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Sommario del 13/01/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Giustizia calpestata quando dominano i criteri di utilità e profitto: così il Papa all’Ispettorato di polizia
  • Altre udienze e nomine
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Al via il tour diplomatico di Wen Jiabao nei Paesi del Golfo
  • Sanguinosi scontri interetnici nel nuovo Stato del Sud Sudan
  • La Caritas e l'impegno post-sisma ad Haiti: 24 milioni di euro e dozzine di progetti
  • Senegal: la Comunità di Sant’Egidio medierà con gli indipendentisti del Casamance
  • Polemiche nell'Ue sulla nuova Costituzione ungherese: intervista col vescovo ausiliare di Budapest
  • Abusi in Belgio. Il vescovo di Tournai: rompere il silenzio, riparare e prevenire
  • Dai sindacati posizione unitaria sul mercato del lavoro. Nel pomeriggio le Acli dal ministro Fornero
  • Come uscire dalla crisi: i giovani dell'Ucid a convegno
  • Cinema e Tv, ‘specchio’ a volte deformante della famiglia. Mons. Viganò: combattere banalità e pressioni lobbistiche
  • Sugli schermi italiani "La chiave di Sara" sulla deportazione degli ebrei parigini nel 1942
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Nel Kashmir missionario cattolico condannato per “conversioni forzate”
  • India: cristiani sempre più perseguitati: il rapporto del Catholic Secular Forum
  • I vescovi del Myanmar: l'amnistia a 650 prigionieri politici un segno di pace e di speranza
  • L’Iran apre ai colloqui con i 5+1 e agli ispettori dell’Aiea
  • Pakistan: le proteste dei cristiani per la demolizione dell'Istituto Caritas a Lahore
  • Venezuela: al termine della Plenaria i vescovi invocano la riconciliazione nazionale
  • Perù: appello della Chiesa a fermare la violenza nella zona di Cajamarca
  • India: non si placa l’emergenza nelle aree colpite dal tifone Thane
  • Angola: le inondazioni bloccano i rimpatri dell’Acnur dal Congo
  • L’appello dell’agenzia Habeshia contro il traffico di organi ed esseri umani
  • Spagna: la Caritas fa il punto sugli interventi ad Haiti
  • Il dossier Caritas-Migrantes sullo stato delle migrazioni Italia-Asia
  • Il Papa e la Santa Sede



    Giustizia calpestata quando dominano i criteri di utilità e profitto: così il Papa all’Ispettorato di polizia

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto, stamani in udienza, i dirigenti e il personale dell’Ispettorato di pubblica sicurezza presso il Vaticano. Il Papa ha esortato le forze di polizia a promuovere la giustizia e favorire la pace. Quindi, si è soffermato sugli episodi di violenza e intolleranza a danno dei cristiani, che hanno segnato l’anno appena trascorso. Al termine del discorso il Papa si è scusato per la debolezza della voce a causa di una raucedine. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “Come forze di polizia, siate sempre autentici promotori della giustizia e sinceri costruttori di pace”: è l’augurio rivolto dal Papa all’Ispettorato di Pubblica Sicurezza presso il Vaticano. Un discorso di ringraziamento a quanti garantiscono la tutela dell’ordine pubblico per i pellegrini che si recano alle tombe degli Apostoli. E tuttavia, il Papa ha colto questa occasione per ritornare sulle sofferenze di tanti cristiani, vittime di violenza e intolleranza:

    “Di frequente, in diverse parti del mondo, oggetto di rappresaglie e di attentati sono stati proprio i cristiani, che hanno pagato anche con la vita la loro appartenenza a Cristo e alla Chiesa”.

    Il Papa ha così rammentato che nel suo Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace ha messo l’accento sull’educazione dei giovani “alla giustizia e alla pace”. Due termini, ha constatato, che vengono spesso usati “in modo equivoco”:

    “La giustizia non è una semplice convenzione umana; quando, in nome di una presunta giustizia, dominano i criteri dell’utilità, del profitto e dell’avere, si può anche calpestare il valore e la dignità della persona umana”.

    La giustizia, ha ribadito, “è una virtù che indirizza la volontà umana perché renda all’altro ciò che gli spetta in ragione del suo essere e del suo operare”. Allo stesso modo, ha soggiunto, “la pace non è la mera assenza di guerra o il risultato della sola azione degli uomini per evitarla”, ma “è innanzitutto dono di Dio che va chiesto con fede e che in Gesù Cristo trova la via per raggiungerla”:

    “La vera pace, poi, è un’opera da costruire quotidianamente col contributo di compassione, solidarietà, fraternità e collaborazione di ciascuno. Essa è profondamente legata alla giustizia - animata dalla verità nella carità - che gli uomini sono in grado di realizzare a partire dal contesto in cui abitualmente vivono: la famiglia, il lavoro, le relazioni di amicizia”.

    Il Papa non ha, poi, mancato di sottolineare che il gran numero di gente che da tutto il mondo visita il centro della Chiesa cattolica “non costituisce certamente un problema per la città di Roma e per l’Italia intera, bensì una ricchezza e un motivo di vanto”.

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Il Papa ha ricevuto, stamani, in successive udienze il cardinale Dario Castrillon Hoyos, prefetto emerito della Congregazione per il Clero; mons. Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali; mons. Domenico Sorrentino, arcivescovo-vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino. Oggi pomeriggio, il Papa riceverà il cardinale William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.

    In India, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Dharmapuri presentata da mons. Joseph Anthony Irudayaraj, S.D.B., in conformità al canone 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico. Il Papa ha nominato vescovo di Dharmapuri mons. Lawrence Pius Dorairaj, finora vescovo titolare di Absasalla ed ausiliare dell’arcidiocesi di Madras and Mylapore (India).

    In Francia, il Papa ha nominato arcivescovo metropolita dell’arcidiocesi di Poitiers mons. Pascal Wintzer, finora amministratore apostolico della medesima arcidiocesi. Mons. Pascal Wintzer è nato il 18 dicembre 1959 a Rouen, nell’arcidiocesi omonima. Dopo gli studi elementari e classici presso la Scuola della Cantoria Saint-Évode, attigua alla cattedrale di Rouen, e l’Istituto Jean-Baptiste de la Salle, ha frequentato per un anno la Facoltà di Diritto dell’Università di Rouen-Mont-Saint-Aignan. Nel 1979 è entrato nel Seminario di Paray-le-Monial (diocesi di Autun), nel quale ha seguito il corso di propedeutica e il primo ciclo di studi ecclesiastici. Ha fatto il secondo ciclo nel Seminario "Saint-Sulpice" di Issy-les-Moulineaux, proseguendo gli studi presso la Facoltà di Teologia dell’Istituto Cattolico di Parigi dove ha ottenuto la "Maîtrise" in Teologia.

    È stato ordinato sacerdote il 27 giugno 1987 per l’arcidiocesi di Rouen. Dopo l’ordinazione sacerdotale ha ricoperto i seguenti incarichi: vice-parroco a Le Mesnil-Esnard (1987-1989); parroco di Saint-André a Mont-Saint-Aignan e cappellano dei licei pubblici di Rouen (1989-1996); direttore spirituale e insegnante di Teologia presso il Seminario "Saint-Sulpice" di Issy-les-Moulineaux (1996-1999); nel 1998-1999 ha anche insegnato nell’Istituto di Studi religiosi (I.E.R.) presso l’Istituto Cattolico di Parigi; vicario generale di Rouen e arcidiacono della zona Rouen Nord (1999-2004); vicario episcopale per Rouen e Elbeuf, e parroco della cattedrale a Rouen Centre. Negli anni 1996-2005 è stato anche responsabile del Servizio diocesano delle Vocazioni. Dal 2006 al 2007, è stato di nuovo vicario generale. Eletto vescovo titolare di Rusado e nominato ausiliare di Poitiers il 2 aprile 2007, è stato consacrato il 19 maggio successivo.

    Nel febbraio 2011 è stato nominato amministratore apostolico dell’arcidiocesi di Poitiers. In seno alla Conferenza episcopale francese è presidente de L’Observatoire Foi et Culture.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   I non credenti e la ricerca di Dio: in prima pagina, un articolo di Guillermo Hurtado, direttore dell'Istituto di ricerche filosofiche dell'Universitad Nacional Autónoma del Messico sullo storico invito di Benedetto XVI ad Assisi

    Il mercato della fame: in rilievo, nell'informazione internazionale, i prezzi agricoli che, nel 2011, sono cresciuti del 35 per cento, con ripercussioni pesantissime soprattutto nel sud del mondo.

    Missionario d'archivio: in cultura, Sergio Pagano ricorda padre Jozef Metzler, degli oblati di Maria Immacolata, morto ieri.

    La ragazza più corteggiata del cinema: Andrea Ranzato sul sesto centenario della nascita di Giovanna d'Arco, e Silvia Guidi su Marc Twain e gli omaggi che non t'aspetti.

    Amore e verità sotto il faro del Vaticano II: Marco Tibaldi su una raccolta di saggi, dell'arcivescovo Rino Fisichella, dedicati alla ricerca teologica.

    Parole mai pronunciate: l'articolo di Andrew Brown, apparso sul sito del quotidiano britannico "The Guardian", che denuncia mistificazioni nel riportare il discorso di Benedetto XVI al Corpo diplomatico.

    Un articolo di Marcello Filotei dal titolo "Dj Spinetta al ministero della Cultura".

    Quaranta milioni di pagine sul futuro di ieri: Giulia Galeotti su un progetto di informatizzazione, curato dal British Newspaper Archive, che abbraccia tre secoli di quotidiani inglesi e irlandesi.

    Nell'informazione religiosa, un articolo di Alessandro Trentin dal titolo "Una vittoria per la libertà religiosa": i vescovi degli Stati Uniti su una recente sentenza della Corte suprema.

    Ricchezza e vanto per Roma e l'Italia: nell'informazione vaticana, l'udienza del Papa all'ispettorato di Pubblica Sicurezza presso il Vaticano.

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    Oggi in Primo Piano



    Al via il tour diplomatico di Wen Jiabao nei Paesi del Golfo

    ◊   Il premier cinese Wen Jiabao inizia domani un tour diplomatico in Arabia Saudita, negli Emirati Arabi Uniti e Qatar. Un viaggio importante, di carattere soprattutto economico. Dopo gli Stati Uniti e l’Africa, Pechino volge il suo sguardo con sempre maggiore interesse al mondo arabo. Quanto i sommovimenti avvenuti in questo anno possono, di fatto, influire su una sempre maggiore penetrazione cinese nell’area? Salvatore Sabatino lo ha chiesto al collega Fernando Mezzetti, esperto di questioni cinesi:

    R. – La Cina teme gli effetti delle “Primavere arabe” in casa propria, perché ha una forte minoranza musulmana – circa 20 milioni di persone – che rivendica indipendenza e soprattutto una certa libertà dal centralismo autoritario di Pechino.

    D. – Evidentemente sono forti, però, anche gli interessi economici in quest’area; Pechino vuole espandere la sua azione anche su Paesi che sono considerati il fulcro economico del mondo arabo …

    R. – Pechino ha bisogno di fonti energetiche, cioè petrolio. E questa visita è diretta, in questo momento, soprattutto a tranquillizzare l’Arabia Saudita e i Paesi del Golfo ad essa alleati. Infatti, Pechino è – con la Russia – quella che maggiormente si oppone alle sanzioni all’Iran e quindi aumenterà le proprie importazioni di greggio dall’Iran. Sarà l’unico Paese che approfitterà delle tensioni che montano tra l’Occidente e l’Iran e al tempo stesso vuole tranquillizzare l’Arabia Saudita dicendo: guardate che se io incremento le mie importazioni dall’Iran, non è che io stia politicamente con l’Iran. Io voglio stare in pace con tutti, anche con voi.

    D. – E’ possibile immaginare un effetto propulsivo, dal punto di vista economico, anche su Paesi come l’Egitto e la Libia, che stanno vivendo un momento di transizione importante, dopo i sommovimenti?

    R. – Certamente, Pechino cercherà di inserirsi nella nuova Libia. Una cosa che è passata quasi sotto silenzio è che quando è scoppiato l’attacco a Gheddafi, i cinesi avevano in Libia 35 mila persone, che hanno rimpatriato nel giro di due settimane. Quindi, cercherà di reinserirsi nella nuova Libia, e i libici certamente terranno conto di chi ha contribuito a rovesciare Gheddafi. Pechino non ha mosso un dito per questo. Per quanto riguarda l’Egitto, invece, anche lì, Pechino cercherà di inserirsi, ma un movimento religioso integralista come quello dei “Fratelli musulmani” lo vedo andare poco d’accordo con Pechino, o quantomeno Pechino andare poco d’accordo con loro.

    D. – I venti della “Primavera araba” hanno soffiato, seppure in maniera piuttosto blanda, anche in Cina. Questo avvicinamento con il mondo arabo può, di fatto, riaccendere la miccia delle proteste?

    R. – No, non credo. Pechino non ha nessuna intenzione di riaccendere sommovimenti nel mondo arabo e tanto meno permettere che i riflessi arabi arrivino in casa propria. Su internet e sui social network, nel periodo delle Primavere arabe ci sono stati dei tentativi, ma sono stati stroncati sul nascere. Pechino adesso guarda alla Siria e con grande preoccupazione, anche. Quello che sta accadendo in Siria, però, la convince della necessità di fermezza e autoritarismo interno. (gf)

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    Sanguinosi scontri interetnici nel nuovo Stato del Sud Sudan

    ◊   Non c’è pace per il Sud Sudan, il nuovo Stato staccatosi sei mesi fa da Karthoum. Un centinaio le vittime, soprattutto donne e bambini, a causa di violenti scontri interetnici scoppiati nelle ultime 48 ore nella regione Sud-est del Paese per il controllo dell’allevamento e delle risorse agricole. Per una analisi sul Sud Sudan oggi, Giancarlo La Vella ha intervistato Irene Panozzo, ricercatrice esperta di questioni sudanesi:

    R. - Si tratta di un Paese estremamente fragile, che fino a sette anni fa esatti, era in guerra, una guerra durata più di venti anni, sia con il Nord, sia al suo interno. Questo è passato inosservato, visto che l’attenzione era puntata prima di tutto sul conflitto tra Nord e Sud, ma in realtà l’aspetto più drammatico è rappresentato dalla guerra civile combattuta tra le diverse comunità all’interno del Sud Sudan. E, inevitabilmente, questo ha lasciato vari strascichi, perché permane un’alta conflittualità tra i diversi gruppi, e poi una grande disponibilità e diffusioni di armi che vengono quindi utilizzate, purtroppo, in queste conflittualità definite “tradizionali”: come quelle, ad esempio, sul bestiame, a causa dei furti delle vacche. In pratica quelle che in queste ultime settimane, hanno causato il maggior numero di morti.

    D. - Quindi un confronto interetnico, più che per la spartizione del potere politico, per lo sfruttamento del territorio...

    R. – Sì. Purtroppo il Sud Sudan deve affrontare, tutte le sfide di uno Stato che è appena nato, e che quindi deve darsi delle strutture, delle istituzioni. Per questo motivo, è iniziato, proprio in questi giorni, nella capitale Giuba, un processo di profonda revisione della Costituzione, perché ovviamente la Carta era stata scritta nel periodo transitorio seguito dalla pace, ma ora deve essere aggiornata e riadattata alla nuova realtà. Quindi, oltre a tutte queste sfide di uno Stato che nasce quasi da zero, ci sono poi altri tipi di conflitto: quello sulle risorse avvenuto negli ultimi giorni tra le comunità Murle e Lou Nuer nello Stato di Jonglei, lo Stato più grande dei dieci che compongono il Sud Sudan. L’altro tipo di conflitto di cui si è meno parlato, che però è presente, è quello invece per la gestione del potere.

    D. - Una presenza più costante della comunità internazionale, potrebbe garantire una maggiore distensione all’interno del Paese?

    R. - In realtà una presenza internazionale c’è già, nel senso che c’era già un’operazione di peacekeeping delle Nazioni Unite, in base al Trattato di pace del 2005, che poi al momento dell’indipendenza del Sud Sudan, è stata rinnovata. Ci sono dei caschi blu dispiegati già in Sud Sudan per un totale di 7000 soldati: per il momento sono 5500 circa; quindi siamo già a un buon livello di dispiegamento sul terreno. Il grande, grandissimo problema è che buona parte di queste regioni dove stanno avvenendo queste tensioni, non sono raggiungibili via terra, non ci sono infrastrutture, non ci sono strade. Quindi in particolare, le zone che sono state teatro nelle ultime settimane degli scontri Murle e Lou Nuer, possono essere raggiunte solo per via aerea. E questo, naturalmente, complica di molto le cose: per cui alla fine anche i peacekeepers, che fanno già molto, ma non riescono a tenere la situazione completamente sotto controllo. Questo naturalmente diventa un grande problema anche per le operazioni umanitarie. E’ iniziata un importante intervento proprio in queste settimane, in soccorso dei 60 mila sfollati causati dagli scontri. Però anche le operazioni umanitarie delle Nazioni Unite e delle varie organizzazioni non governative presenti in Sud Sudan devono essere fatte tutte attraverso il trasporto aereo: quindi diventano estremamente dispendiose. Ma già stanno facendo molto, altrimenti questi 60 mila sfollati non avrebbero nessun tipo di aiuto e assistenza. Però la sensazione è che bisognerebbe forse trovare altre vie, nel senso che la risposta militare, sia che venga dai peacekeepers, sia che venga dell’esercito regolare, evidentemente non è sufficiente. (bi)

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    La Caritas e l'impegno post-sisma ad Haiti: 24 milioni di euro e dozzine di progetti

    ◊   Messe e preghiere celebrate in chiese di fortuna. In questo modo, migliaia di haitiani hanno ricordato ieri una delle pagine più nere della loro storia recente: il sisma che due anni fa causò la morte di oltre 200 mila persone e un milione e mezzo di sfollati, metà dei quali ancora senza casa. Sull’impegno umanitario prodotto dalla Caritas locale e internaizonale in 24 mesi, Fausta Speranza ha sentito Paolo Beccegato, responsabile Area internazionale della Caritas italiana:

    R. – A livello governativo – dalle Nazioni Unite alla Conferenza dei donatori, riguardo la promessa dei circa 10 miliardi di dollari fatta all’indomani del terremoto – in base ai dati che risultano a noi, comunque dati governativi, meno della metà siano stati effettivamente messi a disposizione e di questi una buona parte non è ancora stata trasformata in realizzazioni concrete. Per cui si parla di 4,6 miliardi di dollari impegnati tra il 2010 e il 2011: quindi, dei dieci miliardi, meno della metà sono stati impegnati e solo una parte di questi è stata trasformata in realizzazioni concrete.

    D. – Che cosa dire dell’impegno Caritas?

    R. – Per quanto riguarda l’impegno della Caritas, all’interno della rete di Caritas Internationalis, abbiamo contribuito con uno specifico di circa 24 milioni di euro, di cui 14 milioni sono già progettualizzati: abbiamo finanziato progetti di aiuto immediati per più di 3 milioni di euro, di ricostruzione per 4.8 milioni. Abbiamo già avviato progetti in ambito socio-economico, soprattutto nel settore del microcredito per 3 milioni e 600 mila euro. C’è stato poi un grosso impegno per quanto riguarda l’emergenza colera e quindi la prevenzione in ambito idrico-sanitario e l’assistenza medica per un milione e 200 mila. Il nostro approccio specifico guarda anche alla formazione al lungo periodo e quasi un milione di euro è stato impiegato in questo senso.

    D. – Ci sono anche bambini e giovani coinvolti in progetti di animazione, formazione e istruzione. Sono 1.900 i bambini che segue la Caritas…

    R. – L’impegno verso soprattutto la ricostruzione delle scuole è dedicato all’istruzione, all’accompagnamento dei casi più difficili e alle famiglie in disagio: questo è certamente una priorità per noi e direi che, con lo sguardo di speranza, vogliamo portarci a casa – dopo due anni di lavoro – per il futuro. In particolare, penso a quelle classi di bambini che hanno potuto ricominciare ad andare a scuola. Pare che ormai, sostanzialmente, questo problema sia superato anche dal punto di vista complessivo e cioè che praticamente tutti i bambini siano tornati a scuola e quindi il tasso di scolarizzazione sia tornato ad essere in linea con gli standard internazionali.

    D. – In cosa ha trovato più difficoltà la Caritas ad Haiti?

    R. – Certamente, riguardo alla ricostruzione. E’ l’ambito in cui si fa più fatica: non vi sono i piani di ricostruzione operativi a livello nazionale e il lungo stallo per le elezioni ha un po’ rallentato tutto il processo delle concessioni edilizie. C’è poi anche il tema delle strade e della logistica che è stato fortemente rallentato a livello governativo, condizionando anche il nostro lavoro, perché senza piani di ricostruzione non possiamo procedere in modo rapido alla ricostruzione di scuole, ospedali e case. Questo è stato sicuramente l’aspetto che ha più rallentato il nostro lavoro. (mg)

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    Senegal: la Comunità di Sant’Egidio medierà con gli indipendentisti del Casamance

    ◊   Nuove speranze di pace in Senegal: il presidente Abdoulaye Wade ha chiesto, in questi giorni, alla Comunità di Sant’Egidio di mediare con il movimento indipendentista del Casamance per risolvere un conflitto che va avanti ormai da 30 anni. Sull’importanza di questa mediazione, Alessandro Gisotti ha intervistato don Angelo Romano, dell’Ufficio relazioni internazionali della Comunità di Sant’Egidio:

    R. – Parliamo di un problema che sostanzialmente inizia quasi subito dopo l’indipendenza del Senegal, che si trascina in maniera diversa, con fasi alterne, e che poi purtroppo ha visto dei momenti più cruenti e quindi un vero e proprio inizio di conflitto. Un problema, questo, che è transfrontaliero perché la crisi casamancese in realtà coinvolge anche il Gambia, in qualche misura anche la Guinea Bissau: una crisi, un conflitto che, se vogliamo, è anche di bassa intensità e anche dimenticato, ma in realtà genera insicurezza per una ragione molto ampia dell’Africa. Una crisi che nasce con questa aspirazione indipendentista e che si trascina da molto tempo, con una pluralità di posizioni, anche con un dibattito interno, nella stessa Casamance, in modo molto vivace.

    D. – Perché la Comunità di Sant’Egidio è stata scelta per compiere questo delicato e importante lavoro di mediazione?

    R. – Io credo che per due motivi molto semplici: il primo dovuto a un rapporto storico di amicizia con il Paese, un importantissimo Paese, democratico, che cerca in qualche modo di costruire una sua strada di coabitazione tra cristiani e musulmani e con la Chiesa senegalese. C’è un rapporto antico tra la Comunità di Sant’Egidio e il Senegal, che ha portato naturalmente anche ad occuparci di quella che è una delle ferite aperte di questo Paese, che è appunto la crisi casamancese e direi che in questo senso da tanti anni Sant’Egidio segue con attenzione la crisi della Casamance. Oggi, in un certo senso, costatiamo una certa disponibilità a un diretto coinvolgimento di Sant’Egidio e questo ci fa molto piacere. Speriamo che sia un passo importante e nuovo verso una soluzione pacifica del conflitto.

    D. – Quali sono le aspettative della Comunità di Sant’Egidio per questa opera di mediazione?

    R. – La nostra aspettativa è quello di essere utili ai senegalesi, a tutti coloro che cercano la pace in questo Paese, a tutti quelli che vogliono risolvere il problema della Casamance, una situazione che è penosa per tanti motivi. Il desiderio più grande è che si possa riuscire presto a mettere fine a questo conflitto, che è durato fin troppo. (mg)

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    Polemiche nell'Ue sulla nuova Costituzione ungherese: intervista col vescovo ausiliare di Budapest

    ◊   Dal primo gennaio, l’Ungheria si è dotata di una nuova Costituzione, denominata “Legge Fondamentale”. Alcune parti del nuovo codice hanno suscitato reazioni critiche specie in ambito europeo, soprattutto per ciò che riguarda la libertà di espressione e di religione nonché l'autonomia della Banca centrale. Al microfono di Marta Vertse, incaricata del programma ungherese della nostra emittente, il vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Esztergom-Budapest, mons. János Székely, illustra le principali novità della nuova Carta costituzionale:

    R. – La nuova Costituzione di Ungheria approvata nel 2011, che inizia con il nome di Dio nel preambolo, afferma che la vita umana è da difendere fin dal concepimento e dichiara che l’Ungheria difende l’istituzione familiare, la quale è un’alleanza di vita fra un uomo e una donna. La Costituzione precisa inoltre che la famiglia è il fondamento della sopravvivenza del popolo, e che nello stabilire delle tasse, anche i costi dell’educazione dei figli devono essere presi in considerazione. E’ chiaro, che a molti intellettuali europei non piace tale affermazione di valori fondamentali, anzi li stimola all’attacco. Inoltre il governo ungherese ha imposto una tassa supplementare, transitoria alle banche a causa della crisi economica. Questa decisione preoccupa non poco il mondo della finanza.

    D. – In che cosa consiste la nuova legge sui media che viene duramente criticata dalla stampa mondiale?

    R. – Nel testo originale della legge c’erano alcune misure esagerate. La legge voleva, ad esempio lo stesso controllo statale sui giornali, che gli Stati europei generalmente praticano sulla stampa elettronica. Tali misure esagerate sono state corrette e cancellate dal testo seguendo i suggerimenti della Corte costituzionale ungherese e di alcuni organi europei.

    D. – Leggiamo dappertutto che in Ungheria “sono ridotte le confessioni riconosciute” e che è in pericolo la libertà di religione. Come viene definita dalla nuova legge la nozione di “Chiesa”?

    R. – Lo scopo di questa legge è di togliere lo stato giuridico di "Chiesa", nel diritto civile ungherese, dalle “Chiese a scopo di lucro” (“business churches”). Bisogna sapere che in Ungheria, a differenza per esempio dell’Italia, le scuole e gli istituti sociali e sanitari delle Chiese ricevono dallo Stato lo stesso finanziamento che hanno scuole e ospedali statali. Le scuole delle Chiese quindi sono gratuite per le famiglie, nello stesso modo di quelle statali. Per questo sono nate numerose Chiese fittizie, il cui unico scopo era di approfittare del sovvenzionamento statale. La legge attuale formula più dettagliatamente le condizioni per cui una comunità può essere riconosciuta dallo Stato come Chiesa (per es. 1.000 membri, la presenza della comunità in Ungheria da almeno 20 anni). Quelle comunità religiose, che non hanno ricevuto lo stato giuridico di “Chiesa” possono tranquillamente esistere come prima, ma non riceveranno i sussidi statali. La legge stessa conferisce lo stato giuridico di “Chiesa” ad alcune comunità religiose, le altre possono richiedere tale stato nel futuro.

    D. – Per ciò che riguarda invece la crisi finanziaria, quali misure ha adottato il governo ungherese?

    R. – Certamente, il governo attuale ungherese ha commesso anche degli errori. Nella legge sulla Banca centrale ha effettuato alcuni cambiamenti che sembravano diminuire l’indipendenza della Banca centrale dal governo. In realtà il governo dichiara e vuole rispettare l’indipendenza della Banca centrale, ma i cambiamenti nella nuova legge erano inutili, e davano adito ad accuse. Inoltre il governo ha voluto aiutare i privati indebitati in franchi svizzeri o in euro. Nel fare questo il governo ha cambiato i contratti di prestito contrattati fra diverse banche e gli indebitati. Questo ha provocato la protesta delle banche. Il governo avrebbe dovuto mettersi d’accordo con le banche, e dopo un tale accordo aiutare le persone indebitate. Tale accordo ormai è stato concluso. Gli indebitati, le banche e lo Stato hanno diviso i costi dell’indebolimento della valuta ungherese.

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    Abusi in Belgio. Il vescovo di Tournai: rompere il silenzio, riparare e prevenire

    ◊   “Imparare la lezione dalle storie dolorose ascoltate dalle vittime, rompere il silenzio e non lasciare in pace coloro che hanno abusato”. Ma soprattutto “gettare le basi per il trattamento in futuro e la prevenzione di abusi sessuali”. Questi gli intenti che hanno portato la Conferenza episcopale del Belgio a pubblicare un opuscolo dal titolo "Una sofferenza nascosta - per un approccio globale degli abusi sessuali nella Chiesa". Bernard Decottignies ne ha parlato con mons. Guy Harpigny, vescovo di Tournai e referente della Conferenza episcopale belga per gli abusi sessuali:

    R. - Ici c’est une approche globale, donc, qui a comme premier ….
    Qui si tratta di un approccio globale, che ha come primo obiettivo quello di ascoltare le vittime, di rompere il silenzio, quindi di dire la verità e di riconoscere i fatti in maniera chiara e pubblica. Poi, si tratta di fare in modo che le vittime possano manifestarsi, essere ascoltate e ricevere una risposta alle loro domande, possono dunque avere un riconoscimento. Ma è previsto anche che si possano indicare dei luoghi di mediazione e il centro di arbitrato per i casi che sono prescritti e per quelle persone che chiedono un indennizzo.

    D. – La Chiesa belga si pone in modo estremamente chiaro e netto al fianco delle vittime…

    R. – Oui, c’est exact. Je ne sais pas si c’est un grand changement…
    Sì, è esatto. Non so se sia un grande cambiamento, ma è certamente un cambiamento di prospettiva: più che guardare la situazione nel suo insieme - facendo attenzione a tutte le parti coinvolte - qui abbiamo voluto porre l’accento sulle vittime che soffrono e che continuano a soffrire praticamente fine alla fine dei loro giorni… Hanno bisogno di ricevere un aiuto, hanno bisogno di essere ascoltate ed è quello che stiamo cercando di fare.

    D. – Cosa rappresenta questo documento?

    R. – C’est un pas, mai ce n’est pas le dernier …
    E’ un passo, ma non è l’ultimo. Abbiamo cercato di rispondere alle attese delle vittime e dell’opinione pubblica. Crediamo, però, che ci sia ancora molto, molto da fare… Questo è un cammino di aiuto alle vittime, ma crediamo anche sia necessario prestare attenzione all’aspetto spirituale e, partendo dalla fede cristiana, vedere come, in situazioni così difficili e così terribili per alcune persone, si possa avanzare e avanzare tutti insieme. Aiutando così le vittime, che sono ancora credenti, a comprendere che anche nel Vangelo possono trovare delle risorse per affrontare questa sofferenza. Questo è un passo che ancora non abbiamo fatto. In questo momento, abbiamo voluto ristabilire la giustizia, abbiamo voluto riparare e abbiamo voluto ascoltare nel senso più vero del termine. Credo che, in futuro, tutta la comunità cristiana debba anche impegnarsi nella prevenzione, attuando tutta una serie di misure affinché tutto ciò non si ripeta più. Sarà importante anche vedere, assieme alle vittime, se sarà possibile fare ancora qualcos’altro. (mg)

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    Dai sindacati posizione unitaria sul mercato del lavoro. Nel pomeriggio le Acli dal ministro Fornero

    ◊   I segretari generali di Cgil, Cisl e Uil hanno raggiunto un'intesa per una piattaforma unitaria con la quale presentarsi al confronto con il governo sulla riforma del mercato dell’occupazione. I leader sindacali chiedono, però, che il tema dell'articolo 18 non sia tra i problemi ''veri'' da affrontare al tavolo. Nel pomeriggio, saranno le Acli a presentare le loro proposte al ministro Fornero. Alessandro Guarasci ha sentito il responsabile lavoro Maurizio Drezzatore, convinto che una riforma dell’articolo 18 non sia un tabù:

    R. – Va presa in esame, come proponiamo appunto noi, una soluzione che non ne alteri strutturalmente la presenza come regolazione del mercato del lavoro, superando ogni tipo di pregiudizio nel discutere su questo punto. La nostra proposta è di prevedere, per tutti i lavoratori dipendenti, attraverso un contratto prevalente, la possibilità di un triennio di inserimento lavorativo. All’interno di questo periodo ci può essere anche la recessione dal rapporto di lavoro ed anche una regolamentazione ed una tutela completa, all’insegna delle regole vigenti, compreso quindi l’articolo 18.

    D. – Ma in Italia bisognerà mettere mano anche agli ammortizzatori sociali, che sappiamo essere strumento di tutela soprattutto per i lavoratori delle aziende principali e sempre meno per quelli non stabili...

    R. – Oggi bisogna lavorare sia per l’estensione degli ammortizzatori sociali a tutte le categorie delle imprese – superando quindi anche i limiti numerici che attualmente discriminano nell’impiego di questi strumenti – e sia per il dispositivo dell’indennità di disoccupazione. Questo è uno strumento di tutela che deve diventare universale, compresi i lavori atipici.

    D. – Si potrebbe pensare anche in Italia, come in molti altri Paesi europei, ad una sorta di reddito minimo in attesa di trovare una nuova occupazione?

    R. – Una misura di reddito minimo la consideriamo utile come provvedimento di ultima istanza, ma deve essere inserita all’interno del politiche di welfare, ossia come misura per il contrasto alle povertà estreme.

    D. – Il governo afferma che attraverso la riforma del mercato del lavoro arriverà anche più occupazione. Siete d’accordo?

    R. – Noi riteniamo che una riforma del mercato del lavoro, fatta con regolamentazioni che siano attente alla dinamica della crisi attuale, possa anche favorire una concentrazione di imprese. Questa è una cosa che oggi risulta necessaria, soprattutto in un sistema, come quello italiano, di piccole e piccolissime imprese che, oggi, non hanno chance per aggredire i mercati internazionali. (vv)

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    Come uscire dalla crisi: i giovani dell'Ucid a convegno

    ◊   Elaborare proposte per uscire dalla crisi economica. E’ l’intento dell’incontro dei giovani dell’Ucid, Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti, che prende il via oggi a Cortina d’Ampezzo. Una tre giorni di riflessioni sul tema: “Talenti e passione”. Benedetta Capelli ne ha parlato con il presidente dell’Ucid Manlio D’Agostino:

    R. – Partiamo da due presupposti. Il primo è un’analisi, un’indagine che abbiamo condotto, nei mesi scorsi, all’interno del nostro Movimento giovani per capire quale sia il punto di partenza di un giovane cristiano che si impegna con responsabilità in ambito lavorativo e in ambito economico. Da lì cominciano a capire quali sono i punti di forza e di debolezza. Poi le proposte le cominceremo ad elaborare tutti assieme, con un metodo molto democratico e molto aperto: per questo utilizziamo la logica del BarCamper, in cui ognuno può alzare la mano, dire quello che pensa e formulare la sua proposta. Certamente l’idea di fondo è quella di pensare a delle metodologie che non prevedano dei sostegni economici – perché sappiamo e siamo coscienti che vogliamo farcela con le nostre gambe e con le nostre forze - ma c’è poi anche l’idea di darci delle opportunità, di dare opportunità ai giovani che vogliono realmente scommettersi e valorizzare quelli che sono dei talenti che sono stati formulati. Quindi una riduzione della burocrazia e non solo una riduzione della tassazione, ma soprattutto una razionalizzazione dell’imposizione fiscale: noi troviamo, ad esempio, assurdo che ci siano degli aspetti della fiscalità che sono realmente ed eccessivamente complessi, di una complessità che di fatto non si giustifica.

    D. –“Talenti e passione” è il vostro tema: come è nata questa scelta?

    R. – Qui giochiamo su due significati per ogni termine. I talenti sono quelli che ci ha donati il Signore e quindi le capacità; ma il talento è anche una moneta, una moneta che si spende sul mercato e quindi cerchiamo di contestualizzare le capacità con quello che è poi un libero mercato. Anche “passione” ha un duplice significato: la passione cristiana e quindi la Passione di Cristo, il sacrificio, quell’ascesa verso il Calvario portando la Croce e quindi il senso di responsabilità; e, dall’altro lato, c’è la passione con il suo significato più moderno e quindi di una soddisfazione da raggiungere, di un qualcosa che si fa con grande amore e con grande volontà. Coniugare allora la capacità che ci è stata data da spendere sul mercato con questa passione, che è assunzione di responsabilità, anche attraverso dei sacrifici – e questo vuol dire sia ridurre, sia rinunciare – ma soprattutto avere una grande soddisfazione e non solo di carattere economico.

    D. – Insomma trasformare in risorse quelle difficoltà più volte evocate e, forse, la Dottrina sociale della Chiesa in questo senso è un faro illuminante…

    R. – Non solo è un faro illuminante, perché dai risultati dell’indagine – che presenteremo questa sera - è emerso come i nostri giovani ritengano essenziale ripartire dalla Dottrina sociale della Chiesa e da un nuovo modello educativo e formativo. C’è stato un passaggio molto bello e molto interessante, nel quale si parlava di suggerire di integrare nello studio del Catechismo alcuni passaggi della Dottrina sociale della Chiesa - e parlo proprio di quell’ora di religione che viene fatta nelle scuole medie inferiori e superiori – riportando sostanzialmente un modello educativo non solo basato sulla conoscenza, ma basato anche sul rispetto della relazionalità tra le persone stesse. (mg)

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    Cinema e Tv, ‘specchio’ a volte deformante della famiglia. Mons. Viganò: combattere banalità e pressioni lobbistiche

    ◊   Il Cinema, la Tv e la famiglia tra realtà e finzione: se ne è parlato nel Convegno promosso questa settimana alla Pontificia Università Lateranense sul tema “Quale famiglia per quale società”. Il servizio di Roberta Gisotti.

    “La famiglia di oggi, nella percezione diffusa tra la gente – ha sottolineato il rettore della Lateranense, mons. Enrico dal Covolo – sembra essere nello stesso tempo ‘tutto e niente’”. Una percezione largamente orientata – ha spiegato - dai media, ‘specchio’ efficace di dinamiche relazionali nel vissuto quotidiano. A moderare l’incontro, cui hanno partecipato i professori José Noriega Bastos e Chiara Palazzini, insieme agli attori Alessio Boni e Cristiana Capotondi ed il regista Guido Chiesa, è stato mons. Dario E. Viganò, presidente dell’Ente dello Spettacolo, al nostro microfono:

    R. – I media – e il Cinema in particolare – svolgono due funzioni: da una parte, quella rivelatrice, che cioè in qualche modo ci spiega, ci racconta la famiglia nello spirito dei tempi. D’altra parte, però, sono anche fortemente regolativi perché ci dicono il modo in cui guardare questa realtà. E proprio per questa duplicità, cioè di rivelare e indicare la modalità di guardare le realtà che presentano, diventano davvero una cartina di tornasole dei processi culturali su cui vigilare molto, su cui impegnare molto l’intelligenza e la passione dell’educare.

    D. – Si dice spesso, però, che in particolare le fiction televisive creino molti danni agli spettatori e alle famiglie …

    R. – La Televisione naturalmente segue una narrazione semplificata, stereotipizzata e soprattutto la lunga serialità ad un certo punto esaurisce l’idea originale e quindi, per proseguire, molto spesso cade nella banalità, a volte anche in situazioni al limite del paradosso.

    D. – A volte, però, le fiction, affermano dei disvalori dandoli per assimilati dalla società quando invece non lo sono …

    R. – Ecco, questa è la funzione regolativa dei media a cui – appunto – la famiglia, il contesto delle relazioni buone all’interno della famiglia, deve in qualche modo fare da antidoto: vivendo positivamente le relazioni familiari, dell’affetto all’interno della famiglia, si dimostra esattamente la distanza tra la realtà, tra il tessuto realmente sociale della nostra Italia e la rappresentazione molto spesso anche segnata o da superficialità più semplicemente o a volte anche da pressioni lobbistiche. (gf)

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    Sugli schermi italiani "La chiave di Sara" sulla deportazione degli ebrei parigini nel 1942

    ◊   Da oggi sugli schermi italiani “La chiave di Sara” del regista francese Paquet-Brenner: le drammatiche vicende vissute a Parigi nell’estate del 1942 da migliaia di ebrei rastrellati senza pietà. Il film le ripercorre con gli occhi e il cuore della piccola Sara, che racchiude con la sua chiave un segreto e sulle cui conseguenze indaga oggi una giornalista coinvolta in quei tragici fatti. Un film che prepara la Giornata della memoria del 27 gennaio prossimo. Il servizio di Luca Pellegrini.

    “Nel luglio del 1942 …
    … il 16 e il 17 luglio del ’42 furono arrestati 13 mila ebrei, in maggioranza donne e bambini. Ottomila di loro furono collocati nel Vel' d'Hiv', il velodromo, in condizioni disumane. E poi li mandarono nei campi di concentramento …”

    Partirono così, verso la morte, come agnelli al macello. Però nessuno raccontò la loro storia. Se una storia non si racconta, si dimentica. Per alcune, può anche succedere. Per altre, assolutamente no. La coscienza non perdonerebbe. Tatiana de Rosnay una storia l'ha scritta, proprio perché la Francia non perda un fatto oscuro e tragico del suo passato, di cui ha giustamente chiesto scusa al mondo. In quell’estate del 1942 quasi 14.000 ebrei - uomini, donne e moltissimi bambini - furono rastrellati nei quartieri di Parigi dall'esercito francese su ordine di quello nazista. Scomparirono quasi tutti. La scrittrice pubblica, dunque, un romanzo e l'amico regista Gilles Pasquet-Brenner ne rimane folgorato, diventa il film da oggi sugli schermi italiani, anticipando così la Giornata della Memoria del 27 gennaio, utile dunque per tutte le scuole come strumento con il quale riflettere e prepararsi. La chiave di Sara parte da una finzione: una giornalista americana, interpretata da Kristin Scott Thomas, sempre bravissima, vive a Parigi e grazie alla più inaspettata delle coincidenze sarà costretta, per curiosità professionale e dovere morale, a scoprire il segreto racchiuso nel calvario della piccola Sara, arrestata in quella notte d'orrore. "Il film - precisa la scrittrice - è oscuro, come il mio libro. Nessun pathos, nessuna sdolcinatezza. Il regista cui l'ho affidato è riuscito a trasmettere l'emozione che avevo cercato di condividere con i miei lettori: il ritratto di una donna che scoperchia un vaso di Pandora; l'immagine straziante di una ragazzina dalla vita spezzata; un uomo che non sapeva niente di sua madre. Un tabù abbattuto sessant'anni dopo uno degli avvenimenti più bui della nostra storia". La documentazione è rigorosa, perché molti sono i testimoni contattati, per i quali non è stato semplice tornare a quei fatti e alla responsabilità collettiva che li causò. Il regista francese fa "sentire" questa tragedia “per riportarla alla gente di oggi – dice - prescindendo dai grandi discorsi, per restituirle una dimensione concreta, umana". Sara stringe in mano la sua chiave: quando la userà, i destini di molti cambieranno. La speranza è che la storia abbia imparato dal suo coraggio e dalla sua sofferenza.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Nel Kashmir missionario cattolico condannato per “conversioni forzate”

    ◊   Il Tribunale Supremo islamico dello Stato del Kashmir ha condannato oggi un missionario cattolico e un pastore protestante per “attività di proselitismo e conversioni fraudolente al cristianesimo”. Dovranno comparire davanti al giudice e rispondere delle accuse di proselitismo e conversioni forzate, dunque, padre Jim Borst, missionario della Società di San Giuseppe Mill Hill, e il pastore protestante Chander Mani Khanna. Quest’ultimo è stato arrestato per aver convertito e battezzato 15 ragazzi musulmani, mentre il missionario cattolico olandese, da quasi 50 anni in India, era già stato raggiunto nell’aprile scorso da un provvedimento di espulsione dal Kashmir a causa delle sue presunte conversioni forzate. Oggi come allora accanto a lui si schiera il Catholic Secular Forum, organizzazione ecumenica fondata da cattolici indiani, che denuncia all'agenzia Fides come tali accuse siano infondate: nelle scuole dirette dal sacerdote, infatti, hanno studiato molte personalità islamiche di spicco nel Paese. L’Ong lancia l’allarme sulla situazione nello Stato del Kashmir che si trova “in una fase critica per le libertà individuali e per la libertà religiosa” e chiede un intervento del governo contro la decisione della Corte islamica che sui cristiani non ha alcuna giurisdizione. Un rapporto recentemente pubblicato da All India Christian Council, le persecuzioni anticristiane in Kashmir da parte di gruppi di estremisti islamici sono all’ordine del giorno, a causa anche della presenza di musulmani estremisti nella politica e nella magistratura: fatto che in pratica azzera lo Stato di diritto e ha come conseguenza la totale assenza di rispetto per le minoranze nel Kashmir dove, secondo le stime, vivono circa 18mila cattolici. (A cura di Roberta Barbi)

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    India: cristiani sempre più perseguitati: il rapporto del Catholic Secular Forum

    ◊   Resta grave la situazione dei cristiani in India: secondo un rapporto sulle persecuzioni avvenute nel 2011 appena pubblicato dal Catholic Secular Forum e presentato dall’arcivescovo di Bombay, cardinale Oswald Gracias, ben 2141 fedeli, le loro famiglie e i loro amici sono stati colpiti da atti persecutori, spesso violenti. Il rapporto, ricevuto dall’agenzia Fides, parla di “campagna premeditata” da parte degli estremisti indù che hanno individuato nei cattolici un bersaglio facile e hanno iniziato ad additarli come “una minaccia per l’induismo”. In realtà la percentuale dei cristiani in India, stando ai dati, è in diminuzione: erano il 2.60% della popolazione nel 1972; il 2.44% nel 1981 e appena il 2.30% nel 2001. Le principali vittime dei soprusi sono le donne e i bambini, malnutriti, privati dell’istruzione elementare, abusati, costretti a vivere nei campi profughi e a lavorare nella paura e nell’incertezza finanziaria. Vulnerabili anche le donne, che siano mogli, figlie o sorelle di pastori, oppure suore. Il rapporto, inoltre, evidenzia 250 tra i crimini più gravi in violazione della libertà di fede, dei diritti umani e costituzionali e cita come lo Stato “canaglia” il Karnataka, dove nel 2011 si sono verificati oltre mille attacchi ai cristiani e dove anche ieri 20 pentecostali sono stati aggrediti mentre pregavano all’interno di una casa privata di Bangalore; ma la situazione non è migliore nell’Orissa, in Gujarat, Madhya Pradesh e Chhattisgarh. (R.B.)

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    I vescovi del Myanmar: l'amnistia a 650 prigionieri politici un segno di pace e di speranza

    ◊   Il presidente birmano Thein Sein ha emesso oggi un provvedimento di amnistia, ordinando il rilascio di 650 prigionieri politici. Fra i rilasciati vi sono detenuti importanti come l’ex premier Khin Nyunt; il monaco buddista Ashin Gambira, uno dei promotori della “Rivoluzione Zafferano” lanciata dai monaci nel settembre 2007, condannato a 63 anni di carcere; Min Ko Naing, uno dei leader “88 Generation Students Group”, che nel 2003 aveva promosso un progetto di riforme democratiche. L’amnistia è stata accolta con favore anche dai vescovi birmani, che oggi concludono a Yangon l’assemblea della Conferenza episcopale. In un colloquio con l'agenzia Fides, mons. Raymond Saw Po Ray, presidente della “Commissione Giustizia e Pace” dei vescovi, ha commentato: “Speriamo sia un gesto foriero di nuovi sviluppi e miglioramenti per il rispetto delle libertà nel Paese. La liberazione dei prigionieri politici e di coscienza è un punto focale, rimarcato più volte nella comunità internazionale. Crediamo sia un segno di speranza per la giustizia, la pace e i diritti umani. E' stato rilasciato anche uno dei monaci leader delle proteste del 2007: credo sia molto significativo per l’approccio futuro del governo verso la popolazione. Nell'assemblea dei vescovi abbiamo affrontato questioni pastorali, ma siamo attenti alle evoluzioni della società birmana. Siamo fiduciosi sul fatto che la Chiesa e tutti e cristiani potranno avere un ruolo importante e contribuire alla costruzione di un futuro di pace, libertà e giustizia in Myanmar”. (R.P.)

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    L’Iran apre ai colloqui con i 5+1 e agli ispettori dell’Aiea

    ◊   Nel giorno in cui migliaia di persone hanno partecipato a Teheran, al termine della Preghiera del Venerdì, ai funerali di Stato di Mustafa Ahmadi-Roshan, lo scienziato nucleare rimasto ucciso mercoledì scorso nell’esplosione di una bomba, l’Iran annuncia di essere pronto a nuovi negoziati con il gruppo 5+1 e di accettare sul proprio territorio la visita degli ispettori dell’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica (Aiea). A confermare la disponibilità a nuovi colloqui con il gruppo che comprende Stati Uniti, Cina, Russia, Francia e Gran Bretagna, è il presidente del Parlamento iraniano, Ali Larijani, che ha specificato che questi potranno avere successo solo “se saranno seri”. L’ultima fase di colloqui tra Teheran e i 5+1 si è svolta un anno fa a Istanbul e si è conclusa in un nulla di fatto perché l’Iran non ha accettato di rinunciare all’arricchimento dell’uranio, che dichiara di effettuare solo per scopi civili. Da allora la posizione di Teheran in merito non è cambiata. Tuttavia il Paese ha accettato la visita di alcuni ispettori dell’Aiea, che dovrebbero recarsi in Iran probabilmente il 28 gennaio prossimo, guidati dall’ispettore capo Herman Nackaerts, per chiarire la portata militare del programma nucleare condotto da Teheran. (R.B.)

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    Pakistan: le proteste dei cristiani per la demolizione dell'Istituto Caritas a Lahore

    ◊   Proseguono a Lahore, in Pakistan, le proteste della comunità cattolica contro la demolizione di un edificio di proprietà della Chiesa locale e gestito dalla Caritas pakistana in collaborazione con la Lahore Charitable Association. Oltre all’edificio in questione, l’istituto Gosha-e-Aman, sono stati sequestrati anche diversi terreni nell’area circostante il 10 gennaio scorso dalle autorità del Punjab, in aperto conflitto con le decisioni dell’Alta Corte di Lahore che aveva preso tempo per dirimere la controversia. Riferisce l'agenzia AsiaNews che i manifestanti, i quali con slogan e canti denunciano l’abuso del governo, puntano il dito contro il ministro dell’Assemblea provinciale del Punjab, Kamran Micheal, a quanto pare coinvolto nello smantellamento della struttura al posto della quale sorgerà un college. L’accusa al governo locale da parte della comunità cristiana, che ha diffuso in rete le immagini delle proteste, è di non tutelare le minoranze, mentre attacchi sono stati rivolti anche ai politici cristiani, colpevoli di essere diventati “parte del sistema”. L’istituto, fondato nel 1887, comprende una casa di accoglienza per anziani, una scuola per ragazze, un convento e una cappella ed è circondato da due acri di terreno: una proprietà che complessivamente vale miliardi di rupie e che si trova da tempo al centro di una vertenza legale di competenza dell’Alta Corte di Lahore. (R.B.)

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    Venezuela: al termine della Plenaria i vescovi invocano la riconciliazione nazionale

    ◊   Rispetto, difesa e promozione di diritti umani, e, in ambito pratico, la creazione di posti di lavoro e l’offerta di un’istruzione di qualità: questi, secondo i vescovi venezuelani che hanno appena concluso la 97.ma assemblea della Conferenza episcopale locale, gli elementi chiave a sostegno della riconciliazione e della pace nel Paese. E s’intitola proprio “2012: Anno della riconciliazione nazionale”, come riferisce la Fides, il messaggio conclusivo pubblicato dai presuli al termine della plenaria e presentato al pubblico dal neopresidente della Conferenza episcopale e arcivescovo di Cumaná, mons. Diego Rafael Padrón Sánchez che ha riassunto in 5 punti le preoccupazioni della Chiesa in Venezuela: “Le esigenze e le aspettative più urgenti del Paese – ha detto – sono la sicurezza, l’occupazione, l’alloggio, la salute, l’istruzione, i servizi e le risorse alimentari”. Nel documento l’episcopato segnala, inoltre, la necessità di ripristinare “la convivenza nazionale basata sul rispetto e sull’apprezzamento reciproco, il riconoscimento effettivo del pluralismo politico e ideologico, culturale e religioso, e la tolleranza verso gli altri”. Un altro annoso problema che affligge il Venezuela e che i vescovi mettono in evidenza, è quello delle carceri, a proposito del quale propongono di promuovere un processo di umanizzazione e di concedere l’indulto ai prigionieri politici. Nell’invito finale a unirsi in preghiera, i presuli ricordano l’importante appuntamento della società con le elezioni politiche in calendario il prossimo ottobre, auspicando che siano assunte in una “prospettiva umana e cristiana, nella prospettiva della riconciliazione nazionale”. (R.B.)

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    Perù: appello della Chiesa a fermare la violenza nella zona di Cajamarca

    ◊   Sabato scorso tre uomini armati sono entrati nella stazione di polizia nel distretto di Santa Rosa, provincia di Jaen, e hanno assassinato a sangue freddo tre poliziotti, la moglie incinta di uno di loro e il figlio di 13 anni. Il direttore di Radio Marañón, a Jaén, il sacerdote gesuita Francisco Muguiro Ibarra, in seguito agli ultimi atti di violenza verificatisi nella zona di Cajamarca, è intervenuto parlando dell’importanza del rispetto della vita. Secondo le informazioni inviate dalla Cnr (Coordinamento Nazionale delle Radio) all’agenzia Fides, padre Muguiro ha affermato: “Ipotesi diverse: la vendetta, la rapina a mano armata (due fucili e quattro pistole), possono essere molte... ma questa volta sembra che il traffico di droga e il terrorismo siano proprio scartati. Non ci importa la motivazione, non c'è alcuna motivazione, nessuna è valida per prendere la vita di un'altra persona, a meno che non ci si trovi nella situazione di auto-difesa, ma questa è attualmente in discussione dopo l'episodio dello studente che ha ucciso il ladro che voleva rubare il suo telefono cellulare”. Il gesuita invita a riflettere sul valore della vita: “La vita non è una cosa qualsiasi. E' un miracolo di Dio. Quanto costa a un genitore riuscire a formare in modo sano una persona! La vita è un progetto di Dio. Ma sembra che valga poco in questi giorni. Lo stesso giorno della morte dei poliziotti, nelle strade di Jaén morivano altre 3 persone per liti familiari o per rapina, e poi a Bagua un contadino è stato ammazzato”. Per questo padre Francisco Muguiro Ibarra invita la comunità ad impegnarsi nel formare le nuove generazioni al vero valore della vita: “Il sangue dei tre membri della Polizia e delle loro famiglie grida a Dio dalla terra di Santa Rosa e chiede giustizia, non vendetta, ma giustizia... Partendo dalla famiglia, dalla scuola, dalla società, dobbiamo cominciare ad apprezzare di più la vita. I bambini devono iniziare a vivere la vita così com'è, qualcosa di sacro. Vorremmo tutti partecipare ad una campagna per la sicurezza pubblica, in modo di non continuare a sentire della morte violenta dei nostri concittadini, come succede ogni giorno, e la vita riprenda il suo valore”. (R.P.)

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    India: non si placa l’emergenza nelle aree colpite dal tifone Thane

    ◊   Anche se i riflettori di molti media si spengono su un tema, non significa che questo si sia esaurito: è il caso dell’India flagellata dal tifone Thane, che ha colpito i villaggi dello Stato del Tamil Nadu, dove l’emergenza non è ancora rientrata, ricorda l'agenzia Fides. La zona, già messa a dura prova dallo tsunami del 26 dicembre 2004, ha subito molti danni, soprattutto nelle aree rurali dei distretti di Cuddalore e Villupuram e nel territorio di Puducherry, abitati per lo più da contadini e pescatori e punteggiati da fragili case di paglia e lamiera. A ovviare alla mancanza di elettricità e acqua corrente cercano di provvedere i Salesiani residenti nell’area, che distribuiscono acqua pulita con le pompe e donano alla popolazione cibo, stoviglie, vestiti e lenzuola, materiale scolastico. Anche alcune strutture della Congregazione sono state danneggiate: in particolare l’opera di Puducherry, il “Dbrite” di Cuddalore e le missioni di Gedilam e Maranodi Vinnarasi, ma si stanno già progettando interventi di riparazione o ricostruzione delle abitazioni e programmi di sviluppo rurale per la riqualifica del lavoro agricolo. (R.B.)

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    Angola: le inondazioni bloccano i rimpatri dell’Acnur dal Congo

    ◊   Sono rimasti bloccati al confine a causa delle inondazioni che in questi giorni stanno insistendo sull’Angola nordorientale, le migliaia di profughi rimpatriati dalla vicina Repubblica Democratica del Congo. I rimpatri operati dall’Alto commissariato dell’Onu per i Rifugiati (Acnur) sono ripresi nel novembre 2011 dopo uno stop di quattro anni in cui tra Congo e Angola i rapporti sono stati piuttosto tesi. Nel giugno scorso, poi, la svolta: a seguito della firma di un accordo tripartito fra Angola, Congo e Acnur, circa 20mila persone hanno accettato di tornare in patria, mentre si calcola che siano ancora circa 80mila i profughi angolani presenti nella Repubblica Democratica del Congo. A complicare le cose, riporta l'agenzia Fides, sono le recenti inondazioni che preannunciano una stagione umida, qui già particolarmente lunga, eccezionalmente piovosa. Secondo le stime, sono andate distrutte le abitazioni di 1142 agricoltori e devastati i raccolti di cassava e arachidi, il cibo fondamentale della popolazione angolana, fatto che sta causando una grave insufficienza alimentare. Negli ultimi quattro mesi, da quando sono iniziate le alluvioni, almeno 50mila persone sono state colpite, 24mila delle quali sono state rimpatriate in 10 villaggi della provincia angolana di Uige. (R.B.)

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    L’appello dell’agenzia Habeshia contro il traffico di organi ed esseri umani

    ◊   Un nuovo urgente appello alla comunità internazionale, affinché intervenga fattivamente nella lotta al traffico di organi e di esseri umani soprattutto dal Nord Africa e dal Medio Oriente viene dal presidente dell’agenzia Habeshia per la Cooperazione e lo Sviluppo, don Mussie Zerai. L’agenzia, in particolare, denuncia le centinaia di profughi eritrei prelevati dai campi che sono ancora nelle mani dei predoni del Sinai e soggetti ad abusi sessuali, maltrattamenti di vario tipo, privazioni di cibo anche prolungati e violenze. I prigionieri, inoltre, vengono ricattati e costretti a pagare somme altissime, fino a 30mila dollari, per evitare l’espianto di organi. Negli anni scorsi, è la stima riferita da Habeshia, oltre centomila persone nell’area di Sudan, Egitto e Libia, ma anche in Eritrea, Etiopia e Somalia, sono state vittime del traffico di esseri umani; in particolare si calcola che siano scomparsi, probabilmente per questi scopi, circa quattromila minori oltre a tremila persone nel solo territorio del Sinai. L’appello che l’organizzazione, dunque, rivolge alla Comunità europea, che già collabora su questo tema con l’Unione Africana e con i singoli Stati interessati dal fenomeno, è quello di rafforzare le attività di prevenzione e le campagne informative tra i profughi di Sudan ed Etiopia e di incrementare le azioni della polizia internazionale. (R.B.)

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    Spagna: la Caritas fa il punto sugli interventi ad Haiti

    ◊   A due anni dal violento sisma che sconvolse Haiti, il cui anniversario è ricorso proprio ieri, Caritas Spagna traccia un bilancio dei propri interventi nell’isola caraibica, in un rapporto di cui ha inviato copia all’agenzia Fides. Complessivamente l’associazione caritativa ha investito 10,8 milioni di euro, che sono stati impiegati in cinque settori in particolare: salute, istruzione, alloggio, protezione delle comunità vulnerabili e rafforzamento istituzionale della Caritas locale. Tra i progetti avviati, uno dei più grandi e legato alla contingenza è quello di risposta al diffondersi del colera, mentre il programma dedicato alla nutrizione materna è attualmente attivo in quattro diocesi del Paese al confine con la Repubblica Dominicana, dove la Caritas lavora da tempo. Importanti passi avanti sono stati fatti anche nell’accesso all’acqua potabile e alla rete fognaria, mentre importanti novità sono state messe in cantiere nell’ambito della formazione: si sta lavorando per la ricostruzione di 2 scuole per l’istruzione di base a Gressier, in grado di accogliere 923 studenti. Inoltre, la Caritas sta finanziando 130 alloggi e un Centro per anziani a Les Cayes, mentre già si pensa a interventi in favore di malati e disabili. Infine, e altrettanto importante, l’attività di formazione di Caritas Haiti, in modo da garantirle la sostenibilità e ridurne la dipendenza dall’esterno. (R.B.)

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    Il dossier Caritas-Migrantes sullo stato delle migrazioni Italia-Asia

    ◊   È dedicato al tema “Asia-Italia: scenari migratori” il quarto viaggio di studio intercontinentale del dossier statistico Immigrazione di Caritas e Migrantes che farà tappa a Manila, nelle Filippine, dal 16 al 20 gennaio prossimi. A guidare la delegazione di 30 persone che parteciperanno al viaggio, precisa l'agenzia Sir, mons. Enrico Feroci, direttore della Caritas diocesana di Roma e membro del Comitato di presidenza del dossier. L’iniziativa, inoltre, organizzata all’indomani della Giornata Mondiale delle Migrazioni e finalizzata ad approfondire la presenza cattolica nei Paesi a maggioranza musulmana, si pone l’obiettivo dell’analisi del fenomeno migratorio asiatico, dedicando particolare attenzione ai filippini, ma anche alle grandi comunità provenienti da Cina, Pakistan, India, Bangladesh e Sri Lanka. Le novità messe in luce dal dossier riguardano una previsione di aumento dei flussi migratori soprattutto da Filippine e India e la nuova collocazione della Cina, che da Paese di emigrazione è diventato un polo di immigrazione con un saldo migratorio di circa 12 milioni l’anno, il più alto nel contesto mondiale, per rimediare anche alla penuria di popolazione in età attiva. Anche altri Paesi asiatici, finora esportatori di manodopera, entro la seconda metà del secolo dovrebbero diventare importatori, come India, Pakistan, Bangladesh, Indonesia e Iran. (R.B.)

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli.