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Sommario del 21/01/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Il vero diritto è inseparabile dalla giustizia. Così Benedetto XVI alla Rota Romana
  • Memoria di Sant'Agnese: presentati al Papa gli agnelli benedetti la cui lana servirà per i sacri pallii
  • Il cardinale Wuerl: pluralismo a rischio negli Usa
  • Padre Lombardi sull'unità dei cristiani: la sete di Dio obbliga a una comune risposta efficace e credibile
  • Il dicastero dei Migranti a Fatima per il 50.mo dell'Opera cattolica portoghese per le migrazioni
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Afghanistan: Karzai apre al dialogo con i talebani, ma nel Paese è ancora violenza
  • Concordia: si cercano altri corpi e si prepara lo svuotamento del carburante dalla nave
  • Il governo: con le liberalizzazioni il Paese fuori dalla crisi. L'opinione delle Acli
  • Usa: primarie in South Carolina, sfida tra Romney e Gingrich
  • Al via la Coppa d'Africa in Guinea Equatoriale e Gabon tra speranze e contraddizioni
  • Un attacco alla libertà di coscienza: così i vescovi Usa sulle disposizioni del governo pro-contraccettivi e abortivi
  • Sicilia: riprende il trasporto merci. Mons. Manzella: non blocchi ma politiche oculate
  • A Roma il primo centro notturno d'emergenza per minori stranieri
  • Al carcere di Rebibbia la premiazione dei presepi dei detenuti, nel ricordo della visita del Papa
  • Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Nigeria. Si aggrava il bilancio degli attentati a Kano: almeno 80 i morti
  • Siria: attacco contro bus di detenuti, 14 morti
  • Egitto. Estremisti islamici contro i copti: due feriti, chiese assaltate e case incendiate
  • Croazia: Messaggio dei vescovi per il referendum sull’adesione all’Ue
  • Yemen: il parlamento approva l'immunità per Saleh
  • La denuncia dell’Acnur: mai così tanti rifugiati nello Yemen
  • Myanmar: spira il vento del cambiamento, ma nel nord ancora scontri
  • India: il 125.mo dell'arcidiocesi di Calcutta nel solco di Madre Teresa
  • Filippine: nel Mindanao i leader religiosi cristiani e musulmani a scuola di dialogo
  • Ecuador: legge sulla libertà religiosa rischia di interferire con le decisioni della Chiesa
  • Senegal: appello dei vescovi per elezioni presidenziali pacifiche, giuste e trasparenti
  • Malawi: la Chiesa condanna le aggressioni contro le donne
  • Sudafrica: la Chiesa contraria al disegno di legge sulla sicurezza: mina il diritto all’informazione
  • Cina: parrocchie mobilitate nel segno della solidarietà in occasione del Capodanno
  • Messa del cardinale Sodano in ricordo di mons. Giovanni D’Andrea
  • A Roma la riunione del Consiglio episcopale permanente dei vescovi italiani
  • Si è spento a Roma il padre gesuita Angelo Serra, genetista e membro di Civiltà Cattolica
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il vero diritto è inseparabile dalla giustizia. Così Benedetto XVI alla Rota Romana

    ◊   “Il vero diritto è inseparabile dalla giustizia”. Così Benedetto XVI, nella Sala Clementina in Vaticano, nel discorso per l'inaugurazione dell'Anno giudiziario del Tribunale della Rota Romana. Il Papa si è soffermato su quello che ha definito un “aspetto primario del ministero giudiziale”, ovvero “l’interpretazione della legge canonica”. Ricordata anche la recente innovazione del trasferimento ad “un Ufficio presso il Tribunale Apostolico delle competenze circa i procedimenti di dispensa dal matrimonio rato e non consumato e le cause di nullità della sacra Ordinazione”. Massimiliano Menichetti.

    Il diritto canonico - ha spiegato il Papa - trova nelle verità di fede il suo fondamento e il suo stesso senso. E l’interpretazione “è strettamente legata alla concezione stessa della legge della Chiesa”. Da qui la necessità di evitare il rischio di identificare “il diritto canonico con il sistema delle leggi”, ovvero i testi, i Codici cadendo così nel cosiddetto “legalismo”. Questa riduzione porterebbe “all’oblio”, a non considerare il “diritto naturale e il diritto divino positivo” (ovvero l’insieme dei principi che dipendono direttamente dalla Creazione e quello istituito da Dio mediante la Rivelazione), come il rapporto “vitale di ogni diritto con la comunione e la missione della Chiesa”. Il Papa prima di sottolineare “che non può esistere giustizia senza verità” ha tracciato anche il limite “delle vie interpretative” care "ad esempio" alla tradizione orientale:

    “La misericordia, l'equità, l'oikonomia così cara, sono alcuni dei concetti a cui si ricorre in tale operazione interpretativa. Conviene notare subito che questa impostazione non supera il positivismo che denuncia, limitandosi a sostituirlo con un altro in cui l'opera interpretativa umana assurge a protagonista nello stabilire ciò che è giuridico”.

    E’ “arbitrarietà” in questo caso - ha spiegato - il rischio che si incontra perché “manca il senso di un diritto oggettivo da cercare, poiché esso resta in balìa di considerazioni che pretendono di essere teologiche o pastorali”.

    "In tal modo l'ermeneutica legale viene svuotata: in fondo non interessa comprendere la disposizione della legge, dal momento che essa può essere dinamicamente adattata a qualunque soluzione, anche opposta alla sua lettera. Certamente vi è in questo caso un riferimento ai fenomeni vitali, di cui però non si coglie l'intrinseca dimensione giuridica".

    “Esiste un'altra via – ha ribadito - in cui la comprensione adeguata della legge canonica apre la strada a un lavoro interpretativo che s'inserisce nella ricerca della verità sul diritto e sulla giustizia nella Chiesa”:

    "Il vero diritto è inseparabile dalla giustizia. Il principio vale ovviamente anche per la legge canonica, nel senso che essa non può essere rinchiusa in un sistema normativo meramente umano, ma deve essere collegata a un ordine giusto della Chiesa, in cui vige una legge superiore. In quest'ottica la legge positiva umana perde il primato che le si vorrebbe attribuire, giacché il diritto non si identifica più semplicemente con essa; in ciò, tuttavia, la legge umana viene valorizzata in quanto espressione di giustizia, anzitutto per quanto essa dichiara come diritto divino, ma anche per quello che essa introduce come legittima determinazione di diritto umano".

    “Cercare e servire”, le parole usate dal Papa, nell’orizzonte della verità giuridica che si incarna anche nell'ermeneutica:

    "L'interpretazione della legge canonica deve avvenire nella Chiesa. Non si tratta di una mera circostanza esterna, ambientale: è un richiamo allo stesso humus della legge canonica e delle realtà da essa regolate".

    La maturità cristiana – ha proseguito - conduce ad amare sempre più la legge e a volerla comprendere ed applicare con fedeltà:

    "Questi atteggiamenti di fondo si applicano a tutte le categorie di interpretazione: dalla ricerca scientifica sul diritto canonico, al lavoro degli operatori giuridici in sede giudiziaria o amministrativa, fino alla ricerca quotidiana delle soluzioni giuste nella vita dei fedeli e delle comunità. Occorre spirito di docilità per accogliere le leggi, cercando di studiare con onestà e dedizione la tradizione giuridica della Chiesa per potersi identificare con essa e anche con le disposizioni legali emanate dai Pastori, specialmente le leggi pontificie nonché il magistero su questioni canoniche, il quale è di per sé vincolante in ciò che insegna sul diritto".

    Riflessioni – ha spiegato – che acquistano una peculiare rilevanza nell'ambito delle leggi riguardanti l’atto costitutivo del matrimonio, la sua consumazione e la ricezione dell’Ordine sacro, e di quelle attinenti ai rispettivi processi:

    "Qui la sintonia con il vero senso della legge della Chiesa diventa una questione di ampia e profonda incidenza pratica nella vita delle persone e delle comunità e richiede una speciale attenzione".

    Quindi l’esortazione del Papa “all’unità ermeneutica” che “non mortifica in alcun modo le funzioni dei tribunali locali, chiamati a confrontarsi per primi con le complesse situazioni reali che si danno in ogni contesto culturale”. “Ciascuno di essi infatti – ha concluso - è tenuto a procedere con un senso di vera riverenza nei riguardi della verità sul diritto, cercando di praticare esemplarmente, nell’applicazione degli istituti giudiziali e amministrativi, la comunione nella disciplina, quale aspetto essenziale dell'unità della Chiesa”.

    Questa mattina il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, celebrando la Santa Messa nella Cappella Paolina per l'inaugurazione dell'Anno giudiziario del Tribunale della Rota Romana, ha ribadito che “il giudice ecclesiastico, come pure gli operatori della giustizia della Chiesa, non devono stancarsi di invocare lo Spirito Santo, affinché doni a ciascuno la passione della verità, che non è mai accusa contro qualcuno, ma è invece favorire la verità per amore della verità, dopo aver compiuto la fatica di cercarla”.

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    Memoria di Sant'Agnese: presentati al Papa gli agnelli benedetti la cui lana servirà per i sacri pallii

    ◊   Un gesto rituale e antico, nella Cappella Urbano VIII del Palazzo Apostolico, ha caratterizzato nella tarda mattinata di oggi gli impegni di Benedetto XVI. Dopo l’udienza al Tribunale della Rota Romana, sono stati presentati al Papa – come ogni 21 gennaio, festa di Sant’Agnese – due agnelli benedetti stamani nella omonima Basilica in Via Nomentana, e la cui lana servirà per la tessitura dei sacri pallii. Si tratta delle stole di lana bianca, ornate di sei croci nere, custodite in un’urna presso la Confessione di San Pietro e imposte dal Pontefice ogni anno, il 29 giugno, ai nuovi arcivescovi metropoliti, durante la Messa solenne dei SS. Pietro e Paolo.

    Gli agnelli sono tradizionalmente allevati dalle religiose del convento romano di San Lorenzo in Panisperna e vengono offerti al Papa dai Canonici Regolari Lateranensi nella memoria liturgica di Sant’Agnese, la martire romana che nell’iconografia tradizionale è spesso raffigurata con un agnello.

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    Il cardinale Wuerl: pluralismo a rischio negli Usa

    ◊   I vescovi degli Stati Uniti sono in Vaticano per la visita ad Limina. Giovedì scorso il Papa ha incontrato il secondo gruppo di presuli sottolineando la necessità di un laicato cattolico maturo ed impegnato, di fronte alle gravi minacce di un secolarismo radicale sempre più presente nella società. Christopher Altieri ne ha parlato con l’arcivescovo di Washington, il cardinale Donald Wuerl:

    R. – In the allocution…
    Nel suo discorso, il Santo Padre ha sollevato il tema della libertà religiosa e di quei valori che nascono dalla fede e che dobbiamo far emergere nel dibattito nazionale. La nostra sfida, oggi, come vescovi, è fare in modo che i nostri fedeli realizzino i valori della fede nella vita quotidiana, nella politica, nella finanza, nella cultura, in ogni aspetto dell’esistenza. Prendere il Vangelo e applicarlo: questo è il modo di far fiorire il Regno nel nostro mondo.

    D. – E’ qualcosa di più di una mera questione di politica...

    R. – What we’re talking about…
    Quello di cui stiamo parlando è una questione ben più importante di una politica o di una strategia. Noi siamo cittadini del Regno di Dio che che si dispiega nel mondo e anche cittadini della nazione in cui viviamo. La ragione per cui la fede e la vita pubblica sempre si mescolano è perché la stessa persona oltre ad essere un cittadino è anche un credente.

    D. – Cosa sta facendo la Chiesa per raggiungere coloro che non condividono le sue posizioni e forse anche i suoi valori di base?

    R. – In our Nation...
    Nella nostra nazione, storicamente e certamente anche oggi, l’assoluta maggioranza dei cittadini condivide quei valori comuni che provengono dalla nostra Dichiarazione d’Indipendenza e che si riflettono nella nostra Costituzione. Ma oggi c’è una spinta verso una società secolarizzata: è come se in qualche modo il secolarismo avesse una sorta di egemonia. Questa è la vera sfida. Parliamo di una società pluralistica, in cui tutti i valori sono presenti e in cui tutti i cittadini hanno voce: ma questo pluralismo, oggi, viene indebolito dall’idea che ci sia una società secolarista monolitica che dovrebbe essere l’unica voce nello stabilire i fondamenti della vita pubblica.

    D. – Per quanto riguarda la nuova evangelizzazione, cosa si sta facendo nel Paese?

    R. – Well, I think what we’re finding...
    La nuova evangelizzazione è diretta a tutti noi e, in particolare, a coloro che si sono allontanati dalla pratica della fede: questi, spesso, credono di sapere qualcosa della fede, ma non è così. Hanno bisogno di essere introdotti di nuovo, e forse per la prima volta, al significato del Vangelo. Noi stiamo agendo su tre livelli: innanzitutto, noi stessi dobbiamo approfondire la fede. Secondo punto, dobbiamo imparare a non giustificarci per ciò che crediamo; terzo punto, siamo chiamati a invitare le persone a condividere la fede. Questo è quello che stiamo facendo negli Stati Uniti. Il Regno di Dio fiorisce nella vita di ciascun credente. Non siamo chiamati ad essere dei mistici separati da questo mondo, ma siamo chiamati ad essere fedeli discepoli di Gesù per portare il Vangelo in tutti gli ambiti in cui viviamo. Gesù ha cercato prima di tutto il Regno: questo è il modo in cui anche noi credenti dobbiamo cercare quel Regno. (ap)

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    Padre Lombardi sull'unità dei cristiani: la sete di Dio obbliga a una comune risposta efficace e credibile

    ◊   L’udienza generale di mercoledì scorso ha permesso a Benedetto XVI di introdurre con una apposita catechesi la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani 2012, che ogni anno ha il suo inizio il 18 gennaio. I cristiani uniti sono “più credibili”, ha detto fra l’altro il Papa, ma “non si tratta – ha aggiunto – semplicemente di cordialità o di cooperazione”, bensì di “sentire l’urgenza di testimoniare all’uomo del nostro tempo” Cristo. Da questi spunti parte la riflessione del nostro direttore generale, padre Federico Lombardi, nel suo editoriale per “Octava dies”, il settimanale d’informazione del Centro Televisivo Vaticano:

    “La nuova evangelizzazione può essere più fruttuosa se tutti i cristiani annunciano insieme la verità del Vangelo di Gesù Cristo e danno una risposta comune alla sete dei nostri tempi”, ha detto il Papa nell’udienza generale del 18 gennaio, all’inizio della settimana di preghiere per l’unità. Ancora una volta, appare evidente come l’impegno ecumenico sia essenziale e interno alla missione della Chiesa nel mondo di oggi e alle linee principali del pontificato. Il tema della “nuova evangelizzazione” che ci accompagna verso il Sinodo dei Vescovi del prossimo autunno è intrinsecamente ecumenico, e l’“Anno della fede” annunciato dal Papa avrà una dimensione ecumenica anche a livello universale, sottolineata da celebrazioni specifiche, come ha spiegato una recente Nota della Congregazione per la Dottrina della Fede, ricordando come “l’unità di tutti i cristiani è uno dei principali intenti del Concilio Vaticano II”, di cui ricorre il cinquantenario.

    La sete spirituale del nostro tempo invoca una risposta comune credibile ed efficace, nonostante le difficoltà. Il Papa, parlando a una delegazione finlandese, ha osservato che “di recente le questioni etiche sono diventate uno dei punti di divergenza tra i cristiani”, ma che “un accordo profondo fra i cristiani sulle questioni antropologiche può aiutare la società e i politici a prendere decisioni sagge e giuste riguardo a importanti temi nelle sfere della vita umana, della famiglia e della sessualità”. Insomma, unità per la comunione nella fede, unità per il servizio del cammino dell’umanità.

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    Il dicastero dei Migranti a Fatima per il 50.mo dell'Opera cattolica portoghese per le migrazioni

    ◊   Il Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti, rappresentato dal sottosegretario padre Gabriele F. Bentoglio, è a Fatima, in Portogallo, dove oggi – presso l’Auditório do Museu de Arte Sacra e Etnologia dei Missionari della Consolata – il religioso ha partecipato alle celebrazioni di apertura del 50.mo anniversario di fondazione dell’Opera Cattolica Portoghese per le Migrazioni (Obra Católica Portuguesa de Migrações), organismo della Conferenza episcopale del Portogallo a servizio delle migrazioni. Nel suo saluto, padre Bentoglio ha ricordato come l’Opera della Chiesa lusitana abbia sottolineato in mezzo secolo “il primato e la centralità della persona” nel suo costante servizio agli immigrati. Alla Conferenza hanno partecipato numerosi presuli e rappresentanti governativi, tra cui, fra gli altri, la dott.ssa Maria do Rosário Farmhouse, alto commissario per l’Immigrazione e il dialogo interculturale, il dott. Feliciano Barreiras Duarte, segretario di Stato aggiunto del ministro aggiunto e degli Assunti parlamentari.

    Domani, padre Bentoglio terrà una conferenza sul tema “Orientamenti pastorali per l’attuale realtà migratoria”, nel contesto del XII Incontro di Formazione degli Operatori pastorali per le migrazioni in programma a Fatima. L’Incontro si chiuderà con la solenne celebrazione dell’Eucaristia nella Chiesa della Santissima Trinità, a Fatima, con particolare riferimento alla Giornata Mondiale del migrante e del rifugiato.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   La legge canonica s'interpreta nella Chiesa: Benedetto XVI alla Rota Romana per l'inaugurazione dell'anno giudiziario.

    Nell'informazione internazionale, Francesco Citterich riguardo al referendum, in Croazia, sull'adesione all'Ue, e Giuseppe M. Petrone sulla conferenza dell'Onu, a Ginevra, sul disarmo.

    Spirito e materia: in cultura, Jonah Lynch sui mosaici della cappella della casa romana della Fraternità san Carlo Borromeo.

    Un articolo di Francesco Malgeri dal titolo "Non abbandoniamo gli operai": l'Italia e la Dc secondo Donat-Cattin.

    Le fonti nel cestino: Carlo Carena spiega come cambiano gli studi filologici con l'avvento dell'informatica.

    Vincenzo canta, Alda risponde: Claudio Toscani su letteratura italiana e sacro tra Ottocento e Novecento.

    Il progresso del confronto teologico nel futuro del dialogo ecumenico: nell'informazione religiosa, Mark Langham sulle relazioni tra il Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani e la Comunione anglicana.

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    Oggi in Primo Piano



    Afghanistan: Karzai apre al dialogo con i talebani, ma nel Paese è ancora violenza

    ◊   I Talebani hanno rivendicato l'uccisione dei quattro soldati francesi nell'est dell'Afghanistan, affermando di aver reclutato il militare afghano responsabile dell'attacco di ieri contro i transalpini. Intanto questa mattina nuovo attentato, a Lashkar Gah, capoluogo della provincia meridionale di Helmand, dove 4 civili hanno perso la vita in seguito all'esplosione di un ordigno. L'attacco è giunto proprio mentre il presidente Karzai, inaugurando l'anno parlamentare a Kabul, si è detto disponibile ad aprire un negoziato di pace con i talebani; il processo di riconciliazione - ha sottolineato però il capo di Stato - appartiene alla nazione afghana e nessun Paese o organizzazione stranieri possono sottrarre agli afghani questo diritto. Come valutare questa presa di posizione così forte? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Maurizio Simoncelli, di Archivio Disarmo e docente di geopolitica dei conflitti presso l’Università Roma Tre:

    R. – Non è un'apertura nuova, perché da tempo Karzai sta tentando di avviare un dialogo all’interno dell’Afghanistan, e sappiamo che la situazione è molto complessa. Ma certamente è un segnale molto forte e di fronte al fatto che teoricamente nel 2014 dovrebbero ritirarsi gli uomini della missione internazionale, la mossa di Karzai è ispirata a far sì che a quell’epoca ci si arrivi non con una nuova guerra civile, ma all’interno di un processo di pacificazione.

    D. – Gli Stati Uniti, attraverso il loro inviato Grossman, hanno riferito alle autorità afghane che è necessario mettere fine al conflitto. Su cosa si basa il rapporto tra Washington e Kabul, in questo momento? E’ più di coalizione o di scontro diplomatico?

    R. – Tutti e due contemporaneamente. Karzai si è lamentato duramente, più volte con gli Stati Uniti in particolare, per la gestione della missione, per i danni collaterali. Non dimentichiamo che nella vicenda irachena, ad esempio, ci sono stati 115 mila civili uccisi a fronte di circa 15 mila militari, iracheni e della coalizione. La popolazione civile ha pagato un tributo altissimo in questa guerra, e quindi la volontà di Karzai è quella di spingere gli Stati Uniti ad avere un atteggiamento non più da occupanti.

    D. – Dall’altra parte, però, il rapporto tra Usa e Aghanistan – dal punto di vista politico – è comunque solido …

    R. – Certamente! Il rapporto è solido anche perché Karzai negli Stati Uniti e nella missione Isaf trova un punto di riferimento significativo e anche di legittimazione di fatto del suo potere. Ma è certo che un processo di pace va realizzato con coloro che si combattono, e quindi inevitabilmente bisogna avviare un processo di pacificazione all’interno dell’Afghanistan, tentando di coinvolgere al massimo quelle forze variegate del mondo che noi definiamo in modo molto generico “dei talebani”; quelle forze che sono eventualmente più disponibili a trovare un accordo con Karzai.

    D. – L’Afghanistan, comunque, continua ad essere un Paese instabile e diviso tra mille tribù e fazioni, piagato dalle continue violenze. Riuscirà questa apertura a normalizzare la situazione?

    R. – Sappiamo che il mondo afghano è molto complesso; non abbiamo di fronte un esercito unitario con un comandante unico che si oppone al potere di Kabul; non abbiamo due governi che si fronteggiano: abbiamo un governo centrale e abbiamo un’altra coalizione, di fronte, una coalizione – come abbiamo detto prima – di tante tribù, con tanti diversi capi. Quindi, è una trattativa molto complessa, molto difficile e resa ancora più difficile dalla pluralità dei soggetti che dovrebbero sedere intorno a questo tavolo. Per altri versi, questo però può facilitare, perché può dare delle possibilità di dividere il campo avversario e trovare quantomeno una parte più disponibile ad un accordo, ad una pacificazione. E questo potrebbe essere uno dei percorsi che Karzai vorrebbe compiere. (gf)

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    Concordia: si cercano altri corpi e si prepara lo svuotamento del carburante dalla nave

    ◊   Proseguono le operazioni di soccorso sul relitto della Costa Concordia alla ricerca dei corpi dei passeggeri. Dopo il lento movimento registrato ieri, la nave si è fermata e i sommozzatori stamattina hanno recuperato l’Hard Disk dell’imbarcazione più due telecamere posizionate nella cabina di pilotaggio. Il servizio è di Eugenio Bonanata:

    Il lavoro di queste ore si concentra sulla messa in sicurezza della nave per favorire le operazioni di svuotamento delle 2.400 tonnellate di carburante contenute nei serbatoi. Questa fase, che potrà durare fino a tre settimane, coinvolge diverse unità marine specializzate e un sistema di protezione attorno allo scafo per evitare l'eventuale dispersione di liquidi in mare. Intanto, cresce la preoccupazione per la condizione psichica dei sopravvissuti e dei familiari delle vittime. Sentiamo don Giacomo Martino, direttore nazionale dell’Apostolato del Mare Italiano:

    R. - Mi sembra che sempre di meno si stia parlando delle persone, in generale, al di là dei conti e dei numeri. I volti delle persone, dei familiari, che, dopo oltre una settimana, stanno ancora sperando per i dispersi… Insomma, adesso è proprio il momento di andare vicino a queste persone una per una e far sì che possano sentirsi, io dico, nel cuore della Chiesa, ma nel cuore di questa umanità.

    D. - Ma cosa serve in questa fase?

    R. – E’ importante che veramente si pensi a questo lavoro con un’attenzione non soltanto meramente scientifica. Si dice: mettiamo un dottore, uno psicologo, facciamo quattro sedute e finisce lì. Le persone hanno bisogno di vera compassione, di qualcuno che patisca con loro, di qualcuno che sia in grado di accoglierli così come sono. Qualcuno ha buttato fuori rabbia, qualcuno gratitudine, qualcuno non riusciva a tirare fuori niente… Le persone vanno incontrate una per una. Credo che, forse, questa attenzione mediatica faccia soltanto male a queste persone che in questo momento hanno bisogno di qualcuno che gli stringa la mano e lo faccia senza nessun altro motivo se non quello di stargli vicino.

    Sul fronte delle indagini, oggi è stato depositato il ricorso della procura di Grosseto contro la concessione dei domiciliari al comandante Schettino. A Messina, invece, si è costituito un comitato di ex naufraghi che è pronto a chiedere alla compagnia Costa Crociere un risarcimento di almeno 500 mila euro a testa. Infine, lunedì è attesa la notifica dell’incidente probatorio sulla scatola nera. L’obiettivo degli inquirenti è ovviamente ricostruire con esattezza cioè che è avvenuto. Ma quanto può essere utile l’uso del satellite in questa fase? Renato Farina è l'amministratore Delegato di Eutelsat, il principale operatore satellitare europeo:

    R. – Attraverso il satellite, si può seguire il tracciamento della rotta della nave e sapere esattamente dove la nave è passata, dove sta passando o è indirizzata verso. Questo si può fare in tempo reale.

    D. - Il satellite può dare informazioni aggiuntive rispetto alla scatola nera?

    R. – Molte navi oggi sono dotate di strumenti di comunicazione satellitare, per cui tutte le informazioni che vengono registrate possono essere riportate al centro di comando e di controllo della flotta: sia il corretto posizionamento della nave sulla cartografia, sia un monitoraggio degli strumenti di bordo, quindi di quello che in quel momento la nave ha fatto e dello stato degli apparati nel corso della sua navigazione. (bf)

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    Il governo: con le liberalizzazioni il Paese fuori dalla crisi. L'opinione delle Acli

    ◊   Per il governo, il decreto sulle liberalizzazioni permetterà di far uscire il Paese dalla recessione. Il Prodotto interno lordo potrebbe aumentare dell’11 per cento, l’occupazione e i salari dell’8 per cento, i salari di quasi il 12 per cento. Sostegno all’azione dell’esecutivo arriva da Pdl, Pd e Confindustria. Per il segretario generale della Cgil Susanna Camusso, però la liberalizzazione degli orari dei negozi "potrebbe portare guai“. Alessandro Guarasci ha sentito l’opinione del presidente delle Acli, Andrea Olivero:

    R. – Dovremo vedere alla prova dei fatti. Certamente ci sono alcuni elementi molto interessanti perché indicano la prospettiva di nuovo lavoro per i giovani, quindi su questo siamo soddisfatti. Forse c’è un po’ troppa enfasi rispetto ad alcune parti di questi provvedimenti perché bisognerà poi verificare attentamente nelle prossime settimane se davvero riescono ad aprire al mercato e non sono soltanto modalità per passare da una oligarchia ad un’altra, da una gestione ristretta ad un’altra gestione ristretta. Purtroppo, siamo un po’ prevenuti, ma quando si è parlato di liberalizzazioni in Italia, quasi sempre, si sono visti aumenti di tariffe, si sono visti nuovi cartelli e non invece nuove possibilità per i cittadini.

    D. - Però diverse categorie in questo momento sono in subbuglio. C’è il rischio di uno scontro sociale, secondo lei?

    R. - Il rischio c’è, soprattutto perché vediamo che si uniscono - legittimi o meno – i gruppi di potere e di rappresentanza di lobbies forti, con un disagio crescente invece di gente che fatica a sbarcare il lunario, ad arrivare a fine mese. Questa cosa può diventare una miscela esplosiva e bisogna stare molto attenti. Ricordiamoci che c’è grande differenza tra la serrata dei farmacisti o i blocchi dei tassisti e invece l’esasperazione di chi non ha i soldi per arrivare a fine mese, di chi vede chiudere la propria impresa o che fatica a portare avanti la propria attività per i costi eccessivi del carburante.

    D. – La crisi sarà anche al centro del vostro congresso a maggio. Ora è il momento di ricostruire il Paese ...

    R. – Sì, dobbiamo ricostruire il Paese. Noi abbiamo questo compito perché dobbiamo credere nella possibilità di farlo e dobbiamo andare a dare un nuovo assetto sia istituzionale ma anche civile all’Italia. Per farlo dobbiamo rigenerare la nostra società. Ancora una volta non dobbiamo dimenticarci delle parole di Giovanni Paolo II: non ci può essere vero cambiamento, nemmeno nell’ambito sociale, senza la conversione. Come organizzazioni sociali dobbiamo, innanzitutto, domandarci come andare a convertire il nostro modo di stare insieme. (bf)

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    Usa: primarie in South Carolina, sfida tra Romney e Gingrich

    ◊   Dopo Iowa e New Hampshire, le presidenziali americane vivono oggi una tappa fondamentale con le primarie repubblicane in South Carolina. I sondaggi della vigilia prevedono una sfida tra Mitt Romney e l’ex speaker della Camera, Newt Gingrich che è in forte ascesa negli ultimi giorni. Sull’importanza di questo appuntamento, Alessandro Gisotti ha intervistato il prof. Stephen Schneck, politologo della “Catholic University of America” di Washington:

    R.- It’s particularly important for Mitt Romney, because for the first time …
    E’ di particolare importanza per Mitt Romney, perché vincere anche in South Carolina sarebbe straordinario per lui! La South Carolina è molto importante per i repubblicani, perché è veramente rappresentativa della situazione attuale del partito.

    D. – Quali sono i punti di forza e quelli deboli di Mitt Romney?

    R. – His strength is very often identified with economic conservatism. …
    La sua forza spesso viene identificata con un conservatorismo economico. E’ appoggiato da quanti sono impegnati per la riduzione del ruolo del governo nell’economia. Trova invece maggiori difficoltà nell’attirare i conservatori sociali, i conservatori dei valori, che pure sono una grossa fetta del partito repubblicano.

    D. – Qual è l’atteggiamento del mondo cattolico rispetto a queste primarie repubblicane?

    R. – There are two Catholic republicans who are running; …
    Ci sono due cattolici in lizza tra i repubblicani; uno è Rick Santorum, cattolico fin dalla nascita, e l’altro è Newt Gingrich, recentemente convertitosi al cattolicesimo. I due candidati risultano però attualmente più interessanti per i protestanti e gli evangelici che non per i cattolici: sembra che una larga parte di cattolici questa volta voterà per Mitt Romney.

    D. – Nonostante la crisi economica, i candidati repubblicani come anche la campagna di Obama stanno raccogliendo una somma di denaro incredibile …

    R. – It really is amazing. On the Obama side, for example, it looks like …
    Veramente è stupefacente. Sul fronte di Obama, per esempio, sembra che siano vicini a un miliardo di dollari per questa campagna elettorale, mentre sul fronte repubblicano ci sono differenze tra un candidato e l’altro, ma gli importi spesi sono comunque astronomici. Solo nella South Carolina sono stati spesi oltre 12 milioni di dollari, e stiamo parlando soltanto delle primarie! Quindi, immagino che questa sarà di gran lunga la più costosa campagna elettorale degli Stati Uniti! (gf)

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    Al via la Coppa d'Africa in Guinea Equatoriale e Gabon tra speranze e contraddizioni

    ◊   Coppa d’Africa, vetrina importante di fronte al mondo per Guinea Equatoriale e Gabon, Paesi organizzatori del torneo di calcio continentale per Nazioni, che prende il via questa sera. Molte le contraddizioni dietro l’iniziativa, che ha richiesto un grosso impegno economico e che suscita l’interesse internazionale di appassionati di sport e non solo. Il servizio di Giulio Albanese:

    Questa sera, nella gara d’esordio della Coppa d’Africa, quando alle 19.30 a Bata, la Guinea Equatoriale affronterà la Libia, a scendere in campo sarà la nuova Africa, quella del nuovo corso. Gli spettatori vedranno la nazionale libica, vestita, per la prima volta, con una maglia rossa, e non più verde, a significare che ormai il regime di Gheddafi non c’è più. Ma attenzione, non è tutto oro quello che luccica: basti pensare proprio al Gabon, con un sistema che alcuni osservatori hanno definito “monarchia dinastica” sotto il mantello della Francia che mantiene corposi interessi in questa sua ex colonia dell’Africa Occidentale, grande poco meno dell’Italia, con appena un milione e mezzo di abitanti, e ricca di giacimenti petroliferi in cui paradossalmente cresce a dismisura il divario tra ricchi e poveri.

    E proprio sul Gabon, sentiamo la testimonianza del padre clarettiano, Giuseppe Butti, da anni missionario in questo Paese, intervistato da Giancarlo La Vella:

    “Le infrastrutture che sono state create per la Coppa d'Africa serviranno per la gente. Si tratta di uno sviluppo che resterà, ma la nostra preoccupazione è quella di parlare della giustizia. Il Gabon è ricco, ma la gente non usufruisce di tutte queste ricchezze. Bisogna impegnarsi a promuovere la giustizia, l’equa distribuzione delle risorse, occorre dare lavoro a tutti, educazione e assistenza sanitaria. C’è un grande sforzo da fare ancora”.

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    Un attacco alla libertà di coscienza: così i vescovi Usa sulle disposizioni del governo pro-contraccettivi e abortivi

    ◊   Una decisione che attacca la libertà religiosa e di coscienza: così, la Conferenza episcopale degli Stati Uniti interviene sulla decisione dell’Amministrazione Obama di obbligare tutte le strutture ospedaliere americane, comprese quelle cattoliche, a fornire, a partire dal 2013, contraccettivi e prodotti abortivi nei propri programmi sanitari. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “Il presidente ci sta dicendo che abbiamo un anno di tempo per trovare un modo per violare le nostre coscienze”: è quanto affermato dall’arcivescovo di New York e presidente dell’episcopato statunitense, Timothy Dolan, dopo la decisione dell’Amministrazione Obama di richiedere che ogni servizio sanitario debba offrire farmaci contraccettivi e prodotti abortivi. “Obbligare i cittadini americani – sottolinea il futuro cardinale – a scegliere tra violare le proprie coscienze o rinunciare al servizio sanitario è letteralmente immorale”. Si tratta, osserva l’arcivescovo Dolan, di “un attacco sia all’accesso ai servizi sanitari che alla libertà religiosa”. Il governo, avverte l’arcivescovo di New York, “non dovrebbe obbligare gli americani ad agire come se una gravidanza fosse una malattia da evitare ad ogni costo”.

    “Never before has the federal government forced individuals …”
    “Mai prima d’oggi – ha dichiarato ancora l’arcivescovo Dolan - il governo federale aveva costretto individui ed organizzazioni ad acquistare un prodotto che violasse le loro coscienze”. Il futuro cardinale ha, quindi, sottolineato che è necessario far sapere ai leader eletti al Congresso che è urgente “che siano restaurate la libertà religiosa e la libertà di coscienza”, e che sia dunque respinto questo provvedimento dell’Amministrazione di Washington.

    Questa decisione, ha dichiarato da parte sua la religiosa francescana Jane Marie Klein, “è un attacco diretto alla religione e al Primo Emendamento”. Suor Klein, che presiede la “Franciscan Alliance”, un sistema di 13 ospedali cattolici, ha dichiarato che “centinaia di impiegati” degli ospedali “sono molto irati e confusi” a causa di questo provvedimento, annunciato ieri dal segretario alla Salute, Kathleen Sebelius. Anche la “Catholic Health Association” degli Stati Uniti ha criticato severamente il provvedimento. Il presidente dell’associazione, suor Carol Keehan, ha affermato che la Casa Bianca “ha perso un’opportunità” per proteggere adeguatamente la libertà di coscienza. Dal canto suo, il presidente della Caritas degli Stati Uniti, padre Larry Snyder, si è detto “profondamente deluso” per la scelta del governo di non ascoltare gli appelli delle istituzioni religiose.

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    Sicilia: riprende il trasporto merci. Mons. Manzella: non blocchi ma politiche oculate

    ◊   Al sesto giorno dal suo inizio, in Sicilia si allenata la protesta del movimento “forza d’urto” che riunisce alcune categorie di lavoratori e piccoli imprenditori fra cui autotrasportatori, agricoltori e pescatori. Nell’isola, stremata dalla mancanza di carburante, è ripreso il trasporto delle merci e sono cessati i blocchi delle strade, tuttavia i leader del movimento hanno annunciato che rimarranno sit-in di protesta fino al 26 gennaio. A placare gli animi ha contribuito la decisione di inserire nel dl liberalizzazioni del governo la possibilità di anticipare il recupero delle accise per gli autotrasportatori. Intanto, il prefetto di Palermo non ha escluso punti di contatto tra la criminalità organizzata e alcuni gruppi di manifestanti. Per un commento sulle proteste e la situazione sull’isola, Marco Guerra ha sentito mons. Vincezo Manzella, vescovo di Cefalù e delegato per i problemi sociali della Conferenza episcopale siciliana:

    R. – Il disagio c’è, si avverte ed è grande. Non saranno però né gli scioperi e né le proteste a risolvere il problema, che andrà quindi risolto con soluzioni politiche e di lavoro lungimiranti. La grande preoccupazione che avverte tutto il Sud è proprio la mancanza di lavoro. Dove manca il lavoro, manca il dignitoso vivere. Che ci sia tanta preoccupazione, quindi, è innegabile. Noi ci sforziamo di stare vicino alla nostra gente, intervenendo anche con le Caritas parrocchiali. Tanta gente si rivolge ai centri Caritas per il pacco-viveri, e la richiesta va man mano aumentando.

    D. – La protesta unisce diverse categorie: autotrasportatori, agricoltori e pescatori... Che impressione le ha fatto questo movimento?

    R. – Si coglie il disagio generale. Sentivo proprio ieri che qui, a Cefalù, ci sarebbe stata una manifestazione di sciopero dei muratori, cioè di quella gente che lavora alla giornata per guadagnarsi di che vivere. Questo avviene perché le imprese sono ferme, i cantieri sono bloccati, e perché non arrivano quei finanziamenti e quegli aiuti per i lavori pubblici che si attendevano. Il disagio, lo ripeto, si avverte ed è generale.

    D. – Si sente di mandare un messaggio di speranza e di riconciliazione alle diverse categorie e alle diverse anime di questa protesta?

    R. – Noi ci auguriamo che, da questi sacrifici che oggi l’Italia sta facendo, possa nascere davvero una nuova realtà e che la crisi possa essere vissuta anche come un’opportunità. Se la crisi serve per far cambiare rotta, per far prendere coscienza, per far dire che non si può continuare in questo modo e che vanno trovate altre soluzioni, più degne di un vivere civile ed umano, ben venga la crisi. Ed allora, ecco il mio messaggio: apriamoci alla speranza. (vv)

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    A Roma il primo centro notturno d'emergenza per minori stranieri

    ◊   Dall’otto dicembre scorso, a Roma, è attivo il primo Centro notturno di emergenza italiano per minori stranieri non accompagnati. L’iniziativa, presentata ieri alla stampa, è promossa da Intersos in collaborazione con Save The Children e la Cooperativa Civico Zero. C’era per noi Benedetta Capelli:

    Si chiama “A28”: un nome che richiama l’ubicazione del centro, via Aniene 28. I locali sono ampi e luminosi, ci sono docce, posti letto e computer ma soprattutto c’è la serenità di un ambiente famigliare, cosa rara per i ragazzini che qui arrivano dopo lunghi ed estenuanti viaggi della speranza. Dall’apertura ad oggi la struttura ha ospitato 67 minori di età compresa tra 14 e i 18 anni, in maggioranza afghani, e una mamma con due bambini di 2 e 10 anni per un totale di 167 pernottamenti. Tutti sono stati avvicinati dagli operatori della Cooperativa Civico Zero nei pressi della stazione Ostiense, luogo ormai di ritrovo ma essenzialmente un’area in disuso e priva di qualsiasi condizione igenico-sanitaria. Dopo un primo colloquio nel centro diurno della Cooperativa, i ragazzi hanno la possibilità di dormire nel centro A28, lavarsi e fare colazione. Alessandro Uberti, responsabile della struttura, parla di un bilancio positivo dell’esperienza e racconta così i minori che arrivano:

    “La cosa interessante è che nonostante la drammaticità del viaggio che stanno facendo – perché ancora non l’hanno concluso – restano comunque degli adolescenti, quindi con una grande allegria, voglia di scherzare e di stare insieme. E’ chiaro che poi, nel momento in cui i nostri mediatori approfondiscono le storie, i vissuti, escono fuori cose un po’ più pesanti. In particolare, il tratto del viaggio tra le montagne della Turchia, o il passaggio dalla Grecia all’Italia sono i momenti più drammatici e più pericolosi; sono passaggi che possono compiere, probabilmente, soltanto ragazzi di quell’età, sia per un discorso di peso corporeo – l’ultimo tratto spesso lo fanno attaccati ai camion che entrano in Italia – sia per un discorso di spirito: infatti, molti se la vivono come un’avventura. Immaginare un adulto che faccia lo stesso percorso, è impensabile veramente!”

    L’arrivo a Roma è solo una tappa di un itinerario che li porterà da altre parti. Ancora Alessandro Uberti:

    “Loro hanno un’idea molto alta dei sistemi di ‘welfare’ del Nord Europa. Secondo loro, la qualità dell’accoglienza promossa dai Paesi del Nord Europa è migliore di quella italiana. Per questo, scelgono comunque di continuare il viaggio. Roma è stata scelta perché è la sosta intermedia tra Patrasso e Parigi, e quindi si fermano il tempo necessario per riorganizzarsi e poi continuano il loro viaggio”.

    Ad accoglierli nella capitale ci sono anche ragazzi che in passato hanno fatto lo stesso identico viaggio. E’ il caso di Mohammad Musavi, mediatore di Civico Zero di Save The Children:

    R. – I motivi per cui lasciano l’Afghanistan sono sostanzialmente la guerra e per motivi di sicurezza. Addirittura, spesso vengono mandati via dalle famiglie, piccoli come sono, in realtà per proteggerli, per farli stare lontani da quel contesto.

    D. – Com’è il tuo approccio quando incontri questi ragazzi? Da parte loro che reazione c’è?

    R. – Molto tranquilla ed amichevole. Ovviamente, quando sanno che di fronte hanno un proprio connazionale, sono molto più tranquilli.

    D. – Anche tu hai una storia simile?

    R. – Anche io ho una storia simile, diciamo così. Anche se nel passato lontano, comunque ho vissuto più o meno le stesse cose. Ciò che è importante è che si riesca a dimenticare un poco il proprio viaggio e dedicarsi all’altro, cosa che io cerco di fare.

    Secondo dati diffusi dall’Acnur, Alto Commissariato Onu per i rifugiati, l’Afghanistan è il Paese dal quale si scappa di più, vanta il più consistente numero di rifugiati nel mondo. In totale un rifugiato su 3 è afghano. La situazione nel Paese asiatico nelle parole di Staffan de Mistura, sottosegretario agli Affari Esteri:

    “L’Afghanistan ha due sindromi: una è quella di voler avere il controllo del proprio futuro. Gli afghani lo vogliono: sono gente fiera. Migliaia di anni di fierezza … E dall’altra parte, la sindrome di non essere abbandonati. Quindi, il messaggio che dobbiamo dare è quello che – credo – stiamo tutti dando, e dovremo dare sempre di più: vi lasciamo gestire le vostre cose, che vuol dire ridurre le nostre truppe, ridurre il nostro impegno militare e ridurre anche – francamente – i finanziamenti militari; gradualmente, come stanno facendo tutti: gli americani per primi. Ma nello stesso tempo, assicurarvi che non vi abbandoneremo, sia pure con una priorità: se volete ricevere aiuto, ricordatevi che noi siamo entrati in Afghanistan non soltanto perché era una risposta a “Nine-Eleven” e contro Bin Laden, ma anche perché i diritti umani e le donne in Afghanistan avessero un futuro migliore”.

    In Italia, la situazione dei minori afghani non accompagnati sta sollevando un problema legislativo perché mancano le norme che li tutelano. Vincenzo Spadafora, Garante nazionale per l’infanzia e l’adolescenza:

    “L’impegno principale del Garante è proprio quello di presentare al Parlamento le proposte che possano andare nell’interesse esclusivo dei minori. Quindi, io vorrei tenere non oltre il mese di febbraio una riunione con le associazioni e con tutti quei soggetti – soprattutto l’Acnur, Save the Children – che da anni si occupano di minori stranieri, e soprattutto di minori stranieri richiedenti asilo: questo, infatti, è il vero problema. Noi dobbiamo “normare” questo tipo di accesso, cioè la richiesta di asilo. Quindi, mettere intorno ad un tavolo queste realtà per formulare un’unica proposta che a nome di tutte queste associazioni io poi presenterò e solleciterò al Parlamento. Questo credo che sia anche il percorso metodologico che vorrei affrontare in futuro per altri temi, proprio come “Authority”: cioè quello di riuscire a far mettere intorno ad un tavolo tutte le persone che si occupano di un tema, arrivare alla proposta condivisa migliore nell’interesse del bambino e poi, come “Authority”, svolgere il ruolo che mi compete, cioè fare pressione sul Parlamento fino a che non vedremo realizzati i nostri provvedimenti”. (gf)

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    Al carcere di Rebibbia la premiazione dei presepi dei detenuti, nel ricordo della visita del Papa

    ◊   Dove c’è un detenuto, lì c’è Cristo. Queste parole pronunciate da Benedetto XVI nel carcere romano di Rebibbia, il 18 dicembre scorso, continuano a risuonare nel cuore dei detenuti. E a poco più di un mese dalla visita del Papa, i carcerati hanno vissuto oggi la premiazione del concorso dei Presepi, ideati e realizzati da loro. A seguire la premiazione, c’era il nostro inviato, Davide Dionisi:

    È ancora forte il ricordo della visita di Papa Benedetto XVI qui a Rebibbia e gli ospiti della Casa Circondariale romana continuano a parlarne e a rievocare i momenti più belli. Il ringraziamento per quell'abbraccio che il Santo Padre ha voluto riservare loro prosegue attraverso diverse forme e testimonianze. Tra queste anche il concorso dei presepi che ha visto protagonisti 44 detenuti, cimentatisi in questa antica arte. Sei le rappresentazioni in gara, compresa quella proveniente dal carcere di Civitavecchia che quest'anno ha voluto partecipare con un'opera tutta sua. Alla fine, l'ha spuntata la rappresentazione del "camerone" – così la chiamano da queste parti – ovvero la cella dove vivono i 6 o i 9 detenuti costretti a condividere uno spazio davvero angusto. Al direttore della sezione penale, Stefano Ricca, abbiamo chiesto cosa vuol dire realizzare un presepe con i limitati mezzi a disposizione in un luogo come questo:

    R. – Il carcere è il luogo nel quale veramente si assiste alla massima espressione dell’inventiva, della creatività dell’essere umano, perché con mezzi inesistenti, ridottissimi, si riesce a realizzare delle opere che richiederebbero ben altre attrezzature per poterle costruire, come nel caso specifico dei presepi.

    D. – Parliamo della visita del Papa. Come è stato vissuto quell’evento da chi non ha potuto prendere parte a quell’incontro, seppure a poche centinaia di metri di distanza?

    R. – E’ stato certamente vissuto con grande attenzione, perché ci si è resi conto che il Santo Padre, attraverso la sua presenza fisica all’interno di un istituto penitenziario, ha voluto proprio affermare con forza, con la fisicità della presenza l’interesse, la vicinanza, la solidarietà, la fratellanza, che in qualche maniera ha voluto esprimere al mondo del penitenziario. Sono convinto che la solidarietà espressa dal Pontefice sicuramente sia andata in primis alle persone detenute, ma certamente il Santo Padre ha voluto anche essere vicino al personale penitenziario il quale, anche in gravissime condizioni di sofferenza, di organico, continua ad assicurare tutti quei servizi che rendono la detenzione più sopportabile, soprattutto in un momento caratterizzato, come quello presente, da un forte sovraffollamento delle strutture penitenziarie. (ap)

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    Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica

    ◊   Nella terza Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci propone il passo del Vangelo in cui Gesù invita alla conversione perché “il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino”. Lungo il Mare di Galilea incontra dei pescatori e dice:

    «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono.

    Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:

    Inizia con questa domenica la predicazione pubblica di Gesù. Marco è molto sintetico, ma anche efficace: il tempo dell’attesa e della speranza è arrivato al suo termine, ora la promessa si fa realtà, la bontà di Dio che tutto governa e guida è qui, è concreta presenza. Per questo bisogna convertirsi: riconoscere altri orizzonti, fare altre scelte, lasciarsi avvolgere dalla luce, alzare lo sguardo per scorgere altre mete, altri sensi e impegni di vita. Sulle strade comuni della vita e del lavoro passa Gesù: e il suo sguardo sa vedere persone e caratteri, quasi a condividere con affetto fatiche e onesto lavoro. Per il regno non sono adatti i perdigiorno, ma chi sa maneggiare reti e sa affrontare con la barca le insidie delle onde. Gente concreta, forse anche ruvida ma schietta: l’invito è a diventare pescatori di uomini, ad avere cioè per il regno e la salvezza la stessa accortezza e dedizione del pescare, ma a vantaggio diretto delle persone. Senza grilli per la testa facevano il loro mestiere, ma nel cuore avevano anche loro sogni e fremiti: in quel predicatore itinerante che parlava in modo così originale e diverso c’era una novità, qualcosa per cui valeva la pena giocarsi tutto. E lo hanno fatto, con decisione e libertà: misterioso fascino che stravolge una vita. Siamo capaci di decisioni così audaci e radicali quando Gesù ci chiama?

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Nigeria. Si aggrava il bilancio degli attentati a Kano: almeno 80 i morti

    ◊   Si aggrava di ora in ora il bilancio delle vittime dei violenti attentati avvenuti nella giornata di ieri a Kano, importante città nel nord della Nigeria dove, stando alla testimonianza di un giornalista della France Press, sarebbero almeno 80 le persone rimaste uccise nella ventina di esplosioni che si sono susseguite. Sul numero dei morti ci sono discrepanze tra quanto riferito da fonti mediche e il bilancio ufficiale, ma si teme che il bilancio aumenti a causa dei molti feriti in ospedale che versano in gravi condizioni. Alcuni di loro, secondo la Bbc, sono stranieri, soprattutto libanesi e indiani: comunità molto presenti nell’area. Gli attentati non sono ancora stati rivendicati, ma appaiono essere stati “ben pianificati” come ha riferito il capo della polizia locale che ha avviato, nel merito, un’inchiesta. Tutti gli indizi, comunque, conducono agli estremisti islamici di Boko Haram, il cui obiettivo è espellere tutti i cristiani dal nord del Paese a prevalenza musulmana. Secondo le prime ricostruzioni, almeno uno degli attacchi che hanno colpito commissariati, uffici immigrazione e il quartier generale dei servizi segreti, oltre ad abitazioni comuni, sarebbe stato sferrato da un kamikaze. Stamattina, inoltre, due bombe sono esplose nello Stato di Bayelsa, luogo di origine del presidente nigeriano Goodluck Jonathan, e secondo gli inquirenti sarebbero da ricollegare alle elezioni per il nuovo governatore, in calendario l’11 febbraio prossimo. Per fortuna sembra che non ci siano feriti. “Vedremo come il governo reagirà a questo nuovo attacco” dice l’arcivescovo di Jos mons. Kaigama il quale conferma che a Jos stanno arrivando cristiani in fuga dallo Stato di Yobe (nord), a causa dei recenti attacchi dei membri della Boko Haram. “Siccome Jos è un’area dove i cristiani sono predominanti, queste persone giungono qui per riunirsi con amici e familiari”. Mons. Kaigama, sottolinea, ancora una volta, che “occorre vedere oltre all’aspetto religioso di questa crisi. Ogni volta che cristiani e musulmani vengono uccisi occorre ricordare che vi sono forze malvagie che manipolano la religione per i loro scopi”. “Dobbiamo capire chi sono queste forze. Vi sono molteplici interessi che alimentano la tensione e la violenza in Nigeria. È incredibile come Boko Haram riesca a condurre attacchi via via più sofisticati e coordinati non solo contro la popolazione civile ma anche contro gli agenti dello Stato. Sono attacchi condotti in maniera molto efficiente e con precisione”. “Per questo dobbiamo guardare oltre le apparenze: esiste una rete sofisticata che recluta persone, le addestra e le arma per condurre questo tipo di attacchi”, conclude l’arcivescovo. (A cura di Roberta Barbi)

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    Siria: attacco contro bus di detenuti, 14 morti

    ◊   È di almeno 14 morti e 26 feriti il bilancio di un attentato esplosivo avvenuto oggi in Siria contro un autobus che stava trasportando detenuti da Ariha a Idlib. Secondo le prime ricostruzioni, le esplosioni sarebbero state due in sequenza e tra i feriti, alcuni dei quali in gravi condizioni, ci sarebbero anche sei agenti di polizia. Altri 23 morti, inoltre, si registrano in scontri avvenuti tra l’esercito siriano e i disertori del nord, vicino al confine con la Turchia, nell’area di Jisr al Shugour. (R.B.)

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    Egitto. Estremisti islamici contro i copti: due feriti, chiese assaltate e case incendiate

    ◊   Continuano gli episodi di violenze anticristiane in Egitto che, secondo fonti locali, sono legate al tentativo della frangia fondamentalista islamica – i salafiti – di bloccare il voto della minoranza religiosa alle prossime elezioni. Il 19 gennaio scorso una folla ha attaccato la comunità cristiana copta del villaggio di Rahmaniya-Kebly, vicino alla città di Nag Hammadi, governatorato di Qena, nell’alto Egitto. Gli assalitori, intonando il canto “Allahu Akbar” (Dio è grande) hanno assalito e incendiato case, capanne, negozi e attività commerciali. Il raid - riferisce l'agenzia AsiaNews - avrebbe causato anche due feriti: un ragazzo di 16 anni, colpito da un proiettile e un uomo di 40 anni con ferite al volto. Testimoni citati da Assyrian International News Agency (Aina) raccontano che sul posto erano presenti le forze di sicurezza egiziane, ma non sono intervenute con prontezza per respingere l’assalto e difendere i cristiani. Anche le squadre di vigili del fuoco sono accorse con colpevole ritardo, solo 90 minuti dopo l’assalto e quando ormai la maggior parte degli edifici erano avvolti dalle fiamme. Una fonte aggiunge che una capanna appartenente a un cristiano copto è stata incendiata, per far spazio alla costruzione di una moschea. Peraltro nella zona vi sono già 300 luoghi di preghiera musulmani, a fronte di una sola chiesa cristiana benché i cristiani siano il 50% della popolazione locale. Secondo i copti le violenze anticristiane sono legate alle prossime elezioni parlamentari: i salafiti, infatti, vogliono impedire il voto alla minoranza religiosa che, con i suoi 20mila membri, costituisce un bacino di preferenze in grado di modificare gli equilibri nella zona. I copti sono vicini all’ala musulmana moderata, che si oppone al fronte islamista. Un testimone conferma che “nessun copto di Rahmaniya-Kebly ha potuto votare” e per questo “i salafiti vinceranno le elezioni”. In un secondo episodio, occorso sempre il 19 gennaio, i salafiti e i Fratelli musulmani – insieme – hanno fatto irruzione nella chiesa di Abu Makka, a Bahteem, nella provincia di Qaliubia, informando i membri della congregazione che il luogo di culto cristiano è illegale. Un estremista ha inoltre aggiunto che i 1.300 metri quadri dell’edificio “sono perfetti per costruire una moschea e un ospedale”. Il vescovo locale avrebbe dovuto inaugurare la chiesa e celebrare la prima messa; per ragioni di sicurezza ha sospeso tutte le cerimonie, scatenando le ire e la delusione di tutta la congregazione. (R.P.)

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    Croazia: Messaggio dei vescovi per il referendum sull’adesione all’Ue

    ◊   Referendum importante, per la Croazia, domani, 22 gennaio. Il Paese infatti, è chiamato a dire sì o no all’ingresso nell’Unione Europea, fissato al 1.mo luglio 2013. Gli ultimi sondaggi danno i “sì” in vantaggio e se così fosse, dopo sei anni di negoziati, la Croazia diventerebbe il 28.mo Stato membro dell’Ue, l’ultimo a farne parte le nazioni a maggioranza cattolica del Vecchio Continente. In vista del referendum, i vescovi hanno diffuso un messaggio, indirizzato “ai fedeli e a tutti gli uomini di buona volontà”: “Per secoli – si legge nel testo – la Chiesa ha accompagnato il cammino della nazione, ha condiviso il suo destino e, come tutti i cittadini responsabili, ora vuole sapere se siamo in grado di guardare al futuro con speranza in questa nuova società, ovvero l’Unione Europea in cui la Croazia vuole entrare”. Naturalmente, i presuli si dicono consapevoli del fatto che “non è compito della Chiesa emanare direttive su come e con chi lo Stato si debba associare”; tuttavia, come “madre e maestra”, essa “aiuta ogni nazione a costruire una comunità basata su principi umani e cristiani”. In questo senso, per i vescovi “è giustificabile sperare che il futuro del Paese sarà migliore e più sicuro all’interno della comunità europea piuttosto che all’esterno”. Ma ad ogni modo, “la decisione finale sarà presa dai cittadini con il referendum” e “la Chiesa rispetterà tale decisione”. Poi, la Chiesa di Zagabria scrive: “Capiamo i timori dei molti che temono l’ingresso del Paese nell’Ue come una minaccia alla sovranità e all’identità nazionale”, ma “in un mondo globalizzato, anche se non faremo parte dell’Unione Europea, dovremo comunque costantemente affrontare tali sfide”. Guardando, quindi, “alla speranza cristiana, a Cristo che non ha mai deluso chi si affida a Lui”, la Chiesa croata invita “tutti i fedeli cattolici e tutti i cittadini a respingere paure e rassegnazione e ad aprirsi con coraggio al futuro”, anche sulla scia delle parole pronunciate da Benedetto XVI nel giugno scorso, durante il suo viaggio apostolico nel Paese: “Il processo di entrata in Europa – disse il Papa il 4 giugno 2011, durante l’incontro con i giornalisti sull’aereo verso Zagabria - è un processo reciproco di dare e di ricevere. Anche la Croazia dà con la sua storia, con la sua capacità umana ed economica, e riceve naturalmente, allargando così l’orizzonte e vivendo in questo grande commercio non solo economico, ma soprattutto anche culturale e spirituale”. Sulla base di “questo spirito”, dunque, che i vescovi concludono il loro messaggio chiedendo a tutti, fedeli e cittadini, di andare a votare domenica prossima, scegliendo “secondo coscienza”. (I.P.)

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    Yemen: il parlamento approva l'immunità per Saleh

    ◊   È stata approvata oggi dal Parlamento dello Yemen l’immunità totale al suo presidente, Saleh, e quella parziale ai suoi collaboratori. Il provvedimento, fortemente contestato dalla piazza, fa parte dell’accordo sul trasferimento dei poteri firmato il 23 novembre scorso a Riad, in Arabia Saudita, e fa seguito all’emendamento di giovedì scorso proposto dal governo sul primo progetto di legge sull’immunità. La legge, comunque, non si applica ai reati di terrorismo. Saleh manterrà la carica di presidente onorario dello Yemen fino alle elezioni presidenziali che sono in calendario per il 21 febbraio, ma rischiano di slittare per motivi di sicurezza. (R.B.)

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    La denuncia dell’Acnur: mai così tanti rifugiati nello Yemen

    ◊   L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Acnur) lancia l’allarme sul numero di rifugiati che nel 2011 hanno attraversato il Golfo di Aden e sono approdati nello Yemen: il più alto degli ultimi anni, pari a 103mila persone. Lo ha detto il portavoce dell’istituzione, Adrian Edwards ieri a Ginevra, citato dall’agenzia Misna: “Molti sono arrivati in condizioni disperate, disidratati, malnutriti e spesso sotto choc”, è stata la sua testimonianza. Il dato, come si diceva, è il più alto mai registrato e supera anche il record del 2009 in cui si registrarono 78mila rifugiati nell’area. L’Acnur spiega questo dato con l’aumento del numero di rifugiati etiopici per i quali, però, a differenza dei somali, non scatta immediatamente il riconoscimento dello status di rifugiato, dal momento che emigrano per ragioni di ordine economico, e rischiano, così, maggiormente di restare vittima di gang criminali e trafficanti di esseri umani. (R.B.)

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    Myanmar: spira il vento del cambiamento, ma nel nord ancora scontri

    ◊   In Myanmar si respira aria di cambiamento, un cambiamento che, però, si avverte nella capitale Yangon, ma non ha ancora coinvolto le regioni settentrionali, dove dal giugno scorso imperversa un conflitto tra l’esercito regolare e il gruppo armato della minoranza Kachin, nonostante nei giorni scorsi sia stata firmata la fine delle ostilità. Lo ha detto all'agenzia Misna il vescovo di Banmaw, mons. Raymond Sumlut Gam, da poco tornato da un viaggio nella capitale. “L’ordine di cessate il fuoco è stato dato, ma sembra che le operazioni sul territorio stiano continuando”, ha detto il vescovo che è anche responsabile della Caritas birmana. Le tensioni nello Stato Kachin hanno costretto finora 20mila persone a vivere da sfollati. I cambiamenti della società in Myanmar, comunque, sono stati apprezzati dalla comunità internazionale che ha anche ipotizzato la revoca delle sanzioni economiche imposte al Paese che, in verità, hanno pesato più sulla popolazione civile che sulla vecchia giunta. (R.B.)

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    India: il 125.mo dell'arcidiocesi di Calcutta nel solco di Madre Teresa

    ◊   Nell’arcidiocesi di Calcutta “la comunità mondiale testimonia l’amore di Cristo e sperimenta la Parola di Dio, ispirandosi all’amore delle suore di Madre Teresa per i più poveri tra i poveri, i malati, i disabili fisici e mentali e i dimenticati”. Lo dice all'agenzia AsiaNews mons. Lucas Sirkar, arcivescovo di Calcutta, in occasione dei 125 anni della fondazione dell’arcidiocesi. La città di Calcutta, spiega mons. Lucas, “ha accolto persone di ogni ceto sociale: potenti e deboli, ricchi e poveri, industriali e indigenti” , “ha dato speranza e ha arricchito le vite delle persone in India e nel mondo, senza distinzione di fede, nazionalità, etnia o casta”. Per l’arcivescovo è stata “la Divina Provvidenza a condurre Madre Teresa in questa diocesi, per fondare le Missionarie della Carità e mostrare la povertà al mondo. Il suo spirito ha difeso e valorizzato la dignità dei poveri. Il mondo occidentale – conclude mons. Lucas – è affamato, nonostante la grande ricchezza materiale di cui dispone. Qui a Calcutta quella fame si placa, come testimoniano i numerosi volontari che giungono da ogni parte del globo. È nel dare e nel servire che essi trovano le loro vite”. Parlando di questa commemorazione, l’arcivescovo coadiutore Thomas D’Souza ha sottolineato: “Abbiamo già aperto un ospedale a Midnapore con 70 posti letto, dedicato ai poveri. Esso fornirà trattamenti ai malati di lebbra, tubercolosi e Hiv/Aids. Vogliamo raggiungere le fasce più deboli ed emarginate della società”. Il 1° settembre 1886, Leone XIII ha elevato il vicariato apostolico del Bengala ad arcidiocesi metropolitana di Calcutta. Oggi comprende sette diocesi: Asansol, Baruipur, Badgogra, Darjeeling, Jalpaiguri, Krishnagar e Raiganj. In totale, vi sono 57 parrocchie e 17 chiese, servite da 224 sacerdoti di 10 ordini diversi. Inoltre, l’arcidiocesi conta 125 fratelli e circa 950 religiose. (R.P.)

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    Filippine: nel Mindanao i leader religiosi cristiani e musulmani a scuola di dialogo

    ◊   I leader religiosi del Mindanao vanno “a scuola di dialogo”. È l’originale iniziativa del Centro per il Dialogo islamocristiano Silsilah fondato 25 anni fa nelle Filippine dal missionario del Pime, padre Sebastiano D’Ambra. Il singolare programma di formazione è stato ideato dal Silsilah in occasione della Settimana per l’Armonia interreligiosa fissata dalle Nazioni Unite per l’inizio di febbraio, ma anche in base alle indicazioni ribadite dal Consiglio nazionale degli Ulema delle Filippine. Il Centro fa sapere all'agenzia Fides che l’iniziativa prevede seminari e workshop con professionisti e insegnanti di diverse scuole e università che aiuteranno a comprendere come la pace e il dialogo sono necessari non solo per lo sviluppo, ma anche per comprendere meglio il messaggio d’amore alla base del cristianesimo e dell’islam. Aiutando i cristiani e riscoprire il senso delle Beatitudini di Gesù nel Vangelo e i musulmani il reale significato della Grande Jihad, si mira a conseguire, infine, l’obiettivo di superare i pregiudizi e apprezzare meglio la cultura del dialogo di cui potranno farsi portavoce nella società. (R.B.)

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    Ecuador: legge sulla libertà religiosa rischia di interferire con le decisioni della Chiesa

    ◊   Ha creato molte polemiche in Ecuador il progetto di legge sulla libertà religiosa e l’uguaglianza tra le religioni che, se approvato, implicherebbe la creazione di un Consiglio di Libertà ed Equità religiosa che potrebbe interferire nelle decisione interne prese dai singoli gruppi. Contro questo provvedimento si è schierato il vescovo ausiliare di Guayaquil, mons. Guido Iván Minda Chalá che, come riferisce l'agenzia Fides, fa appello alla laicità dello Stato e alla separazione tra Stato e Chiesa vigente in Ecuador. I fautori del progetto, invece, sostengono che questo non vuole intromettersi, ma garantire diritti e promuovere politiche da sviluppare nell’ambito religioso del Paese. Ieri, intanto, è stato avviato in proposito un dialogo tra i leader religiosi indigeni e i pastori evangelici con istituzioni ecclesiali quali la Confraternita evangelica dell’Ecuador e la Conferenza episcopale locale per consentire un adeguato processo di ordinamento legale e per migliorare l’assistenza da parte dello Stato alle istituzioni religiose del Paese. La Feine, Consiglio dei popoli e degli organismi evangelici dell’Ecuador, in particolare, ha sottolineato la necessità di formare un comitato permanente di sorveglianza durante l’iter legislativo per l’approvazione della legge. (R.B.)

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    Senegal: appello dei vescovi per elezioni presidenziali pacifiche, giuste e trasparenti

    ◊   Urne aperte il 26 febbraio in Senegal per il primo turno delle elezioni presidenziali. Consultazioni particolarmente attese, considerato che i candidati alla poltrona del capo di Stato sono circa una ventina, compreso il cantante Youssou N’Dour. Al vaglio del Consiglio costituzionale, inoltre, c’è la candidatura del presidente uscente, Abdoulay Wade, in lizza per il terzo mandato, ma in attesa del nulla osta sulla sua validità. In questo contesto, dunque, i vescovi del Paese hanno diffuso un lungo messaggio per chiedere elezioni pacifiche, giuste e trasparenti. Il documento ricorda l’importanza della prossima tornata elettorale, la prima dopo le celebrazioni per i 50 anni di sovranità nazionale, e per questo, i presuli chiedono “il rispetto alla lettera dello spirito della Costituzione”, affinché il Senegal ritrovi “il rango di esempio di democrazia in un’Africa di speranza, come l’ha definita Benedetto XVI nel corso della sua visita in Benin nel novembre 2011”. Ribadendo che la Costituzione, pur essendo laica e definendo uno Stato non confessionale, “riconosce il valore fondamentale della religione nella vita dei cittadini e rispetta le diverse comunità religiose”, i vescovi senegalesi richiamano l’importanza della Carta fondamentale come garanzia “di una buona governance e di una buona gestione degli affari pubblici e della pace”. Quindi, il messaggio dei presuli sottolinea che “è Dio che dona il vero potere, il potere che protegge i poveri, che promuove la giustizia, la solidarietà e la pace”; di qui, l’appello affinché il futuro capo di Stato lavori per costruire “una società più giusta, per promuovere il benessere di tutti e metta le sue competenze solo al servizio dell’interesse superiore della nazione”. Un ulteriore appello viene poi rivolto ai candidati, affinché “diano prova di una grande cultura democratica”, lavorando “per il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione ed escludendo diatribe inutili con i loro avversari e promesse demagogiche con i cittadini”. Anche gli elettori vengono chiamati in causa: a loro viene richiesto di scegliere i candidati secondo i criteri della Parola di Dio e quindi guardando “alla promozione della pace, della giustizia, della solidarietà e della riconciliazione”. “Tutti gli aventi diritto al voto – scrivono il vescovi senegalesi – scelgano secondo coscienza, liberamente, senza pressioni morali, materiali o economiche. E indirizzino la loro scelta su un politico onesto e sincero, un patriota, una persona radicata nei valori fondamentali della condivisione, della generosità e delle virtù morali come la verità, la rettitudine e la dignità”. Agli organizzatori ed agli osservatori delle elezioni, inoltre, la Chiesa del Senegal chiede di prendere tutte le misure necessarie “affinché lo spoglio dei voti si svolga in modo regolare, libero e trasparente, così da evitare le contestazioni post-elettorali”. Un’ultima richiesta, non meno importante, viene avanzata affinché “si ritorni in modo definitivo alla pace” nella regione meridionale del Casamance, “vittima di un conflitto armato da circa trent’anni”. “La pace è sempre un obiettivo che riguarda la nostra responsabilità – concludono i presuli – La preghiera da sola non basta! Occorre anche la nostra determinazione nel camminare sulla via del diritto, della verità e della giustizia”. Le ultime righe del messaggio episcopale, infine, affidano il Paese alla protezione della Vergine di Poponguine, Regina del Senegal. (I.P.)

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    Malawi: la Chiesa condanna le aggressioni contro le donne

    ◊   “Atti barbarici”: così la Commissione Giustizia e Pace della Conferenza episcopale del Malawi (Cem) bolla le aggressioni perpetrate da alcuni venditori ambulanti nei confronti di donne che indossavano i pantaloni. Tra mercoledì e giovedì scorso, infatti, nella capitale, Lilongwe, alcune ragazze con indosso pantaloni o short sono state circondate, denudate con la forza e derubate. Le aggressioni, probabilmente, sono state dettate da motivi politici: in Malawi, alle donne è stato proibito portare i pantaloni fino al 1994, quando cadde il regime del presidente Hastings Kamuzu Banda. Oggi, la polizia ha arrestato 15 giovani, venditori ambulanti e disoccupati, ritenuti colpevoli delle aggressioni, mentre duemila donne sono scese in piazza per protestare. “Non ci sono mai motivi sufficienti e condizioni necessarie – scrive Giustizia e Pace in una nota – per permettere a qualcuno di trattare le donne in modo così disumano e traumatizzante”. Simili gesti, continua la Cem, “sono da condannare immediatamente”, soprattutto perché “siamo nel 21.mo secolo, in cui la legislazione e la politica sostengono la libertà ed i diritti individuali, specialmente quelli delle donne”. “La Chiesa cattolica si oppone a qualsiasi cosa offenda la dignità umana – ribadisce Giustizia e Pace – In questo caso, la violenza contro le donne è un peccato contro l’umanità intera e un segno di una grave mancanza di rispetto nei confronti dell’immagine di Dio”, poiché, come si legge nella Genesi, “Dio creò l’uomo a sua immagine e somiglianza; maschio e femmina li creò”. Di qui, l’appello rivolto alle autorità civili perché regolino il commercio dei venditori ambulanti; ai venditori stessi, perché si assumano la responsabilità di tali “atti vergognosi”; al governo perché “si mobiliti per garantire sicurezza e protezione a tutte le donne del Malawi, ponendo immediatamente fine a simili episodi ed assicurando i colpevoli alla giustizia”. Infine, le donne e le associazioni femminili vengono incoraggiate “a denunciare categoricamente” altre aggressioni. “Abbiamo bisogno di cittadini che rispettino le donne incondizionatamente – conclude Giustizia e Pace – Rendiamo il Paese sicuro per tutte le persone, a prescindere da sesso, razza e credo”. (I.P.)

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    Sudafrica: la Chiesa contraria al disegno di legge sulla sicurezza: mina il diritto all’informazione

    ◊   È in discussione in Sudafrica un disegno di legge volto a rafforzare i poteri dell’agenzia per la Sicurezza dello Stato: “È un disegno di legge che mina il diritto all’informazione e che è di vitale importanza per il pieno esercizio degli altri diritti civili – è il commento in merito dell’arcivescovo di Città del Capo, mons. Stephen Brislin – inoltre viola l’impegno costituzionale a creare un governo aperto e trasparente”. Secondo il presule, la legge conferisce al ministro competente per la sicurezza un “potere eccessivo, che consente di estendere a qualsiasi altro ente pubblico il diritto di classificare come segrete le informazioni, aumentando così la probabilità che attività illegali vengano tenute nascoste in nome della sicurezza dello Stato”. L’arcivescovo sottolinea quindi, riporta la Fides, che l’agenzia potrebbe troppo facilmente sottrarsi a controlli pubblici e che nonostante le modifiche apportate successivamente al disegno di legge, non sono state adottate “quelle disposizioni in difesa dell’interesse pubblico che consentano la divulgazione di informazioni classificate come segrete e che la popolazione ha invece il diritto di conoscere”. Molti leader religiosi e ong hanno protestato contro il provvedimento e gravi azioni punitive sono già state intraprese contro gli informatori e i giornalisti che hanno rivelato informazioni riservate che, però, potevano coprire gravi illeciti. (R.B.)

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    Cina: parrocchie mobilitate nel segno della solidarietà in occasione del Capodanno

    ◊   Tutte le parrocchie cinesi sono mobilitate in occasione del Capodanno tradizionale che quest’anno cade il 23 gennaio. Un bel modo di trascorrerlo, o di prepararsi a esso, è quello di compiere un gesto di carità cristiana, di portare l’amore di Dio ai fratelli più piccoli o più svantaggiati: come riferisce la Fides, ci sono alcune comunità che si sono riunite in preghiera per ringraziare il Signore per le famiglie che hanno donato i propri figli alla Chiesa; altre che hanno portato viveri e beni di prima necessità ai poveri, ai malati e agli anziani soli; altre ancora, infine, che si sono adoperate per portare i sacramenti agli infermi. Il gruppo della Carità della parrocchia di Quan Zhou nella diocesi di Xiamen, ad esempio, ha già visitato 30 famiglie cattoliche per incoraggiarle a vivere la festa con spirito cristiano e autenticamente missionario, mentre a Nang Ning, provincia di Guang Xin, è stata posta la prima pietra per la nuova struttura cattolica di quattromila metri quadri e alta 9 piani. Il Capodanno cinese è un momento molto importante, che unisce tutta la famiglia: i figli lontani, secondo la tradizione, tornano a casa per unirsi ai parenti nei festeggiamenti. (R.B.)

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    Messa del cardinale Sodano in ricordo di mons. Giovanni D’Andrea

    ◊   “Pastore generoso e artefice di pace”: così, citando il messaggio di cordoglio di Papa Benedetto XVI, il cardinale Angelo Sodano ha ricordato i cinquant’anni di servizio alla Chiesa dell’arcivescovo Giovanni d’Andrea, presiedendo all’altare della Cattedra della Basilica di San Pietro una solenne messa di suffragio. Con lui hanno concelebrato il cardinale Giovanni Battista Re e il fratello del defunto, l’arcivescovo Giuseppe De Andrea, oltre ad altri porporati fra i quali Walter Brandmüller, Agostino Cacciavillan, Giovanni Coppa, Paolo Sardi, numerosi arcivescovi e vescovi fra i quali Dominique Mamberti, segretario per i rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato, ed Edwin Frederick O’Brien Pro-Gran Maestro dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, molti presbiteri. Hanno assistito i cardinali Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, Carlo Furno e Jean Louis Tauran e altri arcivescovi e vescovi; nonché il Governatore Generale dell’Ordine del Santo Sepolcro, prof. Agostino Borromeo, con membri del Gran Magistero, luogotenenti e centinaia di dame e di cavalieri, un gruppo dei quali, in divisa, aveva vegliato ieri la salma nella chiesa di Santo Stefano degli Abissini ed oggi per i funerali ha prestato servizio d’onore nella Basilica Vaticana. L’arcivescovo Giovanni D’Andrea, come Gran Priore della Luogotenenza per l’Italia Centrale e Sardegna, aveva, infatti, prestato un lungo e generoso servizio in favore dell’Ordine per la Terra Santa. E questo è stato ricordato nell’omelia dal cardinale Sodano che ha sottolineato come suo fratello, l’arcivescovo Giuseppe, accanto a lui nella celebrazione dell’Eucaristia, è attuale assessore dell’Ordine. Ma il Decano del Collegio Cardinalizio, che è stato Segretario di Stato, ha voluto soprattutto evocare lo spirito di servizio e di amore del defunto, nunzio apostolico in Angola, negli anni in cui la nazione era dilaniata dalla guerra fratricida, un impegno per il quale ricevette una speciale testimonianza di gratitudine da Paolo VI che lo aveva colà inviato; e poi l’attività diplomatica, svolta sempre come nunzio, nell’Iran e in Algeria, Tunisia e Libia. Egli era poi stato per un ventennio vicepresidente dell’Ufficio del Lavoro della Sede Apostolica e per un decennio anche presidente del Consiglio di amministrazione della Libreria Editrice Vaticana. (A cura di Graziano Motta)

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    A Roma la riunione del Consiglio episcopale permanente dei vescovi italiani

    ◊   Si riunirà a Roma dal 23 al 26 gennaio prossimi il Consiglio episcopale permanente della Conferenza episcopale italiana. Principale argomento di discussione, il tema dell’Assemblea generale della Cei in programma il prossimo maggio e l’organizzazione del Convegno ecclesiale di metà decennio. L’Ufficio nazionale per le Comunicazioni sociali della Cei fa sapere che ci si soffermerà, in particolare, sulle indicazioni pastorali per l’Anno della fede, sul prossimo Congresso eucaristico nazionale e sulle linee guida per i casi di abuso sessuale compiuti dai chierici nei confronti di minori. I lavori saranno aperti da un momento di adorazione eucaristica, cui seguirà la prolusione del presidente, il cardinale Angelo Bagnasco. Fra gli altri argomenti in agenda, l’agenzia Sir segnala anche la nuova configurazione della Fondazione Migrantes, le nuove competenze sulla Pastorale della navigazione aerea e marittima, l’esame dei materiali complementari della terza edizione del Messale Romano, l’insegnamento della religione cattolica nel secondo ciclo formativo, l’ingresso a pagamento nelle chiese e i nuovi parametri per l’edilizia di culto. (R.B.)

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    Si è spento a Roma il padre gesuita Angelo Serra, genetista e membro di Civiltà Cattolica

    ◊   Si è spento ieri sera a Roma, presso l’infermeria della Delegazione delle Case internazionali Romane della Compagnia di Gesù, dove era ricoverato da alcuni mesi, padre Angelo Serra, genetista e membro della Civiltà Cattolica. Genovese, 93 anni dei quali 78 trascorsi nella Compagnia di Gesù, padre Serra ha svolto il noviziato e i tre anni di "carissimato" a Gozzano, ha studiato filosofia a Gallarate e frequentato il magistero a Genova, dove si è anche laureato in Scienze naturali. Per anni il sacerdote ha insegnato scienze naturali, biologia e genetica e nel 1964 è stato professore invitato alla Harvard Medical School di Boston. Tornato in Italia, per 30 anni ha risieduto nella comunità della Civiltà Cattolica ed è stato docente presso la facoltà di Medicina dell’Università Cattolica di Roma dove ha fondato e diretto l’istituto di genetica umana. Presidente della Confederazione italiana dei consultori di ispirazione cristiana, negli ultimi anni padre Serra è stato membro della Pontificia Accademia per la Vita e del Pontificio Consiglio per la Salute. Padre Angelo ha vissuto su un fronte difficile, quello del rapporto tra scienza e fede. Il suo lavoro lo ha portato a cercare e trovare Dio nel corpo umano, nel mistero della vita e della genetica. Ha sempre vissuto lo studio e i rapporti umani con intensità spirituale e con una dolcezza che lo ha veramente contraddistinto nel tratto. Negli ultimi mesi, nei quali la sua salute è andata progressivamente peggiorando, si è sempre detto affidato alle mani del Signore dando a tutti coloro che andavano a visitarlo il gusto di Dio. I funerali del sacerdote si svolgeranno lunedì 23 gennaio alle ore 10 nella Cappella della Civiltà Cattolica a Roma. (R.B.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 21

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli.