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Sommario del 22/01/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all’Angelus: l’unità dei cristiani è un dono di Dio che richiede il nostro impegno
  • Viaggio del Papa in Messico e Cuba. Il prof. Carriquiry: occasione per rafforzare la missione della Chiesa in America Latina
  • Intervento di padre Bentoglio del dicastero dei Migranti agli esperti portoghesi riuniti a Fatima
  • Oggi in Primo Piano

  • Nigeria: oltre 200 morti negli attentati sferrati da “Boko Haram”. Nuovo attacco contro i cristiani nel Nord del Paese
  • Presidenziali Usa: nelle primarie in South Carolina, netta vittoria di Newt Gingrich
  • Egitto: i Fratelli Musulmani conquistano il 47 per cento dei seggi parlamentari
  • Servitore della pace in tempo di guerra: la storia di mons. Biguzzi, vescovo emerito di Makeni in Sierra Leone
  • Ogni anno, 44 milioni di aborti nel mondo. “Scienza e vita”: un dato terrificante, difendere la vita nascente
  • Veglia dei giovani dell'Azione cattolica di Roma per la pace: "Dalla fede la forza per costruire un mondo nuovo"
  • Nei cinema italiani, il film “Sette opere di misericordia”
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Siria: la Lega Araba chiede di prolungare di un mese la missione degli osservatori
  • Libia: attacco alla sede del Cnt, si dimette il numero due del governo provvisorio
  • Dublino 2012: al Congresso Eucaristico una Giornata dedicata all'ecumenismo
  • Bangladesh: appello dell’arcivescovo di Dacca alle famiglie cristiane
  • Cammino Neocatecumenale: Messa del cardinale Canizares al centro internazionale di Porto San Giorgio, nelle Marche
  • Vietnam: per l’Anno del Drago, la Chiesa promuove giustizia e pace
  • Usa: cartelloni pubblicitari finanziati dalle suore con l’invito di Gesù ad accogliere gli immigrati
  • Usa: a Washington la Marcia per la Vita nel 39.mo anniversario della legalizzazione dell’aborto
  • Ungheria: il 120.mo della nascita del cardinale Mindszenty "martire" sotto il regime comunista
  • Bosnia-Erzegovina. Allarme del cardinale Puljic: cresce il fondamentalismo islamico
  • Costa d'Avorio: riunione dei vescovi dell’Africa Occidentale sui problemi della regione
  • Filippine: il 2 febbraio la cattedrale di Jaro verrà proclamata Santuario mariano nazionale
  • Iraq: a Sulaymanya una comunità religiosa aperta a cristiani e musulmani
  • Quinto anniversario della morte dell’Abbé Pierre, fondatore della Comunità Emmaus
  • Salvador: si è conclusa la Settimana per la pace
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all’Angelus: l’unità dei cristiani è un dono di Dio che richiede il nostro impegno

    ◊   All’Angelus, nella Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, Benedetto XVI ha esortato i fedeli a rafforzare quotidianamente il proprio impegno ecumenico. Rivolgendosi ai pellegrini in Piazza San Pietro, il Papa ha sottolineato che la fede in Gesù sostiene i cristiani nella ricerca della piena unità tra di loro. Quindi, nell’attuale periodo di crisi economico-sociale, ha augurato pace e giustizia per i popoli dell’Estremo Oriente che in questi giorni celebrano il capodanno lunare. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “Riconoscere e accogliere la forza trasformante della fede in Gesù Cristo sostiene i cristiani anche nella ricerca della piena unità tra di loro”: è quanto sottolineato dal Papa all’Angelus, tutto dedicato all’importanza dell’impegno ecumenico. Rammentando che quest’anno i sussidi per la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani sono stati preparati da un gruppo polacco, il Papa ha messo l’accento sulla forza della fede che sempre ha animato la Polonia in “lotte coraggiose contro varie avversità”:

    “Nel corso dei secoli, i cristiani polacchi hanno spontaneamente intuito una dimensione spirituale nel loro desiderio di libertà ed hanno compreso che la vera vittoria può giungere solo se accompagnata da una profonda trasformazione interiore”.

    Essi, ha osservato, ci ricordano che “la nostra ricerca di unità può essere condotta in maniera realistica” solo se “lasciamo agire Dio”. L’unità visibile di tutti i cristiani, ha soggiunto, “è sempre opera che viene dall’alto, da Dio, opera che chiede l’umiltà di riconoscere la nostra debolezza e di accogliere il dono”:

    "Però, per usare un’espressione che ripeteva spesso il Beato Papa Giovanni Paolo II, ogni dono diventa anche impegno. L’unità che viene da Dio esige dunque il nostro quotidiano impegno di aprirci gli uni agli altri nella carità".

    Da molti decenni, ha ribadito, la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani costituisce un elemento centrale nell’attività ecumenica della Chiesa:

    "Il tempo che dedicheremo alla preghiera per la piena comunione dei discepoli di Cristo ci permetterà di comprendere più profondamente come saremo trasformati dalla sua vittoria, dalla potenza della sua risurrezione".

    Quindi, ha invitato i fedeli ad accorrere numerosi mercoledì prossimo alla Basilica di San Paolo Fuori le Mura dove, con la solenne celebrazione dei Vespri della Festa della Conversione di San Paolo, si concluderà la Settimana per l’unità dei cristiani. Dopo l’Angelus, salutando i pellegrini in più lingue, il Papa ha rivolto un pensiero particolare a quei Paesi dell’Estremo oriente che celebrano in questi giorni il Capodanno lunare:

    “Nella presente situazione mondiale di crisi economico-sociale auguro a tutti quei popoli che il nuovo anno sia concretamente segnato dalla giustizia e dalla pace, porti sollievo a chi soffre, e che specialmente i giovani, con il loro entusiasmo e la loro spinta ideale, possano offrire una nuova speranza al mondo”.

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    Viaggio del Papa in Messico e Cuba. Il prof. Carriquiry: occasione per rafforzare la missione della Chiesa in America Latina

    ◊   Fervono i preparativi in Messico e a Cuba per il viaggio apostolico di Benedetto XVI, in programma dal 23 al 28 marzo prossimo. Una doppia visita per rinvigorire la missione della Chiesa in America Latina. E’ quanto sottolinea il prof. Guzmán Carriquiry, segretario della Pontificia Commissione per l’America Latina, intervistato da Alessandro Di Bussolo del Centro televisivo vaticano:

    R. – Dopo la celebrazione eucaristica, presieduta dal Papa il 12 dicembre dell’anno scorso nella festività di Nostra Signora di Guadalupe, a motivo del bicentenario dell’indipendenza dei Paesi latino-americani, è assai significativo, simbolico che il cuore della visita del Santo Padre in Messico sia la Messa che presiederà il 24 marzo proprio nel parco chiamato del Bicentenario; Messa che sarà seguita da un incontro con tutti i vescovi messicani, rappresentanti di tutto l’episcopato latino-americano. Questo offrirà al Papa la preziosa occasione di rivolgersi esplicitamente a tutti i popoli dell’America Latina, a tutta la Chiesa in America Latina. Un’America Latina che, negli ultimi dieci anni, sta vivendo un processo di fortissima crescita economica senza subire gli effetti della crisi dei Paesi del “primo mondo”, che vede diminuire le tuttora presenti situazioni di povertà. Come diceva il Papa il 12 dicembre scorso, l’America Latina emerge con protagonismo proprio nel concerto mondiale, è impegnata in un processo di integrazione e sviluppo, ma deve affrontare gravissime sfide: la difesa di una cultura della vita, la difesa e la promozione della verità e della bellezza del matrimonio e della famiglia, il superamento dei deficit educativi e di gestione delle istituzioni politiche, la lotta per una maggiore equità sociale. La missione della Chiesa in America Latina è fondamentale per rigenerare, rafforzare tra i latino-americani consapevolezze molto forti, molto profonde di filiazione e di fraternità nella vita dei nostri popoli.

    D. – Quale Messico troverà Benedetto XVI, a dieci anni dall’ultima delle cinque visite di Giovanni Paolo II?

    R. – Certamente il Santo Padre sarà portatore di un messaggio di pace e riconciliazione, di giustizia, di speranza in un Paese dilaniato da inaudite violenze, con radicate sacche di povertà e dure polarizzazioni politiche, ideologiche. Penso che il Papa terrà presente anche che il Messico è un incrocio strategico che guarda verso il Nord - verso gli Stati Uniti, il Canada - attraverso i flussi commerciali economici, le migrazioni, e guarda verso il Sud - il Centro America, il Sud America - a popoli a cui è unito da un sostrato storico, culturale e religioso. Ciò che succederà nel futuro del Messico avrà una ripercussione fondamentale per tutto il continente americano.

    D. – La visita a Cuba nasce nel segno di Maria. In un’America Latina che vede il continuo avanzare delle sette, può essere il culto popolare mariano la scintilla per rilanciare la nuova evangelizzazione nelle zone dove la Chiesa è meno presente e più secolarizzata?

    R. – La visita a Cuba del “pellegrino della carità”, come hanno chiamato il Papa i vescovi cubani, si svolgerà in pieno anno giubilare mariano, a 400 anni dalla scoperta dell’immagine della Vergine del Cobre, dopo 16 mesi e 28 mila chilometri in cui questa immagine è stata portata casa per casa a tutte le famiglie di Cuba, negli ospedali, nelle istituzioni culturali, nelle piazze pubbliche, dappertutto, segnando “una primavera della fede nell’isola”, come diceva l’arcivescovo dell’Avana poco tempo fa. La presenza della Vergine Maria è così importante in tutti quei posti, dove la presenza istituzionale della Chiesa è assai debole o assente, cosa che favorisce la proliferazione di numerose sette. La nuova evangelizzazione in America Latina sarà mariana o non sarà: senza Maria il cristianesimo diventa astrazione, freddo discorso ideologico; lei è la compagna materna che ci aiuta a renderci figli e fratelli, oltre le inimicizie e le divisioni esistenti nelle nostre nazioni. (ap)

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    Intervento di padre Bentoglio del dicastero dei Migranti agli esperti portoghesi riuniti a Fatima

    ◊   “Il Portogallo è un Paese di emigrazione e di immigrazione insieme” con flussi recenti di immigrati in arrivo da Brasile, Romania, Capo Verde, Ucraina, Regno Unito e Cina. È il quadro che padre Gabriele F. Bentoglio, sottosegretario del Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti, ha delineato nel discorso che questa mattina ha tenuto durante una Conferenza a Fatima. Il rappresentante vaticano – che da ieri è nella cittadina mariana portoghese per una serie di incontri – è intervenuto nell’ambito del 12.mo Incontro di Formazione degli Operatori pastorali per le migrazioni, che si conclude oggi.

    Parlando di “Orientamenti pastorali per l’attuale realtà migratoria”, e ricordando come nel solo Portogallo nel 2009 si contavano quasi 500 mila immigrati su un totale di oltre dieci milioni di abitanti nel Paese (cioè il 4,25% della popolazione totale), padre Bentoglio ha spostato la sua riflessione su un piano spirituale e pastorale. “Lo straniero che attraversa le frontiere – ha affermato – ha sete di rapporti nuovi e universali, rendendo attuale il mistero della Pentecoste. Ecco perché le Chiese locali, che devono confrontarsi con una presenza crescente di persone giunte da altre aree geografiche e culturali, non possono rimanere indifferenti”. In effetti, ha proseguito, “il migrante obbliga ciascuno di noi ad ‘emigrare’ da noi stessi verso la comunione e l’universalità. Nell’esperienza di un’accoglienza autentica, la presenza del migrante diventa provvidenziale per tutti”. Dunque, ha concluso padre Bentoglio, “la domanda di fondo della nostra sollecitudine pastorale non è più ‘quale pastorale’ e ‘quale missione’, ma ‘verso quale ecclesiologia’ ci stiamo incamminando, assumendo come banco di prova proprio la pastorale dell’accoglienza”.

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    Oggi in Primo Piano



    Nigeria: oltre 200 morti negli attentati sferrati da “Boko Haram”. Nuovo attacco contro i cristiani nel Nord del Paese

    ◊   Sono almeno 215, secondo fonti locali, le vittime degli attacchi terroristici sferrati ieri a Kano, la seconda città della Nigeria. Bombe, sparatorie e incendi hanno seminato morte per le strade della metropoli di oltre dieci milioni di abitanti. Gli attentati sono stati rivendicati dal gruppo integralista islamico “Boko Haram”. Stamani, inoltre, uomini armati hanno ucciso nove persone in un attacco contro la comunità cristiana in un villaggio nel Nord del Paese. Attaccate anche due chiese. Su questa drammatica situazione, Gabriella Ceraso ha raccolto il commento di padre Patrik Tor Alumuku, direttore della comunicazione dell’arcidiocesi di Abuja:

    R. – Abbiamo ricevuto queste notizie con ansia, con paura, perché questo è una ulteriore escalation rispetto a quello che è stato fatto finora dai “Boko Haram”.

    D. – Qual è la lettura che la Chiesa, la comunità nigeriana sta dando a ciò che accade?

    R. – La Chiesa ha sempre parlato della necessità di un dialogo, per trovare la pace in questo Paese. Abbiamo anche sentito dai capi musulmani che denunciano i “Boko Haram”. Hanno detto che non rappresentano l’islam. Quindi, non si può dire che sia un gruppo musulmano, perché è un gruppo terrorista e basta, che vuole creare tensione e rendere ingovernabile questo Paese. E’ una mafia. Come si possa fermare però non si sa…

    D. – Cosa pensa concretamente che la Chiesa possa fare per reagire alla paura?

    R. – La Chiesa dice al governo di proteggere tutti i cittadini del Paese, di dare fiducia a chi abita in quelle zone. Non solo i cristiani stanno scendendo dal Nord al Sud, ma c’è paura anche tra i musulmani che dal Sud stanno andando verso il Nord. Si crea quindi una situazione molto difficile. (ap)

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    Presidenziali Usa: nelle primarie in South Carolina, netta vittoria di Newt Gingrich

    ◊   L'ex speaker della Camera, Newt Gingrich, ha vinto nettamente le primarie repubblicane in South Carolina col 40 per cento dei voti, staccando di ben 12 punti Mitt Romney, fermo al 28 per cento. Terzo, l’ex senatore della Pennsylvania, Rick Santorum col 15 per cento dei consensi. Il risultato della South Carolina riapre la sfida per la nomination repubblicana. E’ quanto sottolinea il prof. Federico Romero, americanista dell’Università di Firenze, intervistato da Alessandro Gisotti:

    R. – Sicuramente i giochi sono aperti. Non è più la campagna che si poteva immaginare fino a qualche giorno fa con una specie di cavalcata trionfale di Romney... E’ una contesa assolutamente aperta in cui si fronteggiano due, forse ipoteticamente anche tre candidati, perché non è detto che Santorum sia già completamente escluso. Sostanzialmente queste candidature riflettono diverse propensioni della base del partito repubblicano: da una parte quella più conservatrice che tende a radunarsi attorno a candidati - come era stato Santourm in Iowa, adesso Gingrich in South Carolina - che riflettono un’immagine pura e dura del partito; dall’altra quelli che sono meno rigidi sotto il profilo ideologico, meno radicali, che vedono in Romney un candidato che ce la può fare a battere Obama. Romney, poi, ha il vantaggio di avere un apparato e una quantità di soldi decisamente superiore agli altri.

    D. – Dopo i "caucuses" in Iowa, Gingrich sembrava fuori gioco. Come è stata possibile questa rimonta in così pochi giorni?

    R. - Questo è uno degli aspetti, in parte, nuovi di queste primarie. Da un lato perché ci sono stati candidati, come il governatore del Texas, Rick Perry, che sono arrivati alla campagna con una limitata preparazione, con una propensione a fare errori anche ingenui – nei dibattiti televisivi, per esempio - a fare dichiarazioni assolutamente fuori luogo e quindi inciampare in gaffe e importuni vari. Gingrich, tra l’altro, potrebbe benissimo essere soggetto a questo, perché è una persona molto imprevedibile. L’altro aspetto, più cruciale, è il fatto che in questa campagna elettorale noi abbiamo per la prima volta una totale libertà di intervento, a fianco della campagna elettorale ufficiale, di campagne pubblicitarie televisive da parte di chiunque voglia metterci dei soldi e, tra l’altro, potendolo fare in forma anonima. Questo vuol dire che gruppi di pressione, i più vari, possono intervenire e lo stanno facendo con campagne pubblicitarie rivolte a favore o contro un candidato e, quindi, con una capacità di alterare ciò che le stesse campagne elettorali dei candidati possono mettere in pubblico in un modo che fino ad oggi non era ancora mai stato possibile. Ciò rende la campagna molto imprevedibile.

    D. – Imprevedibile ma di certo c’è che queste primarie repubblicane non si risolveranno a breve… tutto a vantaggio di Obama?

    R. – Diciamo che è probabile, però resta da vedere. Una campagna prolungata delle primarie repubblicane sicuramente mostra un partito diviso, magari inasprisce le tensioni tra le sue diverse componenti… Non è detto però che di per sé indebolisca il candidato che poi risulterà vincente.

    D. - In tutto questo, qual è la strategia adottata al momento dalla campagna elettorale di Barack Obama?

    R. – Finora è stata quella di stare a guardare e di lasciare che lo spettacolo di un partito repubblicano diviso si giocasse di fronte all’elettorato intero. Probabilmente nei prossimi mesi inizierà a definire la sua candidatura, il suo profilo, con più chiarezza, presumibilmente contrastando il ruolo di guida dell’economia del Paese, che lui e il partito democratico affidano al governo federale, con il messaggio sostanzialmente antistatalista che emerge dalla campagna repubblicana, in particolare se vincesse un candidato radicale come Gingrich, il cui obiettivo dichiarato è quello di smantellare il settore pubblico. (bf)

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    Egitto: i Fratelli Musulmani conquistano il 47 per cento dei seggi parlamentari

    ◊   Il partito dei Fratelli Musulmani ha vinto nettamente le elezioni legislative in Egitto conquistando il 47 per cento dei seggi nel nuovo Parlamento. E' quanto emerge dai risultati definitivi annunciati dalla Commissione elettorale egiziana a conclusione della terza tornata del voto. Il 24 per cento dei seggi va invece al partito dei salafiti di Al Nour. Intanto, oggi, uscirà dal carcere il blogger egiziano Michael Nabil, graziato nell'ambito di un provvedimento di amnistia che riguarda 1.959 detenuti. Sull'esito della tornata elettorale appena conclusa, Gabriella Ceraso ha raccolto il parere dell'islamologo, Paolo Branca:

    R. – L’Egitto sta passando una fase molto delicata, una svolta storica. Ci si attendeva un successo delle liste di ispirazione islamica, soprattutto dei Fratelli Musulmani, che sono uno storico movimento di opposizione in Egitto. E’ più sorprendente l’affermazione dei Salafiti, probabilmente finanziata dai Paesi della penisola arabica, molto meno evoluti dal punto di vista del pensiero religioso, e che stanno probabilmente anche giocando una partita di egemonia tra le varie influenze su un Paese così delicato e strategico come l’Egitto.

    D. – I Salafiti al 24 per cento. Questo che cosa significherà in una formazione politica futura, in un Parlamento, e per la stesura di una Costituzione?

    R. – E’ tutto da vedere, anche perché l’Università di al Azhar è l’università religiosa del Cairo ed è uno dei centri più importanti dell’islam sunnita. Già da giugno scorso aveva fatto delle interessanti dichiarazioni riguardo alle libertà, che dovevano essere comunque garantite. Stiamo assistendo anche ad un braccio di ferro tra un islam istituzionale, un islam dello Stato, e un islam invece che è sempre stato all’opposizione in questi ultimi decenni, e trovare un punto di equilibrio è veramente una delle grosse sfide di questa epoca.

    D. – Ma c’è un peso della comunità internazionale su questo? C’è un ruolo che può essere giocato o no?

    R. – Il problema è che noi siamo nei guai a causa di questa crisi economica, in particolare in Europa e di questo potrebbero approfittare altri, come per esempio la Cina, di cui mai si parla, ma che ha grossi interessi in tutta l’Africa e in Medio Oriente. (ap)

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    Servitore della pace in tempo di guerra: la storia di mons. Biguzzi, vescovo emerito di Makeni in Sierra Leone

    ◊   Gran parte del ministero di vescovo l’ha vissuta difendendo il suo gregge dalle atrocità della guerra civile e poi spendendosi perché tutto il Paese ritrovasse la strada della riconciliazione. Dopo 25 anni, mons. Giorgio Biguzzi, 75enne vescovo di Makeni in Sierra Leone, ha ceduto il passo per limiti di età al suo successore, mons. Henry Aruna. Ciò che non può dimenticare è la lunga storia spirituale e affettiva che lo ha indissolubilmente legato al piccolo Stato africano, conosciuto sin da quando – in veste di missionario saveriano – vi si recò già nel 1975. Una storia che il presule ha ripercorso al microfono di Alessandro De Carolis, a partire dallo scoppio delle violenze interne, nel 1991:

    R. - Ricordo anche lì dei momenti di grande sofferenza e di atrocità. Tutte le comunità sono state disgregate. La grazia di Dio ci ha assistito e poi, anche insieme ad altre fedi religiose, siamo potuti rimanere per promuovere la pace e la riconciliazione.

    D. – Di mons. Biguzzi possiamo dire che il mondo ricorda la sua guerra nella guerra, per così dire, contro uno dei drammi peggiori: la piaga dei bambini-soldato…

    R. – Certamente. Quello che ho avvertito, come vescovo, è che appartenevo alla gente. Dovevo stare con loro, perché questi bambini erano le prime vittime. Erano addestrati ad uccidere e a sparare, si vedeva la confusione nei loro occhi. Ma quando poi si sono sentiti avvicinati e amati, si sono aperti. La Chiesa è stata molto presente in questi momenti di dolore, e io devo ringraziare anche l’aiuto che abbiamo avuto dall’esterno - soprattutto dalla Chiesa italiana - nell’aiutare questi bambini-soldato a reinserirsi nella società.

    D. - Dopo la guerra, la pace. Il suo ruolo cambia ancora: fino a quel giorno – che immagino da lei sperato a lungo – del 2003, con la firma dell'Accordo tra governo e ribelli…

    R. – Sì. Dopo la guerra ci siamo trovati agli inizi di una nuova Sierra Leone e allora ci siamo impegnati subito per la ricostruzione. Innanzitutto, per le strutture in campo scolastico, medico, e così via. Poi abbiamo convocato il primo Sinodo diocesano, per puntare ed investire sulle persone, specie i laici, la vita familiare, i giovani, le scuole. Siamo arrivati al punto di fondare un’università. Inoltre, il grosso del lavoro della ricostruzione ha riguardato la presenza nella Commissione Giustizia, pace e diritti umani. Vorrei sottolineare un’altra cosa: oggi la nostra diocesi ha maturato anche un forte spirito missionario. Noi cristiani, essendo di tante comunità, andiamo nei villaggi più vicini e fondiamo un’altra comunità. Inoltre, dal punto di vista materiale, pur essendovi 55 mila cattolici in tutta le diocesi, abbiamo comunque raccolto quest’anno 19 mila dollari in offerte per la Terra Santa per l’Obolo di San Pietro. Si comincia tre mesi prima, piantando ad esempio arachidi, riso e patate, che poi si vendono e il loro ricavato viene dato per le Giornate missionarie mondiali.

    D. - Cosa preferisce sottolineare di questi 25 anni di ministero, come lei diceva, "missionario"?

    R. - È certamente un momento di grande grazia perché è il Signore che agisce, che ci ama. Noi, come Chiesa, vogliamo continuare a sostenerci l’un l’altro nel nostro cammino. Ci piacerebbe, magari, essere maggiormente ascoltati sulle decisioni importanti che riguardano il nostro futuro. Noi ci affidiamo a Dio, che ci tiene per mano. E questo ci dà coraggio e pace. (bi)

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    Ogni anno, 44 milioni di aborti nel mondo. “Scienza e vita”: un dato terrificante, difendere la vita nascente

    ◊   Una gravidanza su 5 nel mondo si conclude con l’aborto. A rivelare il drammatico dato è una ricerca, riferita al 2008, dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e del “Guttmacher Institute”, struttura americana favorevole all’aborto. Sono quasi 44 milioni i bimbi non nati, ogni anno, a causa delle interruzioni di gravidanza, il 49% delle quali sono clandestine. Un dato che può essere strumentalizzato dai movimenti favorevoli all’aborto. Benedetta Capelli ha raccolto l’opinione di Paola Ricci Sindoni, ordinario di Filosofia morale all’università di Messina e vice-presidente dell'associazione “Scienza e Vita”:

    R. – Basta leggere, sulla rivista "Lancet", alcune note alla fine di questa terrificante statistica; alcuni scienziati dicono che bisogna comunque raggiungere alcuni obiettivi come quelli di determinare il benessere delle donne attraverso la pianificazione famigliare, l’uso dei contraccettivi e quant’altro. Ancora una volta, dunque, lo scopo del rapporto è orientato soltanto nei confronti della donna e non su quest’esercito così grande ed infinito dei non ancora nati, che dovrebbero avere anche loro una dignità antropologica. Questi 44 milioni di aborti per il rapporto sono nulla...

    D. – E poi non si considera se questo sia davvero un "benessere" per la donna...

    R. – Certamente! Ormai la letteratura psicologica e psichiatrica, su questo versante, è davvero molto ricca. Si continua però a privilegiare il soggetto concretamente presente e non quello che dovrebbe essere presente. Non si ha cioè più l’occhio nei confronti del futuro, siamo ancora prigionieri di una visione pragmatica, che ci lega al presente e che non ci proietta verso il futuro. L’attenzione ai non ancora nati, invece, è proprio ciò che guarda al futuro, per dare un senso al presente. Guardando a ciò che ancora non c’è – ossia il futuro -, potremmo dare veramente un nuovo senso al presente.

    D. – Le interruzioni di gravidanza stanno comunque crescendo, è un fatto acclarato. Secondo lei, c’è poca incisività nell’affermare il diritto ed il valore della vita nascente?

    R. – Purtroppo, quando si tratta solo di puri e semplici pronunciamenti valoriali, non hanno incisività né sul tessuto culturale, né sull’agenda politica. Bisognerebbe anche capire che l’aborto ha una sua “conseguenza demografica” grave: non possiamo separare l’aborto dalle conseguenze immani di distruzione anche del futuro stesso delle generazioni, in ordine al calo demografico. Bisognerebbe riportare la questione demografica all’attenzione dell’agenda politica, perché è là che si correggono anche degli orientamenti culturali che vanno verso queste forme di nichilismo e di rassegnazione. La nostra è una civiltà che ormai non ha più, al proprio interno, degli antidoti per poter proseguire la sua vita verso il futuro.

    D. – In Asia sta aumentando la pratica degli aborti selettivi in favore del figlio maschio. Anche qui, dove vanno rintracciate le responsabilità?

    R. – Credo che questo sia proprio l’esempio emblematico ed anche fortemente drammatico della continua discriminazione iniziata ai tempi di Sparta. A quei tempi si gettavano proprio le bambine nel dirupo e questo continua ancora, drammaticamente, anche nel terzo millennio. Il compito, in questo caso, è culturale: serve un continuo sostegno alla dignità della donna ed alla percezione, non tanto dell’uguaglianza con l’uomo, quanto invece della pari dignità di diritti. Uccidere una femmina per salvare un maschio è una forma orribile anche di razzismo! Si priva così la futura donna del diritto di avere diritti.

    D. – Le chiedo una riflessione su alcune parole del Papa: “L’aborto non risolve nulla ma uccide il bambino. Produce solo un profondo dramma morale ed esistenziale per i genitori, che può segnare per sempre soprattutto una donna”...

    R. – Il Papa non guarda alla proclamazione astratta dei valori. Non declama i valori, ma li cala realmente dopo che, purtroppo, i casi empirici dimostrano la verità di alcuni assunti. Assunti che sono poi dei principi, perché vengono all’inizio. Non perché sono principi astratti, ma perché dovrebbero, in quanto principi – come quello del rispetto per la vita umana -, guidare anche l’azione concreta. Certamente non è mai troppo tardi per continuare a riaffermare il valore ed il principio, soprattutto facendo anche riferimento a chi, purtroppo, ne ha fatto esperienza e può, a sua volta, avvertire altri partner della gravità e della possibilità di reiterazione di questo drammatico passo. (vv)

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    Veglia dei giovani dell'Azione cattolica di Roma per la pace: "Dalla fede la forza per costruire un mondo nuovo"

    ◊   L’Azione Cattolica di Roma ha animato, ieri, nella chiesa di Sant'Antonio da Padova, una veglia dei giovani per la pace. Il momento di preghiera, molto partecipato, si è incentrato sul messaggio di Benedetto XVI per la Giornata mondiale della pace, che quest’anno ha posto l’accento proprio sulla necessità di educare i giovani alla giustizia e alla pace. Per noi c’era Davide Maggiore:

    Vivere la pace: è stata questa l’esigenza più sentita tra chi era impegnato nella preghiera e nella meditazione. Ma come possono i giovani, oggi, essere costruttori di pace? Ecco la testimonianza di due ragazzi dell'Azione Cattolica di Roma:

    “Cercando di essere utili alla comunità e soprattutto di mantenere armonia nella nostra comunità parrocchiale anche nelle nostre famiglie e nelle nostre situazioni più piccole”.

    “Un giovane deve portare la pace lì dove vive; quindi per un giovane che frequenta la scuola, nella scuola, per un giovane che lavora, lì dove lavora: essere vicino alle persone nel modo che Gesù ci ha insegnato, cercando in tutti modi di amarle”.

    Un’esigenza, quella di partire dal quotidiano, che è stata espressa anche nel messaggio del Santo Padre, come sottolinea don Giuseppe Redemagni, assistente diocesano dei giovani, che ha guidato la veglia:

    “Essere costruttori di pace significa anzitutto assumersi le proprie responsabilità secondo l’invito del Papa, essere fedeli nelle piccole cose perché non esistono cose piccole. Ogni cosa è grande lo dice anche il Vangelo: chi è fedele nel poco potrà essere fedele anche nel molto. Il Papa ci ricorda che la pace nasce proprio dai piccoli gesti che attraversano la vita quotidiana, la compassione, la fratellanza, l’aiuto, la vicinanza”.

    E alle parole di Benedetto XVI, si richiama anche Benedetto Coccia, presidente dell’Azione Cattolica di Roma:

    “Il Papa ci dice che la pace non è solo assenza di guerra, la pace è un dono di Dio che va anche costruito quotidianamente, tutti siamo chiamati a costruire la pace, ciascuno secondo le proprie responsabilità, secondo i propri compiti, secondo le persone che gli sono state affidate. Naturalmente i giovani, che non sono solo il futuro della nostra società, ma che sono anche il presente di questa nostra società, sono responsabilizzati per non sentire la pace come un qualcosa da affidare ad altri ma come qualcosa che è anche nelle loro mani”.

    In qualsiasi contesto si sia impegnati, il lavoro a favore della pace e della giustizia ha un denominatore comune, l’attenzione all’altro. Una vicinanza che, per poter essere pratica, deve partire innanzitutto dallo spirito. Sono gli stessi ragazzi a riconoscerlo:

    “Pace significa trovare un equilibrio attraverso la preghiera e riuscire a esprimerlo e a condividerlo con tutti gli altri per essere un esempio di unione e comunione”.

    Pregare è anche richiedere il sostegno del Padre celeste nel tentativo di costruire giustizia e pace. Lo ha ricordato lo stesso messaggio del Papa, che evidenzia come non siano le ideologie a salvare il mondo, ma solo il volgersi al Dio vivente, a Gesù Cristo che è la giustizia e la pace. Ancora don Redemagni:

    “E’ l’ultima parte del suo messaggio: 'Alzo gli occhi verso il cielo da dove mi verrà l’aiuto? Il mio aiuto viene dal Signore che ha fatto il cielo e la terra'. Di fronte a una materialità schiacciante la fede non è certo un ripiego ma è quel focolaio che permette di avere la forza per costruire un mondo nuovo”.


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    Nei cinema italiani, il film “Sette opere di misericordia”

    ◊   Dopo aver ottenuto successi e premi in alcuni tra i più prestigiosi festival cinematografici, è uscita in questi giorni in Italia l’opera prima dei fratelli Gianluca e Massimiliano De Serio “Sette opere di misericordia”, film rigoroso e estremo in cui i giovani e bravissimi registi piemontesi mettono a nudo la crisi morale della società che circonda le nostre vite e la pietà che scopriamo negli ultimi e per gli ultimi. Il servizio di Luca Pellegrini:

    “Se ognuno fa la sua parte, saremo tutti contenti. Quando la vendita andrà a buon fine, ti daremo parte dei soldi e i documenti. Se hai problemi o domande non mi chiamare. Mi chiami solo quando sei pronta. Ok!”

    Questo è uno dei pochissimi dialoghi di un film drammatico in cui si narra di una guerra tra morti che tentano di emergere per respirare la vita. Avviene in un obitorio. Una giovane moldava, Luminiţa, cerca di assumere l’identità di una romena morta vendendo un neonato. Film estremo, di un rigore quasi calvinista, che però s’intitola “Sette opere di misericordia” ed è l’opera prima e straordinaria dei gemelli De Serio, che affrontano in un’ottica laica, ma profondamente e radicalmente umana, il senso della pietas portata alle conseguenze estreme in un ambiente estremo, quello degli immigrati clandestini nella periferia di una città italiana, quello degli anziani abbandonati a se stessi, quello dell’empio malaffare che coinvolge chi commercia bambini per subdole adozioni. Eppure, in tanto nerissimo orizzonte, emerge la coscienza morale, nei pochi e ben tratteggiati protagonisti, tra cui spicca quello interpretato da Roberto Herlitzka, quando al centro delle proprie disattenzioni quotidiane viene messa, invece, la cura del prossimo, nel suo corpo sofferente, malato, morente. E’ il desiderio del contatto che il vecchio Antonio e la giovane moldava cercano e trovano per superare l’abiezione delle distrazioni e delle violenze inumane cui sono sottoposti. Contatti che si realizzano in modo inaspettato e che porteranno a decisioni inaspettate. Il film, spoglio di tutto, anche delle parole, è il punto di arrivo di una ricerca personale e sincera che i due giovanissimi registi hanno compiuto sul fronte dell’immagine, dello stile narrativo e della conoscenza delle falle angosciose della nostra società. La redenzione, la salvezza, il perdono, si propagano attraverso piccoli gesti e minimi sguardi, mentre le opere di misericordia che avvolgono e coinvolgono la giovane e il suo anziano ospite sono elencate capovolgendo, nel racconto, il loro significato, mentre il film acquista così una dirompente forza simbolica, immaginativa e drammatica. Spiegando il senso della sopravvivenza, svelando un sentimento e una compassione che ci rendono uomini e cristiani.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Siria: la Lega Araba chiede di prolungare di un mese la missione degli osservatori

    ◊   La missione degli osservatori della Lega Araba in Siria sarà prolungata di un mese. E’ quanto emerge dalla riunione del comitato ministeriale dell’organismo panarabo in corso in queste ore al Cairo, in Egitto, per esaminare il dossier dei suoi osservatori nel Paese, dove dal gennaio scorso la violenta repressione delle proteste contro il governo del presidente Al Assad ha causato almeno 5 mila morti. Una decisione che sarà posta all’attenzione anche dei ministri degli Esteri dei Paesi della Lega, che si riuniranno nel pomeriggio. Resta esclusa per il momento la possibilità di un intervento armato. L’opposizione al regime chiede inoltre l'intervento dell'Onu per la creazione di una zona cuscinetto e di una no-fly zone sul Paese. Intanto, sul terreno continuano le violenze: sono almeno 23 i morti e decine i feriti negli scontri di ieri tra esercito regolare e soldati disertori nel nord del Paese. Conquistata la città di Duma, a 20 km dalla capitale, i disertori sono poi arretrati per evitare un inasprimento delle violenze. Altre 15 vittime si registrano nei pressi di Idlib per l'esplosione di un ordigno. Gli Usa esprimono preoccupazione “per il deterioramento della situazione della sicurezza”. Se il governo siriano non farà passi concreti, Washington chiuderà la propria ambasciata a Damasco. (A cura di Claudia Di Lorenzi)

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    Libia: attacco alla sede del Cnt, si dimette il numero due del governo provvisorio

    ◊   Resta alta la tensione nella Libia del dopo Gheddafi. Circa un migliaio di manifestanti hanno dato l'assalto alla sede del governo provvisorio a Bengasi e tentato l’aggressione nei confronti del presidente del Consiglio Nazionale di Transizione, Abdel Jalil, costretto ad abbandonare l’edificio insieme ad altri dirigenti del governo libico. I dimostranti hanno appiccato il fuoco alla facciata della sede governativa, spaccato i vetri delle finestre e danneggiato un blindato che sostava nei pressi. Nei giorni scorsi lo stesso edificio era stato bersagliato da tre granate artigianali. I manifestanti chiedono da settimane che le nuove autorità si mostrino più trasparenti nella gestione delle risorse e interrompano ogni contatto con gli esponenti del deposto regime. Gli incidenti sono avvenuti alla vigilia della presentazione, prevista per oggi, da parte dello stesso Cnt, della nuova legge elettorale: un passo sulla via dell’elezione, a giugno, di una assemblea costituente. Dopo gli scontri di ieri il capo del Cnt, Jalil, ha chiesto le dimissioni del sindaco di Bengasi e ha detto che le proteste anti-governative potrebbero “gettare il Paese in un pozzo senza fondo”. Intanto, parlando alla tv panaraba al Jazeera il vice presidente del Cnt, Abdel Hafiz Ghoga ha annunciato le sue dimissioni. "Non voglio influenzare il Consiglio - ha detto - mi dimetto nell'interesse della nazione". Ghoga era stato aggredito giovedì da alcuni studenti all’università di Bengasi, dove è da tempo in corso un sit in permanente di protesta. (C.D.L.)

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    Dublino 2012: al Congresso Eucaristico una Giornata dedicata all'ecumenismo

    ◊   “L’ampio coinvolgimento delle chiese cristiane di altre tradizioni, sia nella preparazione pastorale che nel programma ufficiale” è un “elemento unico” del 50° Congresso eucaristico internazionale a Dublino (10–17 giugno 2012). Lo sottolinea la Commissione organizzatrice del’evento, che in una nota ripresa dall'agenzia Sir, informa che proprio “l’inizio della Settimana di preghiera per l’Unità dei cristiani è stata scelta come occasione per il lancio del programma ecumenico del Congresso”, che avrà uno dei momenti più significativi l’11 giugno, giornata interamente dedicata a celebrare e riflettere sulle relazioni di comunione che legano i cristiani attraverso il Battesimo. “Una delle più grandi sfide per i cristiani di tutte le tradizioni, nella società di oggi - rileva padre Kevin Doran, segretario generale del Congresso - è quella di portare una testimonianza comune della nostra fede in Gesù”. La giornata dell’11 giugno sarà dunque caratterizzata da una “Liturgia del mondo e dell’acqua” celebrata dall’arcivescovo anglicano della diocesi di Dublino, Michael Jackson, mentre l’omelia sarà curata da Hilarion Alfeyev metropolita dalla chiesa russa ortodossa; nello stesso giorno frére Alois, priore della Comunità di Taizé, terrà una catechesi sul tema del Battesimo; previsti, nel programma altri interventi di voci “ecumeniche” e preghiere comuni. (R.P.)

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    Bangladesh: appello dell’arcivescovo di Dacca alle famiglie cristiane

    ◊   Le famiglie sono chiamate a svolgere un ruolo maggiore nella Chiesa e a contribuire a cambiarla. È l’invito rivolto da mons. Patrick D’Rozario, arcivescovo di Dacca, in Bangladesh, durante un seminario ospitato nei giorni scorsi presso la sede Conferenza episcopale nella capitale, in cui ha illustrato il piano di azione pastorale della Chiesa locale per quest’anno. Nel suo intervento – riferisce l’agenzia Ucan - il presule ha sottolineato l’importanza della partecipazione delle famiglie nella vita della Chiesa, un impegno che inizia in seno alle famiglie stesse. “Ogni famiglia – ha detto – è una Chiesa domestica, perché sin da bambini i figli vi apprendono i primi elementi della fede. Nell’era della globalizzazione non tutti possono studiare in scuole cattoliche, oppure studiano in scuole dove non ci sono insegnanti di religione cristiana”, ha aggiunto. Per questo, ha detto, “spetta alle famiglie trasmettere e educare alla fede i propri figli”. Mons. D’Rozario ha quindi esortato le famiglie cattoliche a riunirsi in gruppi di 10-12 famiglie per formare piccole comunità guidate da un assistente spirituale per diventare una matura Chiesa domestica. “Se i membri di una Chiesa domestica sono maturi e riescono a scambiare amore, amicizia e unità l’uno con l’altro esse possono portare pace e felicità nella famiglia e diventare un fermento positivo nella società”, ha concluso l’arcivescovo. (L.Z.)

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    Cammino Neocatecumenale: Messa del cardinale Canizares al centro internazionale di Porto San Giorgio, nelle Marche

    ◊   Il cardinale Antonio Cañizares, prefetto della Congregazione per il Culto Divino, ha presieduto questa mattina nel centro internazionale del Cammino Neocatecumenale "Servo di Jahvè" a Porto San Giorgio, nelle Marche, la celerbazione eucaristica che ha concluso il grande incontro di 1200 catechisti e itineranti, famiglie in missione e rettori di seminari del Cammino. Un incontro portato avanti da Kiko Arguello e Carmen Hernández, iniziatori del Cammino Neocatecumenale, e padre Mario Pezzi. Prendendo spunto dalla Parola della liturgia di oggi, il cardinale Cañizares ha affermato che il Regno di Dio "non è una struttura sociale o poltica ma è Dio stesso, Dio che viene, che è presente, la realtà più presente e più decisiva per l’umanità". "Noi nel volto di Cristo - ha detto il porporato - abbiamo visto che Dio è l’unico, Lui che ha amato l’uomo e ha misericordia dei peccatori. In Cristo abbiamo l’unica ragione della nostra esistenza". In una società che vive come se Dio non esistesse, ha detto il cardinale Cañizares, "Gesù Cristo è la vita e la speranza. Convertirsi è rimettere in discussione il proprio modo di vievere, andare contro corrente: convertirsi e accettare che solo Dio basta e converte il cuore dell’uomo". La conversione "è guardare a Cristo - ha detto ancora il cardinale Cañizares - e pensare come Lui e seguirlo e testimoniare al mondo una vita nuova. Che Dio sia il centro della nostra vita, seguire Gesù è la felicità. Come non annnunciarlo allora a tutti?" Il Signore, ha proseguito il porporato, "ha fatto un dono al Cammino Neocatecumenale, che Dio è vivo e presente e ci fa partecipare del suo amore. Il Cammino Neocatecumenale è un dono per la Chiesa perchè vi dà la gioia e la grazia di annunciare Gesù Cristo. Il mondo ha bisogno della vostra testimonianza". Al termine della celebrazione sono state consegnate le reliquie dei Santi alle 17 "missio ad gentes" composte da un sacerdote e 100 famiglie missionarie con i loro figli che andranno ad evangelizzare nelle zone più scristianizzate di Europa, Stati Uniti, Oceania e Africa. Il cardinale Cañizares ha ringraziato il Papa per l’incontro di venerdì scorso in Vaticano dove è stato consegnato il decreto di approvazione delle celebrazioni liturgiche del direttorio catechetico del Cammino Neocatecumenale. "Un segno - ha detto il porporato - dell’amore del Papa per la vostra missione di evangelizzazione nel mondo". (Da Porto San Giorgio, Roberto Piermarini)


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    Vietnam: per l’Anno del Drago, la Chiesa promuove giustizia e pace

    ◊   A pochi giorni dall’inizio del nuovo anno lunare – il capodanno 2012, sotto il segno del drago, si celebra il 23 gennaio – la Chiesa cattolica vietnamita invita genitori e figli ad approfondire i valori di “giustizia e pace” nella società moderna, guardando agli esempi di Gesù e alla dottrina sociale della Chiesa. In particolare, i leader cristiani guardano ai giovani come risorsa per il futuro, ai quali è affidato il compito – attraverso un percorso serio di studi – di dar vita a un contesto sociale di pace e coesistenza armoniosa. Perché la pace nella mente e nei cuori, quale principio ispiratore della vita di ciascun fedele, è un elemento imprescindibile per “purificarci, contribuire alla felicità delle famiglie, garantire giustizia e pace in seno alle comunità”. In un’intervista all'agenzia AsiaNews mons. Joseph Đinh Đức Đạo, direttore del seminario maggiore di Xuân Lộc, sottolinea che “la radice della pace e della giustizia è l’amore per i nostri fratelli”, come insegna la dottrina sociale della Chiesa. Egli ricorda i passaggi che hanno portato allo sviluppo del cattolicesimo in Vietnam, caratterizzati da “arresti e imprigionamenti” di laici e religiosi. “Hanno mostrato una fede salda – racconta – continuando a celebrare messe, preghiere, la recita del Rosario”. Ma, elemento ancor più importante, una volta liberi hanno saputo mantenere un comportamento virtuoso, come insegna il card Francis Xavier Nguyễn Văn Thuận che ha vissuto “in modo felice, pacifico, onesto, perdonando, offrendo carità al prossimo”. Per i cattolici vietnamiti, continua il prelato, i valori di giustizia e pace sono “basati su uno spirito religioso, non seguendo una visione politica”. E nel contesto della missione, lo Spirito Santo invita ciascun fedele a “lavorare in tutte le aree della società”. “Dobbiamo purificare il nostro amore – aggiunge – facendo opere caritativa con gli altri”. (R.P.)

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    Usa: cartelloni pubblicitari finanziati dalle suore con l’invito di Gesù ad accogliere gli immigrati

    ◊   Le realtà cattoliche dello Stato dell’Iowa hanno iniziato delle campagne di educazione per chiedere una riforma nazionale dell'immigrazione al fine di promuovere una maggiore accettazione degli immigrati nelle loro comunità e congregazioni religiose. Le suore attive in una decina di comunità cattoliche della zona della Mississippi Valley hanno finanziato la realizzazione e l’installazione di cartelloni pubblicitari in sei città dello Stato, che riportano il brano del Vangelo di Matteo in cui Gesù invita ad accogliere gli stranieri. L'iniziativa è stata coordinata da suor Johanna Rickl, superiora della Congregazione dell'Umiltà di Maria a Davenport. In un comunicato, pervenuto anche all’agenzia Fides, la religiosa spiega che la decisione di investire delle risorse finanziarie per i cartelli al fine di condividere il versetto della Bibbia sull’accoglienza ai migranti, è stata dettata dalla necessità di mettere fine alle violazioni dei diritti civili e umani che a suo avviso si sono verificate durante gli interventi delle autorità per l’immigrazione nel 2006 e nel 2008, e il cui ripetersi si teme questi giorni. Il 12 maggio 2008 centinaia di agenti dell’Immigration and Customs Enforcement (Ice) arrestarono 389 persone, la maggior parte delle quali provenienti da Guatemala e Messico. Tre settimane dopo, la maggior parte degli arrestati furono deportati. I cartelloni sono stati collocati agli incroci strategici delle città di Quad Cities, Des Moines, Dubuque, Cedar Rapids, Sioux City e Clinton. Secondo suor Johanna, le suore stanno già preparando una nuova campagna per opporsi al programma federale "Comunidades Seguras" per identificare i potenziali immigrati con precedenti penali. (R.P.)

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    Usa: a Washington la Marcia per la Vita nel 39.mo anniversario della legalizzazione dell’aborto

    ◊   “Uniamoci sui principi della vita per rovesciare la Roe vs Wade e proteggiamo con amore le madri e i bambini non nati, senza se e senza ma”. E’ il tema della 39.ma edizione della “Marcia per la Vita” di Washington, il tradizionale appuntamento promosso dalla Chiesa cattolica americana nell'anniversario della sentenza della Corte Suprema, Roe vs Wade, che nel 1973 ha legalizzato l'aborto negli Stati Uniti. La manifestazione avrà luogo domani e sarà preceduta stanotte da una Veglia di preghiera nel Santuario nazionale dell'Immacolata Concezione della capitale Usa, dove sono attese circa 20mila persone. Presiede la Messa di apertura il cardinale Daniel Di Nardo, arcivescovo di Galveston-Houston e presidente della Commissione per le attività pro-vita della Conferenza episcopale degli Stati Uniti. Domani, l’arcivescovo di New York, Timothy Dolan, presiederà la concelebrazione eucaristica a cui seguirà la marcia diretta verso la sede della Corte Suprema. L’evento sarà accompagnato da altre manifestazioni a Washington e in diverse città del Paese. (C.D.L.)

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    Ungheria: il 120.mo della nascita del cardinale Mindszenty "martire" sotto il regime comunista

    ◊   “Ricorre quest’anno, il prossimo 29 marzo, il 120° anniversario della nascita del servo di Dio cardinale József Mindszenty, martire dell’Ungheria sotto il regime comunista”. Lo ricorda - riferisce l'agenzia Sir - il Consiglio permanente della Conferenza episcopale ungherese (Mkpk), che traccia un breve profilo del cardinale, morto nel 1975, di cui è in corso il processo di beatificazione. In un comunicato i vescovi danno anche un primo dettaglio del programma di commemorazioni che in Ungheria e in altre parti del mondo ricorderanno “l’eroica figura di Mindszenty”. In particolare, tra le celebrazioni religiose, la Messa di ringraziamento presieduta dal cardinale Péter Erdö, primate d’Ungheria e presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee), il 31 marzo nel duomo di Szombathely (diocesi natale di Mindszenty); la Messa nella basilica di Esztergom, dove riposano le spoglie del cardinale, il 5 maggio con la partecipazione del cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna. Una mostra sulla vita e l’opera di Mindszenty sarà allestita invece a Vienna a cura del Consiglio permanente della Mkpk. (R.P.)

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    Bosnia-Erzegovina. Allarme del cardinale Puljic: cresce il fondamentalismo islamico

    ◊   Le autorità della Bosnia-Erzegovina non stanno affrontando l’ascesa del radicalismo islamico. L’allarme arriva dal più importante vescovo cattolico del Paese, il cardinale arcivescovo di Sarajevo, Vinko Puljic, il quale ha richiamato l’attenzione sulla crescita dell’estremismo nel Paese dei Balcani durante una visita al quartier generale dell'organizzazione caritatevole cattolica, Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs) con sede a Königstein, in Germania. Secondo il porporato - riferisce l'agenzia Zenit - la crescente islamizzazione della Bosnia-Erzegovina viene finanziata dai radicali in Medio Oriente. “Centri islamici e moschee sono state costruite in molti luoghi con i petrodollari dall’Arabia Saudita”, ha detto il cardinale Puljic. Durante l’intervista a Königstein, il porporato ha sottolineato la diffusione del wahhabismo, un movimento di riforma islamica, che è la religione ufficiale dell’Arabia Saudita. Il wahhabismo è stato collegato, da molti commentatori, a movimenti terroristici come Al Qaeda. L’arcivescovo di Sarajevo ha dichiarato che in Bosnia-Erzegovina ci sono già da 3.000 a 5.000 wahhabiti e che il gruppo sta cercando di aumentare la sua influenza nella società. “Nessuno nel governo ha il coraggio di fare qualcosa per impedire questo sviluppo”, ha dichiarato il cardinale Puljic. Secondo il rapporto di Acs "Persecuted and Forgotten?" sull’oppressione dei cristiani, più di 100mila giovani musulmani bosniaci sono venuti in contatto con l’islam wahhabita, attraverso organizzazioni come Active Islamic Youth, Furqan e il Muslim Youth Council. “Negli ultimi anni – ha proseguito il porporato - nella sola Sarajevo sono state costruite almeno 70 nuove moschee”. Secondo i rapporti, l’Arabia Saudita ha finanziato a Sarajevo la ricostruzione della moschea Husrev Begova, eliminando anche i mosaici interni, come richiede l’estetica wahhabita. Un’altra nuova moschea, la “Re Fahd”, che è il più grande luogo di culto islamico di tutta la Bosnia-Erzegovina, è stata descritta in un rapporto come una “calamita” per fondamentalisti musulmani. Mentre le moschee sono state costruite o restaurate, il cardinale Puljic ha fatto notare che servono anni per ottenere un permesso per costruire chiese, aggiungendo che i beni della Chiesa confiscati durante il comunismo non sono ancora stati restituiti. Secondo Puljic, il governo “non ha alcun interesse a restituire alla Chiesa Cattolica la sua proprietà”, mentre, nella maggior parte dei casi, la proprietà musulmana è stata restituita. L’arcivescovo di Sarajevo ha aggiunto che “i cattolici sono sistematicamente svantaggiati” e ha chiesto parità di trattamento per i cattolici nel lavoro, nell’istruzione e negli altri settori della vita. Nonostante questi problemi, il cardinale ha affermato che la Chiesa cattolica sta cercando maggiore cooperazione tra i diversi gruppi etnici e religiosi. “Noi siamo una minoranza, ma siamo una forza costruttiva che vuole contribuire al successo della società”, ha detto. Nell’ambito del programma, cattolici, musulmani e serbo-ortodossi lavorano insieme per promuovere la tolleranza, la non violenza e il rispetto reciproco. I musulmani costituiscono circa il 40% della popolazione del Paese, i serbo-ortodossi il 31% e i cattolici il 10%. Dei circa 820.000 cattolici che vivevano in Bosnia-Erzegovina prima della guerra (1992-1995), ne sono rimasti solo 460.000 e l’emigrazione continua. (R.P.)

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    Costa d'Avorio: riunione dei vescovi dell’Africa Occidentale sui problemi della regione

    ◊   Si terrà da domani al 29 gennaio prossimi a Yamoussoukro, in Costa d’Avorio, la prima riunione della Conferenza episcopale regionale dell’Africa Occidentale (Recowa-Cerao), nata nel 2009 dalla fusione dell’Associazione delle Conferenze episcopali anglofone dell’Africa Occidentale (Aecawa), della Conferenza episcopale regionale francofona dell’Africa dell’Ovest, delle Conferenze episcopali dei Paesi lusofoni. Per la prima volta cardinali, arcivescovi e vescovi dei Paesi francofoni, anglofoni e lusofoni dell’Africa occidentale si ritroveranno insieme per discutere il tema: “La Chiesa , Famiglia di Dio, in Africa occidentale a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace”. “Come la Cedeao, la Comunità economica degli Stati dell’Africa Occidentale, vogliamo riunirci per riflettere insieme sui grandi problemi dei nostri Paesi”, così ha spiegato il senso della riunione, mons. Jean-Pierre Kutwa, arcivescovo di Abidjan, al termine di un incontro con il presidente ivoriano Alassane Ouattara in cui ha invitato il Capo dello Stato a partecipare all’evento. La riunione - che vedrà la presenza di mons. Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli - era prevista originariamente dal 7 al 9 dicembre del 2010, ma era stata poi rimandata a causa della crisi politica in cui era ripiombato il Paese dopo le elezioni presidenziali dell’anno scorso. (L.Z.)

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    Filippine: il 2 febbraio la cattedrale di Jaro verrà proclamata Santuario mariano nazionale

    ◊   “Santuario nazionale di Nostra Signora delle Candele”: sarà questo il titolo che spetterà alla cattedrale di Jaro, nelle Filippine, dal prossimo 2 febbraio. Nel luglio scorso, infatti, i vescovi locali hanno stabilito l’elevazione della chiesa a santuario di tutto il Paese e nei prossimi giorni, quindi, si passerà alla cerimonia ufficiale di proclamazione. La scelta del 2 febbraio non è casuale: quel giorno, infatti, si celebra la presentazione di Gesù al tempio, ricorrenza nota anche come “candelora”, poiché vi avviene anche la benedizione dei ceri. In preparazione di tale avvenimento, dal 24 gennaio al 1.mo febbraio si terrà una novena di preghiera, mentre il 2 febbraio l’arcivescovo di Jaro, Angel Lagdameo, presiederà una Messa solenne, durante la quale leggerà l’atto formale di proclamazione della cattedrale a santuario nazionale. Da ricordare che l’immagine della Vergine delle candele di Jaro fu incoronata il 21 febbraio del 1981 da Giovanni Paolo II, durante il suo viaggio apostolico nelle Filippine; lo stesso Papa Wojtyla la proclamò, il 21 aprile 1982, Patrona delle isole Wisayas occidentali. (I.P.)

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    Iraq: a Sulaymanya una comunità religiosa aperta a cristiani e musulmani

    ◊   Un monaco, tre postulanti e una novizia a lavoro nel Kurdistan iracheno per dar vita ad un luogo di preghiera e di incontro con l'islam. I cinque religiosi siriani animeranno una comunità nell’antica parrocchia della Vergine Maria, nel cuore della cittadina curda irachena di Sulaymanya. Vuole essere simbolo di speranza e impegno, per dare nuove prospettive ai cristiani rimasti. Nella chiesa, si legge su terrasanta.net, si stanno ridipingendo le sale che ospiteranno i visitatori, si stanno stuccano le crepe e, al posto delle vecchie panche, saranno srotolati dei tappeti per la preghiera, secondo gli usi del primitivo cristianesimo orientale e dell’islam. L’idea è quella di creare un luogo dove ogni credente, a prescindere dalla sua fede, possa trovarsi a casa sua, imparare il dialogo. E pregare. La comunità, sostenuta dall’arcivescovo di Kirkuk, mons. Loius Sako, sarà composta - come a Mar Musa, in Siria - da monaci e monache e sarà aperta a coloro che vi si vorranno fermare. (T.C.)

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    Quinto anniversario della morte dell’Abbé Pierre, fondatore della Comunità Emmaus

    ◊   Cinque anni fa, moriva l’Abbé Pierre, fondatore nel 1949 in Francia della Comunità Emmaus, oggi presente in molti Paesi del mondo. Nell’anniversario della morte, si moltiplicano le celebrazioni in memoria del religioso francese. Tra i punti cardine della sua testimonianza, la necessità di fronteggiare le sfide senza tempo della giustizia e della pace. L’Abbè Pierre scriveva in un editoriale nel 1956, riportato oggi dal quotidiano Avvenire: “Nessuna società, soprattutto in epoca industriale saprebbe trovare il proprio equilibrio indipendentemente da un serio sforzo in direzione di una maggiore umanizzazione di tutto il sistema (…). E’ ormai evidente che nei prossimi anni, tutti gli equilibri morali, sociali e politici del pianeta, saranno condizionati dal modo in cui l’uomo riuscirà o non riuscirà a sfamare i propri simili”. Grande anche l’attenzione verso i giovani che esortava a “lottare per avere il diritto di esercitare il dovere di essere utili agli altri”. (C.D.L.)

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    Salvador: si è conclusa la Settimana per la pace

    ◊   Si è conclusa ieri con "L'Assemblea per la Pace", la settimana dedicata alla "Giornata Mondiale della Pace" dall'arcidiocesi di San Salvador, (14-21 gennaio). Lo scopo è stato quello di diffondere il Messaggio della Giornata Mondiale per la Pace e commemorare il 20° anniversario degli Accordi di pace nel Paese. "Educare i giovani alla giustizia e alla pace" è il titolo che ha dato Benedetto XVI al Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 2012. Per questo sono state rivolte ai giovani le attività proposta dalla Settimana per la pace. Tra queste: una tavola rotonda tenutasi il 17 gennaio, dal titolo: "Dialogo sulla natura e cultura giovanile", alla quale hanno partecipato allievi dell'Accademia nazionale di Pubblica Sicurezza e agenti della Polizia nazionale civile; e un workshop sulla Pastorale Familiare - mercoledì 18 - dal titolo: Come trasmettere i valori della Pace attraverso la famiglia. Il Messaggio per la Giornata della Pace è stato presentato in una conferenza stampa il 20 gennaio. L’iniziativa si è chiusa ieri con un incontro sul tema: "Perché tanti giovani finiscono nelle bande?". Quest’anno il Paese celebra il 20° anniversario degli storici “Accordi di Pace” firmati il 16 gennaio 1992 a Chapultepec, in Messico, che misero fine a 12 anni di guerra civile. Ma dinanzi alla brutale offensiva criminale che il Paese sta subendo, la Chiesa propone un nuovo patto sociale nazionale per eliminare la violenza e la povertà dalla società. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 22

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli.