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Sommario del 14/12/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa per la Giornata della pace auspica nuovo modello economico e fine della dittatura del relativismo
  • Papa, Messaggio per la pace. Il card. Turkson: la pace non è illusoria se fondata in Dio
  • Benedetto XVI: l’albero di Natale è segno della luce di Cristo. Chi tenta di spegnerla rende il mondo buio
  • Nella seconda predica d'Avvento di p. Cantalamessa una chiave di lettura del Concilio Vaticano II
  • Il cardinale Sandri riapre al culto la Cattedrale siro-cattolica di Baghdad
  • Uganda. Il cardinale Filoni: "Clero e comunità religiose, segno profetico del Regno eterno del Padre"
  • Appelli umanitari 2013. Michel Roy, Caritas Internationalis: con l'Onu e il Pam nel mondo di chi soffre
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria nel sangue, si fanno più concrete le voci su un'uscita di scena di Assad
  • Egitto: domani referendum sulla Costituzione. Appello delle Chiese cristiane
  • Sinai: il dramma dei profughi eritrei rapiti si consuma tra indifferenza e atrocità
  • Il ministro Balduzzi: per gli ospedali in difficoltà finanziaria sostegno e rigore
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Congo: disperata la situazione dei profughi. Stallo dei negoziati in Uganda
  • India: rientrata la salma di mons. Madtha, nunzio apostolico in Costa d’Avorio
  • Terra Santa: il nunzio mons. Lazzarotto in visita al presidente palestinese
  • Nucleare: per l'Aiea presto l'accordo con l'Iran sul nucleare
  • Regno Unito: a gennaio altre 11 suore anglicane accolte nella Chiesa cattolica
  • Kenya: in vista delle elezioni i vescovi invitano alla riconciliazione
  • Mali: concluso il passaggio di consegne al nuovo primo ministro Cissoko
  • Costa Rica: i vescovi sulla dignità del matrimonio e della famiglia
  • Usa: i vescovi del Michigan contro legge anti-sharia
  • Sudafrica: a gennaio convegno dei vescovi sull'Aids
  • Portogallo. I vescovi: a Natale portare solidarietà e speranza soprattutto ai poveri
  • Nepal: i cristiani contestano il censimento del governo
  • Una delegazione dei Cappuccini in Georgia per valutare il ritorno dei frati nel Paese
  • Medici per l’Africa Cuamm impegnati per garantire parti sicuri e cura dei neonati
  • Artisti e letterati celebrano l’Anno della Fede a Roma
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa per la Giornata della pace auspica nuovo modello economico e fine della dittatura del relativismo

    ◊   E’ stato pubblicato e presentato oggi il Messaggio di Benedetto XVI per la 46.ma Giornata Mondiale della Pace che sarà celebrata il prossimo primo gennaio sul tema: “Beati gli operatori di pace”. I contenuti del testo in questo servizio di Sergio Centofanti.

    Il Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2013 si presenta come una breve sintesi della Dottrina sociale della Chiesa e una piccola guida per l’impegno sociale e politico dei cattolici. Il Papa propone il programma delle Beatitudini per superare il male che sconvolge il mondo: i “sanguinosi conflitti ancora in atto”, le nuove “minacce di guerra” e “i focolai di tensione e di contrapposizione causati da crescenti diseguaglianze fra ricchi e poveri, dal prevalere di una mentalità egoistica e individualista espressa anche da un capitalismo finanziario sregolato”. Poi, oltre al terrorismo e alla criminalità internazionale, “sono pericolosi per la pace quei fondamentalismi e quei fanatismi che stravolgono la vera natura della religione”. E c’è il dramma della fame: la crisi alimentare – afferma con forza – è “ben più grave di quella finanziaria”. Non dimentica le crescenti violazioni della libertà religiosa: “purtroppo, anche in Paesi di antica tradizione cristiana – sottolinea - si stanno moltiplicando gli episodi di intolleranza religiosa, specie nei confronti del cristianesimo”. E ricorda che continuano ad essere calpestati il diritto alla vita, la famiglia e, oggi sempre di più, i diritti sociali.

    Di fronte a questa situazione, il Papa invita a vivere le Beatitudini evangeliche per costruire una società “fondata sulla verità, sulla libertà, sull’amore e sulla giustizia”. “Coloro che si affidano a Dio e alle sue promesse – osserva – appaiono spesso agli occhi del mondo ingenui o lontani dalla realtà”. Ma, al contrario, sono quelli che fanno a meno di Dio che si illudono di costruire la pace con le loro strategie umane. Senza Dio, infatti, prevalgono alla fine sempre i “criteri di potere o di profitto”, ovvero “il peccato in tutte le sue forme: egoismo, e violenza, avidità e volontà di potenza e di dominio, intolleranza, odio e strutture ingiuste” .E’ l’Io che si pone al di sopra di Dio. Per questo, rileva il Papa, “precondizione della pace è lo smantellamento della dittatura del relativismo e dell’assunto di una morale totalmente autonoma, che preclude il riconoscimento dell’imprescindibile legge morale naturale scritta da Dio nella coscienza di ogni uomo”. Solo in questo modo la pace diventa possibile: non è più “un sogno” né “un’utopia”, né, tantomeno, una “falsa pace”. La vera pace è “dono di Dio e opera dell’uomo”. E’ pace con Dio, pace con se stessi, pace con il prossimo e con tutto il creato.

    Il Papa propone un “nuovo modello economico” che rimpiazzi “quello prevalso negli ultimi decenni” che teorizza “la ricerca della massimizzazione del profitto e del consumo, in un’ottica individualistica ed egoistica, intesa a valutare le persone solo per la loro capacità di rispondere alle esigenze della competitività”. Si tratta di un “nuovo modello di sviluppo” che si basi sulla fraternità e la condivisione, sulla gratuità e la logica del dono: occorre “sentire come propri i bisogni e le esigenze altrui, fare partecipi gli altri dei propri beni”, è “andare al di là del proprio interesse”. Un modello possibile solo se si riconosce “di essere in Dio, un’unica famiglia umana”.

    La critica di Benedetto XVI all’attuale modello economico è molto forte: “le ideologie del liberismo radicale e della tecnocrazia insinuano il convincimento” presso l’opinione pubblica “che la crescita economica sia da conseguire anche a prezzo dell’erosione della funzione sociale dello Stato e delle reti di solidarietà della società civile, nonché dei diritti e dei doveri sociali”. Il Papa lo ribadisce: “questi diritti e doveri sono fondamentali per la piena realizzazione di altri, a cominciare da quelli civili e politici”.

    Tra i diritti sociali “oggi maggiormente minacciati vi è il diritto al lavoro” – scrive Benedetto XVI che denuncia: “sempre più il lavoro e il giusto riconoscimento dello statuto giuridico dei lavoratori non vengono adeguatamente valorizzati” con la motivazione che “lo sviluppo economico dipenderebbe soprattutto dalla piena libertà dei mercati. Il lavoro viene considerato così una variabile dipendente dei meccanismi economici e finanziari”. Il Papa rovescia questa visione affermando che occorre “perseguire quale priorità l’obiettivo dell’accesso al lavoro o del suo mantenimento, per tutti” e per questo sono necessarie “coraggiose e nuove politiche del lavoro per tutti”, in particolare per dare un futuro alle nuove generazioni.

    Il Messaggio pontificio rileva quindi la necessità di una “strutturazione etica dei mercati monetari, finanziari e commerciali; essi vanno stabilizzati e maggiormente coordinati e controllati, in modo da non arrecare danno ai più poveri”. C’è poi la denuncia che l’attuale crisi alimentare è connessa anche “alle oscillazioni repentine dei prezzi delle materie prime agricole, a comportamenti irresponsabili da parte di taluni operatori economici e a un insufficiente controllo da parte dei Governi e della Comunità internazionale”. Il Papa, che già in passato aveva proposto un rilancio strategico del settore agricolo come uno dei punti importanti del nuovo modello economico, chiede di sostenere il mondo rurale.

    Altro richiamo forte di Benedetto XVI è il rispetto della vita dal concepimento sino alla sua fine naturale: “chi vuole la pace – afferma - non può tollerare attentati e delitti contro la vita. Coloro che non apprezzano a sufficienza il valore della vita umana” e sostengono la liberalizzazione dell’aborto, “forse non si rendono conto” che in tal modo cercano “una pace illusoria”. “La fuga dalle responsabilità” e “tanto più l’uccisione di un essere inerme e innocente – scrive il Papa - non potranno mai produrre felicità o pace. Come si può, infatti, pensare di realizzare la pace – si chiede - senza che sia tutelato il diritto alla vita dei più deboli, a cominciare dai nascituri?”. Altrettanto forte l'appello, nel Messaggio, a riconoscere il diritto all'obiezione di coscienza "nei confronti di leggi e misure governative che attentano contro la dignità umana, come l'aborto e l'eutanasia".

    “Anche la struttura naturale del matrimonio – aggiunge - va riconosciuta e promossa, quale unione fra un uomo e una donna, rispetto ai tentativi di renderla giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione che, in realtà, la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione, oscurando il suo carattere particolare e il suo insostituibile ruolo sociale”.
    “Nessuno – afferma il Papa - può ignorare o sottovalutare il ruolo decisivo della famiglia, cellula base della società dal punto di vista demografico, etico, pedagogico, economico e politico”. “La famiglia è uno dei soggetti sociali indispensabili nella realizzazione di una cultura della pace”. Inoltre – sostiene - “bisogna tutelare il diritto dei genitori e il loro ruolo primario nell’educazione dei figli, in primo luogo nell’ambito morale e religioso. Nella famiglia nascono e crescono gli operatori di pace, i futuri promotori di una cultura della vita e dell’amore”.

    “Questi principi – ribadisce - non sono verità di fede”, ma sono inscritti nella natura umana stessa, riconoscibili con la ragione, e quindi sono comuni a tutta l’umanità. L’azione della Chiesa nel promuoverli non ha dunque carattere confessionale, ma è rivolta a tutte le persone, prescindendo dalla loro affiliazione religiosa”.

    “Una missione speciale nei confronti della pace – rileva ancora - è ricoperta dalle istituzioni culturali, scolastiche ed universitarie. Da queste è richiesto un notevole contributo non solo alla formazione di nuove generazioni di leader, ma anche al rinnovamento delle istituzioni pubbliche, nazionali e internazionali”.

    Il Papa lancia un appello “a coltivare la passione per il bene comune della famiglia e per la giustizia sociale, nonché l’impegno di una valida educazione sociale”. E’ necessario promuovere e diffondere “pensieri, parole e gesti di pace” perché creano "una mentalità e una cultura della pace, un’atmosfera di rispetto, di onestà e di cordialità. Bisogna, allora, insegnare agli uomini ad amarsi e a educarsi alla pace, e a vivere con benevolenza, più che con semplice tolleranza”. Occorre una “pedagogia del perdono”, dire no alla vendetta, vincere il male con il bene e avere “compassione, solidarietà, coraggio e perseveranza”. Tutto ciò - sottolinea – non un’utopia ma è “un lavoro lento, perché suppone un’evoluzione spirituale, un’educazione ai valori più alti, una visione nuova della storia umana”.

    “La Chiesa – conclude il Papa - è convinta che vi sia l’urgenza di un nuovo annuncio di Gesù Cristo, primo e principale fattore dello sviluppo integrale dei popoli e anche della pace”. “L’operatore di pace, secondo la beatitudine di Gesù, è colui che ricerca il bene dell’altro, il bene pieno dell’anima e del corpo, oggi e domani”.

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    Papa, Messaggio per la pace. Il card. Turkson: la pace non è illusoria se fondata in Dio

    ◊   Dei punti salienti del messaggio del Papa per la pace del 2013, e delle prospettive di riflessione che apre, si è parlato nella conferenza stampa tenuta questa mattina dal direttore della Sala Stampa Vaticana, padre federico Lombardi, con il cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, mons. Mario Toso, segretario del medesimo dicastero, e la dottoressa Flaminia Giovannelli, sottosegretario. Il servizio di Fausta Speranza:

    Pace e sviluppo integrale dei popoli: questo il filo conduttore di una riflessione che va dalle criticità degli attuali criteri di profitto finanziari e sociali, alle emergenze per i prezzi delle derrate alimentari, del fenomeno dell’accaparramento di terre. “La crisi alimentare – si sottolinea – non è da meno di quella finanziaria”. In tutto questo, la Chiesa ribadisce la centralità del bene comune come fattore determinante per la crescita nella pace della famiglia umana. Mons. Mario Toso:

    "Verità, amore, giustizia e libertà sono i quattro pilastri della pace".

    La Chiesa chiede nuove politiche del lavoro e nuovo sguardo sull’economia, sottolinea il cardinale Turkson. E ricorda l’importanza di non restare alla sola dimensione umana:

    "La pace è dono messianico, ma è anche opera umana e presuppone, pertanto, un umanesimo aperto alla trascendenza e all’etica della comunione e della condivisione".

    Il porporato sottolinea temi come la libertà religiosa che significa, spiega, non solo libertà di culto ma anche di impegno sociale. E il cardinale parla di difesa della vita:

    "E’ importante per cooperare e realizzare la pace, che gli ordinamenti giuridici e l’amministrazione della giustizia riconoscano i diritti all’uso del principio dell’obiezione di coscienza nei confronti della legge e di quelle misure governative che attentano contro la dignità umana".

    E poi il cardinale Turkson, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace parla di speranza:

    "La pace non è illusoria e non è un’utopia. Radicata in Dio c’è sempre l’apertura verso il futuro e da qui scaturisce anche la speranza per tutte le iniziative della persona umana".

    Da mons. Toso l’invito a un impegno a livello internazionale concreto:

    "Non solo c’è da tener presente che, forse, si uscirà dalla crisi nel 2018. Ma c’è da tener presente anche che, probabilmente, stando al fatto che i fondamentali del mercato finanziario non sono sostanzialmente cambiati, sarà possibile anche un’altra crisi finanziaria. Questo lo dicono le persone che studiano la materia, e la studiano seriamente. Pertanto, bisogna dire che c’è da fare molto di più di quello che è stato fatto a livello internazionale e a livello europeo: in Europa, si sta cercando di rendere questi mercati più stabili, anche grazie all’opera della Banca centrale europea: ultimamente, la Banca centrale europea ha riconosciuto il compito del controllo delle banche e così via… Sono tutti piccoli passi, che denotano un cammino che però deve essere fatto, di fronte ad una crisi così grave, con più celerità, con più decisione, confidando soprattutto sul grande ideale – mi riferisco all’Europa – di un’Europa primariamente dei popoli e poi dei mercati.

    Alla sottosegretario, Flaminia Giovannelli, il compito di raccontare qualcosa dell’attività del Pontificio Consiglio per la Giustizia e Pace che gravita intorno a tutti questi temi. Con un appello in particolare perché ci sia attenzione ai piccoli agricoltori:

    "In realtà, sono i piccoli agricoltori quelli che sfamano ed è tramite istituzioni di piccole aziende agricole che si aiuta a fare sviluppo. E’ proprio lì che si impara lo sviluppo. Basti pensare un momento agli agricoltori, anche quelli dei Paesi poveri, che si dedicano alla coltivazione: un conto è coltivare e portare la loro opera per una grande piantagione di ananas, di caffè, di cacao, un altro è coltivare il proprio campo. Questo aiuta a commercializzare, ma aiuta anche a imparare a conservare ciò che si produce, perché uno dei problemi gravi dei Paesi poveri – mancando molte volte l’elettricità e altro – è la difficoltà di conservare gli alimenti che si hanno nei momenti in cui si possono produrre grazie alla presenza di acqua, rispetto a momenti di grande siccità. Però, è soltanto se uno ha a disposizione una sua fattoria personale di modeste dimensioni che riesce ad imparare a fare tutto questo, altrimenti non c’è neanche motivazione. Direi, quindi, che favorire lo sviluppo di piccole proprietà agricole e sostenere i piccoli agricoltori è una cosa positiva e propositiva molto importante".

    In definitiva, per tutte le problematiche emerge l’importanza di contestualizzare tutto all’interno della nuova evangelizzazione promossa dal Papa.

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    Benedetto XVI: l’albero di Natale è segno della luce di Cristo. Chi tenta di spegnerla rende il mondo buio

    ◊   Nonostante il tentativo di cancellare il nome di Dio dalla storia, la sua luce continua a risplendere sull’umanità attraverso Cristo. Lo ha affermato questa mattina Benedetto XVI, nel ricevere in udienza la delegazione del piccolo paese molisano di Pescopennataro, che quest’anno ha donato al Papa l’abete natalizio di Piazza San Pietro. Nel pomeriggio, alle 16.30, il monumentale abete sarà illuminato nel corso di una cerimonia, alla presenza di mons. Giuseppe Sciacca, segretario generale del Governatorato. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Ogni volta che l’uomo ha voluto spegnere nel mondo la luce accesa con la nascita di Gesù, il risultato è stato un buio fatto di orrori. L’imminente accensione dell’albero di Natale in Piazza San Pietro, accanto al Presepe in via di ultimazione, suggerisce a Benedetto XVI una riflessione fatta di luce e di ombre. La prima, accecante, del Dio fatto uomo, “venuto a dissipare le tenebre”. Le seconde, opera degli uomini, di quando – ha affermato il Papa – nelle varie epoche si è tentato di spegnere la luce di Dio, per accendere bagliori illusori e ingannevoli” e così “si sono aperte stagioni segnate da tragiche violenze sull’uomo”:

    “Questo perché, quando si cerca di cancellare il nome di Dio sulle pagine della storia, il risultato è che si tracciano righe storte, dove anche le parole più belle e nobili perdono il loro vero significato. Pensiamo a termini come ‘libertà’, ‘bene comune’, ‘giustizia’: privati del radicamento in Dio e nel suo amore, nel Dio che ha mostrato il suo volto in Gesù Cristo, queste realtà rimangono molto spesso in balìa degli interessi umani, perdendo l’aggancio con le esigenze di verità e di civile responsabilità”.

    Invece, ha ribadito Benedetto XVI agli abitanti della piccola località di Pescopennataro – poco più di trecento anime – da cui proviene l’abete natalizio, nessuno è mai riuscito a sopprimere la storia di luce di amore iniziata duemila anni fa a Betlemme:

    “Questa luce altissima, di cui l’albero natalizio è segno e richiamo, non solo non ha subito alcun calo di tensione col passare dei secoli e dei millenni, ma continua a risplendere su di noi e a illuminare ogni uomo che viene al mondo, specialmente quando dobbiamo attraversare momenti di incertezza e difficoltà”.

    Il Papa ha ringraziato per l’omaggio dell’albero – un abete bianco di 24 metri, il cui legno verrà utilizzato per scopi solidali – offerto dalla comunità molisana, guidata all’udienza dal vescovo di Trivento, Domenico Scotti. Ed ha accompagnato il gesto con un auspicio, in sintonia con l’Anno della Fede:

    “L’abete bianco che avete voluto donarmi, cari pescolani e abitanti dell’intera Regione del Molise, manifesta anche la fede e la religiosità della gente molisana (…) E’ compito di ciascuno di voi e dei vostri conterranei attingere costantemente a questo patrimonio e incrementarlo, per poter affrontare le nuove urgenze sociali e le odierne sfide culturali nel solco della consolidata e feconda fedeltà al cristianesimo”.

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    Nella seconda predica d'Avvento di p. Cantalamessa una chiave di lettura del Concilio Vaticano II

    ◊   Il Concilio Vaticano II, come leggerlo e come vederlo a 50 anni di distanza. Padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia, ha proposto questo tema, stamattina, nella sua seconda predica d’Avvento, pronunciata nella Cappella Redemptoris Mater, in Vaticano, e ascoltata dal Papa e dalla Curia Romana. Il religioso cappuccino ha evidenziato che non è solo ai testi del Concilio che occorre guardare per tracciarne un bilancio, è necessario anche riconoscere in esso il ruolo dello Spirito Santo. Il servizio di Tiziana Campisi:

    Aggiornamento, rottura, novità nella continuità: sono queste le chiavi di lettura che nel corso degli anni sono servite per comprendere il Concilio Vaticano II. Ma è il discorso di apertura di Giovanni XXIII a spiegarne il senso. Il Concilio, ha detto il Beato pontefice, “vuole trasmettere integra, non sminuita, non distorta, la dottrina cattolica … approfondita ed esposta secondo quanto è richiesto dai nostri tempi”. Da qui si deve partire, ha affermato padre Raniero Cantalamessa, per non lasciarsi dilaniare dalle due correnti nate con il Concilio Vaticano II: quella della continuità con il passato e quella della novità rispetto ad esso:

    “Che cos’é che permette di riconciliare gli opposti e parlare di novità nella continuità, di permanenza nel cambiamento, se non appunto l’azione dello Spirito Santo nella Chiesa? ... Lo Spirito Santo non dice parole nuove, non crea nuovi sacramenti, nuove istituzioni, ma rinnova e vivifica perennemente le parole, i sacramenti e le istituzioni create da Gesù. Io amo dire: lo Spirito Santo non fa cose nuove, ma fa nuove le cose!”

    Aiuta Sant’Agostino a recepire che il Concilio Vaticano II sarebbe lettera morta se non vi si considerasse l’azione dello Spirito Santo. E’ stato il vescovo di Ippona a chiarire che “i precetti evangelici, senza la grazia dello Spirito Santo, sarebbero ‘lettera che uccide’. Ecco allora cosa dire, ha aggiunto padre Cantalamessa, dei precetti della Chiesa e dei decreti del Concilio:

    "La implementazione o l’attuazione del Concilio non avviene dunque recto tramite, non bisogna cercarla nell’applicazione letterale e quasi meccanica del Concilio, ma 'nello Spirito', intendendo con ciò lo Spirito Santo e non quel vago 'spirito del Concilio'".

    Infine il predicatore della Casa Pontificia ha parlato dei frutti del Concilio Vaticano II, domandandosi dove e come l’immagine della Chiesa tracciata nei documenti del Concilio è passata alla vita. Ricordando “quello che Gesù diceva del regno di Dio: “Nessuno dirà: ‘Eccolo qui’, oppure: ‘Eccolo là’. Perché il regno di Dio è in mezzo voi” (Lc 17, 21)”, padre Cantalamessa ha suggerito di coglierne i segni nei movimenti ecclesiali, intendendo tali anche le parrocchie, le associazioni di fedeli e le nuove comunità. Sembra esagerato parlare di una nuova Pentecoste, ha concluso il religioso cappuccino, “visti tutti i problemi e le controversie sorti nella Chiesa" dopo e a causa del Concilio? “Non dobbiamo far altro che andare a rileggerci gli Atti degli Apostoli e costatare come problemi e controversie non mancarono neppure dopo la prima Pentecoste. E non meno accesi di quelli di oggi”.

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    Il cardinale Sandri riapre al culto la Cattedrale siro-cattolica di Baghdad

    ◊   Il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, giunto ieri in Iraq per una visita di 5 giorni, ha riaperto questa mattina al culto la restaurata Cattedrale siro-cattolica di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso di Baghdad, teatro il 31 ottobre 2010 di una strage compiuta da un commando di al Qaeda in cui morirono due sacerdoti e circa 50 fedeli. Il porporato ha portato il saluto e la vicinanza del Papa: “Egli – ha detto - invoca la benedizione divina sull’intera popolazione irachena, sulle sue grandi sofferenze e speranze, ed è molto vicino alla Comunità Cattolica”.

    Ricordando le vittime dell’eccidio di due anni fa, il porporato ha poi sottolineato che “in comunione col Crocifisso che è Risorto hanno effuso il loro sangue, forti soltanto della fede. Ma è proprio la fede che vince il mondo! Ne siamo certi. Perciò – ha proseguito - li pensiamo nella gioia senza fine del regno eterno e universale di Dio, purificati e per sempre viventi nell’amore dello Spirito Santo, che è più forte della morte! Oggi ci stringiamo attorno ai loro familiari e alla comunità ecclesiale, nella fraternità che tutti ci lega a Cristo, per scambiarci il conforto e la speranza”.

    Il cardinale Sandri ha quindi esortato i cristiani orientali, e particolarmente quelli dell’Iraq, alla comunione e alla testimonianza, rievocando le parole di Benedetto XVI: “le Chiese e i discepoli del Signore possano rimanere là dove li ha posti per nascita la divina Provvidenza; là dove meritano di rimanere per una presenza che risale agli inizi del cristianesimo e durante la quale si sono distinti per un amore incontestabile e inscindibile alla propria fede, al proprio popolo e alla propria terra” (Benedetto XVI alla CCO il 9.6.2007). Del resto – sono le parole del Papa – “un Medio Oriente senza o con pochi cristiani non è più il Medio Oriente, giacché i cristiani partecipano con gli altri credenti all’identità così particolare della regione. Gli uni sono responsabili degli altri davanti a Dio […] i dirigenti politici e religiosi comprendano questa realtà” (Ecclesia in Medio Oriente n. 31).

    Il porporato ha ricordato anche il compito del dialogo: “I cristiani si impegnano, con sensibilità ecumenica, nella collaborazione interreligiosa, in spirito di verità, rispetto e reciprocità affinché culture e tradizioni diverse trovino vicendevole ospitalità nel nome dell’unico Dio (cfr At 2,9-11). E’ questo il servizio alla libertà religiosa che va garantita ai singoli e alle comunità, ovunque, per il bene comune”. Oggi il cardinale assisterà al Concerto di Natale organizzato per l’Anno della fede nella Cattedrale armena di Baghdad. Domani presiederà la consacrazione della Cattedrale siro-cattolica di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso. Domenica 16 dicembre incontrerà a Kirkuk la comunità caldea. Ultima tappa del porporato sarà la Messa celebrata in rito latino nel Seminario di Erbil.

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    Uganda. Il cardinale Filoni: "Clero e comunità religiose, segno profetico del Regno eterno del Padre"

    ◊   Due sono stati gli incontri che questa matina il card. Fernando Filoni ha riservato ai sacerdoti, ai religiosi ed alle religiose della provincia ecclesiastica di Gulu, nell’ambito della sua visita pastorale per il centenario dell’evangelizzazione della regione ugandese. Nella Basilica minore di Lodonga - riporta l'agenzia Fides - il Prefetto di Propaganda Fide ha presieduto la Santa Messa e, successivamente, ha incontrato sacerdoti, religiosi e religiose. “Sono lieto di avere l'opportunità di celebrare l'Eucaristia con voi, che avete consacrato la vostra vita al Signore nel sacerdozio e nella vita religiosa, in particolare dal momento che siamo riuniti per celebrare il Centesimo anniversario della fede cattolica in questa regione, e l'Anno dedicato alla Fede” ha detto il cardinale all’inizio dell’omelia, ricordando l’insegnamento di San Giovanni della Croce, di cui ricorre la memoria liturgica. Ai sacerdoti ha raccomandato di ricordare sempre che sono stati “scelti tra il popolo, consacrati per agire in relazione a Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati”, quindi li ha esortati: “Credete nella potenza del vostro sacerdozio!”. Rivolgendosi ai membri delle Comunità religiose, il porporato ha detto tra l’altro: “ogni carisma è una parola evangelica che lo Spirito Santo richiama dalla memoria della Chiesa (cfr Gv 14,26). Non è un caso che nella Chiesa ci sia la vita consacrata”. Infine la vita dei consacrati e delle consacrate “deve testimoniare l’incontro personale con Cristo, che ha alimentato la vostra consacrazione, e di tutta la potenza trasformante di quell'incontro”, ha affermato il cardinale, che ha concluso: “La Chiesa ha bisogno della vostra fedeltà, radicata e fondata in Cristo. Grazie per il vostro generoso, totale e perpetuo ‘sì’ alla chiamata di Cristo”. Nell’incontro dopo la Messa, il Prefetto del Dicastero Missionario si è rivolto ai sacerdoti, ai religiosi ed alle religiose della prefettura apostolica di Gulu con queste parole: “voi siete tra i più stretti collaboratori dei vescovi nel loro ministero pastorale. Siete presenti in ogni settore della vita della Chiesa, affrettando la venuta del Regno di Dio - il regno della giustizia, dell'amore e della pace - tramite la vostra preghiera e il vostro lavoro. Nella vostra vita, leggo la storia della Chiesa in questa terra: una storia di grande fede, di amore e sacrificio. Riconosco il contributo dei sacerdoti e dei religiosi missionari, che hanno contribuito a rafforzare la comunità cattolica qui. Il loro impegno per la causa del Vangelo spesso va dallo straordinario all’eroico, e ad alcuni è costato la vita stessa”. Il card. Filoni ha quindi rivolto alcune esortazioni ai presenti. Ai sacerdoti ha ricordato che “il sacerdozio è un dono per noi, ma, in noi e attraverso di noi, il sacerdozio è un dono per la Chiesa”. I religiosi e le religiose, “attraverso la pratica dei consigli evangelici, sono diventati segno profetico del regno eterno del Padre”. “Come persone consacrate, la cui vocazione implica un lavoro attivo nel servizio ecclesiale, è necessario che facciate ogni sforzo per unire la contemplazione con il vostro zelo apostolico”. “Cari fratelli e sorelle – ha concluso il cardinale -, vi lascio oggi con una parola di incoraggiamento e un messaggio di speranza. In tutto il vostro lavoro e le vostre battaglie, nelle vostre gioie e dolori, ce qualcuno che cammina accanto a voi lungo il sentiero del discepolato: Maria, la Madre di Gesù, che meditava ogni cosa nel suo cuore e ha sempre fatto la volontà del Padre”. (R.P.)

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    Appelli umanitari 2013. Michel Roy, Caritas Internationalis: con l'Onu e il Pam nel mondo di chi soffre

    ◊   L’Onu ha richiesto 8,5 miliardi di dollari per finanziare, nel 2013, i suoi programmi di aiuti umanitari per circa 51 milioni di persone coinvolte nelle 16 maggiori crisi umanitarie del mondo. Oggi, a Roma c’è stata la conferenza stampa sugli Appelli umanitari globali del 2013. A intervenire esponenti del Programma alimentare mondiale e delle Nazioni Unite. Per Caritas Internationalis c’era il segretario generale, Michel Roy. Debora Donnini l’ha intervistato:

    R. – Il messaggio principale è che veramente servono soldi per fare tutto il necessario per venire in aiuto di persone molto vulnerabili, specialmente in caso di conflitti o di catastrofi naturali.

    D. – I tre Paesi più colpiti sono Somalia, Sudan e Sud Sudan: è così?

    R. – Sì, il Corno d’Africa. In Somalia, c’è una prospettiva positiva. Adesso, c’è un nuovo governo e l’Onu vuole appoggiarne le iniziative. In Sudan, la crisi nel Darfur con i suoi 10 anni di guerra non è ancora finita: c’è tanta gente che ha bisogno di un sostegno diretto per quanto riguarda il cibo. C’è la guerra nei Monti Nuba, che non finisce mai…

    D. – Tra le 16 maggiori crisi umanitarie da affrontare nel 2013, quali sono gli altri Paesi coinvolti?

    R. – La Repubblica Democratica del Congo, il Kenya, il Ciad, il Mali, il Niger, il Burkina Faso, l’Africa Centrale e la Mauritania. Poi, ci sono ancora l’Afghanistan, Haiti e le Filippine e lo Yemen.

    D. – Un discorso a parte, invece, è stato fatto sulla Siria…

    R. – Sì, la Siria non fa parte dei Paesi dell’appello, ma a gennaio ci sarà un appello per la Siria, dalle Nazioni Unite. La situazione è molto preoccupante: ci sono milioni di persone sfollate e tanti rifugiati, in numero crescente, nei Paesi vicini. Sarebbe opportuno che la comunità internazionale riflettesse sulle modalità per avviare negoziati che portino alla fine di questa guerra. Se si continua come adesso, la tragedia sarà ancora più grande. Le Nazioni Unite hanno deciso di lanciare un appello consolidato, ma stanno già operando. Il Pam già interviene.

    D. – La Caritas Internationalis cosa chiede?

    R. – La Caritas Internationalis come prima considerazione riconosce l’importanza di lavorare insieme, della complementarietà tra ciò che la comunità internazionale attua insieme con le Nazioni Unite e ciò che si fa localmente, cioè l’importanza degli attori locali. Inoltre, non si può intervenire sempre per lavorare sulle conseguenze di una crisi, si deve lavorare di più per fermare le ragioni che causano le crisi.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Quasi una piccola enciclica: in prima pagina, un editoriale del direttore sul Messaggio di Benedetto XVI per la Giornata mondiale della pace.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, la Nato pronta a dispiegare i Patriot in Turchia.

    Per il "Financial Times" Mario Draghi è l'uomo dell'anno.

    Altre pagine al libro dell'unità: nell'informazione religiosa, i venticinque anni del Conseil d'Eglises chrétiennes en France.

    L'Albero dell'Anno della fede: nell'informazione vaticana, Benedetto XVI ai fedeli di Pescopennataro per il dono dell'albero natalizio.

    Promessa mantenuta di una nuova Pentecoste: la seconda predica di Avvento dedicata al cinquantesimo di apertura del concilio Vaticano II.

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    Oggi in Primo Piano



    Siria nel sangue, si fanno più concrete le voci su un'uscita di scena di Assad

    ◊   Imponente offensiva degli insorti oggi in Siria. Obiettivo: la capitale Damasco con i maggiori centri del potere. Anche ieri una nuova giornata di sangue con oltre 100 vittime negli scontri tra esercito e opposizione. Intanto, tornano a farsi sempre più concrete le voci su un’imminente uscita di scena del presidente Assad, ipotesi confermata dalla Russia, anche se poi parzialmente smentita. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Camille Eid, esperto di Medio Oriente del quotidiano Avvenire:

    R. – Effettivamente, c’è qualcosa di più concreto con l’ultima presa di posizione da parte del viceministro degli esteri russo, che indica un riposizionamento della Russia nei confronti della Siria. Si parla, comunque, di un avvicinamento tra Washington e Mosca, per trovare una soluzione pacifica attraverso un periodo di transizione, che lasci all’attuale regime la possibilità di proseguire a guidare il Paese: non attraverso Assad, ma con l'ingresso di personaggi dell'attuale regime nel governo che sarà formato dall’opposizione. Quindi, io vedo grosse novità che in tutti i modi escludono la possibilità che Assad rimanga al potere per altro tempo ancora.

    D. – C’è il problema dei rapporti con il fronte degli insorti, che sicuramente manca di omogeneità…

    R. – Sì, manca di omogeneità, anche se molti gruppi hanno aderito all’ultima coalizione che è stata formata e quindi fanno riferimento proprio al consiglio siriano unificato. Ci sono, comunque, gruppi jihadisti arrivati dall’estero e questo non prelude a niente di buono, ma molti siriani dicono che questi restano gruppi minoritari. Da una parte questo è vero, ma dall’altra bisogna tener conto che i confini della Siria sono troppo aperti verso diversi Paesi e quindi non sarà facile la transizione.

    D. – Una Siria pacificata, questa è la speranza di tutti: che importanza avrebbe nel contesto mediorientale?

    R. – Enorme, anche se i futuri leader siriani hanno sempre evitato di parlare di quello che sarà poi il fulcro del ruolo siriano nella soluzione del conflitto israelo-palestinese, o israeliano-arabo. Su altre tematiche, invece, hanno posizioni molto più chiare. Penso, per esempio, alle relazioni con il Libano o con i Paesi vicini: Giordania e Turchia. Quanto meno, i futuri leader avranno rapporti molto più normali con questi Paesi.

    D. – Ha influito in qualche modo, secondo te, sull’accelerazione dell’azione diplomatica internazionale, l’aggravarsi a dismisura del dramma umanitario: sono centinaia di migliaia i profughi in fuga dalla guerra…

    R. – Purtroppo no. Più che altro, a influire è stata l'avanzata militare dell’opposizione che sembra in procinto di assestare il colpo finale. Purtroppo, il dramma umano non è stato molto preso in considerazione, anche se molti Stati hanno offerto ingenti fondi per sostenere questi profughi, ma non è stato questo l’elemento motore.

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    Egitto: domani referendum sulla Costituzione. Appello delle Chiese cristiane

    ◊   In Egitto, vigilia incandescente per il referendum sulla nuova Costituzione. Anche oggi, manifestazioni sia dei sostenitori del presidente Morsi che dell’opposizione. Si andrà al voto in due date, domani e il 22 dicembre prossimo, a causa della defezione ai seggi di gran parte della magistratura, contraria alla nuova Carta. Sul piede di guerra anche il fronte che accusa il presidente del tentativo di svolta autoritaria e che minaccia di non riconoscere il voto, se non vi saranno le condizioni di necessaria trasparenza. Le Chiese cristiane, intanto, fanno appello alla partecipazione: “Gli egiziani esprimano il proprio voto in libertà e secondo coscienza”. Sul clima a poche ore dall’apertura delle urne, Giancarlo La Vella ha sentito il giornalista Giuseppe Acconcia, che si trova in Egitto:

    R. - Oggi, due le manifestazioni: una dei Fratelli Musulmani, ovviamente a favore del presidente Morsi e della nuova Costituzione, l’altra delle opposizioni. Come al solito, si riuniranno in Piazza Tahrir e poi in altri quartieri del Cairo. Ieri, il fronte degli oppositori ha espresso grande preoccupazione per la correttezza del voto. Soprattutto Amr Mussa ed El Baradei hanno parlato della difficoltà di tenere il voto in due giorni, facendo notare come in questo modo sia più facile manipolare il risultato del referendum.

    D. - Dai contatti che stai avendo con gli egiziani, si può dire che effettivamente c’è questa spaccatura nel Paese anche nella popolazione?

    R. - Sì. La popolazione è divisa: c’è chi vuole che questo voto per il "sì" riporti la stabilità nel Paese e condizioni economiche migliori e chi, come l’opposizione, che spinge per il “no”, stigmatizzando alcuni punti critici della nuova Costituzione, che vanno dagli accresciuti poteri del presidente della Repubblica, alle questioni relative alle corti militari, che possono giudicare i civili. E poi tanti piccoli elementi della nuova Costtituzione che sono considerati non appropriati, come il riferimento ai valori della moralità e della famiglia, che potrebbero limitare i diritti delle minoranze religiose e delle donne. Quindi, la società egiziana non soltanto è divisa nel giudicare il referendum, ma lo è anche nel giudicare la figura di Mohammed Morsi. Questo referendum di oggi e del 22 dicembre prossimo, si sta anzi trasformando in un voto pro o contro Morsi.

    D. - Ritieni che dopo il voto non tanto lo scontro con le opposizioni, ma quello con la magistratura possa in qualche modo rientrare?

    R. - Già nei giorni scorsi, alcuni magistrati sono tornati sui loro passi, dopo che il presidente Morsi ha ritirato il decreto presidenziale del 22 novembre nel quale ampliava i suoi poteri. Ma la spaccatura con la magistratura è particolarmente grave, non soltanto perché il decreto presidenziale ha limitato il ruolo dei magistrati, ma anche perché all’interno della nuova Costituzione ci sono aspetti che limitano l’operato dei magistrati, in particolare quello secondo il quale i civili possono essere processati da Corti militari. Ecco perché il confronto con i magistrati è grave e la magistratura ha continuato a manifestare anche nei giorni scorsi assieme a gran parte della stampa egiziana. Infatti, l’altro punto grave è la limitazione del diritto di espressione: quindi, sono sia i giornalisti che i magistrati che continuano a dimostrare in piazza, al Cairo e anche nelle altre città egiziane.

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    Sinai: il dramma dei profughi eritrei rapiti si consuma tra indifferenza e atrocità

    ◊   Resta drammatica la situazione nel Sinai, dove almeno 750 profughi eritrei sono nelle mani dei beduini, trafficanti di esseri umani. Una situazione che ormai va avanti da tempo, ma che rischia di essere dimenticata. Al microfono di Benedetta Capelli, la presidente dell’ong “Ghandi”, Alganesh Fesseha che da anni lavora per stroncare questo traffico:

    R. – E’ già una storia dimenticata, secondo me. E questa dimenticanza è veramente pericolosa perché la gente sta morendo. Questi profughi partono dall’Eritrea per cercare lavoro e arrivano in Sudan. Una volta lì, vengono presi dai Rashaida – una tribù sudanese-eritrea beduina – che li vende ai beduini egiziani a una certa cifra – tremila euro, tremila dollari – e poi quando li hanno comprati, li vendono ad altri beduini egiziani, aumentando sempre il prezzo fino a quando non arrivano ai confini tra Israele ed Egitto. Qui, chiedono anche 30, 35 o 50 mila dollari. Adesso, vista la pericolosità del tragitto ci sono nuove tratte, gli eritrei infatti cercano di andare verso Juba, ma per andarci passano comunque per Khartoum e così finiscono per ritrovarsi sempre nel campo profughi di Shagarab, dove vengono rapiti dai Rashaida e poi venduti ai beduini egiziani. Questi ultimi, li tengono chiedendo un riscatto di 30-50 mila dollari. Chi non può pagare viene ucciso, ma anche chi ha pagato viene torturato può essere ucciso e poi gettato in strada. Io sono arrivata dal Sinai ieri notte e ho visto cinque cadaveri buttati per terra…

    D. – Cosa c’è dietro a questo traffico di esseri umani?

    R. – Il denaro. Io ieri ho chiesto a una persona del posto: ci sono quasi 750 persone prigioniere nelle mani dei beduini, se ognuna di queste dovesse pagasse questa cifra, o anche di meno, sarebbe una cifra importante. E dove vanno a finire quei soldi? I soldi vengono usati per comprare armi e droga. Questa è stata la risposta. Io mi domando: come è possibile che, in una situazione in cui tutti sanno, non si riesca a fermare questa cosa? Possono esserci diversi motivi politici, però c’è la questione umana che è terribile! Abbiamo migliaia di donne alle quali è stato tagliato il seno perché non potevano pagare, hanno tagliato le gambe, le torture che infliggono ai prigionieri sono terribili…

    D. – Come siete riusciti a liberarli, allora?

    R. – I prigionieri ci chiamano: i beduini danno loro il telefono per chiedere il riscatto. Mi chiamano e io chiedo come stanno e loro mi descrivono la situazione. E se non sono legati, se hanno la possibilità di andare uno per uno o più di uno per volta in bagno, mi metto d’accordo chiedendo loro di uscire ad una certa ora. A quell’ora, io mando alcune persone che li prendono, li nascondono fino a quanto non arrivo con il certificato delle Nazioni Unite, con la yellow card, che consegno loro e li porto al Cairo. Finora, siamo riusciti a liberare 150 persone.

    D. – Qual è a questo punto l’appello che lei vuole lanciare alla comunità internazionale?

    R. – Stanno morendo migliaia di ragazzi giovani: per favore, aiutateli! Aiutatemi a fermare questo massacro: è un vero massacro. C’è gente che sta morendo per nessuna ragione! Io faccio appello perché vengano salvate delle anime innocenti che non hanno fatto niente, che hanno soltanto cercato di scappare dalla fame e dalla miseria del loro Paese, e dalla sofferenza.

    D. – C’è una storia particolarmente emblematica che l’ha toccata e che vuole far conoscere all’opinione pubblica?

    R. – La storia più emblematica è l’uccisione di un bambino di tre anni, che ho trovato nella spazzatura, morto. Vedere un bambino di tre anni ucciso in quel modo, per me è stato molto shoccante. E’ una cosa inaccettabile e drammatica: è drammatica! Che colpa ne ha un bambino di tre anni?

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    Il ministro Balduzzi: per gli ospedali in difficoltà finanziaria sostegno e rigore

    ◊   Alla luce dei tagli imposti dalla spending review, il sistema sanitario pubblico è ormai insostenibile. E' l'allarme lanciato dalle Regioni al termine della seduta straordinaria monografica sulla sanità. Secondo le Asl, poi, per raggiungere gli obiettivi di spending review, il 95% di queste strutture saranno costrette a tagliare i servizi e le prestazioni rese ai pazienti. Sulla sostenibilità del sistema. Alessandro Guarasci ha sentito il ministro della Salute, Renato Balduzzi:

    D. - Qualche giorno fa, lei è tornato a parlare dell’importanza della medicina del territorio. E’ soddisfatto di come stanno reagendo i medici di famiglia? Perché questi poliambulatori aperti 24 ore su 24, tutti i giorni della settimana, ancora si fa un po’ fatica a vederli…

    R. - Non ho mai pensato che, perché viene presa una decisione, poi dal giorno dopo si applichi. Sono decisioni organizzative che richiedono il tempo necessario. Però, il percorso è stato avviato, sta per essere formalizzato l’atto di indirizzo da parte del comitato di settore, del Ministero e delle regioni, alla struttura preposta proprio per la medicina convenzionata, quindi i medici di famiglia. E’ un percorso che dal decreto legge che, ha imposto questa innovata attenzione, in sei mesi deve arrivare a definire un accordo per cui dappertutto, in modo generalizzato, ci saranno le innovazioni volute dal decreto legge. Ove non fosse possibile, c’è la possibilità di un intervento proprio sostitutivo, a livello centrale, decorsi inutilmente questi sei mesi. Ma io confido che Regioni e categorie interessate, anche grazie all’aiuto e al sostegno del Ministero, riescano a trovare un accordo. Quindi, io sono soddisfatto perché il percorso si è messo in moto.

    D. – Pensa sia stata trovata una soluzione per le problematiche finanziarie degli ospedali d’ispirazione religiosa in Italia e nel Lazio?

    R. - Io credo di sì. Le due parole d’ordine sono rigore - perché il rigore dei conti, il rigore della sostenibilità, vale per tutti: pubblici e privati, privati di ispirazione religiosa o privati di altre ispirazioni o privati commerciali - e sostegno. Alcune di queste strutture sono strutture importanti, decisive, nella logica dei servizi sanitari, non soltanto per la Regione Lazio ma per l’intero Paese. Addirittura, alcune di queste hanno anche un rilievo che supera il rilievo strettamente nazionale. Credo che a tutti i livelli, nazionale, regionale e aziendale, locale, vadano coniugate queste due parole: rigore e sostegno. Il che significa un invito a queste strutture a porre in essere piani di ristrutturazione, di riconversione, di riorganizzazione, qualche volta anche con sacrifici, con scelte importanti. Ma credo che il sistema sia in grado di aiutare queste scelte supportandole col sostegno.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Congo: disperata la situazione dei profughi. Stallo dei negoziati in Uganda

    ◊   Resta quanto mai incerta da un punto di vista politico, la situazione nella Repubblica Democratica del Congo e in particolare dell’area del Nord Kivu. Dopo il ritiro, avvenuto il primo dicembre scorso, dei ribelli del movimento M23 da Goma per stabilirsi a una decina di km nella località di Kanyaruchinya, sono stati aperti, tra le parti, negoziati di pace a Kampala, in Uganda, che tuttavia stentano a decollare. Il movimento, infatti, chiede come condizioni le dimissioni del presidente Kabila e un governo di transizione, di cui far parte, in attesa di organizzare nuove elezioni. Kinshasa, da parte sua – precisa Misna – acconsente solo di verificare lo stato di applicazione degli accordi firmati nel 2009 con la milizia Cndp, nucleo fondatore dell’M23. Tra la gente, intanto, serpeggia l’incertezza: i colloqui in Uganda vengono seguiti a distanza e con scarso interesse; i negozi iniziano a riaprire, ma nelle città circolano pochi soldi a causa dei timori per il futuro. Grande preoccupazione, inoltre, desta nella popolazione la presenza dell’esercito ruandese in territorio congolese: nella regione, infatti, sarebbe operativo un “Meccanismo congiunto di verifica delle frontiere” tra i due Paesi che dovrebbe attivarsi, però, solo dietro richiesta della Conferenza internazionale della regione dei Grandi Laghi. Disperata, poi, è la situazione dei profughi: secondo gli ultimi dati dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, il numero totale degli sfollati si attesta sui 914mila, ospitati in 19 campi; tra questi, inoltre – specifica l’Unicef – ci sono almeno 750 bambini rimasti senza casa e senza famiglia. Dalla data del ritiro dei ribelli, infine, solo 27mila persone hanno tentato di rientrare nelle loro abitazioni nel territorio di Rutshuru. Sempre in Uganda, ma a Entebe, da ieri sono riuniti esponenti della società civile del Nord Kivu, del Sud Kivu e della Provincia Orientale, nel tentativo di dare un contributo alla pace e in cerca di “soluzioni alle guerre dell’est”. Una nuova proposta concreta per risolvere la crisi è venuta, invece, dallo Zimbabwe che ha offerto la propria disponibilità a contribuire con alcune centinaia di uomini alla forza d’appoggio che la Comunità di sviluppo dell’Africa australe intende inviare in Congo. (R.B.)

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    India: rientrata la salma di mons. Madtha, nunzio apostolico in Costa d’Avorio

    ◊   “Per il nostro popolo, per i molti appartenenti ad altre religioni i fiori, l’incenso, i salmi e l’Eucaristia saranno una testimonianza vivente del rispetto per il defunto, nell’attesa della resurrezione del corpo e della nostra fede in Cristo risorto”. L’arcivescovo di Mangalore, mons. Aloysus Paul D’Souza ha accolto con queste parole il rientro in patria della salma di mons. Ambrose Madtha, nunzio apostolico in Costa d’Avorio scomparso in un incidente stradale l’8 dicembre scorso. “I funerali di mons. Madtha mostreranno a tutte le persone di buona volontà dello Stato del Karnataka che la resurrezione di Gesù può illuminare l’esistenza umana: anche questa è nuova evangelizzazione” ha proseguito l’arcivescovo, sottolineando come Belthangady, paese natale di mons. Madtha dove domani verranno svolte le esequie, “in cui vivono migliaia di non cristiani e cristiani di varie denominazioni, sarà a sua volta un messaggio che le persone non sono nemiche tra di loro”. Il corpo del rappresentante vaticano è tornato in India a bordo di un volo speciale organizzato dal governo ivoriano, che sarà presente al funerale con una delegazione costituita dal ministro degli Affari esteri e il ministro degli Affari sociali. Come riportato dall’agenzia AsiaNews, la Chiesa ivoriana parteciperà al rito con la presenza del presidente della Conferenza episcopale, mons. Alexis Touabli Youlo e l’arcivescovo di Abidjan, mons. Jean-Pierre Kutwa. L’arcivescovo indiano, vittima di un incidente stradale mentre tornava dalle celebrazioni per l’Immacolata, aveva 57 anni ed era stato ordinato sacerdote nel 1982. Nel 2008 aveva ricevuto l’incarico di nunzio apostolico in Costa d’Avorio, divenendo una guida importante per i fedeli del Paese che lo ricordano come un grande mediatore di pace, soprattutto durante la crisi politica del 2010-2011. Mons. D’Souza ha chiuso il suo intervento con un messaggio di speranza: “Anche se siamo devastati da questa tragica perdita di un amato figlio del Karnataka, l’Anno della Fede ci incoraggi a richiamare una fede autentica, nel mistero della Sua morte e della resurrezione”. (L.P.)

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    Terra Santa: il nunzio mons. Lazzarotto in visita al presidente palestinese

    ◊   Mons. Giuseppe Lazzarotto, nuovo delegato apostolico a Gerusalemme e in Palestina, ha incontrato mercoledì, a Ramallah, il presidente dell’Autorità palestinese Mahmoud Abbas. Secondo quanto riferisce il Patriarcato latino di Gerusalemme, “il delegato apostolico si è congratulato a nome della Santa Sede con Mahmoud Abbas dopo la decisione dell’Onu di rendere la Palestina Stato osservatore non membro delle Nazioni Unite. Il presidente - riferisce l'agenzia Sir - si è compiaciuto da parte sua della qualità delle relazioni bilaterali esistenti tra Palestina e Santa Sede”. La settimana scorsa, il 4 dicembre, il nuovo rappresentante del Papa aveva consegnato le sue lettere credenziali al presidente dello Stato d’Israele, Shimon Peres. Nell’occasione Peres aveva detto di avere “il più grande rispetto per Sua Santità”, riaffermando “la buona volontà” d’Israele nel portare avanti le relazioni con la Santa Sede. Il presidente israeliano aveva anche augurato che “queste relazioni continuino a migliorare”. Da Peres anche l’invio di un messaggio via Twitter al Papa: “Santità, benvenuto su Twitter. Le nostre relazioni con il Vaticano sono nel loro momento migliore e possono costituire la base per diffondere ovunque la pace”. Mons. Lazzarotto, da parte sua, ha sottolineato l’importanza della “buona volontà”, aggiungendo che “dobbiamo lavorare insieme per la pace, per la buona comprensione e per il dialogo”. (R.P.)

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    Nucleare: per l'Aiea presto l'accordo con l'Iran sul nucleare

    ◊   Buone notizie dai colloqui tra l’Agenzia atomica internazionale (Aiea) e l’Iran: l’Aiea conta di concludere a breve un accordo con il Paese in merito al programma nucleare di Teheran. Il capo ispettore dell’agenzia, Herman Nackaerts, ha fissato il prossimo incontro per il 16 gennaio e anche il rappresentante iraniano dell’Aiea, Ali Asghar Soltanieh ieri ha definito l’incontro “costruttivo e positivo”. Gli ispettori, secondo quanto riferito, potrebbero avere accesso anche al sito di Parchin, dove si sospettano attività militari che il governo iraniano ha sempre smentito. È dall’inizio del 2012 che l’Aiea cerca un accordo con Teheran su un “approccio più strutturato” che dia ai propri ispettori un maggiore accesso ai siti e ai documenti in materia di energia nucleare. (R.B.)

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    Regno Unito: a gennaio altre 11 suore anglicane accolte nella Chiesa cattolica

    ◊   Il prossimo gennaio undici suore anglicane della Comunità di St. Mary the Virgin (CMSV) a Wantage, nell’Oxfordshire, entreranno in piena comunione con la Chiesa cattolica. Le religiose, tra le quali la superiora della comunità, Madre Winsome, saranno accolte nell’Ordinariato cattolico di Nostra Signora di Walsingham, istituito nel 2010 secondo quanto stabilito dalla Costituzione apostolica “Anglicanorum Coetibus” di Benedetto XVI in risposta alla richiesta di alcuni anglicani di entrare in piena comunione con Roma. Ad esse si unirà suor Carolyne Joseph, già membro della Society of St Margaret of Walsingham, entrata nell’Ordinariato nel 2011. In un primo momento le 12 religiose daranno vita a un’associazione pubblica di fedeli all’interno dell’Ordinariato e assumeranno il nome di Suore della Beata Vergine Maria continuando la vita di preghiera e di contemplazione e conservando alcuni elementi della tradizione e della pratica anglicana. Con le autorità della Chiesa d’Inghilterra è stato inoltre concordato che esse lasceranno il proprio convento e saranno temporaneamente ospitate in una comunità cattolica in attesa di stabilirsi nella sede definitiva. Commentando la decisione delle suore anglicane, l’Ordinario di Walsingham Keith Newton ha ricordato che la Comunità di Wantage “è al centro della vita religiosa della Chiesa d’Inghilterra fin dalla metà del XIX secolo”. Il suo contributo, ha aggiunto, “è stato significativo in particolare per contrastare l’emarginazione sociale non soltanto in Gran Bretagna, ma anche in India e in Sud Africa”. Le suore di St. Mary the Virgin, ha concluso mons. Newton, “hanno sempre pregato per l’unità dei cristiani e siamo veramente grati per la loro fede e il loro coraggio”. Parlando della Costituzione apostolica “Anglicanorum Coetibus”, madre Winsome ha sottolineato da parte sua che “l’offerta del Papa è un gesto profetico che porta a felice conclusione le preghiere di generazioni di anglicani e di cattolici che hanno cercato una via per l’unità tra i cristiani”. Il futuro della comunità, ha concluso, è “la realizzazione delle nostre origini e nell’Ordinariato personale di Nostra Signora di Walsingham continueremo molte nostre tradizioni, cercando al contempo di crescere in Cristo attraverso il nostro rapporto con la Chiesa nel suo insieme”. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Kenya: in vista delle elezioni i vescovi invitano alla riconciliazione

    ◊   La Chiesa cattolica è impegnata perché le elezioni del marzo 2013 si svolgano pacificamente e respinge le insinuazioni di aver parteggiato per una parte o per l’altra nel duro confronto post-elettorale del 2007-2008. Lo ha affermato padre Vincent Wambugu, segretario della Conferenza episcopale del Kenya, in un discorso di fronte ai responsabili della sezione keniana del Catholic Relief Service (Crs). “Non c’è dubbio che i keniani siano in ansia per lo stato della nazione, mentre ci avviciniamo alle elezioni presidenziali del 4 marzo 2013. Gli episodi di violenza in alcune parti del Paese, come nel Delta Tana del fiume e a Garissa, sono un'indicazione dello stato precario della nazione” ha detto padre Wambugu. “Il Kenya si sta ancora rimettendo dalle violenze post-elettorali dal 2007/2008. Dopo la promulgazione della nuova Costituzione, il Paese è ancora diviso lungo linee tribali” ha aggiunto. “È nostro dovere, come persone che lavorano nelle istituzioni della Chiesa, lavorare per la rinascita di un Kenya pacifico”. Padre Wambugu ricorda che non a caso il tema della campagna quaresimale 2012 è stato “un Kenya unito e pacifico... il cambiamento che vogliamo vedere”. Il segretario della Conferenza episcopale sottolinea a questo proposito che “come keniani dobbiamo accettare, apprezzare e rispettare le differenze sociali, culturali e religiose degli individui, dei gruppi e dei popoli”. “Questo è il primo passo verso la riconciliazione, in quanto il rispetto delle differenze è una condizione di per sé necessaria per i rapporti veri tra le persone e tra i gruppi. La soppressione delle differenze può portare a una pace apparente, ma si crea una situazione instabile, che è in realtà il preludio a nuove ondate di violenza” ha concluso. (R.P.)

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    Mali: concluso il passaggio di consegne al nuovo primo ministro Cissoko

    ◊   Da ieri a tutti gli effetti Diango Cissoko è il nuovo primo ministro del Mali, dopo le dimissioni imposte, martedì scorso, all’ex premier Cheick Modibo Diarra, che è stato poi posto agli arresti domiciliari da un gruppo di militari della città guarnigione di Kati, come riferisce l’agenzia Misna. Il nuovo primo ministro ha fatto sapere che entro la prossima settimana sarà operativo il suo governo di unità nazionale e comunica che le priorità del Mali non sono cambiate: lottare contro la crisi politica e facilitare l’intervento militare nel Nord del Paese occupato da gruppi armati. L’auspicio che questo possa realizzarsi, ma solo attraverso un vero governo di unità nazionale, arriva anche dall’alto rappresentante dell’Unione africana in Mali e nel Sahel, Pierre Buyoya, ex presidente del Burundi, in un’intervista rilasciata a Radio France International proprio mentre gli ultimi sviluppi interni della politica maliana stanno lanciando più di un’ombra sul processo di transizione in corso nel Paese, tanto da far pensare l’invio, appunto di una forza militare interafricana nelle regioni del nord. A ridimensionare la situazione, invece, pensa il presidente del Burkina Faso e mediatore della crisi maliana per conto della Comunità economica dei Paesi dell’Africa occidentale, Blaise Compaoré, che pur ammettendo la non regolarità del processo che ha condotto alle dimissioni dell’ormai ex primo ministro, processo che non ha seguito le regole del diritto, ha affermato che il peggio sarebbe passato e ha dichiarato di aver incassato la collaborazione del capo di Stato maliano, Dioncounda Traoré, al processo di pace avviato. (R.B.)

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    Costa Rica: i vescovi sulla dignità del matrimonio e della famiglia

    ◊   Il matrimonio come “fondamento essenziale della famiglia, valore importante che deve essere difeso da ogni minaccia che metta in pericolo la sua solidità, la sua particolare natura, le sue proprietà essenziali e finalità innegabili”. È un passaggio del comunicato che la Conferenza episcopale della Costa Rica ha inviato all’agenzia Fides con il titolo “Rispetto del matrimonio e della famiglia”. “Dinanzi alle varie proposte di legge sulle unioni tra persone dello stesso sesso che sono in esame nel Parlamento”, i vescovi costaricensi hanno voluto ribadire “alcune considerazioni finalizzate alla tutela della dignità del matrimonio e alla promozione e difesa del bene comune della società, nel contesto del rispetto dei diritti umani”. I vescovi hanno voluto così intervenire nel dibattito aperto su alcune proposte di legge al vaglio del Parlamento sull’equiparazione tra unioni omosessuali e matrimonio tradizionale, un’idea che “distorce la percezione dei valori morali fondamentali e mina l’istituzione del matrimonio in quanto tale”. La Chiesa cattolica “chiede che la famiglia, in quanto nucleo naturale e fondamentale della società e dello Stato, riceva la massima protezione, in particolare al momento della sua costituzione, e durante tutto il processo di cura ed educazione dei figli. Considera la persona umana creata a immagine di Dio, degna di tutto il rispetto, e rifiuta ogni forma di discriminazione contro la sua dignità”. Il testo si conclude con un invito al presidente della Repubblica, ai deputati e ai giudici “a compiere con sincerità, giustizia e carità la missione loro affidata dal popolo, vale a dire proporre leggi sulla base di principi etici a favore del bene comune”. (L.P.)

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    Usa: i vescovi del Michigan contro legge anti-sharia

    ◊   Sta suscitando vive proteste in Michigan una controversa proposta di legge presentata da un esponente del Partito Repubblicano che intende impedire ai tribunali dello Stato di utilizzare qualsiasi legge estera, se, facendolo, si viola un qualsiasi diritto garantito dalla Costituzione federale o statale. Il promotore dell’iniziativa, che divide anche il Partito Repubblicano, non fa mistero del fatto che il reale obiettivo del provvedimento, conosciuto come legge anti-Sharia, è la comunità islamica americana che ha infatti vivamente protestato per il suo carattere discriminatorio. Ma nelle maglie della nuova legge rischiano di incappare tutte le confessioni religiose, tra quali la Chiesa cattolica. E’ quanto rileva la Conferenza cattolica del Michigan (Mcc), la “voce politica” dei vescovi dello Stato. Se approvata la legge rischia infatti di ostacolare l’applicabilità nello Stato delle norme del Diritto canonico che regolamentano la vita della Chiesa nei suoi vari ambiti. “Qualsiasi misura che possa interferire con la vita interna della Chiesa cattolica – si legge in una nota del Presidente della Mcc, Paul Long – sarà considerata come un attacco alla stessa libertà religiosa e deve essere contrastata. L’auspicio della Conferenza cattolica del Michigan – aggiunge la nota - è che il dibattito sulla legge stimoli una maggiore consapevolezza e apprezzamento della libertà religiosa e del contributo dato dalle comunità al bene comune della società”. Riserve analoghe sono state espresse anche da altre comunità cristiane. (L.Z.)

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    Sudafrica: a gennaio convegno dei vescovi sull'Aids

    ◊   “La risposta cattolica all’Aids in Sudafrica, trent’anni dopo la scoperta del virus Hiv”: sarà questo il tema del convegno che la Conferenza episcopale sudafricana (Sacbc) ha organizzato per l’inizio del 2013. Dal 20 al 22 gennaio, infatti, presso l’Istituto teologico St. Joseph, a Cedara, si terrà un incontro che sarà inaugurato da mons. Robert Vitillo, consigliere speciale per l’Aids della Caritas Internationalis, che pronuncerà un intervento sulla situazione dell’Aids nel contesto internazionale. Prenderà quindi la parola padre Agbonkhianmeghe Orobator, esponente dell’Hekima College del Kenya, il quale si soffermerà sul contesto africano. Sarà poi la volta del card. Wilfrid Napier, arcivescovo di Durban, che interverrà sul tema “Risposte della Chiesa nel contesto urbano”, e di mons. Kevin Dowling, vescovo di Rustenburg, che invece affronterà la questione “nel contesto rurale”. Spazio, inoltre, a sr. Alison Munro, direttrice dell’Ufficio Aids della Sacbc, che presenterà “Sfide e risposte” al problema del virus Hiv. Ulteriori aspetti saranno affrontati dai membri dell’Istituto teologico St. Jospeh, in particolare per quanto riguarda l’Aids nel settore spirituale, le sue prospettive storiche ed etiche, la collaborazione interreligiosa, la questione delle donne e il ruolo della Chiesa. (I.P.)

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    Portogallo. I vescovi: a Natale portare solidarietà e speranza soprattutto ai poveri

    ◊   È un “messaggio di solidarietà e di speranza” quello che la Conferenza episcopale del Portogallo invia ai fedeli in vista del Santo Natale. “L’attuale clima sociale – si legge nel testo – non ci suggerisce molto le ‘Buone feste’, poiché manca il lavoro, i beni materiali necessari”. Per questo, scrivono i vescovi, “è urgente rafforzare i legami in famiglia e nei diversi ambienti di relazioni e solidarietà ed è fondamentale comunicare con Dio, che in Gesù si fa il più prossimo tra i nostri prossimi”. In questo senso, la Chiesa portoghese ribadisce che “contemplare il mistero dell’incarnazione di Gesù significa accogliere il povero” e che “i gesti di aiuto reciproco, solidarietà e condivisione vanno moltiplicati”, perché “la gioia autentica delle Feste sta nel dono altruista e generoso”. Sarà quindi un Buon Natale, sottolineano i presuli, “se 'l’altro' sarà al centro delle nostre attenzioni e del nostro servizio, vincendo la routine egoistica, così come Dio ha fatto di noi il suo centro, offrendosi in Gesù Bambino”. E sarà un Buon Natale se “dedicheremo tempo, affetto ed aiuto alle persone sole, ai malati, ai bambini e agli anziani, se offriremo le nostre opere ai servizi sociali”, e “se lasceremo che Gesù nasca nel migliore dei Presepi, ovvero nel nostro cuore”. Infine, la Chiesa del Portogallo sottolinea che “il Natale è una festa speciale per la famiglia” ed è quindi necessario “fare il possibile per rafforzare i legami familiari”, soprattutto nell’attuale “tempo di crisi”. (A cura di Isabella Piro)

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    Nepal: i cristiani contestano il censimento del governo

    ◊   I cristiani del Nepal hanno respinto gli ultimi dati diffusi governo del Nepal sulla composizione religiosa della popolazione nel Paese himalayano. Il Rapporto del Censimento 2011, pubblicato nei giorni scorsi dal governo, afferma infatti che i cristiani in Nepal sono 300mila, cioè l’1,4% della popolazione complessiva. Come riferito in una nota inviata all’agenzia Fides, la “Federazione Nazionale dei Cristiani del Nepal” (“Federation of National Christians-Nepal”, Fncn) contesta tali cifre, sostenendo che il numero dei fedeli ammonta a circa 2,5 milioni. Secondo il segretario generale della Federazione, C.B. Gahatraj, l'Ufficio centrale di statistica “ha deliberatamente contato un numero più basso, dato che 300mila fedeli si contano solo all'interno della valle di Kathmandu”. Ghataraj ha rimarcato che nel Paese “vi sono più di 8.500 comunità cristiane, che fanno oltre 2,5 milioni di fedeli”. La Fncn, ha continuato il Segretario, è in grado di fornire al governo “dati precisi e identità di ogni cristiano nepalese, se necessario”, annunciando proteste “se il governo non accoglierà le richieste dei cristiani, operando una necessaria correzione”. La Federazione, inoltre, ha colto l’opportunità per invitare ad attuare l’accordo in sei punti raggiunto nel maggio scorso fra governo e comunità cristiane. Bikash Bista, vicesegretario generale dell’Ufficio Statistico, ha risposto che il modulo consegnato ai cittadini “lasciava agli intervistati il compito di scrivere la propria religione”. Il Rapporto del censimento, ha detto, “è semplicemente l'analisi dei dati che abbiamo ricevuto”. (R.P.)

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    Una delegazione dei Cappuccini in Georgia per valutare il ritorno dei frati nel Paese

    ◊   Una delegazione dei ministri provinciali cappuccini del Nord Italia si è recata nella repubblica caucasica della Georgia per definire l’apertura di una missione in quella regione. Accompagnati dal vescovo mons. Giuseppe Pasotto, il mese scorso hanno visitato la città di Tbilisi dove dovrebbe avere inizio la presenza e l’attività pastorale dell’Ordine, incontrando anche i religiosi e il clero già presente nella zona. L’amministratore apostolico dei Latini, mons. Pasotto, due anni fa chiese al ministro generale che i frati potessero ritornare in una terra in cui sono stati presenti fino al 1845, quando furono cacciati dai russi. Salutando i frati alla porta della cattedrale di Tbilisi, costruita dai Cappuccini, il vescovo ha spiegato perché ha voluto il loro ritorno: “Voi esprimete uno stile di vita fraterno, conventuale - ha detto - questo aspetto i nostri cattolici lo vedono solo nei monasteri ortodossi, e si chiedono se esista o no una forma di vita simile anche nella chiesa cattolica”. “L’incontro con la gente vi rende accessibili a tutti – ha aggiunto - e potete rendervi prossimi alle tante situazioni di povertà che ci sono, diventando strumento di crescita e di evangelizzazione”. Il viaggio dei ministri provinciali è stato breve, ma intenso, e ha dato modo di conoscere concretamente la realtà del Paese (69.867 Kmq con circa 4 milioni e mezzo di abitanti, di cui solo lo 0.8% cattolici) e di precisare le prospettive di una missione. Per ora si è stabilito che i primi missionari arriveranno in Georgia nel prossimo marzo. Per questo, a nome del ministro generale, è stato fatto un appello perché un buon numero di religiosi, seguendo la voce dello Spirito Santo, si renda disponibili a partire. (A cura di padre Egidio Picucci)

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    Medici per l’Africa Cuamm impegnati per garantire parti sicuri e cura dei neonati

    ◊   Garantire l’accesso gratuito al parto sicuro e alla cura dei neonati. Questo l’obiettivo del progetto “Prima le mamme e i bambini” promosso da Medici con l’Africa-Cuamm con la collaborazione di numerose istituzioni africane e italiane. Un’iniziativa - precisa il Sir - che mira a raddoppiare in cinque anni il numero di parti assistiti negli ospedali e nei distretti di Chiulo in Angola, Wolisso in Etiopia, Aber in Uganda e Tosamaganga in Tanzania. Il progetto avviato nel 2012 coinvolge attualmente 4 ospedali e 22 centri di salute e si rivolge a una popolazione di oltre un milione e 300mila abitanti. I primi risultati raggiunti verranno presentati domani all’Auditorium dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, dove interverranno diversi relatori del mondo ecclesiale e istituzionale. Continua, intanto, la raccolta di fondi della fondazione per garantire i costi di base del parto. (L.P.)

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    Artisti e letterati celebrano l’Anno della Fede a Roma

    ◊   Il mondo delle belle arti e lettere, riunito nella Pontificia Insigne Accademia dei Virtuosi al Pantheon, si è unito ieri alle celebrazioni dell’Anno della Fede con una manifestazione a Roma, ospitata nella prestigiosa sede della Fondazione Marco Besso, che ha avuto come momento centrale la presentazione del dodicesimo volume dei suoi “Annali”, dedicato appunto al grande evento ecclesiale. Lo ha sottolineato il prof. Vitaliano Tiberia, presidente dell’Accademia riconosciuta nel 1542 da Papa Paolo III, ricordando che Roma è depositaria della memoria religiosa e storica del martirio, offerto in ogni tempo alla causa della fede e documentato dall’eccezionale patrimonio di architettura e arte, prodotto in ogni tempo. Come esempi ha citato la Basilica di Santa Prassede sul colle Esquilino (fatta riedificare tra l’817 e l’824 da Papa Pasquale I, e che raccoglie i resti di 2300 martiri traslativi dalle catacombe) e il ciclo pittorico del Pomarancio (Niccolò Circignani), nella rotonda della chiesa di Santo Stefano sul colle Celio, del quale il prof. Tiberia di recente ha diretto il restauro. Tra tutti i contributi agli “Annali” spicca il saggio dell’accademico dei virtuosi al Pantheon, mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura su “La Fede, prima virtù teologale, e il suo Anno” un “viaggio nel grande mare delle Fede”, come ha scritto sviluppando i suoi rapporti con la Grazia, la fiducia, la ragione e le opere. Hanno animato la manifestazione, presentando gli “Annali”, l’accademico Gerardo Bianco, docente universitario, già ministro della Pubblica Istruzione e noto uomo politico; il critico d’arte prof. Bruno Mantura, e il prof. mons. Manlio Sodi, presidente della Pontificia Accademia di Teologia. (A cura di Graziano Motta)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 349

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