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Sommario del 29/12/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa: pregate per i cristiani del Medio Oriente. Mons. Warduni: pronti a dare la vita per testimoniare Cristo
  • Benedetto XVI incontra i giovani di Taizé: siate fermento di riconciliazione nel mondo
  • Auguri cinesi: editoriale di padre Lombardi
  • Il sostegno del Papa ai nuovi poveri che bussano alle porte delle chiese
  • Fides: nel 2012, uccisi 12 operatori pastorali, testimoni umili e coraggiosi
  • Nomine
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Un bilancio geopolitico del 2012 con il giornalista Antonio Ferrari
  • Siria: per Mosca, Assad non intende lasciare il potere
  • India: morta la giovane vittima di uno stupro. Il card. Gracias: manca ancora uguaglianza tra uomini e donne
  • Mons. Marcuzzo: ripresi i pellegrinaggi in Terra Santa, un incoraggiamento per la comunità cristiana locale
  • Caritas in prima linea nelle emergenze umanitarie. Con la crisi cresce la solidarietà
  • Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Repubblica centrafricana: accordo tra governo e ribelli sui negoziati di pace
  • Usa: Obama fiducioso su accordo per evitare il “fiscal cliff”
  • E’ morto mons. Tokarczuk, testimone della fede durante il regime comunista polacco
  • Ucciso un parroco in provincia di Pistoia
  • Indonesia: studenti musulmani alla Messa di Natale contro le minacce estremiste
  • Sette bambini morti per il freddo al confine tra Pakistan e Afghanistan
  • Nepal: 17 morti per eccezionale ondata di freddo
  • La Chiesa argentina convoca il IV Congresso missionario nazionale
  • Pace, lavoro e buona politica: le preghiere a San Francesco d’Assisi per il nuovo anno
  • Benin: l’istruzione cattolica compie 150 anni
  • Giordania. Alle elezioni universitarie vincono i giovani islamisti
  • Chiesa in Guinea-Bissau: nell'Anno della fede, serve rinnovamento spirituale
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa: pregate per i cristiani del Medio Oriente. Mons. Warduni: pronti a dare la vita per testimoniare Cristo

    ◊   “Perché le comunità cristiane del Medio Oriente, spesso discriminate, ricevano dallo Spirito Santo la forza della fedeltà e della perseveranza”. E’ questa l’intenzione missionaria di preghiera del Papa per il mese di gennaio. Benedetto XVI torna dunque a rivolgere il suo pensiero ai cristiani del Medio Oriente. Una vicinanza che ha grande significato per i fedeli della regione, come testimonia mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad, raggiunto telefonicamente in Iraq da Alessandro Gisotti:

    R. – Il Papa ha fatto tante cose per dimostrare il suo amore per tutto il Medio Oriente, non soltanto per i cristiani. Questo è stato confermato dalla sua visita in Libano, ultimamente, e dal suo messaggio di pace: ecco di nuovo il suo cuore paterno che va verso l’Oriente, dove è nato Nostro Signore, per la salvezza di tutto il mondo! Noi dobbiamo ringraziare il Signore perché diverse volte il Santo Padre ha ricordato che c’è un tentativo di svuotare il Medio Oriente, la regione nella quale è venuto il Cristo, svuotarlo dai cristiani. Ma come dice il Santo Padre, siamo sicuri che questo non avverrà perché il Bambino Gesù non lo permetterà.

    D. – Quale testimonianza danno i cristiani dell’Iraq, i cristiani del Medio Oriente – spesso discriminati e perseguitati – agli altri fratelli nella fede, che magari sono anche un po’ lontani e a volte dimenticano le sofferenze dei loro fratelli cristiani in Medio Oriente?

    R. – La nostra testimonianza è quella di aggrapparci a Cristo, Nostro Signore; di prendere il buon esempio da Lui, mite e umile di cuore, e di ascoltare quella sua frase che dice: “Non abbiate paura: io sono con voi fino alla fine del mondo”. Lui che ha costituito, che ha fondato la Chiesa, lui sarà con noi sempre! Siamo pronti anche a dare la nostra vita, ad essere fermi nella fede per testimoniare Cristo, Lui, Re della pace.

    D. – Qual è la sua speranza e il suo auspicio per l’anno che verrà, soprattutto per le comunità cristiane del Medio Oriente, e in particolare per la sua comunità cristiana dell’Iraq?

    R. – La mia speranza è che quest’anno possa essere un anno di pace e di sicurezza e di dialogo, perché purtroppo ci sono divisioni tra tutte le parti, in Medio Oriente: non soltanto contro i cristiani, ma popolo contro popolo, una ideologia contro l’altra, una religione contro l’altra … Per questo, insieme al Papa noi preghiamo e chiediamo al Signore di ascoltare le nostre voci: non è possibile che Lui, Re della pace, ci lasci in questo caos! Lui è la nostra speranza, in Lui confidiamo e specialmente chiediamo al Bambino di Betlemme di darci pace e sicurezza.

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    Benedetto XVI incontra i giovani di Taizé: siate fermento di riconciliazione nel mondo

    ◊   Sono circa 40 mila i giovani che oggi alle 18.00 parteciperanno in Piazza San Pietro all’incontro di preghiera con il Papa in occasione del tradizionale pellegrinaggio della fiducia promosso dalla Comunità ecumenica di Taizé per la fine dell’anno. Benedetto XVI, all’inizio dell’evento, eleverà la sua preghiera perché i cristiani siano “testimoni di pace” e “fermento di riconciliazione in tutta la famiglia umana”. Su questo appuntamento Fabio Colagrande ha intervistato frère David, della Comunità di Taizé:

    R. – Vediamo tanti giovani contenti, felici di essere qui a Roma. Sono arrivati ieri e si vedeva che erano proprio stanchi, ma contenti di essere arrivati. Il primo momento di preghiera - ieri alle 19.30 - è stato bellissimo: le Chiese e le basiliche erano piene ed i giovani sono entrati subito in questo ambiente di preghiera, di interiorizzazione, di silenzio, di canti… Ieri sera è stato un bel momento, molto forte.

    D. – Provengono da tutta Europa, anche da altri continenti, appartengono a confessioni diverse: che cos’è che li ha riuniti a Roma?

    R. – Penso sia Cristo che li chiama a riunirsi e a vivere un’esperienza di amicizia cristiana; essere insieme per Cristo e per il Vangelo. Questa esperienza infonde una gioia che dà loro fiducia per affrontare le difficoltà della vita. Oggi tanti giovani dicono di avere difficoltà a trovare lavoro e per cominciare una vita più stabile; hanno bisogno del sostegno degli altri, hanno bisogno della preghiera che li aiuti a trovare una spinta forte nella loro ricerca.

    D. – Che significato ha l’odierno incontro dei giovani di Taizé con Benedetto XVI?

    R. – Penso sia molto bello che il Papa, prima di tutto, guidi tutti verso Cristo e ci aiuti a vivere una relazione personale con Cristo, nella Chiesa.

    D. – Come si svolgerà questo incontro con il Papa?

    R. – Prima ci sarà una preghiera, come facciamo tutti i giorni, con i canti, il salmo e la lettura; poi un momento di silenzio seguito da una preghiera di intercessione per aprire i nostri cuori a quelli che soffrono in tutto il mondo, a quelli che si impegnano per costruire un mondo più fraterno. Poi, alla fine, ci sarà un messaggio del Santo Padre per aiutare i giovani a vivere questo incontro qui a Roma.

    D. – L’ultima lettera che frère Roger aveva scritto prima di essere ucciso, era indirizzata proprio al Papa…

    R. – Sì. Era il periodo in cui si svolgeva la Giornata Mondiale della Gioventù, frère Roger era già anziano e non poteva andarci, allora scrisse un messaggio a Benedetto XVI, parlando di questa impossibilità di essere lì.

    D. – In qualche modo frère Roger voleva esprimere al Papa la volontà di camminare in comunione con lui…

    R. – Certo, diceva che non poteva essere presente alla Giornata Mondiale della Gioventù, per questo momento molto forte di comunione con la gioventù di tutto il mondo, ma che voleva continuare a cercare la comunione con lui e con la Chiesa a Roma.

    D. – Cosa si aspettano i giovani da questo incontro con il Papa, secondo lei?

    R. – Penso che si aspettino un incoraggiamento: i giovani cercano di impegnarsi nella Chiesa e hanno bisogno di sentirsi accolti, di sentirsi compresi e di vedere che il proprio Papa li aiuta ad impegnarsi nella Chiesa. Sarà un segno importante per molti di loro.

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    Auguri cinesi: editoriale di padre Lombardi

    ◊   Il Papa guarda al popolo della Cina con stima e affetto. E segue con attenzione e nella preghiera le vicende della Chiesa di questo Paese. Così, nel Messaggio natalizio Benedetto XVI è tornato a parlare della realtà cinese. Ascoltiamo in proposito il nostro direttore, padre Federico Lombardi, nel suo editoriale per Octava Dies, il Settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:

    Mentre nel Messaggio per la Giornata della Pace, pubblicato nelle settimane scorse, il Papa aveva approfondito tematiche di carattere antropologico e sociale, legate ai fondamenti della costruzione della pace, nel Messaggio del giorno di Natale si è rivolto direttamente ai conflitti in corso, a cominciare dalla tragica situazione della Siria, insanguinata da una violenza senza fine. Ma ha anche formulato un augurio esplicito per i nuovi dirigenti della Repubblica Popolare Cinese, in vista del loro ”alto compito”. Forse questo passaggio era inatteso, ma dice quanto è realistico e consapevole lo sguardo del Papa e della Chiesa sul cammino dell’umanità. Si tratta del popolo più numeroso della Terra – un quinto dell’intera umanità - e del peso sempre più grande che la Cina occupa negli equilibri mondiali. Si tratta di guardarvi non nell’abituale prospettiva del potere, ma in quella della pace e della solidarietà, “a beneficio di quel nobile popolo e del mondo intero”. E anche per quel popolo la libertà religiosa è premessa essenziale “per la costruzione di una società solidale”, come il Papa non si stanca di ripetere. Le religioni non devono essere viste con diffidenza, come fattori di divisione o di ingerenza esterna, ma come forze spirituali positive e desiderose di contribuire per il bene comune. In questo spirito Roma ha sempre guardato alla comunità cattolica in Cina, come è stato costantemente ribadito con chiarezza nei messaggi dei Papi ad essa diretti. Il nuovo anno vedrà passi in avanti? Ce lo auguriamo. Il Re della Pace viene per tutti. Popoli piccoli e popoli grandi. Se si cerca la pace, i piccoli non devono aver paura dei grandi. Se no, è naturale che abbiano paura. Gli auguri del Papa sono pronunciati solo in 65 lingue, ma vorrebbero essere pronunciati in tutte le migliaia di lingue del mondo, perché siamo un’unica famiglia umana e abbiamo un unico Padre.

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    Il sostegno del Papa ai nuovi poveri che bussano alle porte delle chiese

    ◊   Con 7.000 richieste di aiuto economico e circa 900.000 euro elargiti nel 2011, l’Elemosineria Apostolica si conferma la «mano» del Pontefice per la carità ai poveri. Tanto più di fronte al perdurare della crisi economica, che rende ancor più urgente e preziosa la sua operosità. L’attività dell’Elemosineria – riferisce L’Osservatore Romano - si concentra principalmente nella diocesi di Roma, ma il suo respiro è universale, perché raggiunge anche altri Paesi, in particolare, quelli dell’Europa dell’Est e del Medio Oriente. A ricevere aiuto sono non soltanto singoli fedeli ma anche associazioni e istituzioni caritative attive nei più vari ambiti. Le domande di sostegno - afferma l’arcivescovo Guido Pozzo, dal 3 novembre scorso Elemosiniere di Sua Santità – “disegnano un quadro abbastanza complesso e variegato delle povertà che purtroppo in questi ultimi tempi cominciano ad affliggere anche zone e categorie di persone che finora godevano di un certo benessere economico. Le indigenze e miserie raccontate riguardano però la persona nella sua totalità, e non solo sotto il profilo strettamente finanziario. Le richieste di aiuto – sottolinea il presule - devono essere accompagnate da una attestazione dei parroci e a loro, in quanto garanti, viene trasmesso l’aiuto economico da devolvere alle persone interessate. È importante infatti che il gesto generoso del Pontefice sia inserito e integrato nella solidarietà della Chiesa locale e della comunità cristiana parrocchiale. Le elargizioni sono di entità modesta – spiega mons. Pozzo - proprio perché si vuole estendere al maggior numero di persone il sostegno di aiuto”. Il presule osserva quindi che anche attraverso la pratica dell’elemosina si annuncia agli uomini “la verità di un Dio che è Padre misericordioso e che vuole la salvezza di tutti gli uomini, perché tutti possano raggiungere la verità e l’amore di Dio. Tramite il sostegno materiale, che ha il valore soprattutto di segno che rinvia alla necessità di un sostegno più profondo e che proviene dall’alto, l’Elemosineria – conclude - intende anche rispondere a un bisogno più profondo, che emerge dalle richieste materiali, e cioè il bisogno di un nutrimento per lo spirito, che solo dalla grazia di Dio può essere soddisfatto e adempiuto pienamente”.

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    Fides: nel 2012, uccisi 12 operatori pastorali, testimoni umili e coraggiosi

    ◊   Sono 12 gli operatori pastorali cattolici uccisi quest’anno: è quanto riferisce oggi l’Agenzia Fides che ha pubblicato, come è consuetudine a fine anno, l’elenco degli operatori pastorali che hanno perso la vita in modo violento, nel corso degli ultimi 12 mesi. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Hanno vissuto con umiltà e coraggio la loro fede, senza clamori, spesso in contesti di povertà estrema: sono i 12 operatori pastorali uccisi nel 2012. Si tratta, riferisce l’agenzia Fides, di 10 sacerdoti, una religiosa e una laica. Per il quarto anno consecutivo, l’America è il continente che detiene il triste primato delle vittime con sei sacerdoti uccisi. Segue l’Africa, dove sono stati uccisi 3 sacerdoti e una religiosa. Quindi, l’Asia dove sono stati uccisi un sacerdote ed una laica. La maggior parte di loro ha trovato la morte in tentativi di rapina. Altri sono stati aggrediti in strada. C’è chi, poi, come don Anastasius Nsherenguzi è stato ucciso, in Tanzania, da alcuni giovani che stava cercando di dividere durante una lite. La laica Conchita Francisco, invece, è stata uccisa a colpi di arma da fuoco, davanti alla cattedrale di Bongao, nella zona meridionale delle Filippine, dove è alta la tensione per la presenza di ribelli musulmani, terroristi e criminali comuni.

    Agli elenchi provvisori stilati annualmente dall’Agenzia Fides, deve sempre essere aggiunta la lunga lista dei tanti di cui forse non si avrà mai notizia, che in ogni angolo del pianeta soffrono e pagano con la vita la loro fede in Cristo, la “nube dei militi ignoti della grande causa di Dio” secondo l’espressione del Beato Giovanni Paolo II. L’Agenzia Fides ricorda, inoltre, che dal 2001 al 2011 sono stati 281 gli operatori pastorali uccisi, mentre nel decennio precedente sono stati uccisi 604 missionari.

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    Nomine

    ◊   In Nigeria, il Santo Padre ha eretto due nuove Diocesi di Gboko e Katsina-Ala, per dismembramento della Diocesi di Makurdi, rendendole suffraganee dell’Arcidiocesi di Abuja, e ha nominato l’Ecc.mo Mons. William Avenya, Vescovo della nuova Diocesi di Gboko, finora Vesc. tit. di Tucca Mauretania e Ausiliare di Makurdi. Invece, il primo Vescovo di Katsina-Ala, è stato nominato il Rev.do Peter Iornzuul Adoboh, del clero di Makurdi, Parroco e Decano del decanato di Adikpo.

    Inoltre, il Santo Padre ha nominato Arcivescovo Coadiutore di Singapore il Rev. William Goh, Rettore del Seminario Maggiore di Singapore.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Il presepe e un mondo più vivibile: in prima pagina, Pier Giordano Cabra su quando il messaggio del Natale da un generico buonismo s'incarna nella fraternità e nella solidarietà quotidiana.

    Nell'informazione internazionale, Francesco Citterich sull'Irlanda che assume la presidenza di turno dell'Unione europea.

    La tenda aperta: in cultura, Giorgio Alessandrini sulle similitudini tra la "Madonna del parto" e il "Polittico della Misericordia" di Piero della Francesca.

    Egidia e i fiori di pruno: Oddone Camerana sulla spiritualità popolare in Piemonte.

    La lezione "materialista" di sant'Ireneo di Lione: intervista di Lucetta Scaraffia a Xavier Lacroix, docente di teologia morale.

    Un articolo di Michela Madonna dal titolo "Un contributo alla società degòli uomini. In questo mondo": le leggi della Chiesa e la vita del popolo di Dio nel libro "Le pietre, il ponte e l'arco. Scritti scelti" che raccoglie testi del canonista Giorgio Feliciani.

    Professione fotoreporter: Piero Di Domenicantonio sull'almanacco fotografico 2012 dell'agenzia Ansa.

    L'entusiasmo della fede: nell'informazione religiosa, Cristian Martini Grimaldi sul raduno europeo, a Roma, della Comunità di Taizé.

    In Maria la garanzia dell'Incarnazione: Salvatore M. Perrella sulla solennità, il primo gennaio, della Madre di Dio.

    Presepi in Vaticano: nell'informazione vaticana, Nicola Gori su antiche scenografie e rappresentazioni allestite utilizzando materiali riciclati.

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    Oggi in Primo Piano



    Un bilancio geopolitico del 2012 con il giornalista Antonio Ferrari

    ◊   La drammatica esasperazione del conflitto in Siria, i primi bilanci delle cosiddette "primavere arabe", ma anche lo scoppio di nuovi conflitti in Africa e le tensioni economico-sociali in Europa. C’è stato tutto questo nell’anno che si sta per chiudere. Per un bilancio e un’analisi dei principali fatti internazionali del 2012, Fausta Speranza ha intervistato l’editorialista del Corriere della Sera, Antonio Ferrari:

    R. - Io credo che dal punto di vista geopolitico ci sia un cambio complessivo di strategia che coinvolge le grandi potenze che non sono soltanto, come nel passato, gli Stati Uniti e l’ex Unione Sovietica. Oggi è una potenza la Russia che non ha più il regime sovietico, la Cina che ha un regime comunista-capitalista, l’India che sta crescendo a dismisura, la Turchia che è diventata potente nel Mediterraneo ed oggi è il vero punto di riferimento dell’Islam moderato.

    D. - Parliamo in particolare di Medio Oriente e dei contraccolpi che nel 2012 abbiamo registrato dopo lo scoppio, nel 2011, delle cosiddette primavere arabe

    R. - Il 2012 ci ha fatto vedere che l’incasso politico nei Paesi delle "primavere arabe" non è stato dei giovani, ma è stato assolutamente dei movimenti come la Fratellanza musulmana che non erano comparsi sulle piazze, ma che poi in fondo sono arrivati all’incasso. Della Siria dobbiamo dire che è sempre un Paese arabo, ma è anche l’ultimo satellite rimasto della Russia ex Unione Sovietica alla periferia delle grandi ricchezze del Golfo e delle grandi ricchezze petrolifere. Il petrolio sarà un problema e lo sarà molto presto, più per noi europei perché gli americani lo stanno trovando, i russi ce l’hanno. Credo che la crisi siriana si potrà risolvere soltanto quando la Russia avrà accettato di sedersi al tavolo con gli altri, insieme alla Cina, per cercare - se possibile - di dividere le aree strategiche. Se non sarà possibile, purtroppo, considerando quanto è successo nel 2012, temo qualche sviluppo da far tremare le vene ai polsi.

    D. - Intanto, in Africa abbiamo visto riprendere conflitti, dinamiche di guerriglia …

    R. - Anche in Africa si stanno creando delle condizioni particolari. Questa esplosione di “violenza a macchia” in vari Paesi africani sta portando ad una trasformazione che ha degli effetti anche sulla politica. La trasformazione è questa: come attori, ci sono appunto potenze che hanno cercato di penetrare questi Paesi in maniera molto cinica, portando così un’esplosione anche di consumismo; mi riferisco alla Cina, che ha trovato nei Paesi africani un mercato sicuro dove piazzare i suoi prodotti. Penso alla Turchia, che sta facendo un’operazione di penetrazione nel Continente africano. E pensiamo anche alla Francia - oggi perdente - che comunque aveva tentato di contenere l’avanzata cino-turca all’interno del continente africano. Ecco quindi che alcuni squilibri hanno portato ad una crescita di nazionalismi; anche la religione con un certo islamismo ha giocato la sua partita all’interno dell’Africa.

    D. - Guardiamo anche all’Europa nella quale si è parlato soprattutto di crisi economico- finanziaria, di possibili conflitti sociali, dove in particolare ad Est ma non solo si va verso forme politiche di estremismo. In ogni caso, in tutta l’area prevale un senso di incertezza e di paura del futuro. Che dire nel quadro mondiale?

    R. - Che ci siano meno soldi e meno cooperazione è un dato di fatto. Ci saranno sempre alcuni ricchi - la forbice come sappiamo si è allargata - ma dal punto di vista generale, soprattutto per quanto riguarda gli Stati, ci sono meno soldi, ci sono meno possibilità di uno sviluppo di crescita, almeno visibile all’orizzonte. E purtroppo, quando ci sono questi problemi, e quando questi hanno un effetto immediato nella vita della gente, è più facile che si creino questi movimenti estremisti o xenofobi o comunque fortemente populisti. Penso alla Grecia con Alba Dorata, ma anche all’Italia dove magari mascherati da antipolitica o dal rifiuto della politica tradizionale ci sono forze che puntano al “ventre” della gente e che cercano di aizzare gli istinti peggiori.

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    Siria: per Mosca, Assad non intende lasciare il potere

    ◊   Il conflitto in Siria al centro dei colloqui a Mosca tra il mediatore Onu-Lega Araba, Brahimi, e il capo della diplomazia russa, Lavrov. “Assad non ha intenzione di lasciare il potere”: ha ribadito il ministro degli Esteri che ha anche parlato di una soluzione politica ancora possibile. Brahimi da parte sua ha invitato a lavorare intensamente “perché l’unica alternativa al dialogo è l’inferno”. Sull’atteggiamento della Russia, Benedetta Capelli ha intervistato Anna Zafesova, già corrispondente a Mosca per il quotidiano “La Stampa”:

    R. – Sembra di capire che con queste ultime iniziative, come l’invito – peraltro già declinato – ai leader dell’opposizione siriana a venire a Mosca per cercare una soluzione al dopo-Assad, Mosca stia cercando di rientrare una volta di più in gioco, rendendosi conto che ormai non può più continuare ad insistere sulla difesa ad oltranza del regime di Damasco, anche alla luce delle obiettive difficoltà di quest’ultimo nel conflitto sul terreno. Più che un reale cambiamento di posizione, sembra un tentativo di rientrare in gioco e di partecipare in qualche modo alla vicenda: diversamente, il Cremlino avrebbe rischiato di rimanerne completamente fuori.

    D. – Nell’incontro che ha avuto a Mosca con il mediatore dell’Onu e della Lega araba, Brahimi, il capo della diplomazia russa, Lavrov, ha affermato che c’è ancora la possibilità di arrivare ad una soluzione politica del conflitto. E’ un’ipotesi plausibile, o no?

    R. – Diciamo che sicuramente è quello che Mosca vorrebbe, perché l’ipotesi di una caduta di Assad per mano dell’opposizione con l’aiuto dell’Occidente, di una fuga di questo ormai ultimo alleato di Mosca nel mondo arabo certamente farebbe sì che la Russia si trovasse completamente tagliata fuori. Una qualunque soluzione post-Assad vedrebbe Mosca in una posizione molto sfavorevole. L’opposizione siriana, infatti, ha già fatto capire che le precedenti prese di posizione del Cremlino a difesa del regime, con i ripetuti veti al Consiglio di Sicurezza, il rifiuto di riconoscere l’emergenza umanitaria e dei diritti umani in Siria, hanno reso Putin e il suo governo molto invisi a quella che appare la nuova leadership siriana che si insedierà, in un modo o nell’altro.

    D. – Lavrov ha anche detto che non è possibile dissuadere il presidente Assad dal lasciare il potere; potrebbe farsi nuovamente avanti l’ipotesi dell’asilo politico per Assad da parte del Venezuela?

    R. – Senz’altro sarebbe una soluzione per tutti. Al di là di questo, Mosca sembrerebbe molto favorevole ad un governo di transizione che includa, in qualche modo, esponenti del vecchio regime e che dia garanzie alla famiglia Assad … insomma, un’evoluzione un po’ più mediata, un po’ più soft rispetto ad una caduta fragorosa.

    D. – Quello che abbiamo visto nel conflitto in Siria, in questi 21 mesi, rappresenta un po’ una sconfitta della diplomazia: molti fallimenti sono arrivati proprio sul fronte dell’Onu. Oggi veramente la Russia si può ritagliare un ruolo sempre più predominante?

    R. – Penso che in realtà i margini siano abbastanza ridotti, anche perché la Russia non può cambiare opinione così drasticamente, soprattutto per motivi interni. La difesa della Siria, così come precedentemente di regimi dello stesso tipo, fa parte di un messaggio che la Russia trasmette al proprio interno, dicendo così che è contraria a qualsiasi tipo di ingerenza della comunità internazionale negli affari interni di un Paese. Ovviamente tutto questo anche in un’ottica di interesse perché non si vuole che un giorno la stessa cosa capiti alla Russia stessa, nel caso – ad esempio - di violazioni gravi di diritti umani o repressione di una minoranza etnica, religiosa o politica. Più di tanto Mosca non può muoversi e corre quindi il rischio di mostrarsi troppo flessibile, cosa che tende sempre a fare considerandolo però un danno alla propria immagine. Basti vedere l’altro contenzioso che attualmente il Cremlino ha con la comunità internazionale e che è quello che riguarda da lista Magnitsky e la legge che vieta l’adozione di orfani russi alle coppie americane. Questo è un altro terreno sul quale cedere, tutto sommato, sarebbe stato, agli occhi della comunità occidentale, un gesto positivo mentre invece sembra che la Russia abbia tutte le intenzioni di proseguire nella linea conflittuale.

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    India: morta la giovane vittima di uno stupro. Il card. Gracias: manca ancora uguaglianza tra uomini e donne

    ◊   L’India in piazza per piangere la morte, avvenuta nella notte, della giovane, vittima di uno stupro di gruppo lo scorso 16 dicembre. New Delhi è blindata in attesa del rientro della salma mentre il premier Singh ha assicurato che il sacrificio di questa giovane donna non sarà inutile. Un appello alla calma è arrivato dalla leader del Partito del Congresso, Sonia Ghandi. Ad esprimere la vicinanza della Chiesa, il cardinale Oswald Gracias, arcivescovo di Mumbai e presidente della Conferenza episcopale indiana. Cecilia Seppia:

    Dopo il trauma cranico, le infezioni ai polmoni e all’addome, l’arresto cardiaco e i cinque interventi chirurgici subiti, la giovane di 23 anni, ennesima vittima di uno stupro di gruppo avvenuto a New Delhi, non ce l’ha fatta. E’ morta nella notte al Mount Elisabeth Hospital di Singapore dove era stata trasferita per ricevere cure più adeguate. Migliaia di giovani si sono subito riversati per le vie della capitale in segno di protesta, ma anche di solidarietà con la famiglia, mentre le autorità hanno schierato agenti in assetto antisommossa, chiuso gli accessi a 10 stazioni della metropolitana, circondato, a scopo precauzionale, i principali edifici governativi. Il premier Singh, dal canto suo, ha garantito l’impegno del governo per la sicurezza delle donne e ha promesso che il sacrificio di questa giovane non sarà inutile. Intanto il capo della polizia ha reso noto di aver formalmente incriminato per omicidio i sei uomini tra i 20 e i 40 anni già arrestati alcune ore dopo la violenza. Ad esprimere dolore per quanto accaduto l’arcivescovo di Mumbai, il cardinale Oswald Gracias, che ha ribadito la necessità di ripensare i valori alla base della società indiana, seguendo i principi del Vangelo. Sentiamo le sue parole:

    R. – E’ una cosa tristissima da vedere nella società indiana. Ci ha lasciati tutti sconvolti. Ho parlato di questa tragedia anche a Natale. In questo momento di dolore siamo vicini alla famiglia, naturalmente. Io penso che questo sia un momento per la società di ripensare ai propri principi, perché abbiamo perso il senso dell’etica, della morale, dei valori. Forse questo è un momento per abbracciare Gesù e così il rispetto della donna, il rispetto della persona secondo i principi del Vangelo. Mettiamo di nuovo Gesù Cristo al centro della nostra vita.

    D. –Eminenza, cosa dovrebbe fare il governo a questo punto, servono misure concrete? Cosa invece sta facendo la Chiesa?

    R. – Personalmente, ritengo che le leggi siano sufficienti, non dobbiamo avere nuove leggi. Ma è fondamentale il senso del rispetto per la donna, così come attuare, finalmente, l’uguaglianza della donna e dell’uomo nella società indiana. Dobbiamo riflettere sul perché sia avvenuta questa cosa. La Chiesa fa molto per questa causa. Ci sono commissioni dedicate al miglioramento della condizione delle donne. Anche nell’ambito della nostra Conferenza episcopale abbiamo una Commissione che lavora per i diritti delle donne. Nella mia diocesi di Mumbai ieri si sono riuniti per discutere le cause di tutto questo e cosa possiamo fare perché questo non accada di nuovo nel futuro. In tutte le parrocchie di Mumbai si pregherà e durante l’omelia della Messa si ribadirà l'appello al rispetto per la donna.

    A lanciare un invito alla calma e alla collaborazione, la leader del Partito del Congresso Sonia Ghandi. “Vi assicuro - ha detto ai cittadini di vari schieramenti politici e associazioni - che la vostra voce e la vostra rabbia saranno ascoltate e che sarà fatta ogni cosa per punire i colpevoli in modo adeguato”. Oggi in molte chiese sono state organizzate veglie di preghiera per Damini, così è stata chiamata la giovane la cui identità non è stata ancora rivelata.

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    Mons. Marcuzzo: ripresi i pellegrinaggi in Terra Santa, un incoraggiamento per la comunità cristiana locale

    ◊   I militari italiani hanno iniziato ieri un pellegrinaggio in Terra Santa promosso dall’Ordinariato militare per l’Italia in occasione dell’Anno della fede. Prima tappa è Nazaret, in Galilea. Qui, i soldati italiani hanno incontrato mons. Giacinto Boulos Marcuzzo, vicario patriarcale latino per Israele a Nazareth. Il nostro inviato Luca Collodi lo ha intervistato, chiedendogli se i pellegrinaggi in Terra Santa siano ripresi dopo il rallentamento dovuto alla crisi di Gaza:

    R. - C’è una buona ripresa di pellegrini. Quello che mi piace ripetere è questo: non abbiate paura! Si sentono molte notizie di ciò che accade in Medio Oriente e in Terra Santa ma per i luoghi santi, per i pellegrini, se ci fosse qualche apprensione ve lo diremmo per senso di responsabilità. Ma in questo momento, e speriamo in futuro naturalmente, non abbiate paura, venite pure! La seconda cosa che mi piace ripetere è che visitare i luoghi santi è bellissimo, perché questi luoghi santi parlano; sono quasi la Parola vivente e ci raccontano molte cose sulla nostra fede, sulle sue origini, sulla storia di Gesù Cristo, la Madonna, gli Apostoli, la prima Chiesa… Ma qui, oltre ai luoghi, c’è anche una comunità cristiana i cui componenti sono niente meno che i discendenti diretti della primissima comunità, la Chiesa madre di Gerusalemme. Invito tutte le guide, i pellegrini - oltre che a visitare i luoghi - ad incontrare la comunità, perché questo aiuta anche la nostra comunità cristiana che, vivendo in un contesto di ostilità, di terrorismo, di problemi, di violenze, ha bisogno di sentirsi al centro dell’attenzione, non dimenticata. Pregate per la nostra comunità! Il fatto stesso che voi veniate come pellegrini, create incoraggiamento e comunione con questa comunità e per questo vi ringrazio tanto già da adesso.

    D. - Si può parlare di un arresto dell’esodo dei cristiani dalla Terra Santa, oppure ancora il fenomeno è presente?

    R. - Per il momento, per quanto riguarda il Paese, il fenomeno è ridotto per Israele, ma esiste ancora per la Palestina e per la Giordania. Comunque, è un fenomeno che c’è sempre. Dipende dai periodi: quando c’è stabilità, tregua e pace, i cristiani rimangono. Ma appena c’è un problema, sono quelli che si trovano ad essere più esposti al pericolo e dunque all’emigrazione. Per noi c’è un’equazione storica, chiara, molto semplice: più c’è pace, più c’è presenza cristiana; più ci sono violenze, problemi ed instabilità, più i nostri cristiani cercano di andarsene. La Chiesa - naturalmente insieme all’aiuto della Chiesa universale e dei molti organismi della Santa Sede o dei Cavalieri del Santo Sepolcro,- cerca di fare quasi l’impossibile per trattenere, per radicare questi cristiani nella terra di Gesù. Non vogliamo che la Terra Santa diventi un museo archeologico di luoghi aridi, che certamente parlano sempre della storia della salvezza e della Bibbia, ma che non hanno presenza cristiana. La terra di Gesù deve poter avere sempre una presenza dei discepoli di Gesù.

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    Caritas in prima linea nelle emergenze umanitarie. Con la crisi cresce la solidarietà

    ◊   Dai cosiddetti conflitti dimenticati alle situazioni di povertà e di disagio: sono numerose le emergenze umanitarie nel mondo dove si concentra l’impegno caritativo della Chiesa attraverso le sue organizzazioni. In prima linea in questo cammino c’è Caritas Italiana da sempre attiva con progetti tesi ad aiutare i più poveri e le persone in difficoltà. Eugenio Bonanata ne ha parlato con Paolo Beccegato, responsabile dell’Area Internazionale di Caritas Italiana:

    R. - Ci sono ancora dei forti impegni laddove negli ultimi anni sono successi dei grandi disastri dal punto di vista umanitario. Penso in particolare ad Haiti e ancora alla coda lunga dello Tsunami asiatico. In questi Paesi – non solo noi, ma assieme a tutta la rete caritativa cattolica – stiamo facendo un grosso sforzo di ricostruzione. Si tratta di un lavoro gravoso che riguarda la ricostruzione fisica delle mura, laddove ci sono state delle grosse distruzioni e dei grandi crolli. Ecco perché in questi contesti l’impegno è maggiore dal punto di vista economico.

    D. - Quali sono gli altri contesti di intervento?

    R. - Penso in primo luogo a tutte le cosiddette Primavere arabe, laddove la situazione è degenerata. In questo momento, lo sforzo è molto grande per quanto riguarda la Siria e i Paesi confinanti. Sappiamo bene che il numero di vittime in quel Paese, e il numero di rifugiati nei Paesi vicini, ha raggiunto livelli molto preoccupanti: in poco più di un anno, sono stati raggiunti dei livelli che in altri Paesi sono stati raggiunti solo dopo anni di guerra. Il lavoro in Siria è molto grande e anche molto difficile. Poi si lavora anche nei Paesi confinanti, quindi in particolare in Libano, in Giordania, in Turchia e poi addirittura in Iraq, dove si assiste ad una sorta di contro-esodo sia degli iracheni che erano scappati in Siria, sia dei siriani che in parte sono andati in quella direzione. E poi ci sono molti altri contesti di difficoltà in Africa: penso soprattutto al Congo, in particolare il Nord Kivu, una zona terribile dove ancora in questi giorni si stanno verificando massacri molto gravi. In fine ci sono i cosiddetti “conflitti dimenticati” nel mondo che sono sempre di più e di cui si parla sempre di meno.

    D. - Quanto ha pesato la crisi economica nell’azione umanitaria?

    R. - La crisi economica ha pesato in modo “strano”. In parte, dal 2008 ad oggi è accaduto che in Italia, ma anche in altre parti del mondo, la solidarietà della gente è addirittura aumentata. Una sorta di maggiore consapevolezza di quello che significa la povertà oggi, ha indotto la gente ad essere più vicina a chi soffre sia in termini di offerte e sia in termini - oserei dire - più impercettibili, cioè di rapporti di vicinato, di attenzione, di segnalazione dei casi… Quindi vediamo anche degli elementi belli di solidarietà dal basso. D’altro canto, invece, un evento preoccupante è l’investimento dei governi e delle istituzioni per quanto riguarda la cooperazione internazionale e le misure di solidarietà sociale.

    D. - Cosa succede sul fronte italiano?

    R. - Per un verso si vede come ai nostri centri di ascolto della Caritas - ma anche un po’ in ogni luogo dove si offrono dei servizi verso i più poveri - arrivino delle persone che non si erano mai viste prima. Certamente, come sappiamo, il tema della disoccupazione e quello del fallimento di molte imprese, ha portato addirittura degli imprenditori al suicidio e a situazioni psicologiche e psichiatriche molto gravi, tanto che abbiamo istituito dei servizi proprio per questo tipo di situazioni. D’altro canto, qualche segnale di speranza e di incoraggiamento che arriva dal mondo finanziario ed economico, sta dando qualche primo cenno di conseguenza anche nella vita concreta della gente. Insomma, questa è la speranza che abbiamo per l’anno nuovo: cercheremo di lavorare sempre di più per aiutare le persone materialmente, psicologicamente e anche con un sostegno spirituale perché, a volte, questi momenti di grande difficoltà permettono anche di fare un ripensamento complessivo della propria vita, e, in alcuni casi, si hanno delle testimonianze molto belle in questo senso.

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    Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica

    ◊   Nella Domenica che celebra la Festa della Santa Famiglia, la liturgia ci propone il passo del Vangelo in cui Maria e Giuseppe, angosciati, cercano Gesù dodicenne, smarrito a Gerusalemme durante la festa di Pasqua. Lo ritrovano dopo tre giorni nel tempio. Maria dice: “Figlio, perché ci hai fatto questo?”. E Gesù risponde:

    «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro .... Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore.

    Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente emerito di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:

    Siamo abituati a considerare l’episodio del Vangelo come lo “smarrimento di Gesù al tempio”, e a leggere l’angosciata ricerca dei genitori come segno della loro responsabilità e custodia. “Tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo”, dice la madre, mostrando la sofferenza di tre giorni di ricerca. Forse ad essere veramente “smarriti” sono piuttosto i genitori Maria e Giuseppe: il dodicenne Gesù, diventato maggiorenne per la legge (cioè bar mitzvah), mostra di sentirsi responsabile non solo nella casa di Nazareth, ma anche in quella del “Padre mio”. Non una ribellione - assai tipica e ben conosciuta fra gli adolescenti che si affacciano alla vita piena - ma la coscienza nuova della propria identità. Gesù fino a quel momento era stato condotto in pellegrinaggio al tempio ogni anno per la Pasqua: ora assume quella bella abitudine come nuova relazione, personale e viva, con il Padre e con la sua casa. Non solo quindi obbedienza e normalità nella casa di Nazaret, ma anche obbedienza e dedizione al progetto del Padre celeste. Un passaggio che esige tempo e fiducia, autonomia e dialogo: davvero un crescere in sapienza e grazia, davanti agli uomini, ma soprattutto agli occhi di Dio. E il tutto va accompagnato, come fa Maria, raccogliendo nel cuore segnali e ricordi per capire il senso.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Repubblica centrafricana: accordo tra governo e ribelli sui negoziati di pace

    ◊   Il governo della Repubblica centrafricana e i ribelli della coalizione "Seleka", dopo i violenti combattimenti di ieri a Bambari, hanno acconsentito “senza condizioni” ad avviare negoziati che si svolgeranno a data da destinarsi a Libreville, capitale del vicino Gabon. Nel frattempo la Comunità economica degli Stati dell’Africa centrale ha annunciato di aver approvato un rafforzamento del contingente della Forza multinazionale dell’Africa centrale, già presente nel Paese con 560 uomini. Nella Repubblica centrafricana la situazione è precipitata il 10 dicembre scorso, quando gli insorti hanno imbracciato le armi minacciando di marciare sulla capitale Bangui; poi, da domenica scorsa, gli scontri violenti si sono intensificati a Bambari, tanto che il Dipartimento di Stato americano ha evacuato la propria ambasciata a Bangui e l’Onu ha richiamato dal Paese il personale non essenziale. Infine, oggi, secondo alcune fonti, starebbe proseguendo l'avanzata dei ribelli che avrebbero raggiunto la città di Sibut, 230 km a Nord della capitale. (R.B.)

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    Usa: Obama fiducioso su accordo per evitare il “fiscal cliff”

    ◊   “Un piano equilibrato che protegga la classe media, tagli le spese in maniera responsabile e chieda ai più ricchi di pagare un po’ di più”: questa la ricetta giusta per l’economia americana secondo il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, che all’indomani della riunione alla Casa Bianca con i quattro leader del Congresso per trovare un accordo che scongiuri l’entrata in vigore del “fiscal cliff”, il "baratro fiscale", ha parlato alle famiglie nel suo tradizionale messaggio di fine settimana. “Non possiamo permettere che la politica di Washington ostacoli il progresso del Paese”, ha detto ancora, invitando il Congresso ad agire celermente per evitare le conseguenze del provvedimento sul quale è ancora fiducioso di poter trovare un accordo bipartisan. "Se così non sarà – ha assicurato Obama – sarà chiesto al Congresso di votare un pacchetto di misure per evitare un aumento delle tasse per la classe media, in cui saranno mantenute, in particolare, l’assistenza sanitaria a poveri e anziani e confermati i sussidi pubblici a due milioni di disoccupati". Il presidente Usa ha assicurato, infine, che senatori democratici e repubblicani lavoreranno senza sosta per tutto il weekend: se si raggiungerà un’intesa, il testo sarà sottoposto al voto prima di Capodanno e promulgato all’ultimo minuto da Obama. (R.B.)

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    E’ morto mons. Tokarczuk, testimone della fede durante il regime comunista polacco

    ◊   Si è spento oggi in Polonia, l'arcivescovo emerito di Przemysl dei Latini, Ignacy Tokarczuk: aveva 94 anni. Testimone della fede durante il regime comunista polacco, riuscì a far costruire 430 chiese nonostante le resistenze e mancate autorizzazioni da parte delle autorità marxiste. Mons. Tokarczuk, era il più anziano vescovo polacco: ordinato sacerdote nel 1942 a Leopoli, ora in Ucraina, è riuscito a salvarsi durante la guerra nonostante fosse stato condannato alla morte. Avendo conosciuto di persona il terrore sia del regime nazista sia quello comunista ha sempre lottato a favore della libertà di espressione e di religione. Nominato nel 1965 da Paolo VI responsabile della diocesi di Przemysl dei Latini, fu consacrato vescovo dal primate polacco cardinale Stefan Wyszynski. Come vescovo fondò 220 nuove parrocchie, e nonostante i divieti, fra il 1965 e il 1993, sorsero nella sua diocesi 430 nuove chiese, spesso costruite grazie a stratagemmi, come ristrutturazioni, rapide e fatte di notte, di case o anche di fienili. Mons. Tokarczuk ha poi assistito l'opposizione democratica in Polonia ed è stato cappellano del sindacato Solidarnosc. Nel 2006 è stato insignito con l'Aquila bianca, la massima onorificenza polacca.

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    Ucciso un parroco in provincia di Pistoia

    ◊   ''Dolore e sgomento, abbattimento e preghiera, attesa che sia fatta luce sulla vicenda'': questa la reazione del vescovo di Pistoia, mons. Mansueto Bianchi, davanti alla morte violenta di don Mario Del Becaro, il sacerdote di 63 anni trovato morto la scorsa notte nella sua canonica di Tizzana (Quarrata). Mons. Bianchi, riferisce una nota della Diocesi di Pistoia, ha saputo che al sacerdote, trovato legato, è stata scassinata la cassaforte e gli è stata rubata la macchina. Il prete aveva denunciato minacce da parte di persone che pretendevano da lui soldi. Don Mario era nato il 10 luglio 1949 a San Benedetto del Tronto e ordinato sacerdote dal 29 giugno 1980. Proveniente da Genova, era arrivato alla diocesi di Pistoia, dalla diocesi di Prato, ai tempi del vescovo precedente, mons. Simone Scatizzi. Da molti anni curava la comunità parrocchiale di Tizzana con la chiesa di San Bartolomeo e con l'antica Pieve di San Michele. In tutto circa 1.900 persone. Nell'ottobre dello scorso anno, la comunità parrocchiale lo aveva festeggiato per la sua venticinquennale presenza come parroco. In quella occasione don Mario svolse una sorta di pubblico resoconto sulle celebrazioni 'forti' da lui effettuate dal 1986, nel quarto di secolo trascorso fra la sua gente: 167 matrimoni, 298 battesimi, 294 celebrazioni per i defunti, 349 cresime.

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    Indonesia: studenti musulmani alla Messa di Natale contro le minacce estremiste

    ◊   “Oggi ho avuto la possibilità di assistere a una celebrazione dove il messaggio di pace del Natale è diffuso e condiviso”. Muskit è felice all’uscita dalla chiesa cattolica di San Francesco Saverio di Semarang, nel Java Centrale, Indonesia. Assieme ad altri undici giovani musulmani, incuranti delle minacce dei leader radicali islamici, hanno partecipato alla Messa di Natale presieduta da padre Aloysius Budi Purnomo, che ha detto di non essersi sorpreso alla vista dei giovani musulmani, in quanto molti fedeli islamici partecipano alle funzioni cattoliche per garantire la sicurezza e senza nessun particolare interesse per la celebrazione. “Ma quando ho incontrato i ragazzi mi sono convinto sulle loro vere intenzioni”, ha poi dichiarato all’agenzia AsiaNews. Pur essendo garantita dalla Costituzione la libertà di culto, l’Indonesia, nazione musulmana più popolosa del mondo, non è un Paese sicuro per le minoranze religiose: in alcune aree s’impongono, infatti, visioni radicali ed estreme dell’Islam e si incontrano difficoltà anche nell’edificazione di luoghi di culto cristiani. Anche per questo Muskit e i suoi compagni hanno partecipato con grande attenzione alla Messa. Il giovane ha concluso affermando: “Come musulmano sono risoluto a rafforzare lo spirito di tolleranza e convivenza con i cristiani”. (L.P.)

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    Sette bambini morti per il freddo al confine tra Pakistan e Afghanistan

    ◊   Almeno otto persone, tra cui sette bambini, sono morte nelle ultime ore a causa del freddo pungente al confine tra Afghanistan e Pakistan. Ne dà notizia la polizia di frontiera afghana per la regione orientale, che specifica che tre bambini sono morti sul lato afghano, mentre cinque persone – quattro bimbi e un adulto – sul lato pakistano. Da giovedì scorso la frontiera tra i due Paesi nella località di Torkham è chiusa dalla polizia pakistana: le vittime, quindi, apparterrebbero a famiglie che avevano portato i propri figli, con problemi di salute, a Peshawar, in Pakistan, per cure mediche, e che sono poi rimaste bloccate sulla via del ritorno. A Torkham, infatti, sono fermi da ore migliaia di persone senza assistenza e centinaia di camion carichi di merci: il Pakistan aveva annunciato la riapertura del passaggio per questa mattina, ma alle 8 i cancelli restavano ancora chiusi. (R.B.)

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    Nepal: 17 morti per eccezionale ondata di freddo

    ◊   Un’eccezionale ondata di freddo in Nepal, che ha portato le temperature ad abbassarsi di ben 20 gradi in sole tre ore in un’area dal clima normalmente mite, ha già causato la morte di 17 persone. Lo riferisce AsiaNews, specificando che la situazione è aggravata dalla persistenza del gelo, che perdura dal 15 dicembre scorso, e che – secondo le previsioni – durerà ancora per diversi giorni. Oltre alle vittime, si contano anche diversi feriti tra chi presenta principi di congelamento e chi fratture dovute alle cadute sul ghiaccio, tanto che il governo ha consigliato alla popolazione di restare in casa e ha chiuso tutte le scuole della regione meridionale del Terai, al confine con l’India. Ciò, però, ha causato particolari disagi alla popolazione rurale che vive dei frutti della terra, tanto che diverse organizzazioni cristiane locali, tra cui Caritas Nepal e World Visione Nepal, hanno iniziato a mobilitarsi per portare aiuti. (R.B.)

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    La Chiesa argentina convoca il IV Congresso missionario nazionale

    ◊   Un’occasione “per rafforzare e incoraggiare i gruppi missionari diocesani a svolgere il loro servizio nella diocesi e nella Chiesa, secondo le priorità stabilite nel documento di Aparecida”. Questo l’intento con cui la Conferenza episcopale dell’Argentina, nel contesto della 104.ma assemblea plenaria, ha annunciato la convocazione ufficiale del IV Congresso missionario nazionale (Comina 4) che si terrà dal 17 al 19 agosto 2013 a San Fernando del Valle de Catamarca. Lo slogan scelto per l’appuntamento è “Argentina missionaria, condividi la tua fede”, perché il congresso s’inserisce nel contesto della Missione permanente e dell’Anno della fede, andando a configurarsi anche come evento di preparazione al IV Congresso americano e al IX Congresso missionario latinoamericano che si svolgerà nel novembre 2013 a Maracaibo, in Venezuela. Tra gli obiettivi del Comina 4 – riporta Fides – la riflessione sulla sfida di proclamare la Buona Novella di Gesù in un contesto sempre più caratterizzato da multiculturalismo e secolarismo. L’organizzazione del Comina 4, infine, sarà coordinata dalle Pontificie Opere Missionarie e dalla Commissione episcopale per le Missioni attraverso la Commissione nazionale per le Missioni. (R.B.)

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    Pace, lavoro e buona politica: le preghiere a San Francesco d’Assisi per il nuovo anno

    ◊   Giustizia, pace interiore e pace nel mondo, salute, serenità e soprattutto lavoro: sono questi i temi intorno ai quali ruotano le intenzioni e le richieste di grazia affidate a San Francesco in occasione del nuovo anno che sta per iniziare. In soli due giorni, sul sito www.sanfrancesco.org, che fa capo al sacro Convento di Assisi, sono arrivati oltre 200 messaggi che i frati porteranno sulla tomba del Santo all’interno Basilica. Molte le preghiere che fanno riferimento alla politica italiana, che si vorrebbe guidata da uomini buoni, onesti e capaci: “Nei messaggi c’è l’Italia vera che non si è smarrita di fronte alla crisi – racconta il direttore della Sala stampa del Sacro Convento, padre Enzo Fortunato – c’è l’Italia che cerca amore e serenità nei piccoli gesti quotidiani, che si aggrappa alla famiglia e alla fede”. Il sito internet, oltre a essere un valido strumento di evangelizzazione per i francescani, è anche un’utile fonte informativa che raggiunge i fedeli in tutto il mondo: molte le grazie chieste anche dall’estero, infatti, come quella di Joanna che chiede pace per le famiglie di Newtown, la città degli Stati Uniti in cui è avvenuta la folle sparatoria del 15 dicembre scorso, in cui sono morte 27 persone, di cui 20 bambini. (R.B.)

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    Benin: l’istruzione cattolica compie 150 anni

    ◊   Un documento di proposte “forti e precise” affinché “lo Stato assuma le sue responsabilità per sovvenzionare la scuola non statale”. È il risultato del lavoro degli Stati Generali dell’educazione cattolica del Benin, tenutosi a Cotonou dal 19 al 21 dicembre scorsi, e che sarà presentato alla Conferenza episcopale del Paese per essere, poi, proposto al governo. In occasione delle celebrazioni per i 150 anni d’istruzione cattolica nel Paese, sono stati organizzati numerosi workshop: come riportato dall’agenzia Zenit, si è discusso di come “rendere l’insegnamento cattolico più accessibile ai poveri, creare un comitato di concertazione sui problemi dell’istruzione, e attualizzare i corsi di insegnamento religioso, morale e civico al fine di cogliere meglio le questioni socioculturali”. Tra i presenti, anche i padri della Società delle Missioni Africane, iniziatori nel 1862 dell’istruzione cattolica nel Benin che ora, con oltre 260 istituti, è parte fondamentale del sistema educativo nazionale. (L.P.)

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    Giordania. Alle elezioni universitarie vincono i giovani islamisti

    ◊   Con la conquista di 36 dei 94 seggi in palio, i candidati affiliati a sigle giovanili d’impronta islamista si sono aggiudicati la vittoria delle elezioni universitarie appena svoltesi in Giordania presso la University of Jordan. Come riferisce la Fides, sono andati a votare 18mila studenti, cioè il 63% della totale popolazione universitaria. La consultazione elettorale studentesca in Giordania è guardata con particolare attenzione perché si è svolta con un sistema di voto molto simile a quello che verrà utilizzato nelle prossime elezioni politiche, previste nel Paese il 23 gennaio; elezioni che finora i Fratelli Musulmani hanno deciso di boicottare come forma di dissenso nei confronti della legge elettorale in vigore che, secondo loro, favorirebbe troppo le forze politiche vicine alla monarchia hashemita. Sull’importanza del voto, però, non tutti sono concordi: l’arcivescovo Maroun Lahham, vicario patriarcale per la Giordania del Patriarcato latino di Gerusalemme, raccogliere un terzo dei voti alle elezioni universitarie “è certo un buon risultato, ma non un trionfo”. “I Fratelli Musulmani continuano a mantenere un profilo basso in Giordania, diversamente da ciò che accade in Egitto o in Siria – è la sua opinione – e vista la fama e il peso politico che stanno assumendo in tutti i Paesi arabi”. (R.B.)

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    Chiesa in Guinea-Bissau: nell'Anno della fede, serve rinnovamento spirituale

    ◊   Il vescovo di Bissau, in Guinea-Bissau, mons. José Camnate na Bissign, ha scritto alla sua comunità una Lettera pastorale in occasione dell’Anno della fede, esortando tutti a “un forte impegno nel rinnovamento della vita cristiana” e a riscoprire il proprio ruolo di credenti all’interno della società di oggi. “Il nostro cammino si presenta irto di difficoltà e sfide – scrive il presule riferendosi alla sfida più grande che la Chiesa deve affrontare oggi, cioè la secolarizzazione – essere cristiani non è solo avere un nome acquisito il giorno del Battesimo o partecipare a cerimonie e riti”. Mons. Bissign prosegue poi cercando di dare una risposta alle aspettative che si nutrono nei confronti dell’Anno della fede: “Innanzitutto una coscienza più chiara nei cristiani di questa virtù teologale e primo fondamentale dono di Dio all’uomo nell’ordine della Grazia”. Quindi il presule si sofferma sulla necessità, per tutti i cristiani, di approfondire la propria fede con una seria formazione permanente, ricevendo costantemente tutti i Sacramenti e partecipando alla liturgia, ma anche testimoniando nel mondo la carità di Gesù. “L’Anno della fede è un anno di Grazia – ha concluso – un’occasione di cui approfittare per alimentare la speranza e rafforzare i nostri vincoli di comunione con Dio e con i fratelli attraverso la conversione e la riconciliazione”. (R.B.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 364

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.