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Sommario del 23/02/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI incontra i parroci romani: siate umili e uniti, non cedete alle opinioni del mondo
  • Il pensiero della morte alimenti la fede nella Risurrezione: così il Papa nel Mercoledì delle Ceneri
  • Il dolore del Papa per il disastro ferroviario a Buenos Aires: almeno 50 morti
  • Il Papa nomina il nuovo arcivescovo di Calcutta
  • Mons. Celli: presto su Twitter gli Angelus del Papa. Il Messaggio di Quaresima diviso in 40 "tweet"
  • Assemblea della Pontificia Accademia per la Vita sul tema dell'infertilità: intervista con mons. Carrasco de Paula
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Aperta a Londra la conferenza internazionale sulla Somalia. Clinton: sanzioni a chi si oppone alla pace
  • La Corte europea di Strasburgo condanna l'Italia per i respingimenti verso la Libia
  • Obama si scusa con Karzai per il Corano bruciato. Uccisi altri due soldati Usa
  • Il ministro Balduzzi sulla sanità: non sostenibili nuovi tagli alle risorse
  • Convegno sulle malattie rare: piano nazionale per facilitare le cure
  • Spazio nel web per i giovani stranieri nati in Italia: è il progetto Istat "Noi più dieci"
  • Chiesta l'apertura della Causa di beatificazione per don Giussani. La gioia di Cl nelle parole di don Carron
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Pakistan: estremisti islamici attaccano una comunità cristiana, feriti due fedeli
  • Scontri in Myanmar: appello di pace del vescovo di Banmaw
  • I vescovi filippini lanciano un ritiro spirituale virtuale per il periodo della Quaresima
  • Timor est: appello della Chiesa per elezioni presidenziali pacifiche
  • Rapporto sul Darfur: ancora quasi 2 milioni di profughi
  • I vescovi del Malawi: la Quaresima sia tempo di carità nella verità
  • Corea del Sud: cresce il Movimento giovanile salesiano
  • A Ragusa un convegno sul dialogo tra culture
  • Cina: la comunità cattolica partecipa ai riti per l’inizio della Quaresima
  • Germania. Cattolici ed evangelici: neonazismo è contro l'uomo e contro Dio
  • Argentina. I vescovi deplorano la repressione delle proteste pacifiche e chiedono garanzie circa l’attività mineraria
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI incontra i parroci romani: siate umili e uniti, non cedete alle opinioni del mondo

    ◊   In Aula Paolo VI, stamani, tradizionale incontro quaresimale di Benedetto XVI con i parroci romani. Il Papa ha tenuto, a braccio, una lectio divina incentrata sul Capitolo 4 della Lettera di San Paolo agli Efesini. Il Pontefice ha esortato i sacerdoti ad essere umili e a non cedere alle opinioni del mondo. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Il vescovo di Roma incontra i parroci della sua diocesi. Un avvenimento ormai tradizionale, all’inizio del periodo quaresimale, e che pure sa sempre offrire ai sacerdoti un’occasione di rinnovamento nella fede. Il Papa ha espresso tutta la sua gioia nel vedere tanti parroci riuniti assieme, li ha definiti “un forte esercito di Dio” pronto alle battaglie del nostro tempo. Quindi, seguendo il testo della Lettera paolina, si è soffermato sulla chiamata al sacerdozio:

    “La grande sofferenza della Chiesa di oggi nell’Europa e nell’Occidente è la mancanza di vocazioni sacerdotali, ma il Signore chiama sempre, manca l’ascolto”.

    Ecco perché, ha soggiunto, “dobbiamo essere attenti alla voce del Signore” e capaci di accettare questa chiamata. Ha quindi sottolineato che essere fedeli alla chiamata del Signore implica realizzare delle virtù necessarie, in particolare l’umiltà, la mitezza e la magnanimità. Il Santo Padre si è soffermato soprattutto sull’umiltà. Essere cristiano, ha detto, vuol dire superare la “tentazione originale”, la superbia che è “la radice di tutti i peccati”. Parole corredate da un’esortazione:

    “Accettare questo, imparare questo e così imparare, accettare la mia posizione nella Chiesa, il mio piccolo servizio come grande agli occhi di Dio. E proprio questa umiltà, questo realismo rende liberi”.

    Ancora, ha ribadito che, dalla mancanza di umiltà, deriva anche la divisione della Chiesa. Se non siamo umili, ha avvertito, siamo anche divisi:

    “L’assenza dell’umiltà distrugge l’unità; umiltà è una fondamentale virtù dell’unità e solo così cresce l’unità del Corpo di Cristo: diventiamo realmente uniti e riceviamo noi la ricchezza e la bellezza dell’unità”.

    Un altro grande problema della Chiesa attuale, ha proseguito, è la mancanza di conoscenza della fede, “l’analfabetismo religioso”:

    “…e con questo analfabetismo non possiamo crescere, non può crescere l’unità. Perciò dobbiamo noi stessi appropriarci di nuovo di questo contenuto come ricchezza dell’unità e non come un pacchetto di dogmi e di comandamenti, ma come una realtà unica che si rivela nella sua profondità e bellezza”.

    Di qui l’importanza dell’Anno della Fede, ha detto il Papa auspicando un rinnovamento catechistico affinché la fede “sia conosciuta”, Cristo “sia conosciuto”. Non ha poi mancato di criticare quei teologi secondo cui Dio non sarebbe onnipotente perché esiste il male nel mondo. “Alla fine – ha avvertito - non rimane la forza del male, ma rimane solo Dio”, questa è la nostra speranza: “Che la luce vince, l’amore vince”. Ancora ha ribadito che i cristiani sono non violenti e che non bisogna legare la difesa della verità al ricorso alla violenza. Nella parte conclusiva della lectio divina, il Papa ha osservato che in questi ultimi decenni si è fatto ricorso alla formula “fede adulta”, per dire “emancipata” dal Magistero della Chiesa:

    “Ma il risultato non è una fede adulta, il risultato è la dipendenza dalle onde del mondo, dalle opinioni del mondo, dalla dittatura dei mezzi di comunicazione, dell’opinione che tutti pensano e vogliono. Non è vera emancipazione”.

    La vera emancipazione, ha avvertito, è invece proprio liberarsi da questa “dittatura” delle opinioni del mondo. Solo “nella libertà dei Figli di Dio che credono insieme nel Corpo di Cristo”, ha concluso, siamo veramente liberi e capaci di rispondere alle sfide del nostro tempo.

    Nel corso dell’incontro, il Papa ha consegnato ai parroci prefetti il testo intitolato “Scelto da Dio per gli uomini”, pubblicato dall’Edizione Paoline con una presentazione del cardinale vicario Agostino Vallini. Si tratta, ha detto il porporato, di una “regola di vita”, frutto dell’Anno Sacerdotale. Una traccia spirituale, una guida ideale offerto a tutti i sacerdoti romani “perché crescano nella gioia della comune vocazione e nell’unità del sacerdozio”.

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    Il pensiero della morte alimenti la fede nella Risurrezione: così il Papa nel Mercoledì delle Ceneri

    ◊   Il senso liturgico della cenere è stato al centro dell’omelia del Papa che ieri pomeriggio, nella Basilica di Santa Sabina, ha presieduto la Santa Messa con il Rito di benedizione e imposizione delle ceneri. Prima, la processione dalla Chiesa di Sant’Anselmo all’Aventino. Con il Mercoledì delle Ceneri inizia dunque la Quaresima, cammino verso la Pasqua. Il servizio di Debora Donnini:

    Il Papa riceve le ceneri sul suo capo dal cardinale Josef Tomko, titolare della Basilica. Quindi le impone ai cardinali, ad alcuni monaci, religiosi e fedeli. “Ricordati che sei polvere e in polvere tornerai”. Queste parole, tratte dal Libro della Genesi, vengono pronunciate dopo il peccato originale quando Dio punisce l’uomo e la donna e maledice il suolo. Per ripercorrere il senso liturgico della cenere, Benedetto XVI si richiama a questo passo della Scrittura e a quello della creazione dell’uomo che avviene appunto “con polvere del suolo”:

    “Ecco dunque che il segno della cenere ci riporta al grande affresco della creazione”.

    La polvere del suolo con cui è plasmato l’uomo, che prima della caduta è capace di germinare ogni sorta di alberi, subisce “una trasformazione negativa a causa del peccato”: concederà i suoi frutti solo in cambio di dolore e sudore. La terra dunque partecipa della sorte dell’uomo e non richiama più solo il gesto di Dio creatore, tutto aperto alla vita, ma diventa un segno di un inesorabile destino di morte. Ma “la maledizione del suolo ha anche una funzione medicinale” nel senso che l’intenzione di Dio è sempre benefica, “è più profonda della sua stessa maledizione” che “è dovuta non a Dio ma al peccato”. Dio però “non può non infliggerla, perché rispetta la libertà dell’uomo e le sue conseguenze, anche negative”. Anche nella punizione permane dunque un’intenzione buona che viene da Dio:

    “Quando Egli dice all’uomo: «Polvere tu sei e in polvere tornerai!», insieme con la giusta punizione intende anche annunciare una via di salvezza, che passerà proprio attraverso la terra, attraverso quella «polvere», quella «carne» che sarà assunta dal Verbo”.

    Ed è in questa prospettiva salvifica che il passo della Genesi viene ripreso nel Mercoledì delle Ceneri:

    “come invito alla penitenza, all’umiltà, ad avere presente la propria condizione mortale, ma non per finire nella disperazione, bensì per accogliere, proprio in questa nostra mortalità, l’impensabile vicinanza di Dio, che, oltre la morte, apre il passaggio alla risurrezione, al paradiso finalmente ritrovato”.

    Quindi il Papa si sofferma sulla “possibilità per noi del perdono divino” che dipende essenzialmente dal fatto che Dio stesso, nella persona del suo Figlio, ha voluto condividere la condizione umana eccetto la corruzione del peccato. E dunque l‘amore di Dio si rende visibile:

    “Quel Dio che scacciò i progenitori dall’Eden, ha mandato il proprio Figlio nella nostra terra devastata dal peccato, non lo ha risparmiato, affinché noi, figli prodighi, possiamo ritornare, pentiti e redenti dalla sua misericordia, nella nostra vera patria”.

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    Il dolore del Papa per il disastro ferroviario a Buenos Aires: almeno 50 morti

    ◊   Il Papa è rimasto profondamente colpito dalla tragedia ferroviaria avvenuta a Buenos Aires: un treno non ha frenato e si è schiantato nella stazione di Once. Sono morte almeno 50 persone e 675 sono rimaste ferite. Benedetto XVI esprime la sua vicinanza alle famiglie delle vittime e assicura la propria preghiera. Lo fa nel telegramma, a firma del cardinale segretario di Stato Bertone, inviato all’arcivescovo della capitale argentina, cardinale Jorge Mario Bergoglio. Il servizio di Fausta Speranza:

    Le sentite condoglianze del Papa, che esprime affetto, solidarietà, conforto a tutti coloro che sono stati colpiti dall’incidente di ieri a Buenos Aires, la peggior tragedia ferroviaria nella storia della megalopoli argentina. Il governo ha decretato due giorni di lutto nazionale. Ad annunciarlo, il portavoce della presidente Cristina Fernandez de Kirchner, che ha parole di solidarietà per il dolore dei familiari delle vittime. In attesa della “scatola nera” con i dati relativi al treno, le autorità giudiziarie hanno ordinato perlustrazioni in stazioni ferroviarie e uffici della società Trenes de Buenos Aires' che gestisce la linea ferroviaria di Once, la stazione dove è avvenuta la tragedia. L'obiettivo dell'inchiesta è quello di avere documenti, dati tecnici e dati dell'organizzazione del lavoro della società, oltre ai video sul funzionamento dei treni a Once. I media locali sottolineano che il convoglio era uscito lunedì dalle officine dove viene effettuata la manutenzione dei treni. Resta da dire che il macchinista, Antonio Cordoba (28 anni) del treno, è ricoverato in terapia intensiva. Era rimasto intrappolato tra le lamiere, è stato estratto dal convoglio poco dopo la tragedia.

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    Il Papa nomina il nuovo arcivescovo di Calcutta

    ◊   In India, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Calcutta presentata da mons. Lucas Sirkar S.D.B. in conformità al canone 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico. Gli succede mons. Thomas D’Souza, coadiutore della medesima arcidiocesi.

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    Mons. Celli: presto su Twitter gli Angelus del Papa. Il Messaggio di Quaresima diviso in 40 "tweet"

    ◊   Anche il Papa presto tra i “twitters” con gli Angelus e i suoi discorsi più importanti. È la modalità che sta studiando il Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali, che ha intanto annunciato, a partire da ieri, l’invio sul sito “Pope2you” del Messaggio di Quaresima del Papa, suddiviso in 40 “tweet”. A illustrarlo è il capo del dicastero vaticano delle Comunicazioni Sociali, mons. Claudio Maria Celli, intervistato dalla collega della nostra redazione inglese, Philippa Hitchen:

    R. – Abbiamo aperto il sito “Pope2you”, dedicato ai giovani, già da alcuni anni, che registra visite stabili di migliaia di giovani da varie parte del mondo. Per Natale, avevamo offerto la possibilità di meditazioni dalla Terra Santa. Quest’anno, invece, abbiamo pensato di lanciare via Twitter il Messaggio del Papa per la Quaresima. Con l’aiuto anche del Pontificio Consiglio Cor Unum abbiamo scelto delle piccole delle frasi, - il “tweet” come noto esige circa 140 caratteri – pensando che un modo per far conoscere ai giovani il Messaggio del Papa fosse proprio quello di utilizzare un mezzo che oggi i giovani usano ampiamente. Perché questa scelta? Perché crediamo che i giovani abbiano una capacità di risonanza molto grande: il “tweet” può essere riformulato, ridistribuito, rilanciato, disseminato… E allora, direi che questo richiama l’immagine del Vangelo: il piccolo grano di senape che, sparso sul terreno, produce arbusti dove anche gli uccelli del cielo possono riposare. Ecco, il nostro desiderio era questo: far sì che utilizzando le nuove tecnologie, il Messaggio del Papa per la Quaresima potesse risuonare ampiamente, potesse pervenire al cuore dei giovani, e fruttificare nel loro cuore. E questa sarà un’esperienza che io ritengo fin d’ora positiva.

    D. - In questo lavoro di “semina”, vengono coinvolti anche quanti hanno partecipato l’anno scorso all’incontro dei bloggers in Vaticano…

    R. - È vero. Oramai le nuove tecnologie permettono, come un “tam tam” della foresta, di far pervenire messaggi. Questo primo annuncio è una nuova formula. Noi desideriamo che la parola del Papa sia conosciuta. Il sito “Pope2you” ha come scopo principale quello di far conoscere il Papa ai giovani: un Papa accogliente, direi amabile, un Papa che desidera incontrare gli uomini dove loro sono. Quando abbiamo proposto al Papa di aprire un canale vaticano su Youtube, ha accettato subito. È interessante: un Papa che a prima vista non appare mediatico come lo era il suo predecessore e Beato Giovanni Paolo II, anzi è un Papa più riservato, ha subito capito pienamente come oggi la comunicazione attraverso le nuove tecnologie possa avere una grande risonanza. Posso dire già da adesso – e questa è una nuova notizia – che, d’intesa con la Segreteria di Stato, il Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali farà sì che gli Angelus del Papa e alcuni suoi interventi comincino a risuonare via “tweet”. Quindi apriremo – potremmo definirlo così – un canale del Santo Padre tra i “twitters”.

    D. - E quando partirà questa iniziativa degli Angelus su Twitter?

    R. - Dobbiamo ancora decidere la data. Il Santo Padre ha già approvato e pensiamo che si possa partire quanto prima. E non solamente con gli Angelus, ma, ad esempio, anche con gli interventi del Papa su un determinato Paese, quando domanda collaborazione, aiuto per certe forme di necessità, o con certe feste tipiche del nostro calendario religioso: il grande Messaggio di Natale, il Messaggio di Pasqua... Attraverso il “tweet”, queste parole possono arrivare al cuore di tante persone, che normalmente sono magari lontane, e che magari non leggeranno mai un discorso del Papa. Questa nuova forma di essere presenti nel mondo della comunicazione, mi auguro possa essere ben accolta. Anche qui, ancora una volta il Papa dimostra la sua sensibilità per le opportunità che le nuove tecnologie offrono alla comunicazione, e alla comunicazione della sua parola. Certo è che il desiderio del Papa è proprio quello di essere accanto agli uomini di oggi, di far capire che il messaggio di Gesù ha un significato per quelle persone che cercano di far sì che il loro cammino sia sempre più illuminato da una parola, da una luce vera. (bi)

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    Assemblea della Pontificia Accademia per la Vita sul tema dell'infertilità: intervista con mons. Carrasco de Paula

    ◊   Si è aperta oggi, presso l’Aula Nuova del Sinodo in Vaticano, la 18ª Assemblea Generale della Pontificia Accademia per la Vita sul tema “Diagnosi e Terapia dell’Infertilità”. La plenaria si concluderà sabato con l’udienza del Papa ai partecipanti. Domani i lavori saranno aperti al pubblico per un workshop durante il quale, ricercatori selezionati tra i maggiori esperti internazionali, documenteranno le più recenti opzioni diagnostiche e terapeutiche sulle cause dell’infertilità. Fabio Colagrande ha chiesto al presidente della Pontificia Accademia per la Vita, mons. Ignacio Carrasco de Paula, com’è nata la scelta del tema dell’infertilità per questa assemblea:

    R. – Soltanto tre anni fa, il Santo Padre in un messaggio inviato ad una università pontificia romana disse che bisognava incoraggiare il lavoro dei ricercatori e degli scienziati, in particolare in questo campo dell’infertilità così da poter trovare soluzioni rispetto della dignità dell’uomo, della dignità della coppia e della dignità anche del nascituro. Abbiamo anche però motivi molto concreti. Il tema di per sé, quello dell’infertilità, è molto importante e ogni giorno sono di più le coppie che si trovano di fronte a un problema di questo tipo e non sempre viene affrontato nel modo giusto. Vogliamo quindi dare un aiuto a queste persone. C’è poi – questo è il secondo motivo - anche un dilagare del ricorso ad altre procedure che senz’altro sono meno efficaci e anche più costose, sinceramente… per parlare in termini spiccioli.

    D. – Dal punto di vista culturale è un incontro che vuole cambiare l’approccio al problema dell’infertilità di coppia…

    R. – Vuole richiamare la realtà scientifica, che non è sempre quella a portata di mano di tutti. Abbiamo ricevuto tante richieste di persone che ci dicono: "vorremmo avere un figlio, ma non ce la facciamo e la fecondazione in vitro non ci va e non siamo d’accordo. Cosa possiamo fare?”. Queste informazioni mancano e vogliamo quindi cercare di colmare anche questo gap culturale.

    D. – Quindi contribuire a trovare soluzioni nuove, efficaci e accessibili a tutti...

    R. – Sì, perché molto di queste soluzioni sono nuove. In questi ultimi anni ci sono stati progressi notevoli: per esempio in ambito della microchirurgia per intervenire e consentire la fecondazione; in campo ormonale o di trattamento di infezioni, come la endometriosi che rappresenta un gravissimo problema; ma anche in campo di prevenzione, perché una causa importante dell’infertilità è il diffondersi di certi modi di comportamento che non aiutano certamente. Mi riferisco, ad esempio, al tabagismo, all’alcool, ma anche a cose più semplici.

    D. – Eccellenza, in quale ambito si colloca questo workshop? Fa parte di altre iniziative simili della vostra Accademia?

    R. – Noi abbiamo come compito proprio quello di esplorare e studiare i progressi e gli sviluppi della scienza nella misura in cui possono poi contribuire effettivamente al bene delle persone o a migliorare la qualità della vita. Il lavoro scientifico di per sé, per sua propria natura, è una cosa magnifica, stupenda: non sempre, però, abbiamo accesso a queste scoperte. L’anno scorso, ad esempio, abbiamo trattato due altri argomenti, che credo siano molto, molto rilevanti: il dramma post-aborto, orientato soprattutto a comprendere come si possono aiutare le donne che, in particolare, hanno vissuto il dramma terribile di un aborto e che si sono trovate poi in serie difficoltà per una serie di problemi, molte volte di natura psicologica. In questo campo si può fare molto. L’altro tema è quello legato alle cellule staminali tratte dal cordone ombelicale e anche questo rappresenta un campo molto importante. Stanno nascendo in tutte il mondo delle banche per la conservazione di questi cordoni: banche che hanno un futuro e che possono contribuire – parlando sempre di futuro – a migliorare i trattamenti e le cure, soprattutto delle malattie degenerative. Le cellule del cordone sono cellule che non pongono alcun problema di natura etica, di natura morale e possono anzi contribuire a quei sentimenti e a quegli atteggiamenti di solidarietà. Diciamo che è un tessuto che può essere messo al servizio degli altri.

    D. – Un’ultima domanda: chi sono coloro che partecipano a questo workshop dedicato alla diagnosi e alla terapia dell’infertilità?

    R. – Oltre ai membri dell’Accademia, ovviamente, questo corso è aperto a tutti. Abbiamo avuto una gradita sorpresa per il numero delle iscrizioni, molte delle quali di medici: quindi non soltanto persone che per diversi motivi si interessano a questo tema, ma anche persone che lavoro in questo campo. Questa è stata per noi una gradita sorpresa, perché sinceramente non ci attendavamo questa risposta. Questo lo voglio sottolineare, perché si tratta di iscrizioni che arrivano da tutta l’Europa, anche dal Canada, dagli Stati Uniti e dall’America Latina. Non sappiamo ancora come poterci organizzare, perché l’Aula del Sinodo è molto grande, molto bene attrezzata, ma ha un numero limitato di posti.

    D. – Anche perché volete poi condividere questi risultati con tutta la comunità scientifica mondiale…

    R. – Senz’altro, ma non solo questo. Per me l’ideale sarebbe che in questo campo si creasse anche una specie di coordinamento, in modo che fra chi partecipa, fra i relatori che lavorano in questo campo – molti di loro sono direttori e responsabili di istituti e di dipartimenti che lavorano in campo dell’infertilità – ci possa essere uno scambio tra istituto e istituto per la formazione e il perfezionamento di chi un domani dovrà diventare, a sua volta, responsabile di quell’istituto. Effettivamente bisognerebbe facilitare questo interscambio di conoscenze, ma anche di tecniche, di procedure, di modi di agire. (mg)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Umili perché liberi dalla vanagloria del mondo: l’incontro di Benedetto VXI con il clero della diocesi di Roma.

    In rilievo, nell’informazione internazionale, la Siria: l’Onu chiede la fine delle violenze.

    Tintoretto il terribile: in cultura, Antonio Paolucci sulla mostra dedicata a Tintoretto (alle scuderie del Quirinale) e l’intervista di Giulia Galeotti alla scrittrice e storica Melania G. Mazzucco, autrice dei testi che accompagnano la narrazione biografica dell’esposizione.

    Un articolo di Edoardo Aldo Cerrato dal titolo “La grande famiglia di padre Filippo”: quattro secoli fa Papa Paolo V approvava le costituzioni oratoriane.

    Blanche, l’ultima al patibolo: il cardinale Gianfranco Ravasi sulle carmelitane di George Bernanos e Poulenc.

    Dalla polvere al paradiso: nell’informazione vaticana, la celebrazione del mercoledì delle Ceneri presieduta dal Papa nella chiesa di Santa Sabina all’Aventino.

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    Oggi in Primo Piano



    Aperta a Londra la conferenza internazionale sulla Somalia. Clinton: sanzioni a chi si oppone alla pace

    ◊   Si è aperta oggi a Londra l'attesa conferenza internazionale per aiutare la Somalia a uscire da 20 anni di guerra. Presenti 50 delegazioni. Il mondo “pagherà un prezzo” enorme se ignorerà i problemi di questo Paese, ha detto il primo ministro britannico David Cameron aprendo i lavori. Il segretario di Stato americano Hillary Clinton ha chiesto sanzioni contro chi si opporrà al processo di pace. Intanto, in Somalia, gli integralisti islamici Shebaab hanno invocato anche oggi la Jihad contro le truppe del contingente internazionale presenti nel Sud del Paese. Cosa ci possiamo attendere, dunque, da questo summit? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Enrico Casale, africanista della rivista dei gesuiti Popoli:

    R. - Le attese sono elevate perché tra i 50 Stati e organizzazioni internazionali presenti, ci sono tutti i protagonisti di questo conflitto. Quindi si possono aspettare dei risultati positivi, bisognerà però attendere i prossimi giorni, per vedere se effettivamente, si potrà arrivare ad un accordo generale sulla Somalia.

    D. - Mons. Bertin, amministratore apostolico di Mogasdiscio, è stato chiaro: “ci sono molte speranze”; ovviamente come Lei dice, ci sono state molte conferenze in passato che non hanno portato a risultati…

    R. - Purtroppo è vero. Non solo, ma sempre mons. Bertin, sottolineava come da questa conferenza, non possano emergere solamente programmi, iniziative di carattere militare, ma deve essere prevista un’iniziativa di solidarietà reale, di cooperazione reale con il Paese, per farlo uscire non solo dalla guerra, ma anche dalla carestia in atto.

    D. - La Somalia, da oltre venti anni, vive in questo limbo creato da una guerra civile diventata ormai insostenibile per la popolazione civile e dall’assenza totale di attenzione da parte della comunità internazionale. Quali sono state le spinte che hanno modificato questo stato di fatto?

    R. - Le spinte sono sostanzialmente delle iniziative di carattere militare. La novità di questi ultimi mesi, è l’intervento militare a sud del Kenya e a nord dell’Etiopia. Intervento che sta stringendo a tenaglia, i movimenti di fondamentalisti islamici Shebaab, e che sta togliendo loro le tradizionali fonti di approvvigionamento, di finanziamento costituite dai porti dai quali traggono le tasse doganali, e le principali vie di comunicazione, dalle quali traggono finanziamenti sotto forma di tangenti. Questo intervento, in parte coadiuvato dall’ Amisom – la missione militare delle Nazioni unite - potrebbe portare alla sconfitta di questi Shebaab dal punto di vista militare. Poi bisognerà vedere se si riuscirà a dare un futuro politico a questo risultato militare.

    D. - Guerra civile, situazione politica ingarbugliata, povertà e pirateria: questi i punti più critici della Somalia di oggi. Ad un primo sguardo, slegati tra loro, ma tutti collegati di fatto..

    R. - Certamente. La guerra ha provocato la carestia, la carestia ha provocato miseria, quindi la necessità di ricorrere a nuove forme di finanziamento da parte della popolazione, e quindi la pirateria. Pirateria che però, va sottolineato, non è organizzata a livello locale in Somalia, ma ha dei “mandanti” nelle principali piazze economiche e finanziarie mondiali come negli Stati Uniti e in Inghilterra. È lì che vanno a finire la maggior parte dei proventi della attività di pirateria nel Golfo di Aden.

    D. - Intanto nel Sud continuano gli attacchi degli Shebaab nonostante gli sforzi di pace. Questo accordo per trasformare la Somalia in uno Stato federale, è già superato?

    R. - In questo momento, non si può ancora dire. La Somalia è un Paese dal punto di vista sociale, molto frammentato, e quindi la struttura federale dello Stato può essere l’unica soluzione per una convivenza pacifica all’interno della Somalia. Certo è che questi attacchi, sono un colpo di coda preoccupante da parte di queste milizie fondamentaliste, che si dicono si siano infiltrate direttamente da Al Qaeda.

    D. - E in tutto questo la situazione sul campo rimane comunque drammatica..

    R. - La guerra è sempre drammatica, in più si aggiunge una situazione di povertà estrema determinata anche da una fortissima carestia che ha investito tutto il Corno d’Africa, e la Somalia in modo particolare, perché qui la situazione di guerra, non ha permesso agli aiuti di arrivare. Questa carestia colpisce anche l’Etiopia, Gibuti, una parte del Kenya e una parte dell’Uganda.(bi)

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    La Corte europea di Strasburgo condanna l'Italia per i respingimenti verso la Libia

    ◊   L’Italia ha violato l’articolo 3 della Convenzione europea per i diritti dell’uomo, perché attuando la politica dei respingimenti verso la Libia ha esposto i rifugiati respinti al rischio di maltrattamenti in Libia e di rimpatrio in Somalia ed Eritrea. Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo che, accogliendo il riscorso di 11 somali e 13 eritrei respinti nel 2009, ha condannato l’Italia a versare un risarcimento di 15 mila euro ciascuno ai ricorrenti. E’ una sentenza storica, commenta Christopher Hein, direttore del Consiglio italiano per i Rifugiati. Francesca Sabatinelli lo ha intervistato:

    R. – Siamo molto soddisfatti. Non c’è una condanna dell’Italia, una condanna a tutto campo di ciò che l’Italia ha fatto e con grande bravura per salvare migliaia e migliaia di vittime nel mare, ma una condanna per una politica precisa, che voleva semplicemente sbarazzarsi in modo leggero delle persone, evitando il loro arrivo in Italia e quindi onorare anche questo accordo, a suo tempo sottoscritto, tra Berlusconi e Gheddafi, l’accordo di amicizia con la Libia.

    D. – Il richiamo importante che arriva da Strasburgo adesso è un qualcosa che la politica italiana deve raccogliere...

    R. – E’ obbligata a raccoglierlo. C’è un pronunciamento alla fine della motivazione della sentenza che dice chiaramente che l’Italia dovrà adoperarsi affinché i ricorrenti, che si trovano ancora in Libia, non siano inviati nei Paesi di origine e non siano sottoposti a trattamenti inumani. E questo vuol dire che nella prossima missione del ministro cancelliere, il ministro degli Interni, a Tripoli, si dovrà rendere conto di questo pronunciamento e quindi cambiare rotta. Certamente noi pensiamo che bisogna fare un accordo con la Libia e anche assisterla, affinché ci sia rispetto da parte sua degli obblighi internazionali, che ci siano centri di accoglienza e non di detenzione, che ci sia il rispetto delle persone, dei migranti e dei rifugiati. Tutto questo impegna l’Italia in una rinnovata, totalmente diversa cooperazione con i Paesi del Nord Africa e innanzitutto con la Libia. (ap)

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    Obama si scusa con Karzai per il Corano bruciato. Uccisi altri due soldati Usa

    ◊   Il presidente americano, Barack Obama, si è scusato per lettera con il suo omolgo afghano, Hamid Karzai, per - la vicenda delle copie del Corano bruciate da alcuni soldati americani nella base di Bagram. Obama assicura nella missiva che non si è trattato di un episodio intenzionale e che sul caso verranno compiuti doverosi accertamenti. Intanto, nel Paese sono proseguite per il terzo giorno violente manifestazioni antioccidentali. I disordini hanno provocato un morto e alcuni feriti nella regione di Baghlan, mentre due militari statunitensi sono stati uccisi per vendetta da un soldato afghano. I talebani hanno esortato la popolazione a continuare l’offensiva contro obiettivi occidentali, nonostante le scuse ufficiali della Casa Bianca e un’inchiesta in corso. Giancarlo La Vella ha intervistato padre Giuseppe Moretti, missionario dei Barnabiti in Afghanistan:

    R. – E’ fuori discussione che i testi sacri, a qualunque religione appartengono, vadano rispettati. Da quanto ho appreso, questi testi non sono stati bruciati volontariamente ma facevamo parte di uno stock di roba da bruciare: dentro c’erano anche questi libri. Ovviamente, forse sarebbe stato più opportuno, anzi doveroso, toglierli dall’inceneritore.

    D. – Queste manifestazioni, che durano ormai da diversi giorni, rivelano uno stato di inquietudine all’interno della società afghana...

    R. – Sì, possono essere letti sotto un duplice aspetto. Il primo è quello di una reazione al sacrilegio commesso. L’altro aspetto è una certa insofferenza per la presenza straniera in Afghanistan. Anche questo va letto interpretando la storia del Paese, partendo dalle tre guerra anglo-afghane – quando gli inglesi tentarono per tre volte di occupare l’Afghanistan – e poi i dieci anni di resistenza – dal ’79 all’89 – quando l’Armata Rossa invase l’Afghanistan, per arrivare ad oggi, cioè alla stessa cosa.

    D. – Padre Moretti, lei come sta vivendo questo difficile processo di stabilizzazione della società afghana?

    R. – Conoscendo la storia dell’Afghanistan in tempi di pace, con molta onestà debbo dire che in questi dieci anni di presenza occidentale la popolazione non ha ricevuto quei benefici che erano stati promessi e che si aspettava. Noi vorremmo che si arrivasse alla pace vera: la pace è un diritto di tutti. L’Occidente è qui per portare la pace. Noi, d’altra parte, cerchiamo di alleviare – nei limiti del possibile – le sofferenze della popolazione, ma è chiaro che facciamo quello che possiamo. Sempre nella fiducia che si possa arrivare ad una conclusione.

    D. – Che riscontro, a livello popolare, c’è della ribellione talebana?

    R. – Percepisco che non ci sia alcuna nostalgia per il ritorno dei talebani. C’è un grande desiderio di ritorno alla pace anche perché, almeno in questi dieci anni, in diverse aree del Paese le bambine e le ragazze sono ritornate a scuola. Ci sono ora donne che hanno delle responsabilità a livello ministeriale, a livello di giudici, anche se è sempre una minoranza. Credo, allora, che nessuno abbia voglia di ritornare all’epoca dei talebani, anche perché non c'era soltanto la restrizione delle donne alla scuola, ma era la restrizione alla musica, era l'invasione di parecchi dei diritti umani. Si vorrebbero però, allo stesso tempo, vedere da parte della popolazione un inizio di cammino concreto verso una vera democrazia. Gli aspetti essenziali di una vera democrazia mancano: scuole, ospedali, assistenza sociale… Il cammino lascia ancora molto, molto a desiderare. Ma guardiamo con fiducia e non ci perdiamo d’animo. (mg)

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    Il ministro Balduzzi sulla sanità: non sostenibili nuovi tagli alle risorse

    ◊   L’emergenza pronto soccorso a Roma. Per il presidente del Consiglio universitario nazionale Andrea Lenzi “tutti i poliambulatori di tutti gli ospedali dovrebbero essere aperti dalle 8 del mattino fino minimo alle 20”. Secondo il Segretario del sindacato Anaao Assomed, Costantino Troise “i medici del Pronto Soccorso del Policlinico Umberto I sono stati lasciati soli di fronte ai cittadini ed alle inefficienze gestionali”. Sulle politiche per la sanità e sul caso dell’Umberto I Alessandro Guarasci e Fabio Colagrande hanno sentito il ministro della Salute Renato Balduzzi:

    D. - Ministro, partendo dal caso dell’Umberto I e del San Camillo, servivano questi casi emblematici per far capire che i Pronto Soccorso in Italia hanno gravi carenze...

    R. – La consapevolezza sulla situazione, spesso non facile, dei Pronto Soccorso era già una consapevolezza largamente acquisita. Desidero, però, precisare che quando si dice “malasanità”, bisogna essere molto attenti: perché qui la relazione dei miei ispettori ha dimostrato che non c’è stato assolutamente un problema di cattiva pratica sanitaria. Bisogna evitare di dare agli italiani che il nostro sistema sanitario improvvisamente sia andato fuori controllo. No, è un buon sistema sanitario; ci sono dei professionisti – medici, infermieri, personale che segue in altre vesti – assolutamente di livello eccellente e buono, tanto è vero che il caso in questione è un caso non di “malpractice” – di cattiva pratica sanitaria – ma un caso di disorganizzazione, di forte disorganizzazione dei servizi e in particolare dell’assenza di regole operative per gestire i casi in cui ci sia un afflusso superiore all’ordinario nei Pronto Soccorso.

    D. – Ministro, spesso l’organizzazione o la disorganizzazione va di pari passo con le risorse. Nel quadro delle politiche di bilancio, non pensa che gli investimenti per la sanità dovrebbero avere una via privilegiata? Insomma, nel 2013 dovremo raggiungere il pareggio di bilancio a tutti i costi?

    R. – In Sanità siamo in un sistema di risorse che sono già state limitate. La manovra dello scorso luglio ha dato, in qualche misura, l’ultimo segno di una limitazione di risorse che valgono per il 2013-2014. Dentro questo sistema di risorse già limitate - sotto il quale io non credo che si possa andare, perché altrimenti davvero potrebbero esserci dei problemi per la tenuta del Servizio Sanitario Nazionale, che è uno degli orgogli del nostro Paese e legittimamente tale - non potremmo, quindi, andare sotto questo livello. Dentro questo quadro, però, credo che ci sia spazio per tutte le operazioni di riorganizzazione, di riqualificazione, che significa anche risparmi e lotta alle inefficienze, agli sprechi, alle duplicazioni… Anche le vicende di questi giorni dimostrano quante duplicazioni ci siano e soprattutto come il problema organizzativo sia strettamente collegato col problema budgetario: le Regioni meglio organizzate, sono anche quelle che hanno meno problemi budgetari e che, quindi, possono anche fornire prestazioni e servizi migliori. Se queste è la regola aurea, bisognerebbe ulteriormente andare in questa direzione. Quindi non è un problema né di aumentare i posti letto né di sperare in chissà quale aumento delle risorse dello Stato, nella situazione generale del nostro Paese, è molto difficile da ipotizzare. E’ un problema di fare davvero una buona amministrazione, di mettere ordine in casa propria e – sotto questo profilo – io sono sicuro che c’è l’impegno non solo del Ministero, ma anche delle Regioni e in particolare delle Regioni sottoposte a piano di riqualificazione e riorganizzazione. Si dice “piano di rientro”, ma io insisto in tutte le occasioni nel dire che sono piani di riorganizzazione e di riqualificazione, che poi determineranno anche il piano budgetario.

    D. – Ministro, di fronte alla contrazione delle risorse economiche, ai tagli di posti letto, l’Associazione Italiana Ospitalità Privata si è detta ieri pronta a collaborare. Non si rischia di andare verso la privatizzazione della Sanità?

    R. – Il nostro è un sistema buono, anche perché è un sistema che ha fatto da molti anni la scelta di una sanità pubblica, non chiusa all’apporto integrativo della sanità privata. Questo credo che sia il nostro sistema e non si tratta né di andare al di là né di andare al di qua: si tratta di fare bene dentro le regole di un sistema che, fuori di Italia, è considerato un grande sistema e noi ne siamo consapevoli, anche in ordine alle ombre che un sistema con tante luci ha. Però, ripeto una cosa che in questi giorni ho detto più volte: noi abbiamo, durante l’anno, circa 23 milioni di accessi al Pronto Soccorso nel nostro Paese. Il che vuol dire che c’è una domanda molto forte di sanità, in parte può essere anche non appropriata e bisogna operare perché sia sempre più appropriata, ma che c’è anche una grossa risposta di sanità. Questi sono i dati veri della situazione, che singoli episodi – anche qualora fossero tanti, perché collegati a carenze organizzative, non individuabili solo in un unico luogo – non possono scalfire. Guardiamo i singoli alberi, ma guardiamo anche la foresta.

    D. – Lei, comunque, ha previsto l’invio di una task force per combattere sprechi e, appunto, mala organizzazione, lei ha detto. Ma non rischiamo, in qualche modo, un commissariamento da parte dello Stato della sanità regionale?

    R. – No, perché questa è una decisione che sarà proposta dal ministro nel Patto per la Salute al tavolo con le Regioni. Saranno, quindi, decisione volte a rafforzare il management, perché di quello c’è bisogno…. Ripeto non è un problema di qualità dei professionisti sanitari, medici e infermieri, ma è un problema di capacità organizzative e gestionali. Queste operazioni saranno fatte di intesa con le Regioni: non c’è alcuna lesione dell’autonomia. Anche le Regioni commissariate sono commissariate nel nostro sistema, individuando in capo al presidente della Regione la figura del commissario. Scelta discutibile… Alcuni la discutono e dicono se è possibile che la stessa persona abbia due cappelli a seconda di come agisce è commissario e quindi, in qualche misura, fa parte di una struttura co-gestita Stato-Regione o è, invece, presidente della Regione? Questo, però, per dire che il nostro sistema è attento alle autonomie regionali, perché è fondato sulle autonomie regionali. E poi, Sono tanti anni che tutti dicono che bisogna apportare una ristrutturazione della medicina di base, ma facciamo molta fatica ad arrivare ad un punto fermo. Io credo – e questo lo ho già proposto e ho avuto buone risposte – che la medicina di base non possa essere cinque giorni su sette, ma debba essere – visto che la settimana è fatta di sette giorni – sette giorni su sette. Così pure per quanto riguarda il problema degli ospedali e del fine settimana: è importantissimo che ci siano dei protocolli e delle regole interne alle aziende che impediscano che il fine settimana – che invece in un ospedale per il rapporto col Pronto Soccorso è uno dei momenti più critici – diventino terra di nessuno o luogo dove non si fa quello che normalmente si dovrebbe fare.

    D. – Insomma, questa settimana corta – diciamo – è anacronistica. Ma passiamo dal San Camillo al Gemelli, che sappiamo tutti essere in difficoltà finanziaria: qual è il suo impegno perché non subisca contraccolpi dai tagli economici?

    R. – L’impegno è molto forte proprio per il significato che il Policlinico Gemelli ha nei confronti non solo della sanità romana, ma di tutta la sanità del centro-sud e per il significato anche emblematico che il Gemelli ha come una delle bandiere dell’Italia nei confronti del resto del mondo, anche in forza della sua esperienza come ospedale molto collegato con una realtà che a Roma e nel mondo intero è molto importante. Quindi l’“Ospedale del Papa”, per così dire, è chiaro che è un ospedale mondiale; non è soltanto l’ospedale della città di Roma. Io ho già avuto un primo incontro, un tavolo a tre, tra Ministero, Policlinico Gemelli e Regione Lazio: è stato un incontro positivo e già un altro ce ne sarà la prossima settimana. Insieme stiamo ragionando su un percorso che possa dare una prospettiva più certa agli operatori, ai professionisti, alle tante eccellenze del Gemelli per il futuro e insieme - avendo una prospettiva certa e sicura per il futuro come non potrà che essere stante l’importanza del Gemelli – riuscire a definire i nodi del passato, le questioni pregresse, la situazione creditoria-debitoria su cui ci sono ancora - tra le due parti - evidentemente delle differenze di valutazione, ma che credo – se proseguirà questo clima di collaborazione positiva – potranno essere ragionevolmente superate.

    D. – Ministro Balduzzi, la sanità religiosa è presente in modo forte sul territorio in Italia e mi rivolgo a lei anche come rappresentante di un governo di formazione cattolica: questa presenza dimostra che il mondo cattolico dà un apporto importante alla società italiana. Di fronte a questa situazione che abbiamo descritto non è tempo, forse, di un rinnovato impegno dei cattolici nella società e nella politica? Cosa dice?

    R. – Sicuramente l’ospitalità religiosa sanitaria è un elemento importante del sistema sanitario italiano, anche per l’attenzione all’umanizzazione delle cure. Vale per essa, come per tutti, l’imperativo oggi del rigore e quindi di mettere ordine a casa propria; ma insieme a questo c’è evidentemente anche un imperativo di sostegno, perché si tratta di una forza e di un settore che è molto importante nel bisogno sanitario. Questo più in generale risponde anche alla sua domanda: c’è un terreno molto forte di impegno dei credenti, dei cattolici nel nostro Paese. E’ un impegno che va evidentemente riferito a 360° e quindi all’insieme delle questioni della polis e rispetto a questo io credo che ci voglia la medesima ricetta e cioè l’impegno dei cattolici è un impegno rigoroso, serio e di competenza. A un impegno rigoroso, serio e di competenza credo che vada il sostegno di tutti. (mg)

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    Convegno sulle malattie rare: piano nazionale per facilitare le cure

    ◊   “Il Piano Sanitario delle malattie rare 2013: idee a confronto” è il convegno che ha riunito oggi a Roma per la prima volta gli ‘Stati Generali delle malattie rare’. L’Istituto Superiore di Sanità ha già attivato un registro con cui ha censito 485 malattie e 95 mila pazienti. Massimo Pittarello ha chiesto al direttore del Centro nazionale malattie, la dott.ssa Domenica Taruscio, quali sono gli scopi dell’incontro di oggi:

    R. – Oggi, siamo impegnati nel primo workshop internazionale sulla metodologia per linee-guida nelle malattie rare. Abbiamo invitato esperti a livello europeo ma anche dal Canada, dagli Stati Uniti, dalla Yale University… Abbiamo invitato i migliori esperti nel settore e soprattutto ciò che stiamo cercando di fare è unire esperti nella metodologia dell’"evidence base medicine": quindi metodologia, linee-guida ed esperti di malattie rare per trovare insieme una sintesi ed elaborare una metodologia idonea per fare linee guida per la cura delle patologie rare.

    D. – Una patologia si definisce rara quando viene contratta da meno di cinque persone ogni diecimila abitanti. Una condizione che però limita la ricerca soprattutto delle industrie farmaceutiche private. Come è possibile coinvolgere maggiormente i privati nella ricerca?

    R. – Ci sono sicuramente incentivi di natura economica perché, per esempio, le industrie che si impegnano a elaborare – a produrre, in ultima analisi – i farmaci orfani hanno una esclusività di mercato di 10 anni. Poi, hanno facilitazioni anche di natura scientifica. Possono ovviamente partecipare a tutti i bandi della Commissione europea e questa è una grandissima possibilità.

    D. – Questo è importante perché il valore della persona è superiore a qualunque cifra e in questo modo le persone affette da patologie rare non sono pazienti di serie B…

    R. – Assolutamente. Noi dobbiamo e vogliamo e siamo impegnati fortemente, anche come Istituto superiore di sanità, a dare questa possibilità ai cittadini con malattie rare. Sono cittadini uguali agli altri, quindi non solo hanno diritto ad avere diagnosi in tempo come tutti gli altri ma ad avere anche farmaci che abbiano la stessa sicurezza degli altri farmaci. Devono avere tutte le opportunità, di diagnosi e di trattamento.

    D. – In questa situazione di crisi economica e di tagli alla spesa pubblica, la situazione può facilmente peggiorare?

    R. – Io direi che se aumenta la collaborazione, non solo a livello nazionale ma anche internazionale e transnazionale, in qualche modo si può far fronte a questa crisi economica: possiamo farcela.

    D. – Anche perché a livello internazionale, magari, si riscontrano più casi e più possibilità di studio… Bisogna capire quali sono le difficoltà maggiori che incontrano le persone, ma soprattutto le famiglie che hanno un individuo colpito da una patologia rara…

    R. – Le difficoltà sono in termini non solo di gestione quotidiana, perché poi dopo la diagnosi e il trattamento acuto a livello ospedaliero ritornano a casa. Va rivista, quindi, tutta la policy che c’è in Italia sulla famiglia con malattia rara. La malattia rara non colpisce una persona, colpisce un nucleo familiare e quindi va in questo contesto va rivisto, va rivisitato tutto l’assetto perché altrimenti veramente si ammala l’intero nucleo famigliare e non la sola persona. (bf)

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    Spazio nel web per i giovani stranieri nati in Italia: è il progetto Istat "Noi più dieci"

    ◊   Si chiama “Noi più dieci” il progetto promosso dall’Istat e rivolto alle “seconde generazioni”, i ragazzi nati in Italia da genitori stranieri o da rifugiati, o cresciuti nel nostro Paese. A loro – fino al 29 febbraio – l’Istat chiede di raccontare il futuro che hanno in mente per sé e per l’Italia da qui a dieci anni. Il servizio è di Davide Maggiore:

    I sogni, i desideri, la professione che immaginano di svolgere, il luogo in cui vivranno: sono questi i temi su cui i ragazzi stranieri nati in Italia potranno esprimersi, sfruttando tutti i mezzi di comunicazione. Oltre che con i testi scritti, sarà possibile partecipare anche con contributi video e audio e persino con un semplice messaggio sms inviato dal cellulare. I lavori saranno poi pubblicati in rete sul canale Youtube del censimento, nella pagina dedicata a “Noi più dieci”, sul sito dell’Istat. A diffondere i materiali sul web contribuirà, oltre all’Istat, anche la Rete G2 Seconde Generazioni: creata nel 2005, l’Associazione collabora alla realizzazione del progetto. Uno dei rappresentanti della Rete, Ezequiel Iurcovich, ha spiegato come immagina il quadro che sarà delineato dai contributi:

    “Un’immagine fatta di tanti piccoli gesti quotidiani, anche sogni e aspirazioni quotidiane, sogni diversi, accomunati dall’esperienza di vita che si svolge oggi in Italia”.

    Un’Italia in cui i ragazzi di seconda generazione rappresenterebbero, se presi insieme, una città delle dimensioni di Napoli, con circa un milione di abitanti. Un’Italia che è anche il Paese in cui questi giovani hanno trascorso tutta o quasi la loro vita. Lo spiega ancora Ezequiel Iurcovich:

    “Le seconde generazioni non sono emigrate, perché o sono nate in Italia oppure sono arrivate in Italia quando erano piccole, al seguito dei propri genitori, all’età di due, tre, quattro o cinque anni, ma che in Italia hanno seguito tutto il percorso scolastico”.

    Il valore dell’iniziativa “Noi più dieci”, che costituisce una sorta di corollario del censimento 2011, va quindi oltre le statistiche. E’ Michela Paciello, referente Istat per il progetto, a chiarire che importanza ha questo sguardo posato sulla realtà delle seconde generazioni:

    “E’ una presenza, di cui è importante non solo rilevare la consistenza numerica, ma anche, in qualche modo, riconoscerne le aspirazioni e le ambizioni. E’ un’opportunità ulteriore per conoscerci e per favorire comunque una coabitazione serena e costruttiva”. (ap)

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    Chiesta l'apertura della Causa di beatificazione per don Giussani. La gioia di Cl nelle parole di don Carron

    ◊   Un lungo applauso dei diecimila fedeli ha attraversato ieri sera il Duomo di Milano, quando il presidente di Comunione e Liberazione don Julian Carron ha annunciato di aver presentato all’arcivescovo di Milano la richiesta di apertura della Causa di beatificazione e di canonizzazione di mons. Luigi Giussani, fondatore di Cl. Un annuncio giunto al termine della celebrazione nel settimo anniversario della scomparsa e nel 30.mo del riconoscimento pontificio della Fraternità di Comunione e Liberazione. Il servizio di Fabio Brenna:

    Il cardinale Angelo Scola, che ha presieduto la celebrazione, ha ricordato all'omelia l’“aspetto geniale della proposta educativa di Giussani”, ovvero “l’efficace riproposizione della verità cristiana che nessuno può salvarsi da sé”, ricordando poi la “forza profetica” del sacerdote ambrosiano:

    “Mons. Giussani ha espresso questa sensibilità ambrosiana con forza profetica fin dagli anni ’50, educando all’assunzione integrale di ogni aspetto dell’umana esistenza. Per la logica dell’incarnazione, il cristiano è colui che testimonia l’opera salvifica del Crocifisso risorto ovunque: in famiglia, nel lavoro, nel sociale, a tutti i livelli, fino a giungere al delicatissimo impegno politico. Tutto è vostro”.

    Parlando poi della "creatura" di don Giussani, il cardinale ha spiegato il senso di quelle parole che stanno nel nome, insistendo sull’aspetto “comunione” come premessa indispensabile per l’unità dei credenti, e affidando un preciso compito a tutti gli appartenenti al Movimento:

    “Praticare, nella cordiale assunzione del principio della pluriformità nell’unità, il principio dell’attuazione materiale della comunione. Praticare una profonda comunione con tutta la Chiesa diocesana che vive a immagine della Chiesa universale”.

    Dopo l’annuncio dell’avvio della Causa di beatificazione, il cardinale Scola ha ricordato con commozione la sua lunga frequentazione con il “Gius”, come veniva chiamato dai suoi don Giussani, sottolineando il particolare dello sguardo:

    “Un sorriso discreto come un abbraccio ma attraversato sempre da un impeto che ti impediva di assecondare la tua ‘vanitas’: don Giussani non ti risparmiava niente, ma non ti risparmiava neanche il tuo proprio bene”.

    Postulatrice della Causa di beatificazione è Chiara Minelli, docente di Diritto canonico all’Università di Brescia.

    Parte, dunque, a questo punto il lungo iter della raccolta delle tante testimonianze di chi ha vissuto accanto a don Giussani. Lo spiega al microfono di Paolo Ondarza don Julian Carron, presidente di Cl:

    R. – Essendo morto così di recente, in tanti hanno avuto l’esperienza di un lunghissimo rapporto con lui, e allora in tanti possono testimoniare davanti alle autorità della Chiesa quello che hanno visto e cosa li abbia colpiti di questa persona. In quetso modo, potrà essere verificata l’azione di Dio.

    D. – Alla Messa di ieri, almeno diecimila persone, forse di più, hanno riempito le tre navate del Duomo. La gente era anche all'esterno...

    R. – Sì, questo è un ulteriore segno di cosa abbia significato e cosa significhi tuttora la figura di don Giussani. Noi abbiamo tanti altri segni del grande affetto per lui. Per esempio, la continua visita alla tomba e tanti biglietti con cui il popolo gli si rivolge.

    D. – E la fraternità di Comunione e Liberazione come ha vissuto questo momento importante?

    R. – Per noi, prima di tutto, è una grande gioia e un’ulteriore responsabilità nel riconoscere quale sia stata veramente l’opera di Dio nella persona di don Giussani, come testimone di Cristo. In un momento particolarmente travagliato della storia, lui ha dato testimonianza di come Cristo renda più umano ogni aspetto della vita, se uno si lascia generare da Lui e lo segue. Don Giussani per noi è stato sempre un testimone di cosa possa diventare la vita, cosa possa diventare un uomo quando si lascia travolgere dall’attrattiva vincente, come la chiamava don Giussani, del cristianesimo.

    D. – Un testimone di Dio per l’uomo post-moderno, con tutte le difficoltà che presenta il mondo contemporaneo...

    R. – Come uomo del nostro tempo le ha vissute sulla propria carne: in una città come Milano, con tutta la sua ricchezza, con tutta la sua sfida culturale, don Giussani ha testimoniato cosa vuol dire essere cristiano oggi.

    D. – Sono passati sette anni dalla morte di don Giussani e più volte egli ha indicato come fondamentale la domanda della presenza di Cristo in ogni situazione della vita e in ogni tempo. E’ questo a renderlo ancora così attuale?

    R. – Sì, proprio per aver vissuto non fuori del reale, ma nella realtà storica in cui tutti noi viviamo. A partire dalla propria esperienza di fede, egli ha potuto dare giudizi, illuminare, suggerire modalità di risposta attuali alle sfide contemporanee. Penso, per esempio, a quando ha incominciato la sua missione nella scuola, nel Liceo Berchet: aveva intuito più in fretta di tutti quello che adesso tutti riconosciamo, l’emergenza educativa. E’ un piccolo esempio tra tanti altri di quello che il cardinale Scola ieri chiamava il suo "dono profetico". (ap)

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Pakistan: estremisti islamici attaccano una comunità cristiana, feriti due fedeli

    ◊   Estremisti islamici armati hanno assaltato a Faisalabad, in Pakistan, una comunità protestante presso la Grace Ministry Church, ferendo in modo grave due cristiani. Uno dei due, Sajid Masih, è stato colpito da alcuni proiettili e versa in condizioni critiche in ospedale; l'uomo rischia l'amputazione del braccio. Un altro fedele della comunità protestante, Boota Masih, è stato spinto dal tetto - un'altezza di circa sei metri - dopo essere stato colpito più volte con un calcio del fucile. Alla base del raid estremista vi sarebbe l'accusa rivolta alla locale chiesa di evangelizzare musulmani nel tentativo di convertirli al cristianesimo. Più volte in passato la comunità è stata oggetto di assalti e di minacce di morte al pastore e alla sua famiglia. Fonti del Pakistan Christian Post riferiscono che Sajid e Boota sono stati trasportati in ospedale e sottoposti a un delicato intervento chirurgico, durato oltre quattro ore. I medici hanno estratto una pallottola dal braccio di Sajid, ma le sue condizioni restano gravi e i sanitari potrebbero decidere per l'amputazione del braccio che è a rischio cancrena. Il proiettile ha trapassato l'arto e si è conficcato in una costola. L'attacco alla Grace Ministry Church è avvenuto ieri e la comunità cristiana è tuttora sotto shock. Intanto le forze di polizia, invece di perseguire i responsabili della violenza, hanno aperto un fascicolo di inchiesta contro il reverendo Altaf Khan - pastore della comunità - e altri 20 fedeli. Gli agenti hanno già arrestato l'autista Pervaiz Masih, un altro fedele cristiano chiamato Nazish Nadeem, insieme a due guardie responsabili della sicurezza, Rafiq Masih e Shahzad. La chiesa protestante è stata fondata nel 1987 e negli ultimi tempi ha subito forti pressioni e attacchi, per presunti casi di proselitismo. Negli ultimi due mesi, racconta il rev. Khan, "io e la mia famiglia abbiamo ricevuto minacce di morte da estremisti e terroristi non meglio indentificati". A lanciare l'accusa di proselitismo sarebbe stata l'unica famiglia musulmana, che abita nella via in cui sorge la Grace Ministry Church di Faisalabad. "Alcuni gruppi cristiani e musulmani - conclude il rev. Khan - gelosi del nostro ministero hanno finanziato i gruppi terroristi e sostenuto i loro attacchi".

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    Scontri in Myanmar: appello di pace del vescovo di Banmaw

    ◊   Mine antiuomo disseminate sul territorio e gravi epidemie che colpiscono soprattutto i bambini: sono, questi, solo alcuni tra i problemi più urgenti per la popolazione di etnia kachin, nel nord del Myanmar (sud-est asiatico) teatro dello scontro fra le truppe governative e i ribelli del Kachin Independence Army (Kia). È quanto emerge da un appello di monsignor Raymond Sumlut Gam, vescovo di Banmaw, che, a otto mesi dall’inizio dei combattimenti invoca pace e riconciliazione. «Ora — evidenzia il presule, citato dall'Osservatore Romano — gli sfollati sono oltre 57.000. La diocesi è fortemente influenzata dalla guerra civile e le persone sono fuggite verso le città e le aree di confine. Attualmente la nostra Caritas si prende cura di 13.500 sfollati interni in diversi campi per rifugiati. Offriamo istruzione scolastica, vestiti, cibo, medicine, formazione, sostentamento, cura pastorale e assistenza spirituale. Ma gli sfollati nelle aree remote e di confine vivono in condizioni pessime, con limitati rifugi e assistenza umanitaria». Il vescovo nota allarmato i problemi più gravi: «Negli ultimi mesi sono scoppiate fra i bambini malattie respiratorie ma anche dissenteria, malaria e tubercolosi, con forti rischi di mortalità». Inoltre i territori agricoli intorno ai villaggi sono disseminati di mine antiuomo. Pertanto i rifugiati hanno paura di riprendere una vita normale e il loro futuro è precario. Infatti, sebbene «i combattimenti sembrino diminuiti di intensità, la popolazione è solo cautamente ottimista sulle reali possibilità di pace». Il presule conclude invitando la comunità internazionale e i Governi a fare pressioni sulle parti per la fine del conflitto, e per costruire pace e riconciliazione». (T.C.)

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    I vescovi filippini lanciano un ritiro spirituale virtuale per il periodo della Quaresima

    ◊   Un ritiro spirituale virtuale. È il nuovo servizio on-line proposto per il periodo di Quaresima dalla Conferenza episcopale filippina (Cbcp) sul sito www.visitaiglesia.net. Il sito è stato lanciato due anni fa per quei fedeli che, soprattutto per motivi di lavoro, non possono compiere la cosiddetta “Visita Iglesia” pasquale, il tradizionale giro delle chiese per ripercorrere le 14 stazioni della Via Crucis. Il nuovo servizio – riferisce l’agenzia Ucan - sarà messo in rete la prossima domenica. La pagina, ha spiegato alla conferenza stampa di presentazione dell’iniziativa mons. Pedro Quitorio, direttore dell’Ufficio stampa della Conferenza episcopale, offrirà video-catechesi, disponibili anche in podcast, alle persone che nel periodo di Quaresima non possono partecipare di persona a ritiri spirituali in conventi e monasteri. Un’esperienza - ha sottolineato il presule – che tutti i fedeli dovrebbero fare per prepararsi al meglio alla Settimana Santa. Il sito www.visitaiglesia.net offre anche link con blog di vescovi, sacerdoti, religiosi e laici. I suoi principali destinatari sono i marittimi e i lavoratori emigrati in Paesi non cristiani dove è più difficile praticare il culto. La “Visita Iglesia” è una tradizione pasquale che nelle Filippine risale all’inizio del XVIII secolo quando fu introdotta dai missionari spagnoli sul modello del pellegrinaggio alle sette basiliche romane. (L.Z.)

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    Timor est: appello della Chiesa per elezioni presidenziali pacifiche

    ◊   Elezioni pacifiche, senza violenza: è quanto chiede ai fedeli la Chiesa di Dili, a Timor Est, in vista tornata elettorale per le presidenziali che si terrà il 17 marzo. Tredici i candidati in lizza, tra cui due donne ed il presidente uscente, il premio Nobel Ramos Horta, in corsa per il secondo mandato. La campagna elettorale prenderà il via il 29 febbraio e si concluderà il 14 marzo. Per diffondere il messaggio di pace, il vescovo di Dili, mons. Alberto Ricardo da Silva, ha organizzato due giorni fa una processione di 5 km dalla Chiesa di Nostra Signora Ausiliatrice di Komoro alla sede episcopale di Lecidere. All’evento hanno partecipato 5mila persone, inclusi sacerdoti, suore, seminaristi, laici e autorità politiche. “La popolazione di Timor Est deve partecipare alle elezioni presidenziali con un cuore pacifico e con un sentimento di unità – ha detto mons. da Silva – Tutto ciò deve essere fatto a favore dello sviluppo del Paese”. Auspicando poi che non si verifichino violenze e scontri, il presule ha aggiunto: “La Chiesa prende parte alla promozione della pace nella nazione. Per questo, dobbiamo continuare a chiedere a Dio e alla Vergine Maria forza e protezione”. Di qui, l’invito affinché i fedeli coltivino la pace nei loro cuori e nelle loro famiglie, seguendo gli insegnamenti di Gesù, poiché “così facendo, il Paese vivrà in armonia”. La processione di martedì scorso non è l’unica iniziativa che la diocesi di Dili ha messo in campo per chiedere elezioni pacifiche: ieri sono iniziati anche i 111 giorni di preghiera promossi dalle comunità ecclesiali di base e che proseguiranno fino al 12 giugno. L’iniziativa ha incontrato l’apprezzamento delle autorità civili, le quali hanno auspicato che tutti i politici ascoltino realmente l’appello della Chiesa alla pace. (A cura di Isabella Piro)

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    Rapporto sul Darfur: ancora quasi 2 milioni di profughi

    ◊   A nove anni dall’inizio del conflitto in Darfur continua la crisi umanitaria in questa regione del Sudan. Secondo il rapporto dell’associazione "Italians for Darfur", ancora 1 milione 900 mila profughi vivono nei campi, esclusivamente grazie all’aiuto internazionale. Nell’ultimo anno, tuttavia, sotto alcuni aspetti si sono potuti osservare segnali di speranza: per la prima volta dal 2003 il numero di coloro che sono rientrati nelle loro case è superiore a quello degli sfollati. Anche grazie agli accordi firmati a Doha in Qatar, lo scorso 14 luglio, sono diminuiti, inoltre, i morti negli scontri ancora in corso tra forze governative e movimenti armati: tra 2010 e 2011, infatti, le vittime sono passate da oltre mille a meno di 400. Resta invece forte l’emergenza sanitaria: l’assistenza alle popolazioni si è molto ridotta, anche a causa dei limiti operativi che - secondo il rapporto – sono stati imposti alle organizzazioni umanitarie, presenti sul territorio in numero minore rispetto al passato (A cura di Davide Maggiore)

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    I vescovi del Malawi: la Quaresima sia tempo di carità nella verità

    ◊   Nel tempo di Quaresima, la carità dei cristiani non sia a parole, ma nei fatti e nella verità: questo, in sintesi, il messaggio che la Conferenza episcopale del Malawi (CEM), guidata da mons. Joseph Zuza, rivolge ai fedeli in occasione dei 40 giorni che precedono la Pasqua. “Con il Mercoledì delle Ceneri – si legge nel documento – la Chiesa cattolica inizia un percorso di conversione tradizionalmente segnato da preghiera, condivisione, silenzio, digiuno ed opere di carità”. L’appello, quindi, è ad “intraprendere questo percorso con spirito e cuore nuovi”, cercando di “puntare ad un livello più alto della vita cristiana” e “rinnovando la testimonianza di amore e di fedeltà al Signore”. Per questo, continua la CEM, “bisogna desistere dalla tentazione di essere cristiani tiepidi; anzi, è necessario mettere a frutto i nostri variegati talenti per il bene nostro e dei nostri fratelli”. “Il Malawi – sottolineano i presuli – sarebbe un posto migliore in cui vivere se tutti noi giocassimo il nostro ruolo”. La Quaresima, dunque, sia realmente un tempo di “carità reciproca, servizio ed opere di buona volontà”. In quest’ottica, si richiede ai cristiani di combattere contro alcuni “mali” che affliggono il Paese, come “corruzione, nepotismo, tribalismo, orgoglio, stregoneria, satanismo, abusi sui minori, alcolismo”, poiché “si tratta di mali contrari alla legge d’amore che è il fulcro della vita cristiana”. Di qui, l’appello che la CEM lancia affinché si preghi “per il Malawi ed i suoi leader, che hanno la grande responsabilità di lavorare per il bene di ciascuno e di tutti”. “Il Paese sta attraversando un momento davvero difficile – scrivono ancora i presuli nel messaggio – Ma come credenti noi sappiamo che Dio non ci abbandonerà perché Egli ci ama moltissimo”. Infine, la Conferenza episcopale si affida a Maria, “Madre della Chiesa”, affinché aiuti i fedeli a trasformarsi in “uomini e donne pieni di fede, speranza e carità”. (I.P.)

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    Corea del Sud: cresce il Movimento giovanile salesiano

    ◊   Nel fine settimana dal 17 al 19 febbraio circa 300 giovani si sono riuniti presso il centro giovanile di Daejeon per partecipare alla prima Giornata della Gioventù Salesiana della Corea del Sud. L’appuntamento, un successo per numeri e qualità dell’esperienza, rappresenta un altro tassello nel lavoro pastorale dei Salesiani (Sdb) e delle Figlie di Maria Ausiliatrice (Fma) per la formazione Movimento giovanile salesiano (Mgs). La Giornata della Gioventù salesiana della Corea, organizzata congiuntamente da Sdb e Fma, ha accompagnato i partecipanti ad una maggiore conoscenza di Gesù e di Don Bosco: il titolo dell’incontro è stato “Ecce Homo, Ecce Don Bosco!”. Nel corso dei tre giorni di attività i giovani hanno potuto ascoltare la storia di Don Bosco, sperimentare insieme a salesiani e fma la passione per i giovani e godere di un tempo di riflessione e preghiera. Alcuni salesiani hanno condiviso la storia della propria vocazione, invitato i ragazzi a pensare alla vita come una chiamata ad uno specifico progetto e li hanno esortati a interrogarsi su quale potrebbe essere la volontà di Dio su di loro. Durante l’omelia della messa conclusiva don Stephanus Nam, Ispettore della Corea del Sud, ha detto ai ragazzi: “Essere giovani significa avere dei sogni. Come Don Bosco, ognuno di voi ha il suo sogno e ha bisogno di compiere degli sforzi per realizzarli. Noi salesiani siamo qui per accompagnarvi passo passo lungo il cammino per farlo diventare realtà”. L’Ispettore ha anche incoraggiato i giovani a rafforzare il Mgs e ad essere più attivi nella società, perché in questi tempi di incertezza, possano aiutare tanti coetanei che conducono un’esistenza priva sogni. Un giovane partecipante ha dichiarato: “Voglio offrire questa fantastica esperienza agli amici che mi circondano. Durante questi tre giorni ho scoperto la grandezza dell’amore di Don Bosco, un amore che prosegue ancora oggi attraverso i Salesiani. Ho deciso di assumermi il compito di apostolo tra i miei amici, come Don Bosco chiese di fare ai giovani della sua epoca”. Il Mgs in Corea del Sud ha mosso i primi passi nel 2008, in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù di Sydney. I giovani che ne fanno parte amano definirsi come “Bosconians” e ricevono formazione e guida spirituale nelle varie comunità locali. Numericamente il gruppo è in continua crescita: i membri del Mgs erano circa un centinaio prima della Gmg di Madrid, ma nell’appuntamento di Daejeon rappresentavano la gran parte dei 300 partecipanti. Proprio su richiesta dei giovani, i Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice hanno deciso di rendere la Giornata della Gioventù Salesiana un evento annuale per il Mgs della Corea. (I.P.)

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    A Ragusa un convegno sul dialogo tra culture

    ◊   “Carità e povertà a fondamento dell’amicizia tra i popoli”. Questo il titolo della tavola rotonda organizzata dal Consiglio centrale della San Vincenzo de Paoli di Ragusa, nell’ambito della Campagna nazionale 2011-2012. La manifestazione avrà luogo il 25 febbraio alle ore 17 presso il Centro servizi culturali del comune di Comiso, in provincia di Ragusa. Previsti gli interventi di padre Biagio Aprile, direttore della Cattedra di “Dialogo tra le culture”, di Abderrazak Sayadi, della Facultè des Lattres de Manouba di Tunisi, e di Maurizio Ceste, della Giunta nazionale della San Vincenzo de Paoli. L’evento è stato organizzato con la collaborazione del comune e della pro loco di Comiso, del costituendo club Unesco di Comiso, del Centro servizio volontariato etneo e del Centro studi spiritualità e cultura “Calicantus”. È prevista inoltre la partecipazione del vescovo di Ragusa, mons. Paolo Urso.(S.S.)

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    Cina: la comunità cattolica partecipa ai riti per l’inizio della Quaresima

    ◊   Fare un digiuno morale e materiale, riconciliarsi con Dio con gli altri: è l’invito che i sacerdoti cinesi hanno rivolto ai fedeli durante la Messa delle Ceneri, celebrata ieri in tutte le comunità, che segna l’inizio dei 40 giorni di cammino quaresimale, in comunione con la Chiesa universale. Secondo le informazioni pervenute all’Agenzia Fides da Faith dell’He Bei, le comunità cattoliche hanno celebrato solennemente la Messa con la benedizione ed imposizione delle Ceneri, portandole anche agli anziani, agli ammalati e a quanti vivono nelle zone più sperdute. Oltre 200 fedeli hanno partecipato all’Eucaristia nella Cattedrale della diocesi di Zhou Cun, nella provincia dello Shan Dong, presieduta dall’anziano vescovo diocesano mons. Wang, concelebrata dai sacerdoti diocesani. Nell’omelia, tenuta da un sacerdote, sono stati sottolineati gli impegni quaresimali: “le opere caritative, il digiuno e la preghiera, la riconciliazione con Dio e con gli altri”. Inoltre “il digiuno non deve essere soltanto materiale”, limitato quindi al cibo, ma è necessario anche “il digiuno della bocca, delle orecchie e degli occhi” astenendosi dal dire, dall’ascoltare e dal vedere cose che non sono conformi alla fede cristiana, solo così potrà essere rinnovata “la nostra vita quotidiana per avere una vita nuova nel Signore”. Dopo la Messa celebrata in parrocchia, molti sacerdoti della diocesi di San Yuan, accompagnati dalle religiose e dai laici sono andati nelle comunità ecclesiali di base e nelle famiglie per portare la ceneri a quanti non si possono recare in chiesa o vivono nella zone più lontane, e soprattutto a quanti riceveranno il battesimo a Pasqua, perché non manchi loro il segno dell’inizio del cammino di preparazione spirituale verso la Pasqua del Signore.

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    Germania. Cattolici ed evangelici: neonazismo è contro l'uomo e contro Dio

    ◊   Alla vigilia della commemorazione delle vittime del gruppo neonazista “Nationalsozialistischer Untergrund - Nsu”, celebrata a Berlino, la Chiesa cattolica e protestante hanno diffuso ieri un comunicato congiunto, di cui riferisce il Sir. “Il pensiero e l’azione dell’estrema destra è incompatibile con la fede cristiana”, scrivono mons. Robert Zollitsch, presidente della Conferenza episcopale tedesca (Dbk), e Nikolaus Schneider, presidente del Consiglio della Chiesa evangelica tedesca (Ekd). Si tratta di un’ideologia che “viola pesantemente il principio fondamentale per i cristiani dell’essere umano fatto a immagine e somiglianza di Dio. Chi viola la dignità e i diritti delle persone, chi odia, ferisce o addirittura uccide altre persone, agisce contro la volontà di Dio”, si legge nel documento. “Come cristiani siamo convinti di dover superare insieme l’emarginazione e l’odio e di dover rendere possibile la pace. Qualsiasi distanza tra popoli e persone viene superata mediante l’unione in Gesù Cristo. Sono proprio le persone di origine e di fede diversa ad aver bisogno di un’assistenza e un impegno speciali da parte nostra”, hanno affermato i capi delle due Chiese, rinnovando l’appello “ai fedeli del nostro Paese di pregare per le vittime e le loro famiglie”.

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    Argentina. I vescovi deplorano la repressione delle proteste pacifiche e chiedono garanzie circa l’attività mineraria

    ◊   I vescovi della zona argentina di Patagonia-Comahue hanno criticato l'attività estrattiva in corso e hanno chiesto il rispetto del diritto internazionale e nazionale per questa attività, oltre a "deplorare" la repressione che si è verificata nella zona "La Alumbrera" Catamarca. “Deploriamo ciò che sta accadendo in diverse regioni del paese, dove si reprime la protesta pacifica e si divide la società, mentre l'attività mineraria rimane impunita o viene messa in discussione in modo superficiale" si legge nel comunicato dei vescovi. Il dibattito sulla “megaminería” è diventato un problema dall'inizio di gennaio, quando sono iniziati i blocchi stradali e le manifestazioni nel nord-ovest del paese contro lo sfruttamento dei giacimenti minerari nella zona Famatina (La Rioja), Bajo La Alumbrera e Agua Rica (Catamarca). I più coinvolti sono stati i residenti di Tinogasta, che avevano fermato i camion che trasportavano rifornimenti per La Alumbrera: ciò ha scatenato una vera repressione delle forze dell'ordine che ha lasciato otto feriti da proiettili di gomma, secondo la stampa locale. In occasione del VIII Incontro delle diverse Commissioni di Pastorale della Regione della Patagonia-Comahue, il cui tema centrale è stato la Chiesa e la cura per la natura, tutti i partecipanti hanno firmato la richiesta di un dialogo con le autorità. “Vogliamo condividere la nostra posizione in merito all'impatto ambientale delle miniere, che suscita gravi preoccupazioni in gran parte del popolo argentino” dice la lettera inviata all’Agenzia Fides. La Chiesa propone un dialogo aperto e dei limiti sulle questioni controverse, oltre all'impegno per garantire che le città e le aree vicine ai progetti minerari possano mantenere: il proprio stile di vita, il loro lavoro, il loro sistema produttivo, le loro acque, le loro colline, la loro foresta. Inoltre si chiede di esprimere la volontà politica di un efficace controllo sociale su questi accordi e il rispetto della legge argentina e della legge internazionale, che protegge i diritti e i territori dei popoli indigeni. Questo documento è firmato dalle diverse Commissioni di pastorale diocesana e dai vescovi delle Diocesi di Alto Valle di Rio Negro, Comodoro Rivadavia, Neuquén, Rio Gallegos, San Carlos de Bariloche e Viedma, e della Prelatura di Esquel.

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 54

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