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Sommario del 16/01/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa: i migranti sono persone, non numeri. La riflessione di mons. Perego e del vescovo di Bergamo, Beschi
  • Altre udienze, rinunce e nomine
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Naufragio "Costa Concordia": sospese le ricerche per lo spostamento del relitto. Allarme ambientale
  • Siria. Il Qatar propone l'invio di truppe della Lega Araba per fermare le violenze
  • Disordini in Nigeria: il presidente ridimensiona l'aumento della benzina. I vescovi invitano al dialogo
  • Crisi in Europa. Gotti Tedeschi: potere economico trasferito in Oriente, l'Occidente recuperi competitività
  • Incontro Monti-Van Rompuy. Il Fiscal compact entrerà in vigore a luglio
  • Giornata per il dialogo fra cattolici ed ebrei sul tema "Non uccidere"
  • La Fao sulla sicurezza alimentare: migliora la situazione in Somalia, non c’è accordo sulla crisi nel Sahel
  • L'Unicef e l'azione umanitaria per i bambini di Haiti: aiutati in 750 mila, ma servono altri fondi
  • In mostra al Quirinale "Noi, l'Italia", opere di disabili mentali e fisici della Comunità di Sant'Egidio
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Legge sulla blasfemia in Pakistan: 161 incriminati e 9 morti nel 2011
  • Pakistan: l'obiettivo della pace nel dialogo tra cristiani e musulmani
  • India: nel Karnataka ancora violenze anticristiane degli estremisti indù
  • Attentati in Iraq: autobomba a Mosul, violenze a Hilla e Baquba
  • Juppé assicura una risposta europea alle riforme in Myanmar
  • El Salvador: nessuna celebrazione nella cattedrale occupata dagli ex combattenti
  • Ecuador: la Chiesa chiede il rispetto della libertà religiosa
  • Bolivia. Vescovi: stop alle violenze a Yapacanì, i problemi si risolvono con il dialogo
  • Caritas India compie 50 anni. Oggi conta 160 sedi in tutto lo Stato
  • Manila: al via il viaggio-studio del Dossier statistico immigrazione Caritas-Migrantes
  • I vescovi filippini hanno lanciato l'Anno della missione
  • Canada: dedicata alle popolazioni autoctone una sezione del sito web dei vescovi
  • Kenya. Per i vescovi è necessario coinvolgere i genitori nel sistema educativo
  • Si è spento a Milano padre Tarcisio Agostoni: è stato superiore generale dei Comboniani
  • Addio a Carlo Fruttero, giallista, giornalista e traduttore
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa: i migranti sono persone, non numeri. La riflessione di mons. Perego e del vescovo di Bergamo, Beschi

    ◊   I migranti sono persone non numeri: è il forte richiamo di Benedetto XVI, ieri all’Angelus, nella 98.ma Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato. Parole che hanno avuto ampia eco e sulle quali si sofferma il direttore generale della Fondazione “Migrantes”, mons. Giancarlo Perego, intervistato da Alessandro Gisotti:

    R. – Il Papa, citando i volti dell’immigrazione e non solo i numeri, ha rimesso al centro le persone, la dignità delle persone immigrate nel nostro Paese, così come tutti i migranti nel mondo. Questo per ricordare come, anche nelle politiche, occorre essere molto attenti soprattutto al fatto che abbiamo davanti il volto di un fratello, il volto di una persona.

    D. – In un periodo di crisi economica il rischio è che si “stringa” un po’ il cuore invece di aprirsi a chi è in difficoltà, come i tanti migranti?
    R. – Citando il volto delle persone, il Papa di fatto invita ad allargare non solo il cuore, ma anche a costruire una casa comune con una maggiore attenzione a tutte le persone, anche alle persone migranti, sottolineando – e questo mi pare un passaggio molto bello nelle parole dell’Angelus – che la pace nasce da qui, nasce da questo superare contrapposizioni e discriminazioni, che sono poi le parole che aveva anche scritto nel Messaggio della Giornata: la pace nasce anche da una attenzione alla mobilità oggi nel mondo!

    D. – “I migranti non sono soltanto destinatari - ha detto il Papa – ma anche protagonisti dell’annuncio del Vangelo”…

    R. – Certamente questa coniugazione tra nuova evangelizzazione e migrazioni non ha solo come oggetto la pastorale migratoria, ma ha come soggetti i migranti: questo milione di persone che, oggi in Italia, proviene da chiese differenti – come abbiamo sottolineato nella Giornata – vanno sentite come soggetti protagonisti della nuova evangelizzazione. Credo che questo sia un invito molto forte a ripensare anche alle nostre comunità cristiane, mettendo al centro anche della partecipazione ecclesiale persone che provengono da storie ed esperienze cattoliche differenti. (mg)

    E sempre ieri, il vescovo di Bergamo, mons. Francesco Beschi, ha aderito all’iniziativa delle Acli, “L’Italia sono anch’io”, che sostiene due proposte di legge per riconoscere la cittadinanza a chi nasce in Italia e il diritto di voto ai cittadini immigrati, risiedenti in Italia da almeno 5 anni. Mons. Beschi si sofferma su questa scelta, al microfono di Alessandro Gisotti:

    R. – Il tema della cittadinanza è un tema che l’Italia si pone da diverso tempo ed è un tema da guardare con grande attenzione, senza enfatizzarlo o isolarlo rispetto ad un insieme di temi che investono, appunto, il fenomeno della migrazione e della vita delle persone immigrate che giungono nel nostro Paese. Certamente, l’evocazione di cittadinanza dice un riconoscimento comunitario, sulla base di criteri che la comunità si dà, e soprattutto – secondo me – ha queste due dimensioni importanti: da una parte cittadinanza non vuol dire soltanto una serie di diritti, ma anche la consapevolezza di una serie di doveri; significa quindi renderli corresponsabili della vita del nostro Paese. C’è poi l’altro tema che è quello dei bimbi che nascono nel nostro Paese in situazioni consolidate e crescono nel nostro Paese e che rischiano alla fine di rimanere degli apolidi. E non solo apolidi giuridicamente, ma apolidi culturalmente, perché queste persone non hanno più un’appartenenza. Questo sicuramente non fa bene e non soltanto a loro, ma anche al nostro Paese, al nostro popolo e alla nostra crescita complessiva.

    D. – Il presidente Napolitano ha definito meritoria l’opera di sostegno della Chiesa a favore dei migranti…

    R. – Non mi può che apparire come profondamente incoraggiante. A me sembra che l’opera della Chiesa sia stata un’opera certamente dettata dalla fede, dal Vangelo, dai valori che ne scaturiscono, ma anche con la grande consapevolezza della tenuta sociale complessiva del nostro Paese: quindi non con ireniche o idealistiche prospettive che non facciano i conti con le reali situazioni, anzi gli impegni complessivi delle comunità, anche nel caso ultimo di coloro che hanno chiesto accoglienza nel nostro Paese, partendo dalle situazioni drammatiche del Nord Africa, ha visto le nostre comunità impegnate non solo in termini generosi o di accoglienza, ma anche mi sembra con un grande senso civile e con la consapevolezza che tutto questo deve essere fatto insieme a coloro che abitano il nostro Paese. (mg)

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    Altre udienze, rinunce e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in Udienza: i presuli della Conferenza dei vescovi Cattolici degli Stati Uniti d’America, in Visita "ad limina Apostolorum": il cardinale Donald William Wuerl, arcivescovo di Washington con i Vescovi Ausiliari: mons. Martin David Holley, Vescovo tit. di Rusubisir, Mons. Barry C. Knestout, Vescovo di Leavenworth e con l’Arcivescovo emerito: cardinale Theodore Edgar McCarrick. Mons. Herbert A. Bevard, Vescovo di Saint Thomas (Isole Vergini Americane). Mons. Timothy Broglio, Arcivescovo Ordinario Militare con i Vescovi Ausiliari: Mons. Richard Brendan Higgins, Vescovo tit. di Case Calane, Mons. F. Richard Spencer, Vescovo tit. di Auzia, Mons. Neal J. Buckon, Vescovo tit. di Vissalsa. Il cardinale Angelo Bagnasco, Arcivescovo di Genova (Italia), Presidente della Conferenza Episcopale Italiana.

    Il Santo Padre, in conformità al can. 185 § 1 del CCEO, ha concesso il Suo Assenso alla elezione canonicamente fatta dal Sinodo dei Vescovi della Chiesa Patriarcale Maronita
    - del Rev.do Corepiscopo Michel Aoun, finora Sincello per il clero di Beirut dei Maroniti, a Vescovo di Jbeil-Byblos dei Maroniti (Libano);
    - del Rev.do Elias Slaiman Slaiman, finora docente e giudice nei Tribunali Ecclesiastici Libanesi, a Vescovo di Lattaquié dei Maroniti (Siria);
    - del Rev.do Corepiscopo Mounir Khairallah, finora Protosincello di Batrun dei Maroniti (Libano), a Vescovo della medesima Eparchia.
    Il Sinodo aveva provveduto a tali elezioni in seguito alla vacanza della sede di Jbeil-Byblos per l’elezione di S. B. Bechara Raï a Patriarca di Antiochia dei Maroniti e alle dimissioni presentate da S.E. Mons. Massoud Massoud, Vescovo di Lattaquié dei Maroniti e da S.E. Mons. Paul Emile Saadé, Vescovo di Batrun dei Maroniti a norma del can. 210 §§1-2 del CCEO.

    Il Rev.do Corepiscopo Michel Aoun è nato a Dammour il 2 giugno 1959. È entrato nel Seminario Patriarcale di Ghazir per gli studi secondari e poi ha studiato filosofia e teologia all’Università Saint-Esprit di Kaslik, dove ha ottenuto la licenza in Diritto Canonico, continuando gli studi per la licenza ed il dottorato in teologia dogmatica alla Pontificia Università Gregoriana. È stato ordinato per l’Arcieparchia di Beirut il 9 giugno 1984 ed ha svolto poi i seguenti incarichi: vice parroco (1984-1986) e parroco (1986-1992) della chiesa Saint Antoine di Kahalé, ricoprendo allo stesso tempo il compito di educatore aggiunto al Seminario Patriarcale di Ghazir (1986-1987); parroco a Damour (1994), responsabile dell’anno propedeutico (1992-1995) e rettore del Seminario di Ghazir (1995-1998), parroco della chiesa di Saint Michel di Chiah (1999). Alla fine degli anni novanta si è occupato del Seminario Redemptoris Mater del Cairo. Dal 1999 al 2001 ha diretto a Roma il Collegio San Benedetto aperto dalla Congregazione per le Chiese Orientali, per i sacerdoti di lingua araba. Ritornato in Libano, è stato nominato arciprete della cattedrale Saint George di Beirut (2001-2002), poi parroco della chiesa Saint Joseph sempre a Beirut (2002) ed attualmente è collaboratore al Seminario Saint Agustin di Kafra-Aïn Saadé. È stato membro del Consiglio Giuridico e del Collegio dei Consultori della Arcieparchia di Beirut (1989), vicario episcopale per la pastorale (2001-2009) ed è al presente vicario episcopale per il clero (2009). Nel 2001 è stato nominato vice presidente dell’Università La Sagesse di Beirut, dove insegna teologia dogmatica. È presidente della Lega sacerdotale dal 2009. Oltre all’arabo parla l’inglese, il francese, l’italiano e conosce il siriaco.

    Il Rev.do Elias Slaiman Slaiman è nato a Hekr Semaan, diocesi di Lattaquié dei Maroniti, il 16 agosto 1951. Dopo gli studi primari e secondari a Beit Arkouche (Siria), è entrato nel Seminario di Ghazir in Libano. Ha conseguito la Licenza in teologia presso l’Università Saint-Esprit di Kaslik in Libano. Ordinato sacerdote il 29 agosto 1987 per la diocesi di Lattaquié dei Maroniti, ha esercitato il ministero sacerdotale come Superiore del Seminario Minore a Dahr Safra (Siria) dal 1988 al 1994. Inviato a studiare all’Institut Catholique de Paris, vi ha ottenuto il Baccalaureato in Filosofia e Diritto Canonico, il Diploma in lingue antiche, la Licenza e il Dottorato in Diritto Canonico e nel contempo è stato Vicario della Parrocchia di St. Pierre du Gros-Caillou sempre a Parigi dal 1994 al 1997. Al suo rientro è stato Parroco di tre parrocchie a Lattaquié dal 1997 al 1998; Cappellano dell’Università La Sagesse a Beirut dal 1998 al 2003; Vicario Generale di Damasco dal 2002 al 2003. Nel 2006, ha fondato un centro di formazione per gli adulti nella Parrocchia di Khrab (Siria) e nel 2010 un simile centro a Jneiné (Siria). È giudice nei Tribunali Ecclesiastici Libanesi. È autore di diverse pubblicazioni e di un centinaio di articoli su varie riviste.
    Oltre all’arabo, conosce il francese, il siriaco, l’ebraico, il greco e il latino.

    Il Rev.do Corepiscopo Mounir Khairallah è nato a Mtah-Ezziat il 2 gennaio 1953. Dopo gli studi primari compiuti presso i Padri Cappuccini di Abai, è entrato al Seminario Minore di Ghazir. Ha studiato filosofia e teologia alla Pontificia Università Urbaniana in Roma. È stato ordinato il 13 settembre 1977 per l’Eparchia maronita di Batrun. Dopo l’ordinazione sacerdotale, ha conseguito a Parigi una maîtrise in teologia pastorale e catechetica, un dottorato in teologia pratica all’Institut Catholique de Paris ed uno in scienze delle religioni alla Sorbonne. Negli anni di permanenza in Francia (1979-1984) è stato collaboratore nella parrocchia di Notre Dame du Liban (1978-1979) e poi di Saint Medard di Parigi. Ritornato in Libano, è stato nominato segretario del Sinodo Patriarcale Maronita (1985-1987); animatore e professore al Seminario di Ghazir (1985-1989); parroco delle chiese di Kfarhay, Bouksmaya e Jeblé (1989-1991). Dal 1991 è Protosincello dell’Eparchia di Batrun (1991) e parroco della Chiesa di Saint Etienne di Batrun (1991). È stato segretario generale delle quattro sessioni del Sinodo della Chiesa Maronita (2003-2006) ed ha ricoperto vari incarichi all’interno della Lega Sacerdotale (1986-2004). Ha insegnato all’Università Saint-Esprit di Kaslik (1985-2000) e al Seminario di Karm Saddé (1996-2007). Oltre all’arabo, conosce il francese, l’inglese, il tedesco e l’italiano ed anche alcune lingue classiche, come il siriaco, il greco, il latino e l’ebraico.

    Benedetto XVI ha accettato la rinuncia all’ufficio di Ausiliare della diocesi di Zielona Góra-Gorzów (Polonia), presentata da S.E. Mons. Paweł Socha, C.M., in conformità ai canoni 411 e 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.


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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Milioni che non sono numeri: all'Angelus l'appello del Papa per i migranti e i rifugiati.

    Quelle donne mai nate: in prima pagina, un editoriale di Lucetta Scaraffia su aborto e demografia.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, la situazione economica in Europa, con le Borse volatili in attesa del rilancio.

    Creazione e nuova creazione: in cultura, Philippe Curbelié sul teologo arcivescovo Luis Francisco Ladaria Ferrer, segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede.

    Ecumenismo in monastero: Mariella Carpinello su Paul Couturier e le origini delle settimane di preghiera per l'unità dei cristiani.

    Sapienza è saper cadere: anticipazione dell'intervento di Timothy Verdon alla presentazione del libro "Paulo Apostolo Martyri. L'apostolo San Paolo nella storia, nell'arte e nell'archeologia".

    Siamo fatti così: Giulia Galeotti sulla mostra "Body Worlds. Il vero mondo del corpo umano".

    Le trappole della rete: luci e ombre di Google translate e di Wikipedia.

    La responsabilità particolare del dialogo fra ebrei e cattolici: nell'informazione religiosa, Norbert Hofmann, segretario della Commissione per i rapporti religiosi con l'ebraismo, sul riconoscimento reciproco di una crescente fiducia e di un impegno comune per la pace sanciti dalla Giornata de 17 gennaio.

    L'avvenimento che esalta l'umano: sul "Corriere della Sera" don Julian Carron, successore di don Giussani, fondatore di Comunione e liberazione.

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    Oggi in Primo Piano



    Naufragio "Costa Concordia": sospese le ricerche per lo spostamento del relitto. Allarme ambientale

    ◊   Si aggrava il bilancio delle vittime in seguito al naufragio della nave di Costa Crociere davanti all’Isola del Giglio: nella notte, è stato trovato il cadavere di un uomo. I morti sono 6 e i dispersi 16. Sono state intanto interrotte le ricerche a causa di uno spostamento del relitto. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Le operazioni di soccorso sono al momento sospese: la nave ha cominciato a muoversi dalla posizione in cui si era incagliata. Si teme che il mare mosso possa aggravare la situazione. All’appello mancano ancora 10 passeggeri e 6 membri dell’equipaggio. Tra i dispersi figura anche una bimba di 5 anni. Luca Cari, responsabile dell’Ufficio Vigili del Fuoco raggiunto telefonicamente sul posto:

    R. – Sono state interrotte le operazioni di soccorso, non per il maltempo, ma per il fatto che la nave, costantemente monitorata, si è spostata di 9 cm sulla verticale, in altezza, e di 1,5 cm orizzontalmente. Avendo perso, quindi, almeno momentaneamente il punto di stabilità, è stato dato l’ordine di evacuazione. I sommozzatori della Guardia Costiera e i sommozzatori dei Vigili del Fuoco son ostati immediatamente evacuati e non stiamo più operando in questo momento, perché si sta monitorando la situazione per capire, effettivamente, se la nave è ferma o se sta scivolando verso il fondale.

    D. – Purtroppo è una corsa contro il tempo: se la nave dovesse inabissarsi, finirebbe ogni speranza di trovare superstiti…

    R. – Questo è un rischio concreto. Stiamo lavorando in condizioni di grande criticità.

    Si aggrava, intanto, la posizione di Francesco Schettino, il comandante della "Concordia", in stato di fermo con l’accusa di omicidio colposo plurimo, disastro e abbandono della nave. Un membro dell'equipaggio ha raccontato agli inquirenti che avrebbe dato l’ordine di puntare verso l'isola del Giglio, avvicinandosi a 150 metri dalla costa.

    Il ministro dell'Ambiente, Corrado Clini, ricorda pure che è altissimo il rischio ambientale in caso di fuoriuscita del carburante dalla nave. Il ministro è oggi in prefettura a Livorno per un vertice sui danni ambientali legati al naufragio. Sui rischi per l’ambiente legati a questa sciagura, Paolo Ondarza ha sentito il responsabile "Area mare"’ dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana, Fabrizio Serena:

    R. - Noi, come agenzia ambientale, ci siamo preoccupati immediatamente di metterci a disposizione di questa task force, e di mettere soprattutto a disposizione il nostro battello oceanografico. Si tratta semplicemente di aspettare l’evolversi della situazione. Se il mare ce lo consente, attiveremo questo monitoraggio.

    D. - Il ministro Clini ha detto che il rischio ambientale per l’Isola del Giglio, ma per tutto l’arcipelago è altissimo. Quindi, l’obbiettivo è di evitare che il carburante fuoriesca dalla nave..

    R. - Il rischio maggiore è questo: saranno presi i migliori provvedimenti, per evitare che ci sia anche la minima fuoriuscita di carburante, però fino a che non verrà tirato fuori tutto, fino all’ultima goccia, restiamo in apprensione. È vero anche che non è un prodotto di greggio che potrebbe fuoriuscire: è carburante e quindi più facilmente diluibile, ma in ogni caso comprometterebbe tutta la linea di costa dell’isola.. Ricordiamo che siamo in pieno arcipelago toscano, uno dei parchi più grandi dell’Italia, quindi la situazione ci preoccupa non poco.

    D. - Il ministro Clini ha detto che sarebbe di buon senso far passare le navi da crociera lontano da zone di particolare pregio ambientale..

    R. - Le rotte delle navi devono passare per legge a distanze di rispetto dalla costa, soprattutto dalle isole. Quindi non dovrebbero esserci problemi, a meno che queste non si avvicinino troppo, come è successo in questo caso. (bi)

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    Siria. Il Qatar propone l'invio di truppe della Lega Araba per fermare le violenze

    ◊   La situazione siriana al centro della prossima riunione della Lega Araba, il 22 gennaio al Cairo. Si discuterà anche dell’ipotesi, avanzata dal Qatar, di inviare truppe nel Paese di Bashar al Assad dove proseguono gli scontri tra dissidenti e truppe fedeli al presidente. Oggi a Beirut si chiude la conferenza Onu sulla riforma e la transizione verso la democrazia nel mondo arabo. Il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha già ammonito la Siria affinché fermi la repressione. Sull'eventuale invio di truppe arabe in Siria Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento dello storico Caludio Lo Jacono presidente dell’Istituto per l’Oriente:

    R. – Non credo che la Siria si piegherà ad accogliere un corpo militare, sia pure arabo, nei suoi confini, anche se a suo tempo intervenne grazie proprio alla Lega Araba e alla Fad, la forza araba di dissuasione, in Libano, che poi è rimasta un numero enorme di anni. Interessante sarà anche l’atteggiamento che avrà l’Egitto, perché Amr Moussa è uno dei candidati potenziali all’elezione a presidente della Repubblica egiziana e probabilmente vorrà interpretare la parte di colui che difende i diritti delle popolazioni, i diritti del popolo arabo.

    D. – Abbiamo visto in questi giorni la spaccatura in seno alla Lega Araba. Un osservatore, di fatto, è andato via dalla missione in Siria parlando di “farsa” e di pesanti violazioni dei diritti umani nei confronti dei manifestanti contro il regime. Chi coordina questa missione ha invece negato tutto... Come giudicare questa spaccatura?

    R. – Si assiste alla contrapposizione tra Paesi che hanno pochi interessi strategici nell’area araba se non di tipo economico, come i Paesi del Golfo, come i Paesi più moderati dal punto di vista della loro politica estera, e la parte, potremmo dire, più arabista, più impegnata politicamente. Io credo che l’inefficienza, la spaccatura, della Lega Araba dipenda anche dalla difficoltà interna che sta attraversando proprio l’Egitto. La Lega Araba senza l’Egitto non è nulla. Alla Siria, al suo apparato militare, non si può imporre nulla se non energicamente e questo non sarà mai concertato da tutta la Lega Araba.

    D. – Sul terreno in Siria si continuano a contare vittime per la repressione. Bashar al Assad, il presidente siriano, ha decretato un’altra amnistia per tutti i reati commessi durante le proteste negli ultimi 10 mesi…

    R. – Questo è perfettamente in linea con la politica di molti Paesi arabi: tenere un atteggiamento a livello di politica internazionale positivo e poi svolgere un’azione repressiva all’interno, senza assolutamente alcun problema di tipo etico. Abbiamo già visto la Siria stroncare parte dell’opposizione. La Siria è anche un Paese estremamente vivace politicamente, ma non uscirà facilmente da questa crisi con escamotage puramente tattici.

    D. – Anche il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha condannato le violenze sul terreno. La Cina continua a tenere una posizione distaccata...

    R. – Bisogna avere il coraggio di fare una politica estera seria e coerente. L’Europa, mesi fa, doveva muoversi su questo sentiero. Il regime di Assad non è un regime socialista tale da far intervenire la Cina a difesa di non so quale ordine mondiale progressista. E’ semplicemente un atteggiamento dettato da convenienze politiche ed economiche. Spero che in questo momento prevalga il buon senso da parte dei politici e dell’Europa e che si riesca ad attuare un coordinamento, per una politica estera comune. (bf)

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    Disordini in Nigeria: il presidente ridimensiona l'aumento della benzina. I vescovi invitano al dialogo

    ◊   In Nigeria, dopo le manifestazioni e lo sciopero generale contro il caro-carburante, il presidente Jonathan ha ridimensionato l’aumento del prezzo alla pompa. Anche stamani, tuttavia, l’esercito ha disperso centinaia di dimostranti. I sindacati, per motivi di sicurezza hanno sospeso lo sciopero. I vescovi nigeriani, da parte loro, auspicano un confronto proficuo, per risolvere i problemi che investono il settore petrolifero. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Enrico Casale, della rivista dei Gesuiti “Popoli”:

    R. – La Nigeria è il più grande produttore africano di petrolio: dal petrolio ottiene circa l’80 per cento delle rendite derivanti dalle esportazioni. Ma è un Paese che non ha raffinerie e che deve quindi importare la benzina dall’estero con costi assai elevati. La scelta del governo di dare sussidi per l’acquisto della benzina ha poi alimentato un forte contrabbando del carburante con i Paesi confinanti. Si tratta, quindi, di una scelta che ha aiutato la popolazione, ma non ha risolto alla radice il problema né del contrabbando né della produzione di benzina. Inoltre, il 50 % della popolazione nigeriana vive al di sotto della soglia della povertà e molte persone disperate assaltavano gli oleodotti, forandoli e prelevando il greggio, che poi vendevano al mercato nero. Questo ha causato anche molte vittime, perché il petrolio fuoriuscito spesso si incendiava e molte persone, soprattutto minori, morivano. Per ovviare a questo le compagnie petrolifere hanno addirittura allestito dei controlli armati, per evitare gli assalti agli oleodotti.

    D. – E’ importante per la Nigeria, a questo punto, importare una tecnologia per costruire proprie raffinerie: deve esserci necessariamente un collegamento con le grandi società di sfruttamento del greggio?

    R. – L’estrazione del greggio è affidata in gran parte alle multinazionali e, attraverso la collaborazione con queste grandi compagnie petrolifere, è possibile creare quelle raffinerie che permetterebbero di produrre in proprio la benzina necessaria al Paese.

    D. – Che ricaduta positiva vi sarebbe nel prezzo alla pompa?

    R. – Il principio è chiaro: la Nigeria produce petrolio, che è una materia prima, e importa benzina, che è un prodotto raffinato, e quindi c’è un disavanzo, perché chiaramente la benzina, essendo frutto di un processo industriale, costa di più della materia prima. E’ chiaro che, se venisse prodotta in casa, costerebbe molto meno. Inoltre, si limiterebbe la dipendenza della Nigeria dai Paesi vicini che sono invece produttori. (mg)


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    Crisi in Europa. Gotti Tedeschi: potere economico trasferito in Oriente, l'Occidente recuperi competitività

    ◊   Il declassamento del debito di numerosi Paesi europei, tra cui Francia, Italia e Spagna, deciso dall’agenzia di rating Standard & Poor’s, ha messo in allarme i governi del vecchio continente. Ma cosa sta succedendo in Europa? Antonella Palermo lo ha chiesto a Ettore Gotti Tedeschi, presidente dello Ior, l’Istituto per le Opere di Religione:

    R. - La mia risposta è molto semplice: siamo di fronte ad un nuovo ordine mondiale, in cui il potere economico è stato trasferito dall’Occidente all’Oriente. È evidente che l’Europa, come tra l’altro gli Stati Uniti, ne sta soffrendo. Non è “K.O.” come Europa politica, ma dal punto di vista economico, è in grande difficoltà.

    D. - Sono stati esagerati i commenti alle classifiche dell’agenzia di rating Standard & Poor’s, che ha declassato Italia, Francia, Spagna e altre sei nazioni europee?

    R. - Che tipo di valutazioni potrebbero mai dare, le società di rating, su un sistema occidentale, che negli ultimi 25 anni, ha spaccato il mondo in due, tenendo in Occidente soltanto un’attitudine consumistica, creando quindi un’area economica di consumi, trasferendo sostanzialmente, grandissima parte delle produzioni, in un altro emisfero? Abbiamo spaccato il mondo in due, dobbiamo rendercene conto. Abbiamo creato un mondo di consumatori in Occidente, e di produttori non ancora consumatori, in Oriente. Ora è ovvio che quando in questa crisi, che è stata creata a debito, il debito non viene tenuto in piedi, non è più sostenibile con il sistema, il mondo si ritrova che il mondo occidentale che non ha più le caratteristiche della ripresa economica della crescita, che sono state trasferite da un’altra parte. Che cosa dovrebbero mai dire le società di rating? Che siamo bravi, soltanto perché facciamo quattro manovre che tendono a ridurre la spesa pubblica? È chiaro che le agenzie di rating dovrebbero, semmai, spiegare meglio, ed essere più consapevoli della gravità degli effetti e delle conseguenze dei rating che danno. Dovrebbero spiegare molto meglio. La società di rating dovrebbe anche fornire indicazioni -secondo me- come fanno gli auditor che ti dicono ad esempio: “Il suo bilancio lo certifico a queste condizioni”, e nelle condizioni, ti dicono che cosa si dovrebbe fare per avere una crescita del rating. È evidente che le agenzie di rating, prescindendo che siano tutte americane, prescindendo che qualcuno sospetti che siano a supporto dell’esigenza del mondo Nordamericano, di competere con l’Europa nel collocamento del debito: sappiamo, infatti, che gli Stati Uniti hanno nazionalizzato il debito dei privati, e questo conseguentemente adesso questo debito che non è sostenuto dalla Fed, compete con il debito europeo nei collocamenti. È evidente che il sospetto, che le agenzie di rating, penalizzino il debito europeo ci sia; però prescindendo da questo sospetto, che cosa mai dovrebbero dire le agenzie di rating?

    D. – Lei è d’accordo con quanti affermano che linea politica di Merkel e Sarkozy stia portando al suicidio dell’Europa?

    R. - Il nostro è un problema europeo, è un problema di competitività. Oggi il mondo è cambiato, siamo di fronte ad un nuovo ordine mondiale, dove i prodotti più importanti, il 60-70 percento dei consumi totali ormai sono producibili in un’area geografica dove costano meno. Il nostro sistema occidentale è costoso, quindi noi dobbiamo -se vogliamo competere per poter avere occupazione, per poter avere una presenza produttiva a livello mondiale- ritrovare la nostra competitività. È chiaro che non esiste la competitività europea. Esiste la competitività italiana, la competitività spagnola, francese, tedesca... Conseguentemente all’interno di un’Europa che ha una moneta, ma non ha un sistema di governo dell’economia, chi è più bravo soffre nei confronti di vedere chi è meno bravo.

    D. - Tra alcuni giorni Merkel, Sarkozy e Monti si incontreranno a Roma. Qualcuno dice che le premesse di un altro venerdì nero ci siano tutte. Lei come guarda a questo vertice, che auspici esprime?

    R. - Ovviamente non so quali siano l’ordine del giorno e l’agenda. So solamente quello che ci metterei io in agenda, se fosse possibile poter proporre..In questa agenda, noi dobbiamo scrivere che la cosa più importante è la ripresa economica del sistema europeo. Inoltre, in questo incontro dobbiamo spiegare che è il mondo occidentale che deve riavviare l’economia, e quindi non basta l’Italia da sola o l’Italia e la Spagna … ma l’Europa e gli Stati Uniti insieme, perché quello che ci ha portato progressivamente in questa situazione di difficoltà è stato un sistema occidentale tra Stati Uniti ed Europa, quindi l’uscita deve essere concordata fra Stati Uniti e l’Europa. E cosa si deve concordare? Si deve concordare il sistema di rilancio della nostra economia per ritrovare la competitività.

    D. - Si apre la settimana delle liberalizzazioni in Italia, i malumori sono consistenti: in che misura serviranno?

    R. - Prima di tutto bisogna vederle: bisogna vedere cosa si intende, come vogliono farle, e con quali caratteri. Il rischio è che in Italia ci portino via il sistema industriale: il prezzo con il quale oggi si può acquistare un sistema industriale finanziario in Italia è a supersconto. Il grande rischio è che noi ci vediamo sottrarre il sistema industriale e questo non ci permetterebbe di controllare due cose: l’investimento del risparmio e l’occupazione. (bi)

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    Incontro Monti-Van Rompuy. Il Fiscal compact entrerà in vigore a luglio

    ◊   Il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, esprime parole di apprezzamento per il lavoro del governo Monti in Italia: il suo intervento oggi a Roma, alla conferenza stampa congiunta con il premier italiano seguita all’incontro fra i due. Van Rompuy si è poi recato dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Annunciato tra l’altro che il trattato Fiscal compact, sul patto di bilancio, verrà firmato a marzo. Il servizio di Debora Donnini:

    Mario Monti punta il dito contro l’insufficienza di governance dell’Eurozona per la decisione presa da Standard&Poor’s, relativa al taglio del rating a diversi Paesi europei fra cui l’Italia. E a sottolineare il lavoro “straordinario e impressionante” che l’Italia sta facendo è anche Herman Van Rompuy, nella conferenza stampa congiunta con il presidente del Consiglio italiano. Annunciato anche che il nuovo patto Ue, il cosiddetto Fiscal compact, sarà firmato a marzo e reso operativo a luglio. Sentiamo il commento di Stefano Zamagni, professore di economia all’Università di Bologna:

    “Il Fiscal compact è un atto dovuto e va fatto con una certa emergenza. Il punto è il modo: si può prendere questo patto e siglarlo e, al tempo stesso, impegnarsi a far partire una politica fiscale europea comune. Una politica che attendiamo da ben 10 anni. Quindi sì, dobbiamo calmare i mercati e le loro mire egoistiche ed aggressive per via dell’emergenza, però attenzione a non dimenticare l’obiettivo primario. Quando io parlo di una politica fiscale comune intendo dire una governance”.

    Convergenza, dunque, fra Monti e Van Rompuy sulla necessità di stabilità finanziaria per l’Europa in generale. Punto cruciale le liberalizzazioni: le prime misure, in questo senso, saranno varate da Palazzo Chigi già questa settimana, ha conferma Monti che oggi, infatti, incontra i leader dei partiti che sostengono il suo governo: Angelino Alfano, Pdl, Pier Ferdinando Casini, Terzo Polo, e Pier Luigi Bersani, Pd. Sul punto delle liberalizzazioni sentiamo ancora Zamagni:

    “Le liberalizzazioni di per sé sono un fatto positivo e fisiologico per le economie di mercato. Il punto è, ancora una volta, come vengono realizzate. La prima cosa è evitare che le liberalizzazioni, a breve termine, possano far nascere – o rinascere – monopoli a medio e lungo termine. Questo rischio esiste, perché con le liberalizzazioni facciamo scattare il meccanismo della competizione e questo può buttare a terra categorie di soggetti o imprese di piccola dimensione. Se ciò avviene, ridando potere a gruppi o ‘potentati’, allora le liberalizzazioni hanno un effetto perverso. La seconda condizione deve tener conto che ogni volta in cui si liberalizza, si creano vantaggi a favore di certi gruppi sociali ed oneri e svantaggi nei confronti di altri. La liberalizzazione che serve al bene comune è quella che tiene conto delle varie forme di compensazione, al fine di evitare che il costo della liberalizzazione – che alla lunga è positivo – ricada sui segmenti meno dotati della popolazione”.

    Per il presidente del Consiglio italiano, sarà comunque un periodo denso di impegni anche a livello europeo. Mercoledì prossimo sarà a Londra per incontrare il premier britannico, David Cameron. Venerdì 20 gennaio, invece, dovrebbe vedere Merkel e Sarkozy, ma l’incontro potrebbe essere rinviato, secondo fonti governative italiane.

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    Giornata per il dialogo fra cattolici ed ebrei sul tema "Non uccidere"

    ◊   Domani si celebra la Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo fra cattolici ed ebrei. Quest'anno, il tema dell'evento, nato da un’intuizione della Conferenza episcopale italiana, è “Non uccidere”. Su questa Giornata si sofferma, al microfono di Amedeo Lomonaco, il vescovo di Pistoia, mons. Mansueto Bianchi, presidente della Commissione per l’Ecumenismo e il Dialogo interreligioso della Cei:

    R. – Mi pare una tematica di estrema attualità, perché il ventaglio del “Non uccidere” abbraccia la vicenda della vita, dal sorgere al tramonto dell’esistenza stessa. Dunque è una tematica su cui la responsabilità e l’impegno delle due religioni figlie di Abramo, l’ebraismo e il cristianesimo, e il cattolicesimo in particolare, sono chiamate a delle grandi sfide. E non sono soltanto sfide religiose, ma sono sfide etiche che riguardano la coscienza delle persone: allora il "non uccidere" è l’impegno al rispetto della vita, è l’impegno alla promozione della vita e anche la sfida culturale a guardare alla vita come ad un dono, a una risorsa.

    D. – Il comandamento “Non Uccidere” unisce cristiani ed ebrei, ma ci sono anche altri punti di convergenza. Come procede il dialogo tra ebrei e cattolici?

    R. – Direi che è un dialogo che è estremamente utile e necessario. Ed è anche impegnativo da parte delle due esperienze religiose. E’ un dialogo che merita anche qualche fatica, merita anche qualche impegno per superare – diciamo – delle distonie che, momentaneamente, possono affacciarsi. Dunque credo che il percorso vada giudicato nel suo insieme, nella sua complessità e direi che, sotto questo aspetto, è veramente un itinerario che avanza. Ed è anche una sintonia che cresce tra queste due esperienze religiose. L’importante è non perdere di vista il respiro largo di queste vicende, la profondità e la lunghezza di questi percorsi e non lasciarsi troppo condizionare da vicende o da avvenimenti che potrebbero gettare dei coni d’ombra su quello che stiamo facendo. Sono comunque dei momenti, degli episodi che non ricoprono il cielo e l’orizzonte del dialogo ebraico-cristiano. (mg)

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    La Fao sulla sicurezza alimentare: migliora la situazione in Somalia, non c’è accordo sulla crisi nel Sahel

    ◊   Oltre 300 esperti da tutto il mondo convocati per tre giorni nella sede della Fao a Roma per dibattere di sicurezza alimentare, su come valutarla e fronteggiarla. Ad aprire il Simposio sarà domani il direttore generale dell’Organizzazione dell’Onu per l’alimentazione e l’agricoltura, José Graziano da Silva. Roberta Gisotti ha intervistato il dott. Luca Russo, economista della Fao, tra i responsabili organizzativi dell’incontro, che sarà preceduto oggi pomeriggio da una Tavola rotonda sul caso Somalia.

    D. – Dr. Russo, ci sono novità, in questo campo certamente strategico per il futuro dell’umanità?

    R. – La novità principale è che a livello politico c’è un’attenzione sempre più forte alla questione di capire cosa succede rispetto alla sicurezza alimentare. Diciamo che i grandi Paesi a livello di grandi decisioni, sempre più vogliono sapere dove si trovano i maggiori problemi di carestia e di insicurezza alimentare e vogliono che le varie agenzie – non soltanto la Fao, ma le altre agenzie partner come il Programma alimentare mondiale – arrivino a conclusioni comuni. Infatti, uno dei grandi problemi del passato è che le varie agenzie avevano sistemi di analisi diversi e quindi avevamo analisi diverse, che a volte erano anche in contraddizione tra di loro. Quindi, questo Simposio è incentrato proprio su questo: assicurarsi che le varie agenzie che lavorano intorno all’analisi dell’insicurezza alimentare arrivino a conclusioni comuni e adottino metodologie comuni per avere un messaggio unico rispetto al problema dell’insicurezza alimentare.

    D. – Quindi buone notizie, nel senso che il lavoro delle agenzie dell’Onu verrà maggiormente recepito dalle istanze politiche, appunto, che poi devono prendere provvedimenti?

    R. – La mia impressione è che negli ultimi tre-quattro anni, anche dopo la crisi del 2008 con l’aumento dei prezzi agricoli, forse anche con alcuni cambi di amministrazione, compreso quello negli Stati Uniti, a livello globale ormai si considera assolutamente intollerabile che ci siano ancora un miliardo di persone che soffrono la fame. Da qui nasce una richiesta per un’analisi più approfondita, più consensuale rispetto a questi temi.

    D. – Sappiamo che nel pomeriggio si terrà un incontro sulla Somalia. Come è stata gestita lì l’emergenza carestia?

    R. – I sistemi di allerta precoce che in Somalia funzionano piuttosto bene – la Fao, che lavora insieme al World Food Programme e ad altre agenzie – già da settembre 2010 avevano incominciato a suonare alcuni campanelli d’allarme, ma la comunità internazionale – per una serie di motivi che saranno discussi questo pomeriggio – ha agito in ritardo, solo quando nel luglio 2011, quindi dieci mesi dopo, fu dichiarata ufficialmente la carestia in Somalia. In quel momento, la comunità internazionale si è ‘risvegliata’ ed è intervenuta, e sicuramente gli interventi, anche se in ritardo, sono stati estremamente utili. La situazione, in questo momento, in Somalia, è migliorata e anche le prospettive di recupero sono piuttosto buone.

    D. – Quindi, importante è allertare in anticipo ma poi anche intervenire. Forse è per questo che adesso si parla di previsione di carestia nel Sahel con anticipo, prima che le conseguenze siano tragiche?

    R. – Esatto, ma, per esempio, sul Sahel, in questo momento, non c’è un consenso assoluto rispetto alla gravità della crisi. Cioè, ci sono alcune agenzie che hanno opinioni diverse rispetto a quanto sia grave la crisi.

    D. – Quindi è bene arrivare ad un coordinamento?

    R. – E’ fondamentale soprattutto per i politici che devono poi prendere delle decisioni. Se non c’è un accordo consensuale rispetto ad una carestia, e se non ci sono fatti a comprovare il rischio in corso, c’è ovviamente un’ulteriore lentezza da parte della comunità internazionale per quanto riguarda le azioni da intraprendere. (gf)

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    L'Unicef e l'azione umanitaria per i bambini di Haiti: aiutati in 750 mila, ma servono altri fondi

    ◊   Due anni dopo il terremoto che colpì crudelmente Haiti, sono 750 mila i bambini aiutati dall’Unicef a tornare a scuola: in circa 80 mila adesso frequentano le classi nelle 193 scuole sicure e antisismiche costruite dall'organizzazione. Nel recente Rapporto pubblicato dall’agenzia Onu per l’infanzia, oltre ai risultati conseguiti – tra cui un rafforzamento della protezione giuridica per i minori ospitati negli istituti – l’Unicef ha lanciato un appello per il 2012 per oltre venti milioni di dollari. È questa la stima per coprire il fabbisogno umanitario a sostegno dei bambini più vulnerabili per ciò che riguarda salute, nutrizione, acqua e servizi igienico-sanitari, istruzione e protezione dell'infanzia. Lev Sordi ne ha parlato con Paola Bianchi di Unicef Italia:

    R. – I bambini vittime del terremoto, che hanno sofferto una condizione di distacco dalla famiglia, piuttosto che dalla successiva epidemia di colera, sono rimasti fortemente malnutriti. Sono 4 milioni e 300 mila. Dei tanti minori che sono sempre il maggior numero delle vittime, 13 mila e 400 bambini sono stati ospitati e sono stati anche registrati. Questo siamo stati in grado di farlo, ma la situazione attualmente è ancora molto critica e rimangono ancora grandi attività da compiere, in accordo con le altre organizzazioni e le altre ong, ma soprattutto con il nuovo governo che già ha fatto grandi passi in termini di tutela dell’infanzia.

    D. – Qual è la situazione in termini degli aiuti internazionali per l’infanzia?

    R. – Per il 2012, l’Unicef ha lanciato un appello per raccogliere 24 milioni di dollari per i bisogni umanitari immediati, ma sarà necessario un altro sostegno molto importante di ulteriori 30 milioni di dollari per l’assistenza allo sviluppo nel lungo periodo, per il quale l’Unicef ha lanciato un appello e per il quale ancora è possibile donare.

    D. – Cosa avete fatto come Unicef sino ad ora per i bambini?

    R. – Siamo intervenuti innanzitutto con programmi di intervento sulla salute. Sono stati istituiti oltre 650 centri di accoglienza per i bambini e poi circa 3000 bambini sono stati ricongiunti con le loro famiglie e sono stati avviati 314 programmi che tendono a riportare i bambini alla vita normale, dall’istruzione, all’alimentazione, alla salute e alla protezione.

    D. – Quali progetti avete programmato per il 2012?

    R. - Il più grande dei progetti è quello della protezione, ovviamente, in cui i bambini devono essere tutelati. Poi, anche grazie alla sottoscrizione da parte del nuovo governo di Haiti della convenzione dell’Aia che regolamenta le adozioni, chiaramente anche da un punto di vista legislativo siamo messi nella condizione di pensare che la tutela dell’infanzia possa essere garantita e assicurata anche dall’intervento del governo. Ovviamente, le priorità immediate rimangono sempre la salute, l’alimentazione, l’educazione, la tutela e il ricongiungimento con le famiglie. (bf)

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    In mostra al Quirinale "Noi, l'Italia", opere di disabili mentali e fisici della Comunità di Sant'Egidio

    ◊   Centocinquanta opere per raccontare l’Unità d’Italia sono in allestimento fino al 31 gennaio al Palazzo del Quirinale a Roma. “Noi, l’Italia” è il titolo della mostra, inaugurata nelle scorse settimane dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e frutto dei laboratori con disabili mentali e fisici della Comunità di Sant’Egidio. Benedetta Capelli:

    Un Tricolore collocato sulle pareti e che sembra avvolgere il visitatore; 150 piccole tele per raccontare l’Italia e una penisola adagiata su numerosi tavoli di legno, frutto dell’incontro di Anton Roca con diversi ragazzi disabili. E’ il percorso della mostra “Noi, l’Italia”: un titolo scelto da uno dei giovani coinvolti nel progetto. Cristina Cannelli, coordinatrice dei laboratori sperimentali d’arte della Comunità di Sant’ Egidio:

    “E’ l’Italia fatta da gente debole ma che ha molte cose da dire. Benché si tratti di persone forse considerate anche molto meno rispetto a ciò che sono, hanno uno sguardo sull’Italia che comprende tutti, senza alcun pregiudizio. Come dice Sonia in un testo digitato al computer, perché è una persona che non può parlare verbalmente, ‘è un’Italia mista, colorata, come lo mondo’. L’Italia è unita, siamo uniti perché solo insieme si ha senso, uniti perché insieme si fa la storia, perché da soli si è tristi.

    La storia dell’Unità d’Italia che passa attraverso lo studio ma anche le immagini indelebili: Pio XII dopo il bombardamento di Roma o l’incontro di Assisi promosso da Giovanni Paolo II. Ci sono tutti in fila i pennini da inchiostro a simboleggiare il voto nel 1946 alle donne; piccole 500 per raccontare il boom economico oppure la pipa di Pertini appesa alle sbarre di una prigione per disegnare la Resistenza. Ancora Cristina Cannelli:

    "Vi sono alcune opere storiche, penso a 'La barba di Cavour e i capelli di Gramsci', di Fabio Lo Surdo, penso alla luminosa idea dell’Unità d’Italia fatta con piccole lampadine, ma penso anche all’Italia del dopoguerra, al problema della ricostruzione, alle case popolari, al piano Marshall ed al discorso della guerra in sé".

    A emergere chiaramente è il rifiuto dei conflitti, l’attenzione allo straniero, il voler essere parte di un mondo esprimendo la propria diversità. “Ognuno ha il suo tempo per imparare – scrive Giancarlo, uno dei tanti artisti – io per esempio imparo piano piano ma imparo, io capisco, ma subito non so dire, rispondere”:

    “Da parte di queste persone disabili c’è un impegno, anche spirituale, continuo di attenzione verso il mondo, perché la debolezza non vuol dire costrizione alla chiusura. La debolezza vuol dire anche apertura al mondo e capacità di comprendere anche le sofferenze di chi è lontano, magari partendo dalla propria”.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Legge sulla blasfemia in Pakistan: 161 incriminati e 9 morti nel 2011

    ◊   Non smette di crescere il numero delle vittime in Pakistan per la controversa legge sulla blasfemia, mentre le minoranze religiose soffrono per l’estremismo dilagante. Come riporta l’agenzia Fides, nel 2011, a causa della cosiddetta “legge nera”, almeno 161 persone sono state incriminate e 9 uccise con esecuzioni extragiudiziali, vittime di accuse di blasfemia. Tali imputazioni, ha detto di recente un avvocato musulmano che ha chiesto l’anonimato per motivi di sicurezza, “sono false nel 95% dei casi”. Secondo un rapporto dell’Asian Human Rights Commission, Ong che monitora i diritti umani nel continente, “il Pakistan ha fallito nel garantire il rispetto dei diritti umani al suo popolo”. L’organizzazione ha documentato nel 2011 l’uccisione di 18 difensori dei diritti umani e di 16 giornalisti, impegnati in un’opera di denuncia dei mali della società, della corruzione e dell’estremismo islamico. Il 2011 ha registrato l'uccisione di personalità di alto profilo, come il governatore del Punjab, Salman Taseer, e il ministro federale delle Minoranze, il cattolico Shabhaz Bhatti, “omicidi compiuti - sottolinea la Commissione - da gruppi estremisti religiosi infiltrati nelle forze dell'ordine”. “Lo Stato è rimasto muto spettatore di tali omicidi” sottolinea l’Ong, che aggiunge come “questa inettitudine del governo” abbia “favorito la conversione forzata all'Islam di ragazze provenienti da gruppi religiosi minoritari: in totale, nel 2011, circa 1.800 ragazze, fra indù e cristiane, sono state costrette a convertirsi all'Islam, con mezzi come il rapimento e lo stupro”. Il testo cita anche centinaia di morti per “delitto d’onore”, l’aumento di violenze settarie a Karachi, con 1.800 morti nel 2011, e nel Beluchistan, dove sono stati registrati 225 vittime e oltre 6.000 dispersi. (A cura di Giada Aquilino)

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    Pakistan: l'obiettivo della pace nel dialogo tra cristiani e musulmani

    ◊   Promuovere una cultura incentrata su dialogo, tolleranza, pace e armonia, rafforzando i rapporti tra cristiani e musulmani. Se ne è parlato in questi giorni al convegno tenuto nella sala conferenze della cattedrale di Faisalabad, in Pakistan, al quale hanno partecipato sacerdoti e vescovi, leader religiosi musulmani, studiosi, educatori, scrittori e rappresentanti delle associazioni che operano nella società civile. Come riporta l’agenzia AsiaNews, a promuovere il momento di discussione e confronto - ispirato alle parole di Benedetto XVI per la Giornata mondiale della pace, dedicata quest’anno al tema “Educare i giovani alla giustizia e alla pace” - sono stati i membri della Commissione diocesana per il dialogo interreligioso, con lo scopo di rafforzare l’armonia interconfessionale e le relazioni fra le due comunità. Il vescovo di Faisalabad mons. Joseph Coutts ha ricordato i principi promossi da Ali Jinnah, fondatore del Pakistan moderno, e il valore profondo della laicità dello Stato. “Religione, casta o credo dei cittadini - ha spiegato il presule - nulla hanno a che vedere con gli interessi della nazione. Per questo non dovrebbero esserci discriminazioni o distinzioni fra cittadini”. Mons. Coutts ha auspicato il rafforzamento della comprensione, del rispetto e della tolleranza, per “rompere le barriere e superare” la diffidenza reciproca. Christina Peter, presidente dell’Associazione Award per la consapevolezza delle donne e lo sviluppo rurale, ha poi sollecitato una “partecipazione della donna” al processo di pace. Ricordate infine due grandi personalità assassinate nel 2011 per il loro impegno a favore della pace e del dialogo interreligioso: Salman Taseer, il governatore della provincia del Punjab, ucciso per aver difeso la cristiana Asia Bibi e chiesto una revisione delle leggi sulla blasfemia, e Shahbaz Bhatti, ministro cattolico per le Minoranze, assassinato da un commando di fondamentalisti islamici. (G.A.)

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    India: nel Karnataka ancora violenze anticristiane degli estremisti indù

    ◊   Venti cristiani attaccati e malmenati, il Pastore protestante Srirangam Shanthakumar, della “Agape Church”, ferito e con un dito mozzato. È il bilancio dell’ultimo attacco di un gruppo di estremisti indù avvenuto ad Anekal, villaggio rurale nel distretto di Bangalore, nello Stato di Karnataka, in India meridionale. Come riferisce all'agenzia Fides il “Global Council of India Christians”, organizzazione che monitora i diritti dei cristiani in India, nei giorni scorsi il Pastore Shanthakumar, che ha moglie e due figli, stava guidando una veglia di preghiera nella residenza di un credente della sua comunità, quando un gruppo di circa 20 radicali indù ha fatto irruzione nell’abitazione, attaccando i presenti con bastoni e spranghe di ferro. Mentre malmenavano i cristiani, i radicali accusavano i credenti di convertire in modo forzato e fraudolento i credenti indù al cristianesimo. Numerosi fedeli sono rimasti feriti, il Pastore ha perso il dito della mano sinistra e un credente ha gravi ferite al capo e danni alla mano destra. I militanti indù sono poi fuggiti velocemente. Il Pastore e i fedeli hanno denunciato l’accaduto alla polizia e sono stati ricoverati negli ospedali della zona. Confermando tali episodi, oggi un nuovo rapporto sulle violenze anticristiane in India è stato diffuso dalla “Evangelical Fellowship of India”, che riunisce centinaia di denominazioni evangeliche. Il Rapporto, inviato a Fides, conferma il Karnataka come lo Stato più violento e insicuro, segnalando 140 episodi gravi di persecuzione contro i cristiani, caratterizzati da false accuse di “conversioni forzate”. Il Rapporto chiede allo Stato di garantire la protezione dei cristiani indiani e il rispetto della libertà religiosa nel Paese. (R.P.)

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    Attentati in Iraq: autobomba a Mosul, violenze a Hilla e Baquba

    ◊   Un'autobomba è esplosa stamani nei pressi di Mosul, in Iraq, in un complesso abitativo in cui sono ospitati membri della comunità di origine curda Shabak, provocando almeno otto morti e quattro feriti. La città di Mossul, 390 chilometri a nord di Baghdad, è stata per anni uno dei bastioni di Al Qaida. Nella zona, vivono circa 30.000 membri della minoranza, perseguitata ai tempi di Saddam Hussein e più volte bersaglio degli attentati terroristici dopo la caduta del regime. Nelle ultime ore, violenze anche nel centro di Hilla e nell’area di Baquba. (G.A.)

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    Juppé assicura una risposta europea alle riforme in Myanmar

    ◊   Dopo gli incontri di ieri con i leader dell’opposizione in Myanmar, oggi a Naypyidaw per il ministro degli Esteri francesi Alain Juppé, in visita ufficiale, è il giorno dei colloqui con le autorità del Paese asiatico: dopo il faccia a faccia con il presidente Thein Sein, l'inviato dell'Eliseo si è detto convinto della volontà riformatrice dell'ex Birmania. Ieri a Yangon, il capo della diplomazia di Parigi ha visto la leader dell'opposizione e premio Nobel per la pace, Aung San Suu Kyi, assicurando che l'Unione europea risponderà ''in modo concreto'' alle recenti riforme del nuovo governo birmano, che venerdì scorso ha annunciato la liberazione di altri 300 prigionieri politici. ''Come il resto della comunità internazionale - ha detto Juppé - abbiamo osservato con molta attenzione i segnali positivi del presidente Thein Sein, anche quelli recenti''. L’Unione europea, che a gennaio ha annunciato la prossima apertura di una rappresentanza in Myanmar, aveva allentato parzialmente le sanzioni nell'aprile scorso. Oggi a Yangon, intanto, al via la presentazione delle candidature per le elezioni legislative parziali del prossimo 1° aprile, alle quali parteciperà anche Aung San Suu Kyi. (G.A.)

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    El Salvador: nessuna celebrazione nella cattedrale occupata dagli ex combattenti

    ◊   Manca un giorno alla commemorazione del 20.mo anniversario della firma degli "Accordi di Pace" in El Salvador e la chiesa principale di questo Paese, la cattedrale metropolitana di San Salvador, continua ad essere occupata da ex combattenti del precedente conflitto armato. Questo fatto ha impedito la celebrazione delle Messe di domenica scorsa e la conferenza stampa che di solito l'arcivescovo di San Salvador, mons. José Luis Escobar Alas, teneva dopo la Messa. Secondo le informazioni fornite dall'arcidiocesi all’agenzia Fides, la Messa domenicale, che di solito era trasmessa dalla cattedrale metropolitana attraverso Radio Pace, ieri è stata celebrata dal vicario generale, mons. Jesus Delgado Acevedo, nel seminario di San José de la Montagna. Gli ex combattenti che sono entrati nella cattedrale all'inizio della scorsa settimana, hanno comunicato ad un giornale locale che non hanno intenzione di ritirarsi fino a quando sarà istituita una commissione per negoziare con il governo. A questo riguardo, il procuratore per i diritti umani, Oscar Luna, ha promesso di collaborare come mediatore. Le richieste degli ex combattenti riguardano il loro reintegro come veterani della polizia; la reintegrazione del loro rappresentante, Luis Ortega, nel parlamento; il riconoscimento del loro sindacato. Secondo quanto riferito dalla stampa locale, gli ex guerriglieri chiedono anche la fine dell’avversione di alcuni partiti politici nei riguardi degli ex guerriglieri. (R.P.)

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    Ecuador: la Chiesa chiede il rispetto della libertà religiosa

    ◊   La libertà religiosa è un diritto umano e come tale va rispettato nelle sue manifestazioni sia pubbliche che private: è quanto chiede il Consiglio permanente della Conferenza episcopale dell’Ecuador (Cee), in un comunicato diffuso nei giorni scorsi. La nota arriva dopo che l’Assemblea nazionale ha approvato, i primi di gennaio, un progetto di legge sulla libertà e l’uguaglianza religiosa, comprendente anche la creazione di un Consiglio nazionale specifico per tale settore. “Tale Consiglio – scrivono i vescovi - deve rispettare anche gli ideali di base dei Centri educativi o assistenziali creati dagli enti religiosi, così come deve difendere i diritti delle minoranze religiose e dei gruppi nativi dell’Ecuador”. La Cee richiede, inoltre, la tutela “del diritto alla privacy, dell’obiezione di coscienza, del pluralismo e della convivenza religiosa, della libera informazione, espressione, associazione e fondazione in materia di religione”. E ancora: la Chiesa lancia un appello per tutelare “le festività religiose, l’inviolabilità dei luoghi di culto, dei cimiteri e degli archivi, l’impossibilità di sequestrare i beni sacri e la presenza dei simboli religiosi nei centri pubblici e privati”. È importante, inoltre, continuano i presuli, che il nuovo organismo “promuova la cooperazione tra lo Stato ed i gruppi religiosi su questioni di interesse comune come l’istruzione, la cultura, lo sviluppo del benessere della famiglia ecuadoriana, la promozione dell’arte e la cura del patrimonio artistico”. Quanto alla proposta, contenuta nel progetto di legge, che “ciascun ente religioso debba seguire un iter di certificazione e accreditamento delle sue autorità, delle sue guide o dei suoi ministri di culto”, il Cee risponde che “se si parte dal principio di separazione tra lo Stato e gli enti religiosi, in tale materia ciascuno deve essere indipendente”. (I.P.)

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    Bolivia. Vescovi: stop alle violenze a Yapacanì, i problemi si risolvono con il dialogo

    ◊   “Nessun interesse giustifica la perdita di vite umane”. Con queste parole, espresse in un comunicato dal titolo “Comprensione e rispetto per la vita”, la Conferenza episcopale boliviana, attraverso il segretario generale, Mons. Oscar Aparicio, esprime profondo rammarico per gli scontri che dal 10 gennaio scorso si stanno verificando a Yapacanì, nella zona centrale del Paese, con la morte di tre manifestanti. I disordini sono stati innescati dal rientro in città del sindaco, David Carvajal, che nel marzo del 2011 era stato destituito dal Consiglio comunale con le accuse di “corruzione e inefficienza”. Il conflitto è divenuto insanabile lo scorso novembre, quando le autorità della regione, quella di Santa Cruz, hanno dato ragione al sindaco, reintegrandolo nel ruolo. Nella scorsa settimana, le dimostrazioni della popolazione, sostenute dal “Movimiento al Socialismo”, si sono intensificate provocando la risposta delle forze dell’ordine. Oggi, invece, i manifestanti annunciano ulteriori azioni di protesta, mentre i vescovi boliviani ripetono che “la violenza e la morte non sono una soluzione” e invitano ad una soluzione pacifica attraverso il dialogo, condannando i combattimenti tra fratelli e l’uso sproporzionato della forza pubblica”. (M.P.)

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    Caritas India compie 50 anni. Oggi conta 160 sedi in tutto lo Stato

    ◊   La Caritas India da 50 anni in prima linea nei soccorsi e negli aiuti alla popolazione del Paese asiatico. Lo ricorda l’agenzia AsiaNews, citando alcuni esempi dell’impegno dell’organismo pastorale della Conferenza episcopale indiana: l’assistenza ai rifugiati bengalesi negli anni ’70; le alluvioni dell’Orissa nel 1971 e nel 1988; il ciclone Divi Seema Tidal in Andhra Pradesh nel 1977; il terremoto di Latur del 1993; l’uragano Kona Seema in Andhra Pradesh del 1996; le alluvioni nel nord, nel 1998, e quelle nel West Bengal, nel 2000; il terremoto del Gujarat nel 2001; lo tsunami del 2004. Per commemorare i 50 anni di attività, iniziata nel 1962, la Caritas India ha programmato 15 seminari regionali e una celebrazione a livello nazionale per i prossimi 20 e 21 gennaio, a New Delhi. Inoltre, saranno pubblicati due libri: “Il contributo della Chiesa cattolica nello sviluppo sociale del Paese” e “Il contributo della Caritas India negli ultimi 50 anni”. Secondo Susan Thomas, della Caritas India, l’organizzazione ha compiuto un “lungo cammino al fianco degli oppressi e dei bisognosi, che quanto più era difficile tanto più spronava e intensificava il nostro lavoro”. Oggi, si contano 164 sedi diocesane in tutto il Paese e collaborazioni con circa 300 Ong, per portare aiuto e sostegno a tutte le persone, senza distinzione di casta, cultura e credo. (G.A.)

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    Manila: al via il viaggio-studio del Dossier statistico immigrazione Caritas-Migrantes

    ◊   Scarse tutele e protezione sociale, lavori poco qualificati e temporanei, alta presenza femminile e mediazione di agenzie di reclutamento che fanno lievitare i costi della migrazione e impongono regole: queste le caratteristiche dei flussi migratori all’interno dell’Asia, che coinvolgono ogni anno 4 milioni di persone, considerati soprattutto come “forza lavoro”. Ne ha parlato oggi padre Graziano Battistella, direttore dello Scalabrini migration center Manila, nel suo intervento alla prima giornata di lavori del quarto viaggio-studio del Dossier statistico immigrazione Caritas/Migrantes sul tema “Asia-Italia: scenari migratori”, in corso a Manila, nelle Filippine, fino al 20 gennaio. Ad aprire l’evento - riferisce l'agenzia Sir - mons. Enrico Feroci, direttore della Caritas di Roma e Franco Pittau, coordinatore del Dossier, che hanno illustrato gli obiettivi dell’incontro. I Paesi asiatici dove si emigra di più sono Cina (anche all’interno del Paese), India, Filippine e Vietnam. Le persone preferiscono il Medio Oriente (Paesi del Golfo) e l’Asia dell’est, che è al tempo stesso regione di origine e di destinazione. Singapore, Malaysia e Taiwan, ad esempio, sono Paesi di destinazione. (R.P.)

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    I vescovi filippini hanno lanciato l'Anno della missione

    ◊   La Conferenza episcopale filippina (Cbcp) ha lanciato in questi giorni l’Anno della missione, con lo scopo di rinnovare l’impegno dei sacerdoti nella missione cristiana e guidare ogni fedele a testimoniare l’amore di Cristo con la propria vita. L’iniziativa, riporta l’agenzia AsiaNews, si collega all’80° anniversario delle Pontificie Opere Missionarie. La Messa inaugurale è stata celebrata nel Santuario di Santa Teresa del Bambin Gesù a Pasay City. Dal 18 al 20 aprile prossimi, a Maraki City, si terrà invece il Grand Mission Festival, momento più importante delle celebrazioni, dedicato alla diffusione del Vangelo nel mondo e all’impegno dei cristiani filippini nella società. Nella sua esortazione pastorale, l’arcivescovo Jose Palma, presidente della Cbcp, ha auspicato “che questo anno sia un periodo di grazia segnato da un rinnovato entusiasmo per il servizio all’evangelizzazione come discepoli di Cristo”. Il lancio dell’Anno missionario segue di pochi giorni la processione del Nazareno Nero, avvenuta il 9 gennaio a Manila. Ad essa hanno partecipato oltre 8 milioni di persone, nonostante le minacce di possibili attentati terroristi da parte dei gruppi estremisti islamici. (G.A)

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    Canada: dedicata alle popolazioni autoctone una sezione del sito web dei vescovi

    ◊   Il 12 gennaio, in occasione della festa di Santa Margherita Bourgeoys, che dedicò la propria vita all’educazione e alla cura dei bambini autoctoni del Canada, la Conferenza episcopale canadese ha inaugurato una nuova sezione del proprio sito Internet intitolata “La Chiesa cattolica e le popolazioni autoctone in Canada”. “Questa nuova pagina web – informa una nota – vuole fare memoria di una storia comune e di alcune tradizioni correlate tra loro, anche per mettere in luce ciò che si vive attualmente sul piano pastorale con i popoli nativi”. Suddivisa in più sezioni, la nuova pagina web offre la consultazione dei testi della Santa Sede e delle udienze con il Papa; informa sulle iniziative cattoliche canadesi e sulle attività promosse dal Consiglio autoctono del Canada, in particolare sulla Giornata nazionale di preghiera per i popoli autoctoni che ricorre il 12 dicembre. Una sezione speciale è infine dedicata a Kateri Tekakwhita, la prima nativa americana ad essere beatificata da Giovanni Paolo II nel 1980. La nuova pagina web, quindi, “costituisce una biblioteca virtuale importante per le persone interessate a rileggere tale storia comune, guardando sia agli episodi più difficili che ai momenti di riconciliazione e ai progetti portatori di speranza”. “La Chiesa cattolica – si legge ancora nel sito Internet – ha avuto una sollecitudine ed un’attenzione particolare per gli autoctoni e molti di loro sono divenuti membri stessi della Chiesa. Essa ha camminato a fianco dei nativi, ha condiviso le loro gioie, le loro sofferenze e le loro aspirazioni, sostenendo la lotta per il riconoscimento dei loro diritti, in vista del loro sviluppo individuale e collettivo”. Da ricordare che il 29 aprile 2009, al termine dell’udienza generale del mercoledì, Benedetto XVI ha incontrato una delegazione delle comunità autoctone del Canada. In quell’occasione, il Papa ha ricordato come, fin dai primi giorni della sua presenza in Canada, la Chiesa abbia accompagnato da vicino i popoli indigeni attraverso l’opera missionaria. Il Santo Padre, poi, ha espresso il suo dolore per la deplorevole condotta di alcuni membri della Chiesa nei confronti di alcuni bambini indigeni ed ha offerto la sua solidarietà, sottolineando che tali atti di abuso non possono essere tollerati nella società e incoraggiando i popoli indigeni ad andare avanti con rinnovata speranza. Con tali parole, Benedetto XVI ha fatto riferimento ad alcuni avvenimenti della fine dell’800, quando il governo canadese decise di fondare alcune scuole per i giovani autoctoni del Paese. Furono perciò costruiti convitti autoctoni, diretti dalle diocesi e dalle comunità religiose e finanziati dallo Stato. Circa 100mila studenti autoctoni furono costretti a frequentare tali istituti, lontani dalle loro famiglie ed obbligati a conformarsi alla cultura occidentale, rinunciando alla propria lingua e alla propria religione. Alcuni di loro furono vittime anche di abusi fisici. L'11 giugno 2008 il primo ministro canadese Stephen Harper, nel corso di un’Assemblea speciale del Parlamento, ha presentato le scuse formali del governo per tali avvenimenti. (I.P.)

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    Kenya. Per i vescovi è necessario coinvolgere i genitori nel sistema educativo

    ◊   “È giunto il momento di una riforma del sistema educativo che precisi chiaramente e legalmente la partecipazione dei genitori”: lo afferma, in una nota, mons. Maurice Crowley, presidente dalla Commissione per l’educazione della Conferenza episcopale del Kenya. La dichiarazione del presule arriva dopo che, nei giorni scorsi, alcuni genitori hanno manifestato contro i dirigenti scolastici del Paese per lo scarso rendimento ottenuto dai figli nel corso del 2011. “Un tale assalto contro i presidi è inaccettabile – scrive mons. Crowley – Il rendimento scolastico non è di esclusiva competenza dei docenti. Anche i genitori devono svolgere il loro ruolo”, senza limitarsi a “pagare le tasse scolastiche”, ma imparando a conoscere “i nomi degli insegnanti”, e “ciò che i loro figli fanno a scuola”. Tanto più che, “quando escono i risultati, le famiglie sono sempre pronte ad accusare i docenti per quello che i ragazzi non sanno”. Alla luce di tale situazione, ribadisce il vescovo del Kenya, è necessaria una riforma del sistema educativo, anche perché “il ruolo degli insegnanti non è solo quello di fornire nozioni agli studenti, ma anche di formarne il carattere e di dare loro una formazione valida”. Certo, riconosce mons. Crowley, “ci sono alcuni docenti che fanno molto poco”, ma devono capire che “la loro negligenza nella responsabilità riguardo all’insegnamento ha un impatto negativo sul loro lavoro”. Ribadendo, poi, che “il sistema educativo deve andare a beneficio sia dei giovani che dell’intera società”, la Chiesa del Kenya lancia un appello perché tutti – genitori, docenti e personale scolastico – facciano la loro parte nell’educare i ragazzi e “si assumano seriamente le proprie responsabilità”, dato che “darsi la colpa l’uno l’altro non renderà gli studenti più colti”. (I.P.)


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    Si è spento a Milano padre Tarcisio Agostoni: è stato superiore generale dei Comboniani

    ◊   Si è spento ieri a Milano, all’età di 91 anni, dopo una lunga e sofferta malattia, vissuta con grande dignità, nella preghiera e con spirito di totale dedizione a Dio, il padre missionario Tarcisio Agostoni: è stato per 10 anni Superiore generale dei Comboniani. Nato a Desio, nell'arcidiocesi di Milano, il 23 novembre del 1920, venne ordinato sacerdote il 20 aprile del 1946 a Venegono Superiore. Già all’età di 13 anni, nutriva il desiderio di farsi missionario. Poi a 31 anni il suo primo apostolato “Ad Gentes” a Gulu, nel nord Uganda. Una vita, la sua, passata ad insegnare filosofia, musica e canto e poi nelle scuole, nei catecumenati, a servizio dei poveri. Nel 1956 il vescovo di Gulu lo nominò direttore diocesano dell’Apostolato dei laici. Pio XII nell’ Evangelii Praecones (1951) invitava i missionari a promuovere la Dottrina Sociale della Chiesa e lui si sentì chiamato a questo apostolato. Erano gli anni del dopoguerra e il comunismo stava penetrando in Africa. Fondò due riviste, “Truth and Charity” (Verità e Carità 1956) per sensibilizzare il Clero e “Leadership” (1956) per la formazione cristiana–socio politica dei laici. Padre Agostoni si impegnò anche molto nelle comunicazioni sociali. Nel 1964 diresse il Servizio Informazioni della Conferenza episcopale ugandese. Membro del corpo direttivo dalla Radio Ugandese è stato anche un volto noto della televisione ugandese. Fu anche direttore dei programmi di “Radio Maria-Uganda” e scrisse, oltre a numerosi saggi, vari articoli sui giornali ugandesi a carattere sociale e religioso. Negli ultimi anni di apostolato in Uganda, si impegnò per i diritti umani e soprattutto contro la pena di morte. Il periodo più impegnativo della sua vita fu quando assunse la carica di Superiore generale dei Missionari Comboniani (1969-1979). In una sua missiva scrisse: “Furono anni molto difficili. Il capitolo Generale che mi elesse durò 6 mesi per introdurre le riforme richieste dal nuovo spirito del Concilio Ecumenico Vaticano II”. Amico personale di Paolo VI, padre Agostoni partecipò attivamente alla preparazione del viaggio di Papa Montini in Uganda nel 1969. (A cura di padre Giulio Albanese)

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    Addio a Carlo Fruttero, giallista, giornalista e traduttore

    ◊   È morto ieri nella sua casa di Castiglione della Pescaia lo scrittore italiano Carlo Fruttero. Nato a Torino, aveva 85 anni. Fruttero aveva mosso i primi passi nel crocevia intellettuale del capoluogo piemontese all'epoca einaudiana. Assieme a Franco Lucentini, scomparso dieci anni fa, nel 1952 aveva formato un sodalizio letterario, con l’elaborazione di gialli, articoli e traduzioni. “Capimmo che eravamo fatti per collaborare e poi - raccontava Fruttero di Lucentini - abbiamo deciso di provare a mettere insieme un romanzo. Facemmo ‘La donna della domenica’ e fu una fortuna''. Appassionato di fantascienza, per molti anni Fruttero fu anche traduttore di autori come Beckett e Salinger. La figlia Maria Carla ha fatto sapere che lo scrittore sarà sepolto a Castiglione della Pescaia: ''risposerà - ha detto - accanto a Italo Calvino''. (G.A.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 16

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