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Sommario del 24/04/2012
“La Chiesa è giovane”: sette anni fa, la Messa di inizio Pontificato di Benedetto XVI
◊ Ricorre oggi il settimo anniversario della Messa di inizio Pontificato di Benedetto XVI. Celebrazione che, il 24 aprile del 2005, fu seguita da oltre 300 mila persone in Piazza San Pietro e via della Conciliazione. “La Chiesa è giovane”, affermò il Papa nell’omelia, “chi crede non è mai solo”. Rievochiamo alcuni passaggi forti di quell’omelia nel servizio di Alessandro Gisotti:
“Tu es Petrus”, “Tu sei Pietro”: il popolo di Dio accoglie con gioia il nuovo Pontefice, “l’umile lavoratore nella vigna del Signore”. La mattina del 24 aprile 2005, Piazza San Pietro - gremita di fedeli di tutto il mondo - è in festa, ornata da 20 mila fiori. Dalla Loggia della Basilica vaticana, sotto lo stemma del Pontificato, pende l'arazzo della pesca miracolosa che raffigura Gesù in dialogo con San Pietro. Benedetto XVI, nella sua omelia interrotta ben 37 volte dagli applausi, confida subito con quale spirito si appresti ad intraprendere il ministero di Pastore universale della Chiesa:
“Il mio vero programma di governo è quello di non fare la mia volontà, di non perseguire mie idee, ma di mettermi in ascolto, con tutta quanta la Chiesa, della parola e della volontà del Signore e lasciarmi guidare da Lui, cosicché sia Egli stesso a guidare la Chiesa in questa ora della nostra storia”.
Il Papa ha parole di speranza, incoraggia ad avere fiducia nel futuro, perché, sottolinea, “chi crede non è mai solo, non lo è nella vita e neanche nella morte”. Una speranza che nasce dalla certezza nel Risorto. Cristo è vivo e così la sua Chiesa:
“Sì, la Chiesa è viva - questa è la meravigliosa esperienza di questi giorni. Proprio nei tristi giorni della malattia e della morte del Papa questo si è manifestato in modo meraviglioso ai nostri occhi: che la Chiesa è viva. E la Chiesa è giovane. Essa porta in sé il futuro del mondo e perciò mostra anche a ciascuno di noi la via verso il futuro”.
Benedetto XVI si sofferma sul suo ministero di pastore, chiamato a cercare le pecorelle smarrite nei tanti deserti della nostra umanità. Deserti di solitudine, di abbandono, di amore distrutto. “La santa inquietudine di Cristo – afferma il Papa – deve animare il pastore”. Ma per fare questo, non bastano le sole forze umane:
“Pregate per me, perché io impari ad amare sempre più il suo gregge – voi, la Santa Chiesa, ciascuno di voi singolarmente e voi tutti insieme. Pregate per me, perché io non fugga, per paura, davanti ai lupi”.
“Chi fa entrare Cristo” nella propria vita, ribadisce, non perde nulla. Anzi, solo nell’amicizia con Gesù “si dischiudono realmente le grandi potenzialità della condizione umana”. Infine, nel solco tracciato dal suo amato predecessore, rivolge un pensiero speciale ai giovani:
“Solo in quest’amicizia noi sperimentiamo ciò che è bello e ciò che libera. Così, oggi, io vorrei, con grande forza e grande convinzione, a partire dall’esperienza di una lunga vita personale, dire a voi, cari giovani: non abbiate paura di Cristo! Egli non toglie nulla, e dona tutto. Chi si dona a lui, riceve il centuplo. Sì, aprite, spalancate le porte a Cristo – e troverete la vera vita”.
Seconda giornata al Congresso di Cancún: distinguere tra turismo religioso e pellegrinaggio
◊ Un turismo che faccia la “differenza”, perché impostato e vissuto in modo “differente” rispetto alle proposte dei grandi circuiti del settore. La prima giornata, ieri, del Congresso di pastorale del turismo di Cancún, in Messico, è stata caratterizzata da questa riflessione del cardinale Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio dei Migranti. Il porporato ha invitato le Chiese dei Paesi a vocazione turistica, ma non solo, a creare o potenziare delle specifiche strategie pastorali. Oggi, la giornata affronta il tema del turismo religioso. Il servizio di Alessandro De Carolis:
La Chiesa difende il diritto al riposo, che spesso si traduce nella ricerca di un viaggio culturale o semplicemente distensivo in uno dei tanti “paradisi terrestri” del pianeta. È un dato di fatto – anzi “un segno dei tempi”, secondo il cardinale Vegliò – andato via via democratizzandosi come dimostra il più volte citato miliardo di arrivi turistici previsto per quest’anno. La questione, in ottica ecclesiale, è in che modo questo fenomeno di massa tenda a svilupparsi e, in certi casi, a degradarsi. Perché, se l’uomo è viaggiatore per natura, capita che alcune mete vengano scelte per bisogni che nulla hanno a che fare con la crescita personale o un sano relax, come purtroppo dimostra l’abiezione del cosiddetto “turismo sessuale”, denunciata dal porporato. Inoltre, se il diritto al turismo è di tutti, non tutti possono permetterselo e dunque godere dei “benefici” che ne derivano. Davanti a questo scenario si pone dunque la Chiesa, con il suo imperativo interno a migliorare la propria presenza pastorale nei luoghi del divertimento. Sul punto, si concentra l’intervento odierno a Cancún del sottosegretario al dicastero vaticano dei Migranti, padre Gabriele Bentoglio.
Nel ricordare i precedenti appuntamenti congressuali, padre Bentoglio osserva che “di fronte a una visione riduttiva che, identifica la pastorale del turismo con l'aumento delle celebrazioni liturgiche nei periodi di vacanza dagli impegni lavorativi”, il Congresso intende concentrarsi a livello pastorale sulle tre aree individuate da Benedetto XVI nel Messaggio letto all’inaugurazione, ovvero “il turismo in generale, il turismo religioso e il turismo dei cristiani”. Un aspetto che padre Bentoglio approfondisce. “È importante distinguere, almeno teoricamente – afferma – tra pellegrinaggio e turismo religioso. Confondere i due termini è un rischio nel quale possiamo cadere facilmente” per il confine “molto sottile” che separa i due ambiti”. Ciò che fa la differenza è la motivazione. “Mentre alla radice del pellegrinaggio – sottolinea – vi è un’importante e fondamentale motivazione religiosa, gli interessi del turismo religioso sono invece in primo luogo storico-culturale, indirizzati alle varie manifestazioni del patrimonio storico-culturale religioso”.
E proprio sulle “buone pratiche di turismo religioso” si svolgerà oggi una tavola rotonda, durante la quale verranno affrontate le questioni della gestione del patrimonio culturale, dell’importanza dell’accoglienza e dei luoghi di culto al servizio dell'evangelizzazione, oltre ai modi di conciliare la visita turistica con la sacralità del luogo religioso. Una seconda tavola rotonda tratterà invece della collaborazione nell'ambito del turismo religioso e dibatterà sui rapporti con gli enti civili, le agenzie turistiche, gli impresari alberghieri e il ruolo di chi promuove e di chi accoglie i viaggi turistici.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ In prima pagina, Giuseppe M. Petrone sull’ultima frontiera della guerra fredda: dietro la sfida nucleare del regime di Pyongyang.
Per la ricorrenza del 25 aprile, in cultura Giovanni Preziosi sugli ordini religiosi in Italia durante la seconda guerra mondiale, Gaetano Vallini su un libro dedicato al capo della resistenza militare nell’Italia occupata (trucidato nell'eccidio delle Fosse Ardeatine), e Raffaele Alessandrini su una raccolta di memorie su Gerardo Sangiorgio umanista, poeta e intellettuale cristiano.
Un articolo di Cristiana Dobner dal titolo “Fino ai confini del mondo”: suor Maria Barbagallo racconta in un libro la sua vita sulle orme di santa Francesca Cabrini.
Il filosofo che lasciava parlare Dio: a cent’anni dalla morte di Teodorico Moretti Costanzi, intervista di Roberto Cutaia a Edoardo Mirri, allievo del filosofo.
Una parola ecumenica sul futuro dell’uomo: nell’informazione religiosa, Riccardo Burigana su un convegno, a Bruxelles, dedicato agli aspetti etici e religiosi delle nuove frontiere della scienza.
Nell’ospedale che non c’è, dove si curano anime e corpi: nell’informazione vaticana, intervista di Mario Ponzi a mons. Jean-Marie Mupendawatu, segretario del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, che racconta la sua esperienza tra i malati in Vietnam.
Siria: arrivano gli osservatori Onu. L'esperto: rischio caschi blu disarmati
◊ Cresce la tensione a Damasco dopo l’attentato con un’autobomba verificatosi nella tarda mattinata di oggi. Stando alle notizie rilasciate dalla stampa locale vi sarebbero almeno un morto e tre feriti. Intanto, ieri sono arrivati nel paese i primi osservatori dell’Onu. Il servizio è di Stefano Leszczynski:
L’attentato di questa mattina nella città vecchia di Damasco, non lontano dalla sede dell’ambasciata iraniana, segue di poche ore il massacro di 59 civili denunciato dal movimento di opposizione siriano a Idlib ed Hama. Particolare preoccupazione per la situazione è stata espressa dagli Stati Uniti che denunciano il proseguire dei combattimenti, malgrado l'invio di osservatori internazionali incaricati di sorvegliare il "cessate-il-fuoco" nel Paese, secondo il piano negoziato dall’ex segretario delle Nazioni Unite, Kofi Annan. ''A Homs la tregua si sta rispettando'', ha assicurato uno degli osservatori brasiliani che ha sottolineato però come la situazione nella città siriana sia di estrema necessità per la mancanza di acqua e elettricità. Finora, sono giunti in Siria solo una dozzina dei 30 osservatori militari Onu che dovrebbero operare nel Paese. Intanto, anche sul versante arabo cresce il fronte di coloro che sono contrari al regime di Assad. Il presidente tunisino, l’islamico moderato Moncef Marzouki ha lanciato un appello ad Assad invitandolo ad abbandonare il potere e il paese prima che sia troppo tardi.
Ad Eric Salerno, giornalista esperto di Medio Oriente, Stefano Leszczynski ha chiesto quali siano i pericoli di questa nuova ondata di violenza:
R. – La situazione è in mano a due forze che non intendono mollare: da una parte c’è il presidente Assad, che andrà avanti fino alla fine se necessario, mentre dall’altra parte c’è un’opposizione armata, assistita sicuramente da forze esterne, che è responsabile oggi come oggi, quanto Assad, della non accettazione o non rispetto della tregua, che era stata concordata con l’inviato dell’Onu, Kofi Annan.
D. – Quanto può essere utile una missione di caschi blu disarmati?
R. – Prima di poter mandare della gente disarmata in mezzo a un conflitto armato, le due parti devono smettere di spararsi, perché altrimenti, invece di vedere soltanto dei siriani morti, vedremo anche dei caschi blu uccisi. Non credo, quindi, che sia fattibile. Le due parti dovrebbero concordare la cosa, e questo significa: per Assad cedere un po’ di sovranità, mentre per gli altri - per l’opposizione - che un’opposizione pacifica potrebbe trovare un’iniziativa dell’Onu, di questo tipo, utile. Ma dato che non sono più soltanto vittime di gruppi che sono attivi dall’inizio di questa rivolta contro il regime, ma ci sono altre forze, che non hanno intenzione di smettere di sparare, non so se possa essere utile pensare ad una missione non armata delle Nazioni Unite.
Economia: dopo il "lunedì nero", le Borse europee in risalita
◊ Rimbalzo delle Borse europee, in salita oggi, dopo che ieri hanno bruciato 160 miliardi di euro. Un segnale di instabilità per tutti i mercati dell’area euro che continuano, dunque, a fare i conti con la crisi economica. E c’è chi vede nel tonfo di ieri una reazione al primo turno delle presidenziali in Francia, vinte da François Hollande, mentre altri economisti trovano la responsabilità di quanto accaduto, nella crisi politica in atto in Olanda. Salvatore Sabatino ne ha parlato con Gianfranco Viesti, docente di Economia Applicata presso l’Università di Bari:
R. - L’andamento altalenante delle Borse e degli spread sui tassi di interesse, ha due cause di fondo: la prima è che tutti vedono come l’Europa sia incapace di dare una soluzione al problema e, quindi, questo periodo di incertezza rischia di permanere a lungo, perché l’incertezza provoca grandi scombussolamenti giorno dopo giorno. La seconda causa, che è alla base della precedente, è che gli operatori vedono che le economie europee si sono fermate e non danno nessuna prospettiva di ripresa. Dunque, anche se si mettono in atto manovre sempre più forti sui conti pubblici, queste rischiano di essere totalmente inefficaci perché cade l’andamento economico. E quindi i mercati sono molto preoccupati della sostenibilità dei Paesi, non perché i Paesi stiano facendo l’austerità, ma perché stanno facendo solo l’austerità senza la crescita.
D. - Le instabilità politiche hanno sempre avuto delle ricadute sull’economia. In questo momento però, sembra che gli effetti siano più deflagranti, perché?
R. - La causa prima è l’economia che mette in difficoltà la politica. È quello che è successo in Grecia, in Italia, in Spagna e in Olanda, e cioè la decisione di puntare esclusivamente su tagli alla spesa e aumenti delle tasse in tutti i Paesi europei. Questa è una decisione difficilmente sostenibile politicamente, oltre certi limiti, proprio per la sua dimensione: non si può chiedere all’elettorato di sostenere i costi di una crisi di cui non ha responsabilità, e di cui soprattutto, non si vede la fine. La cosa più preoccupante è che questo possa portare - come abbiamo visto in Francia - una parte dell’elettorato europeo a puntare verso forze politiche estreme, anti-europeiste e protezioniste. In questo caso la difficoltà economica potrebbe produrre un risultato ancora più brutto, e cioè, uno sconquasso nei governi e nelle democrazie dei nostri Paesi.
D. - L’Europa nasce su un concetto chiaro: la fraternità e unità tra i popoli che vivono nel Vecchio continente, niente a che fare, insomma, con l’economia. Può essere questo il motivo che ha favorito poi la crisi in atto, anche dal punto di vista istituzionale?
R. - E' vero che fino ad un certo punto non ha niente a che fare con l’economia, perché la fraternità e la solidarietà sono concetti etici fondamentali, che purtroppo in Europa, abbiamo dimenticato. Abbiamo abbandonato i greci in una maniera totalmente lontana dalla tradizione culturale e civile dell’Europa, ma la solidarietà è un forte concetto economico. L’Europa è cresciuta in questi decenni perché è stata unita, perché il bene degli uni diventa anche il bene degli altri. Noi siamo usciti dal Medioevo economico tra fine Settecento e inizio Ottocento, quando abbiamo iniziato a capire che la collaborazione economica tra Stati, portava più progresso che la guerra economica tra gli Stati. È questo che ci manca oggi. Siamo tornati ad un periodo nel quale la politica è incapace di dire chiaramente ai cittadini, agli elettori, alle imprese, ai mercati che l’Europa o si salva tutta insieme, o non si salva. Dunque quello che succede in Spagna, in Grecia, in Olanda, in Irlanda, non è questione solo dei cittadini di quei Paesi, ma è questione di tutti gli europei.
Dramma al confine fra i due Sudan. L'Uhncr teme per gli sfollati
◊ "Khartoum ci ha dichiarato guerra": sono parole del presidente del Sud Sudan, Salva Kiir, durante un incontro a Pechino con il presidente cinese, Hu Jintao. Cresce la preoccupazione internazionale per l’aggravarsi della crisi tra Sudan e Sud Sudan. Dopo i nuovi combattimenti di ieri, fonti hanno riferito della morte finora di oltre mille soldati sud sudanesi, uccisi in seguito ai bombardamenti dell’esercito di Karthoum sulle zone di confine contese perché ricche di petrolio. La cifra dei caduti è stata però smentita dal governo sudanese. Una reazione di condanna dei bombardamenti è giunta dal segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, e dal presidente statunitense, Barack Obama, che chiede la cessazione immediata delle ostilità. Degli aspetti umanitari dell’emergenza sudanese, Fausta Speranza ha parlato con Vivian Tan, coordinatrice degli interventi dell’Alto Commissariato dell’Onu per i Rifugiati (Unhcr) in Africa orientale:
R. – I think the most urgent aspect of the humanitarian situation …
Credo che l’aspetto più urgente della situazione umanitaria che preoccupa l’Unhcr è la sicurezza dei profughi che si trovano nelle zone di confine. Monitoriamo un afflusso giornaliero di alcune centinaia di profughi tra la regione del Sud Kordofan, che si trova in Sudan, e lo Stato del Sud Sudan. Molti di questi profughi rimangono vicino al confine. Dato che i combattimenti continuano, siamo molto preoccupati per la loro sicurezza: temiamo che possano essere feriti nel fuoco incrociato. Siamo preoccupati anche per la sicurezza del nostro staff che fornisce assistenza ai profughi sul posto.
D. – Quali sono le difficoltà che incontrate, in particolare in questi giorni?
R. – The main challenge is the security situation: …
La sfida maggiore è la questione sicurezza: ci sono stati combattimenti a intermittenza nelle zone tra il Sudan ed il Sud Sudan e questo, come dicevo, mette in pericolo sia la sicurezza dei profughi, sia quella del nostro staff e compromette la nostra possibilità di fornire aiuto ai profughi che riguarda l’assistenza di base con cibo, acqua e cure mediche. In un’altra zona del Sud Sudan, nella quale arrivano i profughi dallo Stato del Blue Nile, ci sono problemi per quanto riguarda l’acqua: non abbiamo abbastanza acqua in proporzione all’afflusso di persone. Stiamo lavorando con alcune organizzazioni partner per scavare pozzi più profondi, nella speranza di trovare più acqua per assicurarla a questi profughi. Le persone arrivate ultimamente dal Sud Kordofan ci hanno raccontato di essere fuggite perché lì iniziava a scarseggiare il cibo: non hanno più abbastanza da mangiare. Alcuni di loro invece fuggono dagli scontri violenti. Queste sono le due ragioni principali per cui si avventurano. I rifugiati dal Sudan che abbiamo accolto sono sia cristiani che musulmani. E’ difficile per questo generalizzare sulla loro origine religiosa. Sono comunque sostanzialmente provenienti dalla zona del Sud Kordofan e del Blue Nile del Sudan.
Banca mondiale: l'Africa migliora nonostante la crisi globale
◊ Nell’Africa che soffre per le guerre e per la povertà ci sono anche segnali di progresso, nonostante la crisi economica globale colpisca soprattutto i Paesi deboli. Diverse le Nazioni, soprattutto nell’Africa sub sahariana, che hanno fatto registrare nell’ultimo anno una crescita significativa. Francesca Baronio ne ha parlato con Punam Chuhan-Pole, economista responsabile del Rapporto "Africa Pulse" della Banca Mondiale:
R. – African countries have done rather well...
I Paesi africani sono andati abbastanza bene, nonostante il fermento globale finanziario ed economico che l’economia globale ha vissuto nella seconda parte del 2011. In realtà, i Paesi africani sono cresciuti quasi del 5%, abbastanza vicini al livello precedente alla crisi. Quello che è interessante in questa esperienza è che la crescita è stata ad ampio raggio, nel senso che in diversi Paesi si è vista una crescita piuttosto rapida. Ci sono almeno un terzo dei Paesi africani che hanno avuto una crescita di oltre il 6%, mentre un altro 40% dei Paesi ha visto una crescita tra il 4 e il 6%. Tra questi Paesi a crescita veloce ci sono ad esempio il Ghana, il Mozambico, la Nigeria: nazioni ricche di risorse che stanno beneficiando dell’aumento dei prezzi dei prodotti.
D. – Quali sono stati i fattori determinanti per la crescita?
R. – Countries that are pursuing better policies...
I Paesi che perseguono politiche migliori, che hanno istituzioni più forti, vedono poi i benefici sia di quelle politiche, sia di quelle istituzioni e quindi crescono più velocemente. Naturalmente, i Paesi la cui economia si basa sull’esportazione beneficiano dei prezzi più alti dei prodotti, ma anche quelli che non hanno risorse, come il Rwanda e l’Etiopia, hanno visto una forte crescita. L’Africa però sta diventando anche destinazione interessante per gli investimenti nel settore dei consumi. Per esempio, abbiamo visto nel 2011 la multinazionale americana per la vendita al dettaglio, Wallmart, ha acquistato la Massmart una compagnia sudafricana simile, con catene di distribuzione in diversi Paesi in Africa. Penso sia importante per i governi migliorare le condizioni di investimento, al fine di attrarre più investimenti privati dall’estero e dall’interno del Paese stesso, e anche per avere un piano chiaro che dia opportunità, sia a chi fa affari, che ai lavoratori, per partecipare alla crescita del Paese.
D. – Quanto le guerre, le tensioni etniche e una democrazia non sempre trasparente pesano sullo sviluppo?
R. – Fragility traps or other conflicts…
La trappola della fragilità o i conflitti in generale hanno un impatto non solo in termini di sofferenza umana, ma anche in termini di crescita economica. Per esempio, gli eventi in Costa d’Avorio, l’anno scorso, hanno causato un calo dell’economia del 6%. Chiaramente, quindi, i Paesi che hanno problemi di conflitti interni e anche i Paesi coinvolti dai conflitti nei Paesi confinanti ne subiscono le conseguenze in termini di prospettive di crescita dei Paesi della regione.
Italia: aumentano gli alimenti contraffatti. L'impegno dei Carabinieri dei Nas
◊ Si moltiplicano le notizie che riguardano sequestri di generi alimentari contraffatti, che rappresentano un pericolo concreto per la salute pubblica. I Nas, il Nucleo antisofisticazioni dei Carabinieri, sono impegnati quotidianamente in controlli sul territorio nazionale. Con quali modalità vengono effettuati queste verifiche? Salvatore Sabatino ne parlato con Dario Praturlon, capitano dei Nas:
R. – Le modalità che adottiamo come Comando Nas sono quelle consuete: ovvero, i monitoraggi mensili, finalizzati e dedicati proprio a specifiche materie – quale può essere l’importazione di prodotti da Paesi extracomunitari – ma anche servizi ispettivi regolari eseguiti presso i principali centri di import-export o esercizi di vendita al dettaglio, o anche su segnalazioni che arrivano dal cittadino che riscontra la presenza di locali sporchi o per lamentele dovute a problemi di salute per il consumo di prodotti che non erano, a parere del consumatore stesso, regolari.
D. – Purtroppo, la sofisticazione alimentare è molto diffusa: quali sono i Paesi maggiormente coinvolti, quelli che producono questi alimenti contraffatti e pericolosi?
R. – Abbiamo notato una maggiore insistenza in Paesi extraeuropei, dove le condizioni culturali di igiene degli ambienti e delle modalità di produzione sono diverse rispetto a quelle europee. Abbiamo trovato, però, problematiche soprattutto nei Paesi dell’Estremo Oriente, sia per le modalità di trasporto e produzione, visto i percorsi lunghi che deve fare il prodotto, ma anche per i criteri igienico-sanitari che sono diversi rispetto a quelli europei.
D. – Come fanno i cittadini a rendersi conto che si trovano di fronte a un alimento contraffatto?
R. – Innanzitutto, bisogna selezionare negozi dove si acquistano i prodotti: che siano riconosciuti, catene di commercio famose, evitare i negozi strani o che non propongono i prodotti con indicazioni in lingua italiana. Poi, la confezione, l’etichetta, sono sempre il biglietto da visita del prodotto. L’indicazione deve essere in lingua italiana e non deve presentare manomissioni. Al momento del consumo, poi, il prodotto non deve avere sapori, odori, colori che possano dare il sospetto di alterazione del prodotto.
D. – Anche sul fronte dei farmaci, esiste purtroppo la sofisticazione: un fenomeno alimentato dal commercio via Internet, con pericoli enormi per la salute pubblica. In questo settore, quali controlli effettuate?
R. – La principale barriera che opponiamo è una collaborazione che abbiamo con altri enti, come l’Agenzia delle dogane, per impedire che questo tipo di prodotti – non solo quelli farmaceutici, ma anche quelli alimentari – possano entrare all’interno dell’Unione Europea e del territorio italiano in modo irregolare. Il Nas di Firenze – e mi riferisco proprio a questo mese di aprile – ha bloccato tre plichi contenenti oltre 1600 confezioni di farmaci, che erano di provenienza presumibilmente cinese, perché le indicazioni nei farmaci non erano in italiano. Erano usati per la cura all’interno della comunità cinese stessa. Erano farmaci antiinfiammatori, antidolorifici, per il trattamento delle disfunzioni erettili. Tutti farmaci che erano assolutamente privi di autorizzazione per l’immissione in commercio nel territorio italiano.
D. – E’ vero che in alcuni di questi farmaci sono state trovate sostanze altamente tossiche, addirittura frammenti piccolissimi di marmo?
R. – Alcuni di questi prodotti contenevano – oltre ad una contraffazione del prodotto per almeno un principio attivo – degli eccipienti che non erano quelli regolari, del farmaco ufficiale, sostanze diverse e in alcuni casi si trattava di polvere di gesso, carbonato di calcio ed altre sostanze, che assolutamente non dovevano essere presenti nel farmaco destinato all’uso umano.
La sfida del commercio equo e solidale nel libro di Monica Di Sisto
◊ Garantire ai produttori dei Paesi in via di sviluppo un compenso “giusto” per il loro lavoro, al riparo dallo sfruttamento delle multinazionali e delle grandi distribuzioni. E’questa la sfida economica e politica del “commercio equo e solidale”, una realtà che fattura ogni anno 4 miliardi di euro e coinvolge un milione di lavoratori nel mondo, tra cooperative e piccoli produttori. Il libro “Un commercio più equo”, pubblicato dalle edizioni Altraeconomia e presentato ieri alla Pontificia Università Gregoriana, ne ripercorre le tappe e le prospettive. Michele Raviart ha intervistato l’autrice, Monica Di Sisto, giornalista e docente di “Modelli di sviluppo economico” alla Gregoriana:
R. - Il commercio equo è una sfida; rappresenta l’idea che, per garantire opportunità di sviluppo a tutti, sia possibile organizzare l’economia in un modo diverso, a partire dai consumi quotidiani fino ad arrivare ad un’organizzazione delle filiere e della politica che le gestisce, più coerente con questi obiettivi di promozione umana. Questa è una sfida che i numeri del commercio equo dimostrano che si può vincere.
D. - Di che volume di scambi stiamo parlando, anche in percentuale con l’altra parte dell’economia, quella profit?
R. - Comunque in una condizione di recessione stabile, questo tipo di pratica continua a crescere. È una crescita buona e si fissa ormai al trenta percento annuo. Stiamo parlando di una piccola nicchia, di circa l’un percento del commercio globale nel suo complesso, che però si espande, e che soprattutto per alcune materie prime, quelle coloniali, che hanno avuto sempre un prezzo molto basso, ha garantito un’opportunità di sopravvivenza per questo tipo di produttori.
D. - Quali sono i prodotti equo-solidali che possono essere acquistati?
R. - Ormai equo e solidale può essere quasi tutto: dai prodotti per pulire la casa, fino ai cosmetici, oltre agli stessi prodotti coloniali quindi the, caffè, zucchero, che hanno rappresentato un po’ la base dello sfruttamento di una parte del mondo a favore dei nostri Paesi. Abbiamo un’ampia possibilità di qualificare il nostro consumo, e facendolo, questo può veramente diventare uno strumento che ci consente di migliorare le condizioni di vita, ormai non soltanto dei produttori del Sud del mondo.
D. - È un movimento che ormai ha 50 anni di vita. Quali sono stati i successi più grandi raggiunti, e quali sono, dall’altra parte, le maggiori criticità che ci sono adesso?
R. - Secondo me, il più grande successo è quello di aver posto un problema a livello globale: essere responsabili, come imprese, dei propri impatti sulle comunità locali, è un punto di forza e non un punto di debolezza per l’economia, tanto che, molti attori del mercato convenzionale, hanno ormai proprie linee equo-solidali. Questo però pone anche un grande interrogativo, e cioè quanto questa entrata nel mercato “mainstream” possa invece indebolire i principi del commercio equo; e questa è anche la sfida delle organizzazioni: far si che alcuni territori esclusi, come sono ad esempio molti Paesi africani, entrino stabilmente all’interno di uno scacchiere globale più giusto senza che l’entrata delle multinazionali nel business equo uccida l’anima più politica di questi principi.
D. – In Italia, sono presenti quasi cinquecento punti vendita specializzati, ai quali si aggiungono gli scaffali dedicati ai prodotti equo-solidali nei grandi supermercati. Come reagisce questo settore alla crisi?
R. - La situazione italiana, in una condizione generale di crisi per il commercio, è comunque di tenuta. Le organizzazioni, peraltro, sono molto diffuse sul territorio e c’è una prevalenza di attività al Nord. È uno spazio in cui ci sono ancora diverse decine di migliaia di cittadini volontari che fanno uno, due turni settimanali in bottega, e che comunque, per quanto riguarda i consumi, continua a crescere di un 20 percento l’anno. Si sta registrando naturalmente un primo impatto della crisi sui punti vendita dedicati, cioè le “botteghe del mondo”, mentre la grande distribuzione si mantiene in crescita. É responsabilità delle organizzazioni italiane, non fare in modo che il consumo rimanga l’unica esperienza positiva, ma che quell’azione di comunicazione, informazione, educazione nelle scuole che fanno le “botteghe del mondo” e che è peculiare del movimento italiano, rimanga la nostra ricchezza, il nostro bene più prezioso da salvaguardare.
“Io, sediario pontificio”: in un libro il racconto di un antico servizio ai Papi
◊ È stato presentato, ieri presso la Sala Marconi della nostra emittente, il libro di Massimo Sansolini “Io, sediario pontificio”, edito dalla Libreria Editrice Vaticana. Il volume, che fa seguito a un altro scritto dall’autore, a servizio del Papa dal 1964, si concentra in particolare sul lavoro svolto in occasione dei funerali di Giovanni Paolo II e sulle occasioni di incontro con i malati del Beato Karol Wojtyla e del suo successore Benedetto XVI. Il servizio di Roberta Barbi:
Emozioni, ricordi, piccoli attimi colti nell’immenso, frammenti di Pontificato filtrati attraverso il cuore. È un’opera intima e personale, ma che al tempo stesso racconta molto di atti e cerimonie secolari, quella di Massimo Sansolini, il sediario pontificio forse più noto, che presta servizio presso il Palazzo Apostolico da 48 anni. È uno sguardo interiore, il suo, incantato e partecipe, che sa tradursi in parole intense e partecipate, mentre racconta un’esperienza certamente unica e originale, per alcuni tratti simile a quella degli Apostoli nel Vangelo:
“Il Signore ha voluto che io - parlo di me, sediario pontificio - noi, vivessimo l’esperienza degli Apostoli. Ci sono stati momenti molto belli, ai quali io ripenso con tanta serenità. Me ne accorgo adesso: è come guardarsi in un caleidoscopio, qualcosa che è più ampio di quello che è sembrata la realtà in quel momento. Sull’eco del ‘noi’ usato dai Pontefici, anche un sediario, deve parlare con il ‘noi’; ma non per alterigia, ma perché Massimo Sansolini e anche tutti gli altri, nel grande onore di sostenere il Vicario di Cristo, siamo sempre stati in dodici. Noi sediari, come il Papa, moriamo in servizio”.
Da 34 anni i sediari non portano più la sedia gestatoria del Papa, ma hanno altri compiti. L’autore si sofferma su quello, triste e onorevole, del trasporto del feretro di Giovanni Paolo II dall’appartamento Pontificio in piazza San Pietro e poi nella Basilica Vaticana per le esequie. Ma oggi i sediari si occupano anche di accudire i malati che partecipano alle udienze generali: più di tutti sono accanto a questi fratelli provati nel corpo e nello spirito, che l’autore definisce “tutti Cristo, tutti piccoli vicari sofferenti”, ringraziando il Signore di avere la possibilità di dedicarsi a loro:
“Fortunatamente queste persone, in particolare, i malati danno una certezza che c’è l’amore, che c’è la bontà tra noi. E quando, alle volte, ho timore di essere eccessivo nel fare una carezza ad una di queste persone, anche adulta… qualsiasi altro vicino aspetta la carezza”.
Il ruolo del sediario pontificio ha alle spalle una grande tradizione: sono tra coloro più vicini al Papa, che vivono con il Pontefice quasi quotidianamente, come ricorda mons. Paolo De Nicolò, reggente della Casa Pontificia:
“Chi sono i sediari? Non c’è più la sedia gestatoria. Ma nonostante i sediari pontifici di numero e soprannumero, non portino più a spalla, non significa che non rimanga una specie di 'mistica della sedia'. I sediari pontifici hanno un contatto quotidiano con il Santo Padre. Questo stabilisce una specie di 'cognatio spiritualis', una sorta di parentela spirituale”.
Fedeltà al proprio dovere e un grande amore per l’istituzione del Papato, è ciò che emerge dal libro, capace, però, anche di suscitare nel lettore immagini, ricordi ed emozioni comuni, nonché di ravvivare la fede personale nel mistero pasquale di Cristo morto e Risorto, come non manca di sottolineare mons. Piero Marini, presidente del Comitato per i Congressi eucaristici internazionali:
“La lettura di questo libro ha suscitato in me tanti ricordi. A un anno dalla Beatificazione di Giovanni Paolo II, ho ancora negli occhi, la folla immensa di fedeli che partecipava, l’immagine di questo velo bianco che si alzava sull’immagine di Giovanni Paolo II, l’applauso immenso, le parole di Papa Benedetto: “Ecco, il giorno atteso è arrivato presto, perché così è piaciuto al Signore. Giovanni Paolo II è Beato”. Ma soprattutto, questo libro ha suscitato in me, le immagini della sofferenza, perché Massimo ci ha fatto, in qualche modo, rivivere il momento dei funerali di Papa Giovanni Paolo II”.
Al Teatro dell'Opera di Roma, il "Barbiere di Siviglia" di Rossini
◊ Ha debuttato al Teatro dell'Opera di Roma - con repliche fino al 26 aprile - un nuovo allestimento del Barbiere di Siviglia di Rossini firmato da Ruggero Cappuccio, che porta in scena lo stesso compositore mentre sogna e scrive il suo capolavoro. La regia dell’opera, diretta da Bruno Campanella e con un ottimo cast di interpreti, ha colto di sorpresa e affascinato gli spettatori. Il servizio di Luca Pellegrini:
Anche il "cervello" di Rossini, "già stordito sbalordito, non ragiona, si confonde e si riduce ad impazzar", come quello che i protagonisti del Barbiere di Siviglia vorticosamente e attoniti cantano alla fine del primo atto? Ruggero Cappuccio sente tutto il peso di questa improvvisa e paurosa confessione e nel nuovo allestimento dell’opera ne coglie senza dubbio il senso vertiginoso, in cui tutto è sospeso sull'orlo di un sogno senza fine. Com’è nata l'idea di Rossini sul palcoscenico che guarda genesi e svolgimento del suo capolavoro?
R. - L’idea è nata da un approfondimento biografico che conoscono tutti: riguarda l’età in cui Gioacchino Rossini compose il Barbiere, aveva appena 24 anni. Però, l'elemento di ulteriore curiosità è che Rossini, la compone in 15 giorni e 15 notti. Questo mi ha fatto venire in mente l’idea di che tipo di composizione si attivi in queste condizioni: il compositore vive, cioè, una specie di stato di possessione, una specie di stato onirico. Allora perché metto Rossini in scena? Perché, se oggi qualcuno tra noi - dopo aver fatto un sogno – volesse riportare il sogno, con quel tanto di chiarezza per decodificarne i simboli, potrebbe, ad esempio, rivolgersi ad un analista. Nel caso di Rossini, nel caso del processo della musica e del teatro, noi ci troviamo di fronte a un processo psicanalitico opposto, emotivo: il compositore sogna il Barbiere di Siviglia e dopo averlo sognato e composto, non chiede ai suoi cantanti di chiarirne il mistero, ma chiede di sognarlo una seconda volta. Dopodiché i cantanti chiedono al pubblico di sognarlo una terza e da questi “sogni moltiplicati”, viene fuori il rapporto teatrale tra chi mette in scena e chi assiste alla messa in scena. Rossini, a questo punto, entra in quest’opera e risvegliandosi sul pianoforte dove si era addormentato – probabilmente dopo una notte di pressanti fatiche compositive – guarda questo strano mondo, che forse ha appena sognato, o guarda questo strano mondo che è forse una proiezione mentale della sua idea sul Barbiere di Siviglia, siede al pianoforte, suona e l’opera si avvia.
D. - Per lo spettatore in sala che cosa significa?
R. - Che forse, nel 2012 - due secoli dopo la composizione del Barbiere di Siviglia - Rossini continua ad essere un fantasma, che si aggira tra le macerie della modernità ed è più moderno di quelle sequenze infinite di “derive rockettare” che abbiamo avuto negli ultimi trent'anni. Possiamo anche voler dire, però, che non soltanto Rossini è un fantasma che ci perseguita in maniera vitalissima e moderna, ma potremmo anche voler dire che Rossini è colto nell'attimo in cui - spossato dalla fatica e dall'ispirazione - sta sognando in quel momento il suo mondo, il suo nuovo mondo.
Sud Sudan: l'arcivescovo di Juba invoca l'aiuto della comunità internazionale
◊ “La situazione a Juba non è tranquilla. La popolazione è molto preoccupata per quello che sta accedendo al confine tra Sud Sudan e Sudan” dice all’agenzia Fides mons. Paulino Lukudu Loro, arcivescovo di Juba, capitale del Sud Sudan. Sudan e Sud Sudan continuano a scambiarsi accuse reciproche per la vicenda di Heglig, l’area petrolifera contesa tra i due Stati, di recente riconquistata dalle truppe di Khartoum dopo aspri combattimenti, nei quali, secondo i sudanesi, sono morti circa 1.200 soldati di Juba (una cifra smentita dalle autorità del Sud Sudan). L’aviazione di Khartoum continua inoltre a bombardare alcune aree di confine nello Stato sud sudanese di Unità. “Il governo sud sudanese ha mobilitato nuove truppe da inviare al confine. Vi sono movimenti di soldati intorno a Juba” riferisce mons. Lukudu Loro. “Di fronte a questi attacchi - aggiunge l’arcivescovo - il nostro governo è preoccupato per la sicurezza dei cittadini del Sud Sudan, allo stesso tempo gli stessi sud sudanesi sono turbati dai discorsi, che considerano irresponsabili, del Presidente Bashir del Sudan”. Il Presidente Omar al Bashir, visitando Heglig, ha affermato: “''Nessun negoziato con i dirigenti del sud. Con loro negoziamo solo con fucili e proiettili”. Secondo Mons. Lukudu Loro “il popolo del Sud Sudan non vuole la guerra. Questo è un conflitto economico per il controllo del petrolio. Il Sud Sudan è pronto a raggiungere un accordo con il Sudan sul petrolio. Ma quello che ha deluso i sud sudanesi è l’atteggiamento dell’Onu, dell’Unione Africana e di diversi Paesi occidentali sulla questione di Heglig. A mio avviso, questi organismi hanno fatto delle dichiarazioni premature, senza conoscere la realtà sul terreno. In particolare si deve capire dove si trovi esattamente Heglig: si trova in Sud Sudan o in Sudan? Rappresentanti di queste istituzioni internazionali devono andare lì per chiarire questo punto, per demarcare con precisione il confine tra i due Stati” sottolinea l’arcivescovo. Circa la situazione delle persone in fuga dai combattimenti, mons. Lukudu afferma: “La situazione umanitaria sta peggiorando anche perché è iniziata la stagione delle piogge, che rende molto problematico effettuare operazioni di soccorso alle popolazioni in fuga dalle aree dei combattimenti”. “Nella stessa città di Juba vi sono forti problemi per l’erogazione dell’elettricità e di altri servizi essenziali. Ma la popolazione è mobilitata come può, per cercare di aiutare i propri fratelli e sorelle in difficoltà” conclude l’arcivescovo di Juba. (R.P.)
Pakistan. Mons. Coutts: diritti, dignità e libertà per cristiani e minoranze religiose
◊ “Parità di diritti e di opportunità, piena dignità e libertà”, come cristiani e come membri delle minoranze religiose in Pakistan. È quanto chiede, a nome della propria comunità, mons. Joseph Coutts, arcivescovo di Karachi e presidente della Conferenza episcopale del Pakistan, in un colloquio con l’agenzia Fides. “La sfida principale per noi cristiani è essere accettati come cittadini uguali agli altri, titolari dei medesimi diritti e con la libertà di professare la nostra fede. E’ quanto - prosegue il presule - il fondatore del Pakistan, Muhammad Ali Jinnah, desiderava”. Mons. Coutts sottolinea inoltre l’assoluto valore della libertà di culto di religione e “del rispetto dei diritti umani per tutti i cittadini pakistani”, all’indomani del verdetto della Corte suprema sulla conversione di tre ragazze indù all’islam. L’arcivescovo parla anche di altre sfide: “La nostra è una Chiesa povera, i fedeli - spiega - hanno problemi sociali ed economici. L’istruzione è un’urgenza per tutti, ma soprattutto per i cristiani, che in questo campo sopportano forti discriminazioni. L’istruzione - aggiunge - è per i cristiani la modalità per svilupparsi e per diventare pienamente cittadini”. Mons. Coutts parla anche dell’intolleranza “che cresce in Pakistan per motivi interni ed esterni al Paese. Alcuni gruppi musulmani considerano noi cristiani estranei o vicini agli occidentali e questo - prosegue - ci fa diventare obiettivi dell’odio o del pregiudizio. Noi siamo cristiani ma ci sentiamo pienamente pakistani”. In tale contesto, conclude, “con i musulmani ci impegniamo a promuovere un dialogo di vita, ma anche una cultura del rispetto, della tolleranza, della comprensione reciproca”: anche se “con i fanatici il dialogo non è possibile”, il lavoro “continua e siamo fiduciosi per il futuro”. (G.A.)
Indonesia: Jakarta e Roma insieme contro l’estremismo religioso
◊ “Unità nella diversità: la forza del dialogo per la convivenza pacifica in una società pluralistica”. È il tema del Forum che ha preso il via ieri a Jakarta, come riporta l'agenzia AsiaNews, grazie alla collaborazione fra i ministeri degli Esteri indonesiano e italiano. Si tratta del secondo evento congiunto per il dialogo interreligioso e contro l’estremismo a sfondo confessionale, dopo quello del 2009 a Roma. “Entrambi i Paesi sono fortemente incoraggiati - si legge in una nota - a dare un nuovo impulso alla cultura di pace, in seno alla comunità globale”. Il governo indonesiano sottolinea come il meeting potrà dare frutti positivi, rafforzando l’amicizia che lega già Italia ed Indonesia. Tra gli interventi che si alterneranno, quello del leader del movimento islamico Muhammadiyah, professor Din Syamsuddin, e dell’arcivescovo di Jakarta, mons. Ignatius Suharyo. Per l’Italia, prenderanno la parola Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio assieme a Romano Orlandi e a padre Francesco Marini, sempre della Comunità. Tra gli organismi coinvolti nella promozione del dialogo interreligioso, l’Asia Pacific interfaith dialogue e il World peace forum. (G.M.)
Colombia: "no" dei vescovi all'unione fra persone dello stesso sesso
◊ Mons. Juan Vicente Córdoba, segretario dell'episcopato colombiano, è perentorio: la recente sentenza della Corte Costituzionale che dichiara "famiglia" le unioni tra persone dello stesso sesso è "semplicemente una stravaganza giuridica". "La Costituzione, ha spiegato il presule ripreso dal blog “Il Sismografo”, afferma che la famiglia è il nucleo base della società ed è formata da un uomo e una donna". Ora, ha aggiunto mons. Córdoba, tre dei cinque membri della Corte "con un colpo di magia" hanno "deciso di cambiare le cose per 45 milioni di colombiani". Nel documento che riporta le motivazioni della Corte, si afferma che "il vincolo familiare si stabilisce a partire da situazioni di fatto diverse e tra queste c'è anche la libera volontà di conformare una coppia, a prescindere dal sesso o dall'orientamento dei suoi integranti"; "l'eterosessualità, aggiungono i giudici, oppure la differenza di sesso nella coppia non è un aspetto sufficiente per definire una 'famiglia' e neanche un requisito per essere riconosciuta costituzionalmente". L'episcopato colombiano ritiene che la Corte non ha adempiuto alle sue alte funzioni seminando, inoltre, confusione e relativismo. "La Corte, ha detto mons. Córdoba, deve occuparsi delle questioni per le quali esiste e non può cambiare le leggi e la Costituzione. Questi cambiamenti sono una facoltà del Parlamento". Seguendo la singolare logica dei giudici, mons. Córdoba commenta: "Ora si comincia a creare consenso culturale sul fatto che esistono diversi tipi di famiglia e dunque fra poco si comincerà anche a parlare su presunti diritti di adozione". Per il segretario dell'episcopato colombiano, la Chiesa cattolica non ha nulla contro le persone che desiderano vivere insieme e quindi possono chiedere diritti per quanto riguarda l'eredità, la salute o il patrimonio, ma ciò "non ha nulla a che fare con la famiglia come stabilisce l'articolo 42 della Costituzione"; articolo che la sentenza della Corte Costituzionale "T-716 de 2011", redatta dal giudice Luis Ernesto Vargas Silva, considera che è stato mal interpretato. (L.Z.)
Messico: le parrocchie si preparano ad accogliere gli sfollati del vulcano Popocatepetl
◊ L'arcivescovo di Puebla de los Angeles, mons. Víctor Sánchez Espinosa, ha annunciato che nelle parrocchie più vicine alla zona di influenza del vulcano di Popocatepetl (San Martin Texmelucan, Atlixco, San Andres e San Pedro Cholula) saranno allestiti 4 centri-ostelli come rifugi per la gente costretta a lasciare le proprie case per l’attività vulcanica. L’arcivescovo ha sottolineato di essere in comunicazione costante con tutti i sacerdoti delle comunità situate nel raggio di pericolo, ed ha dato loro disposizione di seguire le disposizioni amministrative ufficiali. L’arcivescovo - riporta l'agenzia Fides - ha affermato che le persone difficilmente intendono lasciare le loro proprietà: "dobbiamo pensare che nella zona di pericolo ci sono le loro terre e i loro animali, ed è anche una zona fertile, c'è perfino chi dice che le ceneri funzionano come fertilizzante per i campi, così non lasceranno facilmente le loro case". Nel frattempo la popolazione della comunità di Santigo Xalitzintla, che si trova a sei chilometri dal cratere del vulcano Popocatepetl, ha chiesto alle autorità di essere rifornita di generi alimentari. Infatti cominciano a preoccuparsi e non sanno bene cosa fare in seguito all'aumento dell'attività del colossale vulcano. Delle 19 eruzioni del vulcano Popocatepetl che si sono verificate l'altro ieri, una sola ha diffuso una rilevante quantità di cenere, come ha riferito il Centro nazionale per la prevenzione dei disastri (Cenapred). Il vulcano Popocatepetl, 5.452 metri di altezza, situato 70 chilometri a sud-est di Città del Messico, è in allerta giallo da dieci giorni e desta la preoccupazione dei circa 28.000 residenti nelle comunità vicine, degli stati di Mexico, Puebla e Morelos. L'ultima attività eruttiva è del 2000, quando furono sfollate migliaia di persone. (R.P.)
Argentina: Plenaria dei vescovi su Anno della fede e difesa della vita
◊ Da ieri fino al 28 aprile, nella sede della casa d'esercizi spirituali "El Cenaculo", a Buenos Aires, si svolge la 103.ma Assemblea plenaria della Conferenza episcopale argentina, la prima del 2012. La nota inviata all'agenzia Fides presenta i temi su cui i vescovi stanno lavorando: gli aspetti pastorali del documento "Porta Fidei" e l'Anno della Fede; scambio di proposte sul nuovo Codice Civile argentino (temi che riguardano la cura e la difesa della vita); la situazione riguardo all'ambiente (bozza preparata dalla Commissione episcopale di Pastorale sociale); il Congresso catechistico nazionale e il prossimo Congresso missionario nazionale. Partecipano a questa Assemblea circa un centinaio di vescovi di tutte le diocesi dell’Argentina. Secondo la stampa locale, la Chiesa si sta preparando a esprimere la sua netta critica su alcuni aspetti della riforma del Codice Civile, come la manipolazione degli embrioni, il cosiddetto “utero in affitto”, la donazione post-mortem di gameti e il divorzio rapido. "Non possiamo non dire ciò che abbiamo da dire" ha affermato recentemente il presidente della Conferenza episcopale, mons. José Maria Arancedo, confermando il pronunciamento riguardo al disegno di legge che è stato presentato il mese scorso dalla presidente Cristina Kirchner. La Chiesa, al riguardo, ha chiesto in diversi momenti "un dibattito ampio ed esaustivo" in materia, senza avere fretta. (R.P.)
Taiwan: lettera pastorale dei vescovi contro aborto e suicidi
◊ La Conferenza episcopale regionale di Taiwan pubblicherà, il prossimo settembre, una lettera pastorale per sensibilizzare il governo e l’opinione pubblica sul tema della difesa della vita umana contro l’aborto e il suicidio. Lo ha deciso la recente plenaria primaverile dei vescovi dell’isola, dedicata, tra l’altro, alla preparazione dell’Anno della Fede. Obiettivo della lettera - ha spiegato padre Otfried Chan, segretario generale della Conferenza episcopale, ripreso dall’agenzia Ucan - è di reagire “al vuoto spirituale e alle tensioni” che sta vivendo la società taiwanese. A causa di scelte politiche discutibili che hanno incoraggiato la libertà sessuale, l’aborto è in costante aumento nel Paese, mentre il caro-vita e la crescita dell’indebitamento delle famiglie a causa della crisi stanno facendo aumentare in modo preoccupante i suicidi. Per incoraggiare le persone a non ricorrere all’aborto e a non rifiutare la vita i vescovi taiwanesi hanno inoltre deciso di promuovere la devozione a Santa Giovanna, patrona dei bambini non nati. Secondo i dati ufficiali del Ministero della Salute di Taipei, nell’ultimo triennio mediamente circa 240mila donne hanno fatto ricorso ogni anno all’interruzione volontaria della gravidanza, ma se si considerano anche gli aborti clandestini, secondo alcune stime, sarebbero in realtà il doppio. (L.Z.)
Ban Ki-moon in visita in Myanmar. Vedrà anche Aung San Suu Kyi
◊ Il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon sarà da domenica prossima in visita in Myanmar. In programma anche un incontro con il premio Nobel e leader dell'opposizione Aung San Suu Kyi. Il numero uno del Palazzo di Vetro si tratterrà nel Paese asiatico per tre giorni, durante i quali vedrà pure il presidente Thein Sein Ban Ki-moon, in un colloquio a New York coi giornalisti, ha notato come la transizione in atto in Myanmar abbia raggiunto "un momento cruciale". "Ora - ha detto - è il momento per la comunità internazionale di stringersi al fianco" del Paese, commentando con favore la decisione di ieri dell'Unione Europea di sospendere gran parte delle sanzioni all’ex Birmania. (G.A.)
Libano: impegno della Chiesa nel mondo della cultura digitale
◊ Utilizzare le nuove tecnologie al servizio dell’annuncio. È questa - riporta l'agenzia Sir - l’esortazione emersa dal seminario “La comunicazione in Medio Oriente come strumento di evangelizzazione, di dialogo e di pace”, tenutosi nei giorni scorsi ad Harissa, in Libano. All’appuntamento hanno partecipato patriarchi e vescovi provenienti da diversi Paesi dell’area tra cui Siria, Giordania e Iraq. Con loro anche laici ed esperti nel campo dei media. Nell’incontro, promosso dal Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali e dal Consiglio dei patriarchi cattolici d’Oriente, è stato ribadito l’impegno della Chiesa a “partecipare allo slancio della cultura digitale per contribuire alla difesa della verità, della libertà e della dignità umana”. Uno slancio che può e deve trovare terreno fertile nel contributo dei fedeli perché non rimangano “meri consumatori dei media”, piuttosto “attori e produttori per diffondere il Vangelo in un mondo che aspira all’autenticità”, si legge ancora nel comunicato finale diffuso dal Patriarcato latino di Gerusalemme. “Ogni diocesi o eparchia è chiamata ad utilizzare i media, a creare siti web con finalità pastorali” nell’ottica di una comunicazione di “alta qualità per essere all’altezza del messaggio da trasmettere”; in questo, particolare attenzione deve essere rivolta ai più giovani per “renderli consapevoli dell’uso etico delle tecnologie”. (G.M.)
Regno Unito: Plenaria dei vescovi su matrimonio, Anno della Fede, vocazioni e Olimpiadi
◊ Si è aperta ieri a Leeds, con il saluto del nuovo nunzio apostolico in Gran Bretagna , mons. Antonio Mennini, la plenaria primaverile della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles. Al centro dei lavori - riporta l’agenzia Sir - temi senisbili come il matrimonio, l’Anno della fede, le vocazioni, le Olimpiadi di Londra del prossimo luglio e la questione degli abusi sessuali. Su questo punto parlerà anche Danny Sullivan, da marzo presidente della “National Catholic Safeguarding commission”, la commissione che decide le strategie della Chiesa per proteggere bambini e adulti vulnerabili. Particolarmente attuale appare il tema del matrimonio: la Conferenza episcopale farà il punto anche sulla campagna lanciata per far conoscere al Governo il punto dei vista dei cattolici sul matrimonio. Una risposta al premier David Cameron che ha espresso l’intenzione di legalizzare i matrimoni tra omosessuali, lanciando un processo di consultazione tra i cittadini sull’argomento. I vescovi hanno lanciato una petizione preparata dalla “Coalizione per il matrimonio”, per rispondere alla consultazione del governo. A meno di 100 giorni dalle Olimpiadi i vescovi inglesi verificheranno il lavoro sino ad oggi svolto insieme ad altre denominazioni cristiani all’interno dell’organizzazione “More than gold”, per trasformare l’evento sportivo in un'occasione di evangelizzazione. La Chiesa ha lanciato un programma attraverso il quale i familiari degli atleti più poveri verranno ospitati in famiglie cattoliche. Tra gli altri punti all’ordine del giorno dell’assemblea di Leeds che continueranno fino a giovedì anche una conferenza internazionale dedicata ad handicap, teologia e sport e il “National Vocations Framework”, il piano per diffondere la cultura delle vocazioni alle quali sarà dedicato un convegno a Birmingham (6-8 luglio). (L.Z.)
Repubblica Ceca: Plenaria dei vescovi su Anno giubilare dei Santi Cirillo e Metodio
◊ Lo stato dell'accordo relativo agli immobili tra le Chiese e lo Stato e i preparativi per l'Anno giubilare dei santi Cirillo e Metodio: questi ed altri temi saranno al centro della discussione dell’Assemblea plenaria della Conferenza episcopale ceca in corso da ieri fino a domani a Spindleruv Mlyn. Particolare attenzione – riferisce l’agenzia Sir - verrà data alle attività di Caritas Repubblica Ceca, al lavoro biblico in ambito cattolico e alle nomine per il premio dell'Ordine dei SS. Cirillo e Metodio, conferito dalla Conferenza episcopale. Il suo presidente, il cardinale Dominik Duka, offrirà un approfondimento sulla situazione della Chiesa nella società, e il vicepresidente, mons. Jan Graubner, presenterà lo stato dei preparativi per la celebrazione del 1150° anniversario dell'arrivo dei SS. Cirillo e Metodio nella regione della Grande Moravia. Tra gli altri temi in discussione vi saranno la commemorazione del 100° anniversario delle Pontificie Opere Missionarie e il pellegrinaggio delle reliquie di san Giovanni Bosco nelle diocesi della Repubblica Ceca in programma il prossimo anno. (L.Z.)
Francia: i vescovi invitano i cristiani a un maggior impegno per la salvaguardia del creato
◊ Un forte invito alle comunità cristiane a un impegno concreto per l’ambiente in linea con la Dottrina sociale della Chiesa sulla difesa del creato. Questo il senso del rapporto “La posta in gioco e le sfide dell’ecologia per il futuro” pubblicato nei giorni scorsi dalla Conferenza episcopale francese (Cef) sotto i tipi delle edizioni Bayard. Frutto di due anni di studio del gruppo di lavoro su “Ambiente ed ecologia” guidato da mons. Marc Stenger, il documento – riferisce l’agenzia Apic – vuole richiamare l’attenzione sull’emergenza ambientale. Un tema - viene sottolineato – che la crisi economica e finanziaria mondiale ha fatto passare in secondo piano, nonostante le sue pesanti implicazioni per il futuro del pianeta. Esso propone una lettura cristiana di questa crisi e presenta quindi una serie di proposte di azione concrete secondo una prospettiva spirituale, nella convinzione, affermano i vescovi francesi, che “occorra una conversione profonda, un sussulto morale, un cambiamento radicale del nostro modo di pensare” che ci faccia riscoprire i valori del rispetto dell’ambiente, della sobrietà e della semplicità dei nostri stili di vita. I presuli indicano in particolare nove linee di azione: ricoprire la ricchezza di una catechesi del Creato; educare le comunità sulla necessità urgente di una "ecologia umana"; pregare e celebrare il Dio Creatore; incoraggiare la formazione di gruppi di riflessione su questa problematica; dialogare con le organizzazioni impegnate nella difesa dell’ambiente; offrire luoghi di ascolto e condivisione; dare l’esempio con scelte di vita concrete; impegnarsi attivamente nella costruzione di un modello cristiano di sviluppo durevole e, infine, proporre la parola della Chiesa sull'ecologia. (L.Z.)
Portogallo: i vescovi invitano gli imprenditori cristiani ad essere lievito nella società
◊ Agire come "lievito" della società attraverso la promozione di politiche socio-economiche più eque e sostenibili. Questo l’invito rivolto agli imprenditori cristiani dal vice-presidente della Conferenza episcopale portoghese (Cep), mons. Manuel Clemente, per uscire dall’attuale crisi economica. "Un dirigente, chiunque esso sia, è soprattutto una coscienza, nel senso che è una persona responsabile ed è quindi portatrice del sistema di valori in cui crede", ha affermato il presule intervenendo a un incontro a Lisbona dell’Acege, l’associazione che riunisce gli imprenditori e dirigenti cristiani portoghesi. L’incontro, a cui hanno partecipato una cinquantina di imprenditori, ha concluso un ciclo di conferenze dedicato al tema “Portogallo tra realtà e speranza”. Secondo il vescovo di Oporto – riporta l’agenzia Ecclesia - l’associazione ha cose molto importanti da dire per evitare che le attuali difficoltà economiche schiaccino ulteriormente le persone e le famiglie. Di conseguenza - ha detto - i suoi membri sono chiamati a basarsi fermamente su "criteri evangelici" per dare "legittimità" al proprio operato. Tra questi, mons. Clemente ha ricordato alcuni punti fermi della Dottrina sociale della Chiesa: la difesa della "dignità umana", il “bene comune", la difesa del principio di "sussidiarietà" e la pratica della solidarietà. Secondo il presule esistono ancora molte "zone d'ombra" nell’agire sociale che devono essere “illuminate” dai cristiani, sapendo che in questo difficile momento la società è più ricettiva al messaggio di Cristo. Il presidente della Acege, António Pinto Leite, ha espresso, da parte sua, l’impegno degli imprenditori cristiani portoghesi ad affrontare l’attuale congiuntura e ad essere allo stesso tempo "competitivi" e "sostenibili", restando fedeli ai valori in cui credono. Egli ha quindi chiesto la collaborazione di tutte le istituzioni, Chiesa e Stato, perché l’austerità non peggiori ulteriormente la crisi in Portogallo. Di un modello diverso di economia e di sviluppo si parlerà al convegno “L’amore come criterio di gestione” organizzato dalla stessa Acege il 1° e il 2 giugno prossimo all’Università cattolica di Lisbona. (L.Z.)
Gmg Rio 2013: a maggio Croce e icona di Maria nel Centro del Brasile
◊ Continua senza sosta il pellegrinaggio in Brasile della Croce e dell’icona di Maria, simboli della Giornata Mondiale della Gioventù, in vista del prossimo raduno nel luglio 2013 a Rio de Janeiro. Nel mese di maggio - riferisce l'agenzia Sir - il percorso interesserà il dipartimento regionale centro-ovest della Conferenza nazionale dei vescovi brasiliani (Cnbb), toccando 17 diocesi e la prelatura di Cristalandia. Il cammino dei due simboli partirà dallo Stato di Tocantins, passerà per il Distrito Federal per raggiungere poi lo Stato di Goiás. Tre le giornate dedicate alla fiducia nei giovani, accompagnate dal motto “Bota fé”, cioè “Abbiate fede”. A giugno la Croce e l’icona, in viaggio per il Paese dal mese di ottobre, saranno nel Mato Grosso. Un’intensa esperienza missionaria, quella di questi mesi, che di tappa in tappa continua a richiamare decine di migliaia di giovani entusiasti. (G.M.)
Usa: Campagna per la Comunicazione cattolica, sempre più attenta al digitale
◊ Si terrà domenica 20 maggio l’annuale Campagna per la Comunicazione cattolica (Catholic Communication Campaign, Ccc), la speciale colletta promossa nelle diocesi degli Stati Uniti in occasione della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali a fine maggio. Istituita nel 1979, la campagna, coordinata dalla Commissione per le Comunicazioni sociali della Conferenza episcopale (Usccb), serve a finanziare annunci, servizi informativi, documentari e programmi speciali su temi religiosi trasmessi da catene televisive e radiofoniche. Metà dei fondi raccolti è trattenuta dalle diocesi statunitensi che possono così finanziare proprie pubblicazioni e produzioni. L’altra metà è invece destinata a una vasta gamma di progetti promossi dalla Commissione episcopale negli Stati Uniti e all’estero. Tra i progetti sostenuti dalla Ccc uno spazio crescente viene riservato al mondo digitale, la nuova frontiera dell’evangelizzazione. Come spiega mons. Dennis Schnurr, arcivescovo di Cincinnati e presidente del sotto-comitato della Usccb che coordina la campagna, “i vescovi americani sono fermamente convinti dell’importanza di sostenere quelle buone iniziative che permettono alla Chiesa di restare al passo con i rapidi cambiamenti nel mondo della comunicazione”. Tra le iniziative finanziate nel 2011 in questo ambito si segnala il Pellegrinaggio virtuale della Giornata mondiale della gioventù che lo scorso agosto ha permesso a migliaia di giovani americani di seguire in diretta tutti gli eventi della Gmg di Madrid. La Ccc ha inoltre aiutato a pubblicizzare “Busted Halo”, un sito web dedicato alla catechesi e all’evangelizzazione sponsorizzato dalla Società missionaria di San Paolo Apostolo. (L.Z.)
Roma: al Bambino Gesù cure cardiache per una tredicenne irachena
◊ Tiba è una ragazza irachena di 13 anni, nata con una rara ed inedita malformazione cardiaca. Già operata al cuore tre volte, ora - dopo la delicata fase della crescita - “Tiba ha bisogno di un ultimo intervento che le permetta di guarire in via definitiva". A parlarne è Benedetta Paravia, portavoce di Angels, l’Associazione Nazionale Giovani Energie Latrici di Solidarietà che si è occupata di trasferire e curare in Italia la giovane. La Commissione Politiche Sociali e Famiglia di Roma Capitale si occuperà di fornire un alloggio al papà di Tiba, mentre con la donazione della Sermoneta Luxury Group si è provveduto alla copertura delle spese per l’acquisto dei biglietti aerei, le esigenze di Tiba e di suo padre e la sopravvivenza della mamma e dei quattro fratellini rimasti in Iraq. Tiba, da oggi pomeriggio in Italia, sarà operata nei prossimi giorni nel reparto di cardiochirurgia dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. (G.A.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 115