Logo 50Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 03/12/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI su Twitter: il 12 dicembre il primo tweet sul tema della fede
  • Il Papa: il lavoratore non è un "bene minore", capitalismo finanziario contro economia reale
  • Benedetto XVI ai seminaristi del Collegio Inglese: la fede di pochi può incendiare il mondo
  • Giornata internazionale dei disabili. Mons. Zimowski: il mondo dei diritti non è solo dei forti
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • La Siria esclude l’utilizzo di armi chimiche. Ancora morti e feriti, grave l'emergenza umanitaria
  • Diplomazia internazionale contro le nuove colonie israeliane
  • Al via a Ginevra la 12.ma assemblea per l’interdizione delle mine anti-uomo
  • Bersani: ora governo del cambiamento. Il politologo Giovagnoli: aperta sfida a rinnovamento politico
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Congo: dopo il ritiro dei ribelli riaprono le scuole a Goma
  • Congo: nuovo piano di Caritas Goma per assistere 60 mila persone
  • Malawi: un missionario denuncia una nuova crisi alimentare
  • Africa: cure solo per un bimbo sieropositivo su 4. Contagiati oltre 3 milioni di piccoli nel Subsahara
  • Colombia. Il presidente Manuel Santos proroga i colloqui di pace con le Farc
  • Filippine: la Chiesa si oppone con preghiera e digiuno alla Legge per la salute riproduttiva
  • Francia: Forum cristiano-islamico sulle "tentazioni estremiste"
  • Pakistan: accuse di blasfemia a una scuola cristiana. Un giovane musulmano morto in carcere
  • India. Elezioni in Madhya Pradesh: sì all’impegno dei cristiani in politica
  • Haiti: bilancio dei vescovi sulla situazione nel Paese
  • Brasile: giovani neri le vittime maggiori della violenza
  • Panama: mons. Ulloa Medieta nuovo presidente degli episcopati dell'America Centrale
  • Messico: battezzati 21 bambini salvati dall’aborto
  • Irlanda. Appello dei vescovi al governo: "no" ad ulteriori tagli nel sociale
  • Spagna: celebrazione della festa di San Francesco Xaverio nella Navarra
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI su Twitter: il 12 dicembre il primo tweet sul tema della fede

    ◊   Benedetto XVI è da oggi su Twitter e il 12 dicembre, durante l’udienza generale, lancerà il suo primo tweet sul tema della fede. I tweet saranno pubblicati in 8 lingue sull’account ufficiale @pontifex. Su questa importante novità e sull’uso dei nuovi media in Vaticano si è tenuta, stamani, una conferenza nella Sala Stampa della Santa Sede, alla presenza tra gli altri di mons. Claudio Maria Celli, presidente del dicastero delle Comunicazioni Sociali, e Greg Burke, consulente della Segreteria di Stato per la comunicazione. Nell’occasione, padre Federico Lombardi ha anche annunciato nuove iniziative per rafforzare la presenza del Papa e della Santa Sede su Internet. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    L’attesa del mondo della Rete è finita: da oggi chi vorrà essere tra i follower di Benedetto XVI su Twitter potrà farlo sull’account ufficiale @pontifex. Il primo tweet il Papa lo lancerà mercoledì 12 dicembre, durante l’udienza generale. Otto le lingue che verranno utilizzate tra cui anche l’arabo. Mons. Claudio Maria Celli ha tenuto a sottolineare con quale spirito il Papa abbia scelto di essere presente anche su questo social network che ha oltre mezzo miliardo di iscritti:

    “Qui, ancora una volta, credo che emerga forte il desiderio di questo Papa di entrare in colloquio, in dialogo con l’uomo e la donna di oggi, e di incontrarli lì dove gli uomini e le donne di oggi si trovano”.

    Alcuni, ha detto ancora mons. Celli, si chiedono come si possa ridurre il pensiero di un Papa in 140 caratteri, quanti sono quelli di un tweet. In realtà, ha detto il presule, Benedetto XVI ha indicato che anche nell’essenzialità di brevi messaggi si può coltivare una profonda spiritualità, come d’altronde avviene leggendo dei versetti biblici. Questi tweet saranno dunque delle “scintille di verità”. Particolarmente significativa anche la scelta del tema che darà il via all’esperienza del Papa su Twitter. I primi tweet, infatti, risponderanno alle domande indirizzate al Papa su questioni relative alla vita della fede. Le domande potranno essere inviate fino al 12 dicembre a #askpontifex. Ancora mons. Celli:

    “Oggi, quello che ci interessa è proprio coinvolgere un dialogo con il Papa sul tema focale di quest’anno: un cammino di fede di ciascuno. Quindi, noi ci auguriamo che arrivino tweet proprio su questo tema per far sì che il Papa possa dare risposte sue, come risposte a questi tweet ricevuti, che poi possano però risuonare ed essere ri-tweetati nel mondo”.

    E’ stata, dunque, la volta del media advisor vaticano Greg Burke che si è soffermato sugli aspetti operativi della presenza del Papa su Twitter:

    “All the Pope’s tweets are the Pope’s words: nobody is going to put words …
    “Tutti i tweet del Papa – ha detto Burke – saranno parole del Papa: nessuno potrà mettere in bocca al Papa alcun tipo di espressione per poi dire che questi sono i tweet del Papa”. “I tweet del Papa – ha ribadito – sono le parole del Papa”. E’ stato inoltre sottolineato che il Pontefice non avrà dei “following”, ovvero “non seguirà” nessuno. Rispondendo poi alle domande dei giornalisti, Burke ha affermato che si è scelto Twitter piuttosto che Facebook perché il primo è più facile da gestire e permette di trasmettere velocemente e con facilità il messaggio. All’inizio, inoltre, verranno utilizzati per i tweet soprattutto testi tratti dall’udienza generale o dall’Angelus. Quindi, padre Lombardi e mons. Celli hanno annunciato alcune novità riguardanti i media vaticani sul web: innanzitutto il portale News.va - che ha aumentato il numero delle lingue ed ha realizzato dei “micrositi” su eventi particolari del Papa – avrà dalla prossima settimana, una App per Iphone, cosa già possibile da alcuni mesi per gli utenti della Radio Vaticana, che ha pure la App per Android. Potenziata anche la presenza su You Tube con nuovi canali in polacco, francese e cinese. Ritornando poi a Twitter, padre Lombardi ha evidenziato come siano oltre 100 mila i follower della Radio Vaticana in inglese e 30 mila quelli in spagnolo. Altra iniziativa particolarmente originale, annunciata da mons. Celli, è un ebook sull’Anno della fede in 6 volumi, uno dedicato al Magistero del Papa e gli altri dedicati all'attività della Chiesa nei 5 continenti.

    inizio pagina

    Il Papa: il lavoratore non è un "bene minore", capitalismo finanziario contro economia reale

    ◊   Il lavoratore oggi è considerato spesso un “bene minore”, semplice risorsa di un ingranaggio produttivo che lo sovrasta e mina la famiglia: occorre ridargli diritti e dignità. E’ uno dei concetti che Benedetto XVI ha espresso ai partecipanti della plenaria del Pontificio Consiglio “Giustizia e Pace”, riunita in Vaticano fino a mercoledì, sul tema “Autorità politica e giurisdizione universale”. Il servizio di Benedetta Capelli:

    “La Dottrina sociale è parte integrante della missione evangelizzatrice della Chiesa”. Il Papa ricorda l’insegnamento della Centesimus annus di Giovanni Paolo II, sottolineando come accogliere Cristo e il Vangelo significhi farsi “portatori di una visione dell’uomo, della sua dignità, della sua libertà e relazionalità, che è contrassegnata dalla trascendenza, in senso sia orizzontale sia verticale”. Benedetto XVI aggiunge poi che “i diritti ed i doveri dipendono primariamente dalla legge morale naturale, inscritta da Dio nella coscienza di ogni persona, e quindi in ultima istanza dalla verità sull’uomo e sulla società”.

    Ricordando i progressi fatti nella difesa dei diritti, il Papa evidenzia come la cultura odierna sia caratterizzata da “un individualismo utilitarista e un economicismo tecnocratico” che tende a “svalutare la persona”:

    “Nonostante sia immerso in una rete infinita di relazioni e di comunicazioni, l’uomo di oggi paradossalmente appare spesso un essere isolato, perché indifferente rispetto al rapporto costitutivo del suo essere, che è la radice di tutti gli altri rapporti, quello con Dio. L’uomo d’oggi è considerato in chiave prevalentemente biologica o come ‘capitale umano’, ‘risorsa’, parte di un ingranaggio produttivo e finanziario che lo sovrasta”.

    Un meccanismo che se da un lato continua a “proclamare la dignità della persona” dall’altro è animato da nuove ideologie:

    “Come quella edonistica ed egoistica dei diritti sessuali e riproduttivi o quella di un capitalismo finanziario sregolato che prevarica sulla politica e destruttura l’economia reale - contribuiscono a considerare il lavoratore dipendente e il suo lavoro come beni ‘minori’ e a minare i fondamenti naturali della società, specialmente la famiglia”.

    “Per il Cristianesimo – soggiunge il Papa – il lavoro è un bene fondamentale per l’uomo”, per la sua socializzazione, la formazione della famiglia e l’apporto per il bene comune e la pace:

    “Proprio per questo, l’obiettivo dell’accesso al lavoro per tutti è sempre prioritario, anche nei periodi di recessione economica (cfr Caritas in veritate, 32)”.

    Benedetto XVI parla di una “nuova evangelizzazione del sociale” dal quale deriva un nuovo umanesimo che aiuta a “detronizzare gli idoli moderni” sostituendo l’individualismo e il consumismo con “la cultura della fraternità e della gratuità, dell’amore solidale”. Dall’amore per il bene comune, Papa Giovanni XXIII aveva evocato la nascita di un’autorità per la sua attuazione:

    “La Chiesa non ha certo il compito di suggerire, dal punto di vista giuridico e politico, la configurazione concreta di un tale ordinamento internazionale, ma offre a chi ne ha la responsabilità quei principi di riflessione, criteri di giudizio e orientamenti pratici che possano garantirne l’intelaiatura antropologica ed etica attorno al bene comune (cfr Enc. Caritas in veritate, 67)”.

    Dunque - evidenzia il Papa - non un “superpotere concentrato nelle mani di pochi, che dominerebbe su tutti i popoli, sfruttando i più deboli”:

    “Qualunque autorità deve essere intesa, anzitutto, come forza morale, facoltà di influire secondo ragione (cfr Pacem in terris, 27), ossia come autorità partecipata, limitata per competenza e dal diritto”.

    Nel suo indirizzo di saluto il cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, ha affermato che “servono testimoni di pace, giustizia e amore”, uomini e donne di fede che testimonino il Vangelo nel sociale.

    inizio pagina

    Benedetto XVI ai seminaristi del Collegio Inglese: la fede di pochi può incendiare il mondo

    ◊   Bastano poche persone con una fede solida per diffondere il Vangelo “a macchia d’olio” nel mondo. Lo ha affermato Benedetto XVI nell’udienza ai responsabili e ai seminaristi del Venerabile Collegio Inglese di Roma, ricevuti questa mattina in udienza in Vaticano. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Un discorso di “fuoco”, quello di Benedetto XVI, perché è questo l’elemento che il Papa chiede di riaccendere nella società. Un fuoco di fede, e non importano tanto i numeri quanto il vigore di chi lo accende. Davanti ai 70 membri del Collegio Inglese riuniti in Sala Clementina, Benedetto XVI parte dalla storia, antica di 650 anni, dell’istituzione, che vanta predecessori come San Bonifacio, l’evangelizzatore della Germania, e prima ancora Papa Gregorio Magno che, rammenta, inviò Agostino di Canterbury “a piantare i semi della fede sul suolo anglosassone”. Sei secoli e oltre di “storia di fede e martirio”, ha osservato, hanno reso evidente una verità:

    “Those who have truly encountered Christ…
    Coloro che hanno veramente incontrato Cristo non sono in grado di mantenere il silenzio su di lui. (…). San Bonifacio, Sant'Agostino di Canterbury, San Francesco Saverio, la cui festa celebriamo oggi, e tanti altri santi missionari ci mostrano come un profondo amore per il Signore suscita un profondo desiderio di portare gli altri a conoscerLo”.

    E in che modo testimoniare Cristo? “Piuttosto oggi che domani”, è l’invito del Papa, che cita quello che fu il motto nel XVI secolo del primo martire del Collegio Inglese, San Ralph Sherwin. “Ed è giusto – ha soggiunto – che veneriate la gloriosa memoria dei 44 ex alunni del vostro Collegio che versarono il loro sangue per Cristo”:

    “You are called to imitate their love for the Lord…
    Siete chiamati a imitare il loro amore per il Signore e il loro zelo per farlo conoscere, potius hodie quam cras. Le conseguenze, i frutti, potete affidarli con fiducia nelle mani di Dio. Il vostro primo compito, quindi, è arrivare a conoscere voi stessi Cristo, e il tempo speso in seminario offre un'occasione privilegiata per farlo”.

    Lasciate che il “fascino” di Gesù “vi catturi”, ha proseguito il Papa, in particolare comunicando con Lui attraverso la preghiera in cui “il cuore parla al cuore”, come avrebbe detto il Beato John Henry Newman, elevato agli altari proprio da Benedetto XVI durante la sua visita nel Regno Unito del 2010. E ricordando l’esistenza di una “grande fame spirituale” constatata in quel viaggio apostolico, il Pontefice ha fatto riferimento alla nuova evangelizzazione “in quelle parti del mondo in cui il Vangelo è già stato predicato, ma dove in misura maggiore o minore – ha detto – le braci della fede sono diventate fredde e ora c’è bisogno di alimentare una volta più la fiamma”:

    “Just as a small fire can set…
    Come un piccolo fuoco può bruciare una foresta, così la testimonianza fedele di alcuni può diffondere la forza purificatrice e trasformante dell'amore di Dio, cosicché possa diffondersi a macchia d'olio in tutta una comunità o una nazione”.

    inizio pagina

    Giornata internazionale dei disabili. Mons. Zimowski: il mondo dei diritti non è solo dei forti

    ◊   Il mondo dei diritti “non può essere appannaggio di pochi, dei forti e dei vincenti”: è il monito lanciato oggi da mons. Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari, in un messaggio per l’odierna Giornata internazionale dei diritti delle persone con disabilità. Il servizio di Roberta Gisotti:

    “Rimuovere le barriere per creare una società inclusiva e accessibile a tutti”: il tema 2012 della Giornata istituita dall’Onu, già nel 1981, perché la disabilità fosse patrimonio e ricchezza per il mondo, superando pregiudizi, egoismi e negligenze. Da qui l’esortazione lanciata ieri all’Angelus dal Papa a legislatori e governanti “a tutelare le persone con disabilità e a promuovere la loro piena partecipazione alla vita della società”.

    Fa eco a Benedetto XVI, il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, richiamando la sfida globale per “eliminare la discriminazione e l’esclusione” e “creare delle società che valorizzino la diversità e l’inclusione.”

    “E’ pur vero – osserva mons. Zimowski nel suo messaggio – che le persone con disabilità, svelando la radicale fragilità della condizione umana, rappresentano un’espressione del dramma del dolore, che in questa nostra società viene spesso percepito come uno scandalo e un fardello da rimuovere, o da risolvere in modo sbrigativo”. Occorre invece guardare - scrive il presule -“con occhi nuovi” la disabilità, quale “espressione dell’unicità di ogni persona”, così come sottolineato ieri da Benedetto XVI:

    “Ogni persona, pur con i suoi limiti fisici e psichici, anche gravi, è sempre un valore inestimabile, e come tale va considerata”.

    Dunque, “rifuggendo qualsiasi atteggiamento paternalista e assistenzialismo pietistico”, rimarca mons. Zimowski, è indispensabile puntare al “bene integrale” dei disabili, “anche se ciò può comportare un maggiore carico finanziario e sociale”. E la Chiesa vuole essere accanto ai disabili e ai loro familiari “partecipe delle fatiche e inevitabili momenti di sconforto, illuminandoli con la luce della fede e con la speranza che scaturisce dalla solidarietà e dall’amore”, Rivolto ai ‘protagonisti’ della Giornata mons. Zimowski conclude: “La Chiesa Vi è vicina, non Vi abbandona!

    inizio pagina

    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Il primato dell'uomo: ai partecipanti alla plenaria del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace il Papa ricorda che il lavoro per tutti è sempre prioritario, anche in periodi di recessione economica.

    Paradossi di un mondo invisibile: in prima pagina, Carlo Bellieni su disabilità e riconoscimento dei diritti.

    Nell'informazione internazionale, la visita negli Emirati Arabi Uniti dell'arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati.

    Marco Bellizi sulle primarie del centro-sinistra vinte da Pierluigi Bersani.

    Un esempio di resistenza: in cultura, sulla Chiesa cattolica e le persecuzioni in Cecoslovacchia dal 1948 al 1989.

    Da Bach e Berlioz a Ratzinger: Olegario Gonzalez de Cardedal su "L'infanzia di Gesù" di Benedetto XVI.

    Nell'informazione religiosa, un articolo dal titolo "Di fronte ai tribunali in difesa della libertà": negli Stati Uniti privati e istituzioni religiose contro le nuove direttive sanitarie.

    Testimoni di un Dio vicino: Benedetto XVI celebra con gli universitari i primi Vespri di Avvento.

    Se un piccolo fuoco incendia una grande foresta: il Papa al Venerabile Collegio Inglese di Roma.

    inizio pagina

    Oggi in Primo Piano



    La Siria esclude l’utilizzo di armi chimiche. Ancora morti e feriti, grave l'emergenza umanitaria

    ◊   Non useremo mai armi chimiche contro la popolazione. Così il governo siriano dopo il monito, in tal senso, di Stati Uniti ed Europa. Intanto non si fermano gli scontri sul terreno: oltre 130 i morti nelle ultime 24 ore. E mentre i caccia turchi pattugliano il confine con Damasco, la situazione umanitaria diventa sempre più drammatica. Massimiliano Menichetti:

    Damasco esclude l’utilizzo di armi chimiche contro la popolazione. Un comunicato del Ministero degli esteri ha risposto al monito di Stati Uniti ed Europa che hanno parlato, riferendosi al possibile utilizzo di tali armamenti, di “linea rossa” invalicabile. “In nessuna situazione saranno usate” tali metodiche “contro il popolo della Siria”, precisa il documento diffuso dalla tv di Stato siriana. Intanto però, sul terreno non si ferma la violenza dei rivoltosi e la risposta dei militari. Scontri si registrano in varie parti del Paese, anche nei pressi dell’aeroporto internazionale di Damasco. Il bollettino delle vittime delle ultime ventiquattr’ore ha superato i 130 morti, tra cui donne e bambini. Quattro i caccia militari, secondo i comitati rivoluzionari, abbattuti in Siria, mentre gli F16 turchi stanno pattugliando il confine con il Paese, dopo che questa mattina alcuni colpi di mortaio sono caduti vicino alla cittadina turca di Ceylanpinar.

    Sul fronte diplomatico, si incontreranno oggi pomeriggio ad Istambul, il premier turco Recep Tayyip Erdogan, principale sostenitore dei ribelli e il presidente russo Vladimir Putin, che appoggia il governo di Damasco. E proprio in Turchia è salito a 133 mila il numero dei profughi siriani registrati ufficialmente, sabato il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha ipotizzato che saranno oltre 700 mila i siriani che scapperanno dal Paese entro la fine dell’anno e 4 milioni quelli che si troveranno in una situazione di emergenza, considerando che 40mila sono le vittime dall’inizio della crisi.

    Altro fronte caldo quello libanese dove opera, in sostegno dei profughi, anche l’ong GVC. Ai nostri microfoni la direttrice dei progetti Dina Taddia:

    R. – Il nostro personale sta registrando proprio nelle ultime settimane un ulteriore afflusso di famiglie, che provengono dalla valle di Homs, una delle città più colpite dai combattimenti. Questo afflusso fa sì che i bisogni di tipo umanitario, soprattutto per quanto riguarda la problematica dell’alloggio, del riscaldamento, delle cure sanitarie, aumentino di giorno in giorno. Contrariamente a quanto si pensa, in quell’area fa freddo, è inverno, quindi soprattutto le donne, i bambini e gli anziani risentono particolarmente di questa situazione. Noi cerchiamo di aiutare anche i libanesi che stanno continuando a fronteggiare un flusso continuo di persone. Per quanto riguarda invece la Siria, ad Aleppo abbiamo del personale locale, qui l’approvvigionamento di cibo e di materiale sanitario diventa sempre più difficile. I nostri operatori sono presenti anche nelle scuole, in cui si stanno radunando le famiglie che scappano dalle aree del conflitto, ma le difficoltà sono enormi. Ci sono zone altamente insicure, dove comunque le Nazioni Unite riescono a far entrare camion con generi di prima necessità, anche se con grandissime difficoltà. La situazione è molto complessa, molto difficile, in certi momenti è difficile capire chi siano gli interlocutori con cui trattare.

    D. – Quarantamila morti dall’inizio della crisi. Che cosa bisognerebbe fare per questo conflitto, che spesso passa quasi sotto silenzio? Cento morti al giorno, lo ricordiamo...

    R. – E’ un conflitto che continua e corre il rischio di essere dimenticato. Si fa fatica in questo momento ad immaginare una soluzione vicina. La situazione geopolitica nell’area è molto critica. Purtroppo, tutto questo viene giocato sulla pelle della popolazione siriana, che in questo momento è indifesa ed è in balia di forze che forse con il benessere del popolo non hanno tanto a che vedere. Non vedo, purtroppo, via d’uscita, se non quella di trovare al più presto il mondo di avviare una tregua, che possa far sì che le varie parti si siedano e cerchino una soluzione.

    inizio pagina

    Diplomazia internazionale contro le nuove colonie israeliane

    ◊   Nuova dura presa di posizione di Israele dopo il voto dell’Onu che riconosce la Palestina come Stato osservatore non membro. Tel Aviv ha annunciato il blocco delle tasse riscosse per l'Anp, cioè 460 milioni di shekel (92 milioni di euro) che l’Anp non riceverà, e ha confermato la costruzione di nuove unità abitative a Gerusalemme e in Cisgiordania, ignorando gli appelli dell’Ue e del segretario generale dell’Onu che ribadiscono l’illegalità degli insediamenti israeliani. Oggi Gran Bretagna, Francia e Svezia hanno interpellato i rispettivi ambasciatori. La Germania e la Russia hanno lanciato chiari appelli allo Stato ebraico a desistere dall'avviare nuove colonie. Del meccanismo delle tasse e delle scelte di Tel Aviv, Fausta Speranza ha parlato con lo storico Maurizio Simoncelli, membro del direttivo dell’Istituto Archivio Disarmo:

    R. - Noi ci troviamo di fronte ad una situazione estremamente particolare, come purtroppo lo è tutta la vicenda del conflitto israelo-palestinese. Praticamente questi due pezzi di territorio - Cisgiordania da un lato e Striscia di Gaza dall’altro - sono all’interno del controllo dello Stato israeliano che ha anche alcune funzioni che non sono gestite dall’autorità palestinese: una di queste è, appunto, quella della questione delle tasse. La reazione di Israele di bloccare l’erogazione delle tasse, e quindi i soldi che vanno ridati ai palestinesi, è in realtà il segnale di una situazione difficilissima all’interno del governo israeliano. Probabilmente non si aspettavano una maggioranza così schiacciante nell’ambito delle Nazioni Unite per il voto sullo status della Palestina. Soltanto 9 Paesi hanno votato contro e circa una quarantina si sono astenuti: Israele si è trovato quindi isolato a livello mondiale, a parte alcuni fedelissimi alleati. E’ una reazione che purtroppo mette anche in evidenza le difficoltà del governo di Israele a cercare un’altra soluzione: anche l’immediato annuncio di avviare nuovi insediamenti, in modo tale da tagliare addirittura una parte dei territori palestinesi, riaffermando poi - ancora una volta - Gerusalemme capitale dello Stato ebraico, mostra l’estrema difficoltà di questo governo israeliano che non riesce ad intravvedere altra politica nei confronti della questione, se non quella di mostrare i muscoli.

    D. - Prof. Simoncelli, ricordiamo cosa può comportare praticamente quest’avanzamento di status riconosciuto dall’Onu per la Palestina. Innanzitutto il ricorso al Tribunale penale internazionale per alcune vicende ...

    R. - Certamente. Questo mette in estrema difficoltà Israele e, purtroppo, sappiamo che il comportamento del governo israeliano e delle forze armate dei coloni nei confronti della popolazione civile palestinese non è esente da eventuali interventi della Corte penale internazionale. Non a caso il governo italiano ha chiesto garanzia ad Abu Mazen, affinché non prenda iniziative di questo genere almeno riguardo al passato: questo vuol dire che l’Italia riconosce che ci sono stati dei comportamenti non adeguati da parte del governo israeliano. E’ anche un invito, però, a far sì che Israele rispetti questi standard. Il nervosismo che trapela da parte del governo di Tel Aviv è significativo: vuol dire essere coscienti che può andare a finire sotto la lente di osservazione del Tribunale penale internazionale.

    D. - Guardando all’oggi, c’è la questione del muro: quali altre situazioni potrebbero essere oggetto di prese di posizione di questo tipo?

    R. - Ce ne sono diverse. Purtroppo c’è anche la vicenda dei coloni, di questi insediamenti che ufficialmente Israele si era impegnata - soprattutto in alcune aree - a non fare più e che invece adesso ha dichiarato di voler fare; ci sono i comportamenti nei confronti degli agricoltori palestinesi, che spesso vengono fatti oggetto di attacchi e di soprusi o da parte dei coloni o da parte delle forze armate. Sono diversi i motivi per cui i palestinesi possono ricorrere in questo caso. Certamente noi non dobbiamo guardare al passato, non dobbiamo guardare neppure l’immediata reazione da parte del governo israeliano: dobbiamo guardare al futuro nella speranza che, superate tra l’altro le prossime elezioni in Israele, ci si confronti con una prospettiva diversa. Continuare a dire che israeliani e palestinesi - solamente loro - si dovrebbero sedere al tavolo, cercando di riuscire a risolvere il problema significa dimenticare che non ci sono riusciti in 60 anni. Inoltre c’è da dire che il riconoscimento dell’Onu alla Palestina, a mio avviso, è ugualmente importante per la figura di Abu Mazen, che all’interno della classe dirigente palestinese rappresenta l’ala moderata: non dimentichiamo, infatti, che quelli di Hamas parlano chiaramente della distruzione dello Stato di Israele. Questo riconoscimento è quindi un sostegno ad Abu Mazen e ad una politica palestinese più disponibile a trovare un accordo, a sedersi intorno ad un tavolo delle trattative.

    inizio pagina

    Al via a Ginevra la 12.ma assemblea per l’interdizione delle mine anti-uomo

    ◊   Si è aperta a Ginevra, in Svizzera, la 12.ma assemblea degli Stati partecipanti al Trattato di Ottawa sulla interdizione delle mine anti-uomo. Per questa occasione, la Campagna internazionale per interdire le mine chiede ai governi di sradicare del tutto questa piaga. Debora Donnini ha intervistato Giuseppe Schiavello, direttore in Italia della Campagna contro le mine:

    R. - Come Campagna internazionale chiediamo agli Stati di impegnarsi ancora all’universalizzazione della Convenzione di Ottawa che proibisce l’uso, la produzione e il commercio delle mine anti–persona.

    D. - Sono 160 i Paesi che hanno sottoscritto il Trattato di Ottawa per interdire le mine anti–uomo. Questo significa che in questi Paesi non si producono più mine anti–uomo?

    R. – Sì. Questi Paesi non solo non producono, non commercializzano mine anti–persona, ma hanno anche distrutto i loro stock, quindi tutte le mine che avevano nei loro arsenali, e hanno profuso degli aiuti di cooperazione proprio per sostenere quei Paesi che erano nel ’97 - più di 90 - affetti da inquinamento provocato dalle mine anti–persona, che uccidevano donne e bambini, e per questo sono state considerate delle armi con effetto indiscriminato e messe al bando.

    D. - L’Italia è fra questi Paesi?

    R. - L’Italia fino al 1994 era uno dei maggiori produttori di mine anti–persona, ma con una moratoria nel 1994 si fermò la produzione, il commercio e l’uso di queste armi. Ha fatto una legge nazionale che è tra le più restrittive al mondo, dopo di che ha sottoscritto questo Trattato attivando addirittura un fondo per lo sminamento umanitario. Si è impegnata in maniera veramente molto forte, infatti a livello internazionale all’Italia è riconosciuto un impegno molto serio.

    D. - Perché ancora non si riesce a mettere fine alla produzione delle mine anti–uomo? Quali sono i Paesi che ancora le producono e le diffondono?

    R. - Purtroppo alcuni Paesi si sono riservati il diritto - non aderendo a questa convenzione - di produrle e di utilizzarle. Il commercio lecito di fatto è fermo, perché l’adesione di 160 Stati, significa che le mine anti–persona non possono circolare sul proprio territorio, non si possono supportare anche fasi transitorie di un commercio, perché l’uso è stigmatizzato a livello mondiale. Anche Stati che non aderiscono a questa convenzione oramai, se utilizzano mine anti–uomo, vengono in qualche modo additati come violatori dei diritti umani. Di conseguenza il commercio lecito è di fatto fermo. Alcuni Stati, come la Cina ad esempio, non ha mai dichiarato quante mine possiede nei propri arsenali, dichiara appunto di non utilizzarle, ma non ha mai aderito a questa convenzione. D’altra parte, altri Stati come l’Egitto, Singapore, non solo non hanno aderito, ma non hanno fornito neanche dati specifici su alcune questioni. Nel 2012 è stato registrato solamente l’utilizzo in Siria. Questo significa che di fatto spesso queste mine vengono utilizzate anche da forze ribelli, oltre che da forze governative, in zone che ancora soffrono di un grado di insicurezza molto elevato. C’è stata una denuncia, proprio nei primi giorni di ottobre, al primo comitato delle Nazioni Unite, che è quello che riguarda il disarmo e la sicurezza, dove alcuni Stati hanno condannato pubblicamente l’uso di questo tipo di ordigni da parte dell’esercito governativo della Siria.

    inizio pagina

    Bersani: ora governo del cambiamento. Il politologo Giovagnoli: aperta sfida a rinnovamento politico

    ◊   Il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, definisce le primarie “una splendida pagina di democrazia, la prossima avventura è il governo del cambiamento”. Ora, bisogna lavorare “per allestire il programma'', afferma il leader del Partito democratico. Ricordiamo che ieri Bersani si è aggiudicato il ballottaggio contro Renzi con il 60% dei consensi. Alessandro Guarasci ha chiesto l'opinione del politologo, Agostino Giovagnoli:

    R. – Credo che il risultato sia molto chiaro, per quanto riguarda la leadership, cioè la persona. Diverso è invece il discorso sulla linea del partito che in qualche modo, in realtà, non è stata ancora definita da queste primarie.

    D. – Nnei prossimi mesi, secondo lei, Bersani dovrà tenere conto di quell’esigenza di rinnovamento che è arrivata da Renzi?

    R. – Certamente. Del resto, lui stesso, indipendentemente da Renzi, ha più volte sottolineato l’esigenza del rinnovamento, dando peraltro una parola diversa da quella più brutale della "rottamazione". Il problema però, credo, sia più politico che non semplicemente di ricambio dei volti delle persone: riguarda la scelta di un partito democratico, che oggi si sente più rafforzato nelle sue ragioni nel più vasto scenario politico italiano, sia per quanto riguarda il momento elettorale sia soprattutto per il dopo elezioni.

    D. – Secondo lei, peserà su Bersani il fatto che molto probabilmente una parte consistente dei consensi di Vendola siano andati all’attuale segretario del Pd?

    R. – Io credo limitatamente. In un certo senso, il problema più grosso per Bersani e Renzi non è Vendola. Se Bersani cercherà in qualche modo un accordo con Renzi o con il suo elettorato, oppure se Bersani cercherà un dialogo con un centro moderato esterno al partito democratico, credo sarà l’alternativa politicamente più rilevante dei prossimi mesi.

    D. – La vittoria di Bersani, in qualche modo, ridimensiona, secondo lei, l’influenza della componente cattolica popolare all’interno del partito?

    R. – Io credo che questa componente si sia un po’ esaurita nella funzione che ha avuto negli anni passati. In un certo senso, è stato proprio Renzi a dare il colpo finale, perché Renzi rappresenta un tipo di proposta che definirei post-cattolica, in cui i richiami ai valori cattolici e ancor più alla tradizione popolare sono stati del tutto assenti. Quindi, questa componente deve rinnovare radicalmente il senso della propria presenza nel partito democratico.

    D. – C’è chi dice che questo risultato, tutto sommato, ha fatto accelerare la decisione di Berlusconi di tornare in campo. Lei è d’accordo?

    R. – Credo che certamente Berlusconi faccia questo calcolo: cioè con Bersani può contare su un’immagine dell’avversario di tipo più tradizionale, quindi più confacente a quella logica del bipolarismo selvaggio, che ha sempre fatto la fortuna di Berlusconi. Si tratterà di vedere se Bersani sarà abbastanza abile da sfuggire a questa trappola, evitando appunto di scegliere Berlusconi come proprio avversario.

    inizio pagina

    Nella Chiesa e nel mondo



    Congo: dopo il ritiro dei ribelli riaprono le scuole a Goma

    ◊   Diverse scuole e negozi hanno riaperto oggi a Goma, il capoluogo della provincia orientale del Nord Kivu occupato fino a sabato dai ribelli del Movimento del 23 marzo (M23): lo dice all'agenzia Misna mons. Louis De Gonzague Nzabanita, vicario generale della diocesi, raccontando di timori e di speranze di pace. “In città le attività economiche stanno riprendendo timidamente dopo quasi due settimane” sottolinea il religioso, ricordando come l’occupazione di questo centro strategico dell’est del Congo sia durata 12 giorni. “Nelle strade – aggiunge mons. Nzabanita – circolano pattuglie della polizia congolese, impegnate nel tentativo di ripristinare un po’ di sicurezza”. I ribelli hanno lasciato Goma sabato scorso, nel rispetto di un accordo raggiunto a Kampala con i capi di Stato e di governo dei Paesi della regione dei Grandi Laghi. L’intesa prevedeva il ritiro come condizione preliminare per l’avvio di trattative tra il governo e l’M23. Una trattativa che i ribelli sono tornati a chiedere ieri sera, minacciando in caso contrario di occupare nuovamente il capoluogo del Nord Kivu. Secondo il vicario generale, la popolazione è consapevole dell’imprevedibilità dei prossimi sviluppi. “Ieri – sottolinea mons. Nzabanita – migliaia di fedeli hanno affollato le chiese della città, ringraziando il Signore e pregando per un futuro di pace”. Ieri sera un portavoce del governo di Kinshasa ha definito il ritiro “un passo nella giusta direzione”, sostenendo che il presidente Joseph Kabila comincerà presto “ad ascoltare le richieste” dei ribelli. L’M23 accusa l’esecutivo di Kinshasa di aver violato accordi di pace sottoscritti il 23 marzo 2009, che prevedevano l’integrazione nelle Forze armate dei ribelli del Consiglio nazionale per la difesa del popolo (Cndp), un altro gruppo armato composto per lo più da combattenti di etnia tutsi. Un recente rapporto delle Nazioni Unite sostiene che l’offensiva dell’M23, avviata nell’aprile scorso, è stata sostenuta dal Rwanda e dall’Uganda. Di sicuro, l’est del Congo è una delle regioni africane più martoriate dalla guerra e ricche di minerali: dai diamanti all’oro al coltan, indispensabile per la fabbricazione di telefoni cellulari. (R.P.)

    inizio pagina

    Congo: nuovo piano di Caritas Goma per assistere 60 mila persone

    ◊   “Operiamo a tempo pieno, in condizioni molto precarie. Abbiamo fatto una ricognizione dei bisogni e abbiamo iniziato la distribuzione di cibo e altri viveri. Ci sono molti minori non accompagnati e siamo preoccupati per la loro sicurezza”. Lo dice padre Oswald Musoni, direttore di Caritas Goma, parlando dell’incertezza e della paura che si stanno vivendo nella Repubblica Democratica del Congo. Nonostante le difficoltà, la Caritas del Congo ha intensificato i suoi sforzi e ha lanciato un nuovo piano di intervento per assistere 60mila persone. Il piano della Caritas prevede la distribuzione di cibo, coperte, teli, kit igienico sanitari, attrezzature da cucina e altri strumenti necessari alle famiglie. L’intervento riguarda la città di Goma ma anche Bukavu e Butembo-Béni. A ogni famiglia sono garantiti un certo quantitativo di beni di prima necessità in coordinamento con le altre organizzazioni umanitarie. Nel solo campo di Mugunga Caritas Goma, d’intesa con il Programma Alimentare Mondiale, ha distribuito viveri a 9.983 famiglie di sfollati. Dopo l’ultimatum lanciato dai Capi di Stato dei Paesi dei Grandi Laghi scaduto il 26 novembre, si apprende dalla nota diffusa dalla Caritas, che i ribelli hanno iniziato a ritirarsi da Goma in modo scomposto, si moltiplicano i saccheggi e resta alto il timore di una ripresa dei combattimenti. Intanto il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha esteso fino al 1° febbraio 2014 le sanzioni già imposte su tutti i gruppi ribelli congolesi. Gli scontri nel Nord Kivu hanno esacerbato una situazione umanitaria già catastrofica e sradicato più di 750.000 persone dalla loro regione di origine. Tra questi più di 140.000 sono nuovi sfollati che fuggono dagli scontri tra l’esercito regolare e i ribelli dell’M23. Hanno trovato rifugio dove hanno potuto, altri in strutture della chiesa, scuole, Centri medici, altri ancora per strada, alcuni in campi profughi alla periferia della città di Goma. Quest’ultima è così divenuta “catalizzatore di numerosi problemi”: “Da un lato è la meta delle popolazioni rurali che cercano sicurezza e lavoro - spiega la Caritas -, dall’altro la contemporanea presenza di sfollati provoca degrado e l’aggravamento delle condizioni igienico-sanitarie, con il cibo e i beni di prima necessità che scarseggiano e i prezzi aumentati del 50%”. Caritas Italiana ha messo a disposizione un contributo per sostenere le azioni di aiuto avviate dalla Caritas Congo e rilancia l’appello dei vescovi africani che la scorsa settimana da Kinshasa hanno denunciato come “migliaia di uomini, donne e bambini” siano vittime impotenti di una guerra che sta “provocando sofferenze di ogni genere che offendono la loro dignità come esseri umani e come figli di Dio”. (R.P.)

    inizio pagina

    Malawi: un missionario denuncia una nuova crisi alimentare

    ◊   “In molte zone del Malawi, il distretto di Balaka è tra i più colpiti, tanta gente è proprio alla fame” scrive all’agenzia Fides padre Piergiorgio Gamba, missionario monfortano che da oltre 30 anni opera in Malawi. A causare la nuova grave crisi alimentare, spiega padre Gamba, sono state le piogge irregolari della precedente stagione e la mancata soluzione della crisi economica che, nonostante la svalutazione della moneta, ha causato una forte perdita di posti di lavoro e la crescita altissima dei prezzi dei generi di prima necessità. I più poveri sono costretti a cibarsi dei pesci Bonya. “È il pesce più piccolo del lago Malawi, che raccolto in grandi quantità veniva usato per preparare i mangimi per i polli. Ora è il cibo nazionale e il simbolo di questi mesi da fame. Chi una volta comperava il Chambo, il più pregiato pesce del lago Malawi, ora deve accontentarsi di quello che era considerato uno scarto” racconta padre Gamba. Il missionario riferisce inoltre che “sono riapparse le file per il carburante che ora costa 1.4 euro al litro. Nessuno si fida del Kwacha, la moneta del Malawi che viene lasciata fluttuare dalle leggi di mercato ma che non è in grado di risollevare l’economia nazionale”. Il Malawi inoltre si trova al centro di un contenzioso con la Tanzania per la delimitazione del confine del Lago Malawi. La Tanzania, che si affaccia sulle sue rive, afferma che il confine internazionale si trova nel mezzo del lago. Il Malawi sostiene invece di avere diritto all’intera superficie lacustre che non si trova nel territorio del Mozambico (l’altro Stato che condivide con Lilongwe il controllo del lago), fino all’area limitrofa alla sponda tanzaniana.La Presidente del Malawi Joyce Banda, che è succeduta il 5 aprile al defunto Presidente Bingu wa Mutharika, dopo una prima fase di apertura al dialogo con la Tanzania ha ora assunto una posizione intransigente. “La disputa si trascina da mesi e rischia di compromettere la stabilità della regione, non sembra esserci spazio per il dialogo. Il messaggio della Presidente è che il lago non si tocca: una prova di forza che Joyce Banda non può perdere in vista delle elezioni del 2014 ed anche perché i fondali del lago celano riserve di petrolio: un motivo in più per non arrendersi” conclude padre Gamba. (R.P.)

    inizio pagina

    Africa: cure solo per un bimbo sieropositivo su 4. Contagiati oltre 3 milioni di piccoli nel Subsahara

    ◊   Nonostante i progressi fatti finora nella lotta contro l’Hiv, con un aumento del 60% delle persone in cura con i farmaci antiretrovirali, le campagne sanitarie e la notevole riduzione di contagi e morti per Aids, resta ancora molto da fare per raggiungere l’ ‘Obiettivo del Millennio” di sradicare le nuove infezioni entro il 2015. Infatti, nonostante un calo del 24% del numero dei bambini contagiati, dal 2009 al 2011, meno di un terzo dei piccoli e delle donne incinte sieropositive ricevono trattamenti con antiretrovirali, rispetto alla media mondiale per gli adulti. Secondo le stime, la copertura è molto inferiore per i bambini (28%) rispetto agli adulti (54%). In 26 Paesi su 31 con varie epidemie, meno del 50% delle donne giovani dispone di informazioni corrette e esaustive sull’Hiv. A livello mondiale - riferisce l'agenzia Fides - 34 milioni di persone sono portatrici del virus, delle quali circa 7 milioni non hanno accesso alle cure e sono vulnerabili a esclusione sociale ed emarginazione. La trasmissione materno-infantile rappresenta tra il 15 e il 30% dei casi di contagio, visto che l’allattamento al seno è una delle principali vie di trasmissione verticale nei Paesi senza risorse economiche. L’Africa continua ad essere il continente più contagiato dalla malattia. Il 69% dei portatori del virus, circa 23,5 milioni, vive nell’Africa subsahariana. La regione conta inoltre il 94% del totale mondiale dei casi di bambini contagiati (3,1 milioni) e il 92% delle donne incinte. Inoltre, il 58% delle persone contagiate dal virus dell’Hiv che vive nell’Africa Subsahariana sono donne, penalizzate anche dalla discriminazione di genere a cui sono sottomesse, al precario accesso all’istruzione e al lavoro. In Paesi come Angola, Congo, Guinea Equatoriale e Guinea-Bissau il numero dei piccoli contagiati alla nascita è aumentato nell’ultimo anno. (R.P.)

    inizio pagina

    Colombia. Il presidente Manuel Santos proroga i colloqui di pace con le Farc

    ◊   Il presidente Juan Manuel Santos ha esteso dal giugno a novembre 2013 il tempo massimo entro il quale governo e Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc) saranno tenuti a raggiungere un accordo nell’ambito del negoziato di pace in corso all’Avana dal 19 novembre. Secondo Santos, le trattative “non possono essere un processo di anni ma di mesi”, sebbene a suo dire non sia corretto “esigere risultati immediati, poiché si stanno discutendo temi molto complessi”. Il presidente ha colto l’occasione di un intervento al II Forum ideologico del Partido Verde, tenuto ieri a Cartagena de Indias, anche per ribadire la volontà del governo di porre fine al conflitto armato: “Se le Farc vogliono davvero passare dalle pallottole ai voti per tentare di arrivare ai loro obiettivi con procedure democratiche, troveranno nell’esecutivo tutta la disponibilità, gli aiuti e le garanzie”. Sta di fatto che le notizie giunte dal terreno nel fine-settimana contrastano con gli obiettivi dichiarati dal governo. Un bombardamento militare contro tre accampamenti della guerriglia localizzati in un’area rurale del dipartimento meridionale di Nariño avrebbe provocato almeno 20 morti e un numero imprecisato di feriti, secondo il generale Jorge Alberto Segura, comandante della terza divisione dell’esercito. Segura ha precisato che per individuare gli accampamenti, dove al momento dell’attacco si trovavano circa 60 guerriglieri, i soldati si sono serviti delle informazioni fornite dagli abitanti della zona “che appoggiano con decisione le forze dell’ordine perché sono stanchi di azioni criminali”. Sebbene il governo non abbia sospeso le ostilità, le Farc hanno deciso un cessate-il-fuoco unilaterale a partire dal 20 novembre e fino al 20 gennaio. (R.P.)

    inizio pagina

    Filippine: la Chiesa si oppone con preghiera e digiuno alla Legge per la salute riproduttiva

    ◊   Entra nel vivo nelle Filippine la lotta politica per la “Legge sulla Salute Riproduttiva” (“Reproductive Health Bill”), il documento che intende introdurre nel Paese misure come l’aborto, la contraccezione artificiale, l’educazione sessuale, metodi di controllo delle nascite e pianificazione familiare. La legge, pienamente appoggiata dall’attuale presidente Benigno Aquino, da oltre due anni ha trovato la ferma opposizione della Chiesa cattolica e dei gruppi pro-life che definiscono il provvedimento “anti-vita”, affermando che “contraddice le protezioni per la vita e la famiglia esistenti nella Costituzione delle Filippine”. Il Presidente Aquino oggi ha invitato i membri della Camera dei Rappresentanti, appartenenti alla sua coalizione politica, a far passare la legge in tempi brevi, anche in una settimana. Juan Ponce-Enrile, presidente del Senato, l’altro ramo del Parlamento, ha risposto che le pressioni di Aquino non avranno seguito poichè, secondo le procedure vigenti, la legge deve passare per tre volte all’esame dell’Assemblea prima di essere votata, tantopiù perchè si tratta di un tema molto delicato. Secondo fonti dell'agenzia Fides, Aquino punta a far approvare la legge prima della scadenza del suo mandato (nel 2016), lasciando in eredità al Paese l’accordo di pace nelle Filippine Sud e una legge molto importante su temi etici, come appunto il “Reproductive Health Bill”. La Chiesa cattolica, in questo frangente, ha invitato tutti i fedeli a usare “le armi della preghiera e del digiuno contro il provvedimento”. In una nota inviata a Fides, mons. Gabriel Reyes, vescovo di Antipolo e presidente della “Commissione per la famiglia e per la vita” della Conferenza episcopale delle Filippine, annuncia che i cristiani “pregheranno e digiuneranno a partire da oggi e nei giorni successivi perché i nostri legislatori non approvino il disegno di legge”. “Chiediamo a Dio di proteggere la vita, la famiglia, il matrimonio e la gioventù nel nostro Paese” afferma il vescovo. I vescovi chiedono anche che, in caso di votazione in Parlamento, si utilizzi la procedura di voto “aperta e nominale” e non il voto segreto, in modo che “i cittadini sappiano come hanno votato i loro rappresentanti”. Il cattolico Rene Bullecer, direttore del movimento pro-vita “Human Life International” nelle Filippine, riferisce a Fides che “la mobilitazione contro questa legge andrà avanti a tutti i livelli: politico, sociale, culturale e spirituale, tramite veglie di preghiera in tutte le diocesi”. (R.P.)

    inizio pagina

    Francia: Forum cristiano-islamico sulle "tentazioni estremiste"

    ◊   Una cinquantina di leader cristiani (cattolici e protestanti) e musulmani si sono riuniti sabato e domenica scorsa a Lione per il secondo Forum cristiano-islamico. “Le tentazioni estremiste” è stato il tema scelto per i colloqui in una Francia fortemente colpita quest’anno dagli attentati di Tolosa e Montauban. Il Forum di Lione - riferisce l'agenzia Sir - è una iniziativa presa dal delegato diocesano per il dialogo con i musulmani, Vincent Feroldi e dall’imam Azzedine Gaci ma che ha coinvolto imam di varie città della Francia, capi spirituali, rettori di moschee nonché delegati diocesani, teologi, pastori protestanti. Ha partecipato ai lavori anche mons. Michel Dubost, presidente del Consiglio per le relazioni interreligioso della Conferenza episcopale francese. “Anche quest‘anno - si legge in un messaggio scritto ai partecipanti dal cardinale di Lione Philippe Barbarin - avete dato prova di coraggio scegliendo di riflettere insieme sulle tentazioni estremiste e fondamentaliste che minacciano e dividono le nostre comunità. Esse provocano forme di violenza, a volte omicida, che è causa di un grande scandalo per i non credenti, e per tutti noi. Essi inoltre fanno anche nascere paure che rischiano di paralizzare i nostri incontri e il nostro dialogo. Occorre dunque denunciarle con grande fermezza in modo che mai possano alterare la qualità delle nostre relazioni. Il 2012 - spiega Vincent Feroldi - è stato segnato da drammatici eventi”. “In un simile contesto, è urgente per tutti noi, responsabili delle comunità musulmane e cristiane, impegnati in Francia nel dialogo interreligioso, proseguire i nostri scambi e le nostre relazioni”. Dopo gli attentati di Montauban e Tolosa che hanno colpito in maniera particolare la comunità ebraica, “la paura si è di nuovo impossessata della Francia”, ha detto l’imam Gaci che ha anche denunciato una campagna di diffamazione senza precedenti contro i musulmani. Ed ha aggiunto: “i musulmani devono rispondere a queste inquietudini dei francesi con dignità e chiarezza. Devono difendere la dignità umana, combattere ogni forma di razzismo” e “promuovere la cultura della pace e del vivere insieme favorendo il dialogo tra le culture e i credenti senza temere di cadere nel relativismo”. Il Forum si è concluso con la pubblicazione di una dichiarazione finale in cui i responsabili musulmani e cristiani si impegnano a “testimoniare la gioia di credere in Dio e riconoscere la Sua opera nel credente di un‘altra fede, credendo che è un nostro fratello in umanità”. (R.P.)

    inizio pagina

    Pakistan: accuse di blasfemia a una scuola cristiana. Un giovane musulmano morto in carcere

    ◊   La controversa legge sulla blasfemia continua a mietere vittime, fra cristiani e musulmani. Una folla di musulmani ha minacciato e attaccato per false accuse di blasfemia una scuola cristiana, il “Community Education Centre” di Azad Town, nei pressi di Lahore (in Punjab), che offre gratuitamente un’istruzione a bambini, perlopiù musulmani, di famiglie povere e disagiate. Come riferito all’agenzia Fides dall’Ong “World Vision in Progress”, la mattina del 1° dicembre, l’imam di Azad Town ha annunciato dalla sua moschea che il personale della scuola cristiana aveva strappato pagine del Corano, informazione da lui ricevuta in una telefonata anonima. Immediatamente centinaia di militanti islamici si sono riuniti davanti al cancello principale della scuola e hanno iniziato a inveire, lanciando oggetti contro l’edificio, costringendo poi una impiegata a consegnare loro le chiavi dell’istituto. Una irruzione e un saccheggio sono stati evitati solo grazie al pronto intervento della polizia che ha disperso la folla. Gli avvocati del team di “World Vision in Progress” hanno denunciato alla polizia un atto ostile e un tentativo di screditare la scuola che, secondo i genitori dei bambini musulmani, “non ha mai cercato di insegnare qualcosa contro l'islam”. Un altro caso è stato segnalato all’agenzia Fides dall’avvocato cristiano Mushtaq Gill, leader della “Legal Evangelical Association Development” (Lead). Il giovane musulmano Nadeem, di 22 anni, accusato nei giorni scorsi di blasfemia, era stato messo in carcere dalla polizia di Nankana Sahab (sempre in Punjab) in base alle accuse di un altro musulmano. Contro di lui non era stata ancora formalizzata una denuncia ufficiale (First Information Report), mentre alcuni ulema locali ne sostenevano l’innocenza, parlando di “false accuse”. Ieri il giovane, che era sotto custodia della polizia, è deceduto improvvisamente. Secondo l’avvocato Mushtaq Gill, che aveva assunto la sua difesa, la morte potrebbe essere conseguenza di maltrattamenti e percosse subite: “Nadeem – riferisce a Fides – stava bene quando è stato arrestato. Gli agenti hanno detto che ha iniziato a vomitare, lo hanno portato in ospedale, dove ne hanno costatato il decesso. Chiederemo una autopsia”. (R.P.)

    inizio pagina

    India. Elezioni in Madhya Pradesh: sì all’impegno dei cristiani in politica

    ◊   I cristiani sono chiamati a impegnarsi per dare un contributo a costruire una nazione realmente democratica, rispettosa della dignità e dei diritti umani, fondata sui valori di fraternità, uguaglianza, bene comune: è quanto hanno affermato oltre mille leader cristiani dello Stato di Madhya Pradesh (India centrale) partecipando a un Forum tenutosi nei giorni scorsi a Bhopal. Come riferiscono fonti locali dell'agenzia Fides, il Forum è stato organizzato dalla federazione ecumenica “Isai Maha Sangh”, in preparazione alle elezioni legislative, in programma nello Stato nel 2013. Fra marzo e ottobre del 2013 dieci Stati indiani rinnoveranno le proprie assemblee parlamentari. Fra questi, alcuni stati importanti e popolosi come Madhya Pradesh, Karnataka, Rajasthan, il distretto della capitale Delhi, Chhatisgarh; altri Stati nell’India Nordest come Mizoram e Meghalaya, o uno Stato ancora molto travagliato come Jammu e Kashmir. In alcuni di questi Stati le minoranze religiose si trovano in condizioni di difficoltà o subiscono le pressioni di gruppi radicali indù. Per questo i partecipanti all’incontro di Bhopal hanno discusso attivamente su come avviare programmi per individuare e far crescere nuovi leader cristiani, che possano farsi valere sulla scena politica. E’ emersa l’urgenza di motivare i cristiani. Sujeet Wiliams, presidente del forum ecumenico “Isai Maha Sangh”, ha detto a Fides: “Nello scenario attuale, la presenza di leader cristiani in politica è debole: per essere significativi, i cristiani dovranno unirsi, superando le differenze confessionali”. Al summit hanno preso parte anche dirigenti di tutti i partiti del Madhya Pradesh, come il Partito del Congresso, il “Bhartya Janata Party”, il “Partito Comunista dell'India”, il Partito della comunità indiana (marxista), il Jantadal United. (R.P.)

    inizio pagina

    Haiti: bilancio dei vescovi sulla situazione nel Paese

    ◊   Il 2012 ad Haiti sarà ricordato più per il degrado della convivenza civile, i disastri ambientali, la dissoluzione dei valori e la paura del futuro che per i pochi progressi realizzati nella ricostruzione. È un bilancio amaro quello tracciato dai presuli haitiani sull’anno che sta per concludersi. In un messaggio diffuso al termine della Plenaria dei vescovi a Port-au-Prince, il presidente della Conferenza episcopale mons. Chibly Langlois fa il punto sulla situazione sociale, politica ed economica del Paese. Le conclusioni dei vescovi – riporta il quotidiano locale Le Nouvelliste ripreso dall'agenzia Fides - sono gravi: la povertà continua a crescere, insieme al costo della vita e all’insicurezza alimentare, sociale, psicologica e anche fisica che sta incancrenendo tutti gli strati della popolazione. Mons. Langlois punta il dito contro le responsabilità della classe politica: “Questo stato di cose - afferma - è il risultato del cattivo governo della cosa pubblica nel quale si è impantanato il Paese”, una tendenza negativa che può essere invertita solo con la “tolleranza, la fede e la concertazione”. Ma il messaggio rivolge un monito a tutti gli haitiani: “La società haitiana – afferma - si è allontanata dalla via maestra indicata da Gesù venuto al mondo per insegnarci a crescere nella saggezza”. Quindi l’esortazione ad “accogliere la luce dell’Emanuele per ricostruire e valorizzare il patrimonio della Chiesa e del Paese intero distrutto dalle catastrofi naturali di questi ultimi tre anni”. Mons. Langlois non manca di ricordare il contributo decisivo della Chiesa anche alla pacificazione politica del Paese, attraversato nel corso dell’anno da gravi conflitti istituzionali tra il potere esecutivo e legislativo. Colpita di recente dall’uragano Sandy, Haiti deve ancora fare i conti con la ricostruzione dopo il terribile terremoto di quasi tre anni fa. La Chiesa è attivamente impegnata su questo fronte, in particolare nella ricostruzione dei luoghi di culto e delle scuole distrutti o danneggiati dal sisma. (L.Z.)

    inizio pagina

    Brasile: giovani neri le vittime maggiori della violenza

    ◊   Il Centro brasiliano di Studi latino-americani e la Facoltà Latinoamericana di Scienze Sociali del Brasile, hanno appena pubblicato una nuova edizione della “Mappa della violenza 2012: il colore degli omicidi in Brasile” che mette a confronto gli omicidi di bianchi e neri, tra il 2002 e il 2010, e li rapporta alla popolazione giovanile, una delle fasce più grandi che sono vittime della violenza nel Paese. Il rapporto rivela che 159.543 giovani neri sono stati assassinati in Brasile tra il 2002 e il 2010, un numero molto più elevato dei 70 725 giovani bianchi che sono morti nello stesso periodo. Secondo la ricerca, nella fascia di età compresa dai 12 fino ai 21 anni, aumenta il numero di omicidi, come le differenze nel registro delle morti violente tra i giovani neri e i coetanei bianchi. I dati confermano che 9.701 giovani bianchi sono stati uccisi nel 2002, mentre 16.083 giovani neri sono morti nello stesso modo nello stesso anno. Nel 2006, 7.607 giovani bianchi e 17.434 neri sono stati vittime della violenza. Sulla stessa scia, nel 2010, sono morti 6.503 giovani bianchi e 19.840 neri. Questi dati, secondo il rapporto, mostrano come il problema abbia implicazioni razziali, sociali e politiche. Dalle informazioni inviate all’agenzia Fides da Adital, gli Stati di Alagoas, Espirito Santo, Bahia, Distretto Federale, Mato Grosso, Pará, Pernambuco e Paraíba hanno registrato più di 100 omicidi ogni 100.000 giovani neri, tasso considerato allarmante. Nello Stato di Alagoas per ogni giovane bianco ucciso, muoiono in proporzione 20 giovani neri; in quello di Paraíba sono 19 giovani neri per ogni bianco. Il rapporto sottolinea che la stessa tendenza di riduzione degli omicidi dei giovani bianchi e di aumento degli omicidi dei neri, è stata osservata nella popolazione in generale. (R.P.)

    inizio pagina

    Panama: mons. Ulloa Medieta nuovo presidente degli episcopati dell'America Centrale

    ◊   Mons. José Domingo Ulloa Mendieta, arcivescovo di Panama, è stato eletto presidente del Segretariato episcopale dell'America Centrale (Sedac) con un mandato di quattro anni. Il vescovo ausiliare della stessa arcidiocesi, mons. Pablo Varela Server, è stato invece nominato Segretario del Sedac. L’elezione si è svolta nell’ambito dell’Assemblea generale del Sedac. Nella nota inviata all’agenzia Fides si legge che mons.Ulloa ha manifestato con grande umiltà la sua gratitudine a Dio, e ha accettato la responsabilità di sostenere l'azione della Chiesa nella regione, che ha come sfide principali i problemi relativi ai giovani, la promozione delle vocazioni sacerdotali, la povertà e la coerenza dei cattolici nella vita pubblica. Proprio mons. Ulloa ha dovuto affrontare di recente seri problemi sociali e politici della comunità cattolica di cui è Pastore: solo poche settimane fa, ad ottobre, è intervenuto per proporre il dialogo come unica soluzione al conflitto nella città di Colon. (R.P.)

    inizio pagina

    Messico: battezzati 21 bambini salvati dall’aborto

    ◊   La settimana scorsa l’arcivescovo metropolita di Città del Messico, il cardinale Norberto Rivera Carrera, ha battezzato 21 bambini tra i 2 e i 6 anni di età, salvati dall’aborto grazie all’aiuto dato alle mamme dal Comitato nazionale Pro-Vida. Per Pro-Vida, questa celebrazione è un segno di speranza in una città, “dove sfortunatamente, secondo le cifre ufficiali, vengono abortiti oltre 80 mila bambini negli ospedali materno-infantili del Governo del Distretto Federale”. Alle mamme di questi piccoli il Comitato offre informazione e orientamento sullo sviluppo gestazionale; esami ultrasuono attraverso i quali vedono i bambini che portano in pancia, informazioni sul tema dell’aborto, sui metodi per effettuarlo e sulle conseguenze fisiche, emotive e psicologiche a cui vanno incontro sia le madri che i padri del bimbo che sta per nascere. Inoltre ricevono borse di studio e vengono indirizzate verso istituzioni per l’assistenza medica, legale, lavorativa e per i centri di adozione. (R.P.)

    inizio pagina

    Irlanda. Appello dei vescovi al governo: "no" ad ulteriori tagli nel sociale

    ◊   No ad ulteriori tagli nel welfare. No alla riduzione o alla parcellizzazione nella concessione di assegni familiari. No ad un nuovo ‘giro di vite’ per gli aiuti oltremare. Queste, in sintesi, le tre richieste che la Conferenza episcopale di Irlanda presenta al governo locale. In un messaggio congiunto – siglato dai Consigli dei vescovi per la Giustizia e la pace e per la Ricerca e lo sviluppo, e controfirmato anche dal Centro dei gesuiti per la Fede e la giustizia, insieme ad organismi caritativi come Trócaire – si chiede alle istituzioni di creare “una società in cui il rispetto della dignità di ogni persona, la solidarietà ed il bene comune siano valori fondamentali”. Quindi, i firmatari ribadiscono che è “le politiche di austerità degli anni passati hanno avuto un impatto estremamente dannoso” sulla società, poiché “sin dall’inizio della crisi economica, i tagli nella sanità, nell’educazione e nei servizi sociali, le riduzioni dei sussidi, con l’aumento delle tasse, hanno avuto un impatto devastante sulla capacità di molti irlandesi di mantenere un accettabile standard di vita ed ottenere accesso ai servizi necessari”. Inoltre, si legge ancora nell’appello congiunto, “le conseguenze di una politica di ristrettezza non possono essere considerate solo a breve termine: in realtà, esse possono durare tutta la vita e influire anche sul benessere e le possibilità delle prossime generazioni”. Anche perché – evidenziano i firmatari – l’austerità porta ad una “erosione della speranza ed a maggiori divisioni nella società irlandese”. Richiamando, quindi, la necessità di “porre fine a tale situazione”, i vescovi di Dublino sottolineano come “il governo abbia comunque delle alternative per il Bilancio preventivo 2013”, scelte che non mirino a “risolvere la crisi economica approfondendo la crisi sociale”, bensì a “ridurre il deficit riequilibrando il rapporto tra la tassazione ed i tagli alla spesa pubblica, facendo sì che tali misure siano proporzionate ed eque”. Infine, i firmatari dell’appello riportano alcune cifre preoccupanti: tra il 2007 ed il 2012, il numero di disoccupati è passato da 100mila a 324.500, mentre il numero delle persone a rischio di povertà è pari a 700mila, inclusi 200mila bambini. (A cura di Isabella Piro)

    inizio pagina

    Spagna: celebrazione della festa di San Francesco Xaverio nella Navarra

    ◊   In Navarra occhi puntati al Castello di Xaverio dove, questa mattina, alla presenza delle massime autorità civili e religiose ha avuto luogo la solenne celebrazione liturgica della festività di S. Francesco Xaverio. L' eucaristia - celebrata questa mattina nella Basilica del Santo - è stata presieduta dall´arcivescovo di Pamplona e vescovo di Tudela mons. Francisco Pérez González. Nella sua omelia, e dopo aver ricordato l 'incontro di Francesco Xaverio con Ignazio di Loyola a Parigi, che ha significato la decisione da parte dello studente Xaverio di lasciare la carriera politica per quella sacerdotale e apostolica, mons. Pérez ha affrontato l' importanza della fede nella persona di Gesú e nel Vangelo. Ricordando poi gli obiettivi dell'Anno della Fede, ha messo in risalto le parole di Benedetto XVI al Parlamento federale tedesco sui doveri e gli impegni dei politici e delle autoritá civili, al servizio del bene comune e della giustizia verso la vera pace. "Non mancheranno le difficoltá cosí come non sono mancati i problemi per il missionario Francesco Xaverio. Ma il suo esempio - ha detto - potrá aiutarci oggi ad essere fedeli alla persona di Gesú, al Vangelo e alla nostra societá". Hanno accompagnato l'arcivescovo di Pamplona, l' abate del Monastero di Leyre, il provinciale dei gesuiti della provincia di Loyola ed il superiore del santuario di Xaverio. E' intervenuta la Corale Nora di Sangüesa (Navarra) con l' interpretazione di composizioni di musica polifonica. Le autoritá civili si sono trasferite poi alla capitale Pamplona dove oggi, devono partecipare a importanti celebrazioni civili e culturali nella festivitá di S. Francesco Xaverio patrono della Navarra. Intanto nel castello di Xaverio, si succedono oggi i pellegrini, e diverse celebrazioni culturali e liturgiche lungo la giornata. Ieri, invece, ha avuto luogo la consegna del crocifisso missionario a 14 persone, quasi tutti laici e laiche, che prossimamente partiranno in missione, destinati a diversi Paesi. (Dalla Navarra, padre Ignacio Arregui)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 338

    inizio pagina
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.