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Sommario del 30/04/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI: la "Pacem in terris" di Giovanni XXIII ha molto da insegnare al mondo di oggi. Una riflessione del cardinale Maradiaga
  • Udienze e nomine
  • Nigeria. Mons. Kaigama: chiediamo aiuto e protezione. Il rabbino Laras: dolore e sdegno per le violenze
  • La “generazione Wojtyla” a Tor Vergata per il primo anniversario di Beatificazione
  • Il cardinale Bertone al Rinnovamento nello Spirito: "Non cessate di proclamare che Gesù è il Signore"
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Ucraina: la vicenda Timoshenko e le ricadute su "Euro 2012"
  • Colombia, giornalista francese scomparso durante scontro tra esercito e Farc
  • Rapporto Ilo 2012: oltre 200 milioni di disoccupati nel mondo. Austerità e deregulation impediscono la crescita
  • Roma: disagio mentale dietro l'aggressione a Trastevere, durante il pranzo per i poveri
  • Ciclo "Rileggere il Concilio": sulla "Dei Verbum" il quarto incontro
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Brasile: trovato senza vita un missionario italiano
  • Siria: due bombe esplodono a Idlib, oltre 20 morti
  • Pakistan: ucciso un attivista cristiano in un mese tragico per il Paese
  • Myanmar: appello del vescovo di Banmaw per le minoranze etniche
  • Cina: i cattolici si preparano a celebrare il mese mariano
  • Paraguay: emergenza inondazioni nell'ovest del Paese
  • Uruguay: dolore e frustrazione dei vescovi per la situazione delle carceri
  • A Genova le reliquie dei coniugi Martin, genitori di S. Teresina del Bambin Gesù
  • Morto in Madagascar il missionario cappuccino padre Pasquale De Gasperis
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI: la "Pacem in terris" di Giovanni XXIII ha molto da insegnare al mondo di oggi. Una riflessione del cardinale Maradiaga

    ◊   La celebre Enciclica di Giovanni XXIII Pacem in terris non ha smesso di insegnare alla nostra epoca cosa bisogna fare per promuovere la pace e difendere la giustizia. Lo afferma Benedetto XVI nel Messaggio inviato oggi alla plenaria Pontificia Accademie delle Scienze Sociali, in corso in Vaticano. Lo afferma Benedetto XVI nel Messaggio inviato oggi alla plenaria della Pontificia Accademie delle Scienze Sociali. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Quando la scrisse, il mondo cominciava a temere la propria dissoluzione in enorme fungo nucleare, simbolo della perversa genialità umana, guerrafondaia e distruttiva. Giovanni XXIII decise allora di appellarsi all’intelligenza e al cuore dell’umanità, che non dimentica e anzi sa battersi per il valore universale della pace. Così – afferma Benedetto XVI nel suo Messaggio alla plenaria delle Scienze Sociali – la Pacem in terris divenne quella, come fu definita, “lettera aperta al mondo”, “l’accorato appello di un grande pastore, vicino alla fine della sua vita, affinché la causa della pace e della giustizia fossero vigorosamente promosse a ogni livello della società, sia in ambito nazionale che internazionale”. Tuttavia, è un fatto che la straordinaria portata di quelle pagine di 50 anni fa regga ancora il confronto con il mondo globalizzato di oggi. “La visione offerta da Papa Giovanni – sottolinea Benedetto XVI – ha ancora molto da insegnare a noi che lottiamo per affrontare le nuove sfide in favore della pace e della giustizia nell'era post-Guerra Fredda e in mezzo al continuo proliferare degli armamenti”.

    Quella di “Papa Giovanni – prosegue Benedetto XVI – era ed è un invito potente” a impegnarsi in un “dialogo creativo tra la Chiesa e il mondo, tra credenti e non credenti”, sullo spirito del Vaticano II che proprio con Papa Roncalli prendeva le mosse. Un invito seguito in pieno anche da Giovanni Paolo II dopo gli attacchi terroristici del settembre 2001, che indussero Papa Wojtyla a ribadire che senza il perdono la giustizia è all’incirca un’utopia. Per questo, esorta il Papa, “il concetto di perdono ha bisogno di trovare la sua via nei discorsi internazionali sulla risoluzione dei conflitti, così da trasformare il linguaggio sterile della recriminazione reciproca che porta da nessuna parte”.

    Anche i recenti Sinodi sulle Chiese dell’Africa e del Medio Oriente, annota Benedetto XVI, hanno messo in evidenza che “torti e ingiustizie storiche possono essere superati solo se uomini e donne vengono ispirati da un messaggio di guarigione e di speranza, un messaggio che offre una via d'uscita dall’impasse che spesso blocca persone e nazioni in un circolo vizioso di violenza”. La Pacem in terris, in fondo, ne è la prova: “Dal 1963 – osserva il Papa – alcuni dei conflitti che sembravano in quel frangente insolubili sono passati alla storia”. Impegniamoci allora, conclude, a lottare “per la pace e la giustizia nel mondo di oggi, fiduciosi che la nostra comune ricerca dell’ordine stabilito da Dio, di un mondo in cui è la dignità di ogni persona umana si accorda al rispetto che le è dovuto, può e potrà dare i suoi frutti”.

    Sull’importanza e l’attualità dei principi contenuti nella Pacem in terris sentiamo il cardinale Oscar Andres Rodriguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa, in Honduras, intervenuto ai lavori della Plenaria dell’Accademia delle Scienze sociali. L’intervista è di Stefano Leszczynski:

    R. – E’ stato un documento veramente ispirato dal Signore, a cominciare dalla lettura o meglio dalla rilettura dei diritti umani che ha fatto Giovanni XXIII in una prospettiva cristiana. Nel ’49, quando viene pubblicata la Dichiarazione Onu dei diritti umani, anche la Chiesa ha qualcosa da dire: questa è stata la Pacem in terris. Ma anche riguardo a quei principi fondamentali della libertà, della verità, della giustizia e dell’amore, che sono pilastri ancora necessari come 50 anni fa. Tutto l’influsso che ebbe poi la Pacem in terris nel Concilio Vaticano II è un altro punto molto interessante. Penso inoltre all’approccio di questa Conferenza sull’aspetto della globalizzazione e non semplicemente di una globalizzazione del mercato o della finanza, ma di una globalizzazione in prospettiva cristiana, che deve essere nel senso di quanto detto dal Beato Giovanni Paolo II: la globalizzazione della solidarietà.

    D. - Una globalizzazione che ha portato con sé anche un forte impulso alla secolarizzazione: questo ha provocato molti danni, secondo lei, a livello sociale?

    R. – Sì, soprattutto perché una globalizzazione soltanto ridotta al livello economico impoverisce l’umanità. Siamo uomini, siamo esseri umani e si deve, quindi, recuperare questa antropologia teologica della Chiesa cattolica, che parla dell’essere umano come di un valore.

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    Udienze e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, il cardinale Raymond Leo Burke, prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, con mons. Frans Daneels, O. Praem., vescovo tit. di Bita, segretario del medesimo Tribunale; mons Jean-Louis Bruguès, O.P., arcivescovo-vescovo emerito di Angers (Francia), Segretario della Congregazione per l’Educazione Cattolica (dei Seminari e degli Studi); mons. Luciano Russo, arcivescovo tit. di Monteverde, nunzio apostolico in Rwanda, con i Familiari.

    Il Papa ha nominato Promotore di Giustizia Sostituto presso il Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica mons. Paweł Malecha e capo della Cancelleria nel medesimo Tribunale padre José Fernando Mejía Yañez, M.G.

    Il Pontefice ha nominato vicedrettore della Ragioneria dello Stato della Città del Vaticano il dott. Antonio Chiminello, consultore della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede.

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    Nigeria. Mons. Kaigama: chiediamo aiuto e protezione. Il rabbino Laras: dolore e sdegno per le violenze

    ◊   “Angoscia, dolore e sdegno”. Dopo la ferma condanna vaticana, le stragi anticristiane di ieri in Nigeria e Kenya hanno spinto anche il mondo ebraico a schierarsi in segno di solidarietà, "vicinanza e partecipazione" con le comunità cristiane colpite e contro episodi che testimoniano come la vita umana continui a essere considerata “alla stregua di un non-valore”. Così scrive il rabbino Giuseppe Laras, presidente del Tribunale Rabbinico del Centro-Nord Italia. In un Messaggio, il prof. Laras afferma che questi e altri fatti simili di violenza che avvengono in altre parti del mondo “ci debbono far riflettere e impegnare con sempre maggior consapevolezza a favore dei diritti della persona e della unicità e preziosità della vita umana, qualunque essa sia”. Eventuali argomentazioni di “ordine religioso per ‘spiegare’ tali violenze – si afferma ancora nella nota – non possono che apparire blasfeme e profanatrici”. Intanto, la paura cresce tra i cristiani delle zone colpite dalla ferocia integralista islamica. È quanto l’arcivescovo di Jos, mons. Ignatius Kaigama, alla collega della nostra redazione inglese, Lydia O’Kane:

    “C’è stato un attacco molto grave a Kano, contro gli studenti universitari di Bayero, durante la liturgia, la Messa. Questo gruppo, credo Boko Haram, ha attaccato questi studenti, uccidendo molti di loro. Per noi è stata una tragedia molto grave, che dà grande malessere, grande timore, perché questi attacchi si ripetono ogni tanto. Hanno attaccato le chiese a Maiduguri, ad Abuja, a Jos, e hanno attaccato la nostra chiesa, dove hanno ucciso 14 parrocchiani ed altre persone. E’ una situazione terribilmente grave: speriamo che il governo e l’Agenzia di Sicurezza possano fare qualcosa, per calmare la situazione e per darci un senso di pace profonda”.

    Anche oggi, lo Stato nigeriano di Taraba conta nuovi morti, per mano di due kamikaze che a bordo di una moto si sono fatti esplodere al passaggio di un convoglio di auto della polizia, nella città di Jilingo. Almeno cinque le vittime. Un clima di forte instabilità, dunque, che Fabio Colagrande ha chiesto di analizzare al prof. Marco Di Liddo, del Centro Studi Internazionale:

    R. – Quello che può apparire a prima vista come uno scontro tra religioni ha un’origine etnica. Gli scontri tra cristiani e musulmani in Nigeria nascondono al loro interno l’opposizione tra etnie musulmane ed etnie cristiane, che lottano per tutta una serie di valori e tutta una serie di conquiste: innanzitutto le risorse che in Nigeria, purtroppo, scarseggiano e la rappresentatività politica.

    D. – Il principale gruppo islamista radicale attivo in Nigeria è Boko Haram. A cosa mira questo gruppo?

    R. – Negli ultimi mesi, si è molto ingrandito e al suo interno ha incominciato a includere tutta una serie di gruppi e gruppetti più piccoli. Il nucleo pulsante del gruppo vuole imporre una visione ultra ortodossa della sharia, della legge islamica, in tutto il Paese.

    D. – Mi sembra sia un’organizzazione che si ispira al jihadismo internazionale, ma in realtà ha obiettivi interni...

    R. – L’agenda di Boko Haram è sostanzialmente rivolta verso la politica interna della Nigeria. La loro base etnica è una base Kanuri, quindi di una popolazione locale che in questi anni è stata sempre estromessa dalla legittima partecipazione alla vita istituzionale del Paese.

    D. – Tornando invece al fattore etnico, come nasce il conflitto tra musulmani e cristiani in Nigeria, visto anche che i rapporti istituzionali tra queste due comunità sono buoni - lo ha ammesso anche il cardinale Tauran che, recentemente, ha visitato proprio questo Paese?

    R. – All’interno del sistema nigeriano, c’è un patto non scritto di rotazione, tra musulmani e cristiani, per quanto riguarda le massime cariche istituzionali. In realtà, una rotazione tra un rappresentante dell’etnia Yoruba, per quanto riguarda i cristiani, e un rappresentante dell’etnia Hausa Fulani, per i musulmani del Nord. Il contrasto ha origine a livelli più bassi, dal punto di vista istituzionale, e spesso è una lotta per le risorse. Quando parlo di risorse, parlo della terra da coltivare. Se poi vogliamo andare a un livello istituzionale più alto e vogliamo parlare di grandi dinamiche politiche, parte del mondo musulmano accusa i cristiani di aver rotto questo patto di successione presidenziale in seguito alla nomina dell’attuale presidente.

    D. – Quindi, possiamo dire che Boko Haram stia in qualche modo sfruttando questi contrasti che esistono già sul terreno, da un punto di vista etnico e sociale, per condurre avanti questa sua battaglia per l’imposizione della sharia?

    R. – Boko Haram ha avuto la tragica abilità di inserirsi nei contesti più conflittuali della Nigeria, andando a fomentare questi contrasti tra musulmani e cristiani e sfruttando elementi come la disoccupazione, la fame, il disagio, riuscendo a radicalizzare parte della gioventù musulmana e nigeriana e convincerla che il nemico fosse il regime cristiano e che i cristiani sfruttassero il Nord musulmano.

    D. – Che tipo di escalation potrebbe esserci se continuassero questi episodi di violenza? Ed è un conflitto che potrebbe estendersi a tutta la regione?

    R. – Bisogna notare che da quando Boko Haram è attiva, quindi dal 2009, le sue attività sono aumentate in modo esponenziale. Quello che una volta era un conflitto estremamente limitato al nordest del Paese adesso si è molto esteso.

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    La “generazione Wojtyla” a Tor Vergata per il primo anniversario di Beatificazione

    ◊   Rivivere l’emozione e la comunione spirituale della Gmg di Roma. Con questo auspicio si tiene, stasera alle ore 20 a Tor Vergata, una Veglia di preghiera per Giovanni Paolo II, nel primo anniversario della Beatificazione. Un evento che è stato ricordato ieri dal Papa al Regina Caeli. La Veglia, a cui prenderanno parte giovani romani ma anche provenienti da tutta Europa, sarà presieduta dal cardinale vicario, Agostino Vallini. Sull’importanza di questo avvenimento, Alessandro Gisotti ha intervistato don Maurizio Mirilli, responsabile della pastorale giovanile della diocesi di Roma:

    R. – E’ quasi un bisogno quello di fare memoria della Beatificazione. C’è proprio un bisogno da parte dei giovani ed anche degli ex-giovani che, in qualche modo, hanno vissuto tante bellissime esperienze con Giovanni Paolo II: un bisogno di radunarsi insieme in quel luogo, Tor Vergata, che è stato così importante per tutti gli italiani. E’ la prima volta che organizziamo un grande evento sotto quella Croce: è anche un modo per riappropriarsi di quello spazio che è stato così importante per tanti giovani. E’ il luogo in cui Giovanni Paolo II ha invitato i giovani a non rassegnarsi, a lottare per il bene. In un periodo di crisi come quella attuale, abbiamo ancora bisogno di sentire questo messaggio.

    D. – Il Papa, in quell’occasione, disse: “Questo chiasso ha sentito Roma e non lo dimenticherà più”. Era il chiasso della gioia, che ritorna a Tor Vergata…

    R. – Esattamente. Questo chiasso bello, pulito, che però ha da dire qualcosa d’importante. In quel luogo, milioni di giovani hanno ascoltato, riflettuto, gioito e pregato insieme. Gli ex-giovani, che magari adesso sono trentenni o quarantenni, vogliono ancora gioire e magari vogliono farlo con i giovani di oggi, con quelli più piccoli, per dire loro che si può fare chiasso non in modo distruttivo ma in modo costruttivo, per una società migliore.

    D. – I giovani di oggi, i giovani di ieri della Gmg del 2000, che magari oggi sono genitori. Per dire, la trasversalità dei Santi…

    R. – Spesso, mi chiedono del Papa amato dai giovani o del Papa dei giovani. In realtà, Giovanni Paolo II è il Papa di tutti e continua a esserlo. Dal cuore giovane, naturalmente, è innamorato dei giovani e quindi è molto vicino ai giovani di allora come a quelli di oggi. Quando un giovane percepisce una vicinanza – e i Santi sono vicini alle persone – allora aprono il cuore.

    D. – Anche la scelta del modo di celebrarlo, cioè una veglia di preghiera: tutto inizia con la preghiera e, quindi, con l’incontro con Gesù…

    R. – Esatto. La gioia è quella che scaturisce da quest’incontro bellissimo che viviamo, con la preghiera, con il Signore. Il Papa Giovanni Paolo II diceva proprio questo ai giovani: che il modo più bello ed autentico per poter cambiare il mondo, anche nella concretezza, parte da quest’incontro personale. Il che, poi, significa cambiare la propria vita.

    D. – Quale invito si sentirebbe di fare ai giovani e ai meno giovani che ascoltano la nostra Radio per questa veglia di preghiera in onore di Giovanni Paolo II?

    R. – L’invito è quello di partecipare. Mi rivolgo soprattutto a tutte quelle persone che hanno vissuto la bellissima esperienza del Duemila, ma anche ai ragazzi più giovani, che magari hanno solo sentito dire o sentito parlare di questo luogo. Forse, tanti di loro non lo hanno mai visto: bene, venite tutti sotto la Croce di Tor Vergata, sotto questa Croce enorme, in un luogo che, tra l’altro, è stato anche ristrutturato e rimesso a posto.

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    Il cardinale Bertone al Rinnovamento nello Spirito: "Non cessate di proclamare che Gesù è il Signore"

    ◊   Oltre ventimila persone hanno preso parte, a Rimini, all’apertura della 35.ma convocazione nazionale del Rinnovamento nello Spirito, nel 40.mo anniversario del Rinnovamento in Italia. Il raduno, inaugurato sabato, si concluderà domani e quest’anno ha come motto “Nello Spirito gridiamo: Gesù è il Signore!”. Il servizio di Gina Maradei:

    “Fate delle vostre comunità e delle vostre famiglie dei ‘Cenacoli’ dove il protagonista è lo Spirito Santo, che è Signore e dà la vita”. Così il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, ha incoraggiato nell’omelia di ieri tutti i presenti, invitandoli a seguire “la vita della Chiesa degli Apostoli, che prima di essere Chiesa che fa, è una Chiesa che sta davanti al Signore in silenziosa adorazione”. “Non cessate di proclamare che ‘Gesù è il Signore’ - ha detto ancora il porporato - il quale rende liberi da ogni tirannia”. Per il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, è urgente riscoprire i contenuti della fede professata soprattutto “per quella sfida educativa rivolta alle giovani generazioni” ha detto in un messaggio rivolto al presidente nazionale del movimento, Salvatore Martinez. Il vescovo di Rimini, mons. Francesco Lambiasi, nell’Eucaristia che ha concluso la prima giornata, si è soffermato sul concetto di “gregge cristiano”, che non ha nulla a che vedere con un “collettivismo massificante e spersonalizzante”. La giornata di ieri è stata aperta dall’arrivo sul palco dell’ampolla contenente il sangue del Beato Giovanni Paolo II sulle note dell’inno del Grande Giubileo del 2000. La 35.ma convocazione nazionale è stata anche l’occasione per ricordare l’udienza speciale del Rinnovamento nello Spirito, il 26 maggio in piazza San Pietro.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In rilievo, nell'informazione internazionale, i cristiani sotto attacco in Nigeria e in Kenya.

    Quanto concilio ancora da studiare: in cultura, Piero Doria sulla catalogazione in fieri per l'archivio del Vaticano II voluto da Paolo VI.

    Un articolo di Riccardo Burigana dal titolo "Territori in buona parte inesplorati": sguardo inedito sul sinodo del 1985 in un libro di Francesco Saverio Venuto.

    Tutti ne parlano ma pochi lo conoscono: un utile Abc del Vaticano pubblicato da "La Croix".

    Il codice genetico della teologia cattolica: nell'informazione religiosa, Serge Thomas Bonino sul documento della Commissione teologica internazionale.

    Lettera aperta al mondo: nel cinquantesimo della pubblicazione dell'enciclica di Giovanni XXIII "Pacem in terris", il messaggio del Papa ad Ann Mary Glendon, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali.

    Ascoltare la voce del Signore non toglie la libertà: Benedetto XVI al Regina caeli nella Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni.

    Vera laicità: l'esemplarità di Giuseppe Toniolo beatificato a Roma.

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    Oggi in Primo Piano



    Ucraina: la vicenda Timoshenko e le ricadute su "Euro 2012"

    ◊   A una manciata di settimane dai Campionati di calcio di Euro 2012, e con il caso Yulia Timoshenko sempre più al centro dell'agenda diplomatica europea, cresce il rischio che negli stadi calcistici dell’Ucraina - al posto della prevista presenza delle massime autorità del Vecchio continente - ci siano solo sedie vuote. I parenti dell’ex premier ucraina, con testimonianze fotografiche, denunciano violenze fisiche subite dalla Timoshenko nella notte tra il 20 e il 21 aprile, mentre veniva trasferita in ospedale dalla prigione in cui è detenuta dall’agosto scorso, con l’accusa di malversazione ed evasione fiscale. Contro tale pestaggio, la Timoshenko ha iniziato uno sciopero della fame. Al suo fianco si sono schierati molti Paesi dell’Unione europea, Germania in testa: secondo il settimanale Der Spiegel, la cancelliera Angela Merkel sarebbe pronta ad annullare la prevista partecipazione a Euro 2012 se la Timoshenko non sarà rilasciata prima del fischio di inizio. Il ministro degli Esteri ucraino, Oleg Voloshin, ha già risposto che si augura che Berlino non voglia "fare dello sport un ostaggio della politica". Il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, ha comunque fatto sapere che al momento non intende "andare o partecipare ad avvenimenti in Ucraina". Ma quanto possono pesare le pressioni europee su Kiev? L'opinione di Aldo Ferrari, responsabile ricerche sui Paesi dell’ex Unione Sovietica presso l’Istituto di politica internazionale Ispi di Milano e docente all’Università Ca' Foscari di Venezia. L’intervista è di Giada Aquilino:

    R. - Credo sicuramente possa pesare, ma non so se peserà nella direzione migliore. Il problema - a mio giudizio - è che l’Europa ha sempre avuto, per quel che riguarda le dinamiche di politica interna dell’Ucraina, un orientamento nettamente schierato dalla parte della Rivoluzione arancione e dei filo-occidentali. Questo è comprensibile, ma i risultati elettorali in diverse circostanze hanno dato l’esito opposto. Questo naturalmente non autorizza alcun governo a maltrattare i propri oppositori. Anche in questo caso, non sono sicuro che le pressioni esterne potranno avere un peso positivo. Di fatto, il presidente Viktor Yanukovich ha sostenuto recentemente che l’Ucraina ha sì bisogno di riforme, anche profonde, nel campo dei diritti umani e della democrazia, ma non di ingerenze e pressioni esterne che in Ucraina - come in molte altre aree dell’ex Unione Sovietica - vengono percepite in maniera del tutto negativa e spingono a reazioni opposte.

    D. - Tra Unione Europea e Ucraina, che interessi ci sono?

    R. - L’Ucraina, tra i Paesi post-sovietici emersi dalla dissoluzione dell’Urss, è quello che forse ha posizioni più delicate in quanto è spaccato non tanto e non solo tra la parte russa e ucraina - perché è chiaro che c’è una grossa minoranza di russi e di russofoni - ma tra una vocazione all’integrazione europea, soprattutto nell’area occidentale, e una invece che vede naturale la conservazione dei secolari rapporti con la Russia. Oltre a tutti i problemi economici e sociali derivanti dalla crisi post-sovietica, questo tema della dubbia collocazione dell’Ucraina nel sistema internazionale influisce pesantemente sulle dinamiche interne e su quelle internazionali.

    D. - La questione delle risorse energetiche e del loro passaggio attraverso l’Ucraina che posto ha in questo quadro? E quella dei diritti umani?

    R. - L’Ucraina - pur essendo un Paese culturalmente sviluppato, di grande superficie e di notevole popolazione - è priva di risorse energetiche. Le accoglie nel loro transito dalla Russia verso l’Europa e ne dipende profondamente, perché molti dei problemi tra Russia e Ucraina dipendono proprio dalla pressione che Mosca può esercitare a tal riguardo. L’Unione Europea riceve buona parte del suo bisogno energetico attraverso l’Ucraina, quindi anche la gestione di questo trasferimento di risorse energetiche è fondamentale per l’economia e per la politica dell’Ucraina e dell’Unione Europea. Il problema è che l’Unione Europea è politicamente ed economicamente in un momento difficile. Pure l’Ucraina non si sottrae a questa crisi. Bruxelles poi non dà la possibilità reale a Kiev di entrare nell’Unione e l’Ucraina continua a ondeggiare. Non so neanche se esista concretamente una scelta tra interessi economici e diritti umani. L’Unione Europea insiste direttamente - come è logico e come è sua caratteristica - sui diritti umani, ma naturalmente guarda anche agli interessi economici.

    D. - Ci sono dei dati, delle informazioni sullo stato dei diritti umani in Ucraina?

    R. - Gli attivisti, gli specialisti in questa materia esistono. Ci sono riscontri che sono abbastanza negativi, ma - come avviene in quasi tutti i Paesi post-sovietici che emergono da decenni di dittatura comunista - non ci sono uno status, una tradizione, un interesse sociale intesi come siano abituati noi in Europa occidentale. È una delle tante conseguenze negative del lascito sovietico.

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    Colombia, giornalista francese scomparso durante scontro tra esercito e Farc

    ◊   In Colombia, non si hanno più notizie di un corrispondente della televisione France 24, scomparso sabato durante uno scontro a fuoco tra l’esercito e i ribelli delle Farc, il movimento rivoluzionario coinvolto anche nel narcotraffico. Il cronista francese, Romeo Langlois, sarebbe anche stato ferito a un braccio durante la sparatoria. Il ministro degli Esteri francese, Alain Juppé, ha dichiarato che Langlois, 35 anni di cui 12 trascorsi in Colombia, potrebbe essere ostaggio delle stesse Farc, anche se manca "la certezza assoluta”. Il ministro della Difesa colombiano, Juan Carlos Pinzon, aveva in precedenza chiesto ai ribelli di “rispettare la vita” di Langlois, nel caso in cui fosse effettivamente loro prigioniero. Secondo Pinzon, dopo essere stato ferito, il giornalista si sarebbe tolto il casco da militare, per segnalare di essere un civile, spostandosi verso i guerriglieri: queste sarebbero le ultime informazioni disponibili su di lui. Nell’attacco, sono stati quattro i morti e sei i feriti tra le forze governative: nessuna perdita, invece, tra i rivoluzionari. Nelle scorse settimane, le Farc – indebolite per un’offensiva dell’esercito, appoggiata dagli Stati Uniti – hanno rilasciato dieci ostaggi prigionieri da anni, dopo aver dichiarato, in febbraio, di voler abbandonare la strategia dei rapimenti, a lungo seguita. Il presidente colombiano, Juan Manuel Santos, si è detto aperto a colloqui di pace se i ribelli rinunceranno alla violenza. (A cura di Davide Maggiore)

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    Rapporto Ilo 2012: oltre 200 milioni di disoccupati nel mondo. Austerità e deregulation impediscono la crescita

    ◊   La ''trappola dell'austerità" non ha creato né crescita, né posti di lavoro: è l’allarme lanciato dall'Organizzazione internazionale del lavoro, Ilo, in un rapporto pubblicato a Ginevra. Cupe le previsioni a livello mondiale: nel 2012 il numero dei disoccupati nel mondo salirà a circa 202 milioni; in Italia la disoccupazione è al 9,7%, ma il tasso reale potrebbe risultare superiore. Il servizio di Debora Donnini:

    E’ un quadro a tinte fosche quello dipinto dall’Ilo nel Rapporto sul mondo del lavoro 2012. Nel mirino l’austerità che “si e' tradotta in una debole crescita economica, un'accresciuta volatilità ed un deterioramento dei bilanci delle banche'' a loro volta ''all'origine di una contrazione supplementare del credito, un calo degli investimenti e quindi nuove perdite di lavoro''. Non solo secondo l’Ilo ''nei Paesi che hanno spinto più avanti l'approccio "austerità-più-deregulation", principalmente i Paesi d'Europa del Sud, la crescita dell'economia e dell'impiego ha continuato a degradarsi''. Sentiamo Tommaso Cozzi, professore di economia aziendale all’Università di Bari e consulente dell’Ilo:

    “La trappola dell’austerità incide essenzialmente sul prelievo di denaro posseduto dalle imprese e dai cittadini: prosciugare gli stipendi - ormai siamo anche al prosciugamento dei risparmi - comporta sicuramente una rimessa in sesto dei conti ma nel momento in cui bisogna rilanciare l’economia non si può assolutamente stringere in questa maniera il ciclo finanziario. Ragione per cui condivido l’analisi dell’Ilo: bisognerebbe iniziare seriamente a sviluppare delle politiche di crescita che intervengano sulle possibilità delle imprese e delle persone di riniziare a spendere quello che oggi non possono spendere, perché non hanno più liquidità”.

    A preoccupare sono i dati sulla disoccupazione che è iniziata a risalire dalla fine del 2011 invertendo la tendenza degli anni precedenti: nel 2012 si dovrebbe arrivare a 202 milioni di disoccupati, con un tasso di disoccupazione del 6,1%; nel 2013 del 6,2%. In Italia la disoccupazione ha raggiunto quota 9,7%, il tasso più alto dal 2001 ma quello reale potrebbe risultare peggiore calcolando che ai quasi 2,1 milioni di disoccupati si aggiungono 250mila lavoratori in cassa integrazione, Cig. Ancora Tommaso Cozzi:

    “La situazione di incremento di disoccupazione nella nostra nazione è dovuta ad una visione di tipo strettamente monetaristica dell’economia e, ancora una volta, non di tipo produttivistico. Questo cosa significa? Significa che mettiamo in sicurezza i conti ma non mettiamo in sicurezza le persone. In questo scenario se non si incide su nessuna delle leve che possono diminuire il tasso di disoccupazione, esattamente quello che purtroppo sta accadendo – anche se mi rendo conto che non è semplicissimo – noi non diamo nessuna speranza”.

    Non solo, nella sua scheda sull’Italia l’Ilo definisce “allarmante” il livello dei "Neet", chi non studia né lavora né è in formazione, che è di 1,5 milioni.

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    Roma: disagio mentale dietro l'aggressione a Trastevere, durante il pranzo per i poveri

    ◊   E’ affetto da problemi psichici l’immigrato marocchino che ieri durante l’abituale pranzo domenicale per i poveri, organizzato dal parroco della Basilica romana di Santa Maria in Trastevere, ha ferito con un coltello due persone. I poveri non sono causa del degrado, le parrocchie di Roma rispondono con grande generosità ai sempre più gravi problemi legati alla crisi e alla povertà. E’ quanto sottolinea, al microfono di Amedeo Lomonaco, il portavoce della Comunità di Sant’Egidio, Mario Marazziti:

    R. – E’ un dramma del disagio mentale, inaspettato, ma di una persona conosciuta dai servizi di salute mentale, che ha dei problemi. Un episodio che poteva accadere in qualunque altra circostanza - in metropolitana, per strada – oppure poteva non accadere. Episodi come questo, sono infinitesimali rispetto alla violenza normale che c’è un sabato sera in qualunque piazza di Roma. In realtà i poveri non sono pericolosi.

    D. – La Basilica di Santa Maria in Trastevere - come tante altre parrocchie romane – è in prima linea proprio per aiutare i poveri, le persone in difficoltà…

    R. – Senz’altro deve essere notato come la Basilica di Santa Maria in Trastevere, la parrocchia, le persone che frequentano la Messa la domenica, abbiano sentito il bisogno di aprire un servizio semplice, per dare da mangiare in maniera dignitosa a chi gravita attorno alla parrocchia.

    D. – Un servizio semplice al quale si sono rivolte, nelle ultime settimane, sempre più persone …

    R. – Da 20-30 persone, sono diventate 100-120. Quando si crea uno spazio di umanità, chi ne ha bisogno accorre. Di fronte a pochissime risposte dei servizi pubblici, Roma rimane umana grazie alla solidarietà di tanti cristiani.

    D. – E tra quanti si rivolgono ai servizi di solidarietà, sparsi nella città di Roma, ci sono anche molti italiani …

    R. – C’è una crescita di disagio anche degli italiani: c’è maggiore crisi del lavoro, si perde la casa, sono aumentati gli sfratti per morosità. Siicuramente non sono solo gli immigrati, ma ci sono anche gli italiani e quegli italiani che definiremmo “normali”. C’è una separazione: uno perde la casa, uno dorme in macchina. Ci sono tante persone che non ce la fanno. Questo è vero ma questa situazione non ha nulla a che vedere né con la violenza, né con le esplosioni di violenza.

    D. – Come sarebbe Roma senza la solidarietà delle parrocchie romane?

    R. – Io non riesco ad immaginare Roma senza questa solidarietà. A Trastevere, un rione dove in questi anni sono passate più di 150 mila persone diverse in stato di bisogno anche importante tra cui immigrati, italiani, povertà estreme, tutto questo è stato vissuto con normalità nel quartiere. Questo perché c’è stata una grande mediazione di umanità, di solidarietà, con una fonte sicuramente legata al Vangelo. Questo alla fine è anche contagioso: tantissimi, per esempio, hanno chiesto di aiutare e non solo a Trastevere, ma in decine di quartieri di Roma. Quindi senza questo, se un solo giorno scioperasse la carità e la solidarietà delle parrocchie romane e dei cristiani a Roma, io non riesco neanche ad immaginare cosa accadrebbe. In realtà, invece, in questo modo, è ancora una delle città più vivibili del mondo.

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    Ciclo "Rileggere il Concilio": sulla "Dei Verbum" il quarto incontro

    ◊   Si è tenuto al Centro culturale francese Saint Louis il quarto incontro del ciclo “Rileggere il Concilio”, organizzato in collaborazione con l’Università Lateranense. A essere presa in esame è stata la Costituzione dogmatica Dei Verbum sulla Divina Rivelazione. Al microfono di Davide Maggiore, il decano della Facoltà di Beni Culturali e Storia della Chiesa dell’Università Gregoriana, padre Norman Tanner, docente di Storia della Chiesa nello stesso ateneo, esamina le connessioni tra la Dei Verbum e il magistero precedente:

    R. – Senz’altro, il Concilio Vaticano II nel documento Dei Verbum segue in particolare il Concilio di Trento, ma cerca di mettere un po’ più in collegamento la Bibbia e la tradizione, in quanto insiste – e anche in questo segue il Concilio di Trento – che l’unica fonte è Cristo, la persona di Cristo: il mistero di Cristo è trasmesso a noi attraverso i due mezzi, la Bibbia e la tradizione. Ma la Scrittura e la tradizione sono intimamente legati l’una all’altra: quindi, non sono due canali, due fonti indipendenti.

    D. – Perché questo tema è così importante nella Dei Verbum?

    R. – Si pensi soprattutto alla crisi dei modernisti, quando c’era tensione tra alcuni esegeti cattolici e il Magistero della Chiesa. Lascia quindi una libertà idonea per gli studi scientifici sulla Bibbia, agli esperti. Lì c’è un collegamento con i protestanti: il Vaticano II ha creato ponti importanti con gli esegeti e con tutto il mondo accademico protestante.

    D. – Quale funzione la Dei Verbum attribuisce alla Chiesa?

    R. – Senz’altro, un ruolo importante di guida e, se necessario, di controllo, ma interpretato in senso più "positivo". Si direbbe che il Vaticano II cerca di incoraggiare gli studiosi cattolici della Bibbia. Ovviamente, il ruolo del Magistero è di tutela contro interpretazioni false e sviluppi non adatti.

    D. – Questo documento conciliare fornisce inoltre indicazioni sul rapporto tra Antico e Nuovo Testamento…

    R. – L’Antico Testamento rimane fonte di rivelazione per la Chiesa. Ovviamente, ribadisce anche la pienezza della Rivelazione, rivelata in Cristo e nel Nuovo Testamento. Quindi, abbiamo continuità tra i due Testamenti, ma anche sviluppo.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Brasile: trovato senza vita un missionario italiano

    ◊   Un missionario italiano Fidei Donum è stato assassinato in Brasile, a Rui Barbosa, nello Stato di Bahia. La vittima si chiamava padre Luigi Plebani, 62 anni, nato a Rudiano (Bs), in Brasile dal 1980 come sacerdote missionario Fidei Donum. Dalle poche notizie pervenute all'agenzia Fides dalla stampa locale, il sacerdote è stato trovato impiccato nella sua casa. Ancora ignote le cause del suo assassinio. Si ipotizza una rapina degenerata in modo tragico: gli assassini avrebbero poi inscenato un suicidio. Il religioso era atteso per la celebrazione della Messa della domenica sera, nella missione delle Suore della Carità, ma non vedendolo arrivare, alcune delle donne della missione sono andate a cercarlo e hanno trovato la drammatica scena. Don Luigi entro l'estate avrebbe dovuto rientrare definitivamente a Brescia. (R.P.)

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    Siria: due bombe esplodono a Idlib, oltre 20 morti

    ◊   In Siria, due bombe esplose nella città di Idlib, al confine con la Turchia, hanno causato – secondo fonti dell’opposizione - oltre 20 morti: gli ordigni hanno preso di mira il quartier generale della sicurezza in città. Il governo siriano, che attraverso la tv di Stato ha parlato di 8 morti e vari feriti, attribuisce la responsabilità ad un “attacco terroristico” dell’opposizione. I dissidenti, dal canto loro, accusano le autorità di aver organizzato “finti attentati” a Damasco, dove sono state colpite la sede della banca centrale e una pattuglia di poliziotti, 4 dei quali sono rimasti feriti. Intanto il generale norvegese Robert Mood, capo degli osservatori Onu inviati in Siria per monitorare la precaria tregua in vigore dal 12 aprile, ha lanciato un appello all’unità. Mood, arrivato ieri nel Paese, ha chiesto a “tutti i siriani” di “lavorare insieme per fermare la violenza”, chiarendo che senza il contributo dei cittadini neanche gli osservatori dell’Onu potranno riuscire nel compito “che siano in dieci, trenta, trecento, o mille”. (D.M.)

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    Pakistan: ucciso un attivista cristiano in un mese tragico per il Paese

    ◊   Un “leader sempre pronto ad alzare la voce contro l’ingiustizia, appassionato nella lotta per portare il cambiamento, che ha sacrificato la sua vita per i cristiani poveri e per gli emarginati che vivono a Youhanabad”. È il ritratto di Chaudhry Irshad Younas, attivista assassinato a Lahore, in Pakistan, che arriva da un comunicato inviato all’agenzia Fides dalle Ong “Masihi foundation” e “Life for all”. Per il Paese, il mese di aprile 2012 passerà alla storia come uno dei più tragici in assoluto: 265 sono le vite scomparse in due diversi incidenti. Il 7 aprile, 138 membri dell’esercito sono stati sepolti vivi da una enorme valanga di neve, mentre il 20 di aprile, 127 passeggeri di un volo di linea sono morti per un disastro aereo avvenuto nei pressi di Islamabad. Come riferito a Fides, il Consiglio nazionale per il dialogo interreligioso ha organizzato nei giorni scorsi un incontro di preghiera nella città di Lahore per commemorare le vittime. Erano presenti rappresentanti e fedeli di tutte le comunità religiose. In queste circostanze tragiche “i cittadini pakistani ritrovano unità” ha sottolineato padre Francis Nadeem, sacerdote presente alla cerimonia di commemorazione. (G.M.)

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    Myanmar: appello del vescovo di Banmaw per le minoranze etniche

    ◊   La Chiesa birmana torna a indicare come priorità per il Paese la pace e la riconciliazione con le minoranze etniche. Mons. Raymond Sumlut Gam, vescovo di Banmaw, nel Nord del Paese, dove è ancora in corso il conflitto con i ribelli di etnia kachin, dice in un messaggio all’agenzia Fides: “Le operazioni militari delle truppe governative continuano. Il numero degli sfollati interni è aumentato fino a circa 70mila, e 40mila si trovano nella diocesi di Banmaw”. Il presule, di ritorno da una visita ai campi profughi, informa che questi "sono per il 95% cristiani". "La maggior parte degli sfollati - aggiunge - sono donne e bambini e circa 8.900 di loro sono al di sotto dei 15 anni". Oltre 20 scuole nei villaggi remoti sono state chiuse, a causa degli scontri. Abbiamo creato in alcuni campi scuole elementari provvisorie sotto le tende. Ma vi è carenza di insegnanti e di materiale per l'istruzione scolastica”, conclude il messaggio di mons. Sumlut Gam. Nella diocesi di Banmaw vi sono 13 parrocchie con circa 29.000 cattolici su una popolazione civile di circa 400mila abitanti. Numerose parrocchie sono fortemente colpite dalla guerra civile e i profughi delle campagne continuano a fuggire verso le città. Attualmente, la Caritas di Banmaw, con l’opera instancabile di sacerdoti, religiosi e catechisti, sta aiutando circa 13.500 sfollati interni in diversi campi temporanei. “Gli aiuti umanitari – spiega il Vescovo – vengono da generosi benefattori. Servono tende, vestiti caldi, cibo, medicine, ma oltre al sostentamento forniamo la cura pastorale e l'assistenza spirituale”. Mons. Sumlut Gam lancia un appello alla Chiesa universale perché “preghi e sostenga le vittime della guerra civile nello stato di Kachin e perché si adoperi per la pace e la riconciliazione”. Sebbene il Presidente del Myanmar, Thein Sein, abbia ordinato per due volte all'esercito di fermare la sua offensiva contro i ribelli kachin, i combattimenti nel Nord del Myanmar proseguono. Negli ultimi colloqui di pace, nel marzo scorso, i kachin hanno riproposto il principio di autodeterminazione, nella cornice della nazione birmana, e un accordo di cessate il fuoco monitorato da osservatori internazionali. Tuttavia nessuna soluzione concreta è stata raggiunta. (D.M.)

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    Cina: i cattolici si preparano a celebrare il mese mariano

    ◊   In vista del mese mariano, è grande l’afflusso di pellegrini cattolici cinesi verso i vari santuari della Vergine nel Paese. I fedeli attendono anche di celebrare la Giornata mondiale della preghiera per la chiesa in Cina, per cui Benedetto XVI ha indicato la data del 24 maggio. Secondo informazioni riferite dall'agenzia Fides, centinaia di fedeli della provincia di Si Chuan e della provincia della Mongolia interna si sono incontrati nel Santuario di She Shan dove hanno assistito ad una solenne Eucaristia, hanno pregato e hanno condiviso la loro esperienza di evangelizzazione. Inoltre, il 27 aprile, più di 20 neo battezzati della parrocchia di Xi Liu, nella diocesi di San Yuan (provincia di Shaan Xi), sono andati al santuario mariano di Hu Xian per ricevere un altro “Battesimo”. “Con la benedizione materna – ha spiegato infatti il parroco di Xi Liu - si consolida la loro fede di figli degni della Madre Celeste”. Presso la diocesi di Hai Men, provincia di Jiang Su, i fedeli stanno invece vivendo un momento di intensa spiritualità mariana in comunione con la Chiesa universale, in attesa della Giornata del Santuario Mariano di Lang Shan, della stessa diocesi, il 9 maggio. Secondo il vescovo locale, “sono almeno migliaia i fedeli che ogni anno continuano ad arrivare da tutto il Paese. “Quest’anno – ha spiegato il presule - abbiamo già avuto tanti contatti dalle parrocchie per il loro arrivo al Santuario. “Ci stiamo preparando spiritualmente e materialmente, – ha concluso il vescovo - la nostra preghiera si unirà a quella di tutta la Chiesa universale per l’evangelizzazione del mondo, e della Cina”. (D.M.)

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    Paraguay: emergenza inondazioni nell'ovest del Paese

    ◊   In Paraguay, è critica la situazione nella regione occidentale di El Chaco a causa delle piogge che continuano a cadere nella zona. Le inondazioni – specifica l’agenzia Fides - hanno colpito il 90% della regione, danneggiando oltre 60 mila persone. La Segreteria per l’Emergenza Nazionale (Sen), ha confermato che la situazione è particolarmente critica anche nella zona dell’Alto Paraguay, per una piena del fiume Pilcomayo proveniente dal sud della Bolivia. Un gruppo di tecnici è stato trasportato in elicottero per lavorare al ripristino della linea elettrica e di un trasformatore di emergenza. L’obiettivo è ottenere elettricità sufficiente a far funzionare una pompa di aspirazione, macchinario in grado di eliminare 300 mila litri di acqua all’ora. I danni all’agricoltura (che con l’allevamento costituisce la principale attività economica di queste regioni) sono enormi, ma prosegue anche lo sforzo di solidarietà: solo nella città di Concepción, dopo una maratona di 10 ore sono stati raccolti 6.324 chili di aiuti. Servono prevalentemente farmaci per febbre e diarrea, sieri antiveleno, acqua minerale, latte, succhi, cibi in scatola non deperibili, vestiti, coperte, zanzariere, stivali da pioggia, scarpe di gomma e materassi. Anche la maggior parte delle Facoltà dell’Università Nazionale di Asunción (Una) si sono unite a queste azioni di solidarietà. (D.M.)

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    Uruguay: dolore e frustrazione dei vescovi per la situazione delle carceri

    ◊   "Le carceri sono una realtà in cui perdiamo assolutamente tutti", afferma padre Javier Galdona, vicario episcopale per la Solidarietà e Responsabile della Pastorale delle Carceri di Montevideo in un comunicato da lui firmato a nome della Chiesa cattolica di Montevideo e della Fondazione "Entre Todos". "Nella nostra società, le prigioni e le problematiche relative a prima, durante e dopo l'incarcerazione dei detenuti, mostrano un grave difetto nel modo in cui affrontare e risolvere i conflitti", dice il documento ripreso dall’agenzia Fides nel quale si esprime profondo “dolore e frustrazione" per come si è affrontata la recente rivolta carceraria. La settimana scorsa una rivolta nella principale carcere di Montevideo, la Comcar, è stata sedata da un intervento di polizia durato molte ore, che ha provocato molti feriti tra gli agenti e i detenuti. (R.P.)

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    A Genova le reliquie dei coniugi Martin, genitori di S. Teresina del Bambin Gesù

    ◊   Arriveranno oggi pomeriggio a Genova le reliquie dei coniugi Martin, i genitori di Santa Teresina del Bambin Gesù beatificati nel 2008. L‘arrivo nella diocesi retta dal card. Angelo Bagnasco - come riferisce l'agenzia Sir - rientra nella peregrinatio organizzata in vista della Giornata Mondiale delle Famiglie a Milano. L‘urna con le reliquie arriverà alle ore 17 presso l‘Istituto delle suore Marcelline e, dopo una breve processione lungo i viali del parco, resterà nella cappella dell‘Istituto fino alle ore 8 di domani. Dopo gli interventi dell‘Associazione famiglie per l‘accoglienza e della madre generale delle Suore di Santa Marcellina, sarà la volta della testimonianza dei coniugi Schilirò, che racconteranno del miracolo compiuto dai Martin per il loro bimbo neonato, evento per il quale era iniziata la causa di beatificazione. Seguiranno la messa, celebrata dal responsabile dell‘Ufficio famiglia e vita della diocesi di Genova, e la veglia di preghiera fino alle ore 23. Nella serata sarà inoltre allestita la mostra “Genitori che generano Santi” sulla vita dei coniugi Martin, proveniente dal Meeting di Rimini per l’Amicizia tra i popoli (D.M.)

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    Morto in Madagascar il missionario cappuccino padre Pasquale De Gasperis

    ◊   Domenica 13 aprile è morto per infarto a Nosy-Bé (Madagascar) il missionario cappuccino padre Pasquale De Gasperis da Isola del Liri (FR). Dopo un decennio passato in aiuto alla chiesa sorella di Capo Verde, padre Pasquale fu inviato in Madagascar, dove, secondo mons. Rosario Vella, vescovo di Ambanja, “ha condotto una vita semplice e intensa, caratterizzata da un grande amore per i poveri e i piccoli; una vita animata da una fede incrollabile e da un’umiltà profonda”. Per i poveri egli costruì scuole di ogni ordine e grado: scuole materne, collegi, licei, nonché dispensari, cliniche e maternità, coniugando come pochi evangelizzazione e promozione, le due componenti di ogni vera missione sparsa nel mondo. Mons. Antonio Scopelliti, vescovo di Ambatondrazaka, ha detto che con padre Pasquale, “un vero cappuccino, figlio di San Francesco, semplice, disponibile, amante della preghiera, che non sapeva mai dire no a nessuno e aiutava tutti, sorridendo e infondendo ottimismo a tutti, la chiesa malgascia ha perso una persona importante, ma ha ora in cielo un sant’uomo che pregherà per essa”. Identica la testimonianza di mons. José Alfredo Caires, vescovo di Mananjary, che ha visto sempre nel missionario “un grande amico che mi ha dato esempi preziosi di religioso e di sacerdote dedito totalmente al servizio del Signore e della gente”. “I giorni seguenti la morte - ha aggiunta mons. Vella - sono stati giorni luminosi e di grazia. Il corpo è stato subito portato alla chiesa di Dzamandzar, dove un coro ininterrotto di canti, di preghiere, di Parola di Dio, di riflessioni l’ha vegliato per tutta la notte. La gente, inginocchiata e commossa pregava e, secondo l’usanza, aspergeva la salma con acqua benedetta, mischiandola di lacrime. In città non si parlava che di lui, di quello che aveva fatto, di quello che aveva dato, di quello che avrebbe voluto dare con una generosità e un disinteresse proprio di un santo missionario”.(E.P.)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 121

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