisite riguardo al presente e al futuro, i “Giovani per un mondo unito” del Movimento dei Focolari, chiamano a raccolta quanti desiderano lavorare per un cambiamento che punti ad un orizzonte di fraternità a tutto campo. Prima occasione il Meeting di oggi. Rafael, giovane brasiliano, tra gli organizzatori dell’evento:
“Il primo maggio c’è sempre questo appuntamento, che facciamo a Loppiano, la cittadella del Movimento dei Focolari, che è già un’espressione del mondo unito. Nel Genfest metteremo in rilievo tutte le cose che facciamo per arrivare al mondo unito. ‘Let’s bridge: costruire ponti’: vogliamo costruire attraverso il dialogo tra religioni, tra culture, tra ricchi e poveri, un dialogo aperto a tutti. E noi non possiamo tirarci indietro: ogni giorno siamo chiamati a voler bene, un voler bene per dare la vita all'altro. Questo - mi pare - è il grande esempio che come cristiano posso dare al mondo, perché Cristo ha dato la vita per me e mi sento proprio di testimoniare con coraggio e con gioia Gesù risorto. Questo mi sembra di poter testimoniare agli altri come giovane, con la mia vita, senza molte parole”.
Durante il Meeting di Loppiano verranno presentate esperienze già avviate. Quali? Risponde Letizia, studentessa di Macerata:
“Una riguarda l’importanza delle scelte e della scelta di ricominciare, dopo i propri errori. Un’altra, riguarda la famiglia: l’esperienza di una famiglia che parla della scelta di sposarsi e delle difficoltà che hanno vissuto nei primi tempi del matrimonio, di come le hanno affrontate e, quindi, anche dell’arrivo dei figli. Ancora, le esperienze che viviamo nelle città, anche a livello politico. Si porta l’esempio di un piccolo gruppo di persone, dunque, che può incidere e cambiare le cose anche a livello politico, per dimostrare che esiste una realtà diversa, rispetto a quella che noi ci ritroviamo a vivere in questo momento di crisi”.
E’ in programma anche il lancio di un progetto concreto, che servirà a raccogliere quanto si sta facendo e si farà in merito alle pratiche di fraternità. Di che cosa si tratta?
Ancora Letizia:
“Questo progetto si chiama ‘United World Project’. Vorremmo puntare a creare un osservatorio permanente, che misuri appunto a 360 gradi lo sviluppo delle pratiche di fraternità e quindi fare un patto e creare una rete tra tutti questi giovani, perché si impegnino a vivere la fraternità universale nel mondo in cui vivono”.
Ma qual è oggi la realtà dei “Giovani per un mondo unito”? Quanti sono, dove sono presenti, qual è la loro attività? Rafael:
“La nostra caratteristica fondamentale è l’universalità: siamo giovani di diversi Paesi del mondo, in cinque continenti, e apparteniamo a diverse etnie, nazionalità, culture, a diverse Chiese, a diverse religioni e alcuni che sono con noi non sono credenti. La maggior parte sono giovani dai 17 ai 30 anni. Noi, attraverso campagne internazionali, manifestazioni pubbliche e tante azioni di solidarietà a livello locale, ma anche a livello mondiale, proviamo a mettere in rilievo questo ideale del mondo unito. Io direi che è proprio un movimento molto largo, in cui portiamo questo spirito che Chiara Lubich, la fondatrice del Movimento dei Focolari, ci ha insegnato. E’ uno spirito, quindi, che coinvolge tante associazioni e tanti altri progetti, che già esistono nel mondo, e mette in rilievo la fraternità universale. Io ad esempio anche a Porto Alegre, la mia città, aiutavo alcune Ong e portavo questo spirito dei ‘Giovani per un mondo unito’, sottolineando questi valori della solidarietà e dell’amore reciproco”.
Ma in che modo i “Giovani per un mondo unito” si rapportano con i loro coetanei, confusi da tanti messaggi e spesso in difficoltà a pensare al loro stesso futuro? Sentiamo Letizia e poi Rafael:
“Credo che l’unico linguaggio universale sia quello dell’amore e comunque quello di condividere degli ideali comuni, volendo il bene dell’altro”.
“Io sento che nel mondo ci sia bisogno di una testimonianza di pace, di unità, di fraternità universale e mi sembra che io posso dare questo agli altri come giovane, con la mia vita, senza tante parole, perché è la vita che convince le persone”.
India: traghetto affondato in un fiume, forse oltre 200 morti
◊ È salito a 200 morti il bilancio delle vittime del naufragio, avvenuto ieri, del battello in navigazione sul fiume Bahmaputra, nello Stato indiano settentrionale di Assam. E mentre prosegue il lavoro dei soccorritori si hanno ancora grandi difficoltà a stabilire con esattezza l'entità della tragedia poiché l’imbarcazione a due piani aveva una capacità di 250 persone, ma apparentemente ne aveva imbarcate circa 500. Inoltre, sembra che i familiari delle vittime abbiano portato via i corpi dei loro cari prima dell’arrivo dei soccorsi. Stando a una prima ricostruzione dei fatti, il battello si è rovesciato ed è affondato rapidamente a causa del peggioramento delle condizioni meteo. (M.G.)
Siria: bombardamenti nella provincia di Idlib, almeno 10 civili uccisi
◊ In Siria, non si fermano le violenze nonostante il dispiegamento degli osservatori dell’Onu presenti sul terreno da oltre due settimane. Stamane, secondo l’Osservatorio siriano dei diritti umani, almeno 10 civili - tra cui 9 componenti di un'unica famiglia - sono rimasti uccisi sotto le bombe lanciate dall'esercito siriano su Jisr al-Choughour, nella provincia di Idlib, nel Nord Ovest del Paese. Nelle stesse ore, 12 soldati governativi sono morti nel corso di violenti scontri con disertori nella provincia di Dei Ezzor, nell'Est. Le vittime di oggi arrivano all’indomani dei sanguinosi attentati che hanno colpito le sedi di due agenzie governative nella città di Idlib provocando almeno 27 morti. Sulla matrice degli attacchi c’è un duro scambio di accuse tra il governo e i ribelli: il primo accusa non meglio precisati terroristi mentre l’opposizione parla di un “trucco” per legittimare la repressione. Gli attentati di ieri sono stati condannati, fra gli altri, dal segretario delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, il quale ha osservato che c'è un miglioramento delle condizioni di sicurezza nelle zone in cui sono presenti gli osservatori dell'Onu, ma ha anche espresso “grave preoccupazione” perchè le violenze continuano. (M.G.)
Mali: militari respingono le milizie fedeli al presidente deposto
◊ A Bamako, capitale dello stato africano del Mali, è tornata la calma dopo gli scontri di ieri sera tra i militari golpisti al potere e la guardia presidenziale fedele all'ex presidente deposto il 22 marzo scorso, Amadou Toumani. Un rappresentate della giunta militare è apparso alla tv nazionale per “rassicurare” la popolazione, affermando che la situazione è "sicura" dopo gli “attacchi” effettuati “con il sostegno di forze interne che sono attualmente detenute”. Gli attacchi hanno interessato la sede della radio-tv di Stato, l’aeroporto e il campus universitario. Testimonianze raccolte dalla stampa locale riferiscono di diversi morti fra cui una studentessa. (M.G.)
Juncker lascia la guida dell’Eurogruppo: "stanco delle ingerenze franco-tedesche”
◊ Il primo ministro lussemburghese, Jean-Claude Juncker, ha annunciato che lascerà la presidenza dell’Eurogruppo in estate quando avrà termine il suo mandato. In un’intervista al settimanale tedesco Der Spiegel, Juncker ha motivato la scelta dicendosi “stanco” delle ingerenze di Parigi e Berlino, che “si comportano - afferma - come se fossero gli unici membri dell'Eurogruppo”. Secondo il presidente dell’organismo che riunisce i ministri delle Finanze degli Stati Ue non tutte le regole funzionano bene in ogni Paese: “Con l'uniformazione distruggiamo l'Europa”. Infine per Juncker la causa principale della difficile situazione attuale è stata una mancanza di coordinamento, in passato, nelle politiche economiche, dovuta anche all'opposizione tedesca e dei Paesi Bassi nelle trattative per i trattati di Maastricht. Le critiche rivolte Francia e Germania non gli hanno impedito, comunque, di indicare il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble quale suo possibile successore: sarebbe, ha detto, “un buon candidato”. (M.G.)
Il cardinale Bagnasco agli universitari europei: cercate Gesù con sincerità
◊ Si è concluso, questa mattina a Roma, il II Incontro europeo degli universitari, che si è svolto nella facoltà di Economia dell’Università di Tor Vergata. Il Meeting, organizzato dalla Sezione Università del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee) e dall’Ufficio per la pastorale universitaria del Vicariato di Roma, ha visto la presenza di oltre 400 universitari provenienti da tutto il Vecchio Continente. “Avere accolto il nostro invito a partecipare a questo incontro - ha detto il cardinale Angelo Bagnasco nella Messa per la conclusione dell'evento - ci riempie di gioia, perché è la testimonianza della vostra vicinanza alla Chiesa e al suo Magistero”. Nel Vangelo di oggi - ha spiegato il vice presidente del Ccee - c’è la domanda: “Sei tu il Cristo?”. "In queste parole - ha affermato il porporato - troviamo l’eco di tanti vostri colleghi, che cercano il senso del loro studio, al di là della professione. Ma per conoscere Gesù bisogna cercarlo davvero, con sincerità e fatica, perché quando l’intelligenza non è libera, la verità non si dona". Il cardinale Bagnasco ha invitato i giovani ad essere avamposti dell’evangelizzazione e ad avere una fede consapevole che non si lascia ingannare dalla non cultura attuale. “Quando avete dubbi - ha concluso - guardate a Roma e la Cattedra di Pietro illumini e guidi sempre la vostra vita”. (A cura di Marina Tomarro)
Messaggio del Primate irlandese per il primo anniversario della Beatificazione di Giovanni Paolo II
◊ “Un testimone eroico della fede, dell’amore e del coraggio” che “ha aiutato i credenti nel mondo a non avere paura di essere chiamati cristiani, di appartenere alla Chiesa e di parlare del Vangelo”. Così il cardinale Primate d’Irlanda Seàn Brady ricorda il Beato Giovanni Paolo II in un messaggio per il primo anniversario della sua Beatificazione. Nel messaggio l’arcivescovo di Armagh si sofferma in particolare sul profondo segno lasciato in Irlanda dal viaggio apostolico di Papa Wojtyla sull’isola nel 1979 ed esprime la sentita gratitudine della Chiesa irlandese “per la visione e la speranza di un uomo straordinario, un discepolo eccezionale di Cristo” e per il suo “sapiente orientamento” ad essa impresso durante la visita. “Volgendo lo sguardo a quelle giornate storiche – afferma – è sorprendente constatare quanto profetico e lungimirante fosse il suo messaggio per noi in quel momento. Forse - osserva il cardinale Brady - se avessimo prestato maggiore attenzione ai suoi moniti contro un’avidità eccessiva e preso a cuore con maggiore solerzia i suoi appelli per porre fine alla violenza, alcuni dei peggiori effetti della nostra attuale crisi economica e l’inutile dolore del nostro violento passato avrebbe potuto essere evitato”. Il messaggio ricorda quindi “l'immensa eredità del suo pensiero e insegnamento”, ma anche la straordinaria dignità con cui affrontò la malattia fino alla morte. Il Primate irlandese conclude quindi invocando l’intercessione del Beato Giovanni Paolo affinché, in questo momento decisivo per la vita del Paese, “ispiri e guidi la Chiesa irlandese sulla via di Cristo: quella della libertà, della speranza e del rinnovamento. (A cura di Lisa Zengarini)
Cristiani in Medio Oriente e primavera araba al centro del convegno della Comece a Bruxelles
◊ “Cristiani nel mondo arabo: un anno dopo la primavera araba”, è il titolo del convegno organizzato dalla Commissione delle Conferenze Episcopali Europee (Comece) a Bruxelles (Belgio) il prossimo 9 maggio. L’evento, di cui riferisce la Fides, farà il punto sulla realizzazione o meno delle attese nate dalla “primavera araba”, sulla democrazia, sul rispetto dei diritti umani e delle minoranze religiose. Della situazione dei cristiani nel mondo arabo parleranno rappresentanti di vari organismi internazionali come l’opera di diritto pontificio “Aiuto alla Chiesa che soffre” (Acs), “Open Doors International” e il “Pew Forum on Religion Public live”. Daranno, inoltre, un prezioso contributo vari testimoni che vivono e operano nel Medio Oriente come mons. Samir Nassar, arcivescovo maronita di Damasco (Siria) e padre Pierbattista Pizzaballa, custode di Terra Santa. “Dopo il cambiamento avvenuto in Egitto, la situazione in cui si trova la Siria indica in maniera inequivocabile come stia trasformandosi il panorama in Medio Oriente. Fino a un anno fa sarebbe stato impensabile prevedere simili scenari”, ha detto padre Pierbattista Pizzaballa. Sul ruolo della Chiesa, il religioso francescano dice: “Stare con la gente, accogliere e assistere chi si trova nel bisogno, senza distinzione di razza, religione e nazionalità. Garantire, con fiduciosa presenza, il servizio religioso ai fedeli perché comprendano l’importanza di restare nel proprio Paese. Questo rimane il senso della missione francescana”. (M.G.)
Ungheria. Iniziati i colloqui tra governo e Chiese sull'educazione religiosa nelle scuole
◊ Sono iniziati i colloqui tra il governo e le Chiese in Ungheria sull'organizzazione dell'educazione religiosa, che sarà proposta facoltativamente durante le normali ore di lezione a partire da settembre 2013, in base alle nuovi leggi sulla pubblica istruzione. Le regole, secondo le quali gli alunni dovranno frequentare una lezione di etica alla settimana o scegliere l'educazione religiosa organizzata dalla Chiesa, varranno – riferisce l’agenzia Sir - per tutte le scuole elementari. L'etica potrà essere insegnata nelle scuole da insegnanti che abbiano svolto un tirocinio formativo di 60 ore. L'educazione religiosa, invece, sarà affidata a insegnanti della Chiesa e catechisti esterni alla scuola. I genitori potranno scegliere tra le lezioni offerte da varie Chiese ungheresi ufficiali. Kornel Papp, direttore dell'Ufficio istruzione della Chiesa Riformata ungherese, ha dichiarato al quotidiano "Magyar Nemze" che i colloqui hanno riguardato le questioni pratiche relative all'organizzazione dell'educazione religiosa. Le linee guida dovrebbero essere pronte entro l'estate.
Inghilterra e Galles. Lanciato un piano triennale dei vescovi per le vocazioni
◊ Si chiama “National Vocations Framework” ed è il piano triennale che la Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles ha promosso allo scopo di aiutare i giovani a scoprire la loro vocazione. L’annuncio è stato dato da padre Christopher Jamison, direttore dell’Ufficio nazionale per le vocazioni, nell’ambito dell’assemblea annuale dei vescovi che si è svolta la settimana scorsa a Leeds. Il progetto – riferisce l’agenzia Sir - si ispira alla domanda posta da Benedetto XVI ad adolescenti e studenti universitari durante il suo viaggio apostolico nel Regno Unito nel 2010: “Che tipo di persona vorreste essere?”. Per dare una risposta a tale quesito il “National Vocations Framework” darà ad ogni giovane cattolico che lo desideri, la possibilità di far parte di un gruppo di discernimento e di avere, in parrocchia, una guida spirituale che lo aiutino a trovare la sua vocazione. “La Chiesa cattolica di Inghilterra e Galles si concentrerà così sui giovani spesso criticati ingiustamente dai media”, ha detto mons. Peter Smith, arcivescovo di Southwark e vicepresidente della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles, ricordando che tremila giovani hanno incontrato il Papa durante il suo viaggio e altri ottomila hanno partecipato il 24 marzo scorso a Wembley al “Flame National Youth Congress” organizzato in vista dei Giochi Olimpici di Londra a luglio e ispirato proprio dalla visita del Santo Padre.
Al via a Ginevra la Conferenza internazionale sui rifugiati afghani
◊ Sollecitare la comunità internazionale a sostenere pluriennali progetti umanitari e di supporto allo sviluppo. È l’obiettivo della “Conferenza internazionale sulla strategia di soluzioni per i rifugiati afghani volta a sostenere il rimpatrio volontario, la reintegrazione sostenibile e l’assistenza ai Paesi ospitanti” promossa il 2 e 3 maggio dall’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) a Ginevra. Con il sostegno dell’Unhcr, Afghanistan, Iran e Pakistan presenteranno una nuova strategia mirante ad impegnare anche la comunità internazionale a sostenere i Paesi che ospitano i rifugiati afghani. “Con 1,7 milioni di rifugiati afghani ancora registrati in Pakistan e un milione in Iran - spiega una nota Unhcr citata dal Sir -, la condizione degli sfollati afghani costituisce una delle situazioni più complesse e prolungate nel mondo”. Dal 2001, tuttavia, 5,7 milioni di afghani sono tornati a casa attraverso il più grande programma di rimpatrio volontario dell‘Unhcr. Essi “rappresentano un quarto della popolazione dell‘Afghanistan”; eppure, conclude l’Unhcr, “molti stanno incontrando difficoltà nella ricostruzione della propria vita”. (M.G.)
Cina. La missione dei Gesuiti a Macao compie 450 anni
◊ La “Compagnia di Gesù” celebra quest’anno i 450 anni di presenza a Macao. Dopo quattro secoli e mezzo i Gesuiti presenti nell’ex colonia portoghese continuano una preziosa opera di evangelizzazione, formazione umana e cristiana, impegno sociale e nel campo dell’istruzione, di cui riferisce l’agenzia Fides. Il 24 agosto 1562, padre Luís Fróis e padre Giovanni Battista Del Monte arrivarono a Macao e si stabilirono avviando l’opera di apostolato. I due Gesuiti portoghesi giunsero per aiutare due sacerdoti diocesani impegnati nel servizio pastorale ai 5.000 abitanti di Macao di allora, fra i quali 600 erano portoghesi. Arrivarono con Diego Pereira, un mercante di successo, che era stato nominato ambasciatore portoghese alla corte di Pechino. Nel 1565 il provinciale dei Gesuiti, António de Quadros, diede istruzioni di erigere una residenza permanente della Compagnia di Gesù a Macao. Il primo vescovo di Macao (dal 1568 al 1581) fu il Gesuita portoghese Melchior Carneiro, che ha fondato un lebbrosario e la “Santa Casa da Misericordia”. Oggi, dopo il ritorno di Macao alla Cina, nel 1999, i cattolici hanno la possibilità di intessere fruttuosi rapporti con la Chiesa della Cina continentale e i Gesuiti sono impegnati a “costruire ponti” di dialogo e di riconciliazione. Il territorio di Macao (regione amministrativa speciale della Repubblica Popolare Cinese, con un regime di parziale autonomia dalla Cina) conta una popolazione cattolica di circa 20.000 persone su un totale di 400.000 abitanti. (M.G.)
Elio Toaff compie 97 anni, gli auguri della Comunità di S. Egidio
◊ La comunità ebraica italiana ha festeggiato ieri il 97.mo compleanno del rabbino capo emerito di Roma, Elio Toaff. In un messaggio del presidente dell'Unione delle comunità ebraiche italiane (Ucei), Renzo Gattegna, viene ricordato il coraggio, la lungimiranza e la determinazione con cui Elio Toaff “ha scritto alcune pagine memorabili di storia del Novecento e contribuito in modo decisivo, proiettando i valori dell'ebraismo in tutta la società italiana, all'avvicinamento tra popoli, religioni e identità”. Anche la Comunità di Sant'Egidio ha espresso “i più calorosi auguri” al rabbino capo emerito, Elio Toaff. Una nota diffusa dal sodalizio fondato da Andrea Riccardi assicura a Toaff “sentimenti di viva e profonda amicizia maturati in lunghi anni di collaborazione e impegno comune per favorire il superamento dell'antisemitismo e di ogni forma di discriminazione etnica e religiosa – si legge ancora nel comunicato - per costruire una società del convivere e per consolidare i rapporti ebraico-cristiani”. (M.G.)
Famiglie della Terra Santa all’Incontro mondiale di Milano
◊ Otto famiglie palestinesi e una di espressione ebraica, provenienti dalla Terra Santa, si ritroveranno insieme al VII Incontro mondiale delle Famiglie che si svolgerà a Milano dal 30 maggio al 3 giugno, sul tema “La famiglia: il lavoro e la festa”. Secondo quanto riferisce il Sir, le famiglie provengono da Nazareth, Betlemme, Beit Jala e Nablus e fanno parte della delegazione dell’Assemblea degli Ordinari cattolici di Terra Santa (Aocts) che sarà guidata da mons. Maroun Lahham, vescovo ausiliare e vicario patriarcale per la Giordania, nella sua veste di presidente della Commissione episcopale per la Famiglia, e da mons. Elias Chacour, che della Commissione è il segretario, ed il parroco di Bejt Jala, padre Ibrahim Shomali. A Milano ci sarà anche il patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal. Per ospitarle si sono mosse le parrocchie dei decanati di Erba e Cologno Monzese. “Partiamo con la consapevolezza che siamo una Chiesa di minoranza da oltre 15 secoli con tutto quello che questo comporta sul piano della paura per l’avvenire, della coesistenza non sempre pacifica con le altre fedi” spiega al Sir mons. Lahham. “Vogliamo ricevere l’assicurazione di una Chiesa che ci sostiene e ci conforta spiritualmente e moralmente – aggiunge il presule -. Le nostre famiglie portano con sé i problemi legati al conflitto, come la mancanza di lavoro, di case, di stabilità e di certezza. Il lavoro, la ricerca di una casa, sono sofferenze quotidiane”. (M.G.)
I giovani della Papua Nuova Guinea si preparano alla Gmg del 2013
◊ I giovani della comunità cattolica della Papua Nuova Guinea hanno iniziato il percorso di preparazione per partecipare alla Giornata Mondiale della Gioventù che si terrà a Rio de Janeiro, in Brasile, nel 2013. Padre Shanthi Puthussery, coordinatore nazionale della Pastorale giovanile, ricorda all’agenzia Fides che la partecipazione dei giovani della Papua alla GMG “è iniziata con l'edizione di Sydney nel 2008”. “Poi, alcuni sono andati anche a Madrid, in Spagna nel 2011 – aggiunge il sacerdote -. Per molti dei partecipanti è stata davvero un'esperienza significativa soprattutto per la loro vita spirituale nel cammino di fede”. Ma, rimarca, “vi erano anche alcuni punti deboli: alcune diocesi in realtà non avevano ben selezionato e preparato i giovani”. Per questo oggi è importante “curare la formazione, la preparazione e la selezione di giovani attivi e motivati. La GMG è un pellegrinaggio di fede per coloro che sono già coinvolti nella vita della Chiesa locale e in un cammino spirituale personale”. A questo scopo il servizio di Pastorale giovanile ha diffuso nelle diocesi e nei giovanili cattolici di Papua Nuova Guinea e Isole Salomone un libretto con l’approccio “Doing by learning – Learning by doing” che, spiega padre Shanthi, “consentirà ai giovani di iniziare a leggere la Scrittura, in particolare il Vangelo di Matteo, avere una introduzione sull'Eucaristia, scoprire la storia della loro parrocchia fin dal tempo è stata istituita dai missionari”. Un altro libretto che aiuterà è “La trasmissione della Fede”, sugli attuali ostacoli nel trasmettere la fede cristiana da una generazione all'altra: “Un testo pensato per l’apostolato dei laici, ma si applica perfettamente ai giovani”. (M.G.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 122