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Sommario del 08/02/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all'udienza generale: Dio non ci abbandona mai, come Gesù sulla croce affidiamo a Lui il nostro dolore
  • Il Papa invita alla solidarietà per le persone colpite da neve e gelo. In Europa oltre 450 vittime
  • Il dolore del Papa per le vittime del crollo di tre edifici a Rio de Janeiro
  • Mons. Scicluna al Simposio sugli abusi sui minori: chi non denuncia un crimine è nemico della Chiesa
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria: violenze anche contro i bambini. Unicef: è un massacro degli innocenti
  • Partiti divisi in Grecia sulle nuove misure di austerità per evitare la bancarotta
  • Usa: Rick Santorum vince le primarie repubblicane in tre Stati
  • Il dramma dei profughi rapiti nel Sinai: si attiva l'Onu
  • Un sms solidale per sostenere il progetto "Cuore di bimbi" sulle cardiopatie infantili nei Paesi poveri
  • Presentato il logo della Gmg di Rio 2013. L'autore è un giovane brasiliano
  • Studio dell'Ue rivela: il 40% dei giovani europei naviga a "rischio" web. Il filtro migliore è dialogare con i genitori
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Medio Oriente: mons. Twal favorevole all'accordo Fatah-Hamas
  • Nigeria: per mons. Onaiyekan l'arma per fermare i Boko Haram è il perdono
  • Filippine: aumenta il numero di vittime per il terremoto di lunedì
  • Usa: disappunto dei vescovi per la sentenza sulla definizione del matrimonio
  • Messico: tregua e cambio di mentalità per la visita del Papa
  • Ecuador: missionario laico muore per salvare sette bambini
  • India: proteste dei cristiani contro il governo del Gujarat, che asseconda i radicali indù
  • Indonesia: a East Sumba colletta dei cattolici per i villaggi a rischio carestia
  • Pakistan: i cristiani favorevoli a una riforma della legge sul divorzio
  • Senegal: per i vescovi “elezioni determinanti per l’avvenire del Paese”
  • Congo: religiosi e religiose per la riconciliazione e la pace nel Paese
  • Somalia: il tasso di malnutrizione acuta infantile tra gli sfollati di Mogadiscio supera il 20%
  • Sud Corea: l’evangelizzazione del Nord priorità della Chiesa cattolica
  • Lourdes: l'11 febbraio Atto di affidamento per l'anniversario della prima apparizione
  • Eurostat: un quarto dei minori nell'Unione Europea a rischio indigenza ed esclusione
  • Vescovi della Lombardia: riunione su Anno della fede, formazione, laici e "Family 2012"
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all'udienza generale: Dio non ci abbandona mai, come Gesù sulla croce affidiamo a Lui il nostro dolore

    ◊   Sull’esempio di Cristo, “davanti alle situazioni più difficili e dolorose, quando sembra che Dio non senta, non dobbiamo temere di affidare a Lui tutto il peso che portiamo nel nostro cuore”. Sono le parole del Papa all’udienza generale di oggi in Aula Paolo VI, dedicata alla preghiera di Gesù di fronte alla morte. Il servizio di Giada Aquilino:

    Ripercorrendo gli ultimi istanti della vita terrena di Gesù, le sei ore di Cristo sulla croce, il Papa ha proposto una riflessione sul buio di quei momenti e sul grido di Gesù: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato”. Benedetto XVI si è soffermato sulla preghiera di Gesù morente, riportata dai due evangelisti Marco e Matteo sia in greco, “in cui è scritto il loro racconto”, sia “in una mescolanza di ebraico ed aramaico”, per tramandarne non soltanto il contenuto, ma persino “il suono che tale preghiera ha avuto sulle labbra di Gesù”: ascoltiamo, dunque, “realmente le parole di Gesù come erano”, ha notato il Santo Padre. Cristo, di fronte agli insulti dei presenti alla crocifissione, che non compresero o non vollero comprendere la preghiera di Gesù - ha ricordato Benedetto XVI - e “davanti al buio che cala su tutto”, con il grido della sua preghiera “mostra che, assieme al peso della sofferenza e della morte in cui sembra ci sia l’abbandono, l’assenza di Dio, Egli ha piena certezza della vicinanza del Padre, che approva questo atto supremo di amore, di dono totale di Sé, nonostante non si oda, come in altri momenti, la voce dall’alto”. Nel momento di angoscia, la preghiera diventa un grido: “questo - ha sottolineato il Papa - avviene anche nel nostro rapporto con il Signore”:

    “Davanti alle situazioni più difficili e dolorose, quando sembra che Dio non senta, non dobbiamo temere di affidare a Lui tutto il peso che portiamo nel nostro cuore, non dobbiamo avere paura di gridare a Lui la nostra sofferenza”.

    Nel momento “dell’ultimo rifiuto degli uomini, nel momento dell’abbandono”, Gesù prega “nella consapevolezza della presenza di Dio Padre” anche in quest’ora in cui sente il dramma umano della morte”:

    “E’ importante comprendere che la preghiera di Gesù non è il grido di chi va incontro con disperazione alla morte, e neppure è il grido di chi sa di essere abbandonato. Gesù in quel momento fa suo l’intero Salmo 22, il Salmo del popolo di Israele che soffre, e in questo modo prende su di Sé non solo la pena del suo popolo, ma anche quella di tutti gli uomini che soffrono per l’oppressione del male e, allo stesso tempo, porta tutto questo al cuore di Dio stesso nella certezza che il suo grido sarà esaudito nella risurrezione: «il grido nell'estremo tormento è al contempo certezza della risposta divina, certezza della salvezza – non soltanto per Gesù stesso, ma per ‘molti’ »”.

    Nella preghiera di Gesù sono racchiusi “l’estrema fiducia e l’abbandono nelle mani di Dio, anche quando sembra assente, anche quando sembra rimanere in silenzio, seguendo un disegno a noi incomprensibile”. Quello di Gesù è “un soffrire in comunione con noi e per noi, che deriva dall’amore e già porta in sé la redenzione, la vittoria dell’amore”. Nel momento estremo, quindi, Gesù “lascia che il suo cuore esprima il dolore, ma lascia emergere, allo stesso tempo, il senso della presenza del Padre e il consenso al suo disegno di salvezza dell’umanità”.

    “Anche noi ci troviamo sempre e nuovamente di fronte all’«oggi» della sofferenza, del silenzio di Dio - lo esprimiamo tante volte nella nostra preghiera - ma ci troviamo anche di fronte all’«oggi» della Risurrezione, della risposta di Dio che ha preso su di Sé le nostre sofferenze, per portarle insieme con noi e darci la ferma speranza che saranno vinte”.

    Infatti nella preghiera - ha aggiunto il Pontefice - “portiamo a Dio le nostre croci quotidiane, nella certezza che Lui è presente e ci ascolta”. Un concetto ripetuto anche nei saluti finali nelle varie lingue:

    “Il grido di Gesù ci ricorda come nella preghiera dobbiamo superare le barriere del nostro 'io' e dei nostri problemi e aprirci alle necessità e alle sofferenze degli altri. La preghiera di Gesù morente sulla Croce ci insegni a pregare con amore per tanti fratelli e sorelle che sentono il peso della vita quotidiana, che vivono momenti difficili, che sono nel dolore, che non hanno una parola di conforto, preghiamo tutto questo al cuore di Dio perché anch’essi possano sentire l’amore di Dio che non ci abbandona mai”.

    Congedandosi dai pellegrini giunti in Aula Paolo VI, il Pontefice ha salutato tra gli altri i padri Stimmatini che celebrano il 36° Capitolo Generale e religiose, insegnanti e studenti dell’Istituto “San Francesco di Sales” di Roma, con i sacerdoti che partecipano alla settimana di studio promossa dall’Ateneo della Santa Croce sul tema del ministero pastorale della direzione nei Seminari. Tra i presenti, anche una colorata delegazione in maschera del Coordinamento del Carnevale Veronese.

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    Il Papa invita alla solidarietà per le persone colpite da neve e gelo. In Europa oltre 450 vittime

    ◊   L'Europa continua ad essere flagellata dal maltempo. Al termine dell’udienza generale in Vaticano, Benedetto XVI ha espresso vicinanza alle popolazioni colpite dall’emergenza gelo che ha provocato, finora, la morte di almeno 450 persone. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Nelle ultime settimane, ha ricordato il Papa, “un’ondata di freddo e di gelo si è abbattuta su alcune regioni dell’Europa”, provocando centinaia di morti, “forti disagi e ingenti danni”:

    “Desidero manifestare la mia vicinanza alle popolazioni colpite da così intenso maltempo, mentre invito alla preghiera per le vittime e i loro familiari. Al tempo stesso incoraggio alla solidarietà affinché siano soccorse con generosità le persone provate da tali tragici eventi”.

    Ucraina e Polonia restano i Paesi più colpiti, con oltre 200 morti, nella maggior parte dei casi per assideramento. La situazione è critica anche in Romania, Repubblica Ceca e Lituania. A perdere la vita sono soprattutto anziani e senzatetto, o automobilisti rimasti coinvolti in incidenti stradali causati dal ghiaccio. In diversi Paesi, sono state allestite migliaia di tende per offrire un pasto e bevande calde. Ma sono ancora molte le località non raggiungibili. In Serbia, quasi 70 mila persone sono rimaste isolate e in Bosnia centinaia di villaggi sono sommersi dalla neve. La situazione è critica anche in diversi Paesi dell’Europa occidentale. In Italia, dove sono morte almeno 40 persone a causa del freddo dall’inizio dell’emergenza, è prevista nel fine settimana una nuova perturbazione caratterizzata da aria gelida proveniente dalla Siberia. In Italia e anche in altri Paesi europei ci si chiede, intanto, in che modo la Protezione civile possa essere riformata per gestire questo tipo di emergenze legate al maltempo. Al microfono di Luca Collodi il vicedirettore di Caritas italiana, Francesco Marsico:

    R. – Bisogna riflettere sui principi che dovrebbero animare comunque gli interventi istituzionali in qualsiasi ambito e quindi rispolverare il principio di sussidiarietà. Come si accorgono i volontari della Caritas e non solo, il problema non è soltanto quello di un volontariato efficace, ma di una collettiva responsabilità sociale che leghi insieme istituzioni, persone e corpi intermedi.

    D. – Quindi, una Protezione Civile che guardi di più al territorio e coinvolga le autorità locali, il mondo del volontariato, le realtà che vivono in quel territorio colpito da un evento naturale...

    R. – Non c’è dubbio, anche perché quando si vede una difficoltà – ad esempio nell'interpretare in maniera uniforme un allerta meteo o quali tipi di interventi un Comune piuttosto che l’altro debba attuare in situazioni di questo tipo – si capisce che in questi anni non c’è stata una crescita comune in termini culturali e operativi. La grande parola è “sussidiarietà”, quindi responsabilità, che fa crescere ogni persona, non soltanto gli enti istituzionali.

    D. – La Protezione Civile è solo una questione di soldi, cioè più soldi e più efficienza, secondo voi della Caritas?

    R. – Assolutamente no. E’ chiaro che l’assenza di risorse rende impossibile molte cose. Il problema, però, non è mai avere tante risorse o tanto personale, ma un’idea di intervento a sostegno di una comunità colpita. Un’idea vuol dire, appunto, farsi carico dei bisogni delle persone innanzitutto, e, partendo da questo, capire quali sono le risposte territoriali in grado di mobilitarsi. Questo, però, non si fa in emergenza, si fa prima. (ap)

    Il rilancio della Protezione civile riguarda non solo l’Italia, ma l’Europa intera. E’ quanto sottolinea Paolo Beccegato, responsabile dell’area internazionale di Caritas italiana:

    R. – C’è in atto una riflessione profonda sul ruolo della Protezione civile a livello europeo, che è stata sollecitata e spinta anche fortemente dal nostro stesso governo, dai nostri stessi responsabili della Protezione civile, attuali e precedenti. Quindi, direi che la questione si pone davvero a livello europeo e a livello internazionale, perché poi l’eventuale nascita di una Protezione civile europea, coordinata certamente, si porrebbe come soggetto forte di intervento anche nei disastri in tutto il mondo. Un embrione di questo è stato già visto in alcune circostanze, come per esempio a seguito dello tsunami asiatico, quando la Protezione civile italiana è diventata uno dei soggetti più attivi per esempio in Sri Lanka.

    D. – C’è spazio per una Protezione civile sussidiaria, che tenga conto, anche in sede internazionale, dell’apporto delle popolazioni locali, delle strutture che sono già presenti nelle aree di intervento?

    R. – Una sorta di popolazione civile internazionale – che quindi immagino legata all’Onu o a qualche agenzia dell’Onu – è un ulteriore capitolo di ragionamento in corso da anni, rispetto al quale ancora non si è arrivati ad una conclusione. Una sorta di Protezione civile non più europea o non solo europea certamente darebbe più garanzie di imparzialità. Bisognerebbe predisporre in tempi di pace, prima dei disastri, dei piani di intervento su scala nazionale e internazionale, che valorizzino tutte le competenze, i ruoli diversi, e non monopolizzino le cose. Il monopolio è sempre dannoso. (ap)

    Non solo l’Europa, anche il Nord Africa è colpito dall’emergenza maltempo: in Algeria, in particolare, sono almeno 80 le persone morte, nella maggioranza dei casi, in seguito a incidenti stradali e a fughe di monossido di carbonio, provocate da impianti di riscaldamento difettosi.

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    Il dolore del Papa per le vittime del crollo di tre edifici a Rio de Janeiro

    ◊   Una preghiera di suffragio per i defunti e di sostegno per i sopravvissuti. È quella che Benedetto XVI leva in un telegramma di cordoglio, a firma del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, per le vittime del crollo di tre edifici, avvenuto a Rio de Janeiro lo scorso 25 gennaio. Nel testo indirizzato all’arcivescovo della città brasiliana, mons. Giovanni Orani Tempesta, il Papa si dice “profondamente amareggiato dalle tragiche conseguenze” dell’incidente e “spiritualmente presente in questa ora della prova” con una benedizione apostolica per le persone coinvolte e per coloro che hanno prestato l’opera di soccorso.

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    Mons. Scicluna al Simposio sugli abusi sui minori: chi non denuncia un crimine è nemico della Chiesa

    ◊   Proseguono presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma i lavori del Simposio “Verso la guarigione e il rinnovamento”, al quale partecipano i delegati di 110 Conferenze episcopali e di oltre 30 Istituti religiosi. Per padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana, dalla riflessione di questi giorni sta emergendo con chiarezza la volontà della Chiesa di dotarsi dei mezzi per proteggere i bambini e costruire un ambiente sicuro per loro, divenendo d’esempio per l’intera società. A concludere la giornata di ieri, è stata la Veglia penitenziale nella Chiesa di Sant’Ignazio con la richiesta di perdono alle vittime degli abusi e a Dio. Il servizio dell'inviato al Simposio, Stefano Leszczynski:

    Ad aprire i lavori della giornata odierna del Simposio, dedicato agli abusi sessuali su minori compiuti da esponenti del clero, è stato il promotore di giustizia della Congregazione per la Dottrina della Fede, mons. Charles Scicluna, con un intervento sul tema della ricerca della verità nei casi di abuso sessuale da un punto di vista degli obblighi morali e legali. “Chi inganna, chi non denuncia – ha dichiarato mons. Scicluna in conferenza stampa – è nemico della giustizia e quindi della Chiesa". Il promotore di giustizia ha ribadito inoltre il dovere della Chiesa di “ascoltare il dolore delle vittime, assisterle, trattarle con dignità” e ha aggiunto che “si nota una riduzione del numero dei nuovi casi e si assiste a un andamento in discesa” di questi crimini. “Il problema e la grande preoccupazione – ha rivelato – è per l'Europa”, dove sono emersi o stanno emergendo tanti casi. La Chiesa ha dunque l’obbligo di prendersi cura delle vittime di abusi e di aiutarle nel loro percorso di guarigione, ma soprattutto ha l’obbligo di denunciare tali crimini alle autorità civili del Paese in cui essi avvengono. Le indicazioni del dicastero pontificio ai vescovi in tal senso appaiono molto esplicite, in particolare quando si afferma che la cooperazione con gli organismi inquirenti deve essere piena e immediata.

    Diverso sarà il discorso invece per quanto riguarda il meccanismo sanzionatorio interno alla Chiesa, vincolato a norme di Diritto canonico peraltro già esistenti. E’ il caso ad esempio delle eventuali sanzioni nei confronti di quei vescovi che dovessero rendersi responsabili di atteggiamenti omissivi o non dovessero dare corso alle direttive della Congregazione. Sarebbe in ogni caso – ha sottolineato mons. Scicluna – un atteggiamento intollerabile nell’ambito della Chiesa. Molte le reazioni della stampa internazionale alla Veglia penitenziale svoltasi ieri sera nella Chiesa di Sant’Ignazio a Roma. Non si è trattato, come molti dicono, di un semplice mea culpa della Chiesa – ha sostenuto mons. Scicluna – che è invece andata molto oltre, prevedendo misure di prevenzione e cura delle vittime. E proprio a mons. Charles Scicluna abbiamo chiesto se la formulazione delle linee guida per le Conferenze episcopali comporterà delle modifiche anche del Diritto canonico:

    R. - Io direi di no, perché l’Ordinamento giuridico della Chiesa è già stato aggiornato con il Motu Proprio “Sacramentorum Sanctitatis Tutela”. Le linee-guida riguardano una risposta che va al di là dell’Ordinamento giuridico, perché si tratta prima di tutto di applicare l’Ordinamento giuridico che già esiste, di usarlo per la risposta giuridica che bisogna dare al triste fenomeno degli abusi sessuali, ma va oltre, perché parla di formazione delle comunità, di formazione dei futuri sacerdoti ma anche di un approccio “proattivo” alla prevenzione di questi crimini. Per cui, l’Ordinamento giuridico è una parte della risposta, ma non esaurisce la risposta della Chiesa. E’ questa un po’ anche l’idea fondamentale della Lettera circolare.

    D. – E quando si spiega ai vescovi che devono fare riferimento agli Ordinamenti degli Stati in cui si trovano per la denuncia, la gestione “pratica” del crimine di cui sono venuti a conoscenza, si mette in secondo piano il meccanismo sanzionatorio della Chiesa?

    R. – Prima di tutto, bisogna riferire allo Stato, se c’è l’obbligo di riferire allo Stato. Il riferire allo Stato non toglie mai l’obbligo interno alla Chiesa di gestire il caso, di dare una risposta propria al caso. Per cui, se c’è l'obbligo di riferire bisogna seguire la legge. Dove non ci fosse il riferimento obbligatorio allo Stato, bisogna comunque dare il necessario aiuto alla vittima che volesse farlo e bisogna evitare qualsiasi comportamento dissuasivo dall’esercizio legittimo dei diritti della vittima. (gf)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Quando sembra che Dio non senta: all’udienza generale il Papa parla della preghiera di Gesù di fronte alla morte.

    Nell’informazione internazionale, Gabriele Nicolò sul rapporto fra diplomazia pakistana e crisi afghana.

    Quando si mangiava insieme agli dei: Giovanni Cerro sui riti sacrificali dei Romani.

    Un articolo di Gaetano Vallini dal titolo “Storie di ordinaria poesia”: in mostra a Milano un ritratto in bianco e nero della Grande Mela.

    Oggi come a Emmaus: anticipazione dell’intervento del cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, all’incontro “Gesù nostro contemporaneo”.

    Le rime e le pietre della basilica: Vitale Zanchettin sull’identificazione tra i versi di Michelangelo in un codice vaticano latino di un disegno architettonico per il tamburo di San Pietro.

    De Gasperi, il Vaticano e gli Alleati: i vertici della Santa Sede.

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    Oggi in Primo Piano



    Siria: violenze anche contro i bambini. Unicef: è un massacro degli innocenti

    ◊   Ancora una giornata di sangue in Siria. Si parla di almeno una cinquantina di vittime a Homs, città da giorni al centro di una vasta operazione dell’esercito di Damasco. La Turchia, intanto, propone una conferenza internazionale sulla crisi, mentre l’Unicef lancia l’allarme sulla condizione dei bambini: massacrati, violentati o vittime delle violenze senza fine che ormai da mesi colpiscono il Paese. Chiesto, inoltre, l’intervento della comunità internazionale prima che sia troppo tardi. Federico Piana ha raccolto l’appello di Paola Bianchi, presidente di Unicef-Italia:

    R. – E’ stato definito “il massacro degli Innocenti”, e questo non è assolutamente accettabile. Bambini al di sotto dei 14 anni uccisi – ne abbiamo contati all’incirca 400 – e altrettanti detenuti arbitrariamente.

    D. – Per quale motivo c'è questa violenza inaudita contro i bambini? Che cosa hanno fatto di male questi innocenti?

    R. – C’è un coinvolgimento dei bambini anche da parte delle truppe ribelli, che tende ad esporli, metterli in prima fila. I bambini vengono arrestati anche insieme alle famiglie, insieme ai genitori, torturati, massacrati, sottoposti ad abusi sessuali.

    D. – Cosa si può fare come comunità internazionale?

    R. – La comunità internazionale deve ovviamente compattarsi intorno all’allarme lanciato dall’Unicef e auspicare, fare in modo che attraverso la denuncia urlata possa compattarsi una forza che in qualche maniera porti ad una soluzione della situazione.

    D. – Come si fa se però anche le ambasciate sono state chiuse?

    R. – E’ vero: molti Paesi europei hanno chiuso le ambasciate, però è vero anche che l’Unione Europea ha ritenuto di mantenere i propri avamposti in Siria proprio perché ritiene indispensabile che qualcuno rimanga sul campo, quantomeno per registrare, per portare una testimonianza.

    D. – Si può sperare in un miglioramento di questa tragica situazione?

    R. – Faremo tutto quanto è nelle nostre possibilità. E’ evidente, però, che bisogna essere realisti: da qui a breve ho serio timore che non si potranno che contare ulteriori feriti e morti. Speriamo che non riguardino i bambini, che sono assolutamente non responsabili di alcuna azione. Speriamo che il tempo che intercorre da qui al termine delle violenze sia il più breve possibile. (gf)

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    Partiti divisi in Grecia sulle nuove misure di austerità per evitare la bancarotta

    ◊   Giornata decisiva per le sorti della Grecia. Nelle prossime ore il governo dovrà decidere sul nuovo piano di austerità chiesto dagli investitori stranieri e dall’Europa per evitare il fallimento. Il servizio è di Eugenio Bonanata:

    Nuovi sacrifici in vista per i cittadini greci. L’esecutivo di Atene punta all’ennesimo piano di austerità per ottenere lo sblocco della seconda tranche di aiuti da 130 miliardi. La cosiddetta troika – Fondo Monetario Internazionale, Banca Centrale Europea e Unione Europea - ha presentato le sue richieste: nuovi tagli a stipendi e pensioni, chiusura degli enti statali inutili e licenziamento di altri 15 mila dipendenti pubblici. Tutto è contenuto in un documento che ora è al vaglio dei principali partiti che sorreggono il governo guidato da Papademos. A partire da ieri sera si susseguono gli incontri e pare che ci siano molte divisioni. In caso di accordo, venerdì ci sarà la presentazione del pacchetto in Parlamento e poi il voto entro domenica. Nel Paese, fresco di uno sciopero generale che ha paralizzato tutte le attività produttive, c’è chi vorrebbe il ritorno alla dracma. Tuttavia, Bruxelles, attraverso il presidente della Commissione Ue, Barroso, difende la permanenza della Grecia nell’Eurozona. Sulla stessa linea c’è anche la Germania, sebbene Berlino sia contraria ad aumentare gli aiuti a favore di Atene. L’Italia, dal canto suo, è pronta a ribadire la tenuta della moneta unica al cospetto degli Stati Uniti. Domani, infatti, il premier Monti sarà alla Casa Bianca per incontrare il presidente Obama e il tema della ripresa economica è in cima all’agenda. Di questo oggi ha parlato anche il cardiale Bagnasco. Rispondendo ad una domanda sul posto fisso il presidente della Conferenza Episcopale italiana ha detto: “speriamo che i giovani lo trovino”. Servono “professionalità e competenza” e “se le opportunità arrivano dall’estero, che si prendano perché – ha concluso – siamo cittadini del mondo”.

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    Usa: Rick Santorum vince le primarie repubblicane in tre Stati

    ◊   Negli Stati Uniti, è "terremoto" politico all'interno del Partito repubblicano, che a sorpresa vede riaprirsi la lotta nelle primarie. Rick Santorum, l'ex parlamentare della Pennsylvania, si aggiudica Missouri, Minnesota e Colorado, con scarti record rispetto a Mitt Romney. Elena Molinari:

    Giornata di trionfo per Rick Santorum: il senatore cattolico italo-americano ha vinto ieri in almeno due dei tre Stati che hanno votato per le primarie repubblicane. Una sorpresa, in parte: Santorum, infatti, finora aveva dominato solo le primarie dell’Iowa. Da giorni era in testa in Minnesota, ma ha finito con l’intascare anche il Missouri e il Colorado. Mitt Romney, il superfavorito, che secondo molti analisti fino a ieri aveva la nomination in tasca, ha dovuto invece incassare una sonora sconfitta. Un segnale che gli elettori repubblicani non si sono ancora coalizzati dietro a un candidato da presentare alle presidenziali di novembre contro Barack Obama.

    Nonostante le ingenti somme spese in comizi elettorali e campagne pubblicitarie e attacchi feroci contro i suoi rivali, Romney dunque pare per ora incapace di mettere fine alla battaglia in casa repubblicana. Negli Stati del Midwest, ha pesato la comunità cristiana che si identifica con i valori morali e di difesa della vita e della famiglia, che sono al centro della piattaforma di Santorum.

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    Il dramma dei profughi rapiti nel Sinai: si attiva l'Onu

    ◊   Prosegue il dramma dei tanti rapiti nella penisola egiziana del Sinai da gruppi armati e dalle tribù locali. Per lo più si tratta di profughi, provenienti dal Sudan e dall’Eritrea, che cercano di emigrare. Quasi sempre atroce la loro sorte: nell’impossibilità di pagare un riscatto, i loro corpi vengono utilizzati per il traffico di organi umani. L'Onu, da parte sua, ha deciso di attivarsi per contrastare il fenomeno. Su questa tragedia, che è avvenuta finora in un sostanziale silenzio della comunità internazionale, Giancarlo La Vella ha intervistato don Mussie Zerai, presidente dell’associazione “Habeshia per la Cooperazione allo Sviluppo”.

    R. – Quello che ci meraviglia è soprattutto il silenzio delle autorità egiziane. Abbiamo visto che, quando si è voluto, c’è stata capacità di intervento da parte dei militari egiziani, come nel caso delle turiste americane che poi sono state liberate, così come anche in quello degli operai cinesi che, grazie all’intervento militare egiziano, sono stati liberati.

    D. – E’ possibile fare pressioni sulle autorità egiziane?

    R. – È da un anno che noi chiediamo un aiuto per la liberazione di questi ostaggi, perché nel loro territorio si sta consumando veramente una strage: non solo ci sono rapimenti, ma anche la sofferenza di queste persone rapite, perché abbiamo dimostrato che c’è il vergognoso traffico di organi umani: spesso la gente viene fatta a pezzi per essere venduta. Dalle statistiche e nelle ricerche che abbiamo fatto tra il 2009 e il 2011 risulta che sono sparite nel nulla più di tremila persone. I rapitori chiedono fino a trentamila o quarantamila dollari a persona per il rilascio, in caso contrario si vendono i loro organi. E’ chiaro che questo business coinvolge anche chi governa a livello locale in quella zona, altrimenti non si spiega per quale ragione gli interventi per liberare e stroncare questo traffico non vadano a buon fine.

    D. – Si sa qualcosa di più su quali gruppi vi siano dietro queste attività?

    R. – Di certo si tratta di gruppi paramilitari o anche di movimenti legati ai beduini che lottano per l’autonomia regionale o per autofinanziarsi. Poi ci sono criminali organizzati che operano per il loro interesse personale. (bf)

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    Un sms solidale per sostenere il progetto "Cuore di bimbi" sulle cardiopatie infantili nei Paesi poveri

    ◊   Cosa rischia un bambino affetto da gravi forme di cardiopatie, che nasca in Eritrea piuttosto che in Uzbekistan? Per dare ai piccoli malati e alle loro famiglie una speranza di guarigione si impegna dal 2005 l’Associazione “Aiutare i bambini onlus”, che porta medici e strutture in Paesi dove spesso mancano personale e mezzi idonei a sofisticati interventi chirurgici e dove si concentra l’80% del milione di casi di cardiopatie infantili che si registrano oggi nel mondo. Con il suo progetto “Cuore di bimbi”, l’Associazione lancia anche quest’anno una campagna di sensibilizzazione attraverso il sistema degli sms solidali. Alessandro De Carolis ne ha parlato con il responsabile dell’ufficio stampa dell’Associazione, Alex Gusella:

    R. - Una cardiopatia infantile si cura attraverso un intervento di cardiochirurgia. Quindi, alle spalle del malato deve esserci una struttura ospedaliera attrezzata e deve esserci un team in grado di eseguire queste operazioni al cuore. I Paesi poveri mancano molto spesso sia di strutture mediche, ma più spesso mancano di medici preparati per eseguire questo tipo di interventi.

    D. - Qui interviene la vostra associazione, che da diversi anni promuove il progetto “Cuore di bimbi”. Anzitutto, questo vostro progetto, in quali Paesi è diffuso?

    R. - Siamo attivi in Africa, in Asia nel Sudest asiatico. In questi anni, abbiamo salvato più di 490 bambini attraverso diverse modalità. Qualora il Paese abbia delle strutture mediche, ma non i medici in grado di operare i bambini, noi inviamo all’estero medici italiani che, a titolo assolutamente volontario, realizzano brevi missioni di una settimana-dieci giorni per operare i bambini cardiopatici che necessitano di un intervento. Un’altra modalità invece, qualora all’estero manchino le strutture, è quella di portare i bambini in Italia. Quindi, sosteniamo le spese di viaggio per i bambini destinati al ricovero in ospedali italiani convenzionati. La terza modalità invece - qualora all’estero e nei Paesi più poveri esistano delle strutture e anche dei medici in grado di realizzare le operazioni, ma la famiglia non potesse sostenere i costi delle operazioni - prevede un nostro contributo affinché la famiglia possa sostenere l’operazione a costo zero. E questo è possibile grazie al sostegno della Fondazione "Aiutare i bambini".

    D. - C’è una storia in particolare di un qualche bambino o bambina che vi ha toccato particolarmente?

    R. - Personalmente, ho avuto la fortuna di partecipare ad una di queste missioni nell’aprile 2011 in Kazakistan. É stato veramente bello poter incontrare di nuovo una bambina che era stata operata da un’equipe proveniente dagli ospedali riuniti di Bergamo. A distanza di due anni, abbiamo incontrato nuovamente questa bambina poiché la mamma sapeva che sul posto era tornata l’equipe italiana. La bambina è stata visitata dal cardiologo che l’aveva operata: gode assolutamente di buona salute, per cui ha risolto i problemi del tutto che aveva grazie all’operazione.

    D. - Avete stilato una lista di obiettivi per la raccolta fondi del 2012. In sintesi, quali interventi prevedete?

    R. - Nel 2012, sosterremmo otto missioni all’estero, due in Kazakistan, in Uzbekistan, in Eritrea ed in Camerun - due missioni per ciascuno di questi Paesi - e in altri tre Paesi, la Fondazione sosterrà i costi di 110 operazioni. Questi Paesi sono: la Cambogia, il Nepal e il Sudan, mentre 20 bambini arriveranno in Italia dall’estero, in particolare dal Kosovo e dallo Zimbabwe. Occorrono circa 200 mila euro per realizzare questi interventi e tutti possono contribuire dall’8 al 28 febbraio, inviando un semplice sms del costo di due euro al numero 45507. Inoltre, con una telefonata da rete fissa alla stesso numero, è possibile donare due o cinque euro. (bi)

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    Presentato il logo della Gmg di Rio 2013. L'autore è un giovane brasiliano

    ◊   Si chiama Gustavo Huguenin il 25.enne brasiliano autore del logo della Giornata mondiale della Gioventù 2013 di Rio de Janeiro. Ieri sera, nel corso di una cerimonia nella metropoli carioca, presso l’auditorium dell’edificio Giovanni Paolo II, nel distretto di Gloria, il “marchio” della prossima Gmg è stato presentato ufficialmente, alla presenza, fra gli altri, dell’arcivescovo di Rio de Janeiro, mons. Orani João Tempesta. Al microfono di Silvonei Protz, della redazione brasiliana della nostra emittente, mons. Tempesta illustra le caratteristiche grafiche del logo:

    R. – Il nuovo logo della Giornata della Gioventù a Rio de Janeiro ritrae i colori brasiliani - il verde, il giallo, l’azzurro il bianco - con al centro l’immagine di Cristo Redentore, che è caratteristica di Rio de Janeiro e del Brasile. Si nota anche la silhouette del Pan di Zucchero, il monte di Rio de Janeiro, e si apre anche un cuore, il cuore della gioventù. Poi, c’è una piccola croce che ricorda il centro della Giornata che è Cristo stesso.

    D. – Chi è l’autore di questo logo?

    R. - Un giovane proveniente da un distretto di Rio de Janeiro. Abbiamo ricevuto tante proposte da tutto il mondo, anche dalla Cina... Però, i tecnici hanno scelto questo logo fra i tanti disegni inviati dai giovani studenti di grafica. Il giovane è nato a Cantagalo.

    D. – Come vede in questo momento i preparativi per la Giornata Mondiale della Gioventù a Rio de Janeiro e anche il pellegrinaggio della Croce e delle icone per le strade del Brasile?

    R. – Bene: in questi giorni, le icone della Madonna e la Croce della Giornata Mondiale della Gioventù percorrono tutto il Brasile con tanta gioia, con tanta partecipazione dei giovani. Questa è la preparazione per la Giornata e il compito dei giovani brasiliani: stare assieme alla Chiesa per costruire un mondo migliore.

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    Studio dell'Ue rivela: il 40% dei giovani europei naviga a "rischio" web. Il filtro migliore è dialogare con i genitori

    ◊   All’indomani della Giornata europea sulla sicurezza in Rete, spunti di riflessione arrivano dallo studio “Eu Kids online”, finanziato dalla Commissione europea e coordinato dalla "London School of Economics and Political Science". L’indagine documenta il rapporto con Internet di oltre 25 mila ragazzi, tra i 9 e i 16 anni, in 25 Paesi. Tante le opportunità e tanti i rischi. Roberta Gisotti ha intervistato Giovanna Mascheroni, ricercatrice dell’Osservatorio della Comunicazione (OssCom) dell’Università Cattolica, referente per l’Italia del progetto:

    R. – Il Rapporto mette in luce come l’esposizione ai rischi, sia un’esperienza abbastanza diffusa fra i giovani europei. Riguarda infatti il 41% dei ragazzi europei e il 34% dei ragazzi italiani. I rischi più diffusi riguardano contenuti generati da altri utenti, che incitano alla violenza e al razzismo, piuttosto che a comportamenti autolesionistici come l’anoressia. Seguono poi i rischi di carattere sessuale: da un lato contenuti pornografici, dall’altro il sexting, ovvero lo scambio di messaggi a contenuto sessualmente esplicito fra coetanei. E infine, meno diffusi, troviamo dei rischi che sono però più pericolosi, come il bullismo, che nei due terzi dei casi è un’esperienza percepita molto o abbastanza negativamente dai ragazzi, perché li fa soffrire.

    D. – Riguardo all’Italia, come si rapportano i ragazzi alla rete, ma anche i genitori, le famiglie e lo Stato, poiché la formazione e la tutela dei giovani è nella stessa Costituzione della Repubblica..

    R. – C’è una marcata privatizzazione nell’accesso alla rete. Rispetto alla media europea del 49%, in Italia il 62% dei ragazzi accede a Internet nella propria cameretta, da solo e senza la supervisione di un adulto. Senza tener conto, poi, della crescita dell’accesso alla rete da telefoni cellulari, smartphone innanzi tutto, ma anche dalle consolle per giochi e via dicendo, che rendono più difficile il compito di supervisione da parte dei genitori. In Italia si tende, molto spesso, a imporre delle regole, limitando ad esempio il tempo di utilizzo della rete, oppure inibendo alcune attività come la condivisione di foto e video, o soprattutto, nell’87% dei casi, la condivisione di informazioni personali on line. I genitori spiegano ai ragazzi e proibiscono ai ragazzi di fornire troppe informazioni personali, come il numero di telefono, il numero di casa, ecc.. Ma nonostante il 69% dei genitori italiani affermi di parlare con i propri figli riguardo ciò che fanno on line, molto spesso sono proprio i genitori a essere inconsapevoli di quello che succede.

    D. – Si è celebrata ieri la Giornata europea della sicurezza in rete: che tipo di impatto ha avuto? Queste iniziative servono davvero a sensibilizzare l’opinione pubblica, o c’è bisogno di altro?

    R. – Il “Safer Intenet Day” è giunto alla sua nona edizione. In Italia, ha avuto un significato particolare, perché in questa occasione è stato lanciato il Comitato consultivo del Centro giovani on line, che riunisce una serie stakeholder – soggetti interessati provenienti dal mondo dell’industria, dal mondo della ricerca accademica, dalle ong ed altre istituzioni – per sensibilizzare con un impatto maggiore su questi temi, dal momento che finora il nostro Paese è stato caratterizzato da una certa frammentarietà degli interventi.

    D. – È importante che ci sia anche una promozione da parte dei media, della scuola, del Ministero dell’istruzione...

    R. – Assolutamente. Il ruolo dei media è fondamentale, perché i genitori italiani dichiarano di informarsi sulla navigazione sicura e responsabile, principalmente da amici e conoscenti, e in secondo luogo dai media. Questo si riflette anche nella loro percezione dei rischi della rete: sono più portati a sovrastimare alcuni tipi di rischi, quelli che sono più presenti nell’agenda dei media, e a sottostimarne altri. Ad esempio, sono più sensibili ai rischi di carattere sessuale, legati ad esempio, alla pornografia o all’adescamento, ma sono meno consapevoli del bullismo, l’esperienza che più fa soffrire i loro figli.

    D. – Sul tema dei filtri che cosa ha documentato la ricerca?

    R. – Rispetto all’uso dei "parental control", che permettono di filtrare alcuni contenuti o di tenere traccia dei percorsi di navigazione dei figli, i genitori italiani hanno poca familiarità con questi strumenti. Solo il 21% dichiara di averli sperimentati, e questo da un lato si spiega con la scarsa alfabetizzazione tecnologica, dall’altro forse anche con una incomprensione dello scopo di questi strumenti che non vengono pensati come alternativa e sostituto del dialogo. É uno strumento in più per promuovere la sicurezza, sapendo però che la prassi più efficace per rendere i nostri figli responsabili e consapevoli, nel momento in cui utilizzano Internet, è proprio il dialogo, è proprio parlare con loro, fare cose on line con loro e condividere le loro esperienze in famiglia. (bi)

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Medio Oriente: mons. Twal favorevole all'accordo Fatah-Hamas

    ◊   Il patriarca latino di Gerusalemme, mons. Fouad Twal, ha commentato in modo positivo la notizia di un accordo raggiunto lunedì scorso a Doha fra il movimento Hamas e il movimento Fatah per affidare al presidente Abu Mazen la guida di un governo di unione palestinese. “Vogliamo la pace con e fra tutti”, ha dichiarato all'agenzia AsiaNews il capo della Chiesa latina; fra palestinesi e fra i palestinesi e Israele. La “dichiarazione di Doha” è avvenuta nel quadro delle riunioni fra Abu Mazen, presidente dell’Autorità palestinese e capo di Fatah, e Hamas Khaled Mechaal, responsabile di Hamas. Fra i due partiti le relazioni sono tese dal 2007 e dopo l’ascesa al potere di Hamas nella striscia di Gaza. L’accordo di lunedì scorso viene a rinforzare un “Accordo di riconciliazione” stipulato nel 2011. Il patriarca di Gerusalemme commenta che “non vede nessun ostacolo nel fatto che tutti i palestinesi si mettano ad aiutare Abu Mazen per realizzare queste due iniziative”. Il presidente palestinese è “un uomo moderato, di apertura e cooperazione”. Grazie all’accordo, Abu Mazen sarà sia presidente che Primo ministro, rimpiazzando l’economista Salam Fayyad, sostenuto dall’occidente. Il patriarca esprime rincrescimento per questo cambiamento, guardando al “grande lavoro effettuato con successo da Salam Fayyad per preparare con discrezione e serietà le infrastrutture di un futuro Stato palestinese”. L’accordo di Doha è stato criticato dal premier israeliano Benjamin Netanyahu: “Se Abu Mazen applica ciò che è stato firmato a Doha, sceglie di abbandonare la via della pace per unirsi ad Hamas”, ha dichiarato. “O è la pace con Hamas, o è la pace con Israele. Non si possono avere insieme”. “Non è così!”: il patriarca si stupisce di “questa reazione”, perché “questa riconciliazione risponde alle aspirazioni dei palestinesi all’unità e bisogna esserne contenti”. Mons. Fouad Twal aggiunge: “Vogliamo la pace per tutti, una buona intesa con Israele e l’unione fra i fratelli palestinesi in tutte le loro correnti di pensiero politico. D’altronde, chi non conosce nella propria famiglia punti di vista diversi o opposti?”. Il patriarca parla di una “reciprocità anormale” nei due campi, “in cui ci sono quelli che non vogliono riconoscere lo Stato di Israele come altri non vogliono riconoscere lo Stato di Palestina”. Il patriarca spera che la riconciliazione “possa contribuire a mantenere i negoziati, che non sono mai cessati, direttamente o indirettamente. Ne sono prova la liberazione del soldato Shalit e di più di mille palestinesi. Il dialogo è fatto per persone che non vanno d’accordo. Non c’è nulla da guadagnare nel volerlo rompere. Bisogna lottare contro lo spirito di divisione, non è mai il modo migliore di lavorare per disegnare un cammino di pace”. Mons. Twal chiede di pregare “per una pace giusta e conclusiva qui in Terrasanta e per i Paesi che la circondano" e afferma che i cambiamenti nel mondo arabo non devono essere ignorati. Fra tutte, il patriarca afferma che "la crisi siriana ci preoccupa molto” e che egli comprende la paura dei responsabili religiosi in Siria, i quali temono di finire come un altro Iraq. (R.P.)

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    Nigeria: per mons. Onaiyekan l'arma per fermare i Boko Haram è il perdono

    ◊   “La soluzione è a portata di mano, perché il governo si sta dando da fare per affrontare il problema dei Boko Haram”. Così all’Agenzia Fides mons. John Olorunfemi Onaiyekan, arcivescovo di Abuja, capitale federale della Nigeria, dove nel nord continuano gli attacchi della setta islamica Boko Haram. Nei giorni scorsi sono stati segnalati attacchi nelle città di Kano e di Maiduguri. “La situazione è diventata talmente imbarazzante per le autorità che non possono non agire in maniera decisa”. Inoltre – aggiunge - “vi è un altro aspetto positivo: la leadership musulmana in Nigeria ha condannato in maniera chiara e forte questo gruppo. Credo che i leader islamici faranno in modo di rintracciare i membri di Boko Haram, segnalando alle autorità gli imam che predicano l’odio contro i cristiani e verso tutto e tutti. Siamo d’accordo che il terrorismo non è amico di nessuno”. Il 1° febbraio si sono svolti i funerali delle vittime dell’attentato alla chiesa di Santa Teresa, a Madalla (un sobborgo di Abuja) avvenuto a Natale. “In Nigeria - spiega l’arcivescovo - vi è l’usanza, che a me personalmente non piace, di ritardare i funerali a volte anche di 2-3 mesi durante i quali i corpi vengono conservati nei frigorifero. Abbiamo vissuto momenti di forte commozione quando sono state scavate le 21 tombe, perché alcuni dei morti sono stati sepolti nei villaggi di origine” racconta mons. Onaiyekan. “Erano presenti il nunzio, i rappresentanti del governo e diversi leader musulmani, alcuni dei quali sono entrati in chiesa, altri, secondo le loro usanze, hanno aspettato fuori”. Per mons. Onaiyekan “si è trattato di un momento per sottolineare l’importanza della virtù del perdono cristiano. Malgrado la commozione, forse la rabbia comprensibile, da cristiani non abbiamo altra scelta dell’atteggiamento del perdono, seguendo l’esempio e le parole di Gesù. È quanto ho sottolineato nella mia omelia nella quale ho invitato anche a pregare per la conversione degli attentatori, gente che si lascia dominare dallo spirito del male, perché lanciare bombe contro bambini innocenti è di certo opera del diavolo. Abbiamo inoltre pregato per le famiglie che sono nel dolore. Mi ha colpito il dramma di una povera donna che nell’attentato ha perso il marito e i tre figli ed è rimasta sola. La nostra preoccupazione – conclude - è per queste situazioni e per i feriti che sono ancora negli ospedali, alcuni dei quali sono rimasti mutilati” conclude l’arcivescovo. (E. B.)

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    Filippine: aumenta il numero di vittime per il terremoto di lunedì

    ◊   Rischia di aumentare ad una cinquantina di vittime il bilancio del terremoto di magnitudo 6,9 gradi che lo scorso 6 febbraio ha colpito le isole di Negros e Cebu, nelle Filippine Centrali. Le autorità locali non hanno ancora fornito un resoconto ufficiale, tuttavia, testimoni riferiscono che la scossa ha distrutto decine di città e villaggi, dove centinaia di persone sono rimaste sepolte sotto le macerie. Alvin Futalan, responsabile della polizia di Guihulngan (100mila abitanti), spiega che nella città sono crollati centinaia di edifici e che si scava a mani nude alla ricerca di sopravvissuti. Anche l’esercito è impegnato nelle attività di soccorso. Il National Disaster Risk Reduction Management Council (Ndrrmc) ha registrato oltre 700 scosse di assestamento, che, a due giorni dal sisma, stanno provocando frane e smottamenti bloccando le squadre di soccorso e l’arrivo degli aiuti umanitari. Suor Mapet portavoce della Caritas filippina (National Secretariat of Social Action, Nassa), ha affermato che “per aiutare i superstiti, le parrocchie delle diocesi terremotate di Dumaguete e San Carlos (Isola di Negros, Filippine centrali) stanno dando fondo alle scorte, che si stanno esaurendo”. La religiosa, inoltre, ha ribadito che la situazione è drammatica. Il terremoto ha reso le strade impraticabili, cinque ponti sono crollati e su altri cinque si passa solo con mezzi leggeri o a piedi. “Le parrocchie – aggiunge - hanno aperto chiese, cappelle e scuole per ospitare le centinaia di famiglie sfollate e organizzato raccolte di cibo, coperte e vestiti”. Al momento – conclude Suor Mapet – si attendono di ora in ora “gli aiuti chiesti alla Caritas internazionale e al governo”. (E. B.)

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    Usa: disappunto dei vescovi per la sentenza sulla definizione del matrimonio

    ◊   “Una grave ingiustizia che non tiene conto del fatto che il matrimonio è l’unione tra un uomo e una donna”. Con queste parole il cardinale designato Timothy Dolan, arcivescovo di New York e presidente della Conferenza episcopale degli Stati Uniti, ha espresso il disappunto dei vescovi americani per la sentenza della Corte d'appello federale di San Francisco che ha dichiarato ieri l’incostituzionalità della cosiddetta “Proposition 8”. Si tratta dell’iniziativa approvata dai cittadini della California con un referendum nel 2008 per inserire nella Costituzione la clausola che riconosce solo i matrimoni tra persone eterosessuali. “La Costituzione degli Stati Uniti certamente non vieta la tutela giuridica del perenne significato del matrimonio, che costituisce uno dei pilastri della società”, rileva la nota dell’arcivescovo Dolan, secondo il quale “il popolo americano merita di più”. Alle sue parole hanno fatto eco quelle di mons. Salvatore Cordileone, vescovo di Oakland e presidente del sotto-comitato dei vescovi per la promozione e la difesa del matrimonio: “La nostra società – ha dichiarato il presule – non opera in un vuoto amorale di valori. Per fiorire ha bisogno di una direzione morale basata sulla verità. Certo – ha aggiunto - l’autentico significato del matrimonio, come il dono della vita umana, non può essere oggetto di un voto o di una sentenza. Ma in California, come in tutti gli Stati in cui la definizione del matrimonio è stata messa al voto, la gente ha giustamente difeso la verità del matrimonio ed è veramente un peccato per la California e per tutto il Paese che questo giudizio illuminato sia stato ignorato”. Dello stesso tenore la valutazione dell’arcivescovo di Los Angeles, mons. José H. Gomez, secondo il quale la decisione della Corte d'appello “riflette una confusione di fondo sulla natura e lo scopo dell’istituto matrimoniale e sui motivi per cui il governo ha interesse a promuovere e rafforzare il matrimonio”. Prima di essere dichiarato fuorilegge nel 2008 – lo ricordiamo - il matrimonio tra persone dello stesso sesso era stato brevemente consentito in California. Il pronunciamento del Tribunale di San Francisco non comporterà l'immediato ripristino delle unioni matrimoniali omosessuali. Si prospetta infatti una battaglia legale ancora lunga che con molta probabilità arriverà alla Corte Suprema. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Messico: tregua e cambio di mentalità per la visita del Papa

    ◊   La richiesta di una tregua fatta dall'arcivescovo di Leon ai gruppi dei narcotrafficanti è stata accolta. Un gruppo, che si presume appartenga alla criminalità organizzata, ha lasciato bene in vista 11 coperte in sette comuni di Guanajuato, per far capire che ha accettato la richiesta dell'arcivescovo di Leon, mons. Jose Guadalupe Martin Rabago, fatta il 22 gennaio. L’arcivescovo aveva chiamato i criminali a mettere al bando la violenza durante la visita di Papa Benedetto XVI in Messico, dal 23 al 26 marzo. Tuttavia, secondo la stampa locale che riferisce fonti della Procura di Stato, il gruppo criminale avrebbe condizionato la tregua all’accoglimento della richiesta di impedire l'operato di un gruppo rivale di narcotrafficanti del cartello nel Guanajuato. Il 22 gennaio mons. Martin Rabago aveva fatto questa richiesta ai membri della criminalità organizzata: "Dovete collaborare tenendo conto che tante persone vengono per un atto cui si deve il massimo rispetto. Non dovete trarne vantaggio facendo qualcosa che porterebbe ad una esperienza di dolore e di morte". Non è la prima volta che la Chiesa cattolica messicana chiede una tregua ai narcos. Nel dicembre 2010 il cardinale Juan Sandoval Iniguez lo aveva già fatto due volte. Lo scorso agosto, la Conferenza episcopale messicana ha chiesto di consentire, in modo pacifico, il pellegrinaggio delle reliquie di Giovanni Paolo II nel Paese. Il 28 gennaio, il nunzio apostolico in Messico, l'arcivescovo Mons. Christophe Pierre, ha dichiarato che la Chiesa non ha chiesto una tregua, ma "chiediamo un cambiamento di mentalità". Lo stesso appello era stato fatto dal Segretario generale della Conferenza episcopale messicana, mons. Victor Rene Rodriguez Gómez, vescovo ausiliare di Texcoco. (R.P.)

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    Ecuador: missionario laico muore per salvare sette bambini

    ◊   Domenica scorsa, è morto Pedro Manuel, 43 anni, dopo aver salvato la vita a sette bambini che erano stati trascinati al largo, in mare, di fronte ad una spiaggia vicino al piccolo centro di Quinindé, in Ecuador. Pedro Manuel apparteneva alla Comunità "Hogar di Nazaret", fondata da Maria del Prado Almagro. Secondo la nota inviata dalla diocesi spagnola di Cordoba all’agenzia Fides, “Fratel Pedro” era un laico consacrato al Signore dal 1990 e fino al 1998 viveva nell’Hogar di Nazaret a Cordoba. Quest’anno era stato assegnato alla missione che l'opera gestisce nel paesino ecuadoriano di Quinindé. In questo luogo ha aiutato i bambini abbandonati come responsabile della “Scuola Sacra Famiglia di Nazareth”, con un impegno riconosciuto da molti. Nella domenica in cui in America Latina si celebrava la Giornata della Vita Consacrata, questo evento ricorda fin dove può arrivare l'amore per Dio e per il prossimo. Mons. Eugenio Arellano Fernandez, vicario apostolico di Esmeraldas, ha dichiarato che "fratel Pedro è morto come ha vissuto, consegnato a Dio e ai piccoli”. (R.P.)

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    India: proteste dei cristiani contro il governo del Gujarat, che asseconda i radicali indù

    ◊   I cristiani del Gujarat alzano il tiro e protestano apertamente nei confronti del governo di Narendra Modi, Primo Ministro dello stato del Gujarat (India occidentale) e leader del partito nazionalista indù “Bharatiya Janata Party” (BJP). Il partito e i movimenti radicali che fiancheggia sono sospettati di essere responsabili diretti degli ultimi incidenti anticristiani nello Stato, come la profanazione di un cimitero cristiano ad Ahmedabad. Nei giorni scorsi migliaia di cristiani, accanto ai rappresentanti di altre comunità minoritarie e a fedeli indù moderati, avevano protestato davanti al Municipio di Ahmadebad, allarmati per “i piani del governo di Narendra Modi contro la comunità cristiana”. Come riferiscono all'agenzia Fides, i leader dell’Ong “All India Cristian Council” (Aicc) hanno prove che nella distruzione del cimitero siano implicati membri del Partito Bjp e denunciano la complicità delle forze di polizia che non hanno fermato ma hanno facilitato l’azione abusiva, mostrandosi perfino reticenti ad accettare una denuncia. “La polizia sembra non solo giustificata ma perfino premiata, in quanto si adegua alle posizioni, del tutto ostili verso le minoranze religiose, che caratterizzano il Primo Ministro dello Stato” afferma Samson Christian, leader dell’AICC in Gujarat, invocando immediate tutele per le minoranze religiose cristiane e musulmane in Gujarat. Joseph Dias, dell’Ong “Catholic Secular Forum”, recatosi sul posto, commenta che “urge l’impegno dei cristiani, della società civile e di tutti i moderati per fermare i gruppi radicali indù. Il governo di Narendra Modi ha fallito miseramente nel garantire una tutela per i credenti delle comunità di minoranza e ora anche per i luoghi di culto. Questo non depone bene per la libertà religiosa nel Gujarat e nell’intera India”. (R.P.)

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    Indonesia: a East Sumba colletta dei cattolici per i villaggi a rischio carestia

    ◊   I cattolici indonesiani hanno promosso un'iniziativa di solidarietà, per scongiurare una possibile carestia sull'isola di East Sumba - provincia di East Nusa Tenggara - teatro lo scorso settembre di un raccolto scarso che ha messo in crisi le riserve alimentari. Centinaia di abitanti dei villaggi nella regione sono a rischio sopravvivenza, per questo i vertici della Chiesa lanciano un appello alla solidarietà, all'insegna dello slogan: "una ciotola di riso per East Sumba". E fra i primi ad aderire all'iniziativa vi sono i volontari di Kelompok Bakti Kasih Kemanusiaan (Kbkk), il gruppo laico di aiuto umanitario e assistenza più attivo nel Paese guidato dalla dermatologa tedesca Irene Setiadi. Mons. Hilarius Moa Nurak, vescovo di Pangkal Pinang, nell'isola di Bangka al largo di Sumatra, ha spiegato ai fedeli che "è tempo di mostrare in concreto la solidarietà universale" fra indonesiani. Padre Hans Jehartu Pr, sacerdote diocesano, ha rilanciato l'appello ai membri di Kbkk attraverso una mailing list: e la risposta, conferma, è stata "positiva". I cattolici di West Sumba hanno promosso la raccolta di "Una ciotola di riso", sostenuti dagli attivisti di Jakarta che hanno sostenuto con entusiasmo l'opera di caritativa mediante donazioni. Partita in modo spontaneo, la campagna ha riscontrato un'adesione "molto positiva". Oltre a una somma di denaro di circa duemila dollari racimolata in pochi giorni, i cattolici hanno continuato la raccolta di riso, alimento principe della dieta locale. Irene Setiadi sottolinea che "non è necessario raccogliere ingenti quantità di riso", ma è sufficiente "mostrare compassione" dando continuità all'iniziativa perché possa continuare quotidianamente. La donna - riferisce l'agenzia AsiaNews - auspica la raccolta di 5 kg di riso entro 30 giorni per ogni famiglia cattolica, per un valore totale di 60mila rupie indonesiane. Il gruppo cattolico Kbkk, oltre alla campagna di raccolta riso, ha aderito anche alle attività della diocesi di Manado, attraverso il servizio pastorale e le cure mediche nelle aree remote della provincia delle North Sulawesi. Alla missione di Manado hanno partecipato 33 persone, provenienti da otto diocesi del Paese, tra cui Padang nel West Sumatra. Il vescovo locale mons. Yos Suwatan ha voluto ringraziare il lavoro dei volontari di Kbkk, nel contesto di una messa di festeggiamento per il 25mo di sacerdozio padre Terry Ponomban Pr, co-fondatore tra gli altri della Kbkk. (R.P.)

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    Pakistan: i cristiani favorevoli a una riforma della legge sul divorzio

    ◊   In Pakistan cristiani in prima linea in vista della modifica della norma che regolamenta matrimoni e divorzi. L’agenzia AsiaNews ricorda l’impegno della Commissione nazionale di Giustizia e pace della chiesa cattolica pakistana (Ncjp) che ha proposto una serie di emendamenti attualmente sul tavolo del ministero per i Diritti umani. Si tratta di un lungo lavoro politico e legale con l’obiettivo di rivedere una norma che risale al 1869 e che discrimina la minoranza cristiana rispetto a quella musulmana. Fino ad oggi matrimoni e divorzi sono regolati dal Christian Marriages Act of 1872 e dal Divorce Act of 1869. Due norme, inserite all'interno del diritto civile, che possono richiedere anche anni prima di giungere a sentenza. Per la maggioranza musulmana, invece, le pratiche per accertare la regolarità di un matrimonio o sancirne l'invalidità sono più spedite e si risolvono in pochi mesi. In ballo non vi è solo una questione di libertà di coscienza o sacralità dell'atto, che per il movimento cristiano resta un principio fermo. L’emendamento alla legge, che presto verrà presentato all’Assemblea nazionale, che secondo i membri della Commissione porterà "sostanziali modifiche", disciplina in modo più chiaro e articolato le possibilità di scioglimento dell’unione. Fino ad ora lo scioglimento è limitato ai casi di adulterio, richiede fino ad otto anni di tempo e la ratifica dell'Alta Corte per essere accettato. Attivisti per i diritti umani e personalità della Chiesa ricordano i casi di violenze, di donne cristiane unite a uomini convertiti all'islam e che prendono in spose altre mogli, costruendo di fatto famiglie imperniate sulla poligamia. Oltre agli esempi estremi di violenze o ripudio dell'uomo, vi sono anche fattori come bigamia e adulterio che, se riferiti alla minoranza cristiana, non potevano essere regolati dalla Family Courts Ordinance del 1964, valida solo per la maggioranza musulmana. In passato un comitato di tre personalità cristiane ha tentativo di promuovere una riforma che però si è fermata davanti al colpo di Stato militare dell'allora generale Pervez Musharraf. Padre Anwar Patras, sacerdote a Rawalpindi, parla di "un grande passo" e di sforzi che "si sono finalmente trasformati in realtà". Le leggi finora in vigore, aggiunge il religioso, sono state causa di "grandi sofferenze", con casi arenati nei tribunali "per otto e più anni, senza risultato alcuno". Tra i motivi che possono invalidare il matrimonio vi sono il mancato consumo entro l'anno dalla celebrazione o che la sposa sia sottoposta a gravi minacce. Anche in questi casi, la leadership cristiana auspica che le nuove norme possano garantire un'accelerazione ai procedimenti. (E. B.)

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    Senegal: per i vescovi “elezioni determinanti per l’avvenire del Paese”

    ◊   “Le elezioni presidenziali, il cui primo turno è stabilito domenica 26 febbraio, si annunciano determinanti per l’avvenire del Paese” affermano i vescovi del Senegal nel messaggio dedicato alle elezioni presidenziali. Nel documento, pervenuto all’agenzia Fides, si sottolinea che “questa prima elezione dopo la celebrazione di cinquant’anni di sovranità, è portatrice di sfide importanti, che suscitano un clima di tensione particolarmente acuto, con rischi imprevedibili, se i differenti protagonisti non saranno in grado di mantenere la ragione”. La sfida principale, secondo i vescovi, deriva dalla “crisi mondiale che non risparmia nessuna nazione del pianeta” che però non può nascondere “il malgoverno interno che perdura da diversi decenni, contrassegnato da una gestione della cosa pubblica senza prospettive, di parte, e che non si cura dei bisogni reali della popolazione”. Questo non ha però impedito, sottolineano i vescovi, la svolta politica del 2000 (che ha portato al potere l’attuale Presidente Wade, dopo decenni di governo del partito socialista) attraverso “un’elezione libera e trasparente, accettata da tutti”. Ed è quanto si auspica per le elezioni di quest’anno. Per questo nel messaggio si rivolge un appello ai candidati, perché diano prova “di grande cultura democratica, di desiderio di verità, di visione prospettica per migliorare le condizioni di vita della popolazione, escludendo diatribe inutili e promesse demagogiche”. Parimenti si invitano gli elettori a vagliare con spirito critico ciascun candidato con i relativi programmi e di esercitare il discernimento alla luce della Parola di Dio. Il messaggio si conclude con l’esortazione alla preghiera, all’ascolto e alla messa in pratica della Parola di Dio, riaffidando il Paese a Maria, Nostra Signora di Poponguine, Regina del Senegal. (R.P.)

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    Congo: religiosi e religiose per la riconciliazione e la pace nel Paese

    ◊   Con i voti di castità, povertà e obbedienza, la vita di persone consacrate diviene una testimonianza profetica. I religiosi e le religiose possono così essere modelli per la riconciliazione, la giustizia e la pace, anche nelle circostanze più difficili. È quanto si sottolinea nel documento conclusivo dell’assemblea plenaria dell’Unione superiori maggiori della Repubblica Democratica del Congo — svoltasi a Kinshasa — che raggruppa gli istituti di vita consacrata rispettivamente maschili dell’Assemblée des supérieurs majeurs (Asuma) e femminili dell’Union des supérieures majeures (Usuma). Quest’anno la giornata di riflessione sulla vita consacrata ha coinciso con il cinquantesimo di fondazione dell’Asuma e dell’Usuma, istituiti rispettivamente nel 1960 e nel 1961. Un occasione privilegiata, quindi, per fare il punto sul «cammino di testimonianza e di missione alla sequela di Cristo» e per aprirsi al futuro con un rinnovato impegno nella pastorale vocazionale e nella formazione iniziale e permanente. Dalla storia degli istituti religiosi del Congo - evidenzia la relazione conclusiva ripresa da L'Osservatore Romano - traspare la ferma volontà di vivere il messaggio di Cristo e di configurare la propria vita a esso, «quale criterio fondamentale, passato presente e futuro, del discernimento vocazionale, del discernimento personale e comunitario». Ma il giubileo dell’Asuma e dell’Usuma riveste un rilievo particolare nel contesto del «grande giubileo dell’instaurazione della gerarchia della Chiesa nella Repubblica Democratica del Congo e dell’indipendenza del Paese». In questo cammino difficile per la Nazione è emblematica e indelebile la «luminosa testimonianza» della beata Alfonsina Anaurite Nengapeta (Maria Clementina), religiosa professa della congregazione della Sacra Famiglia. Nata nel 1941 a Wamba (Congo) è morta per difendere la propria purezza a Isiro (Congo) il 1° dicembre 1964. È stata beatificata il 15 agosto 1985 da Giovanni Paolo II, durante il suo secondo viaggio apostolico nell’allora Zaire. Un «sigillo di sangue in Cristo donato alla Chiesa, alla Nazione e al popolo congolese». Una testimonianza la sua di «una vita senza compromessi, un esempio fulgido di testimonianza cristiana per le persone consacrate e per il laicato cattolico». Nella relazione finale del assemblea plenaria si insiste sulla «vita fraterna», elemento profetico importante che gli istituti di vita consacrata offrono ai giovani e alle giovani, specialmente in una società fortemente individualistica. Nonostante gli sforzi nel cammino di fraternità e pur nelle difficoltà che la vita comunitaria comporta, occorre un ulteriore e costante discernimento «per ascoltare quello che lo Spirito dice alla comunità, per riconoscere quello che viene dal Signore e quello che gli è contrario». Senza il discernimento, accompagnato dalla preghiera e dalla riflessione, la vita consacrata corre il pericolo di «accomodarsi sui criteri di questo mondo: l’individualismo, il consumismo, il materialismo; criteri che fanno venir meno la fraternità e fanno perdere fascino e mordente alla stessa vita consacrata». Nella relazione introduttiva all’assemblea plenaria dei superiori maggiori, suor Charlotte Sumbamanu, presidente dell’Usuma, ha sottolineato che «nella Repubblica Democratica del Congo possiamo dire con una certa fierezza che la vita consacrata ha accompagnato la nascita della Chiesa particolare». (R.P.)

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    Somalia: il tasso di malnutrizione acuta infantile tra gli sfollati di Mogadiscio supera il 20%

    ◊   Il tasso di mortalità tra i bambini sfollati nella capitale somala Mogadiscio rimane al di sopra della soglia della fame, nonostante il recente annuncio delle Nazioni Unite sulla fine della carestia nella regione del Corno d’Africa dilaniata dalla guerra. Un raccolto eccezionale, dovuto alle piogge abbondanti, e la distribuzione di generi alimentari da parte delle agenzie umanitarie, hanno migliorato le condizioni nelle tre aree maggiormente colpite. Tuttavia - riporta l'agenzia Fides - una nuova ondata di carestia si potrebbe verificare nel prossimo mese di maggio, secondo quanto riportato dalle Nazioni Unite. Oltre 2.3 milioni di persone, circa un terzo della popolazione, hanno ancora urgente bisogno di aiuto. Tra gli sfollati di Mogadiscio il tasso di malnutrizione acuta infantile supera il 20%. Il tasso di mortalità tra i bambini con meno di 5 anni nei campi profughi a Mogadiscio è di 5.46 per 10.000 al giorno. Lo stato di carestia dichiarato nel Paese africano lo scorso mese di luglio, ha ucciso decine di migliaia di persone nel sud e nel centro della Somalia, per la maggior parte sono bambini con meno di 5 anni. Circa 325 mila piccoli somali sono ancora gravemente malnutriti e hanno urgente bisogno di cure alimentari specialistiche, soprattutto nelle regioni di Juba e Bakool. I campi di Mogadiscio e Afgoye, il più grande insediamento del mondo per sfollati, a 30 chilometri dalla capitale, rappresentano due delle tre aree che hanno appena superato lo stato di carestia. (R.P.)

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    Sud Corea: l’evangelizzazione del Nord priorità della Chiesa cattolica

    ◊   La morte del leader nordcoreano Kim Jong-il e la salita al potere di suo figlio, Kim Jong-un, non hanno cambiato di molto la realtà di Pyongyang che rimane comunque chiusa alla missione della Chiesa; ciò, però, non deve impedirne l’evangelizzazione, che inizia con la testimoniata dei profughi del Nord rifugiati a Seul. Questo, in sintesi, il panorama attuale tracciato dalla Chiesa cattolica della Corea che nei giorni scorsi ha organizzato un Simposio. Ai lavori hanno preso parte tutti quegli ecclesiastici che lavorano per le missioni in Corea del Nord; tra questi anche padre Norbert Cha Dong-yeob, sacerdote della diocesi di Incheon, il quale ha ribadito l’attenzione che la Chiesa di Seul presta ai rifugiati nord-coreani. Rifugiati che, dal 1990 ad oggi, hanno raggiunto circa 20mila presenze, con una percentuale piuttosto elevata di cristiani. Durante il Simposio si è comunque ribadito che l’evangelizzazione dei nord-coreani deve essere “prudente e graduale”, “rispettosa della loro persona” nel presentare alcune proposte, come lo studio della Bibbia e del catechismo. Tuttavia, ha sottolineato sr. Lim Sun-yun, direttrice del “Centro per i rifugiati della Corea del Nord” situato nella diocesi di Incheon, se i profughi stessi si mostrano desiderosi di proseguire il cammino dell’evangelizzazione, nulla impedisce loro di arrivare fino al battesimo. Dal suo canto, Nam Dong-jin, vicepresidente del “Comitato per la riconciliazione della Corea”, una struttura dipendente dalla diocesi di Incheon, ha ricordato alcuni esempi di integrazione di nord-coreani nel Paese del Sud, come l’iniziativa “home stay”: portata avanti con successo da diversi anni, essa vede numerose famiglie sud-coreane ospitare nelle loro case, una volta l’anno e per qualche giorno, alcuni rifugiati di Pyongyang. “Tali convivenze hanno come conseguenza dei cambiamenti profondi – ha concluso Nam Dong-jin - tanto che tre profughi nord-coreani hanno chiesto di essere formati all’evangelizzazione”. (I.P.)

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    Lourdes: l'11 febbraio Atto di affidamento per l'anniversario della prima apparizione

    ◊   Un solenne Atto di Affidamento alla Madre di Dio di tutti i pellegrini italiani presenti al santuario si svolgerà a Lourdes, sabato 11 febbraio, in occasione del pellegrinaggio per l’anniversario della prima apparizione della Vergine Maria a Bernadette Soubirous. Alla preghiera di affidamento, in programma alla ore 18.30 alla Grotta di Massabielle, seguirà subito dopo il Santo Rosario, a cui potranno partecipare tutti, anche coloro che a Lourdes non potranno essere fisicamente. Scrivendo infatti la propria breve intenzione sul muro della pagina dei Jospers, la comunità virtuale di Facebook www.facebook.com/#!/JospersItalia - con la hashtag #lourdesaffidamento, oppure inviando una mail a socialmedia@orpnet.org, ognuno potrà affidare la propria preghiera alla Madre di Dio. Le intenzioni verranno infatti stampate e portate materialmente alla Grotta di Lourdes durante il momento dell’affidamento che potrà essere seguito in diretta sul sito del Santuario it.lourdes-france.org/tv-lourdes. “Vogliamo con questo gesto affidare le nostre difficoltà, le nostre preoccupazioni e anche le nostre necessità e speranze alla Madre di Dio - spiega padre Caesar Atuire, amministratore delegato di Opera Romana Pellegrinaggi -. Desideriamo fortemente che questo momento sia vissuto anche da chi non potrà essere fisicamente a Lourdes con noi e che insieme a noi si unirà spiritualmente ai piedi della Vergine Maria”. Il pellegrinaggio, che si aprirà venerdì 10 con la fiaccolata serale, proseguirà il sabato con la messa internazionale e la preghiera di affidamento, per poi concludersi domenica con la celebrazione eucaristica alla Grotta. (R.P.)

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    Eurostat: un quarto dei minori nell'Unione Europea a rischio indigenza ed esclusione

    ◊   Un quarto dei cittadini europei al di sotto dei 18 anni vive in condizioni di povertà o alle soglie della povertà e dell’esclusione sociale. Lo conferma uno studio di Eurostat diffuso oggi e basato su dati di fine 2010. Secondo tale ricerca, in quell’anno “115 milioni di persone, ossia il 23,4% della popolazione Ue, erano minacciate dalla povertà o dall’esclusione”, misurate mediante alcuni rilevatori fra cui la privazione materiale, la mancanza o la carenza di lavoro e di reddito in famiglia. In realtà - riferisce l'agenzia Sir - la riduzione del rischio-povertà è uno degli obiettivi della strategia Europa 2020 approvata dall’Ue e dai suoi Stati membri, ma i dati evidenziati mostrano che non si sono compiuti reali passi avanti rispetto agli anni scorsi (rilevazione dati 2008) e si può ritenere che gli influssi negativi della crisi economica abbiano peggiorato la realtà dei fatti nel corso del 2011 e inizio 2012. In rapporto agli standard di vita medi nazionali, le maggiori percentuali di popolazione esposte al rischio-povertà figurano in Bulgaria (42%), Romania (41%), Lettonia (38%), Lituania (33%), Ungheria (30%); per converso, le situazioni meno “preoccupanti” si verificano in Svezia, Repubblica Ceca, Paesi Bassi, Austria, Finlandia, Lussemburgo. (R.P.)

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    Vescovi della Lombardia: riunione su Anno della fede, formazione, laici e "Family 2012"

    ◊   “La formazione è incontrare nella fede, attraverso la grande traditio, di generazione in generazione, il Cristo reale e vivere una comunione effettiva che renda questo rapporto con Cristo non una parola, un’intenzione, un’ascesi dell’individuo o una pura modalità individuale, ma lo renda un fattore incidente sulla sua vita, sulla vita della comunità e sulla capacità di evangelizzazione e di missione della comunità. Se non partiamo da questo sguardo ci infossiamo nel tentare di inventare a tavolino quale deve essere la fisionomia della realtà”. Lo ha detto il cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, intervenuto alla riunione di due giorni della Conferenza episcopale lombarda (Cel) della quale è presidente, conclusasi ieri a Villa Cagnola di Gazzada (Varese). Dopo le comunicazioni in merito all’ultimo Consiglio permanente della Cei, l’arcivescovo di Milano – si legge in una nota della Cel diffusa al termine dell’incontro – ha illustrato, tra le alte cose, l’Anno della fede recentemente indetto da Benedetto XVI. La discussione sul tema, prosegue la nota, “continuerà durante la prossima sessione della Cel per verificare, tra l’altro, l’ipotesi di costituire un organismo regionale in cui le diverse aggregazioni possano esprimersi”. Oggetto di riflessione da parte dei vescovi lombardi – riporta l'agenzia Sir – anche le iniziative a sostegno della scuola paritaria e la promozione e il discernimento delle responsabilità laicali nelle Chiese di Lombardia. Al riguardo, informa la nota, è emersa la necessità di “una riconduzione della formazione al centro dell’esperienza cristiana, dentro la dimensione diocesana. E’ la diocesi, infatti, il soggetto deputato a farsi carico dell’introduzione alla fede, della formazione, del coinvolgimento e della responsabilità dei laici”. Il confronto è proseguito sull’opportunità di realizzare una forma di coordinamento tra le diverse aggregazioni, associazioni e movimenti. La discussione tra i vescovi è proseguita sulle possibili forme “attraverso cui i laici cristiani possano esprimere una voce e un discernimento comunitario circa la situazione sociale, amministrativa e politica a livello diocesano e regionale”. Fra gli altri temi trattati, gli aggiornamenti sull’organizzazione e promozione del VII Incontro Mondiale delle Famiglie (Family 2012, Milano 30 maggio - 3 giugno prossimi) e la necessità di identificare un referente organizzativo per ciascuna diocesi lombarda e sull’esigenza di creare canali specifici di comunicazione sugli strumenti diocesani. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 39

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli.