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Sommario del 29/02/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Esercizi spirituali in Vaticano: quando nella Chiesa si rompe la comunione con Dio
  • Nomina in Brasile
  • Il cardinale Antonelli: ovunque nel mondo la famiglia è fattore di coesione sociale
  • Siria: bombe su Homs. Mons. Tomasi: soldarietà con le vittime della violenza
  • Farla finita per colpa della crisi. Mons. Toso: serve equità per dare forza alla speranza
  • L'Archivio Segreto Vaticano si rivela. Mostra ai Musei Capitolini. Intervista con mons. Pagano
  • In Vaticano la mostra “Verbum Domini”: 150 reperti biblici esposti nel Braccio di Carlo Magno
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Mogadisco: assassinato un altro giornalista somalo
  • La Bce presta 530 miliardi a 800 banche europee per evitare la crisi di liquidità
  • Primarie Usa: Romney batte Santorum in Arizona e Michigan
  • Lavoro e valori religiosi: il punto con il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni
  • Chiusura Rai estero. Avvenire: senza media cattolici disattenzione su molti Paesi
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Serbia: delusione per il veto rumeno all’ingresso di Belgrado nell’Ue
  • Iraq: per il governo circa 70 mila vittime dal 2004
  • India: manca giustizia per i crimini contro i cristiani in Orissa
  • Pakistan: rapiti due cristiani nell’Ospedale Buon Samaritano a Karachi
  • Pakistan: malmenati due cattolici accusati di blasfemia. Lasceranno il Paese
  • Tunisia: atto vandalico contro la tenda-chiesa dei profughi cattolici
  • Sri Lanka. I vescovi al governo: non dimenticate i problemi reali del Paese
  • Panama: continua il dialogo governo-indigeni con la mediazione della Chiesa
  • Usa: vescovi favorevoli al disegno di legge sulla privacy on line
  • Sud Africa: i vescovi preoccupati per l’emergenza educativa nella Provincia del Capo Orientale
  • Algeria: la Chiesa fa memoria dei 50 anni d'indipendenza del Paese
  • Repubblica Ceca: Messa solenne a Praga del neocardinale Duka
  • Ucraina. L'arcivescovo di Leopoli: "La nostra fede deve essere rafforzata"
  • Irlanda: attesi 2500 giovani al Congresso eucaristico di giugno
  • Irlanda: giubileo d’oro di “Accord”, il servizio per la Pastorale matrimoniale
  • Austria: per la Quaresima la Chiesa promuove il "digiuno dall'auto"
  • Gabon: il Paese accoglie le reliquie di San Giovanni Bosco
  • Il Papa e la Santa Sede



    Esercizi spirituali in Vaticano: quando nella Chiesa si rompe la comunione con Dio

    ◊   La terza mattina di esercizi spirituali per la Quaresima in Vaticano ha toccato il tema delicato della rottura della comunione con Dio, in particolare all’interno della Chiesa. L’autore delle meditazioni, il cardinale arcivescovo di Kinshasa, Laurent Monsengwo Pasinya, ha proposto oggi a Benedetto XVI e ai membri della Curia Romana – riuniti nella Cappella Redemptoris Mater del Palazzo apostolico – due riflessioni intitolate “l’amore del mondo” e “Gli anticristi o la mancanza di fede in Gesù, il Cristo”. Nel pomeriggio, la terza meditazione in programma ha per titolo “Il peccato del sacerdote”. Le meditazioni sono ispirate a passi della prima Lettera di San Giovanni.

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    Nomina in Brasile

    ◊   In Brasile, Benedetto XVI ha nominato vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di São Sebastião do Rio de Janeiro don Luiz Henrique da Silva Brito, del clero della diocesi di Campos, nella quale è cancelliere, direttore spirituale del Seminario diocesano Maria Imaculada e parroco della parrocchia São Benedito, assegnandogli la sede titolare vescovile di Zallata. Il Rev.do Luiz Henrique da Silva Brito è nato il 19 maggio 1967 a São Gonçalo, nell’arcidiocesi di Niterói, nello Stato di Rio de Janeiro. Dopo gli studi preparatori compiuti presso il Seminario "São Pio X" della Congregazione dei Missionari del Sacro Cuore a Juiz de Fora, ha studiato filosofia e teologia presso i Seminari di Nuova Iguaçu e Rio de Janeiro (1985-1990). Ha ottenuto poi la licenza in diritto canonico presso l’Istituto Superiore di Diritto Canonico dell’arcidiocesi di Rio de Janeiro (1991-1992) e la licenza in teologia morale presso la Pontificia Università Santa Croce a Roma (2003-2005). Il 14 dicembre 1991 ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale ed è stato incardinato nella diocesi di Campos, nella quale ha svolto gli incarichi seguenti: amministratore parrocchiale della parrrocchia São Sebastião (1992); parroco della parrocchia Santo Antônio de Pádua (1993-2003); parroco della parrocchia Santa Helena (2006-2010); coordinatore della pastorale; giudice uditore della Camera ecclesiastica; direttore spirituale del Seminario diocesano Maria Imaculada. Attualmente è cancelliere diocesano; membro del consiglio presbiterale e del collegio dei consultori e parroco della parrocchia São Benedito. Inoltre, nell’arcidiocesi di Niterói, svolge l’incarico di difensore del vincolo nel Tribunale ecclesiastico arcidiocesano e professore di teologia morale presso il Seminario arcivescovile.

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    Il cardinale Antonelli: ovunque nel mondo la famiglia è fattore di coesione sociale

    ◊   Un “grande entusiasmo”. È questa l’impressione a "caldo" ricavata dal presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, il cardinale Ennio Antonelli, che ieri a Milano ha presentato in conferenza stampa, assieme al cardinale Angelo Scola, il programma della visita che Benedetto XVI compirà dal primo al tre giugno prossimi, nel capoluogo lombardo, in occasione del settimo Incontro mondiale delle famiglie. Il porporato è stato intervistato subito dopo la conferenza stampa da Luca Collodi:

    R. – Vorrei dire che abbiamo trovato un clima di grande entusiasmo, perché le cose stanno andando avanti splendidamente, con gioia, con impegno. Il tema “La famiglia, il lavoro e la festa”, poi, è un tema che tutti percepiscono come di estrema attualità, in tutti gli ambienti geografici e culturali. Quindi, mi pare che l’Incontro mondiale non si poteva impostare meglio di così.

    D. - Oggi il tema famiglia è un tema fondamentale anche per i suoi risvolti sociali, non soltanto in Europa ma nel mondo…

    R. – Certamente. Noi vogliamo mantenere il discorso sui due versanti. Il versante ecclesiale, quindi la famiglia come soggetto privilegiato di evangelizzazione, e il versante civile e sociale, perché la famiglia è una grande risorsa per la società. A Milano verrà pubblicizzata una ricerca sociologica realizzata in vari Paesi, e anzitutto in Italia, dalla quale risulta il valore e l’importanza della famiglia per la coesione e lo sviluppo della società oggi. E quindi anche il diritto che ha la famiglia di essere sostenuta dall’interesse culturale, economico, politico, giuridico, della società stessa.

    D. – Il Papa più volte ha sollecitato le autorità civili a guardare con interesse e attenzione alla famiglia...

    R. - Sì, molte volte, anzi direi che Benedetto XVI sta moltiplicando gli interventi a favore della famiglia, in misura forse maggiore che non il suo predecessore, che pure è chiamato il “Papa della famiglia”. Noi siamo grati sia a Giovanni Paolo II, sia anche a Benedetto XVI per questa grande attenzione che veramente risponde a una esigenza prioritaria della società e della Chiesa oggi. (bf)

    Tra i gruppi che stanno lavorando per l’Incontro mondiale di giugno vi è anche il Forum delle Associazioni familiari. Emanuela Campanile ha chiesto al suo presidente, Francesco Belletti, un commento sul tema guida dell’Incontro:

    R. – Il tema “Famiglia, lavoro e festa” ci allarga proprio il respiro, nel senso che appassiona e insieme mette in difficoltà tantissime nostre famiglie nel conciliare tempi di cura, tempi familiari e tempi di lavoro sotto la grande parola “festa”. Festa che è anche il ricordo e la memoria della domenica come momento della celebrazione liturgica: riuscire a restituire senso alle fatiche della vita quotidiana.

    D. - Benedetto XVI invita a un valido itinerario, itinerario mirato a mettere in luce esperienze di lavoro e di festa nei loro aspetti più veri e positivi con particolare riguardo all’incidenza sul vissuto concreto delle famiglie…

    R. – Sì, io credo che questa sia una grande chiamata di conversione perché – al di là delle responsabilità della politica, al di là di un’azienda che spesso licenzia una donna alla gravidanza, tutte cose da denunciare – alle famiglie viene rivolta una grande domanda sugli stili di vita: chiede di considerare il tempo libero come il tempo della riscoperta delle relazioni, il tempo del significato, il tempo dell’educazione reciproca, e non un tempo vuoto da riempire solo con con viaggi o attività turistiche senza un motivo. E’ anche il tema della sobrietà per un pianeta più sostenibile, il richiamo a stili di vita che non abbiano il consumo come primo contenuto: certamente, questo per le società occidentali, per i Paesi sviluppati, è la grande sfida culturale del momento. Poi, si parla anche del grande problema del lavoro che non c’è, o del lavoro non giusto, dei bambini che lavorano in alcuni Paesi in via di sviluppo, dei giovani che non trovano lavoro a 30 anni… Sono sicuro che le parole del Santo Padre ci daranno un mandato. Credo che l'Incontro mondiale non sarà un grande evento celebrativo che finisce: il lavoro di testimonianza comincerà proprio dal 4 giugno, quando i riflettori saranno spenti. (bf)

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    Siria: bombe su Homs. Mons. Tomasi: soldarietà con le vittime della violenza

    ◊   In Siria, le truppe governative continuano a bombardare per il 26.mo giorno consecutivo la città di Homs, bastione della rivolta anti-Assad. Decine le vittime anche oggi. Intanto la comunità internazionale, riunita a Ginevra per la sessione del Consiglio Onu per i Diritti umani, si appresta a condannare la repressione di Damasco. Presente all’incontro, anche l’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio Onu della città elvetica. Il presule ha ribadito gli appelli del Papa per la fine immediata del bagno di sangue, esprimendo solidarietà per le vittime della violenza. Sergio Centofanti lo ha intervistato:

    R. – La comunità internazionale vuole dare un messaggio chiaro alle autorità siriane: non è accettabile una violazione sistematica dei diritti umani delle persone attraverso repressioni violente, l’uso della forza contro dimostrazioni, l’uccisione di tanti civili – anche bambini – e poi la creazione di nuovi gruppi di rifugiati, specialmente persone che dalla Siria sono fuggite in Turchia o in Libano o in altre parti del Medio Oriente. La questione della Siria è molto delicata ed importante, perché a differenza degli altri Paesi della cosiddetta Primavera araba, tocca veramente equilibri interni del Medio Oriente ed è vicina, come Paese, a tante zone molto delicate che comportano questioni politiche importanti: Israele, l’Iran, la Turchia, il Libano … La Santa Sede è intervenuta a Ginevra ad un livello molto umanitario, parlando della preoccupazione per le vittime di questa situazione di violenza, chiedendo che in maniera urgente si metta fine all’uso della forza e si apra, invece, la strada al dialogo, alla riconciliazione e a una ricerca sincera della pace, perché abbiamo visto purtroppo troppo spesso negli ultimi decenni che la violenza genera violenza. Non è mai troppo tardi per mettere fine all’uso della violenza! Una seconda preoccupazione espressa è stata quella che ci sia una possibilità concreta di portare aiuti umanitari, medici e medicine, alle persone che ne hanno bisogno – feriti o persone ammalate – che si trovano nelle città che sono sotto bersaglio, come ad esempio la città di Homs; aprire questa possibilità concreta, quindi, di fare arrivare aiuto umanitario. E infine, una terza preoccupazione espressa è stata quella che la tradizione di tanti anni di convivenza abbastanza pacifica e rispettosa tra le varie minoranze – sunnite, sciite, alawite, cristiane, curde – che formano la Siria, non venga dimenticata e che invece si cerchi di camminare assieme per trovare una soluzione, perché non si ripetano certe tragedie che sono capitate, come – ad esempio – dopo il crollo del governo iracheno che ha portato ad un lungo periodo di instabilità e di guerra civile.

    D. – Ma in concreto, che cosa può fare la comunità internazionale per fermare quello che il Papa ha definito “spargimento di sangue”?

    R. – La situazione difficile in cui si trova la comunità internazionale è che non sembra possibile, in questa situazione, un intervento cosiddetto umanitario però anche di forza, come è avvenuto per altri Paesi; quindi, bisogna cercare la strada della convinzione e della riconciliazione facendo capire che le conseguenze per il futuro non verranno ignorate, che la comunità internazionale continuerà a perseguire attraverso vie giuridiche e legali la responsabilità di coloro che sono causa di tanta sofferenza.

    D. – C’è timore per la minoranza cristiana?

    R. – In Siria, finora, le minoranze cristiane hanno potuto convivere abbastanza pacificamente e serenamente con le varie espressioni della fede islamica che è dominante nel Paese. Certo, se c’è una destabilizzazione totale della situazione politica non sappiamo come le reazioni si articoleranno, se ci saranno vendette contro minoranze che sono percepite di avere appoggiato il governo attuale, e quindi c’è un’incognita. Sarebbe veramente irresponsabile – a me sembra – se si pensasse solo ad un cambiamento politico immediato senza allo stesso tempo prevedere l’alternativa di come verrà gestito il Paese e quindi le relazioni tra gruppi che compongono la società della Siria, in modo da prevenire sia ulteriore spargimento di sangue, sia movimenti di rifugiati di cui poi la comunità internazionale dovrà in qualche modo prendersi la responsabilità. (gf)

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    Farla finita per colpa della crisi. Mons. Toso: serve equità per dare forza alla speranza

    ◊   In Italia, la crisi economica continua sempre più a mietere vittime. Gli ultimi due suicidi in ordine di tempo si sono verificati qualche giorno fa in Toscana ed in Liguria: un imprenditore di Firenze si è tolto la vita non potendo più far fronte ai debiti bancari mentre, nelle stesse ore, a Sanremo un elettricista si è ucciso dopo aver appreso di essere stato licenziato. Fatti drammatici in costante aumento, che richiedono con forza soluzioni efficaci ed immediate, come spiega, al microfono di Federico Piana, il segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, mons. Mario Toso:

    R. – Questi fatti dimostrano che la crisi non è superata e che dura più del previsto. Sembra anche chiaro che se non si interviene seriamente - mondo politico, finanziario, civile e religioso, congiuntamente, secondo le proprie responsabilità - essa durerà e l’uscita sarà posticipata. Ieri, in Italia, è stata firmata una nuova moratoria sui mutui fra le associazioni bancarie e quelle delle imprese. Si tratta di una strada giusta, ma non ancora sufficiente, nonostante altri provvedimenti lodevoli. Il fatto è che molti piccoli e medi imprenditori si trovano nella condizione di non essere pagati dai loro clienti, di non ricevere credito sufficiente dalle banche e di non poter prelevare, spesso, anche i loro soldi depositati. Tutto questo è come un continuo cappio al collo. Bisogna reagire a questa situazione.

    D. – Secondo lei, quali sono i provvedimenti da prendere, a livello politico ed economico, per evitare che queste tragedie si ripetano?

    R. – E’ facile enunciarli, ma meno agevole attuarli. E comunque, alcuni provvedimenti necessari sono di dominio pubblico: supporto morale psicologico ai cittadini, mostrando che a livello di rappresentanti e di governo si agisce con rigore e con equità. Un serio impegno a investire nella crescita, facendo capire che il risanamento avviene sì ripianando i deficit, ma soprattutto rilanciando l’industria, diminuendo la pressione fiscale sulle imprese, riformando il mercato del lavoro con l’accordo delle parti sociali e non con ultimatum, varando politiche attive del lavoro specie per i giovani, programmando piani di transizione dalla scuola al lavoro. Nel secolo scorso, quando in una fase di crisi finanziaria e di scarsità di risorse si cercava di costruire lo Stato sociale e democratico, tutte le forze sociali – socialisti, comunisti, liberali e cattolici – erano convinte che si poteva affrontare l’impresa se si credeva nella piena occupazione e in una seria politica sociale. E’ da immaginare che non fossero tutti impazziti.

    D. – In che misura la politica e la società civile sono responsabili di queste situazioni? Quali sono gli errori che hanno commesso?

    R. – Se dietro alla crisi finanziaria ed economica, crisi che perdura, stanno le responsabilità di un certo mondo finanziario – e se si deve inoltre riconoscere che vi sono responsabilità del mondo politico, degli stessi imprenditori e dei risparmiatori – va detto che le responsabilità non sono tutte uguali. Talvolta, si sente dire che se il mondo finanziario ha prodotto strumenti sofisticati che potevano servire per tradire i risparmiatori, questi ultimi avrebbero dovuto accorgersene, protestare e rifiutarsi di comprarli. E’ evidente che per questa via si gioca a “scaricabarile”, a scaricare le responsabilità sugli altri. Bisogna invece riconoscere che le responsabilità sono di diverso peso morale. Un conto è la responsabilità di chi inganna e un conto è la responsabilità di chi è ingannato. Sulla base di ciò vanno misurati i rimedi, anche nei confronti delle banche.

    D. – Dopo questi eventi drammatici, molti chiedono anche una seria riforma dell’Onu. Secondo lei, può essere una delle soluzioni per tentare di ridare al mercato mondiale una governance migliore?

    R. – Nella Caritas in veritate, promulgata nel 2009, precisamente al numero 67, Benedetto XVI aveva già suggerito una simile via. Ha scritto che in presenza di una recessione mondiale, per risanare le economie colpite dalla crisi, per prevenire peggioramenti della stessa e conseguenti maggiori squilibri, è necessaria sia una vera autorità politica mondiale – e quindi la riforma dell’ONU – sia la riforma dell’architettura economica e finanziaria internazionale. Evidentemente, assieme a tutto ciò va garantita anche l’adeguazione delle istituzioni politiche sul piano regionale e locale. Dietro ad una Banca centrale europea deve starci una politica europea economica più coordinata ed unitaria, cosa che è possibile con nuove istituzioni, specie sul piano europeo.

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    L'Archivio Segreto Vaticano si rivela. Mostra ai Musei Capitolini. Intervista con mons. Pagano

    ◊   Le celebri carte del processo a Galileo e quello contro i Templari, ma anche i più recenti e meno conosciuti documenti sulla seconda Guerra mondiale: questo e molto di più troveranno i visitatori che si recheranno, a partire da oggi, ai Musei Capitolini di Roma per la mostra dal titolo “Lux in Arcana: l’Archivio Segreto Vaticano si rivela”. Sulle particolarità di questa esposizione, organizzata in occasione del quarto centenario di fondazione dell’Archivio, si sofferma il prefetto dell’istituzione, il vescovo Sergio Pagano, intervistato da Eliana Astorri:

    R. - La decisione si motiva con il quarto centenario della fondazione dell’Archivio ad opera di Paolo V, all’inizio del 1612. L’Archivio ha voluto celebrare, in questo modo, i 400 anni di attività culturale a servizio della cultura della Santa Sede, e della cultura del mondo, portando cento documenti tra i più significativi sotto diversi aspetti, ad un museo che fosse centrale per Roma, facilmente accessibile, con orari prolungati. Tutto ciò in Vaticano sarebbe stato un po’ difficile. Andare ai Musei Capitolini rappresenta anche un motivo di “idealità”; andare un po’ in quella che era la sede del governo papale sulla città di Roma. D’accordo con il sindaco di Roma e la Sovraintendenza, si è deciso di fare questa grande esposizione.

    D. - Con quale criterio sono stati scelti i documenti?

    R. - Con diversi criteri. Anzitutto la preziosità dei documenti stessi. Un altro criterio è stato la tipologia: far vedere al grande pubblico che cosa contiene l’Archivio Vaticano, che cosa conserva, dalla corteccia di betulla con cui gli indiani d’America scrivevano a Leone XVI, fino alle antiche pergamene, alle carte più recenti, ai sigilli in oro, ai concordati, alle teche, etc… Altro criterio: mostrare l’universalità della Chiesa, che detto in questo modo sembra un fatto assodato, ma dimostrata attraverso i documenti dei Concili, dei Patti, dei Sinodi, delle Leghe, mostra un po’ la vita della Chiesa lungo la storia. Altro criterio: mostrare la pastoralità del Romano Pontefice nel governo della Chiesa. Altro criterio ancora è mostrare un po’ il cammino nella storia della civiltà, quando la Chiesa era la cultura, fondazione delle Università, provvedimenti dei Romani Pontefici riguardo alle edizioni, alle stampe..

    D. - A suo parere, fra tutti questi documenti che si riferiscono a tanti fatti storici, quali attireranno maggiormente l’interesse e la curiosità del pubblico?

    R. - Dipende. Perché se per pubblico si intende un pubblico di studiosi -c redo abbastanza ridotto - questi andranno certamente a vedere documenti risalenti all’Alto o Basso Medioevo, ma generalmente parlando, penso che i più visitati saranno il processo di Galileo, il processo ai Templari, Giordano Bruno, le incoronazioni dei Papi, il potere temporale e il potere spirituale, le crociate.. Non escludo l’ultima Guerra Mondiale, per la quale la Segreteria di Stato ha concesso il benestare di esporre alcuni documenti che sono abbastanza autonomi dalle altre serie. Sono documenti significativi sul bombardamento di San Lorenzo, sul bombardamento della Città del Vaticano nel 1943. Per quest’ultimo, abbiamo raccolto alcune schegge delle bombe che caddero dietro la Basilica di San Pietro che erano allegate ad una relazione che fece un gendarme pontificio presente quella notte. Poi vi sono le ricerche di Edith e Rosa Stein, le relazioni sulle Fosse Ardeatine, quindi sono tante curiosità per un vasto pubblico.

    D. - Quale cura richiede mantenere in perfetto stato meraviglie storiche e culturali di questo tipo?

    R. - Richiede una cura notevole ed un dispendio enorme che la Santa Sede ha sempre avuto ed ha tutt’oggi per l’Archivio dei Papi. È un dispendio naturalmente per il suo personale, per i laboratori di restauro, per i laboratori di legatura di riproduzione fotografica. Adesso abbiamo anche i laboratori digitali, quindi l’informatica applicata agli archivi. È una somma di denaro che la Santa Sede ogni anno spende per mantenere a questo livello l’Archivio Vaticano. Tutto questo, a vantaggio degli studiosi e della cultura nel mondo. (bi)

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    In Vaticano la mostra “Verbum Domini”: 150 reperti biblici esposti nel Braccio di Carlo Magno

    ◊   “Verbum Domini” è il titolo della mostra che verrà inaugurata domani in Vaticano nel Braccio di Carlo Magno. Riuniti per la prima volta oltre 150 oggetti di rilevanza storica, provenienti dalla Collezione Green - la più grande raccolta privata al mondo di testi e documenti biblici rari – e da collezioni private di vari Paesi. L’iniziativa promossa dal Pontificio Consiglio della Cultura, è stata presentata stamani alla stampa nella sede della nostra emittente. Il servizio di Roberta Gisotti:

    Una mostra interreligiosa ed ecumenica, aperta al grande pubblico gratuitamente, per avvicinare i visitatori alla storia della Bibbia, approfondire le radici comuni della fede cristiana ed ebraica, ricordare l’opera di quanti credenti nel corso del tempo si sono accostati a questo Libro sacro, per conoscerlo, tradurlo e tramandarlo. Tra i reperti in mostra, il Codex Climaci Rescriptus, una delle Bibbie più antiche al mondo, nella lingua madre di Gesu, l’aramaico palestinese. E ancora, la stele di Jeselsohn, alta circa un metro, scoperta in Giordania vicino al Mar Morto, con 87 righe del testo ebraico del I secolo a.C. Un percorso affascinante supportato da suggestive ambientazioni, come le Grotte di Qumran, dove furono ritrovati i Rotoli del Mar Morto, o la riproduzione della tipografia di Gutemberg. Mons. Melchor Sánchez de Toca, sottosegretario del Pontificio Consiglio per la Cultura:

    “La Bibbia, come l’Esortazione Verbum Domini l’ha definita, è il grande Codice della cultura occidentale, il grande Libro che ha modellato la nostra cultura: non solo le espressioni artistiche, ma anche le grandi categorie del pensiero, il concetto di persona, dei rapporti tra le persone, la vita in comunità, la gastronomia popolare, il folklore…”.

    La Bibbia, un testo forse ancora poco conosciuto? Ancora mons. Sanchez:

    “E’ una storia lunga e complessa. Nel mondo cattolico molto si imputa al fatto che le traduzioni nelle lingue volgari sono relativamente recenti. Però, non si può dimenticare il passo da gigante compiuto in tutta la Chiesa dopo il Concilio Vaticano II, che ha riportato ai fedeli grandi parti della Bibbia nella Messa domenicale e feriale. Oggi, praticamente, nel giro di tre anni si legge tutta la Scrittura”.

    Ma quale valore riveste la mostra? Scott Carroll, esperto di manoscritti antichi e medievali, direttore dell’originale raccolta, iniziata solo nel 2009, che comprende 50 mila pezzi:

    "The Bible is by far and away the most important Book …
    Intanto, la Bibbia è sicuramente il Libro più importante che sia mai stato scritto. In secondo luogo, questa mostra riunisce esemplari meravigliosi da collezioni private di ebrei, greco-ortodossi, cattolici e protestanti, che illustrano come le diverse confessioni abbiano collaborato per preservare la Bibbia. Questa mostra è la dimostrazione del lavoro di collaborazione interreligiosa delle genti del Libro, edallo stesso tempo illustra anche che la Bibbia non si è conservata solamente grazie a istituzioni meravigliose o alle Chiese, ma anche grazie a collezionisti privati di tutto il mondo. Tutti gli esemplari sono di notevole effetto".

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Oggi digiunano bocca e cuore: in prima pagina, Manuel Nin sugli inni di sant'Efrem di Nisibi.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, il conflitto in Mali, che sta aggravando l'emergenza alimentare.

    Un articolo di Cristiana Dobner dal titolo "E Gabriele rispose": ritrovate 147 lettere che D'Annunzio scrisse ad Alessandra Di Rudinì tra il 1893 e il 1907.

    I documenti dell'Archivio Segreto per la prima volta fuori dai confini del Vaticano per la mostra ai Musei Capitolini: in cultura, anticipazione della presentazione del cardinale archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa, Raffaele Farina, e di quella del vescovo prefetto dell'Archivio, Sergio Pagano, con un articolo di Raffaele Alessandrini.

    Quel capitolo che mancava alla storia d'Italia: Egidio Picucci su un secolo di contributi di religiosi e religiose alla costruzione del welfare nel Paese.

    La droga ferisce il cuore dell'Umbria: nell'informazione religiosa, un articolo dell'arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, Gualtiero Bassetti, apparso sul settimanale diocesano "La Voce", e una riflessione scritta dal presule sul pellegrinaggio della diocesi, tre mesi fa, presso la sede di Pietro.
    Nell'informazione vaticana, un articolo sugli esercizi spirituali in Vaticano, predicati dal cardinale Laurent Monsengwo Pasinya.

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    Oggi in Primo Piano



    Mogadisco: assassinato un altro giornalista somalo

    ◊   A meno di dieci giorni dalla Conferenza internazionale di Londra sulla Somalia, gli analisti lanciano l’allarme per il rischio di un rafforzamento delle posizioni dei miliziani al Shabaab, che già controllano vaste aree del Paese. La causa sarebbe da ricercare nelle lotte tra clan per la conquista del potere nelle nuove istituzioni somale, ancora in via di elaborazione. Tra le vittime principali di questa guerra d’interesse tra clan sono i giornalisti somali. Stefano Leszczynski ha intervistato Domenico Affinito, vicepresidente di Reporter Senza Frontiere – Italia:

    R. - Per i giornalisti la Somalia è il Paese più pericoloso in Africa. Quattro giornalisti uccisi nel 2011, tre nel 2010, nove nel 2009, e già due quest’anno. Una situazione che ovviamente dipende dal fatto che è in atto una guerra civile intestina alla Somalia che dura ormai dalla caduta di Siad Barre. La situazione è sicuramente peggiorata dopo la missione internazionale del 1994, “Restore Hope”, quando le forze internazionali scapparono letteralmente dalla Somalia lasciando il Paese in un buco nero e da quel momento di nuovo la guerra civile, la divisione del Paese, le bande di criminali comuni, le corti islamiche. Tutti i giornalisti che ne scrivono danno fastidio e, quindi, rischiano la vita.

    D. - Quali sono gli interessi dei clan in Somalia?

    R. - La Somalia è divisa tra una miriade di clan. Sappiamo tutti, e abbiamo letto in questi anni, dei traffici di rifiuti tossici e di armi. C’è poi la piaga della pirateria, che frutta molti soldi, perché i riscatti che sono stati pagati in questi anni dagli armatori sono stati di milioni e milioni di euro. Quindi gli appetiti dei clan sono legati soprattutto ad un controllo del territorio e l’incapacità di mettersi d’accordo genera il caos. A questo poi si sono aggiunte una serie di crisi umanitarie, non ultima la siccità che ha colpito la regione qualche mese fa.

    D. - In questo contesto colpisce l’atteggiamento della comunità internazionale. Solo la settimana scorsa si è svolta un’importante conferenza internazionale a Londra, ma poco è uscito sul fronte umanitario. Questo, quanto fa male alla Somalia?

    R. - Fa male tantissimo perché la prima emergenza, forse quella che potrebbe riuscire a risolvere anche i problemi successivi come quello della pirateria e quella politica all’interno del Paese, è proprio quella umanitaria. Noi abbiamo scritto una lettera ai partecipanti alla Conferenza che si è svolta una settimana fa, chiedendo una commissione internazionale indipendente di inchiesta sugli omicidi dei giornalisti e abbiamo chiesto di nuovo alla Comunità internazionale di farsi carico di questa situazione. Purtroppo come abbiamo visto anche in altri contesti, spesso la comunità internazionale non ha la coesione necessaria e l’incisività sufficiente per riuscire a migliorare le cose. (bi)

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    La Bce presta 530 miliardi a 800 banche europee per evitare la crisi di liquidità

    ◊   Ottimismo dal presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, in vista del vertice europeo sul patto di bilancio di domani a Bruxelles. E' di oggi, intanto, la maxi-richiesta per i prestiti a tre anni agli istituti di credito da parte della Banca centrale europea. Eugenio Bonanata:

    Stabilizzare il sistema finanziario europeo, scongiurare la crisi di liquidità e rilanciare il credito. Questi gli obiettivi dell’odierna asta della Banca centrale europea (Bce), che ha allocato circa 530 miliardi a 3 anni al tasso dell’1%. Sono 800 le banche coinvolte nella seconda operazione del genere da dicembre scorso, che avviene alla vigilia del vertice europeo. L’appuntamento di domani, tra gli altri temi, sarà dedicato al patto di bilancio con l’Irlanda, che a sorpresa ha comunicato l’intenzione di affidare a un referendum la ratifica di qualsiasi decisione a riguardo. La giornata di oggi è stata segnata dalle parole del presidente della Commissione, José Barroso, il quale ha detto che è possibile una crescita dell’eurozona nel secondo semestre, che l’intesa sull’aumento del fondo salva-Stati arriverà nelle prossime settimane e che sul dossier della Spagna si deciderà a fine marzo.

    Proprio oggi, il premier spagnolo, Mariano Rajoy, ha ricordato che la situazione nel Paese è difficile: il deficit è all’8,51%, a fronte del 6% previsto dal precedente governo. E per questo, Madrid è pronta a negoziare con Bruxelles la riduzione al 4,4% nel 2012. Tra le priorità dell’Europa c’è comunque la Grecia. Barroso ha escluso la possibilità di un commissario speciale per la ricostruzione di Atene, mentre nel Paese ellenico c’è da registrare una nuova giornata di scioperi contro i tagli, che proseguono senza sosta. Ieri, l’approvazione della legge che riduce le pensioni. Stasera, invece, il parlamento greco è chiamato a votare una manovra che prevede sacrifici nel campo della sanità e dunque negli ospedali: secondo gli addetti ai lavori – che oggi incrociano le braccia per tutta la giornata – la misura provocherà la chiusura di almeno 50 nosocomi pubblici.

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    Primarie Usa: Romney batte Santorum in Arizona e Michigan

    ◊   Primarie negli Stati Uniti. Mitt Romney batte Rick Santorum in Arizona e Michigan e si rilancia nella corsa per la nomination repubblicana. "Obama ci porta al declino", ha dichiarato Romney. Ora, l’attenzione si sposta al “Supertuesday”, tra una settimana, quando si voterà in dieci Stati. Il servizio di Elena Molinari:

    Una vittoria netta e necessaria in Arizona, una molto più sofferta in Michigan di Mitt Romney. Il candidato alla nomination repubblicana, finora dato per favorito, ieri, è riuscito a stento a battere lo sfidante Rick Santorum nella nuova tornata elettorale, senza però coalizzare con forza attorno a se le presenze del partito conservatore. Neanche in Michigan - Stato in cui Romney è nato è cresciuto,mentre il padre ne era governatore, e nonostante i milioni riversati nella campagna elettorale - il miliardario mormone è riuscito ad imporsi come il chiaro contendente che sfiderà Obama a novembre. Il voto nello Stato del Midwest si è concluso con un 41% a Romney e un 38% a Santorum. L’incertezza sta spingendo i vertici del partito a parlare di una candidatura a sorpresa: un nome nuovo da presentare agli elettori indecisi. I leader repubblicani non vedono infatti con favore l’avanzata di Santorum, ex senatore cattolico, perché lo considerano troppo debole per battere Obama.

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    Lavoro e valori religiosi: il punto con il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni

    ◊   Il contributo del mondo ebraico ad una riflessione sul lavoro: al centro dell’intervista realizzata oggi a partire dalla pubblicazione dedicata dall’agenzia Onu al contributo che le diverse religioni possono offrire in tema di lavoro, intitolata Convergenze: lavoro dignitoso, giustizia sociale e tradizioni religiose. Fausta Speranza ha intervistato Riccardo Di Segni, rabbino capo della Comunità ebraica di Roma:

    R. – Nella Bibbia vi sono normative molto precise e dettagliate, a cominciare dal rispetto del sabato come giorno in cui non si deve lavorare. Poi vi sono norme specifiche che riguardano il compenso ai salariati. Queste norme bibliche sono discusse ampiamente nei testi della tradizione rabbinica ed esistono interi trattati del Talmud che si occupano di diritto del lavoro.

    D. – Che valore ha precisamente il sabato nella tradizione giudaica?

    R. – Il sabato riguarda sia la cessazione delle attività che la reclinazione dello spirito in senso religioso e spirituale. Quindi è il giorno in cui è proibito non soltanto lavorare, ma è proibito agire sulla realtà circostante, modificandola con azioni che possono anche essere insignificanti - accendere un fiammifero o accendere la luce - ma che mostrano in qualche modo la capacità che ha l’intelligenza umana di trasformare il mondo circostante. Ci si chiede in questo giorno di astenersi da queste azioni, perché bisogna entrare nel ruolo di chi ha avuto il permesso di trasformare il Creato e in quel giorno deve contemplare. Quindi c’è chiaramente il riposo lavorativo ma c’è la crescita spirituale.

    D. – Quali sono i valori profondi che il mondo giudaico può aver trasmesso all’Organizzazione internazionale del lavoro, che ha voluto – diciamo così- consultare le religioni?

    R. – Sono valori antichissimi, per certi aspetti sempre rivoluzionari: quello della dignità del lavoro, della dignità del compenso, della libertà, del fatto che l’uomo si nobiliti con il lavoro ma non debba essere schiavo del lavoro e che nessuno debba essere sfruttato o sfruttatore degli altri. Sono elementi cardinali di una concezione umana che ha valore perenne.

    D. – Nel recente passato con tante battaglie sindacali e sociali sembrava che fossero stati acquisiti almeno dalle società occidentali dei principi di base del rispetto del lavoro che invece ora vediamo in qualche caso si rischia di perdere. La stessa società occidentale oggi presenta forme di schiavismo nell’ambito del lavoro, che sono nuove…

    R. – Era stato raggiunto molto faticosamente un certo tipo di equilibrio e regolamentazione dei rapporti di lavoro, anche se non un equilibrio ideale: c’erano sempre zone oscure, con privilegi dall’una e dall’altra parte. Comunque, la situazione era abbastanza matura. Ma oggi soprattutto nel quadro delle nuove immigrazioni e della precarietà del lavoro si cerca di scivolare molto indietro nella storia! Ci sono sempre persone che rincorrono il guadagno e il profitto senza morale. Il guadagno non è assolutamente un valore negativo: nemmeno nella nostra tradizione la ricerca di un onesto compenso, di un onesto guadagno, è considerata negativamente. Il problema è inserire questa ricerca di guadagno in una sfera morale: nulla deve essere fatto, calpestando i diritti altrui e sfruttando gli altri, offendendo la dignità. Il guadagno è lecito, ma bisogna rispettare le persone coinvolte.

    D. – Che effetto le ha fatto leggere che alcuni elementi, fondamenti della tradizione giudaica, insieme con quelli della tradizione cristiana o musulmana, comparivano in un rapporto dell’Organizzazione internazionale del lavoro?

    R. – Io spero che non sia soltanto un’immagine scenografica, ma che ci si lavori. In ogni caso alcuni concetti base sono condivisi, ma poi c’è tutta una dottrina molto dettagliata che, non conoscendole, non so se dica le stesse cose delle altre. (ap)

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    Chiusura Rai estero. Avvenire: senza media cattolici disattenzione su molti Paesi

    ◊   Diverse realtà del settore dell’informazione, della società civile e del mondo missionario, tra cui Tavola della pace, Articolo 21, Usigrai, Nigrizia e Misna, hanno lanciato oggi un accorato appello alla Rai affinché non chiuda, come annunciato, alcune sue sedi all’estero. Durante l’incontro, tenutosi a Roma nella sede della Federazione nazionale della stampa italiana, si è anche ricordato che è in corso in Italia un processo di impoverimento dell’informazione. Al microfono di Amedeo Lomonaco, il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio:

    R. - C’è un alto depauperamento della capacità della stampa italiana nel suo complesso - televisiva, cartacea, radiofonica - di aprire gli occhi degli italiani sui grandi processi del mondo. Ci troviamo in un Paese dove si sta disarmando l’informazione sul mondo. Se non ci fossero i media cattolici, ci sarebbe una disattenzione totale.

    D. - Tra l’altro, quello che non si spende, che non si investe per mantenere queste sedi aperte, si riversa in altre voci che occhi sul mondo non ne hanno affatto…

    R - Ho utilizzato a più riprese, nel dibattito sul destino dell’informazione Rai, soprattutto nel Sud del mondo, il termine di paragone dei compensi che vengono riconosciuti alle cosiddette “grandi star” dalla televisione. Credo ci siano due questioni: una è l’ingiustizia di questo squilibrio. L’altra, soprattutto in un tempo di sacrifici come quello che stiamo vivendo nel nostro Paese, è di sentire che la Rai elargisce centinaia di migliaia di euro per apparizioni che possono avere anche una loro importanza, ma non aggiungono nulla. Credo sia qualcosa che si commenta da sola, e non in senso positivo.

    D. - Un altro dibattito attuale è quello che riguarda l’avanzata della cronaca nera, che erode spazi ad altri ambiti dell’informazione…

    R. - La realtà della cronaca nera, quella rosa, del gossip e di una certa informazione apparentemente glamour è la grande melassa che contribuisce a far perdere di vista questioni fondamentali. Questioni come quelle legate al riequilibrio dal punto di vista economico del mondo, i grandi temi dell’etica della vita che ne discende, la questione della distruzione dei posti di lavoro. Questa crisi è già costata 30 milioni di posti di lavoro nel mondo cosiddetto “sviluppato”. E questi sono i temi che preferisco. (bi)

    A rischio chiusura, per motivi di bilancio, sono le sedi Rai di Nairobi, Beirut, Istanbul, Nuova Delhi, Buenos Aires, Mosca e il canale "Rai Med". Nell’appello si chiede più informazione di qualità dal mondo sul mondo, meno gossip e più attenzione ai popoli. Sul perché il mondo missionario abbia scelto di aderire a questo appello, affinché la Rai non riduca drasticamente alcuni suoi uffici di corrispondenza, Amedeo Lomonaco ha chiesto un parere a padre Mario Menin, direttore della rivista dei Saveriani “Missione Oggi”:

    R. – La prima ragione è quella di dare più voce ai missionari - non solo attraverso le nostre riviste, che sono una realtà molteplice e variegata - i quali hanno bisogno di un supporto come quello della Rai, di un servizio pubblico che possa dare più “gambe” a queste notizie. La seconda ragione è che le nostre riviste sviluppano anche la dimensione dell’informazione di aiutare gli italiani a sommare in maniera positiva l’identità italiana, che sta diventando sempre più plurale, con nuove identità di persone originarie di altri Paesi che abitano nel territorio italiano.

    D. – In questa Italia plurale, poche testate escono dal coro dell’informazione dando spazio anche a situazioni e a terre spesso dimenticate. L’occhio missionario può sopperire alla mancanza di una prospettiva, in questo senso, da parte del servizio pubblico?

    R. – Senz’altro, perché se il servizio pubblico anche solo chiedesse alle varie testate missionarie dei servizi, delle immagini, sicuramente si arricchirebbe molto perché la stampa missionaria è quella che è più ricca di fonti informative dal mondo. E sono fonti attendibili, corrispondono a persone che dedicano anni della loro vita alle realtà in cui vivono, che quindi conoscono a fondo con le relative problematiche. Possono certamente essere utili per un’informazione più attenta al mondo e anche per sviluppare quella vocazione di dialogo con il mondo che l’Italia ha sempre avuto. (gf)

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Serbia: delusione per il veto rumeno all’ingresso di Belgrado nell’Ue

    ◊   Sarà il Consiglio Europeo di giovedì a ratificare l’ingresso della Serbia nell’Ue. Ieri i ministri degli esteri non sono riusciti a dare a Belgrado lo status di Paese candidato a causa del veto della Romania. In Serbia c’è delusione per l’opposizione di Bucarest che ha fermato un accordo apparentemente già raggiunto. Accordo che avrebbe lasciato al Consiglio Europeo il compito di dare soltanto un via libera formale alla decisione di ammettere Belgrado nella famiglia Europea. Il risultato del vertice di ieri, alla fine di un duro negoziato, è stato al ribasso: una semplice raccomandazione, che allontana la festa per la Serbia. La Romania si è opposta ufficialmente chiedendo precise tutele per la minoranza dei valacchi, circa 30 mila persone di lingua romena che vivono in Serbia. A Bruxelles, però, ci si interroga sulla mossa. Alcuni diplomatici ritengono che Bucarest abbia fatto la voce grossa in cambio della caduta delle resistenze, soprattutto olandesi, al suo ingresso nell’area di Schengen. (E.B.)

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    Iraq: per il governo circa 70 mila vittime dal 2004

    ◊   In Iraq sono state quasi 70 mila le vittime nelle violenze a partire dal 2004, l’anno successivo all’invasione americana che ha portato al rovesciamento del regime di Saddam Hussein. Lo ha reso noto oggi il governo di Baghdad sottolineando che il 2011 è stato l'anno con il minor numero di morti, pari a 2.777. L'anno peggiore, invece, il 2006 con oltre 21 mila vittime e circa 40 mila feriti. La provincia più colpita è stata quella di Baghdad con quasi 24 mila morti. Le cifre, diffuse dal portavoce dell’esecutivo iracheno, riguardano sia gli attentati e sia le operazioni militari. Si tratta comunque di numeri inferiori rispetto a quelli resi noti in precedenza da Organizzazioni non governative internazionali, secondo le quali nell’arco temporale in questione almeno 100 mila persone hanno perso la vita. (E.B.)

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    India: manca giustizia per i crimini contro i cristiani in Orissa

    ◊   “La violenza mirata contro gli adivasi (tribali) e i dalit della comunità cristiana in Orissa viola il diritto fondamentale alla vita, alla libertà e all’uguaglianza garantito dalla Costituzione indiana”. Così mons. John Barwa, arcivescovo di Cuttack-Bhubaneswar, in Orissa, in un messaggio inviato all’agenzia Fides in cui interviene sulla questione della persecuzione dei cristiani nello Stato. L’arcivescovo spiega che “Gli attacchi contro i cristiani avvenuti nel 2008 in Kandhamal sono stati molto diffusi ed eseguiti con un’attenta pianificazione. La violenza include tutti gli elementi dei crimini contro l'umanità, come definiti dal diritto internazionale. Cristiani che rifiutavano di abbandonare la loro fede e di convertirsi all'induismo sono stati brutalmente uccisi o feriti. Sono state bruciate o distrutte proprietà come residenze, istituzioni ufficiali, luoghi di culto”. In quattro anni la situazione non è migliorata, sottolinea mons. Barwa: “Difensori dei diritti umani sono stati deliberatamente presi di mira per il loro ruolo di assistenza alle vittime ed ai sopravvissuti in Orissa. Oggi - denuncia l’arcivescovo - la comunità sopporta terribili conseguenze: “Continuano le minacce di violenza sessuale contro le donne e le loro figlie, aumentando il senso di vulnerabilità. Sulla violenza sessuale regna il silenzio, a vari livelli: di informazione, di indagini, di legalità. Non vi è alcun sistema per tutelare le vedove e le donne sopravvissute alla violenza, restituendo loro dignità e vera libertà”. In molti luoghi la comunità cristiana non è in grado di praticare liberamente la sua fede ed è così ridotta ad uno stato di cittadinanza secondaria”. In tale tragico contesto, conclude l’arcivescovo, “il sistema di giustizia penale è risultato inefficace: la complicità della polizia e la collusione con gli aggressori, durante la fase delle indagini e dell'azione penale, indica un pregiudizio istituzionale mirato contro la comunità cristiana tribale. In tale contesto - conclude - “il sistema di giustizia penale è risultato inefficace: la complicità della polizia e la collusione con gli aggressori, durante la fase delle indagini e dell'azione penale, indica un pregiudizio istituzionale mirato contro la comunità cristiana tribale”. (E.B.)

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    Pakistan: rapiti due cristiani nell’Ospedale Buon Samaritano a Karachi

    ◊   Un commando di uomini armati ha rapito questa mattina due cristiani pakistani, Symond Andre e Javed Masih, operatori amministrativi nell’ospedale del Buon Samaritano a Karachi, nella provincia del Sindh. L’Ospedale, che si trova nel sobborgo di Orangi, quartiere molto povero, è gestito da una Ong coreana. Secondo le prime ricostruzioni della polizia, il gruppo armato ha fermato un’auto dell’ospedale, cercando “lavoratori coreani” ma, non avendo trovato personale straniero, ha prelevato i due cristiani. L’episodio ha destato sconcerto nella comunità cristiana della città. Padre Saleh Diego, responsabile della “Commissione Giustizia e Pace” dell’arcidiocesi di Karachi, spiega all'agenzia Fides: “Siamo davvero sdegnati. Deploriamo fortemente tale gesto che colpisce persone che danno la vita per curare i malati e i poveri, per alleviare la sofferenza dei cittadini pakistani, senza alcuna discriminazione. E’ un gesto contro la vita, contro la dignità umana, contro la legalità”. In particolare, dice il sacerdote, “tali sequestri si rivolgono a personale occidentale o straniero, impegnato in Ong e in opere umanitarie. E’ una mentalità terribile. Secondo i gruppi estremisti, gli operatori sociali diffondono una cultura anti-islamica, ma ciò è del tutto falso. I cristiani pakistani sono presi di mira in quanto vengono associati all’Occidente, solo perché chiedono diritti e dignità per tutti”. Rapimenti e sequestri a scopo di estorsione si susseguono in Pakistan: le vittime spesso vengono vendute a gruppi talebani o collegati ad Al Qaeda. Il rilascio, in tali casi, diventa molto più difficile. Nel gennaio scorso a Multan (in Punjab) sono stati rapiti due operatori umanitari occidentali, l’italiano Giovanni Lo Porto e il tedesco Bernd Johannes dell’Ong tedesca “Welthungerhilfe”. I due sono attualmente in mano ai talebani. Fra gli altri recenti sequestri, quelli di un operatore umanitario Kenyano in Sindh e di un inglese della Croce Rossa a Quetta. (R.P.)

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    Pakistan: malmenati due cattolici accusati di blasfemia. Lasceranno il Paese

    ◊   Sono feriti e contusi gravemente, e oggi vivono nascosti, in pericolo di vita, agognando la fuga dal Pakistan: è la sorte di Jude Julius, operaio cattolico di Karachi in Pakistan, e del suo amico Brian Nadeem. Julius – riporta l’agenzia Fides - è accusato di blasfemia, in un caso “costruito” circa un mese fa, e Brian lo ha aiutato, ospitandolo per sottrarlo alla furia dei fondamentalisti. I due, individuati, hanno subito un pestaggio e ora stanno cercando di lasciare il Paese. Julius, 32 anni, lavorava in un cartiera, nell’area industriale di Karachi. L’uomo ha raccontato all'agenzia Fides: “Il 19 gennaio scorso, finito il mio lavoro, il mio supervisore mi ha chiesto di raccogliere la spazzatura e di bruciarla, ben consapevole che i musulmani lasciano tali lavori a noi cristiani. Mentre stavo bruciando carte e pannelli, il proprietario della fabbrica, Mohammad Qudus, è arrivato e ha visto alcune pagine in lingua araba nel fuoco. Con altri operai musulmani mi ha accusato di aver profanato il Corano e hanno iniziato a picchiarmi. Fuggito a quella ferocia, mi sono rifugiato in casa del mio amico cristiano Brian Nadeem. Ma un gruppo di estremisti della zona, guidato da un imam, ci ha rintracciati: ci hanno brutalmente percossi, quasi fino alla morte. Anche Brian per loro è blasfemo, perché ha protetto un blasfemo”. Quando la polizia del luogo è arrivata, ha condotto i due in ospedale, entrambi gravemente feriti: Julius aveva la gamba destra rotta, tumefazioni e gravi ferite a un occhio; Brian ha riportato fratture alle mani, alla gamba sinistra e contusioni in tutto il corpo. Gli estremisti, infuriati, hanno registrato una denuncia per blasfemia (First Information Report) presso la stazione di polizia di Korangi e hanno poi organizzato una “spedizione punitiva” all’ospedale, per “completare la loro opera”. Le due vittime, avvisate, sono state trasferite in un luogo sicuro da membri di una Organizzazione che difende i diritti umani in Pakistan che, come riferito a Fides, sta ora cercando di organizzare la loro fuga dal Paese. (E.B.)

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    Tunisia: atto vandalico contro la tenda-chiesa dei profughi cattolici

    ◊   È stato compiuto un atto vandalico contro la tenda che i profughi cattolici usavano come chiesa nello Choucha camp, il campo nel deserto alla frontiera tunisino-libica che accoglie 3.000 migranti sfollati dalla Libia. L’episodio, avvenuto la notte tra sabato e domenica, è stato denunciato oggi in una nota da don Mussie Zerai, presidente dell’agenzia Habeshia, che racconta le testimonianze raccolte telefonicamente da un nigeriano e un eritreo ed esprime “preoccupazione per la sicurezza nel campo”. Conferma il fatto all'agenzia Sir don Sandro De Pretis, il sacerdote incaricato dall’arcidiocesi di Tunisi di seguire i cattolici (soprattutto eritrei, etiopi e nigeriani) del campo: “Sì qualcuno ha tagliato i teli del tetto e la tenda non è più utilizzabile - racconta -. Non sappiamo chi è stato e per quale ragione. Al campo non ci sono mai state e non ci sono tuttora tensioni tra cristiani e musulmani, forse è opera di qualche fanatico. E’ un episodio ulteriore di varie difficoltà, ma non lo ricondurrei a problemi tra religioni. Ho avvertito il colonnello, mi ha promesso che aprirà un’inchiesta interna. Probabilmente non si saprà mai chi è stato”. Lo scorso anno, ad esempio, era stato appiccato un incendio ad alcune tende ed erano morti quattro profughi eritrei. Ma nessun responsabile è stato mai individuato. “Ora ci siamo trasferiti nella zona degli eritrei - prosegue don De Pretis -. Per fortuna una organizzazione danese ci ha donato una tenda migliore di quella che avevamo e abbiamo costruito lì la nuova chiesa. Speriamo che non succedano più altri atti di questo tipo”. Il vero problema, al campo, è la lentezza delle procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato e le partenze verso i Paesi di accoglienza. La maggior parte delle persone è lì da un anno e “anche se le interviste dell’Unhcr dovrebbero terminare tra un paio di mesi”, le partenze “sono con il contagocce”. “Stamattina sono partite 20 persone verso la Norvegia - racconta il sacerdote italiano -. Gli Stati Uniti, dove tutti vorrebbero andare, si sono resi disponibili per accogliere 2000 persone, ma è uno dei Paesi che ha le procedure più lunghe. Finora nessuno è partito per gli Usa”. “Se si procede a questo ritmo - avverte don De Pretis - le persone rischiano di stare al campo ancora per un altro anno”. In generale la situazione, rispetto ad un anno fa, quando i pasti erano di scarsa qualità e l’organizzazione interna carente, “è migliorata: rimane il fatto che la gente non ha idea di quando finirà”. Anche perché “la situazione alla frontiera con la Libia resta tesa: ci sono contrabbandieri che portano droga, armi. Questo non è un bel posto dove stare”. Poi c’è la questione di circa quattro-cinquecento migranti che a causa della nazionalità di appartenenza non hanno avuto il riconoscimento dello status di rifugiato e non possono ancora tornare in Libia, dove lavoravano, perché ci sono ancora pericoli. Don Mussie Zerai rivolge un appello “alle autorità tunisine per garantire la sicurezza per le persone e i luoghi di culto” e auspica “che gli Stati di accoglienza accelerino i tempi di trasferimento per evitare che la situazione peggiori”. (R.P.)

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    Sri Lanka. I vescovi al governo: non dimenticate i problemi reali del Paese

    ◊   Smantellare i nuclei armati illegali, presentare una lista delle persone scomparse durante la guerra civile e tradurre in singalese e tamil ogni documento ufficiale. Sono alcuni dei consigli che la Conferenza episcopale dello Sri Lanka (Cbcsl) dà al governo per rendere più efficace il della Lessons Learnt e Reconciliation Commission (Llrc), la commissione creata dal presidente Mahinda Rajapaksa per indagare sulle fasi finali del conflitto etnico. Pubblicata nel dicembre 2011 dopo un anno di lavoro, la relazione indica alcune proposte per promuovere la riconciliazione dell'intera comunità. A quasi tre anni dalla fine della guerra civile, il Paese porta ancora piaghe profonde. Il governo - riferisce l'agenzia AsiaNews - continua a contrarre debiti investendo grandi capitali in megaprogetti turistici (col risultato di devastare l'ecosistema e danneggiare migliaia di contadini e pescatori srilankesi) e finanziando il settore della difesa. Intanto, oltre 200mila persone vivono ancora nei campi profughi, senza poter di tornare nei loro villaggi e nelle loro case, né però essere trasferiti in altre abitazioni. Nella sola penisola di Jaffna, 39mila vedove di guerra non ricevono sussidi di alcun tipo, pur non avendo un lavoro stabile con cui mantenersi. Per non parlare delle circa 12mila persone, soprattutto uomini, scomparsi nel nulla e di cui le autorità non danno conto. Molti considerano la relazione della Llrc una risposta al del 26 aprile 2011, che accusava il governo srilankese dell'assassinio di oltre 40mila civili in bombardamenti militari ed esecuzioni a sangue freddo. Due giorni fa, il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha proposto una risoluzione sui presunti abusi commessi da governo e ribelli tamil durante la guerra civile. Lo stesso giorno, il governo ha risposto organizzando in tutta l'isola contro la risoluzione Onu. Secondo il documento della Cbcsl, firmato dal cardinale Malcolm Ranjith e da mons. Norbert Andradi, presidente e segretario generale della Conferenza, è fondamentale "non perdere di nuovo un'altra, preziosa occasione". "È corretto - si legge - affermare che le migliaia di occasioni mancate rappresentano l'esperienza più sfortunata della guerra. Iniziare con il riconoscere i nostri fallimenti è il miglior punto di partenza". Proprio per questo, proseguono, "il rapporto della Llrc deve essere diffuso tra la popolazione, traducendolo in singalese e tamil, le lingue ufficiali. La questione della lingua nazionale è un nodo cruciale, perché la società non è solo singalese. Il governo deve poi disarmare i nuclei illegali. Inoltre, è fondamentale affrontare la dolorosa questione delle persone scomparse: presentando una lista di quelli che sono ancora in custodia; facendo un resoconto di chi non lo sono [in custodia]. Si deve rispettare il diritto legittimo della gente di sapere". I vescovi esortano a valorizzare l'arte, il teatro e la musica, come strumenti per promuovere armonia tra le due comunità. "Bisogna riconoscere le affinità e le caratteristiche comuni linguistiche e culturali, per stabilire un'identità srilankese ed essere consapevoli che le culture singalesi e tamil hanno radici molto ricche e profonde". (R.P.)

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    Panama: continua il dialogo governo-indigeni con la mediazione della Chiesa

    ◊   In uno sforzo per rendere reale ed efficace il dialogo tra il governo e le popolazioni indigene, contrapposti circa la nuova legge che limita le estrazioni minerarie e difende le risorse idriche nei territori indigeni, il vescovo della diocesi di David e presidente della Conferenza episcopale del Panama, mons. José Luis Lacunza, che è mediatore della disputa, ha deciso ieri di incontrare separatamente ognuna delle parti prima di iniziare la sessione di dialogo. Sebbene poco sia trapelato di quanto detto in privato, è emerso sulla stampa locale il forte richiamo di mons. Lacunza a ciascuna delle parti perchè mostri segni concreti in modo di raggiungere un accordo per il bene del Paese. L’agenzia Fides ha ricevuto una comunicazione dal giornale “La Estrella del Panama”, dove si sottolinea che la Chiesa ha ribadito la sua posizione chiedendo ad ogni gruppo di mantenere il dialogo: “Dove siamo, dove stiamo andando e qual è il costo da pagare per tutti i panamensi, se si rompe il dialogo ?”. La stessa fonte informa che la capo degli indigeni doveva dare una risposta al suo popolo prima di mezzogiorno, altrimenti si sarebbe tornati a manifestare nelle strade. Ma il vescovo l’ha convinta a rimanere al tavolo del dialogo. Purtroppo mentre la Chiesa lavorava per il dialogo, ci sono state azioni di disturbo da parte degli indigeni in 14 luoghi diversi. Un gruppo di indigeni ha assediato e gridato slogan contro il Governo in prossimità della sede della società responsabile del Progetto Idroelettrico Barro Blanco, mentre un altro gruppo è arrivato alle porte del Palazzo Legislativo. Monsignor José Luis Lacunza ha richiesto, nella sua veste di mediatore, l'intervento del ministro Jorge Ricardo Fabrega per indagare sui diversi atti di pressione da entrambe le parti. (R.P.)

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    Usa: vescovi favorevoli al disegno di legge sulla privacy on line

    ◊   La Conferenza episcopale degli Stati Uniti accoglie con favore il disegno di legge ("Consumer Privacy Bill of Rights”) che prevede linee guida per la protezione della privacy on line di tutti i cittadini americani. E’ quanto riporta l’agenzia Sir. “Siamo favorevoli a tutti i diritti alla privacy elencati in questa proposta", ha detto mons. John C. Wester, vescovo di Salt Lake City e presidente del Comitato episcopale sulle comunicazioni: "Internet ha grandi potenzialità. Per realizzare questo potenziale, tuttavia, è essenziale che gli americani sappiano che non stanno diffondendo informazioni private quando sono online". Il segretario per le comunicazioni della Conferenza episcopale Helen Osman ha aggiunto: "Crediamo che tutti debbano giocare un ruolo per garantire la tutela dei diritti fondamentali alla privacy su Internet". I vescovi Usa sono fortemente impegnati per rendere sicuro l’accesso ad internet, soprattutto per i bambini. Hanno già depositato numerosi procedimenti presso la Federal Communications Commission e la Federal Trade Commission sul tema. Nell‘autunno del 2012 la Conferenza episcopale, in collaborazione con la Chiesa greco-ortodossa d‘America, pubblicherà una guida sulla sicurezza on line per genitori e fedeli.

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    Sud Africa: i vescovi preoccupati per l’emergenza educativa nella Provincia del Capo Orientale

    ◊   “I bambini sono la speranza ed il futuro della nazione”: si apre così la nota che la Conferenza episcopale del Sudafrica ha diffuso nei giorni scorsi, a proposito dell’emergenza educativa nella Provincia del Capo Orientale. Un’emergenza, scrivono i vescovi, che si riscontra nella “mancanza di infrastrutture, nello stato fatiscente delle scuole e nello sciopero bianco degli insegnanti”: tutti elementi che “mettono a rischio il futuro di molti bambini”. Per questo, i presuli invitano il governo provinciale del Capo Orientale a “prendere provvedimenti appropriati per salvare il sistema educativo”, dato che nella situazione attuale esso “nega ai bambini il diritto all’istruzione”. Poi, la Chiesa sudafricana sottolinea: “L’educazione gioca un ruolo cruciale nella costruzione di una società democratica. Gli insegnanti devono dare la priorità ai ragazzi ed insegnare loro, attraverso l’esempio, ad impegnarsi per diventare membri responsabili della società, dando un significato ed un obiettivo alla propria vita e diventando agenti di cambiamento per il bene comune”. Per fare questo, scrivono i vescovi, “i docenti devono considerare l’insegnamento come una vocazione, caratterizzata da un lavoro coscienzioso, dalla professionalità, da cura, amore ed ampiezza di vedute”. Di qui, l’appello conclusivo lanciato alle istituzioni affinché sia possibile “aprire le porte dell’istruzione a tutti i bambini della Provincia”, poiché si tratta di “un dovere nei confronti delle prossime generazioni”. (I.P.)

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    Algeria: la Chiesa fa memoria dei 50 anni d'indipendenza del Paese

    ◊   “Per la nostra Chiesa d’Algeria, e la nostra diocesi, fare memoria con il popolo algerino significa accogliere le grazie che hanno delineato questa storia e renderne grazie; è anche ricevere oggi grazie di luce per fare verità su questa storia, è accogliere grazie di perdono, per la guarigione delle ferite provocate da questa storia”: è quanto scrive il vescovo di Costantina-Ippona, mons. Paul Desfarges, a proposito del 50.mo anniversario dell’indipendenza dell’Algeria che si celebra quest’anno. Nell’editoriale del periodico “L’Écho du diocèse de Constantine et d’Hippone” il presule ricorda che dal momento in cui l’Algeria ha raggiunto l’indipendenza la Chiesa ha vissuto un momento cruciale della sua storia, poiché con la partenza – nel dolore e nello sconforto – di gran parte degli europei che vivevano nel Paese, le chiese si sono svuotate dei loro fedeli e che le piaghe nel cuore di molti di loro non sono ancora del tutto cicatrizzate. “So che molti – prosegue mons. Desfarges – attraverso la preghiera per e con la nostra Chiesa, attraverso i legami conservati con il Paese, continuano il lavoro di guarigione del cuore e della memoria”. Il presule descrive inoltre il percorso della Chiesa in Algeria durante la guerra di liberazione, le parole coraggiose dell’allora arcivescovo di Algeri, il cardinale Etienne Duval, contro la tortura, la vicinanza fraterna e rischiosa dei cristiani al fianco degli algerini nella loro lotta per l’indipendenza che ha rafforzato i legami di sempre della Chiesa con il suo popolo. “La Chiesa – spiega il vescovo di Costantina-Ippona – nel momento dell’indipendenza ha detto ancora si alla sua vocazione di essere Chiesa per tutto il suo popolo d’Algeria”. Per celebrare l’indipendenza del Paese e fare memoria della storia, la diocesi di Costantina-Ippona propone un percorso di riflessione attraverso al rilettura delle testimonianze di alcune personalità degli anni sessanta, e ciò anche per evidenziare il cammino della Chiesa in Algeria, un cammino di fraternità nel quale resta anche il ricordo di martiri, non solo cristiani, ma anche musulmani, e ancora donne, giornalisti, intellettuali. Oggi, per i cristiani d’Algeria e le nuove generazioni, sottolinea mons. Desfarges, rievocare il passato non significa volgersi in maniera nostalgica ad un passato glorioso o doloroso, ma significa “prendere parte a questa Storia Santa che si sta scrivendo”. (T.C.)

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    Repubblica Ceca: Messa solenne a Praga del neocardinale Duka

    ◊   Al rientro in patria dopo il Concistoro durante il quale ha ricevuto la berretta cardinalizia, il 25 febbraio l’arcivescovo di Praga, il cardinale Dominik Duka, ha presieduto una Messa solenne nella cattedrale di Praga, dedicata a San Vito, San Venceslao e Sant’Adalberto, che ha offerto per la Chiesa nel suo Paese e nel mondo e per Benedetto XVI. Insieme al neo cardinale hanno concelebrato il nunzio apostolico nella Repubblica Ceca, l’arcivescovo Giuseppe Leanza, vescovi cechi e moravi, e molti sacerdoti provenienti anche da altri Paesi. Erano presenti anche membri del Governo. Secondo le informazioni pervenute all’agenzia Fides, i rappresentanti delle Pontificie Opere Missionarie (Pom) nella Repubblica Ceca, sono stati incaricati di preparare la processione dei doni. Oltre al pane, al vino e all’acqua per il sacrificio eucaristico, la processione offertoriale ha portato all’altare un cuore di pan di zenzero, con la citazione di Papa Benedetto XVI: “La missione è questione di amore”. All’interno del “cuore” è stata posta una corona del Rosario come simbolo della preghiera dei fedeli per il cardinale Duka. I bambini che accompagnavano la processione offertoriale indossavano i vestiti dei diversi continenti, portando candele e altri simboli missionari a seconda dei luoghi. Questi doni hanno espresso la risposta di molti bambini e adulti all’appello del Papa per le missioni: costoro hanno infatti nel cuore un grande desiderio di aiutare chi ha bisogno, in tutto il mondo. (R.P.)

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    Ucraina. L'arcivescovo di Leopoli: "La nostra fede deve essere rafforzata"

    ◊   «In Europa dell’Est le persone credono per natura. Ma in molti non hanno mai appreso la profonda verità della fede». In visita al quartier generale di Aiuto alla Chiesa che Soffre in Germania, mons. Mieczyslaw Mokrzycki racconta il disorientamento religioso dell’ex repubblica sovietica. L’arcivescovo di Leopoli spiega alla Fondazione pontificia che dopo decenni di ateismo forzato diversi ucraini «cercano risposte al loro urgente bisogno di fede» nell’aiuto d’indovini o astrologi. «Tutti qui si fanno il segno della croce se passano di fronte ad una Chiesa - ironizza “don Mietek” per spiegare l’innata tendenza degli est-europei di credere in Dio – ma la loro fede è priva di solide basi». Per questo, in vista dell’anno della Fede indetto da Benedetto XVI, l’arcidiocesi di Leopoli sta organizzando diverse iniziative e, seguendo le indicazioni pastorali pubblicate dal Vaticano, numerosi pellegrinaggi. Queste occasioni, puntualizza mons. Mokrzycki, non vanno intese come semplici «gite avventurose» ma come momenti di condivisione e di raccoglimento in preghiera. Il presule riferisce con orgoglio dell’assidua partecipazione dei giovani alla vita della Chiesa. «E’ gratificante vedere quanti ragazzi, soprattutto studenti, partecipino ai nostri incontri perché desiderano condurre una vita giusta in cui Dio sia sempre presente». A preoccupare il presule sono invece i più piccoli, che soffrono la «mancanza di sicurezza affettiva» e spesso si rifugiano nell’uso di stupefacenti. «In Ucraina il numero di famiglie separate è sconcertante e cresce inarrestabile anche il numero degli euro-orfani: i figli degli ucraini che si sono trasferiti all’estero in cerca di lavoro». Aiuto alla Chiesa che Soffre è dal 1963 al fianco della Chiesa in Ucraina, per la quale nel 2010 ha realizzato progetti per oltre 4,5 milioni di euro. Numerosi gli interventi di ricostruzione e restauro – tra cui la ristrutturazione della curia di Leopoli – e i progetti relativi alla formazione, come la pubblicazione del nuovo Catechismo della Chiesa greco-cattolica ucraina: «Христос наша Пасха» (Cristo nostra Pasqua). (R.P.)

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    Irlanda: attesi 2500 giovani al Congresso eucaristico di giugno

    ◊   “Andate! Siate Chiesa!” è questo il titolo dell’evento, riservato ai giovani dai 17 ai 25 anni, che avrà luogo all’interno del Congresso eucaristico internazionale (Iec) che si svolgerà a Dublino dal 10 al 16 giugno 2012. L’agenzia Sir precisa che si tratta di un appuntamento dedicato a catechesi interattive, veglie di preghiera, concerti, attività sociali e giochi: convocati nello spazio Giovani, di cui è patrona la beata Chiara Luce Badano, sono attesi oltre 2500 giovani. Domenica scorsa, oltre 350 giovani provenienti da tutte le diocesi dell’Ulster si sono riuniti a Tyrone dove si è tenuto un momento di preparazione in vista di questo appuntamento estivo. A sottolineare la rilevanza che i giovani rivestono all’interno della chiesa irlandese è stata la presenza del cardinale Seán Brady, arcivescovo di Armagh e primate di tutta l’Irlanda, insieme a quella di altri presuli tra cui mons. Donal McKeown, vescovo ausiliare di Down and Connor. Quest’ultimo, parlando del prossimo Congresso eucaristico, e del programma dedicato ai giovani, ha affermato che “questi sono anni difficili per tutti nella moderna Irlanda, in modo particolare, per i giovani. Stiamo pagando il prezzo per aver cercato di vivere nella corsia di sorpasso o con superficialità. Questo evento offre alla gente di Irlanda l’opportunità di fermarsi e riflettere sulla fame profonda che l’uomo ha di senso, di pace, di guarigione e di comunione. Gli adulti potrebbero aver bisogno di vedere e ascoltare i giovani molto di più di quanto i giovani hanno bisogno degli adulti!". “La Chiesa in Irlanda - secondo Francois-David Freschi, responsabile Giovani del Iec - ha bisogno di giovani e il congresso è una fantastica opportunità per giovani e adulti per approfondire la loro fede". (E. B.)

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    Irlanda: giubileo d’oro di “Accord”, il servizio per la Pastorale matrimoniale

    ◊   La Conferenza episcopale irlandese si prepara a celebrare, il 3 e 4 marzo, il giubileo d’oro di “Accord”, il servizio per la Pastorale del matrimonio, istituito 50 anni fa. Ad aprire le celebrazioni, sabato prossimo a Belfast, sarà una Messa presieduta da padre Peter Murphy, cappellano nazionale di “Accord”. Seguiranno gli indirizzi di saluto di numerosi rappresentanti episcopali, tra cui mons. Christopher Jones, presidente del servizio per la Pastorale del matrimonio. Quindi è in programma una cena ufficiale alla quale parteciperà anche il ministro irlandese per l’Infanzia e la gioventù, Frances Fitzgerald. Momento forte di domenica 4 marzo, invece, sarà la Messa nella Chiesa di San Malachia, presieduta dal cardinale Sean Brady, primate d’Irlanda. Nato a Belfast nel 1962, oggi il servizio di “Accord” conta 60 centri dislocati nelle 26 diocesi irlandesi, tutti con l’obiettivo primario di sostenere il sacramento del matrimonio ed aiutare le coppie sia prima che dopo le nozze. “Accord – si legge in una nota – vuole promuovere una migliore comprensione del matrimonio cristiano ed aiutare le coppie ad avviare, sostenere ed arricchire il loro impegno nella vita familiare”. “Ringrazio Dio – afferma mons. Jones – per le tante coppie che hanno beneficiato e che beneficeranno in futuro del supporto di Accord”. “Nel corso di questi 50 anni – aggiunge il presule - abbiamo offerto un servizio sicuro e professionale per preparare sia le coppie che i singoli alla vita matrimoniale, aiutandoli a riflettere sulle difficoltà ed a trovare il modo di risolverle”. Di qui, l’auspicio di mons. Jones affinché le celebrazioni giubilari di “Accord” possano essere “gratificanti, stimolanti e spiritualmente edificanti” per il futuro. (I.P.)

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    Austria: per la Quaresima la Chiesa promuove il "digiuno dall'auto"

    ◊   Lasciare l’automobile in garage ed utilizzare mezzi di trasporto più ecologici, come la bicicletta e il treno, oppure andare a piedi. L’iniziativa, denominata “Autofasten”, va avanti da molti anni ed è promossa durante il tempo di Quaresima dalla Chiesa austriaca. A carattere ecumenico, poiché coinvolge sia cattolici che evangelici, la “Quaresima dell’auto” vuole invitare i partecipanti a modificare il proprio stile di vita in senso più sano, limitando al contempo il riscaldamento globale. Numerose le adesioni anche tra i fedeli di Germania, Lussemburgo e Belgio: secondo quanto riportato dal vescovo ausiliare di Vienna, mons. Franz Scharl, fino ad ora si sono registrati decine di migliaia di riscontri positivi. Inoltre, per chi non può fare a meno dell'automobile, c’è la possibilità di usufruire del car-pooling (effettuare il trasporto con più persone possibile a bordo), oppure del car-sharing (condividere l'auto con altre persone). Iniziata il 22 febbraio, Mercoledì delle Ceneri, la “Quaresima dell’auto” si concluderà il 7 aprile, Sabato Santo. Da ricordare che lo scorso anno, solo in Austria, l’evento ha registrato 30mila adesioni. (I.P.)

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    Gabon: il Paese accoglie le reliquie di San Giovanni Bosco

    ◊   Cresce l’attesa tra i fedeli del Gabon: domani e dopodomani infatti, il Paese accoglierà l’urna contenente le reliquie di San Giovanni Bosco, fondatore della Famiglia Salesiana. I sacri resti, costituiti dalla mano destra di Don Bosco, saranno esposti alla venerazione dei fedeli nella Cattedrale di Nostra Signora dell’Assunzione a Libreville, per poi venire accolti dalle diverse parrocchie della città in cui operano i missionari salesiani. L’arrivo delle reliquie, scrive in una nota la Conferenza episcopale del Gabon, “è come una grazia, un’occasione offerta a ciascuno di noi per approfondire la conoscenza di Don Bosco, la sua proposta di santità e il suo sistema preventivo di educazione”, basato, in sostanza, su una sorveglianza amorevole che evita il peccato e quindi il castigo, connotativo, invece del sistema repressivo. La permanenza in Gabon dell’urna del Santo salesiano rientra nell’ambito del pellegrinaggio mondiale delle reliquie iniziato nel 2009 per il 150.mo anniversario della Società salesiana; l’iniziativa si concluderà nel 2015, anno in cui ricorre il bicentenario della nascita di Don Bosco. Nel corso di questi anni, le reliquie percorreranno tutti e cinque i continenti, attraversando i 130 Paesi in cui è presente il carisma salesiano. (I.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 60

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli.